Ciao,
nuove bellissime mostre vi aspettano anche per il mese di luglio.
Fateci un giro!
E qua trovate tutte le mostre in corso sempre aggiornate!
Anna
Ciao,
nuove bellissime mostre vi aspettano anche per il mese di luglio.
Fateci un giro!
E qua trovate tutte le mostre in corso sempre aggiornate!
Anna
Ciao,
ecco le mostre che vi segnaliamo per il mese di marzo, in ITalia e all’estero.
Non perdetevele!
Anna
La Casa dei Tre Oci presenta la prima retrospettiva dedicata al grande Fulvio Roiter dopo la sua scomparsa, il 18 aprile 2016.
Promossa dalla Fondazione di Venezia in partenariato con Città di Venezia, la mostra ripercorre l’intera carriera fotografica di Fulvio Roiter, presentandosi come la più completa monografica mai realizzata sull’autore e la prima dopo la sua recente scomparsa. Un omaggio e un ricordo che la Casa dei Tre Oci ha voluto dedicare al fotografo che più di ogni altro ha legato l’immagine di Venezia al proprio nome.
L’esposizione, curata da Denis Curti, resa possibile grazie al prezioso contributo della moglie Lou Embo, farà emergere attraverso 200 fotografie, la maggior parte vintage, tutta l’ampiezza e l’internazionalità del lavoro di Fulvio Roiter, collocandolo tra i fotografi più significativi dei nostri giorni. Partendo dalle origini e dal caso che hanno determinato i primi approcci di Roiter alla fotografia, nel pieno della stagione neorealista, di cui il fotografo veneziano ha ereditato la finezza compositiva, il percorso racconta gli immaginari inediti e stupefacenti che rappresentano Venezia e la laguna, ma anche i viaggi a New Orleans, Belgio, Portogallo, Andalusia e Brasile.
L’allestimento si arricchisce di videoproiezioni, ingrandimenti spettacolari e una ventina di libri originali, che, oltre a visualizzare in pagina l’opera di Roiter, restituiscono anche la vastità di contributi critici dei tanti autori che hanno scritto sul suo lavoro, tra cui Andrea Zanzotto, Italo Zannier, Alberto Moravia, Ignazio Roiter, Fulvio Merlak, Gian Antonio Stella, Roberto Mutti, Giorgio Tani, Enzo Biagi.
Non manca il breve ma intenso ricordo della moglie Lou, riferito a quel primo incontro in Belgio, che fu la nascita di un rapporto umano e professionale lungo quarant’anni. Contenitore e veicolo ideale dell’opera artistica di Fulvio Roiter è stato infatti, sin dal principio, il libro fotografico. E la completa dedizione verso di esso ha portato l’autore a ricevere numerosissimi e importanti riconoscimenti come il prestigioso Premio Nadar, ottenuto nel 1956, con il libro Umbria. Terra di San Francesco, e il Grand Prix a Les Rencontres de la Photographie d’Arles, nel 1978, con Essere Venezia.
VENEZIA/TRE OCI 16.03 > 26.08.2018
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In mostra al Museo dell’Ara Pacis i 70 anni della Magnum Photos.
Le celebri immagini e gli storici reportage della più grande agenzia fotogiornalistica al mondo.
La mostra raccoglie parte del lavoro realizzato in tutti questi anni e getta uno sguardo nuovo e approfondito sulla storia e sull’archivio dell’Agenzia.
Le immagini celebri e i grandi reportage dei suoi autori permettono di comprendere in che modo e per quale motivo Magnum sia diventata diversa, unica e leggendaria.
Dal reportage sui lavoratori immigrati negli USA, realizzato da Eve Arnold negli anni Cinquanta, ai ritratti di “famiglia”, teneri e intimi, di Elliott Erwitt; dalle celebri immagini degli zingari di Josef Koudelka, fino alla toccante serie realizzata nel 1968 da Paul Fusco sul “Funeral Train”, il treno che trasportò la salma di Robert Kennedy nel suo ultimo viaggio verso il cimitero di Arlington, attraversando un’America sconvolta e dolente. E ancora, le serie più recenti dei nuovi autori di Magnum: dalla “Spagna Occulta” di Cristina Garcia Rodero, alle osservazioni antropologiche, sotto forma di fotografie, realizzate nel mondo da Martin Parr; dalla cruda attualità del Sud America documentato da Jérôme Sessini, fino al Mar Mediterraneo, tenebroso e incerto nelle notti dei migranti, fotografato da Paolo Pellegrin.
