Mostre per settembre

 

Se durante l’estate avete “staccato la spina” con la fotografia, eccovi delle mostre da cui ricominciare a settembre.

Ciao

Anna

RENE BURRI, UTOPIA + FERDINANDO SCIANNA, IL GHETTO DI VENEZIA 500 ANNI DOPO

VENEZIA, CASA DEI TRE OCI

DAL 26 AGOSTO 2016 ALL’8 GENNAIO 2017

Due progetti espositivi autonomi presentano, da un lato, 100 immagini di René Burri dedicate all’architettura e ai suoi protagonisti, dall’altro, 50 scatti inediti di Ferdinando Scianna in occasione dei 500 anni dalla fondazione del Ghetto ebraico a Venezia

Dopo il successo della mostra Helmut Newton. Fotografie, la Casa dei Tre Oci di Venezia riprende il proprio programma espositivo con due proposte dedicate ad altrettanti maestri della storia della fotografia: René Burri e Ferdinando Scianna.

Dal 26 agosto 2016 all’8 gennaio 2017, le sale dello spazio veneziano sull’isola della Giudecca si apriranno alle rassegne “René Burri. Utopia”, curata da Michael Koetzle, e “Ferdinando Scianna. Il Ghetto di Venezia 500 anni dopo”, curata da Denis Curti. La mostra dedicata a Ferdinando Scianna è frutto del lavoro fotografico realizzato su incarico di Fondazione di Venezia e realizzato appositamente per i Tre Oci in occasione del Cinquecentenario della fondazione del Ghetto ebraico a Venezia.

I due diversi progetti si snoderanno autonomamente seguendo un percorso coerente e lineare, che si svilupperà a partire dalle 100 opere di René Burri, distribuite tra pianterreno e piano nobile, e si concluderà al secondo piano, con le oltre 50 fotografie inedite di Ferdinando Scianna.

Entrambi membri della prestigiosa agenzia fotografica Magnum, Burri (che ne diverrà presidente nel 1982) e Scianna appartengono, pur nella loro diversità, a quella categoria di autori che attraverso il mezzo fotografico esprime personali visioni, sia che si traducano nella passione di Burri di documentare grandi cambiamenti politici e sociali, sia che rispondano al tentativo, nel caso di Scianna, di carpire, all’interno del flusso caotico dell’esistenza, “istanti di senso e di forma”.

Utopia di René Burri (Zurigo, 1933-2014) riunisce, per la prima volta, oltre 100 immagini del grande artista svizzero dedicate all’architettura, con scatti di famosi edifici e ritratti di architetti.

La fotografia di Burri nasce dal bisogno di raccontare i grandi processi di trasformazione e i cambiamenti storici, politici e culturali del Novecento con una forte attenzione verso alcuni personaggi (indimenticabili i suoi ritratti di Che Guevara e Pablo Picasso) che ne hanno fatto parte.

Utopia – che si tiene in contemporanea con la Biennale di Architettura 2016 – s’inserisce all’interno di questa prospettiva, in quanto Burri concepisce l’architettura come una vera e propria operazione politica e sociale che veicola e impone una visione sul mondo, e che lo spinge a viaggiare tra Europa, Medio-Oriente, Asia e America latina sulle tracce dei grandi architetti del XX secolo, da Le Corbusier a Oscar Niemeyer, da Mario Botta a Renzo Piano, da Tadao Ando a Richard Meier.

Accanto ai loro ritratti e alle loro costruzioni, in Utopia si ritrovano anche le immagini di eventi storici particolarmente densi di contrasti e di speranze, come la caduta del muro di Berlino o le proteste di piazza Tienanmen a Pechino nella primavera del 1989.

L’ultimo piano della Casa dei Tre Oci è dedicato all’opera di uno dei più importanti fotografi italiani, Ferdinando Scianna (Bagheria, 4 luglio 1943). In occasione dei 500 anni della nascita del Ghetto ebraico di Venezia (formatosi il 29 marzo 1516), la Fondazione di Venezia ha deciso di avviare una ricognizione fotografica con l’obiettivo di raccontare la dimensione contemporanea del Ghetto. Il progetto espositivo è realizzato da Civita Tre Venezie.

Scianna ha realizzato un reportage fotografico in pieno stile Street Photography, raccogliendo immagini inerenti la vita quotidiana del Ghetto, senza tralasciare ritratti, architetture, interni di case e luoghi di preghiera. Chiese, ristoranti, campi, gondole sono i soggetti che animano il panorama visivo del progetto. Da segnalare, in questa narrazione, la compresenza di una dimensione simbolica, storica, rituale, intrinsecamente connessa a luoghi e gesti, e una semplicità nella descrizione di un tempo presente e ordinario.

“Ferdinando Scianna – osserva il curatore Denis Curti – ha saputo costruire un racconto delicato […]. Ha dato forma a una memoria collettiva elevando e distinguendo singole storie: se ne avverte la bellezza e la solennità. […] Il dolore mai urlato dell’Olocausto. Le pietre d’inciampo e i segni di una vicenda destinata a restare indelebile. […] Dentro queste fotografie ci si orienta. I punti cardinali si fanno abbraccio e segnano le linee di una confidenza visiva capace di entrare nei confini dell’intimità dei molti ritratti che compongono il complesso mosaico di questa esperienza: è il linguaggio degli affetti, è la grammatica dei corpi”.

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MAGNUM SUL SET . I GRANDI FOTOGRAFI E IL CINEMA

Lu.C.C.A. – Lucca Center of Contemporary Art
2 luglio – 13 novembre 2016
a cura di Maurizio Vanni

La realtà della finzione

In tempi dove non è più la finzione a intromettersi nella realtà, ma la verità digitale a invadere i territori della fiction, la mostra degli scatti che alcuni grandi fotografi hanno dedicato al cinema ci fa riflettere sul rapporto tra realtà e finzione, tra verità e illusione, e tra quotidianità e sogno. Quello dei fotografi Magnum è un lavoro che non ha niente a che vedere con la fotografia di scena – immagini prevedibili realizzate sul set a fini promozionali –, ma è una vera e propria perlustrazione creativa realizzata senza vincoli, con onestà intellettuale e libertà espressiva, per raccontare il dietro le quinte non tanto del set cinematografico, ma dei personaggi che, di lì a poco, avrebbero fatto la storia del grande schermo. Il cinema potrebbe essere considerato lo specchio del mondo, ma anche il suo sogno e la sua invenzione: nessun’altra espressione artistica è stata mai così legata alla realtà proprio perché basata sul concetto della finzione. Sul grande schermo, il più delle volte, realtà e finzione sono talmente vicine da confondersi: più la macchina da presa viene neutralizzata, più la realtà sembra porsi in modo naturale e più si è di fronte a una fiction consapevole.

