Mostre fotografiche da non perdere a settembre

Ciao ben ritrovati!

Vi siete rilassati in queste vacanze?

Eccoci quindi di ritorno con le mostre che vi segnaliamo per il mese di settemreb.

Ciao

Anna

CAPA IN COLOR

La mostra Capa in color presenta, per la prima volta in Italia, gli scatti a colori di Robert Capa, fotografo di fama mondiale. Internazionalmente noto come maestro della fotografia in bianco e nero, lavorò regolarmente con pellicole a colori dal 1941 fino alla morte, nel 1954.

Capa in color
 offre la possibilità unica di esplorare il forte e decennale legame del maestro con la fotografia a colori, attraverso un affascinante percorso che illustra la società nel secondo dopoguerra. L’esposizione mostra oltre 150 immagini a colori, lettere personali e appunti dalle riviste su cui furono pubblicate.

Della produzione di Robert Capa sono molto noti i reportage della seconda guerra mondiale, le poche immagini a colori ritraggono soprattutto le truppe americane e il corpo francese a cammello in Tunisia, nel 1943. Dopo il secondo conflitto mondiale, l’attività di Capa si orientò esclusivamente verso l’uso di pellicole a colori, soprattutto per fotografie destinate alle riviste dell’epoca come Holiday e Ladies’Home Journal (USA), Illustrated (UK), Epoca (Italia), un interessante ritratto dell’alta società, dalle stazioni sciistiche delle Alpi alle affascinanti spiagge francesi, dalle fotografie di moda, lungo la Senna ai set cinematografici con Ingrid Bergman, Orson Welles e John Huston.

Dal 11 Settembre 2021 al 13 Febbraio 2022 – Gallerie Estensi – Modena

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IRVING PENN

Cardi Gallery Milano è lieta di presentare IRVING PENN.
Dedicata interamente a Irving Penn, questa ampia e completa mostra rappresenta per il pubblico milanese la prima occasione in oltre trent’anni di incontrare la complessità dell’opera dell’artista americano.
 
La mostra si sviluppa su due piani della galleria, abbracciando non solo la fotografia di moda per cui Penn è conosciutissimo, ma sottolineando il legame speciale dell’artista con l’Italia, capitolo a cui è interamente dedicato il primo piano. L’esposizione, che comprende opere prodotte dall’artista tra gli anni Quaranta e gli anni Novanta, percorre momenti salienti della quasi totalità della carriera artistica di Penn. Curata in collaborazione con The Irving Penn FoundationIRVING PENN avrà luogo dal 9 settembre al 22 dicembre 2021.
 
Considerato uno dei maggiori fotografi del Novecento, Irving Penn (1917-2009) è conosciuto per il suo radicale contributo alla modernizzazione del mezzo fotografico, grazie alla creazione di un canone concretizzatosi attraverso le sue opere sia commerciali che personali. Figlio di migranti ebrei russi, Penn emerse a New York in un’epoca turbolenta dal punto di vista sociopolitico. In seguito a studi di pittura, verso la fine degli anni Trenta iniziò a lavorare come artista per la rivista di moda Harper’s Bazaar, all’epoca guidata proprio dal suo ex insegnante, il leggendario Alexey Brodovitch, per poi passare ad American Vogue negli anni Quaranta. Incoraggiato da Alexander Liberman, direttore editoriale di Vogue, Penn focalizzò la propria attenzione professionale sulla fotografia, coltivando al contempo una pratica artistica personale. Nel corso dei successivi sessant’anni, scattò oltre 150 copertine per Vogue, producendo editoriali all’avanguardia, celebrati per la loro semplicità formale e l’uso della luce. Il contributo artistico di Penn formò per Vogue un’eredità senza precedenti; la direttrice Anna Wintour descrive come egli “cambiò radicalmente il modo in cui la gente vedeva il mondo, e la nostra percezione del bello”.  Rompendo con le convenzioni, Penn utilizzava la fotografia come un artista, espandendo il potenziale creativo del mezzo in un’era in cui l’immagine fotografica era vista principalmente come mezzo di comunicazione.

Dal 09 Settembre 2021 al 22 Dicembre 2021 – Cardi Gallery – MILANO

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Le mostre del SIFEST

Quella del 2021 è un’edizione speciale per il SI FEST che a settembre celebrerà i suoi primi 30 anni con una grande festa della fotografia: le immagini, le storie e le parole raccolte nel lungo cammino dal più longevo festival italiano di fotografia sono il trampolino di lancio di una tappa che segna il passo, non si accontenta di guardare al passato, ma punta il suo obiettivo al futuro. 
A sottolineare l’indirizzo del trentennale del Festival il titolo che il direttore artistico Denis Curti ha coniato per questo straordinario compleanno: FUTURA. I domani della fotografia.

Come accade dal 1992, il SI FEST ancora una volta chiama in piazza tutto il mondo della fotografia facendo dialogare la storia col presente attraverso nuovi modi di raccontare per immagini. Perché ora più che mai, in un periodo storico così incerto e mutevole, questo resta il mezzo più efficace per fissare e trasmettere emozioni.

Tra le varie mostre, vi segnaliamo Arno Rafael Minkkinen, Elena Givone, Lorenzo Zoppolato e la consueta mostra di Marco Pesaresi, ma date un’occhiata al programma, quanto mai ricco.

Dal 10 Settembre 2021 al 26 Settembre 2021 – Savignano sul Rubicone (FC) – sedi varie

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FRANCESCO CITO. WIDE GAZE (UN AMPIO SGUARDO)

La sezione dedicata alla fotografia del Festival Internazionale Isole che Parlano diretto da Paolo e Nanni Angeli – la cui XXV edizione si svolgerà dal 5 al 12 settembre nel nord della Sardegna, tra Palau, Arzachena, Luogosanto e La Maddalena – sarà quest’anno dedicata a Francesco Cito, vincitore di due World Press Photo e considerato oggi uno dei più importanti reporter italiani a livello internazionale.

La mostra ospitata a Isole che Parlano di fotografia – dal titolo Wide Gaze (Un ampio sguardo) – sarà un progetto originale che presenterà una selezione di oltre settanta immagini che racconteranno un viaggio lungo trent’anni, dal 1978 al 2009, e festeggerà il ritorno di Cito al Festival di Palau a distanza di quattordici anni dalla sua mostra Frammenti di Guerra. Il percorso espositivo, prevalentemente bianco e nero ma con un’appendice a colori, si presenterà con un ampio sguardo composto da circa quaranta immagini tratte da alcuni tra i reportage più importanti nella carriera del fotografo e tre focus monotematici: Coma, Palio di Siena e Sardegna.
L’esposizione, ospitata presso il Centro di Documentazione del territorio di Palau (SS), inaugurerà giovedì 9 settembre e resterà aperta al pubblico fino al 9 ottobre 2021.

Il titolo della mostra – Wide Gaze – assume un triplo valore. Uno strettamente tecnico legato alle ottiche grandangolari con cui Cito è solito lavorare, uno legato all’ampio arco temporale e tematico che le foto in mostra copriranno, e il terzo, il più importante, legato all’autorialità, alla profondità e alla forza delle immagini che ci restituiscono lo sguardo del fotografo sulla realtà del mondo. Uno sguardo che spazia tra società (di cui documenta rilevanti aspetti), malavita organizzata, guerre (con reportage in Afghanistan, Libano, Palestina, Golfo Persico, Balcani, etc.) e costume. Una mostra pensata ad hoc per il Festival, con un importante focus sulla Sardegna, terra che Francesco Cito frequenta da moltissimi anni, documentando aspetti legati al sociale, alle tradizioni e al lavoro, evitando gli itinerari turistici.

Il percorso si apre con un ampio sguardo e gli scatti più lontani nel tempo, 1978 e 1979, prevalentemente a colori, foto di punk e minatori (a Londra e nel Galles), di mattanza di tonni a Favignana. Dal mare rosso di sangue si passa al bianco/nero per il “miracolo” dello scioglimento del sangue di San Gennaro a Napoli, città natale di Cito, presente anche in altri scatti, realizzati tra l’87 e il ’93, che ci raccontano di sfarzosi matrimoni, fotografati con grande ironia in contesti molto differenti, con la città a fare da sfondo (da “Neapolitan Wedding story” nel 1995, premio Day in the Life del World Press Photo), di corse clandestine di cavalli a Scampia, di criminalità organizzata, di interni del palazzo della questura, ma anche del monumentale Palazzo Spagnuolo al centro del quartiere sanità. Seguono altri palazzi, Buckingham Palace, dove Papa Wojtyla passeggia con la Regina Elisabetta nel 1982, e un altro palazzo reale dove, 8 anni dopo, un marine posa mimetizzato su uno sfarzoso divano, davanti ai ritratti dei dignitari sauditi.

