Articolo di Giovanna Sparapani
“Io sono una testimone della dimensione magica e poetica dell’uomo, fino ad arrivare al lato mistico della vita quotidiana, forse…” (G.I)
Graciela Iturbide, autoritratto
Nata a Città del Messico nel 1942, figura di spicco nell’ambito della fotografia messicana, è stata allieva del famoso Manuel Alvarez Bravo, dei cui insegnamenti conserverà per tutta la vita preziosi ricordi: “… Questo grande uomo mi ha dato la libertà di essere chi sono…”.
©Graciela Graciela Iturbide
Graciela inizialmente mostrò interesse per il mondo del cinema frequentando il Centro Universitario di studi cinematografici presso l’Università del Messico, ma fu l’incontro con Don Manuel, di cui divenne assistente, a instradarla nel mondo della fotografia. Il Maestro allora sessantenne, non ancora giunto alle vette della fama, praticava una tecnica fotografica lontana dalla mobilità delle sequenze cinematografiche, usando il cavalletto e prediligendo le Immagini statiche. Graciela al suo fianco, durante le frequenti escursioni fotografiche, percepì e assorbì la passione di Alvarez, sviluppando una visione personale con la creazione di scatti originali che oscillano tra una visione documentaria ed una magicamente lirica. La morte di sua figlia Claudia nel 1970 la indusse a riflettere sul ruolo della fotografia, il cui scopo non può limitarsi ad una mera documentazione rivolta alla produzione di immagini riprese direttamente dalla realtà. Per esorcizzare la paura della morte, ben presente quotidianamente nell’animo del popolo messicano, la fotografa attinse ispirazione per i suoi scatti dagli angelitos, bambini defunti con indosso abiti bianchi, circondati da fiori e nastri. La ricerca e lo studio accurato di questa tradizione funzionò per lei come terapia, allontanandola gradatamente da sensazioni luttuose che la attanagliavano. Nel suo ritorno alla vita vissuta, la macchina fotografica diventò la sua compagna inseparabile, fornendole uno strumento utile per uscire dal proprio mondo luttuoso attraverso la vicinanza con altre persone, soprattutto gente semplice incontrata durante le diffuse feste di paese. Nelle immagini dalle inquadrature spesso decentrate, caratterizzate da un bianconero fortemente contrastato, immortala situazioni in cui si sente immersa e partecipe senza aver concepito un vero e proprio progetto a priori, ma abbandonandosi all’istinto, coinvolta dalla gioia di vivere e dall’allegria dei suoi conterranei. ” In definitiva, penso che la fotografia sia un rituale per me. Partire con la mia macchina fotografica, osservare, catturare la parte più mitica dell’uomo, poi andare nell’oscurità, sviluppare, scegliere il simbolismo… “ (G. I.)
©Graciela Graciela Iturbide
Nei molteplici viaggi ha fotografato le persone e anche gli oggetti che più hanno attirato la sua attenzione principalmente in paesi come il Messico, ma anche la Germania, la Spagna, l’ Ecuador, il Giappone, gli Stati Uniti, l’India, il Madagascar, l’Argentina, il Perù e Panama. Togliendosi di dosso l’etichetta di appartenenza al realismo magico o alle correnti surrealiste a cui è stata spesso associata, Graciela Iturbide spiega che a lei interessa conferire “un tocco di poesia e immaginazione” a ciò che incontra nel suo girovagare, ricercando “ la sorpresa nell’ordinario”.
I lavori incentrati sulla condizione delle donne nelle loro mansioni quotidiane, messe a fuoco al’interno di comunità messicane ricche di tradizioni legate ad un mondo prevalentemente arcaico, si impongono con una forza e talvolta con una crudezza che le rende emblematiche del loro stile di vita. Di grande valore anche dal punto di vista sociale, la sua indagine sulle donne del Mozambico che pone l’accento in modo magistrale sulla lotta alle malattie che travagliano l’universo femminile. Anche il mondo animale affascina la Iturbide e famose sono le immagini inquietanti dei neri uccelli che solcano cieli biancastri in campagna o in zone urbane oppure le foto delle selvagge iguane di cui circa una dozzina albergano in precario equilibrio sopra i capelli corvini di una imponente signora fotografata in Juchitàn (Messico) nel 1979.
©Graciela Iturbide
Mujer Angel, Sonora Desert ( 1979 ) è un’immagine paradigmatica della sua originale visione, costituendo un’estrema sintesi del suo lavoro: protagonista è una donna indigena ripresa di schiena che si allontana di corsa da un paesaggio roccioso per lanciarsi verso una pianura desertica dall’aspetto quasi lunare con indosso un abito dalla foggia antica; a sorpresa, tiene nella mano destra una radio portatile, indicando le contraddizioni e gli insanabili contrasti tra un mondo tradizionale arcaico ed un futuro tecnologico.
Graciela ci consegna una visione originale della società messicanam visione che, grazie alla profondità di analisi e al suo sguardo lirico e poetico, assume una rilevanza universale.
Bibliografia
Alfredo Lopez Austin e Roberto Tejada, Graciela Iturbide Image of the spirit, New York, 1996
Elena Poniatowska, Jughitán de las mujeres, Toledo, Mexico 1989
Graciela Iturbide, El baño de Frida Kahlo, galeria Quiroga, Messico 2009
Michel Frizot, Graciela Iturbide, Photo Poche – Actes Sud, 2011
- Graciela Iturbide – Italia | Profilo dell’artista | NMWA
- Mexico Photography: Graciela Iturbide | digitalartteacher
- La fotografa Graciela Iturbide: “Noto il dolore e la bellezza” | Fotografia | Il Guardiano (theguardian.com)
- Graciela Iturbide la più famosa fotografa messicana vivente (fotografaremag.it)
Graciela Iturbide, autoritratto