Parafrasando una famosa canzone degli anni 80 (ma forse siete troppo giovani per conoscerla) è vero che gli smartphone e i social network hanno ucciso la fotografia?
Personalmente, ritengo che non sia così. Utilizzo molto il cellulare per fotografare e posto le mie foto su Instagram. Mi piace tantissimo l’idea che io stessa possa decidere quali foto diffondere e che potenzialmente il pubblico ingrado di fruire delle mie immagini sia enorme (ecco, magari nel mio caso solo potenzialmente).
Anna
Siccome appunto non penso che le cose stiano così, mi sono letta l’interessantissimo volume scritto da Irene Alison, per approfondire un po’ le origini di questa pratica e leggere opinioni di famosi fotografi che hanno intuito prima di altri le postenzialità di questo mezzo e le hanno sfruttate a loro vantaggio.
Il libro è strutturato fondamentalmente in due parti.
La prima parte è dedicata ad un’analisi e considerazioni generali dell’autrice sulla mobile photography e sull’utilizzo del telefonino come strumento di ripresa, unita a interventi e spunti di giornalisti, fotografi curatori e photo editor, quasi un dibattito sull’influenza della mobile fotography sul linguaggio fotograficoe e sull’estetica della visione.
L’interrogativo che ci pone come interessante spunto di riflessione è il seguente: “In un mondo in cui ognuno, in qualsiasi momento, può registrare qualunque evento con il proprio telefono (e diffonderlo real time tramite i social network) che ruolo resta al fotografo professionista?”
Nella seconda parte, l’autrice dialoga con fotografi professionisti che hanno scelto di accettare la sfida ed utilizzare il telefono nella loro professione, a volte abbandonando quasi completamente la fotocamera tradizionale, altre volte affiancando i due mezzi. Interesasnte leggere le loro opinioni e le loro risposte all’interrogativo sul futuro della fotografia professionista.
Tra i vari autori intervistati, segnaliamo fra tutti Anastasia Taylor-Lind, Ron Haviv, Michael Christopher Brown e Benjamin Lowy.
Non vi dirò di più, perchè vi toglierei il gusto di leggervi questo interessantissimo volumetto, ceh consiglio vivamente a chi sia interessato all’argomento. 😛
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Chi è Irene Alison
Irene Alison è nata a Napoli nel 1977. Giornalista professionista, ha lavorato come redattrice per il quotidiano il Manifesto, occupandosi principalmente di fotografia e di cinema e per il settimanale D, La Repubblica delle Donne, dove, parallelamente all’impegno come giornalista di attualità, ha continuato a scrivere di fotografia. Insieme ai fotografi, sviluppa e realizza progetti di reportage che, negli ultimi anni, sono apparsi su magazine come Geo France, The Independent, l’Espresso, D, La Repubblica delle Donne, XL, Marie Claire e Riders. I suoi articoli sulla fotografia sono stati pubblicati negli ultimi anni in magazine e quotidiani come La Lettura, settimanale di approfondimento culturale de Il Corriere della Sera, IlSole24ore. e Pagina99, di cui è regolare contributor.
Collabora inoltre con l’Istituto Superiore di Fotografia di Roma, la Scuola Romana di Fotografia e la Fondazione Studio Marangoni di Firenze in qualità di tutor, insegnante e consulente.
Come critico e curatore, ha collaborato, tra gli altri, con il Brighton Photo Fringe, Festival Internazionale FotoGrafia di Roma, Officine Fotografiche (Roma), Open Mind Gallery (Milano), Scuola Holden (Torino). Dal 2009 al 2014 è stata direttrice di Rearviewmirror, quadrimestrale di fotografia documentaria, edito da Postcart. Il suo primo libro, My Generation – Dieci autori under-40 della fotografia documentaria italiana, è uscito nel 2012 per Postcart.
Nel 2014 ha fondato lo studio di progettazione e produzione fotografica DER*LAB, di cui è direttore creativo.
Questo il suo sito