Intervenire nella scena, voi lo fate?

A volte, per strada, mi capita di vedere gesti o espressioni, di essere coinvolta in piccole situazioni che si rivelano, ai miei occhi, eccezionali. Ma manca qualcosa. L’attimo perfetto, il momento che nella testa ti fa fare click. Immancabilmente me ne vado, consapevole che la foto stava per arrivare lì, pronta a farsi prendere, quasi c’era.

Io per scelta me ne vado, sempre. Mi è capitato solo un paio di occasioni di far fermare il soggetto e già mi è sembrato strano.

Una delle due fotografie è questa:

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Da “Be the bee body be boom” Sara Munari

Scattata a Bucarest, l’anno scorso. Il ragazzo si cambiava sotto una rampa per pattinatori, half pipe.

Da lontano ho visto le righe sul suo petto e mi sono avvicinata a passo veloce. Lui mi ha guardata e si è letteralmente bloccato, non capiva come mai gli andassi incontro così velocemente. Credo fosse anche un po’ preoccupato!

Comunque in questa occasione, ho sicuramente cambiato le scelte che avrebbe fatto il ragazzo da solo, senza il mio intervento.

E’ stato più forte di me.

I fotografi, per strada, non hanno tutti lo stesso atteggiamento.

C’è chi preferisce chiedere: “Lo rifaresti per me?”

In qualche caso le persone saranno ben contente di ripetere l’azione. Se dovesse accadere, state ben attenti a far rimanere la fotografia “fresca”. Mi spiego meglio.

Generalmente chi si sente fare questa richiesta, sapendo di essere fotografato, cambierà espressione o atteggiamento. Fate in modo che questo non sia visibile nello scatto, la fotografia, a mio parere dovrebbe comunque sembrare “candid”.

Certo non credo che la soluzione migliore sia dire “Fai finta che io non sia qui”, come ho spesso sentito dire…ma il risultato dovrebbe essere quello, insomma.

C’è chi vi ignorerà completamente e chi invece riderà e avrà completamente stravolto il senso della vostra fotografia. In questi casi, state lì a “giracchiare” fino a che non tornerete trasparenti e se la situazione lo permette ancora, scattate la vostra immagine.

Non giudico nessuna delle due scelte migliore dell’altra (la mia di andarmene o quella di intervenire), so solo che parte del mio divertimento è “beccarla al volo” la foto. Questo è il motivo per cui evito di intervenire, sarei meno soddisfatta e mi divertirei meno.

E voi cosa fate in queste situazioni?

Ciao

Sara

Mostre per settembre

 

Se durante l’estate avete “staccato la spina” con la fotografia, eccovi delle mostre da cui ricominciare a settembre.

Ciao

Anna

RENE BURRI, UTOPIA + FERDINANDO SCIANNA, IL GHETTO DI VENEZIA 500 ANNI DOPO

VENEZIA, CASA DEI TRE OCI

DAL 26 AGOSTO 2016 ALL’8 GENNAIO 2017

Due progetti espositivi autonomi presentano, da un lato, 100 immagini di René Burri dedicate all’architettura e ai suoi protagonisti, dall’altro, 50 scatti inediti di Ferdinando Scianna in occasione dei 500 anni dalla fondazione del Ghetto ebraico a Venezia

Dopo il successo della mostra Helmut Newton. Fotografie, la Casa dei Tre Oci di Venezia riprende il proprio programma espositivo con due proposte dedicate ad altrettanti maestri della storia della fotografia: René Burri e Ferdinando Scianna.

Dal 26 agosto 2016 all’8 gennaio 2017, le sale dello spazio veneziano sull’isola della Giudecca si apriranno alle rassegne “René Burri. Utopia”, curata da Michael Koetzle, e “Ferdinando Scianna. Il Ghetto di Venezia 500 anni dopo”, curata da Denis Curti. La mostra dedicata a Ferdinando Scianna è frutto del lavoro fotografico realizzato su incarico di Fondazione di Venezia e realizzato appositamente per i Tre Oci in occasione del Cinquecentenario della fondazione del Ghetto ebraico a Venezia.

I due diversi progetti si snoderanno autonomamente seguendo un percorso coerente e lineare, che si svilupperà a partire dalle 100 opere di René Burri, distribuite tra pianterreno e piano nobile, e si concluderà al secondo piano, con le oltre 50 fotografie inedite di Ferdinando Scianna.