Passiamo così ai teatri di guerra che Cito ha documentato in prima linea per vari decenni (rischiando spesso la vita): dall’Afghanistan (1980) con i ritratti di guerriglieri, alla guerra del Libano, qui raccontata con alcuni scatti (1982/1983) a colori che ritraggono bambini che giocano con mitragliatori, Hezbollah armati, la distruzione a Beirut ovest dopo un attentato e un Arafat poco più che cinquantenne abbracciato da una donna in lacrime. Si passa quindi a uno dei temi che Francesco ha seguito, nel tempo, con particolare dedizione e trasporto, il conflitto e la questione palestinese, presente con tre scatti (1986, 1988 e 2002), e poi ancora a un soldato irakeno morto sulla strada per Bassora e i pozzi petroliferi in fiamme nella guerra del Golfo del 1991. A chiudere idealmente la sezione in un gioco di rimandi, una foto dell’Afghanistan (del 1989 ma tristemente attuale) in cui un Mullah mostra il Corano circondato da guerriglieri armati, un’immagine di Peshawar del 2008 con alcuni giovani intenti nello studio del Corano in una Madrassa, e una di Serra San Bruno in Calabria (1989) con un gruppo di frati certosini inginocchiati in preghiera.

A rompere questa lunga serie, riflesso nello specchietto, lo sguardo di un autista di pullman su un villaggio dell’Iran (2001), e ancora una donna di Peshawar col burqa che sembra essere parte integrante di un minaccioso murale alle sue spalle. Nel mentre un’anziana signora si asciuga su una spiaggia di Rimini, nel 1987, e nello stesso anno, sotto un cielo cupo uomini magrissimi che passeggiano nel cortile del manicomio di Reggio Calabria. Le fotografie di esseri umani lasciano spazio al paesaggio in una foto delle terre senesi (un omaggio a Giacomelli?), e agli animali con un gatto che gioca tra i tubi delle Terme di Petriolo e alcune candide oche in fila e marziali.
Si arriva così in Russia con tre scatti (2007/2009), in cui una statuaria incombente ci porta direttamente a segni resistenti del socialismo reale, e in Bosnia nel ’93, con un bambino che guarda dal finestrino di un pulmino malridotto, con uno sguardo troppo grande per la sua età. A chiudere la prima serie di immagini un tuffo, sospeso, immortalato a Corigliano Calabro.

Quasi un rimando alla situazione raccontata in Coma (foto dal 1990 al 2008), in cui la sospensione e l’immobilità sono presenti in ognuno dei nove scatti in mostra, negli impressionanti occhi sbarrati di giovani figli: un reportage affatto spettacolare di lungo periodo e di rara intensità umana, in cui Cito, come sempre senza pietismo, fotografa e racconta questi giovani e le loro famiglie, accendendo la luce su una situazione diffusa ma che non suscita l’attenzione che meriterebbe.

Immobilità e sospensione sono concetti che vengono, invece, completamente rovesciati nelle tredici immagini del Palio di Siena (1988/1998), dove passione e fede, umanità e istintività, reale e surreale si susseguono senza soluzione di continuità in immagini particolarmente “dinamiche” e cariche di tensione. La sequenza racconta, il Palio della contrada del Nicchio, e seppure in realtà la sequenza sembri narrare di un solo giorno, le foto sono state scattate in anni diversi, durante la lunga frequentazione di Cito a Siena (che nel 1996 valse al fotografo il primo premio al World Press Photo).

Così, al termine di questo percorso, si arriva in Sardegna (1989/2003). Sono immagini di un’Isola raccontata all’interno, lontano dalla costa, un’isola di modi e riti arcaici, in cui il cavallo è ancora una presenza importante e in cui a carnevale, nonostante rari angioletti chiari, il colore dominante è il nero. Una serie di immagini di momenti rituali, sempre in bilico tra sacro e profano, e di situazioni stranianti: una donna che imbraccia un fucile a pompa per festeggiare S’incontru, le maschere di carnevale che rimandano alle bestie della vita quotidiana, i pesanti campanacci appesi alla schiena di un Mamuthone a riposo, i funerali di fantocci. Invece ridono tre anziane ovoddesi alla finestra, durante la follia dell arcaico carnevale, e ridono anche gli Intintos di Olzai e un uomo di Orgosolo con soli tre denti così simile al murale alle sue spalle. Vola un chierichetto mentre suona le campane per S’Ardia al santuario di Santu Antinu, e poco dopo riparte la sfrenata “giostra” equestre. Poi tutto a un tratto tutto si ferma e si fa di nuovo austero, come la coppia a San Francesco di Lula, col Supramonte alle spalle, che guarda lontano, lontano ma non troppo (come tutto in Sardegna), o il pastore che conduce il suo gregge, sotto un cielo carico, in una piana che sembra amplissima: sintesi dell’ampio sguardo di un grandissimo fotoreporter.

Dal 09 Settembre 2021 al 09 Ottobre 2021 – Centro di Documentazione del territorio di Palau

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ESSERE UMANE. LE GRANDI FOTOGRAFE RACCONTANO IL MONDO

“Essere umane. Le grandi fotografe raccontano il mondo”, un percorso per immagini dedicato alle grandi fotografe donne curato da Walter Guadagnini che inaugurerà ai Musei di San Domenico a Forlì il prossimo 18 settembre e sarà visitabile fino al 30 gennaio.

Si rinnova la tradizione delle mostre fotografiche del Buon Vivere inaugurata nel 2015 con Steve McCurry, poi con Sebastiao Salgado, Elliott Erwitt, Ferdinando Scianna e infine, nel 2019, con “Cibo”, che ha visto nuovamente protagonista McCurry. La mostra, inizialmente prevista nell’autunno dello scorso anno, non ha potuto inaugurare a causa delle restrizioni imposte dalla pandemia e viene ora proposta in un percorso ulteriormente arricchito.

Tra le 314 fotografie in mostra, si possono segnalare le leggendarie immagini di Lee Miller nella vasca da bagno di Hitler, la strepitosa serie delle maschere di Inge Morath, realizzata con Saul Steinberg, gli iconici volti dei contadini durante la Grande Depressione di Dorothea Lange, il sorprendente servizio di Eve Arnold su una sfilata di moda ad Harlem negli anni Cinquanta e i rivoluzionari scatti di Annie Leibovitz per una epocale edizione del Calendario Pirelli.

Un viaggio per immagini nell’evoluzione del linguaggio fotografico mondiale, con una specifica attenzione allo “sguardo femminile”, a partire dagli anni Trenta del Novecento, quando grazie all’affermazione delle prime riviste illustrate la fotografia è diventata il principale linguaggio della comunicazione contemporanea.

In mostra, dunque, sarà possibile seguire questa evoluzione attraverso i grandi reportage di guerra e i cambiamenti dei costumi sociali, la ricostruzione post-bellica e le questioni di genere, l’affermarsi della società dei consumi e l’osservazione del ruolo della donna nei paesi extra-occidentali.

L’idea guida è stata, infatti, quella di allestire una mostra senza precedenti in Italia e non solo, dedicata al lavoro delle autrici che, dagli anni ’30 alla contemporaneità, hanno interpretato la fotografia come strumento di indagine e di riflessione, con registri espressivi talvolta poetici, in altri casi più crudi, sui grandi temi che hanno attraversato la società nei diversi segmenti temporali del XX e degli inizi del XXI secolo.

La selezione ampia per quantità e qualità di nomi e di opere che è stata operata in questo caso (30 autrici e 314 opere), fa si che “Essere Umane” si candidi ad essere la prima e la più importante in Italia e non solo, come ricognizione di ampio respiro internazionale e di valore storico, artistico e culturale.