La narrazione visiva della mostra evidenzia un rapporto di complicità tra attori e fotografi, un feeling che, da una parte libera i personaggi dal dover stare in pose convenzionali; dall’altra stimola i fotografi a cercare tutti i particolari che rendono unico e irripetibile ogni momento, quindi più vero della stessa realtà. Ironia, fragilità, consapevolezza espressiva, impertinenza, emozione, vulnerabilità e devozione per la propria professione: ne risulta una galleria di ritratti, di composizioni non convenzionali, di momenti visivi talmente implausibili da proiettare il visitatore in una dimensione alternativa, più intima e riservata, anche laddove c’è la consapevolezza di essere di fronte a un obbiettivo.

Ogni scatto si manifesta come un luogo esperienziale nel quale si perde di vista la barriera tra conoscenza e inganno, tra persona e professionista, tra finito e infinito con una serie di immagini che si insinuano prepotentemente nella mente di chi guarda, stimolandolo a immaginare la scena o in certi casi a concluderla. L’immaginazione corrisponde a un lavoro inesauribile che l’artista produce sul dato fenomenico: senza realtà non potrebbe esserci fiction, ma senza finzione, probabilmente, non potrebbe esserci vera realtà.

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100 attimi – fotografia di strada

Dal 2 al 13 settembre Casa dei Carraresi ospita la mostra collettiva “100 ATTIMI. Fotografia di strada”, rassegna dedicata alla Street Photography Contemporanea Italiana.
La mostra è organizzata da Umberto Verdoliva, fotografo e fondatore del collettivo SPONTANEA ed esporranno i loro lavori i principali collettivi italiani: gruppo Mignon, collettivo Spontanea, collettivo InQuadra, collettivo Eyegobananas e alcuni autori locali.
La rassegna includerà anche lo STREET FOLIO, una giornata dedicata alla lettura di lavori e progetti fotografici dei membri del collettivo SPONTANEA e di alcuni rappresentanti dei collettivi invitati.
L’evento è stato realizzato grazie al contributo di: TOYOTA – LEXUS BIANCO, Ar-fer arte ferro, FOTOGRAFIA DIGITALE.

Umberto Verdoliva nato a Castellammare di Stabia (Na), vive a Treviso dal 2006, si dedica da oltre 10 anni alla fotografia di strada e alla sua propaganda. Ha ricevuto numerosi premi e pubblicazioni nelle principali riviste di settore. Ha esposto i propri lavori in diverse mostre. Ha inoltre pubblicato nel 2016 il suo primo volume dal titolo “An ordinary day”, curato e pubblicato dal gruppo Mignon di Padova.

Qua un’interessante intervista ad Umberto Verdolilva, curatore della mostra e fotografo di strada.

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LEONARD FREED – IO AMO L’ITALIA

 

L’Assessorato dell’istruzione e cultura della Regione autonoma Valle d’Aosta comunica che l’Assessore Emily Rini inaugura venerdì 20 maggio 2016, alle ore 18, al Centro Saint-Bénin di Aosta, la mostra Leonard Freed. Io amo l’Italia che presenta una ricca selezione di immagini scattate dal fotografo americano in diverse località italiane, dalla metà del Novecento agli inizi del nuovo secolo. La rassegna di Aosta, proposta dall’Assessorato Istruzione e Cultura della Regione autonoma Valle d’Aosta, è curata da Enrica Viganò in collaborazione con il Leonard Freed Archive e presenta al pubblico cento fotografie, tra vintage e modern print, che compongono una sorta di diario degli oltre quarantacinque soggiorni compiuti dal fotografo statunitense in Italia, terra con la quale intrattenne un rapporto che lui stesso definì “una storia d’amore”. L’Assessorato regionale, confermando il suo impegno nel sostenere la proposta culturale del territorio con un evento di richiamo, prosegue così nell’offerta di approfondimenti sulla cultura fotografica, dopo le esposizioni sui grandi nomi della fotografia del Novecento, tra cui le mostre dedicate ad André Villers (2008), Mario De Biasi (2012), Elliott Erwitt (2012), Pepi Merisio (2013) e Gian Paolo Barbieri (2014).

Centro Saint-Bénin – Aosta
20 Maggio 2016 – 20 Settembre 2016

 

HELMUT NEWTON. A Gun For Hire, Selection

Carpi, Musei di Palazzo dei Pio
Sabato 10 Settembre 2016 – Domenica 11 Dicembre 2016

Esposto per la prima volta in Italia, a Carpi, un corpus di oltre 50 fotografie dalla celebre mostra “A gun for hire”, che raccoglie le immagini scattate da Helmut Newton per le campagne promozionali del marchio Blumarine, tra le eccellenze del distretto tessile della città emiliana.

Dal 10 settembre all’11 dicembre 2016 la città di Carpi (Modena) omaggia uno tra i più grandi fotografi di moda di tutti i tempi, con un’esposizione che presenta scatti mai esposti prima in Italia.
Sono oltre cinquanta le immagini della mostra HELMUT NEWTON. A gun for hire, selection / Le fotografie per Blumarine 1993 – 1999, un evento che ricostruisce, nella cornice dei Musei di Palazzo dei Pio, la stagione che ha visto il maestro tedesco lavorare per una delle aziende simbolo del comparto tessile di Carpi, prossima a compiere il suo quarantesimo anniversario (nel 2017), ideando campagne di comunicazione che hanno coinvolto icone di femminilità come Carré Otis, Nadja Auermann, Carla Bruni, Monica Bellucci ed Eva Herzigova.