Entrambi membri della prestigiosa agenzia fotografica Magnum, Burri (che ne diverrà presidente nel 1982) e Scianna appartengono, pur nella loro diversità, a quella categoria di autori che attraverso il mezzo fotografico esprime personali visioni, sia che si traducano nella passione di Burri di documentare grandi cambiamenti politici e sociali, sia che rispondano al tentativo, nel caso di Scianna, di carpire, all’interno del flusso caotico dell’esistenza, “istanti di senso e di forma”.

Utopia di René Burri (Zurigo, 1933-2014) riunisce, per la prima volta, oltre 100 immagini del grande artista svizzero dedicate all’architettura, con scatti di famosi edifici e ritratti di architetti.

La fotografia di Burri nasce dal bisogno di raccontare i grandi processi di trasformazione e i cambiamenti storici, politici e culturali del Novecento con una forte attenzione verso alcuni personaggi (indimenticabili i suoi ritratti di Che Guevara e Pablo Picasso) che ne hanno fatto parte.

Utopia – che si tiene in contemporanea con la Biennale di Architettura 2016 – s’inserisce all’interno di questa prospettiva, in quanto Burri concepisce l’architettura come una vera e propria operazione politica e sociale che veicola e impone una visione sul mondo, e che lo spinge a viaggiare tra Europa, Medio-Oriente, Asia e America latina sulle tracce dei grandi architetti del XX secolo, da Le Corbusier a Oscar Niemeyer, da Mario Botta a Renzo Piano, da Tadao Ando a Richard Meier.

Accanto ai loro ritratti e alle loro costruzioni, in Utopia si ritrovano anche le immagini di eventi storici particolarmente densi di contrasti e di speranze, come la caduta del muro di Berlino o le proteste di piazza Tienanmen a Pechino nella primavera del 1989.

L’ultimo piano della Casa dei Tre Oci è dedicato all’opera di uno dei più importanti fotografi italiani, Ferdinando Scianna (Bagheria, 4 luglio 1943). In occasione dei 500 anni della nascita del Ghetto ebraico di Venezia (formatosi il 29 marzo 1516), la Fondazione di Venezia ha deciso di avviare una ricognizione fotografica con l’obiettivo di raccontare la dimensione contemporanea del Ghetto. Il progetto espositivo è realizzato da Civita Tre Venezie.

Scianna ha realizzato un reportage fotografico in pieno stile Street Photography, raccogliendo immagini inerenti la vita quotidiana del Ghetto, senza tralasciare ritratti, architetture, interni di case e luoghi di preghiera. Chiese, ristoranti, campi, gondole sono i soggetti che animano il panorama visivo del progetto. Da segnalare, in questa narrazione, la compresenza di una dimensione simbolica, storica, rituale, intrinsecamente connessa a luoghi e gesti, e una semplicità nella descrizione di un tempo presente e ordinario.

“Ferdinando Scianna – osserva il curatore Denis Curti – ha saputo costruire un racconto delicato […]. Ha dato forma a una memoria collettiva elevando e distinguendo singole storie: se ne avverte la bellezza e la solennità. […] Il dolore mai urlato dell’Olocausto. Le pietre d’inciampo e i segni di una vicenda destinata a restare indelebile. […] Dentro queste fotografie ci si orienta. I punti cardinali si fanno abbraccio e segnano le linee di una confidenza visiva capace di entrare nei confini dell’intimità dei molti ritratti che compongono il complesso mosaico di questa esperienza: è il linguaggio degli affetti, è la grammatica dei corpi”.

Altre info qua

MAGNUM SUL SET . I GRANDI FOTOGRAFI E IL CINEMA

Lu.C.C.A. – Lucca Center of Contemporary Art
2 luglio – 13 novembre 2016
a cura di Maurizio Vanni

La realtà della finzione

In tempi dove non è più la finzione a intromettersi nella realtà, ma la verità digitale a invadere i territori della fiction, la mostra degli scatti che alcuni grandi fotografi hanno dedicato al cinema ci fa riflettere sul rapporto tra realtà e finzione, tra verità e illusione, e tra quotidianità e sogno. Quello dei fotografi Magnum è un lavoro che non ha niente a che vedere con la fotografia di scena – immagini prevedibili realizzate sul set a fini promozionali –, ma è una vera e propria perlustrazione creativa realizzata senza vincoli, con onestà intellettuale e libertà espressiva, per raccontare il dietro le quinte non tanto del set cinematografico, ma dei personaggi che, di lì a poco, avrebbero fatto la storia del grande schermo. Il cinema potrebbe essere considerato lo specchio del mondo, ma anche il suo sogno e la sua invenzione: nessun’altra espressione artistica è stata mai così legata alla realtà proprio perché basata sul concetto della finzione. Sul grande schermo, il più delle volte, realtà e finzione sono talmente vicine da confondersi: più la macchina da presa viene neutralizzata, più la realtà sembra porsi in modo naturale e più si è di fronte a una fiction consapevole.