Le sezioni

La prima sezione dedicata agli anni ’30-’50, va dalla serie realizzata dall’americana Dorothea Lange durante la crisi americana degli anni ’30 per la FSA (Farm Security Administration), a quelle di Lee Miller, anche lei americana, eseguite nell’appartamento di Hitler alla fine della seconda guerra mondiale, dalle serie “inglesi” della tedesca Giséle Freund alle fotografie scattate in Italia dall’americana Ruth Orkin (tra cui la celebre American Girl in Italy) nel 1951, dalle immagini della serie “Reflections” dell’austriaca Lisette Model, che indagano il tema del consumismo americano, alle fotografie del periodo messicano dell’italiana Tina Modotti, durante il quale conobbe e fotografò, tra l’altro, gli artisti Diego Rivera e Frida Kahlo.
E poi ancora, sempre nella prima sezione, saranno presenti altre tre autrici statunitensi: Berenice Abbott, già assistente di Man Ray negli anni ’20 a Parigi, Margareth Bourke-White, la prima fotografa straniera a cui fu permesso di scattare fotografie nella allora Unione Sovietica e infine la serie sulle sfilate di donne afro-americane ad Harlem dell’americana Eve Arnold (proprio queste immagini convinsero Henri Cartier-Bresson a chiamare la Arnold alla Magnum, prima donna insieme ad Inge Morath a far parte della prestigiosa agenzia fotografica parigina fondata da Robert Capa).
Da segnalare infine la recente acquisizione di 10 opere di Gerda Taro scattate durante la guerra civile spagnola degli anni ’30.
Nella seconda sezione, dagli anni ‘60 agli anni ’80, si andrà dalla “Mask series” nata dall’incontro tra l’austriaca Inge Morath e il grande disegnatore rumeno naturalizzato americano Saul Steinberg agli inizi degli anni ’60, alle immagini inquietanti e spesso controverse di personaggi singolari dell’americana di origini russe Diane Arbus, dalle fotografie  di denuncia delle condizioni degradanti delle Carnival Strippers dell’americana Susan Meiselas, alle fotografie scattate tra gli indiani dell’Amazzonia Yanomami dalla brasiliana Claudia Andujar, protagonista di una recente personale alla Fondazione Cartier di Parigi, o ancora quelle della serie dedicata negli anni ’70-’80 alla comunità matriarcale di Juchitan, in Messico, da Graciela Iturbide, fino a quelle che l’indiana Dayanita Singh ha scattato per oltre dieci anni Mona Ahmed, stringendo con lui un rapporto di profonda amicizia che traspare nelle immagini pervase di intima e spesso poetica partecipazione.
Molto importante, in questa sezione, lo spazio dedicato ad alcune tra le più autorevoli esponenti della fotografia italiana come Carla Cerati, con immagini da “Mondo cocktail”, serie dedicata alla realtà borghese dei cocktail party milanesi, Lisetta Carmi con la serie del 1965 dedicata alla comunità di travestiti che aveva occupato l’ex ghetto ebraico di Genova, Paola Mattioli con i celebri autoritratti degli anni ’70, e Letizia Battaglia, con le immagini dedicate alle bambine di Palermo e agli omicidi della mafia.
Una sezione speciale, infine, sarà dedicata ai ritratti di tredici donne di spicco di vari settori, dall’imprenditoria allo sport, dalla musica al cinema, realizzati da una delle più celebri fotografe del mondo, Annie Leibovitz, per l’iconico Calendario Pirelli 2016.
Più articolata la sezione finale dedicata agli anni tra la fine del XX e l’inizio del XXI secolo.
Anche in questo caso di alcune autrici saranno esposte immagini appartenenti a singoli progetti, come i ritratti della sudafricana Zanele Muholi, protagonista della Biennale di Venezia del 2019, oppure le immagini dell’iraniana Newsha Tavakolian,  membro dell’agenzia Magnum, che ritraggono le donne-guerrigliere delle FARC (Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia), o ancora le foto della serie “Baba Yaga” della russa Nanna Heitmann dedicate agli abitanti dello Yanisei, il grande fiume siberiano ai confini con la taiga o quelle della ceca Jitka Hanzlova con la serie “Female”, una serie di ritratti femminili eseguiti tra Europa e Stati Uniti, fino alle immagini dedicate alle difficili condizioni delle donne iraniane da Shadi Ghadirian e quelle della figlia di Letizia Battaglia, Shobha.
La sezione si concluderà con una suggestiva installazione di immagini della serie “Afronauts” della spagnola Cristina De Middel, recentemente nominata membro associato di Magnum Photos, e due immagini di grandi dimensioni della cinese Cao Fei dedicate, come gran parte del suo lavoro, alla realtà quotidiana del suo Paese.
Quest’ultima sezione ospiterà infine la presenza della forlivese Silvia Camporesi, con un lavoro dal titolo “Domestica”, una installazione di 30 fotografie scattate durante il recente lockdown.

Dal 18 Settembre 2021 al 30 Gennaio 2022 – Musei San Domenico – Forlì

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ROBERT DOISNEAU

Il più bel bacio della storia della fotografia? Impossibile stabilirlo.
Ma è certo che un posto sul podio spetta all’immagine della giovane coppia, indifferente alla folla dei passanti e al traffico della place de l’Hôtel de Ville di Parigi.
L’autore è Robert Doisneau, il grande maestro della fotografia cui Palazzo Roverella renderà omaggio nell’autunno 2021 attraverso una mostra originale, capace di rivelare al pubblico delle opere la cui vocazione è, appunto, catturare momenti di felicità come questo.

Insieme a Henri Cartier-Bresson, Doisneau è considerato uno dei padri fondatori della fotografia umanista francese e del fotogiornalismo di strada. Con il suo obiettivo cattura la vita quotidiana degli uomini e delle donne che popolano Parigi e la sua banlieue, con tutte le emozioni dei gesti e delle situazioni in cui sono impegnati.

Questa mostra a Palazzo Roverella abbraccia la sua opera senza distinzioni cronologiche né alcun criterio di genere o tema, affiancando fabbriche, banconi di bistrot, portinerie, cerimonie, club di jazz, scuole o scene di strada in generale. Che si tratti di fotografie realizzate su commissione o frutto del suo girovagare liberamente per Parigi, vediamo delinearsi uno stile impregnato di una particolare forma mentis, che traspare anche nei suoi scritti e nelle didascalie delle foto; uno stile che mescola fascino e fantasia, ma anche una libertà d’espressione non lontana dal surrealismo. Se lo stile è l’uomo (come dice Buffon), allo stesso modo la fotografia si identifica con alcuni dei suoi soggetti per esprimere una sorta di inquietudine o malinconia.

Un racconto – quello proposto dal curatore di questa mostra, Gabriel Bauret – condotto attraverso 130 stampe ai sali d’argento in bianco e nero, provenienti dalla collezione dell’Atelier Robert Doisneau a Montrouge. È in questo atelier che il fotografo ha stampato e archiviato le sue immagini per oltre cinquant’anni, ed è lì che si è spento nel 1994, lasciando un’eredità di quasi 450.000 negativi.
Quello di Doisneau è un raccontare leggero, ironico, che strizza l’occhio con simpatia alla gente. Che diventa persino teneramente partecipe quando fotografa innamorati e bambini.

“Quello che cercavo di mostrare era” – ricorda l’artista – “un mondo dove mi sarei sentito bene, dove le persone sarebbero state gentili, dove avrei trovato la tenerezza che speravo di ricevere. Le mie foto erano come una prova che questo mondo può esistere. “

“Mi piacciono – continua – le persone per le loro debolezze e difetti. Mi trovo bene con la gente comune. Parliamo. Iniziamo a parlare del tempo e a poco a poco arriviamo alle cose importanti. Quando le fotografo non è come se fossi lì ad esaminarle con una lente di ingrandimento, come un osservatore freddo e scientifico. È una cosa molto fraterna, ed è bellissimo far luce su quelle persone che non sono mai sotto i riflettori.”“Il fotografo deve essere come carta assorbente, deve lasciarsi penetrare dal momento poetico. La sua tecnica dovrebbe essere come una funzione animale, deve agire automaticamente.”