L’esposizione, a cura di Luca Panaro, è ideata e prodotta dal Comune di Carpi – Musei di Palazzo dei Pio in collaborazione con la Helmut Newton Foundation di Berlino, da cui arrivano quasi tutti i materiali inediti esposti, e Blumarine, grazie al contributo di Fondazione Cassa Risparmio Carpi e Banca Popolare dell’Emilia Romagna, CMB e Unipol Assicurazioni.

Con il titolo di A gun for hire si considera la grande retrospettiva itinerante, realizzata la prima volta a Montecarlo nel 2005, che illustra in modo puntuale il lavoro di Helmut Newton per il mondo della moda, tra campagne per le griffe più importanti del momento e servizi per le riviste più significative, a partire dagli Anni Sessanta e fino alla data della morte, avvenuta nel 2004. L’esposizione carpigiana si concentra in modo specifico su una parentesi ben definita della lunga e appassionante vicenda creativa del fotografo: quella che lo ha visto portare a compimento le campagne per sette diverse collezioni di Blumarine, partendo dalla Primavera – Estate 1993 per arrivare all’Autunno – Inverno 1998/1999.

Un progetto, per quegli anni, epocale. È la prima volta, infatti, che un marchio italiano legato all’idea tradizionale di impresa famigliare, idealmente rivolto quindi all’eleganza della donna borghese, sceglie di presentarsi in modo tanto innovativo, rivoluzionando il proprio modo di comunicare in favore di un’idea di femminilità più eccentrica, giocosamente provocante. Le campagne elaborate da Newton escono così dagli schemi abituali, rifiutando lo studio delle pose e la costruzione dello storyboard, vivendo dell’istintività e dell’immediatezza dell’ispirazione. Le modelle – tra i volti più noti e amati degli ultimi anni: da Carré Otis a Carla Bruni da Monica Bellucci a Eva Herzigova – interpretano una sensualità divertita, mai volgare, elegantemente allusiva, espressa attraverso un immaginario che filtra l’esplosiva e colorata carica energica del Pop a divertissement nonsense.

Tra i caratteri unici di questo grande esperimento di comunicazione sta l’ingresso, fisico, dell’autore stesso all’interno dell’immagine, che Newton aveva già sperimentato in alcune sue opere: ad accentuare il carattere controcorrente delle campagne, esprimendo al massimo la libertà dalle gabbie del concept, ecco Newton entrare in campo – come ombra fugace, oppure con un solo piede – e rimanere impresso sulla pellicola, dando in certi casi all’osservatore l’illusione di essere dietro la macchina fotografica.

La mostra, allestita nelle logge al piano nobile di Palazzo dei Pio, si compone di 34 fotografie di grande formato che documentano le campagne dell’artista per Blumarine e di altri dodici scatti, sempre parte del progetto A Gun for Hire e inediti per l’Italia, dedicati invece a lavori effettuati da Newton, nel medesimo periodo, per brand come Versace, Yves Saint Laurent e Thierry Mugler: un confronto serrato, dunque, che contestualizza i progetti pensati per l’impresa carpigiana all’interno dell’esperienza professionale dell’artista e dei canoni di comunicazione dell’alta moda in quel preciso momento storico.

A completare l’esposizione altri sette scatti dalle campagne Blumarine, mai esposti prima, dalla collezione privata di Anna Molinari, fondatrice con il marito Gianpaolo Tarabini dell’azienda; i book delle stagioni realizzati con le campagne fotografiche di Newton e due album inediti con le fotografie e le annotazioni dell’autore. Infine, nella Sala dei Mori, vengono presentate testimonianze video che presentano attraverso interviste e documentari la figura di Helmut Newton e il suo credo artistico.

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Lying in Between. Grecia 2016.

Dal 15 settembre 2016 all’8 gennaio 2017 Fondazione Fotografia presenta al Foro Boario di Modena la mostra Lying in Between. Grecia 2016.

Il percorso, a cura del direttore Filippo Maggia, espone le opere prodotte in occasione di una missione fotografica in Grecia svoltasi su iniziativa di Fondazione Fotografia nei mesi di maggio e giugno 2016. Alla missione hanno preso parte sette fotografi italiani caratterizzati da sensibilità e cifre stilistiche diverse: Antonio Biasucci, Antonio Fortugno, Angelo Iannone, Filippo Luini, Francesco Mammarella, Simone Mizzotti e Francesco Radino. Ad affiancare le loro opere e a completare l’allestimento della mostra ci sarà inoltre un video a tre canali, realizzato e prodotto da Fondazione Fotografia.

Negli ultimi anni la crisi economica greca è stata spesso al centro delle cronache di attualità e di molti dibattiti internazionali. Culla della civiltà occidentale, il Paese ellenico si trova a fare i conti non soltanto con le difficoltà endogene che da anni la affliggono, ma anche con la nuova drammatica emergenza rappresentata dalle migliaia di profughi che, in fuga dal Medio Oriente, quotidianamente sbarcano sulle isole più vicine alla costa turca, in alcuni casi addirittura superando per numero la popolazione in esse residente. Questi luoghi, mete turistiche per eccellenza, sono oggi emblema dell’ampio divario esistente fra il mondo occidentale, attento a preservare le proprie certezze, e un mondo altro da noi, ma a noi molto vicino, quello mediorientale, lacerato da guerre civili e di religione.

I sette fotografi impegnati nella missione hanno potuto calarsi completamente nel contesto, dapprima documentando la loro esperienza in tempo reale, attraverso una cronaca fotografica quotidiana, condivisa attraverso i canali web e social di Fondazione Fotografia; successivamente, al rientro in Italia, ciascuno ha rielaborato il materiale raccolto da una prospettiva personale e secondo la propria cifra stilistica, compiendo un’analisi più lenta e ponderata che ha dato luogo alle opere finali esposte in mostra. Contestualmente alla produzione di queste ricerche artistiche, Fondazione Fotografia ha impegnato due diversi team di professionisti nella creazione di un video a tre canali incentrato sulla situazione attuale delle isole greche: Andrea Cossu, Daniele Ferrero, Mara Mariani e il direttore Filippo Maggia hanno compiuto un viaggio attraverso quei luoghi, dando voce a abitanti, volontari, migranti e raccontando la Grecia contemporanea in tutte le sue sfumature.