La narrazione visiva della mostra evidenzia un rapporto di complicità tra attori e fotografi, un feeling che, da una parte libera i personaggi dal dover stare in pose convenzionali; dall’altra stimola i fotografi a cercare tutti i particolari che rendono unico e irripetibile ogni momento, quindi più vero della stessa realtà. Ironia, fragilità, consapevolezza espressiva, impertinenza, emozione, vulnerabilità e devozione per la propria professione: ne risulta una galleria di ritratti, di composizioni non convenzionali, di momenti visivi talmente implausibili da proiettare il visitatore in una dimensione alternativa, più intima e riservata, anche laddove c’è la consapevolezza di essere di fronte a un obbiettivo.

Ogni scatto si manifesta come un luogo esperienziale nel quale si perde di vista la barriera tra conoscenza e inganno, tra persona e professionista, tra finito e infinito con una serie di immagini che si insinuano prepotentemente nella mente di chi guarda, stimolandolo a immaginare la scena o in certi casi a concluderla. L’immaginazione corrisponde a un lavoro inesauribile che l’artista produce sul dato fenomenico: senza realtà non potrebbe esserci fiction, ma senza finzione, probabilmente, non potrebbe esserci vera realtà.

Qua tutte le info

100 attimi – fotografia di strada

Dal 2 al 13 settembre Casa dei Carraresi ospita la mostra collettiva “100 ATTIMI. Fotografia di strada”, rassegna dedicata alla Street Photography Contemporanea Italiana.
La mostra è organizzata da Umberto Verdoliva, fotografo e fondatore del collettivo SPONTANEA ed esporranno i loro lavori i principali collettivi italiani: gruppo Mignon, collettivo Spontanea, collettivo InQuadra, collettivo Eyegobananas e alcuni autori locali.
La rassegna includerà anche lo STREET FOLIO, una giornata dedicata alla lettura di lavori e progetti fotografici dei membri del collettivo SPONTANEA e di alcuni rappresentanti dei collettivi invitati.
L’evento è stato realizzato grazie al contributo di: TOYOTA – LEXUS BIANCO, Ar-fer arte ferro, FOTOGRAFIA DIGITALE.

Umberto Verdoliva nato a Castellammare di Stabia (Na), vive a Treviso dal 2006, si dedica da oltre 10 anni alla fotografia di strada e alla sua propaganda. Ha ricevuto numerosi premi e pubblicazioni nelle principali riviste di settore. Ha esposto i propri lavori in diverse mostre. Ha inoltre pubblicato nel 2016 il suo primo volume dal titolo “An ordinary day”, curato e pubblicato dal gruppo Mignon di Padova.

Qua un’interessante intervista ad Umberto Verdolilva, curatore della mostra e fotografo di strada.

Qua altre info sulla mostra

LEONARD FREED – IO AMO L’ITALIA

 

L’Assessorato dell’istruzione e cultura della Regione autonoma Valle d’Aosta comunica che l’Assessore Emily Rini inaugura venerdì 20 maggio 2016, alle ore 18, al Centro Saint-Bénin di Aosta, la mostra Leonard Freed. Io amo l’Italia che presenta una ricca selezione di immagini scattate dal fotografo americano in diverse località italiane, dalla metà del Novecento agli inizi del nuovo secolo. La rassegna di Aosta, proposta dall’Assessorato Istruzione e Cultura della Regione autonoma Valle d’Aosta, è curata da Enrica Viganò in collaborazione con il Leonard Freed Archive e presenta al pubblico cento fotografie, tra vintage e modern print, che compongono una sorta di diario degli oltre quarantacinque soggiorni compiuti dal fotografo statunitense in Italia, terra con la quale intrattenne un rapporto che lui stesso definì “una storia d’amore”. L’Assessorato regionale, confermando il suo impegno nel sostenere la proposta culturale del territorio con un evento di richiamo, prosegue così nell’offerta di approfondimenti sulla cultura fotografica, dopo le esposizioni sui grandi nomi della fotografia del Novecento, tra cui le mostre dedicate ad André Villers (2008), Mario De Biasi (2012), Elliott Erwitt (2012), Pepi Merisio (2013) e Gian Paolo Barbieri (2014).

Centro Saint-Bénin – Aosta
20 Maggio 2016 – 20 Settembre 2016

 

HELMUT NEWTON. A Gun For Hire, Selection

Carpi, Musei di Palazzo dei Pio
Sabato 10 Settembre 2016 – Domenica 11 Dicembre 2016

Esposto per la prima volta in Italia, a Carpi, un corpus di oltre 50 fotografie dalla celebre mostra “A gun for hire”, che raccoglie le immagini scattate da Helmut Newton per le campagne promozionali del marchio Blumarine, tra le eccellenze del distretto tessile della città emiliana.