Dal 23 Settembre 2021 al 31 Gennaio 2022 – Palazzo Roverella – ROVIGO

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MISA. IL FIUME – Fotografie di Federica Bizzarri – Simone Francescangeli – Giorgio Granatiero – Andrea Secco

La mostra racconta il Misa, la strada d’acqua più importante per il territorio di Senigallia (che ne viene attraversata) e che ha origine nell’entroterra, a 45 chilometri dal mare. Il risultato è un’esposizione complessa. Attraverso le 32 opere esposte, da un lato viene comunicato cosa è il fiume e come la presenza umana possa interagire in modo armonioso con esso, vivendoci a contatto, apprezzandone le sue sfumature. Dall’altro lato, il pesante sfruttamento che il Misa subisce ogni giorno affiora visibilmente dall’acqua sotto forma di reperti improbabili, mostrando una vicenda pesante di abuso, impoverimento idrico e faunistico – tra l’altro – e umiliazione della Natura.

a cura di Simona Guerra

28 agosto > 5 settembre 2021  – Spazio Piktart – Senigallia

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Edoardo Romagnoli, Tulimì

La ricerca di Edoardo Romagnoli continua e si approfondisce, sempre su un soggetto poetico, il tulipano. La cura nella composizione dell’immagine, inedita e fantastica tipica dell’artista, è ottenuta tramite l’uso sapiente del mosso e del doppio scatto. In tema con il contest del Photofestival 2021 “La natura e la città, segni di un tempo nuovo”, la mostra Tulimì, (tulipani a Milano) si sviluppa attorno alla figura del tulipano. Fiori, coltivati sul balcone con un tempo lento dettato dalla natura, attraverso la scelta dei vasi, la preparazione del terreno, la messa a dimora dei bulbi seguita da rare ma indispensabili innaffiature, fino alla scelta, durante la fioritura, dei fiori più belli che diventeranno immortali. Delicatamente disposti in vasi di vetro di Murano, osservati a lungo, quasi spiati, alla ricerca della forma e del colore assoluto, arrivando in alcuni casi al singolo pixel. L’eleganza dei fiori, la loro fragilità e caducità, insieme alla sensualità dell’esplosione della fioritura e al languore della sfioritura, vengono colti, illuminati e moltiplicati dallo sguardo disorientante e spiazzante di Romagnoli. Si rimane spaesati, stupiti e immersi in emozioni di armonia, equilibrio e attrazione, di fronte all’esaltazione della bellezza della natura più colorata, di Milano.

Questa mostra fa parte del circuito PHOTOFESTIVAL 16TH MILANO La natura e la città. Segni di un tempo nuovo

23 settembre – 22 ottobre 2021 – Studio Masiero – Milano

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La Forma è il contenutoMatteo Abbondanza

In esposizione 25 opere, stampate in 60×40 cm, tratte dai progetti “My Imagination” e “My Vision”. Tutte le opere saranno in vendita.

Dal 28/8 al 10/9 – M.A.D Mantova Arte Design – Mantova

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Andrea Borgatta – Le loro Maldive

Tutti noi conosciamo le Maldive.
Abbiamo tutti un parente o un amico che c’è stato; significano spiagge bianche, acque trasparenti e vita in costume da bagno… “le nostre Maldive”.
E invece quanti di noi sanno che sono una nazione Mussulmana, dal più alto tasso di foreign fighters tra le nazioni non arabe? Una nazione in cui ai cittadini normali non arriva nemmeno un centesimo dei 3,5 miliardi di Dollari di introiti del turismo, destinati a 5-6 faccendieri ben introdotti e vicini al Presidente.
I 100.000 abitanti di Male, un terzo del totale dei maldiviani, vivono condizioni di vita impossibili. La capitale è una piccola sovrappopolata isola di povertà, eroina, violenza di strada, in cui è comune sentirsi dire “Tutto è meglio di Male. Persino la Siria”
La qualità della vita migliora per gli abitanti delle 200 piccole isole abitate sparse negli atolli più lontani grazie alla pesca e al piccolo artigianato per il turismo.
Quel turismo che vede noi stranieri arrivare all’aeroporto di Male per correre alle partenze degli idrovolanti, seccati per quell’ora di attesa che ci separa dal nostro agognato resort … un luogo in cui l’unico contatto con i maldiviani è al momento dei pasti o nella sfida sportiva ospiti conto staff di metà settimana. Per il resto del tempo qualsiasi rapporto è severamente vietato.

Le cose non cambiano in molte delle Guesthouse, l’alternativa ai resort da 500$ a notte nata dalla volontà di Nasheed, Presidente dalla breve carriera, di distribuire la ricchezza originata dal turismo. Osteggiate dal potere più reazionario, quelle realmente gestite da maldiviani si contano sulle punte delle dita.
Arrivare in luoghi come Himandhoo, l’isola più islamizzata delle Maldive, nell’atollo di Ari, è disorientante se non sei psicologicamente preparato … selvaggia, essenziale… donne in niqab che ti guardano in tralice o rifiutano il tuo sguardo … ragazzi che giocano per le strade in sabbia battuta, bambine nemmeno teenager che già indossano il niqab … gli uomini, solo gli anziani sono seduti lungo la via, i giovani sono via, a pesca o nei resorts.
Il Muezzin che chiama alla moschea segna il passare del tempo. Tutto è così semplice e selvaggio, disorientante e affascinante, umile ma nobile… “le loro Maldive”

Dall’11 settembre al 3 ottobre – Cascina Roma – S. Donato Milanese

Passages – Tina Cosmai

8 SETTEMBRE – 6 NOVEMBRE 2021 – Alessia Paladini Gallery – Milano

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Mostre per dicembre

Ciao!

Ecco le nuove mostre che vi proponiamo per dicembre.
Spero che tra gli acquisti di regali e la preparazione dell’albero di Natale, troverete il tempo di farci un salto. Ne vale la pena!

E non dimenticate tutte le altre mostre in corso, date un’occhiata alla nostra pagina!

Anna Continua a leggere

Mostre per settembre

Ciao a tutti!

Avete trascorso buone ferie? Rilassati?
Eccoci pronti a ripartire con nuove mostre fotografiche da non perdere!

E ricordatevi di dare sempre un’occhiata alla nostra pagina dedicata alle mostre.

Anna

Ferdinando Scianna, il viaggio il racconto la memoria

“Non sono più sicuro, una volta lo ero, che si possa migliorare il mondo con una fotografia. Rimango convinto, però, del fatto che le cattive fotografie lo peggiorano”

Ferdinando Scianna

Con circa 200 fotografie in bianco e nero stampate in diversi formati, la rassegna attraversa l’intera carriera del fotografo siciliano e si sviluppa lungo un articolato percorso narrativo, costruito su diversi capitoli e varie modalità di allestimento.

Ferdinando Scianna è uno tra i più grandi maestri della fotografia non solo italiana. Ha iniziato ad appassionarsi a questo linguaggio negli anni Sessanta, raccontando per immagini la cultura e le tradizioni della sua regione d’origine, la Sicilia. Il suo lungo percorso artistico si snoda attraverso varie tematiche – l’attualità, la guerra, il viaggio, la religiosità popolare – tutte legate da un unico filo conduttore: la costante ricerca di una forma nel caos della vita. In oltre 50 anni di racconti non mancano di certo le suggestioni: da Bagheria alle Ande boliviane, dalle feste religiose – esordio della sua carriera – all’esperienza nel mondo della moda, iniziata con Dolce & Gabbana e Marpessa. Poi i reportage (fa parte dell’agenzia foto giornalistica Magnum), i paesaggi, le sue ossessioni tematiche come gli specchi, gli animali, le cose e infine i ritratti dei suoi grandi amici, maestri del mondo dell’arte e della cultura come Leonardo Sciascia, Henri Cartier-Bresson, Jorge Louis Borges, solo per citarne alcuni.

Avendo deciso di raccogliere in questa mostra la più ampia antologia dei suoi lavori fotografici, con la solita e spiccata autoironia, Ferdinando Scianna, in apertura del percorso espositivo, sceglie un testo di Giorgio Manganelli: “Una antologia è una legittima strage, una carneficina vista con favore dalle autorità civili e religiose. Una pulita operazione di sbranare i libri che vanno per il mondo sotto il nome dell’autore per ricavarne uno stufato, un timballo, uno spezzatino…”

Ferdinando Scianna del suo lavoro scrive: “come fotografo mi considero un reporter. Come reporter il mio riferimento fondamentale è quello del mio maestro per eccellenza, Henri Cartier-Bresson, per il quale il fotografo deve ambire ad essere un testimone invisibile, che mai interviene per modificare il mondo e gli istanti che della realtà legge e interpreta. Ho sempre fatto una distinzione netta tra le immagini trovate e quelle costruite. Ho sempre considerato di appartenere al versante dei fotografi che le immagini le trovano, quelle che raccontano e ti raccontano, come in uno specchio. Persino le fotografie di moda le ho sempre trovate nell’azzardo degli incontri con il mondo.”

22 settembre 2018 – 6 gennaio 2019 – Forlì, Musei San Domenico

Qua tutti i dettagli

Eliott Erwitt: i cani sono come gli umani, solo con più capelli

Suazes, in collaborazione con Fondazione Cassamarca di Treviso e Magnum Photos, organizza, presso gli spazi di Casa dei Carraresi, una grande mostra dedicata ad uno dei più importanti fotografi contemporanei, Elliott Erwitt.
Qui interpretato da un percorso espositivo originale, che esplora una delle parti più curiose ed interessanti, nonché note, della produzione del fotografo franco-americano, ovvero quella dedicata ai cani.
Una selezione che viene, con tali dimensioni, per la prima volta esposta in Italia, raggruppando oltre ottanta fotografie accompagnate da video, documenti e altro materiale dedicato al tema.