Il curatore, Clément Chéroux ha selezionato una serie di documenti rari e inediti, immagini di grande valore storico e nuove realizzazioni, per illustrare come Magnum Photos debba la sua eccellenza alla capacità dei fotografi di fondere arte e giornalismo, creazione personale e testimonianza del reale, verificando come il “fattore Magnum” continui a esistere e a rinnovare continuamente il proprio stile.
Il percorso espositivo è suddiviso in tre sezioni
La mostra è accompagnata da un libro edito da Contrasto.
07/02 – 03/06/2018 – Museo dell’Ara Pacis,Spazio espositivo Ara Pacis
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Steve McCurry è uno dei più grandi maestri della fotografia contemporanea, attivo da ormai quasi quarant’anni e punto di riferimento per un larghissimo pubblico che nelle sue fotografie riconosce un modo di guardare il nostro tempo.
Steve McCurry – Icons è una mostra che raccoglie in oltre 100 scatti l’insieme e forse il meglio della sua vasta produzione, per proporre ai visitatori un viaggio simbolico nel complesso universo di esperienze e di emozioni che caratterizza le sue immagini.
A partire dai suoi viaggi in India e poi in Afghanistan, da dove veniva Sharbat Gula, la ragazza che ha fotografato nel campo profughi di Peshawar in Pakistan e che è diventata una icona assoluta della fotografia mondiale.
Con le sue foto Steve McCurry ci pone a contatto con le etnie più lontane e con le condizioni sociali più disparate, mettendo in evidenza una condizione umana fatta di sentimenti universali e di sguardi la cui fierezza afferma la medesima dignità. Guardando le sue foto è possibile attraversare le frontiere e conoscere da vicino un mondo che è destinato a grandi cambiamenti.
La mostra inizia infatti con una straordinaria serie di ritratti e si sviluppa tra immagini di guerra e di poesia, di sofferenza e di gioia, di stupore e di ironia.
SCUDERIE DEL CASTELLO VISCONTEO DI PAVIA DAL 3 FEBBRAIO AL 3 GIUGNO 2018
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Il MAST Foundation for Photography Grant on Industry and Work è una competizione internazionale che giunge quest’anno alla quinta edizione, raccogliendo il testimone del concorso GD4PhotoArt.
L’iniziativa vuole dare voce alla ricerca fotografica delle nuove generazioni di artisti arricchendo l’offerta culturale della Fondazione MAST di spunti inediti legati agli sguardi dei giovani sui temi dell’industria, della tecnologia, del territorio e del lavoro.
Presentando i progetti dei fotografi finalisti, questa mostra è l’atto conclusivo della competizione 2018.
Mari Bastashevski, Sara Cwynar, Sohei Nishino e Cristóbal Olivares fanno luce su quattro realtà geografiche e umane che riflettono le rapidissime trasformazioni in atto nel mondo a livello economico e produttivo e le loro implicazioni ambientali, sociali, ed etiche nella vita di ciascuno di noi.
Dobbiamo continuamente prendere atto di quanto siano scarse le nostre conoscenze sul mondo della progettazione, dello sviluppo, della produzione, del marketing e della vendita di prodotti, di quanto sia limitata la circolazione di immagini provenienti da questi settori.
A grandi passi, la ricerca, la tecnologia e la finanza hanno reso astratto il nostro mondo. Tanto più importante ed essenziale diventa allora visualizzarlo: solo restituendolo attraverso le immagini possiamo tentare di seguirne i percorsi, di comprendere gli aspetti più radicali della digitalizzazione, l’apertura di nuovi ambiti, nuove conoscenze, nuovi materiali e nuovi modelli finanziari. E la comprensione del mondo è condizione primaria ed essenziale per l’esistenza di un cittadino adulto e responsabile in una società libera e democratica.