Dal 10 settembre all’11 dicembre 2016 la città di Carpi (Modena) omaggia uno tra i più grandi fotografi di moda di tutti i tempi, con un’esposizione che presenta scatti mai esposti prima in Italia.
Sono oltre cinquanta le immagini della mostra HELMUT NEWTON. A gun for hire, selection / Le fotografie per Blumarine 1993 – 1999, un evento che ricostruisce, nella cornice dei Musei di Palazzo dei Pio, la stagione che ha visto il maestro tedesco lavorare per una delle aziende simbolo del comparto tessile di Carpi, prossima a compiere il suo quarantesimo anniversario (nel 2017), ideando campagne di comunicazione che hanno coinvolto icone di femminilità come Carré Otis, Nadja Auermann, Carla Bruni, Monica Bellucci ed Eva Herzigova.

L’esposizione, a cura di Luca Panaro, è ideata e prodotta dal Comune di Carpi – Musei di Palazzo dei Pio in collaborazione con la Helmut Newton Foundation di Berlino, da cui arrivano quasi tutti i materiali inediti esposti, e Blumarine, grazie al contributo di Fondazione Cassa Risparmio Carpi e Banca Popolare dell’Emilia Romagna, CMB e Unipol Assicurazioni.

Con il titolo di A gun for hire si considera la grande retrospettiva itinerante, realizzata la prima volta a Montecarlo nel 2005, che illustra in modo puntuale il lavoro di Helmut Newton per il mondo della moda, tra campagne per le griffe più importanti del momento e servizi per le riviste più significative, a partire dagli Anni Sessanta e fino alla data della morte, avvenuta nel 2004. L’esposizione carpigiana si concentra in modo specifico su una parentesi ben definita della lunga e appassionante vicenda creativa del fotografo: quella che lo ha visto portare a compimento le campagne per sette diverse collezioni di Blumarine, partendo dalla Primavera – Estate 1993 per arrivare all’Autunno – Inverno 1998/1999.

Un progetto, per quegli anni, epocale. È la prima volta, infatti, che un marchio italiano legato all’idea tradizionale di impresa famigliare, idealmente rivolto quindi all’eleganza della donna borghese, sceglie di presentarsi in modo tanto innovativo, rivoluzionando il proprio modo di comunicare in favore di un’idea di femminilità più eccentrica, giocosamente provocante. Le campagne elaborate da Newton escono così dagli schemi abituali, rifiutando lo studio delle pose e la costruzione dello storyboard, vivendo dell’istintività e dell’immediatezza dell’ispirazione. Le modelle – tra i volti più noti e amati degli ultimi anni: da Carré Otis a Carla Bruni da Monica Bellucci a Eva Herzigova – interpretano una sensualità divertita, mai volgare, elegantemente allusiva, espressa attraverso un immaginario che filtra l’esplosiva e colorata carica energica del Pop a divertissement nonsense.

Tra i caratteri unici di questo grande esperimento di comunicazione sta l’ingresso, fisico, dell’autore stesso all’interno dell’immagine, che Newton aveva già sperimentato in alcune sue opere: ad accentuare il carattere controcorrente delle campagne, esprimendo al massimo la libertà dalle gabbie del concept, ecco Newton entrare in campo – come ombra fugace, oppure con un solo piede – e rimanere impresso sulla pellicola, dando in certi casi all’osservatore l’illusione di essere dietro la macchina fotografica.

La mostra, allestita nelle logge al piano nobile di Palazzo dei Pio, si compone di 34 fotografie di grande formato che documentano le campagne dell’artista per Blumarine e di altri dodici scatti, sempre parte del progetto A Gun for Hire e inediti per l’Italia, dedicati invece a lavori effettuati da Newton, nel medesimo periodo, per brand come Versace, Yves Saint Laurent e Thierry Mugler: un confronto serrato, dunque, che contestualizza i progetti pensati per l’impresa carpigiana all’interno dell’esperienza professionale dell’artista e dei canoni di comunicazione dell’alta moda in quel preciso momento storico.

A completare l’esposizione altri sette scatti dalle campagne Blumarine, mai esposti prima, dalla collezione privata di Anna Molinari, fondatrice con il marito Gianpaolo Tarabini dell’azienda; i book delle stagioni realizzati con le campagne fotografiche di Newton e due album inediti con le fotografie e le annotazioni dell’autore. Infine, nella Sala dei Mori, vengono presentate testimonianze video che presentano attraverso interviste e documentari la figura di Helmut Newton e il suo credo artistico.