La mostra intitolata “Elliott Erwitt: i cani sono come gli umani, solo con più capelli”, curata da Marco Minuz, raccoglie una straordinaria selezione di fotografie dedicate a questo tema. In un percorso che spazia dagli anni cinquanta fino ai giorno nostri e che documenta la profondità e l’acutezza del lavoro fotografico di Erwitt su questo specifico tema. Le sue sono tutte immagini realizzate “dal punto di vista dei cani”. Spesso il fotografo pone il suo obiettivo ad altezza di cane, lasciando ai suoi padroni, il solo spazio di un piede o dei polpacci.

I cani sono tra i soggetti più amati dal fotografo. Non perché egli ne sia particolarmente affascinato (come lui sostiene), ma perché con il loro atteggiamento naturale e irriverente, fungono da perfetto contraltare alla pomposità ed alla ricercata compostezza dei loro padroni. E soprattutto, a differenza degli uomini, non hanno la pessima abitudine di pretendere una stampa delle foto che viene loro fatta!
Il titolo, tratto da una sua dichiarazione rilasciata in un’intervista, è già una guida per questa mostra che vuole essere un’opportunità per analizzare, con ironia e a volte cinismo, l’essenza profonda di questa ricerca che, attraverso il quadrupede peloso, mira all’essere umano.

Molte di queste immagini sono buffe e ritraggono animali che saltano o si mostrano sorpresi. Pose che sono ottenute, a volte, da Erwitt con un metodo preciso, ovvero suonando, poco prima di fotografare, una trombetta che spaventava i cani. Oppure, ricorrendo ad un unico forte latrato, emesso dallo stesso fotografo, che scatena la reazione dei cani che, all’improvviso, saltano, abbaiano, ringhiano, consentendogli di coglierli nella loro naturalezza. Escono così immagini di forte spontaneità, che fissano l’espressione animata degli animali.

Nelle fotografie di Erwitt non c’è un’attenzione particolare per il paesaggio; il suo occhio s’indirizza alla figure umane e sugli animali, per lui riflessi inconsapevoli delle abitudini degli uomini.

Nel corso della mostra sono in programma eventi dedicati al tema, con il coinvolgimento delle principali realtà territoriali del territorio.

Dal 22 settembre 2018 al 3 febbraio 2019 – Casa dei Carraresi – Treviso

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Le mostre del SIFEST

Ritorna a settembre l’appuntamento con Si Fest 2018 a Savignano sul Rubicone.  Alla sua 27esima edizione il festival – promosso come ogni anno dal Comune di Savignano sul Rubicone, Assessorato alla cultura, e organizzato dall’Associazione Savignano Immagini – indagherà su un nuovo tema, On Being Now, con una nuova direzione artistica composta da Roberto Alfano, Laura De Marco e Christian Gattinoni.

Tra le varie mostre, due che non mi perderei per niente al mondo sono quelle di Max Pinckers e di Carolyn Drake, oltre a tante altre. Trovate il programma del festival qua.

Dal 14 al 30 settembre – Savignano sul Rubicone (FO)

SUGGESTIONI D’ITALIA

La GAM di Torino presenta una mostra di oltre 100 fotografie, realizzate dalla fine del secondo dopoguerra ai primi anni Duemila, che raccontano l’Italia per immagini: il paesaggio e le città della nostra penisola esplorati da 14 grandi fotografi, sia nell’architettura sia nella loro dimensione umana e sociale. Le foto, in bianco nero e a colori, sono selezionate con l’intento di scandagliare l’interpretazione degli ‘esterni’, dall’arco alpino e le grandi città come Torino e Milano, per proseguire lungo la dorsale emiliana fino a scendere verso il Sud, tra Napoli, Matera, e infine toccare la Sicilia.

Paesaggi, luoghi, e anche i cosiddetti non-luoghi fanno parte di questa carrellata.

La decisione di presentare questa esposizione alla GAM nasce dalla volontà di tornare a focalizzare l’attenzione del museo sul tema della fotografia, tralasciato dalla programmazione da circa dieci anni, ma che costituisce un indubbio supporto di valore per le nostre collezioni. A cavallo del 2000 infatti, la GAM prima, e la Fondazione CRT per l’Arte Contemporanea in seguito, avevano costituito una ragguardevole collezione di fotografia dal secondo dopoguerra in avanti. Quasi tutti i grandi nomi di questo linguaggio sono entrati a far parte delle nostre collezioni.

Ai primi ‘reportage’ in ambito di Neorealismo e alle documentazioni politiche si affiancano distillati di paesaggio italiano e letture di alto formalismo, come di ricerca di una apparentemente semplice verità ottica di documentazione dell’architettura. Questa mostra ha l’intento di trasportare il visitatore in un continuo alternarsi di sensibilità e di atmosfere, intense e differenti, facendo emergere in filigrana una prospettiva storica-temporale delle interpretazioni del soggetto-paesaggio. Narrazioni antiretoriche che lasciano spazio a nuove retoriche dell’immagine, senza distinzione tra fotogramma catturato al volo e situazioni accuratamente studiate.

Nelle fotografie di Nino Migliori (Bologna, 1926) prevalgono i luoghi e i segni dell’uomo. Le sue immagini sui soggetti deboli sono costruite con una intenzione sapientemente narrativa. È forse il fotografo che prima di tutti ha saputo interpretare la forza del Neorealismo.

Gianni Berengo Gardin (Santa Margherita Ligure, GE, 1930) sembra appartenere allo stesso ordine di attenzioni: nel condurre l’obiettivo della macchina fotografica sui temi del disagio, della arretratezza sociale, in una dimensione di straordinaria epica popolare.

Sui temi di un ritardo arcaico, sulla soglia dell’umiltà, si cimenta anche in seguito Mario Cresci (Chiavari, GE, 1942) sia pure in una investigazione più marcatamente concettuale. Territorio e memoria sono indagati dal punto di vista dell’uomo come dei luoghi di lavoro, le cave.

Mimmo Jodice (Napoli, 1934) ha saputo interpretare, in bianco e nero, in maniera al contempo semplice e intensa, sia paesaggi minori sia luoghi ad alta intensità culturale e monumentale. Ciò è avvenuto nella proposizione di temi del sud e anche nelle incursioni nel nord dell’Italia.

Anche Mario Giacomelli (Senigallia, AN,1925 – 2000) fissa l’attenzione sulla cultura ‘bassa’, collegandosi soprattutto alla indagine sulla campagna. Da qui si innesta però una stupefacente rilettura formale, ad altissimo potenziale, dei campi governati dall’uomo, sfruttando al massimo le capacità del bianco e nero.

Sullo stesso orizzonte paesaggistico si è cimentato Franco Fontana (Modena, 1933), solo portando la sua ricerca sul versante di un colore trionfante, forte, di alta – per l’epoca – eccitazione cromatica. Un colore che è stato tuttavia letto in chiave mentale, inteso a portare la naturalità dei soggetti in una dimensione astraente.

Di tutt’altro segno è la fotografia a colori inaugurata da Luigi Ghirri (Scandiano, RE, 1943 – Roncocesi, RE, 1992). I suoi paesaggi ‘vuoti’, quasi non sfiorati dalla presenza umana, ci impongono un nuovo sguardo sulle cose, architetture e paesaggi. Dai suoi scatti emerge un sentimento invincibile di mistero, che ci proietta in una nuova dimensione di interpretazione del mondo.

Questa considerazione vale anche per le straordinarie fotografie – ma in bianco e nero – di Ugo Mulas (Pozzolengo, BS, 1928 – Milano, 1973). I suoi paesaggi ci obbligano a guardare in maniera diversa i soggetti, ci danno la vertigine per quel che non avevamo saputo vedere in essi prima di adesso. Ciò vale anche per la sua indagine sulle periferie brumose della città industriale, che assumono, paradossalmente un forte, inedito, fascino.

Il bianco e nero è strumento necessario anche per dare forza alle immagini di Uliano Lucas (Milano, 1942).  La sua è una fotografia, infatti, di denuncia, perché riguarda la dimensione urbana e industriale, dove però è l’uomo a costituire il dato prevalente: la sua fotografia registra lotte e sofferenze, collocate in una dimensione collettiva.

Sono in bianco e nero anche le fotografie di Ferdinando Scianna (Bagheria, PA, 1943). Le persone che ritrae ci inducono a considerare i luoghi in una dimensione antropologica. Queste immagini, come quelle di paesaggio, vivono di contrasti: sole-luce /buio, in una visione quasi abbacinante.

