Il 20 Dicembre 2023 vi aspettiamo da Musa fotografia FESTA DI FINE ANNO E MOSTRA PREMIO MUSA ore 20.30 – Via Mentana 6 Monza
Vieni a trovarci per un aperitivo insieme!
Potrai conoscere la vincitrice del settore Ricerca e concettuale del Premio e conoscere tutte le nuove attività di Musa fotografia, Ti aspettiamo!
Premiazione 4° edizione 2022 La vincitrice dello scorso anno, Benedetta San Rocco con Alessia Locatelli e Sara Munari
Il Premio Nazionale Musa per fotografe è giunto, dopo una crescita davvero considerevole in termine di iscizioni, alla sua quinta edizione nel 2023. Vi ringraziamo per la partecipazione!
Il tema dell’utilizzo di titoli e didascalie da parte dell’autore di una fotografia è assai discusso soprattutto tra fotoamatori, che spesso usano come dogma la frase “se la devi spiegare, non è venuta bene!”, attribuendola sistematicamente ad Ansel Adams. Nonostante l’impegno, non sono mai riuscita a capire da dove sia stata estrapolata questa frase e che senso avesse in realtà per Adams, il quale probabilmente, essendo di animo spiritoso e ironico, faceva riferimento a qualcosa di specifico, che fuori contesto (come spesso accade) può assumere un significato differente. Sono quasi certa che sia così. Non esistono molti studi attinenti alla relazione tra il testo e la fotografia. Fondamentale, oltre agli studi specifici di Keim, il saggio di Nancy Newhall, The Caption: The mutual relation of words/photographs, pubblicato sul primo numero della rivista Aperture.
Newhall suddivide le didascalie in denotative e connotative. La prima categoria è caratterizzata da testi che raccontano l’immagine senza offrire un’interpretazione particolare (come avviene nel reportage o nel fotogiornalismo). La seconda categoria, invece, direziona la lettura aggiungendovi il significato che l’autore intende attribuire alle immagini (creare allusioni, metafore, effetti surreali o ironici). Spesso, questo tipo di didascalia va oltre i dati effettivi e aggiunge un nuovo livello di lettura. La parola didascalia si riferisce a ogni genere di testo che accompagna un’illustrazione, volto a chiarire o far interpretare correttamente l’immagine stessa. Dare informazioni è quindi lo scopo principale della scelta di aggiungere una didascalia o un testo. Tramite questo elemento, quindi, il fruitore dovrebbe essere guidato nella lettura della fotografia e nella sua comprensione.
Fotografia di Valeria Gradizzi
Nel suo saggio del 1963 La fotografia e la sua didascalia, Jean Keim appoggia e approfondisce il concetto introdotto da R. Barthes secondo il quale la fotografia è un messaggio senza codice e, di conseguenza, senza l’ausilio della parola (che pertanto è indispensabile) ciò che essa comunica può essere frainteso. In base a quest’idea, il testo può aiutare a contestualizzare l’immagine nel tempo e nello spazio, nel genere fotografico e relativamente allo scopo per cui è stata creata.
Questa è una parte del capitolo FOTOGRAFIA E TESTI DI ACCOMPAGNAMENTO del mio libro
TROPPA FOTOGRAFIA, POCA FOTOGRAFIA -RIFLESSIONI SUI LINGUAGGI CONTEMPORANEI
Quando si parla di “instagrammabilità”, si parla di un’estetica precisa che ormai ricopre uno spazio importante per chi si occupa di immagine e di cultura visuale. La modalità con cui sono proposte le fotografie su questo social si ripetono all’infinito e rispondono a un copione ormai sfruttatissimo. Le fotografie di viaggio, i ritratti, gli autoritratti, gli oggetti, si somigliano tutti, tanto da trasformarsi in cataloghi inquietanti delle “cose del mondo”.
Si definisce Instagram Face un ritratto, generalmente di donna, che risponda a criteri precisi come labbra piene, sopracciglia spesse ma perfette, zigomi alti, occhi grandi, naso piccolo, seno abbondante, vita stretta, fianchi e sedere pieni, eccetera. Un ideale falso che condiziona soprattutto i giovani, ancor più delle vecchie pubblicità di modelle sui giornali (proprio perché moltiplicato esponenzialmente). I paesaggi sono tutti simili, che si tratti di viaggi in Alaska o in Perù, i colori sono saturi, le composizioni perfette, i cieli artefatti e la lettura dei particolari molto evidenziata, nonostante si sappia bene che esponendo per le luci, o per le ombre, questo non possa avvenire se non con un sandwich di fotografie differenti dello stesso soggetto, dalla stessa posizione. La descrizione che ho appena fornito potrebbe essere applicata a centinaia di immagini, che rispondono tutte a questi canoni. Sono nati addirittura profili che, per far notare la differenza, mostrano le fotografie prima e dopo l’utilizzo di filtri appositi e applicazioni che, con un click, perfezionano l’immagine. Il fenomeno è talmente diffuso che, purtroppo, anche chi ha velleità autoriali segue percorsi simili. Nascono in continuazione profili appartenenti a generi fotografici differenti (street photography, ritratto, reportage, autoritratto) in cui, sebbene i soggetti siano diversi, le modalità estetiche, non esclusivamente a seguito di ritocco fotografico, sono tutte uguali, come se l’impatto dell’immagine potesse sostituirne il contenuto. Tutto prodotto e riprodotto in serie e inserito in pagine che, anch’esse, devono sottostare all’insieme, a una logica estetica che faccia guadagnare like, non solo al singolo scatto ma alla costruzione visiva della pagina stessa. Mi sono a lungo chiesta quando sarebbe terminata questa proposta rosa e azzurrina, fatta di cappuccini schiumosi, wonder women e bambini perfetti.