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Lying in Between. Grecia 2016.

Dal 15 settembre 2016 all’8 gennaio 2017 Fondazione Fotografia presenta al Foro Boario di Modena la mostra Lying in Between. Grecia 2016.

Il percorso, a cura del direttore Filippo Maggia, espone le opere prodotte in occasione di una missione fotografica in Grecia svoltasi su iniziativa di Fondazione Fotografia nei mesi di maggio e giugno 2016. Alla missione hanno preso parte sette fotografi italiani caratterizzati da sensibilità e cifre stilistiche diverse: Antonio Biasucci, Antonio Fortugno, Angelo Iannone, Filippo Luini, Francesco Mammarella, Simone Mizzotti e Francesco Radino. Ad affiancare le loro opere e a completare l’allestimento della mostra ci sarà inoltre un video a tre canali, realizzato e prodotto da Fondazione Fotografia.

Negli ultimi anni la crisi economica greca è stata spesso al centro delle cronache di attualità e di molti dibattiti internazionali. Culla della civiltà occidentale, il Paese ellenico si trova a fare i conti non soltanto con le difficoltà endogene che da anni la affliggono, ma anche con la nuova drammatica emergenza rappresentata dalle migliaia di profughi che, in fuga dal Medio Oriente, quotidianamente sbarcano sulle isole più vicine alla costa turca, in alcuni casi addirittura superando per numero la popolazione in esse residente. Questi luoghi, mete turistiche per eccellenza, sono oggi emblema dell’ampio divario esistente fra il mondo occidentale, attento a preservare le proprie certezze, e un mondo altro da noi, ma a noi molto vicino, quello mediorientale, lacerato da guerre civili e di religione.

I sette fotografi impegnati nella missione hanno potuto calarsi completamente nel contesto, dapprima documentando la loro esperienza in tempo reale, attraverso una cronaca fotografica quotidiana, condivisa attraverso i canali web e social di Fondazione Fotografia; successivamente, al rientro in Italia, ciascuno ha rielaborato il materiale raccolto da una prospettiva personale e secondo la propria cifra stilistica, compiendo un’analisi più lenta e ponderata che ha dato luogo alle opere finali esposte in mostra. Contestualmente alla produzione di queste ricerche artistiche, Fondazione Fotografia ha impegnato due diversi team di professionisti nella creazione di un video a tre canali incentrato sulla situazione attuale delle isole greche: Andrea Cossu, Daniele Ferrero, Mara Mariani e il direttore Filippo Maggia hanno compiuto un viaggio attraverso quei luoghi, dando voce a abitanti, volontari, migranti e raccontando la Grecia contemporanea in tutte le sue sfumature.

La mostra Lying in Between. Grecia 2016 èpromossa da Fondazione Fotografia Modena e Fondazione Cassa di Risparmio di Modena, con il patrocinio della Regione Emilia-Romagna. Rientra inoltre nel programma del festivalfilosofia 2016, che si terrà a Modena, Carpi e Sassuolo dal 16 al 18 settembre 2016. La accompagna un catalogo di Skira Editore.

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Anna

Siete buoni editor o buoni fotografi?

Buongiorno, oggi proverò a pensare al contrario, oggi remo contro il perfezionismo.

Come?

Bene, oggi vi suggerirò di scattare foto di merda, per un lungo periodo. Così, quello che vi gira, uscite e scattate.

B6

Fotografia di Chema Madoz

Del resto molti dei più grandi fotografi dichiarano di riuscire a tirar fuori dai propri lavori, una foto buona al mese, cosa possiamo fare noi, se non scattare 2000000 di fotografie, per ottenerne una buona?

Quindi, non abbiate paura di scattare foto schifose, continuate a scattare.

Probabilmente, avendo meno aspettative, se non avete un progetto a cui pensare, avrete la possibilità di tirare fuori qualche scatto buono.

Poi arrivate a casa e cercate di osservare le vostre immagini, tantissime, nelle cartelline del computer, distinte per data. Probabilmente passerete più tempo a riguardare le foto fatte che tempo a farle, d’ora in poi. Ma del resto, da quando c’è la fotografia digitale, anche questo può capitare.

Quindi sedetevi, salvate le fotografie, aprite le cartelle. E adesso siate brutali. Eliminate tutto, tutto quello che vi sembri pessimo e anche solo appena buono, tenete solo gli scatti migliori.

Forse non sarete fotografi, ma imparerete sicuramente ad essere buoni editor di immagini e anche questo può funzionare, …forse.