Di Gabriele Basilico (Milano, 1944 – 2013) colpisce la oggettività concettuale del suo bianco e nero in cui emergono dai suoi scatti le architetture e il vuoto. La dimensione è urbana, periferica ma non solo. La regola delle geometrie, specialmente perfette, ci introduce a un nuovo ordine di considerazioni sulla natura dell’architettura e del suo potenziale connotante il paesaggio contemporaneo.

Anche le fotografie dedicate all’Abbazia di San Galgano di Aurelio Amendola (Pistoia, 1938) sono consapevoli del significato di volumi e pesi dell’elemento architettonico.  Esterni, Interni, dettagli sono interpretati con religiosa semplicità.

Enzo Obiso (Campobello di Mazara, TP, 1954) lavora sul potenziale del bianco e nero. La sua Sicilia solare non ne esce affatto ridimensionata, ma anzi i suoi luoghi aumentano il potenziale di mistero, di apparizioni sorprendenti.

Il colore controllato degli scatti di Bruna Biamino (Torino, 1956) ci porta lontano, in una sorta di sogno lattiginoso. Architetture, paesaggi disadorni, luoghi d’acqua, alludono alla sospensione e al vuoto e contengono, al contempo, uno stato di concentrazione e di spaesamento indissolubili.

Dal 13 Luglio 2018 a 23 Settembre 2018 – GAM Torino

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Le mostre di Visa pour l’Image – Perpignan

 

Anche quest’anno la città di Perpignan, nel sud della Francia, ospita il festival di fotogiornalismo Visa pour l’image, giunto alla 29^ edizione. In mostra una selezione delle migliori storie d’attualità raccontate dai fotografi di tutto il mondo.

Le mostre saranno oltre 25, tra cui vi segnaliamo il lavoro di Daniel Berehulak per il New York Times sulla guerra alla droga nelle Filippine condotta dal presidente Rodrigo Duterte. E il lavoro di Lu Guang, che per dodici anni ha attraversato la Cina per raccontare la crescita economica che minaccia l’ambiente.

Una retrospettiva ricorda la carriera di Stanley Greene, morto il 19 maggio, che per quasi dieci anni ha raccontato il conflitto in Cecenia tra i separatisti e le forze armate russe.

Isadora Kosofsky ha documentato le storie di alcuni giovani detenuti ad Albuquerque, New Mexico, e i rapporti con le loro famiglie, per indagare il sistema giudiziario statunitense. Darcy Padilla presenta il progetto con cui ha vinto il Canon female photojournalist award 2016, Dreamers, sulla riserva di nativi americani Pine Ridge, uno dei luoghi più poveri degli Stati Uniti, dove il tasso di disoccupazione è dell’85 per cento.

Sul sito ufficiale trovate il programma completo.

Dal 2 al 17 settembre – Perpignan (Francia)

HOTEL BEL SIT, STORIE DI MIGRANTI

“Ai ragazzi… quelli che in quel mare, non hanno più visto le stelle”

Giovanni Mereghetti

“Ci vogliono mesi, a volte anni per avere il permesso definitivo di rifugiato. Molti migranti restano inermi in attesa, qualcuno scappa senza meta, altri inevitabilmente finiscono nelle grinfie dei caporalati del sud Italia e diventano schiavi. Sono tante le vicende che quotidianamente vivono i migranti. In determinate circostanze si intrecciano, a volte invece viaggiano su binari diversi. Ma ognuno di loro ha la sua triste storia da raccontare. C’è chi sbarca direttamente sulle coste italiane e si ricongiunge a parenti o conoscenti. C’è chi prosegue, tra mille peripezie, verso il nord Europa. C’è chi finisce “standed” quando è quasi finita, nelle stazioni di qualche grande città. C’è anche chi trova un lavoro in nero nell’edilizia o nell’agricoltura nel nord-est del nostro Paese. C’è chi si limita a sognare una vita migliore, bukra inshallah! C’è chi si innamora e si sposa. C’è chi riceve un saluto, 2

Salam Aleikum, e una mano sul cuore. C’è chi decide di ritornare in Africa, per sempre. C’è chi dorme per qualche notte in un giardinetto della stazione di Catania, poi sale su un autobus con destinazione e capolinea Milano. C’è chi a Milano non si ferma e prosegue, nonostante la nebbia e il freddo pungente.

C’è chi è fortunato e trova una “casa” in uno dei tanti alberghi gestiti dalle cooperative. A Mortara ce n’è uno: Hotel Bel Sit, una stella.”

Così scrive Giovanni Mereghetti, fotogiornalista, per presentare “Hotel Bel Sit, Storie di Migranti”. Un progetto nato dalla frequentazione di questa realtà di accoglienza a Mortara gestita dalla Cooperativa Faber che lo appassiona da quasi cinque anni; da quando l’incontro con questi ragazzi ha acceso in lui la necessità di una narrazione che potesse abbracciare le differenti storie di questi “Ulisse contemporanei”.

Le fotografie di Giovanni Mereghetti diventano così un’opportunità concreta per coinvolgere direttamente i protagonisti che vi accompagneranno attraverso questa mostra fotografica in un viaggio all’interno delle loro storie, delle esperienze vissute per arrivare nel nostro paese.

Un’occasione unica in cui l’arte visiva si offre quale strumento al servizio dello scambio, della comunicazione per abolire le distanze – individuali e collettive – alla ricerca del senso che lega l’umanità intera.

La mostra sarà accompagnata dal libro “Hotel Bel Sit, storie di migranti” con testi e foto di Giovanni Mereghetti. Il ricavato della vendita di questo libro finanzierà le attività e i progetti della Cooperativa Faber.

A cura di Alessia Locatelli

Dal 26 settembre al 9 ottobre 2018 – Ex-Fornace Alzaia Naviglio Pavese 16 Milano

AMATA BELLEZZA, fiori e visioni – Mario Carrieri

Villa Carlotta chiude la sua stagione di mostre con Mario Carrieri. Amata bellezza, fiori e visioni a Villa Carlotta (15 settembre- 4 novembre 2018) un’esposizione fotografica dedicata al mondo floreale riletto attraverso l’obiettivo di un maestro del XX secolo.

Una serie di opere di grandi dimensioni allestite in vari ambienti della villa offre la possibilità di accostarsi alla incessante ricerca fotografica portata avanti da Carrieri negli ultimi decenni concentrandosi unicamente su un soggetto: i fiori.

Lo sguardo di questo artista rilegge un soggetto tradizionale della pittura e della fotografia in una chiave totalmente inedita, componendo grandi palcoscenici di una visionaria opera teatrale senza tempo, nella quale innocenti fiori-attori recitano una tragedia shakesperiana sull’eterna fragilità della bellezza e sul suo dolore senza fine.

Con la sua luce spietata Mario Carrieri fa emergere dai fiori l’incanto e il dramma che animano ogni creatura.  Le opere di grande formato colpiscono dritte la sensibilità dell’osservatore, coinvolgendolo nel sentimento del pathos universale.

15 settembre- 4 novembre 2018 – Villa Carlotta – Tremezzo (CO)

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CAMERA POP. La fotografia nella Pop Art di Warhol, Schifano & Co

La mostra CAMERA POP. La fotografia nella Pop Art di Warhol, Schifano & Co ripercorre la storia della trasformazione del documento, fotografico nello specifico, in opera d’arte, giunta al culmine negli anni ’60. Dal 21 settembre al 13 gennaio a CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia saranno esposte oltre 120 opere tra quadri, fotografie, collages, grafiche, che illustrano la varietà e la straordinaria vivacità di questa grande vicenda.

La Pop Art è stata un fenomeno mondiale, esploso negli anni Sessanta negli Stati Uniti e in Europa, e diffusosi rapidamente anche nel resto del mondo “che ha rivoluzionato – è l’opinione di Walter Guadagnini, direttore di CAMERA e curatore della mostra –  il rapporto tra creazione artistica e società, registrando l’attualità in modo neutro, fotografico, adottando gli stessi modelli della comunicazione di massa per la realizzazione di opere d’arte. In questo senso, la fotografia è stata, per gli artisti Pop, non solo una fonte di ispirazione, ma un vero e proprio strumento di lavoro, una parte essenziale della loro ricerca”.

Allo stesso tempo, l’affermazione della cultura Pop ha liberato energie sorprendenti anche all’interno del mondo dei fotografi, che si sono misurati direttamente non solo con il panorama visivo contemporaneo, ma anche con le logiche della trasformazione del documento in opera d’arte.