Dal 31/01 al 01/05/2018 – MAST Bologna
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Bringing together more than 80 pictures taken by American photographers from the 19th century to today, “(un)expected families” explores the definition of the American family—from the families we are born into to the ones we have chosen for ourselves. The works on view depict a wide range of relationships, including multiple generations, romantic unions, and alternative family structures. Using archival, vernacular, and fine art photographs, “(un)expected families” offers a variety of perspectives on the American family, from Dorothea Lange’s depiction of a migrant family at the time of the Dust Bowl to Louie Palu’s portraits of US Marines fighting in Afghanistan. The exhibition illustrates that the family has always taken diverse forms: affluent and destitute, cohesive and fractured, expected and unexpected. Taken together, the photographs challenge visitors to consider what family means to them. “(un)expected families” features celebrated practitioners like Nan Goldin, Carrie Mae Weems, LaToya Ruby Frazier, and Harry Callahan, as well as a number of renowned Boston-area artists, such as David Hilliard, Nicholas Nixon, Abe Morell, and Sage Sohier.
December 9, 2017 – June 17, 2018
Herb Ritts Gallery (Gallery 169) and Clementine Brown Gallery (Gallery 170) – Boston
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Riparte la stagione espositiva del Museo di Fotografia Contemporanea con la mostra STATI DI TENSIONE | Percorsi nelle collezioni. Il curatore Carlo Sala è stato invitato a “rileggere” i diversi fondi fotografici che costituiscono il patrimonio del Museo, creando un percorso espositivo di oltre ottanta lavori di autori italiani e stranieri e due interventi site-specific di giovani artisti contemporanei.
Il titolo della mostra richiama metaforicamente la tensione-trazione cui è sottoposta la società odierna di fronte a sfide e mutamenti epocali: dai cambiamenti climatici ai flussi migratori, alle insorgenze dei nuovi nazionalismi.
Il progetto espositivo al Mufoco vuole così proporre dialoghi inediti tra immagini, sia avvalorando le ragioni storiche che le hanno prodotte, sia innescando, mediante la loro collazione, interrogativi non previsti originariamente dagli autori e che possono essere un ideale centro di riflessione sul presente e sul passato, nonché sulla funzione politica e sociale dell’immagine.
La mostra è suddivisa in due capitoli, in cui il discorso avviato e sviluppato attraverso le opere presenti nelle collezioni viene concluso da un’installazione di artisti emergenti contemporanei, che costituiscono una sorta di chiave di lettura a ritroso del percorso e al contempo provocano un’inaspettata esplosione dei temi stessi.
La scelta di individuare un giovane curatore e di ospitare, in occasione della mostra, le opere di giovani artisti dà continuità a una politica avviata lo scorso anno e che a partire dal 2018 diventerà una consuetudine nella programmazione del Museo. Puntare sui giovani attraverso incontri, mostre e acquisizioni permette di riallacciare un dialogo con i fotografi e gli operatori, a cui il Museo si rivolge come luogo aperto di discussione e sperimentazione.
Autori in mostra: Marina Ballo Charmet, Olivo Barbieri, Gabriele Basilico, Letizia Battaglia, Lisetta Carmi, Vincenzo Castella, Paolo Ciregia, Mario Cresci, Paola Di Bello, Peter Fischli & David Weiss, Joan Fontcuberta, Leonard Freed, Jochen Gerz, Luigi Ghirri, Mario Giacomelli, Paolo Gioli, Paul Graham, Roni Horn, Francesco Jodice, Michi Suzuki, The Cool Couple, Arthur Tress, Klaus Zaugg.
18.02.2018 > 15.04.2018 – MUFOCO – Cinisello Balsamo (MI)
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Man Ray (born as Emmanuel Radnitzky in 1890 in Philadelphia, died in 1976 in Paris) has always been primarily received as a photographer. He achieved worldwide renown for his portraits of artists and his rayographs of the 1920s, produced without the use of a camera. However, Man Ray painted, drew, designed, made films and objects, wrote, invested his talents enthusiastically in typography, book and magazine design, and pursued a veritable career as experimental fashion photographer for Harper’s Bazaar and Vogue – thus providing enviable scope for Kunstforum to visualise all this in its exhibition. Man Ray exploited countless artistic media and techniques in an inventive and playful manner. In his autobiography, appearing in 1963, he wrote: “… the instrument did not matter – one could always reconcile the subject with the means and get a result that would be interesting (…) One should be superior to his limited means, use imagination, be inventive.”While Man Ray’s photography is omnipresent in every overview on Dadaism and Surrealism, until now only few people in the German-speaking regions have been aware of him as a universal artist. His artistic brinkmanship relates not only to very diverse media, but also the two art capitals of the twentieth century – Paris and New York, where Man Ray alternately lived. Kunstforum’s exhibition will be devoted to “the universal Man Ray” and critically address discourses that mark his oeuvre in general, such as the closeness and distance between male and female physicality and creativity and their enactment in his oeuvre; it will also show Man Ray as “friend to everyone who was anyone”, who associated in the most glamorous circles of society and thus as prototype of the artistic networker and catalyst.