Vi dico questo perché credo che anche dalle foto raccolte per strada, senza particolari ragionamenti, si possa imparare.

Molti progetti di autori conosciuti, sono nati da errori che loro stessi hanno ammesso di aver fatto. Un errore, in sostanza, può diventare un metodo.

Quello che spero, suggerendovi questa cosa, è che in fase di editing, sappiate poi riconoscere, nell’errore in fase di scatto, la potenzialità di una BUONA fotografia.

Molte delle persone che conosco mi dicono:  non capisco quali siano le foto migliori che ho scattato, non so se sia meglio una o l’altra.

E voi riuscireste? Riuscireste tra 10000 fotografie, a tirare fuori qualcosa che, anche lontanamente, possa diventare uno stile, il vostro stile? A me pare difficile quanto fotografare per strada, io continuerò con il metodo: Sara non scattare se non ha un caz da dire.

Magari per voi è diverso, che dite? Io non posso escludere che in qualche caso possa funzionare.

Ciao

Sara

Fortunati o sfigati per strada?

“La fortuna gioca un ruolo importante , non si sa mai cosa sta per accadere. La cosa più interessante è quando “l’inaspettato” succede e si riesce ad essere lì al posto giusto nell’attimo perfetto – scattando al momento giusto. Il più delle volte non funziona. La street Photography è nel 99% dei casi, un fallimento”-. Alex Webb

Fotografia di Jacob Aue Sobol

Nella fotografia di strada, quella vera, la possibilità che lo scatto prodotto sia davvero interessante, è remota.

Si può girare giorni interi, questo lo dico per esperienza personale, e non trovare niente. Niente sembra apparire interessante o meritevole di una fotografia. Spesso la fotografia, magicamente ti appare davanti agli occhi e tu ti stai scaccolando, bevendo un caffè, l’unico, dopo ore a sperare che qualcosa avvenisse. Sputi il caffè, togli il dito dal naso, ma è tardi…tutto dissolto.

Frustrazione.

Ti ricomponi e pensi, “Ma si, ce la faccio alla prossima, sarò più pronta, veloce, sprint.”

Il fallimento, nella fotografia di strada è normale, troppi elementi concorrono e tutti non dipendenti dal fotografo.

Forse il trucco vero è portare sempre la macchina fotografica con sé. Non solo perché senza non si scatta 😉 ma anche perché con la macchina in mano, si è predisposti ad un’attenzione che viene meno, se siamo nudi (senza macchina fotografica).

Poi c’è la fortuna. Nella Street photography, la fotografia corrisponde ad uno schiaffo che ricevi dietro un angolo. Tu giri l’angolo e tutto si sistema, i pesi formali, i toni, i soggetti che si auto-compongono in terzi, eccezionale. Scatti e ti senti Winogrand a 30 anni, bello riccio, veloce, aitante e perfetto.

MA

Capita anche che, girando l’angolo vedete lo scatto, tentate di prendere la macchina e nell’ordine:

Vi sfugge di mano

Con una mossa da Carla Fracci tentate di riprenderla

Ce la fate

Riportate lo sguardo sul soggetto pronti a scattare

Portate l’occhio al mirino come un falco

Il soggetto vi fissa dietro la croce della messa a fuoco

Tutti sono girati verso di voi, anche il lattaio, dall’altro lato della strada

Riponete la macchina e col fiatone tornate dietro l’angolo di prima.

Beh, dai non scoraggiatevi, tenete duro. Forse eravate troppo tesi, non avevate la macchina a portata di mano, non era impostata bene…ecc.ecc. Tutte queste piccole cose succederanno sempre meno e piano piano vi sembrerà più semplice.

In strada la velocità è importante, anche sbagliare per me è stato importante.

Ciao

Buona giornata

Un saluto

Sara

Quando una fotografia di strada è buona. Terza parte

Questa la seconda parte di interviste ad autori che ogni giorno scattano fotografie per strada, ottimi consigli da seguire.

Questa è la terza parte, per la prima vedi qui per la seconda vedi qui.

Quando una fotografia di strada può dirsi riuscita? Credete che basti uscire in strada per fare Street Photography? Eh no cari miei!

Ho chiesto ad alcuni bravi (a mio parere) Street photographer italiani, cosa fosse per loro una buona fotografia colta in strada, ecco le interessanti risposte. Ciao Sara

Il pensiero di  Michele Liberti

Dal mio punto di vista,una buona foto di strada,per far si che funzioni deve innanzitutto attirare l’attenzione dello spettatore in modo tale che quest’ultimo si ponga delle domande:”cos’è che mi attira in questa foto? la luce,il soggetto,la scena,la storia,le emozioni che essa contiene”; in questo modo si crea una sorta di dialogo tra chi propone lo scatto e chi l’osserva.