Tra i protagonisti presenti in mostra si possono citare gli americani Andy Warhol, Robert Rauschenberg, Jim Dine, Ed Ruscha, Joe Goode, Ray Johnson, Rosalyn Drexler; gli inglesi Richard Hamilton, Peter Blake, Allen Jones, Joe Tilson, David Hockney, Gerald Laing, Derek Boshier; i tedeschi Sigmar Polke, Wolf Vostell; gli italiani Mimmo Rotella, Michelangelo Pistoletto, Franco Angeli, Umberto Bignardi, Gianni Bertini, Claudio Cintoli, Sebastiano Vassalli e tanti altri.

Tra i fotografi, si sottolinea la presenza di Ugo Mulas – cui viene dedicata un’intera sala, dove verranno esposte le serie realizzate negli Stati Uniti e quella della Biennale di Venezia del 1964 – e di Tony Evans, fotografo dei protagonisti della Swinging London dei primissimi anni Sessanta.

Dal 21 settembre al 13 gennaio – Camera Centro Italiano per la Fotografia – Torino

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#rasoterra – Silvia Bottino

Lo spazio “Looking at Art” Associazione Culturale è lieto di presentare la mostra personale della fotografa Silvia Bottino dal titolo: #rasoterra. Un progetto che la fotografa porta avanti da circa un paio d’anni- un work in progress – che desidera accompagnare in modo scanzonato e divertente verso una riflessione più profonda sulle nuove tecnologie al servizio dell’immagine fotografica. Il desiderio di ritornare agli elementi basilari della fotografia, la luce ed il tempo, si legano in maniera inedita alle nuove  ecnologie attraverso la sperimentazione, che da sempre muove Silvia Bottino nell’ideazione dei suoi progetti, di appoggiare letteralmente il cellulare all’altezza del suolo e scattare.

Ri-leggendo così gli ambienti attraverso lo sguardo attuale e fresco fornito da prospettive mai attuate prima: nascono così gli scatti di paesaggi naturali, di neve e mare, o antropizzati al massimo come accade per lo skyline di New York. La tecnica è quella della ripresa con il cellulare, strumento ormai indispensabile nella nostra quotidianità, che – grazie anche alla tecnologia applicata alle fotocamere – permette oggi senza l’ingombro dell’obiettivo della macchina fotografica di scattare davvero a Raso Terra, catturare la trama, la matericità di quello che si trova in primo piano, in dialogo con l’immagine sullo sfondo.

Anche le stampa fotografica in piccola dimensione – con montaggio in cornice in legno – ne permette la fruizione immediata e si lega all’idea di selfmade, di velocità e capacità di cogliere il momento, concettualmente alla base della nuova ricerca della fotografa milanese. Ma non si tralascia l’attenzione alla Fine Art: nasce così la tiratura di stampa limited edition firmata dall’autrice per i collezionisti che desiderano avere su carta archivio e con durabilità museale le stampe del progetto #rasoterra.

Silvia Bottino nasce in “camera oscura” a Milano. Figlia d’arte cresce sul set dove, terminati gli studi artistici, inizia la carriera lavorativa prima come assistente di suo padre, Franco Bottino, e poi come professionista. Si occupa di vari linguaggi della fotografia come: still-life, ritratti, beauty, foto industriale, pubblicità, interagendo direttamente con il cliente o tramite agenzie di pubblicità o di pubbliche relazioni.

A cura di Alessia Locatelli.

Dal 28 settembre al 12 ottobre 2018 – Looking at Art | Via Tommaso Salvini n.2, 20122 Milano

Mostre di fotografia da non perdere ad ottobre

Ciao a tutti,

con ottobre riprende a pieno ritmo la stagione delle mostre. Ce ne sono di veramente interessanti, non fatevele scappare!

Qua tutte le mostre in corso sempre aggiornate!

Ciao

Anna Continua a leggere

Mostre consigliate da Mu.Sa.

Steve McCurry – Icons and women

Venerdì 25 settembre, dalle 17.00 alle 19.00, inaugurazione della mostra “Steve McCurry. Icons and Women“, presso i Musei San Domenico. La mostra resterà aperta fino al 10 gennaio 2016.

Percorso di scoperta che progressivamente si concentra su un universo pienamente femminile, che ci viene incontro con i suoi sguardi e ci coinvolge con la sua dimensione collettiva in una sorta di girotondo dove si mescolano età, culture, etnie.

La nuova mostra di Steve McCurry, che, con le sue immagini più conosciute, insieme ad alcuni lavori recenti e diverse foto non ancora pubblicate nei suoi numerosi libri, propone un viaggio intorno all’uomo, in una inedita declinazione al femminile.

Il punto di arrivo è infatti il ritratto di Shabrat Gula, la “Ragazza Afghana” simbolo della speranza di una pace che sembra impossibile in una parte del mondo agitata da guerre ed esodi di massa, e ritrovata da McCurry dopo vent’anni, ancora in un campo profughi in Pakistan.

La rassegna comprende oltre 180 foto di vari formati, selezionate da Biba Giacchetti insieme a Steve McCurry, ed è completata da un’audioguida nella quale il grande fotografo racconta in prima persona le sue foto, con aneddoti e appassionanti testimonianze.

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Quattro storie contemporanee – Fotografie del collettivo Cesura a cura di Roberta Valtorta e Diletta Zannelli

20 settembre – 31 gennaio 2016
Museo di Fotografia Contemporanea – Cinisello Balsamo – Milano

Il Museo di Fotografia Contemporanea presenta una mostra dedicata al tema diversità/inclusione attraverso quattro ricerche del collettivo di fotografi indipendenti Cesura.

L’iniziativa è organizzata in collaborazione con RS Components, un’azienda che ha fatto della responsabilità sociale d’impresa un tratto distintivo della propria identità.

Le quattro storie raccontate da Arianna Arcara, Gabriele Micalizzi, Alessandro Sala, Luca Santese, del collettivo Cesura, sono profondamente attuali, toccano problemi importanti della nostra complessa società contemporanea, affrontano il tema delicato della capacità di cambiare se stessi e il mondo che ci circonda attraverso scelte precise e comportamenti improntati alla civiltà e al rispetto degli altri.

Nella mostra al Museo di Fotografia Contemporanea i quattro lavori sono installati nella sala espositiva principale. Nella sala più piccola, invece, una presentazione dell’intero progetto e materiali informativi su RS Components e sui progetti che il Museo da anni porta avanti con l’azienda.

LA BUONA POLITICA di Alessandro Sala

Come è possibile ottenere risultati significativi puntando su valori come la tutela del territorio, la legalità, la cultura e l’arte, il turismo sostenibile, l’accoglienza, praticando la buona politica e creando integrazione in un territorio abbandonato?

Gaspare Giacalone ci è riuscito. Nato a Petrosino, in provincia di Trapani, ma vissuto tra Londra e New York come manager della banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo, ha lasciato un lavoro di prestigio per investire il proprio tempo nella sua terra di nascita.

Eletto sindaco, non si è fatto sottomettere dai poteri forti dell’imprenditoria del cemento e ha lottato insieme a tutti i suoi cittadini per salvare la spiaggia della Torrazza. Dopo aver vinto questa battaglia, sta lottando contro la costruzione di un parco eolico a sole 2 miglia dalla costa, progetto che vanificherebbe gli sforzi in direzione del turismo sostenibile intrapresi dall’amministrazione.

TERRE RARE di Arianna Arcara

Il binomio donne e tecnologia è una formula vincente per uno sviluppo sostenibile e un rinnovamento sociale e culturale del nostro Paese, tanto che è stato istituito il premio internazionale “Le technovisionarie”, parte integrante del palinsesto Expo Women Global Forum. Il premio è attribuito ogni anno a donne che nella loro attività professionale hanno testimoniato di saper privilegiare l’impatto sociale, la trasparenza nei comportamenti e l’etica.

Biniana Ferrari, 52 anni e due figlie, ha vinto questo premio. La tecnologia che la sua azienda – Relight – ha ideato è unica in Europa: ricicla rifiuti hi-tech estraendo dai vecchi smartphone, tablet, computer e lampadine al neon alcuni elementi chimici  estremamente preziosi per le aziende di elettronica. Si tratta delle cosiddette Terre Rare che, come suggerisce il nome, non sono facili da reperire. È un business pioneristico, ma considerato indispensabile anche dalla Commissione Europea.

TECHNOLOGY  di Luca Santese

Uno dei compiti della tecnologia dovrebbe essere quello di migliorare la qualità della vita e aiutare chi ne ha più necessità. Di recente, infatti, diverse aziende, enti pubblici, ospedali, università si sono impegnati nella ricerca di soluzioni che possano facilitare la vita delle persone portatrici di disabilità. Il progetto indaga come la tecnologia possa concretamente aiutare la diversità a diventare inclusione.