A selection of 150 keyworks from all over the world, including painting, photography, objects, works on paper, collages and assemblages and experimental film, will help to map the outline of an enigmatic and complex artist personality who paved the way for modern and contemporary art, and – in congenial artistic complicity with Marcel Duchamp – laid groundwork for how and what we see as “art” today.
14.02. – 24.06.2018 – Bank Austria Kunstforum – Vienna
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La vita e l’opera di Vivian Maier sono circondate da un alone di mistero che ha contribuito ad accrescerne il fascino. Tata di mestiere, fotografa per vocazione, non abbandonava mai la macchina fotografica, scattando compulsivamente con la sua Rolleiflex. È il 2007 quando John Maloof, all’epoca agente immobiliare, acquista durante un’asta parte dell’archivio della Maier confiscato per un mancato pagamento. Capisce subito di aver trovato un tesoro prezioso e da quel momento non smetterà di cercare materiale riguardante questa misteriosa fotografa, arrivando ad archiviare oltre 150.000 negativi e 3.000 stampe. La mostra presenta 120 fotografie in bianco e nero realizzate tra gli anni ‘50 e ‘60 insieme a una selezione di immagini a colori scattate negli anni ‘70. Figura imponente ma discreta, decisa e intransigente nei modi, Vivian Maier ritraeva le città dove aveva vissuto – New York e Chicago – con uno sguardo curioso, attratto da piccoli dettagli, dai particolari, dalle imperfezioni ma anche dai bambini, dagli anziani, dalla vita che le scorreva davanti agli occhi per strada, dalla città e i suoi abitanti in un momento di fervido cambiamento sociale e culturale. Immagini potenti, di una folgorante bellezza che rivelano una grande fotografa. E sue fotografie non sono mai state esposte né pubblicate mentre lei era in vita, la maggior parte dei suoi rullini non sono stati sviluppati, Vivian Maier sembrava fotografare per se stessa. Osservando il suo corpus fotografico spicca la presenza di numerosi autoritratti, quasi un possibile lascito nei confronti di un pubblico con cui non ha mai voluto o potuto avere a che fare. Il suo sguardo austero, riflesso nelle vetrine, nelle pozzanghere, la sua lunga ombra che incombe sul soggetto della fotografia diventano un tramite per avvicinarsi a questa misteriosa fotografa. Vivian Maier. Una fotografa ritrovata presenta al pubblico l’enigma di un’artista che in vita realizzò un enorme numero di immagini senza mai mostrarle a nessuno e che ha tentato di conservare come il bene più prezioso. Come scrive Marvin Heiferman “Seppur scattate decenni or sono, le fotografie di Vivian Maier hanno molto da dire sul nostro presente. E in maniera profonda e inaspettata… Maier si dedicò alla fotografia anima e corpo, la praticò con disciplina e usò questo linguaggio per dare struttura e senso alla propria vita conservando però gelosamente le immagini che realizzava senza parlarne, condividerle o utilizzarle per comunicare con il prossimo. Proprio come Maier, noi oggi non stiamo semplicemente esplorando il nostro rapporto col produrre immagini ma, attraverso la fotografia, definiamo noi stessi”.
3 marzo – 27 maggio 2018 – Palazzo Pallavicini – Bologna
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Era quel genere di giornata da film noir a Milano. Il sole stava cercando di penetrare tra le nuvole che si muovevano veloci mentre noi cercavamo un lungo vicolo per lo studio di Kris. Ovviamente non c’era un numero civico – non c’era nemmeno il nome RUHS inciso nel metallo del grande portone industriale all’ingresso. Finalmente Kris uscì, si aggirava nei suoi abiti da lavoro come un personaggio dell’opera teatrale ‘Uomini e topi’ di John Steinbeck.