La mostra Lying in Between. Grecia 2016 èpromossa da Fondazione Fotografia Modena e Fondazione Cassa di Risparmio di Modena, con il patrocinio della Regione Emilia-Romagna. Rientra inoltre nel programma del festivalfilosofia 2016, che si terrà a Modena, Carpi e Sassuolo dal 16 al 18 settembre 2016. La accompagna un catalogo di Skira Editore.

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Anna

Fotografia in agosto…mostre da non perdere!

 

Oltre alle mostre sempre aggiornate sulla nostra pagina, per agosto ve ne proponiamo di nuove, magari vi trovate in vacanza in queste località.

Buone vacanze!

Anna

Gibellina PhotoRoad

29 LUGLIO/31 AGOSTO 2016

Mostre outdoor, talk, workshop, incontri e letture portfolio. Stampe di grande formato, proiezioni e installazioni site-specific, pensate per interagire col tessuto urbano. Siamo a Gibellina, nella Valle del Belìce, ricostruita dopo il terremoto del 1968, uno dei musei di arte contemporanea a cielo aperto più grandi del mondo.

Oggi vogliamo che Gibellina diventi “città della fotografia”, portando l’immagine contemporanea nelle piazze e negli spazi disegnati da grandi architetti e artisti. È questo Gibellina Photoroad- Festival Internazionale di Fotografia Open Air.

Coi suoi innumerevoli linguaggi, la fotografia è arte del «disordine»: mezzo ambiguo per eccellenza, fin dalle sue origini portatrice di scompiglio nelle arti, sospesa tra oggettivismo e documentazione e tra astrazione e sperimentazione. Ancor più oggi, nel caos visivo della contemporaneità, dove tutto è immagine e dove l’immagine è al centro della storia.

Proprio Gibellina – città insolita e unica, nata dal caos di un terremoto – si interroga sul «disordine». E lo fa in uno “spazio aperto”, nello spazio pubblico, privo di ogni tipo di inquinamento visivo e luminoso, tra le sue strade piene di arte e di bellezza. Perché l’arte e la creatività non possono avere costrizioni, e per questo vivono fuori dai musei.

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Araki

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April 13th – September 5th 2016

Parigi Musée Guimet

A major figure in contemporary Japanese photography, Nobuyoshi Araki is known worldwide for his photographs of women bound according to the ancestral rules of Kinbaku – the Japanese art of bondage – a practice going back to the 15th century. This exhibition retraces fifty years of his work in over 400 photographs and is one of the most important ever devoted to Araki in France.

This highly significant selection, drawn from thousands of photographs the artist took between 1965 and 2016, ranges from one of the oldest series titled Theatre of love in 1965 up to hitherto unpublished works, including his latest creation in 2015, specially produced for the museum and titled Tokyo-Tombeau. Starting from the discovery of almost all the books Araki ever made, followed by an introduction to the main themes of his work – flowers, photography as autobiography, his relation with his wife Yoko, eroticism, desire, but also the evocation of death – the exhibition unfolds thematically, from the series devoted to flowers, the Tokyo scene, or again the Sentimental Journey illustrating his honeymoon trip in 1971, followed by the Winter Journey in 1990, the year of his wife’s death.

Midway through the exhibition visitors are led into Araki’s studio where they discover the extent of his photographic production, confronted with works from the MNAAG collections: prints, old photographs and books, illustrating the artist’s relations with the permanence of his Japanese inspiration. Steeped in poetry and formal research, Araki’s work is also backed up by endless experiments. The medium’s codes and stereotypes are revisited by the artist who manipulates his own negatives or occasionally covers his images with calligraphy or painting, in a bold gesture, often with a dash of humour.

Planned with works held in private and public collections (Tokyo, New York, Paris…), completed with the artist’s archives, this exhibition helps to see and understand that Araki’s art is rooted in traditional Japanese culture.

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From liberty to freedom

PH NEUTRO FOTOGRAFIA FINE ART, Pietrasanta

9 luglio – 16 agosto 2016

 La Galleria PH Neutro di Pietrasanta (Via Padre Eugenio Barsanti 46) presenta, dal 9 luglio al 16 agosto, “From Liberty to Freedom”, una mostra collettiva che vede affiancate fotografie di autori internazionali (Robert Capa, Thomas Struth, Alec Soth, Sebastia Salgado) ad artisti il quale lavoro in Italia è rappresentato in esclusiva dalla Galleria (Beth Moon, Tania Brassesco & Lazlo Passi Norberto, Silvia Celeste Calcagno, Jefferson Hayman).

Il titolo della mostra intende porre l’accento sulle diverse interpretazioni in lingua anglosassone, appunto, della parola libertà, laddove – come spiega il testo critico che accompagna l’esposizione – “il termine Freedom indica una libertà che meritiamo ci venga concessa in quanto tutti uguali, mentre Liberty è la libertà che viene concessa dall’alto o conquistata con la forza”.

In esposizione, opere realizzate da artisti diversi per esperienza e linguaggio: dai soldati immortalati da Joe Rosenthal e Robert Capa con l’opera The first wave of troops landing on D-Day, i quali dovettero rinunciare a molte libertà individuali (liberty) per il raggiungimento di una libertà collettiva (freedom). Lontanissime da queste intenzioni le opere di Renate Aller, Sebastiao Salgado e Thomas Struth ricercano nella indeterminatezza degli spazi aperti un luogo “dove abbandonarsi, ritrovare la propria essenza e sentirsi parte di un tutto primordiale”.

Completano il percorso le visioni evanescenti di Beth Moon, così come le composizioni chimeriche di Kamil Vojnar e Tania Brassesco & Lazlo Passi Norberto che rifuggono da una realtà terrena, elevandosi verso una dimensione di  intangibile interiorità.

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VIVIAN MAIER. Street photographer

Fino al 16 agosto – Fundaciòn Canal – Madrid

Vivian Maier, uno de los personajes más sorprendentes y mediáticos de la fotografía contemporánea, alternó su profesión de niñera con su oculta y gran pasión: realizó  más de cien mil fotografías que nunca enseñó a nadie. Tras su muerte en la indigencia y en el anonimato artístico, su archivo fue encontrado por accidente, y desde que su obra vio la luz en 2010 se ha convertido, por derecho propio, en uno de los mayores referentes mundiales de la fotografía de calle y en un fenómeno mediático.