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Certo, chi sceglie di avventurarsi in questo genere di foto deve “vivere la strada” cogliendo quegli attimi così fugaci e veloci che sono quasi impossibili da catturare,quasi come se si camminasse contro corrente per poter fermare quell’attimo un momento prima che svanisca.

Naturalmente la foto di strada ha molte sfaccettature,tante visioni diverse,l’essenziale è cimentarsi in essa con divertimento ed ironia,evitando di prendersi troppo sul serio.

Come dico spesso:”I fotografi street devono imparare a guardare quello che li circonda per poi dargli nuova vita. Devono essere come dei cacciatori che stanno lì fermi,in cerca della loro preda.” Per essere pronti a fermare quell’istante che io definisco “l’istante zero” prima che svanisca tutto nel nulla.

https://www.flickr.com/photos/mikyliber/
Ciao a tutti, buona giornata! Sara

Quando una fotografia di strada è buona? Parte seconda

Questa la seconda parte di interviste ad autori che ogni giorno scattano fotografie per strada, ottimi consigli da seguire.

Questa è la seconda parte, per la prima vedi qui

Quando una fotografia di strada può dirsi riuscita? Credete che basti uscire in strada per fare Street Photography? Eh no cari miei!

Ho chiesto ad alcuni bravi (a mio parere) Street photographer italiani, cosa fosse per loro una buona fotografia colta in strada, ecco le interessanti risposte. Ciao Sara

Il pensiero di  Carmelo Eramo

Una fotografia di strada (intesa sia come scatto che come modo di farla) che funzioni è, per me, una fotografia che riesce ad andare e a condurti al di là del semplice catturare momenti e scene particolari in cui ti imbatti per strada, al di là del semplice stuzzicare il nostro sguardo e creare stupore, spesso fine a se stesso.

Personalmente trovo più significativa una fotografia di strada che sappia anche comunicare ed emozionare. Raccontare l’umanità del quotidiano, dischiudere scorci di realtà, narrare la società e il nostro tempo cogliendo istanti di esistenza ordinaria. Mostrare, far vedere quello che vediamo ogni giorno ma di cui non ci accorgiamo, mostrare quanto sia speciale quello che sembra ordinario e banale, i volti e gli aspetti di una quotidianità che ci siamo disabituati a guardare davvero. Penso che un fotografo possa contribuire, quando ci riesce, a questa specie di rivelazione, di riscoperta delle cose attraverso le sue immagini.

Fotografia di Carmelo Eramo07

Difficile impresa, ma un ulteriore salto di qualità, è quando uno scatto di strada riesce a raccontarci anche l’autore, a veicolare la sua soggettività, a trasmetterci le sue emozioni. Ed è una specie di incantesimo quando succede che queste riescano ad suscitarne altre in chi guarda. Ciò non vuol dire che si possa prescindere dall’estetica di una immagine, la fotografia è pur sempre un linguaggio, che esprime dei contenuti attraverso una forma. Credo che proprio attraverso la forma che scegli, il tuo tipo di linguaggio, esprimi il fotografo che sei. Ma tutto ciò, che possiamo chiamare “stile”, dev’essere sempre funzionale a rivelare quello che hai dire attraverso le tue immagini, la tua visione del mondo, che sia quello reale o il tuo mondo interiore, o entrambe le cose insieme, come accade nei migliori dei casi.

Info www.carmeloeramo.com

Il pensiero di Davide Albani

E’ una domanda piuttosto complicata, sebbene possa non sembrarlo, alla quale non c’è una risposta giusta. Gli stessi grandi maestri hanno formulato pensieri diversi su cosa renda una fotografia di strada buona: dal momento decisivo all’essere vicini alla scena fino alla puzza della strada, a seconda di quello che il fotografo vuole comunicare.

Fotografia di Davide AlbaniDavide_Albani.jpg

Probabilmente una fotografia di strada che funzioni è un pò tutto questo, insieme ovviamente ad altri aspetti più tecnici, come un taglio di luce piacevole, soggetti interessanti e una composizione complessa. Per quanto mi riguarda, per provare a rispondere, mi sono chiesto: quand’è che un’immagine mi sconvolge e diventa indimenticabile? E mi sono detto, molto semplicemente, che ciò accade quando una fotografia mi rende spettatore di un qualcosa che non immaginavo potesse essere visto o accadere: un punto di vista sul mondo nuovo (inteso come innovativo), unico, imprevedibile e totalmente inaspettato, che sia testimone sociale di un momento, reso eterno dall’intuizione, spesso geniale, del fotografo.