La ricerca punta sull’innovazione senza tralasciare l’aspetto artigianale ed artistico che caratterizza questa tipo di servizio nel quale i tecnici e gli artigiani si mettono in gioco quotidianamente per innovare i prodotti allo scopo principale di migliorare le condizioni esistenziale dei pazienti. Protesi a comando elettronico, protesi in silicone ad altissima fedeltà mimetica e protesi oculari sono solo alcuni dei prodotti presi in considerazione, con ritratti di persone che usufruiscono della tecnologia messa a disposizione in questo campo.

THROUGH THE LIGHT di Gabriele Micalizzi

La disuguaglianza tra etnie è un tema al centro dei conflitti che caratterizzano il complesso mondo contemporaneo in profonda trasformazione, in cui tutti tendiamo al cambiamento e alla ricerca di un futuro migliore. La differenza di valore umano tra persone appartenenti a culture diverse in realtà non esiste: essa è data solo dal punto di vista e dalla posizione culturale dalla quale ognuno di noi guarda gli altri. La ricerca sottolinea la necessità e la possibilità di una integrazione totale attraverso una serie di ritratti di persone dal colore della pelle molto diverso. L’elemento determinante, sia sul piano visivo che su quello simbolico, è la luce che diventa strumento per uniformare etnie differenti grazie al variare dell’esposizione fotografica.

I gradi di esposizione gradualmente impiegati, dalla sottoesposizione fino alla sovraesposizione, rivelano l’uguaglianza della diversità.

Cesura è un collettivo di fotografi indipendenti, guidati da Alex Majoli, un fotogiornalista contemporaneo italiano membro dell’agenzia Magnum. E’ una “bottega” della fotografia in cui gli allievi imparano un mestiere e sviluppano una propria cifra stilistica.

Alessandro Sala nasce a Milano nel 1981. Dopo essersi diplomato, inizia a lavorare presso lo studio fotografico Controluce di Milano. Contemporaneamente frequenta la John Kaverdash Academy. Nel 2006 inizia a collaborare con il fotogiornalista Alex Majoli con cui realizza importanti progetti espositivi e pone le basi per la creazione di Cesuralab, luogo di sperimentazione e diffusione della cultura fotografica nonché sede del collettivo. Tra le mostre principali: “Extremes: between Hedonism and Nostalgia in the XXI Century”, Spazio Maimeri, Milano 2009; “Inprint”, Spazio Gerra, Reggio Emilia 2010; “Top of Africa”, Zona K, Milano 2014; “Incanto”, Piazza del Biscione, Art Oasis, Petrosino 2015.

Arianna Arcara nasce a Monza nel 1984. Studia fotografia presso l’Istituto Europeo di Design dove ottiene una borsa di studio per il Milwaukee Institute of Art and Design. Inizia a lavorare come assistente per il fotografo Alex Majoli e nel 2008 è tra i fondatori di Cesura. Nel 2009 viene scelta nella ”Young Blood 09”, selezione annuale dei talenti italiani nel mondo. Nel 2010 vince il Premio Canon Giovani Fotografi con il progetto “Woodward Silence”. Sempre nel 2010 espone il suo lavoro “Found Photos in Detroit” a Le Bal di Parigi e nel 2011 al Kulturhuset di Stoccolma. Nel 2013 partecipa a “Plat(T)form 2013”, presso il Fotomuseum di Winterthur.

Luca Santese nasce a Milano nel 1985. Studia presso l’Istituto Statale d’Arte di Monza e l’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano. Nel 2008 inizia a lavorare con Alex Majoli ed è tra i fondatori di Cesura. Nel 2010 viene selezionato al World Press Photo con il progetto “Detroit 2009-2010” ed espone il progetto “Found Photos in Detroit” a Le Bal di Parigi. In seguito espone al  Kulturhuset di Stoccolma, alle OGR di Torino e al MoCP di Chicago. Nel 2011 pubblica il libro “Found Photos in Detroit” che riceve sette nomination come miglior libro fotografico dell’anno e viene incluso da Martin Parr e Garry Badger nel volume “Photobook: A History Vol III”, che raccoglie i migliori 200 libri fotografici pubblicati dopo la seconda guerra mondiale.

Gabriele Micalizzi nasce a Milano nel 1984. Dopo il Diploma in Fine Arts (ISA) e dopo aver frequentato la scuola d’Arti Applicate del Castello Sforzesco di Milano specializzandosi come illustratore, entra nel campo del fotogiornalismo lavorando per l’agenzia NewsPress di Milano. Nel 2008 è tra i fondatori di Cesura. Nel 2010 documenta le proteste delle “Camicie Rosse” a Bangkok e nel 2011 copre la primavera araba in Tunisia, Egitto e Libia. Dal 2008 svolge un progetto dedicato alla crisi di identità che sta vivendo l’Italia. Collabora con molte riviste nazionali e internazionali, tra le quali New York Times, New York Times Magazine, Herald Tribune, New Yorker, Newsweek, Espresso, D La Repubblica, La Repubblica, Internazionale, Panorama, Sportweek e Wall Street Journal.

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MEXICO. Magico vivere – Maurizio Galimberti

Pordenone – Due Piani

11 ottobre – 24 dicembre 2015

Per la prima volta vengono esposte in questa mostra gli scatti di Maurizio Galimberti, durante i suoi soggiorni a Città del Messico, sulle tracce degli artisti che hanno  contribuito a plasmare la cultura messicana del Novecento.
Esposizione a cura di Benedetta Donato

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HOMER SYKES -MY BRITAIN 1970-1980

SEPTEMBER 5 –OCTOBER 31, 2015

The work of the British photographer Homer Sykes (born in 1949) remains largely unknown in France. It was at the beginning of the 1970s that this Canadian-born photographer became a photojournalist. He freelanced for various magazines and newspapers, such as The Observer, The Telegraph, Time and Newsweek, covering conflicts in the Middle East and Northern Ireland. It wasn’t long however before Homer Sykes began to take an interest in his own country, in particular its typical customs and traditions. After the 2014 summer exhibition at the Maison de la Photographie Robert Doisneau in Gentilly, Les Douches la Galerie goes back over the 70’s and 80’s, two decades during which he was at the centre of everyday life, observing both the country’s folklore and transformations, as the United Kingdom traversed a period of crisis, its society racked by doubt and seeking to reinvent itself through a new pop-rock culture.

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MILANO STREET PHOTOGRAPHY

Uno spaccato della città di Milano catturato dall’occhio attento di un gruppo di fotografi che ha portato attenzione su differenti aspetti della grande metropoli.

La Street Photography ci concede di avere una visione sulla società contemporanea, vissuta dall’uomo e le relazioni tra uomo e uomo, e tra uomo e ambiente.

La città di Milano si presta a questa osservazione vorace di attimi che altrimenti si perderebbero nella storia, grazie al grande cambiamento che la sta caratterizzando.

Un appuntamento dedicato alla Street Photography milanese, prima edizione di una mostra fotografica che sarà proposta ogni anno a spazioRAW. Immagini scattate a Milano e realizzate appositamente per l’esposizione.

Mostra fotografica a cura di Sara Munari e Matteo Deiana.

Esposizione in calendario al Photofestival 2015 di Milano www.photofestival.it

Fotografi: Anna Brenna, Valerio Di Mauro, Angelo Ferrillo, Gabriele Lopez, Giovanni Tamanza.

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I 60 anni de L’Espresso

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“l’Espresso” compie sessant’anni e si mette in mostra al Vittoriano, nel cuore di Roma. Venerdì 2 ottobre si inaugura, nelle sale espositive dell’Altare della Patria, la mostra “La nostra storia. 60 anni in Italia e nel mondo attraverso le fotografie de l’Espresso”, a cura di Bruno Manfellotto.

Un corpus di circa 350 immagini tra foto esclusive dei più noti reporter, copertine storiche e disegni originali tratti dagli archivi del settimanale. Il tutto suddiviso in otto stanze tematiche, per raccontare l’evoluzione della società italiana nel contesto internazionale, dagli anni del boom economico fino all’età dei nuovi conflitti globali.

La mostra è arricchita da filmati provenienti dalle Teche Rai e da video-interviste con alcune grandi firme del giornale, Eugenio Scalfari, Giorgio Bocca, Camilla Cederna, Roberto Saviano. “La nostra storia” resterà aperta fino al 27 novembre.

“l’Espresso”, diretto da Luigi Vicinanza, fu fondato il 2 ottobre 1955 a Roma da Arrigo Benedetti, Eugenio Scalfari e un piccolo gruppo di giornalisti.

Anna