Esta exposición hace, por primera vez en Madrid, un recorrido global por la obra de Vivian Maier, abordando de forma temática sus principales intereses y mostrando la calidad de su mirada y la sutileza con la que hizo suyo el lenguaje visual de su época. Supo captar su tiempo en una fracción de segundo. Transmitió la belleza de las cosas corrientes, buscando en lo cotidiano, en lo banal, las fisuras imperceptibles y las inflexiones furtivas de la realidad.

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Vanessa Winship – Retrospettiva

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Centro de Arte La Regenta – Las Palmas de Gran Canaria

22 luglio  – 24 settembre 2016

Esta exposición retrospectiva de la obra de la fotógrafa británica Vanessa Winship, propone un recorrido por las distintas series que componen su obra, desde las primeras dedicadas a los Balcanes hasta su trabajo reciente en Almería en 2014.

La exposición de Vanessa Winship se articula en torno a un recorrido cronológico por cada una de las series que componen su obra a través de una selección de 188 fotografías.

Entre 1999 y 2003, coincidiendo en el tiempo con el conflicto bélico de la ex-Yugoslavia, Vanessa Winship recorre las regiones de Albania, Serbia, Kosovo y Atenas, y crea su serie Imagined States and Desires. A Balkan Journey. Esta obra supone un paso fundamental en la formación de su mirada fotográfica y en su decisión de escapar del horizonte del reportaje de actualidad o del mero documental fotográfico. El conjunto de imágenes que conforman la serie se centra en gran parte en la tragedia del éxodo de refugiados albanokosovares desde Serbia hacia países vecinos. Se trata de una recolección de instantes que reflejan la volatilidad de las fronteras, etnias y credos y que afirman que no es el territorio el que alberga la identidad sino que es la persona quien la transporta consigo. El aspecto fragmentario de la serie, su condensación a través de microhistorias dan pie a lo que será su práctica en adelante.

En 2002 Vanessa Winship se traslada a la zona del Mar Negro y recorre durante los próximos ocho años Turquía, Georgia, Rusia, Ucrania, Rumanía y Bulgaria. Su trabajo en esta zona da lugar a una de sus series más conocidas, Black Sea: Between Chronicle and Fiction. A través de ella, la fotógrafa ofrece una visión de la zona y de los habitantes de las regiones bañadas por este mar, al que presenta como una frontera natural que contesta a cualquier noción de los límites marcados por la geopolítica o la historia, del espacio vital de cada nación, e incluso de la distinción entre espacio público y privado. Así, el trabajo de Winship se centra en lo que permanece y sobrevive al devenir político: los rituales colectivos, los medios de transporte, los espacios de ocio y el tránsito de seres humanos en torno a las costas.

En estas dos series las imágenes se acompañan por breves escritos de la artista, que sirven para expresar un único pensamiento o descripción rápida y que crean un relato deliberadamente incompleto. Para Winship estos escritos nos recuerdan el valor que el texto tiene para evocar una imagen.

En este devenir por los territorios de la Europa oriental, la serie Sweet Nothings: Schoolgirls of Eastern Anatolia (2007) resulta clave en la producción de Vanessa Winship. Se trata de un conjunto casi seriado de retratos de escolares de la zona rural del Este de Anatolia, un área fronteriza con Georgia, Armenia, Azerbaiyán e Irán. Allí, la pluralidad de etnias queda silenciada por la proliferación de uniformes, tanto escolares como militares. De algún modo, los uniformes escolares remiten a las herramientas con que cuentan los estados para clasificar a la población, “marcar” el territorio y neutralizar la pluralidad de zonas, como el Este de Anatolia, en las que las fronteras étnicas y geográficas no están tan netamente señaladas como en los mapas. Esta presencia del uniforme, supone un marco de acción, una delimitación del proyecto, que permite a Winship profundizar en su interés por el rostro, el gesto y el sentido de grupo y comunidad.

Georgia, otra de las regiones bañadas por el mar Negro, es el escenario de la serie en la que Vanessa Winship trabaja entre 2008 y 2010. En ella la artista se centra fundamentalmente en la reflexión en torno al retrato. De este modo, Georgia. Seeds Carried by the Wind dibuja un estudio específico de los rostros que la fotógrafa encontraba. Se trata de retratos de jóvenes y niños, en su mayor parte individuales que, cuando forman grupo, aparecen casi sin variación como pares del mismo sexo. La colección, parece sugerir la imagen de un país enérgico y superviviente. Estas imágenes se combinan con un conjunto de fotografías coloreadas que acompañan las lápidas de un cementerio (y que son las únicas imágenes en color de la producción de Winship). Ambos conjuntos establecen un interesante diálogo entre diferentes generaciones de georgianos y a la vez entre la propia artista y el anónimo fotógrafo original. Los paisajes y pizarras que completan este trabajo evocan de modo similar una muerte prematura. Esta serie tiene un valor clave en el trabajo de Winship por la combinación de paisaje y retrato como lugares en los que quedan inscritas las huellas de la identidad, la historia y el presente. Georgia abre un debate acerca de la práctica de ambos géneros y de la problemática y profundos significados que ambos asuntos despliegan en la obra de Winship.En 2011 Vanessa Winship recibe el prestigioso premio de fotografía Henri Cartier-Bresson. El proyecto por el que fue premiada ha dado lugar a la serie she Dances on Jackson. United States (2011-2012) realizada en Estados Unidos, país al que presenta como un gran interrogante en el que el peso del pasado reciente se manifiesta a través de obras públicas e inmuebles infrautilizados o en desuso y en el que los rostros anónimos de personas y colectivos desvelan su desilusión por las promesas del sueño americano. Esta serie supone asimismo el acercamiento definitivo de Winship al paisajismo fotográfico, género que poco a poco irá ganando terreno dentro de su producción. Breves textos escritos por la artista parecen sustituir la paulatina desaparición del retrato y funcionan como evocaciones de las narraciones de las fotografías ausentes. En she dances on Jackson el salto geográfico hacia el otro lado del Atlántico define los caracteres propios de la fotografía anterior de Vanessa Winship.