Qui per conoscere Davide https://www.flickr.com/photos/davide_albani/

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Ciao Baci a tutti, Sara

Quando una fotografia di strada è una buona foto.

Quando una fotografia di strada può dirsi riuscita? Credete che basti uscire in strada per fare Street Photography?

La Street photography è uno dei generi più difficili in fotografia. Nella maggior parte dei casi (98%) non c’è contatto con il soggetto, tutto accade in una frazione di secondo e spam, o la becchi o t’attacchi! Fantastico! Non bastano gli anziani sulle panchine che leggono il giornale, le persone di spalle che camminano, i piccioni in piazza Duomo.

Oltre a questo, che non dico non possa essere presente, ci vuole qualcosa in più, un’eccezione, uno schiaffo a chi guarderà la fotografia, uno squarcio di luce, un colore accecante, un’atmosfera sognante. Meglio se tutte queste cose insieme.

Ho chiesto ad alcuni bravi (a mio parere) Street photographer italiani, cosa fosse per loro una buona fotografia colta in strada, ecco le interessanti risposte. Ciao Sara

 

Il pensiero di Umberto Verdoliva

Io credo che una buona fotografia di strada funzioni nel momento in cui riesce ad attirare e a far soffermare l’osservatore aprendogli un “piccolo mondo” su di un qualcosa che mai aveva potuto credere possibile o vedere prima, sollecitando in essi delle emozioni, degli interrogativi, la curiosità di vedere altro. Esistono una infinità di attimi e di possibilità che a volte si basano su dettagli, particolari, sensazioni che emergono da gesti, sguardi, improbabili coincidenze, originali reinterpretazioni molto spesso davvero lontani dalla realtà ma che solo la fotografia sa trasformare e riportare, immediatamente o nel tempo, nei modi più vaghi possibili.

Fotografia di Umberto VerdolivaDSC_5209bw

Una buona fotografia di strada si collega al mondo ma da anche la possibilità, a chi guarda, di distaccarsi da esso e di trasformare la realtà in altro; ed è ciò che la rende affascinante e così speciale.

La grande attrattiva che essa ha, sia per chi la pratica e sia per chi la osserva, è data proprio da questa “individuazione continua del momento significativo” che un fotografo, a volte con grande consapevolezza ma molto spesso da una totale casualità, riesce a cogliere spinto dal proprio istinto, dalla fortuna, dalle occasioni. Ogni “preda” catturata, sottoforma di stimoli reali trasmessi all’osservatore, diventa linfa e forza per continuare a cercare.

Il dubbio maggiore potrebbe essere quello di capire fino a che punto farsi coinvolgere in questa “gara” con il quotidiano. Dimenticare che la fotografia di strada può e deve essere anche documento dei tempi, la cartina tornasole dei cambiamenti reali in atto nella società contemporanea, si potrebbe rivelare un grave errore da non commettere.

Umberto Verdoliva Link: www.umbertoverdoliva.it

Il pensiero di Salvatore Matarazzo

Una street che funziona, secondo me, è una fotografia che attraverso l’interpretazione dell’autore ti trasporta dentro la scena, sfrutta il contesto “ordinario” ma racconta un nuovo punto di vista, oppure ti fa notare e godere di cose che ad occhio nudo e senza il processo fotografico, non immagineresti neanche che esistono.

Però credo che non ci siano regole che definiscano quale sia la foto perfetta: nella street, come in altri generi, esistono linee alle quali far riferimento e naturalmente ispirarsi ma sarà l’autore, attraverso la sua esperienza e la sua coerenza stilistica, a creare la street che, per lui, funziona.

Fotografia di Salvatore MatarazzoSalvatore Matarazzo

Il fatto che poi può funzionare anche per altri, in questo genere, secondo me è marginale: non stiamo parlando di una fotografia commerciale che, per ovvi motivi, deve accontentare più persone possibili; nella street ogni spettatore avrà una sua cultura, una sua ricerca, un suo punto di vista e giudicherà la tua foto in base a questi elementi. Potrai dare un messaggio positivo per alcuni e negativo per altri. Spesso noi “addetti ai lavori” ci poniamo anche troppi problemi, dimenticandoci ciò che è la fotografia e cioè libertà di espressione. Per me la street è curiosità, libertà e amore, mi sentirei ipocrita con me stesso a rinchiuderla dentro schemi e regole precise.

 Info www.salvatorematarazzo.com

Ti aspetto settimana prossima per la seconda parte, altri autori vi daranno ottimi consigli!

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Ciao Baci a tutti, Sara