Ultimamente sembra però che lo stile instagrammabile stia perdendo di forza. Strano a dirsi, ma le prime persone che hanno cambiato rotta sono gli influencer e non i fotografi. Da loro è nata questa modalità visiva – che ha poi influenzato tutta la fotografia, anche quella finita nei musei e nelle gallerie – e proprio da loro è stata messa in discussione. Le immagini sembrano essere più sobrie, spontanee, meno artefatte. I colori preponderanti sono più sbiaditi e realistici, le foto più sgranate e meno curate nel ritocco. La “consapevolezza del sé”, soprattutto se nata e cresciuta attraverso le immagini, finalmente si scontra con una perfezione impossibile da raggiungere e quindi inutile da cercare a ogni costo; l’ossessione del racconto edulcorato, di qualsiasi momento, ha forse portato a un ragionamento più maturo, sul quale è bene riflettere, anche da fotografi, nel caso in cui la propria crescita autoriale si sia basata esclusivamente sull’impatto estetico e sulla cura delle pagine Instagram. Spero che questo sia l’inizio di un processo che accosti all’immagine contenuti più densi e un maggiore interesse per un messaggio specifico, legato alla pubblicazione su questo e su tutti gli altri social.
Da Troppa fotografia, poca fotografia | Riflessioni sui linguaggi contemporanei di Sara Munari
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Buongiorno, ti presento i lettori portfolio del 26 Novembre 2023.
Le letture portfolio saranno ONLINE. Se sei interessato vai alla pagina del sito al link!
La lettura portfolio, è un’occasione durante la quale si ha l’opportunità di presentare il proprio portfolio a critici, galleristi, operatori nei musei, photoeditor e fotografi. Prima di partecipare, informatevi sul profilo professionale dell’esperto. Scegliete in base all’intento per il quale avete prodotto il vostro portfolio: editare un libro, ottenere un parere, preparare un’esposizione, essere pubblicati su un giornale, preparare la partecipazione a un premio.
Il luogo fornisce il contesto della storia, non solo dal punto di vista geografico: può dare indicazioni anche di tipo temporale e ambientale. Tutti questi elementi creano l’atmosfera del progetto e introdurranno il fruitore verso il tipo di sentimento che devono provare di fronte alle immagini. Si possono utilizzare piani ampi o più ravvicinati, fino a dettagli specifici che indirizzino la lettura, orientino il pubblico e mantengano alta l’attenzione, arricchendo la storia di elementi di contorno (come in questa figura).
Bambina che gioca con le suo oche in un piccolo paesino in Turchia. Fotografia con un’ambientazione che ci accompagna alla lettura del nostro soggetto, rende l’atmosfera dell’immagine lontana nel tempo e arricchisce la possibile interpretazione con rimandi emotivi coinvolgenti.
Ogni racconto fotografico è ambientato in un determinato spazio: interno, esterno, collettivo, documentato, reale, immaginario. Ogni luogo può essere descritto fotograficamente con modalità differenti:
precisione scrupolosa (ricca di dettagli);
generale (con uno sguardo d’insieme);
modalità denotativa (oggettiva, reale);
modalità connotativa (soggettiva, immaginifica);
funzione narrativa (essenziale per far comprendere il racconto);
funzione simbolica (ha un significato più legato al sentire relativo al luogo);
funzione neutra (fine a se stessa, quando il luogo è di contorno);
con punto di vista fisso (un unico punto di osservazione nei confronti del luogo);
con punto di vista mobile (l’osservatore si sposta nello spazio);
con finalità informativa (fornisce informazioni utili alla storia);
con finalità persuasiva (vuole convincere il lettore o un personaggio della storia);
con finalità poetica (esterna sentimenti ed emozioni).
Questo è un piccolo estratto del mio libro “Raccontare con le immagini“, spero possa interessarvi il tema!
Alla prossima, ciao a tutti! Sara
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Buongiorno, siamo felicissimi di avere Simone Cerio come ospite da Musa fotografia, con il suo nuovo libro RELIGO!
Vi aspettiamo alla presentazione.
Simone tiene anche un interessantissimo corso di lunga durata da Musa fotografia: Identità e metodo nella fotografia documentaria. Per avere informazioni sul corso vai al link Identità e metodo nella fotografia documentaria
11 NOVEMBRE 2023
PRESENTAZIONE DI “RELIGO” IL NUOVO LIBRO DI SIMONE CERIO
ore 20.30 – Via Mentana 6 Monza
“Per te non c’è posto in Paradiso. Ricorda.” Questa fu la maledizione scagliata da un prete contro un ragazzo omosessuale, in una piccola chiesa vicino Roma. La sua unica “colpa” è stata quella di chiedere una benedizione per un gruppo di giovani gay cristiani durante un pellegrinaggio. Lì è nato Religo, un progetto incentrato sulle comunità LGBTQ+ credenti. Un percorso storico e visuale tra le emozioni e le esistenze dei protagonisti che hanno vissuto in prima persona il difficile tentativo di mettere in relazione le persone LGBTQ+, desiderose di essere accolte all’interno di una Chiesa che solo ora mostra segni di apertura, con le comunità ecclesiali. Un viaggio attraverso raduni, amori genitoriali, silenzi e clamori; episodi di una lotta per un diritto spirituale. I protagonisti di Religo sono soprattutto ragazzi tra i 18 e i 30 anni, figli di una madre che non li giudica, ma ugualmente non li riconosce come legittimi. Religo è un progetto rivoluzionario, poiché rivoluzionaria è la missione di trovare collocazione a una forma d’amore per cui non era previsto uno spazio nella Chiesa tradizionale. Sarà proprio mettere al centro il concetto d’amore a restituire ai ragazzi, alle loro famiglie, l’abbraccio negato.
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