Antes de emprender su viaje a Estados Unidos, Winship trabaja en su tierra natal, localizada en el estuario del río Humber (2010), del que toma el título esta serie. En ella somos testigos de nuevo de la preeminencia que va tomando el paisaje en su obra. Este proceso culmina de forma magistral en su obra más reciente, Almería. Where Gold Was Found (2014), que supone la reafirmación de su trabajo como fotógrafa de paisaje; a pesar de la total ausencia de figura humana y el aspecto silencioso de la serie, en cada una de sus imágenes resuenan las voces que han pisado estos parajes, cargados ahora de contenido latente. En enero 2014, con motivo de esta exposición e inspirada por la lectura de Campos de Níjar de Juan Goytisolo, Winship se desplaza a Almería, lugar de carácter fronterizo, extraordinaria variedad geológica, marcado por el desarraigo y por una historia accidentada y desigual. La serie se centra en las formas geológicas de las costas del Cabo de Gata, en la desolación paisajística provocada por la propagación de la producción agrícola intensiva basada en el invernadero, en las impactantes formas de las canteras de Macael o en las ramblas y desiertos de Tabernas. La tierra del oro, el cine, el mármol y el plástico parece situarse en un ámbito suspendido en el espacio y en la historia en unas fotografías que hablan de la rápida transformación de esta zona y del silencioso paisaje humano que la habita. Almería, en las fotografías de la serie, aparece como un paisaje atomizado en el que la urbanización y lo rural se tocan y en el que ese no-lugar que es el invernadero parece resumir toda la inestabilidad y vulnerabilidad de la zona, en estrecha conexión con el resto de lugares del mundo que Winship ha fotografiado.

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Ceramica, latte, macchine e logistica – Fotografie dell’Emilia-Romagna al lavoro

Mast Bologna – fino al 18 settembre

La Fondazione MAST presenta le mostre dedicate al lavoro e al paesaggio dell’Emilia-Romagna con oltre 200 immagini e una trentina di volumi fotografici su ambienti, contesti e realtà della regione. I temi delle esposizioni sono valorizzati dal documentario di Francesca Zerbetto e Dario Zanasi,  Le radici dei sogni – L’Emilia-Romagna tra cinema e paesaggio.

Ceramica, latte, macchine e logistica – Fotografie dell’Emilia-Romagna al lavoro, curata da Urs Stahel, propone attraverso gli scatti di importanti fotografi una riflessione sullo sviluppo economico e paesaggistico che ha interessato l’Emilia-Romagna negli ultimi decenni.

Le esposizioni al MAST sviluppano il tema della Via Emilia che caratterizza la XI edizione di Fotografia Europea 2016 indirizzandolo alla rappresentazione fotografica del lavoro,  dell’industria e dell’economia, in linea con la missione primaria della Fondazione MAST.

La mostra intende creare una trama narrativa organizzata per gruppi di fotografie contrapposte “Immagini a cui è affidato il compito di raccontare – spiega Urs Stahel – come le vecchie industrie scompaiano, sostituite da nuovi impianti e sistemi produttivi ad altissimo contenuto tecnologico, come al paesaggio tradizionale e ad un territorio dal sapore antico si contrappongano le nuove aree del terziario avanzato, dei commerci, della tecnica, dell’accelerazione e come simili fenomeni siano riscontrabili, non solo nei settori dell’industria meccanica e della ceramica, ma anche in quelli della produzione alimentare e della piccola impresa.”

 Le opere dei fotografi insieme ad alcune immagini di scena tratte dal film Il deserto rosso (1964) di Michelangelo Antonioni concorrono a creare un racconto che rappresenta fedelmente l’evoluzione economica dell’Emilia- Romagna e la trasformazione in atto nel sistema produttivo.

Si inizia con il classico ritratto di un operaio bolognese realizzato da Enrico Pasquali, seguito da immagini di dispositivi e attrezzi prodotti dalle Officine Minganti intorno alla metà del XX secolo e da macchine confezionatrici dismesse fotografate da Gabriele Basilico in uno stabilimento in fase di smantellamento e riconversione a  Bologna. William Guerrieri, nel progetto Dairy, mostra ad esempio, la dismissione di un caseificio indstriale a San Faustino, nei pressi di Rubiera, gli scatti di Paola De Pietri rappresentano la lavorazione tradizionale delle ceramiche, mentre le immagini di grande formato di Carlo Valsecchi rivelano industrie ad altissimo contenuto tecnologico. Il cambiamento dato dall’accelerazione sulle strade e nelle nuove linee ferroviarie è visibile nelle fotografie sulla costruzione della TAV, la linea ferroviaria ad alta velocità che collega Torino a Napoli, di Tim Davis, John Gossage, Walter Niedermayr e Bas Princen in contrasto con le immagini idilliache del Delta del Po realizzate da Marco Zanta. I paesaggi di Guido Guidi, piccole foto a colori, dense di significato disseminate lungo il percorso espositivo come un leitmotiv, raccontano i cambiamenti avvenuti nell’ambiente antropizzato dell’Emilia- Romagna assieme alle fotografie che Olivo Barbieri ha dedicato a Cavriago e alle code davanti alle casse dei centri commerciali, rappresentando visivamente la graduale metamorfosi subita dal paese. Il video La Via Emilia è un aeroporto di Franco Vaccari presenta l’arteria stradale che taglia la Regione sia come un’importante via di comunicazione sia come luogo di lavoro di prostitute. Lo sviluppo economico si accompagna al dibattito politico nel video di Lewis Baltz e nel reportage di Simone Donati che nel suo lavoro ha documentato i riti collettivi italiani. Il percorso espositivo include anche video di Tim Davis e William Guerrieri.

Quale side event a livello 0 del MAST verrà proiettato, in proiezione continua, il documentario Le radici dei sogni – L’Emilia-Romagna tra cinema e paesaggio (73 min.) girato nel 2015 da Francesca Zerbetto e Dario Zanasi. Il lavoro, prodotto dalla Cineteca di Bologna e MaxMan Coop, con il sostegno della Regione Emilia-Romagna e della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna, racconta un viaggio nei paesaggi della Regione che ha nutrito le fantasie di alcuni tra i più importanti registi del cinema italiano e internazionale.

Inoltre una esposizione di 35 volumi su ambienti, contesti e realtà dell’Emilia-Romagna, messi a disposizione da Linea di Confine, completerà il percorso.

Qua tutte le info

Ernesto Bazan – Trilogia Cubana

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PALERMO- “Trilogia Cubana” è il titolo della grande mostra del fotografo Ernesto Bazan che si inaugura a Zac, spazio espositivo dei Cantieri culturali alla Zisa del Comune di Palermo, il 29 luglio 2016, sostenuta dall’Assessorato comunale alla Cultura e dall’Anfe.

L’esposizione è curata da Daniele Alamia, l’allestimento è dell’architetto Massimiliano Di Bella; rimarrà aperta fino al 18 settembre, tutti i giorni tranne il lunedì, ingresso libero. In esposizione i tre grandi corpus di fotografie che Ernesto Bazan ha realizzato durante i suoi quindici anni trascorsi a Cuba, negli anni più complessi. Le fotografie adesso sono raccolte in tre libri- Bazan Cuba, Al Campo, Isla– tre narrazioni indipendenti e collegate le une con le altre, che permettono un viaggio per immagini di grande impatto emotivo e visivo.

Ellie Davies: Into the Woods

21 July 2016 – 20 August 2016 Crane Kalman Gallery – London
Into the Woods, a new exhibition by young British photographer Ellie Davies will showcase her new work from the series Half Light, alongside her earlier bodies of work. The 22 works in the exhibition have been created by Davies over the past seven years in the forests of the UK, and explore the complex interrelationships between the landscape and the individual.

The forest is Davies’s studio. Working alone she responds to, and alters, the landscape with a series of temporary interventions, such as making and building, creating pools of light on the forest floor, or using craft materials such as paint and wool. A golden tree is introduced into a thicket to shimmer in the darkness, painted paths snake through the undergrowth, and strands of wool are woven between trees. The final images are a culmination of these elements and each piece draws on its specific location. Using handmade sculptural elements, she superimposes her personal narratives on the landscape.

In her latest series of work Half Life (2015), Davies adds a new element – water – a dark, still river, bordered by colourful, textured riverbanks rich with vegetation. The murky water dissects each image creating a false horizon, separating the viewer from the twilight forest beyond and allowing the land to be considered from a distance.

‘Growing up in the New Forest in the south of England, I spent my childhood exploring and playing in the woods with my twin sister. In Half Light, I consider my relationship with these places, my ongoing attempt to reconnect with the wilder landscapes of my youth and to discover if those remembered and imagined places can be found and captured again.’- Ellie Davies, 2016

In addition to Half Light, Into The Woods will include previous bodies of work in Davies’s woodland series’ including Stars, Between The Trees, Islands, Come With Me and The Gloaming.

Over thousands of years, UK forests have been shaped by human processes and represent the confluence of nature and culture, of natural landscape and human activity. Forests are potent symbols in folklore, fairy tale and myth, places of enchantment and magic as well as of danger and mystery. In recent cultural history they have come to be associated with psychological states relating to the unconscious. Against this cultural backdrop Davies’s ongoing work explores the fabricated nature of the landscape to create a hinterland between reality and fantasy. She encourages the viewer to re-evaluate the ways in which their relationship with the landscape is formed, and to what extent this is a product of cultural heritage or personal experience.

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Mogador – Veronica Gaido e Vito Tongiani

Un’originale mostra a Torre del Lago – Viareggio (LU): Veronica Gaido, artista, ritrattista e fotografa di moda, espone alcune suggestive opere fotografiche in un’esposizione del tutto particolare, un dialogo artistico ed estetico con le tele di Vito Tongiani, famoso pittore e scultore italiano.

Fino al 31 Agosto 2016, infatti, le opere dei due grandi maestri sono in mostra presso il Gran Teatro Giacomo Puccini di Torre del Lago-Viareggio (LU) con la mostra Mogador. L’esposizione si inserisce nel programma della 62a edizione del Festival Puccini di Torre del Lago – Viareggio, importante rassegna dedicata al Maestro della tradizione dell’Opera Italiana, di alto profilo culturale e artistico, che vuole toccare, con le tante iniziative in programma, tutte le discipline e i linguaggi dell’arte.

In quest’ottica si inserisce la mostra di Veronica Gaido e Vito Tongiani,  a cura di Massimo Bertozzi e Adolfo Lippi, nella quale i due grandi artisti, appartenenti a diversi mondi espressivi, si confrontano con un obiettivo comune: raccontare, attraverso la loro personale visione, la vita cittadina e del porto di Essaouira, piccola città marocchina della costa atlantica.

Battezzata Mogador nel VII secolo (dall’arabo “ben custodita”), quando venne riscoperta dai portoghesi dopo il periodo della conquista araba, Essaouira è oggi un centro vivace e internazionale, noto in tutto il Marocco per la sua forte vocazione culturale, musicale e artistica. Con la sua atmosfera affascinante e fuori dal tempo,  negli anni ha attratto e ispirato tanti artisti da tutto il mondo, tra i quali Orson Wells – che qui ha girato, nel 1952, alcune scene del suo Otello – o Jimi Hendrix – attratto qui dalla ghnawa, musica marocchina ipnotica e suggestiva.

Nelle opere presenti in mostra, la fotografa Veronica Gaido e l’artista Vito Tongiani hanno voluto esprimere la loro particolare visione di questa atmosfera rarefatta, attraente e carica di magia, concentrando la loro attenzione, in particolar modo, sul porto di Mogador. Un luogo che viene letto nella sua dimensione di partenza e di ritorno, ma anche di rifugio dai pericoli del mare aperto, di rappresentazione visiva di una dimensione umana fatta di dignità e rigore, ma anche di continuo movimento e suggestione.

Ritornano, in queste opere in mostra di Veronica Gaido, alcuni temi a lei cari e già indagati in progetti precedenti: l’acqua, il viaggio, il passaggio, interpretati sia da un punto di vista fisico sia da quello spirituale e astratto. Come in “Atman” del 2012, anche in questo lavoro su Mogador, osservando le sue opere, ci si ritrova in un luogo sospeso, a metà strada tra visione e realtà, tra sogno e concretezza. Le forme si sfanno nella luce del porto, i colori della terra e del mare, del legno e del cielo, si confondono in linee mosse e in toni a volte più delicati, a volte più marcati, lasciando direttamente allo spettatore la capacità di intravedere la realtà delle cose.

La possibilità di assaporare davvero il senso e l’emozione di quell’atmosfera rarefatta, affascinante e magnetica della cittadina marocchina è a portata di mano. In una sorta di dimensione “espressionista” della fotografia, Veronica Gaido restituisce in questi lavori quello che ha percepito a livello emotivo e sensibile della città, con un gesto fotografico dinamico, repentino, fugace, capace di cogliere, in un piccolo attimo, la dimensione più profonda e personale di un luogo unico.

“Con questi lavori su Mogador ho voluto rappresentare una dimensione fisica e umana in continuo movimento, attraverso un flusso di immagini che trasmettano, a chi le osserva, la sensazione di un luogo a metà tra terra e cielo, a volte luminoso nella sua atmosfera rarefatta, a volte oscuro nelle sue visioni notturne, sempre percosso, segnato o attraversato da bagliori che diventano vibrazioni dell’anima, oscillazioni di una visione senza tempo – ha spiegato Veronica Gaido – Il dialogo con le opere del Maestro Vito Tongiani, inoltre, arricchisce e in certo senso completa questa visione, che si concretizza nelle forme e nei colori delle persone e dei luoghi di Mogador. Un vero e proprio viaggio, tra pittura e fotografia, nelle magiche atmosfere della città marocchina.”

La mostra Mogador è ideata e organizzata dall’Associazione Percorsi d’Arte di Claudio Giannini e dalla Fondazione Festival Pucciniano, a cura di Massimo Bertozzi e Adolfo Lippi. L’esposizione è visitabile nel Foyer del Gran Teatro Giacomo Puccini, a ingresso libero, fino al 31 Agosto 2016.

A corredo della mostra, anche un catalogo con testi di Adolfo Lippi.

Fino al 31 Agosto 2016
Gran Teatro Giacomo Puccini, Foyer – Via delle Torbiere, Torre del Lago – Viareggio

 Altre info qua

Anna

Non ti perdere le mostre di Luglio

Come di consueto, ecco una carrellata delle mostre più interessanti in Italia e all’estero. Ce ne sono veramente tante da non perdere!

Anna

La vera fotografia – Gianni Berengo Gardin

Vera fotografia, a cura di Alessandra Mammì e Alessandra Mauro, organizzata da Azienda Speciale Palaexpo in collaborazione con Contrasto e Fondazione Forma per la Fotografia, ripercorre la lunga carriera di Gianni Berengo Gardin (Santa Margherita Ligure, 1930), il fotografo che forse più di ogni altro ha raccontato il nostro tempo e il nostro Paese in questi ultimi cinquant’anni. La sua vita e il suo lavoro costituiscono una scelta di campo, chiara e definita: fotografo di documentazione sempre, a tutto tondo e completamente. Continua a leggere

BìFoto, un festival da non perdere.

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La sesta edizione di BìFoto ha preso il via lo scorso 18 giugno, nelle splendide sale del museo del tappeto di Mogoro (OR) e se è dal mattino che si vede il buongiorno, i presupposti ci sono tutti, perché possa ricalcare o addirittura migliorare il successo delle scorse edizioni. Dal 2011 l’unico scopo della manifestazione rimane la diffusione della cultura fotografica in Sardegna e nelle sei edizioni sono stati ospitati fotografi del panorama nazionale ed internazionale, senza tralasciare di affiancare a questi, i lavori di giovani emergenti.

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Circa 400 appassionati hanno assistito alla serata inaugurale, contrassegnata da un omaggio alla fotografa Antonia Dettori, scomparsa pochi mesi fa, a cui gli organizzatori, Stefano Pia e Vittorio Cannas, hanno voluto dedicare questa edizione.Quest’anno il “Verde” è il filo che lega le tredici mostre visionabili fino al 3 luglio, sette selezionate dall’organizzazione più i sei lavori vincitori del concorso “Se dico verde tu cosa pensi?” MU.SA. oltre che come media partner della manifestazione è presente con la mostra di Sara Munari: “Sonia, una bellissima parrucca” e con “Black & Wild”, visionabile anche nella galleria degli autori MU.SA. e realizzato da chi scrive.

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Oltre alle mostre, gli intervenuti nel primo fine settimana, hanno potuto avvalersi dei consigli di Sandro Jovine, Sandro Bini e Sara Munari, a disposizione per la lettura dei portfoli e della presentazione di “BE THE BEE BODY BE BOOM” ultima fatica editoriale di Sara. Book shop, aperitivi fotografici, workshop, conferenze, rappresentazioni di fotografia stenopeica e tanto altro, sono nel programma dei prossimi week end.

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7.jpgBìFoto è un luogo dove la fotografia va incontro alla gente, senza filtri e ormai una tappa che gli appassionati sardi, e non solo, segnano sul calendario;  questo è sicuramente gratificante per gli organizzatori che si trovano rivestiti dell’impegno di offrire ad ogni edizione, un programma espositivo e di iniziative, di sempre maggior qualità, per soddisfare i visitatori.

Il festival è rimasto il solo, dedicato interamente alla fotografia, sul territorio sardo, per questo ci sentiamo di consigliare tutti coloro che si trovano in Sardegna da qui al 3 luglio, di mettere in programma una visita alla manifestazione, Stefano, Vittorio e tutti coloro che collaborano a questo progetto, vi aspettano!!!

Angelo

 

Tutte le mostre da non perdere a giugno

Come di consueto  vi segnalo alcune mostre da vedere nel corso del prossimo mese di giugno, qualcuna in Italia e qualcuna all’estero.

Anna

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Nuove mostre per aprile

Date sempre un’occhiata alla pagina Mostre, costantemente aggiornata con le mostre in corso

HELMUT NEWTON. FOTOGRAFIE
WHITE WOMEN / SLEEPLESS NIGHTS / BIG NUDES

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07.04 > 07.08.2016 Casa dei Tre Oci – Venezia

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Tantissime mostre da non perdere a Marzo!

Stephen Shore – Retrospective

“I wanted to make pictures that felt natural, that felt like seeing, that didn’t feel like taking something in the world and making a piece of art out of it.” Stephen Shore

What does it mean to explore the essence of things through pho Continua a leggere