Siamo entrati, e lui rispose con il suo modo dolce di parlare, mentre noi ci complimentavamo per i disegni e le sculture che riempivano lo spazio, “La luce è bella qui dentro.” Il mio esposimetro segnava un’apertura di diaframma di appena f/ 2.8 ad 1/15. Mi venne in mente quando avevo fotografato Balthus nel suo studio in Svizzera, costruito direttamente nella terra. Lì, a malapena, sono riuscito a leggere il mio esposimetro.
Era abbastanza tardi quando arrivammo al club di boxe, ma non me ne accorsi nemmeno perché ero già occupato a fotografare i combattenti sul ring, che si tiravano feroci pugni l’uno l’altro, imprecando in italiano; come diceva Kris in modo rassicurante, “Non ti preoccupare, amerai la luce.”
Bruce Weber
Gli artisti spesso nascondono il loro processo creativo agli altri per proteggere un sistema, o una mentalità, o l’unicità della loro visione.
Alcuni artisti indossano veli di personalità impenetrabili che proteggono questo processo creativo mentre lavorano tra la folla. Altri evitano la folla mentre lavorano.
La necessità di non svelare la fonte della propria creatività rende difficile la collaborazione tra artisti. Ci vuole un alto livello di fiducia per permettere a un altro artista di guardare in questo mondo interiore. E la fiducia cresce solo nel tempo.
Kris Ruhs e Bruce Weber si sono incontrati decenni fa. E nel tempo sono diventati amici. Anni di cene e cartoline e storie circolate tra loro.
Nel 2003 Bruce ha visitato lo studio di Kris, nuovamente quindi nel 2011 e nel 2014, ha scattato una serie di fotografie. Una collaborazione tra artisti.
Questa mostra è la memoria di quei giorni e di questa amicizia.
21 febbraio 2018 – 8 aprile 2018 – Galleria Carla Sozzani – Milano
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Minor collisions è Londra, ma una Londra anti-turistica, lontana dai luoghi canonici. L’iconografia classica è tenuta a debita distanza, la città che ci appare è piuttosto un archetipo: la Grande Metropoli Occidentale. E le fotografie di David Wilson, più che desiderose di mostrare, sembrano voler occultare, o meglio di far solo intravedere un frammento di paesaggio che emerge al di là di un muro, di una rete. Gli edifici non sono quasi mai frontali. Le facciate sono quasi sempre laterali o posteriori. Lo sguardo è quasi sempre diagonale o bloccato. Un tema leopardiano: la siepe che ferma lo sguardo e lascia immaginare o intravedere a volta il nulla, altre volte veri e propri idilli moderni, come la giostra a forma di stella che ritorna alla fine del libro nelle vesti di origami spezzato in una pozzanghera.
Spazi intravisti e spazi interstiziali: in modo ossessivo lo sguardo si sofferma sulle aperture tra una zona pianificata e l’altra, lì dove restano fette di città che sfuggono all’attenzione dell’urbanista e dell’amministrazione del territorio: disadorne e squallide, ma anche elementi di resistenza. Qui spesso compaiono i bambini, sempre intenti a giocare o ad approfittare della mancanza di controllo, e alcuni elementi biologici: piante che mostrano strane escrescenze fuori misura, animali al pascolo placidamente riconciliati o in inquieti stormi di fronte a ricordi di incendi.
Gli adulti invece sono quasi sempre di spalle, i loro sguardi sono divergenti. Spesso appaiono in situazioni incongrue e quasi ridicole, come incapaci di funzionare a dovere, immobili (o intenti a reiterare lo stesso movimento) come automi dal meccanismo inceppato. Gli animali e i bambini sembrano i soli a loro agio nel loro spazio.
Non c’è in queste foto alcuna pretesa di spiegare un luogo difficilmente riassumibile in una sequenza di fotografie: il tentativo è piuttosto quello di trasmettere uno straniamento, percepibile nel confronto tra la normalità dei gesti e il contesto in cui vanno a collocarsi. La distanza e lo spazio diventano l’unità di misura di uno sforzo, quello di mantenere un ordine impossibile. Uno sforzo che tuttavia procede con un’energia identica a quella espressa dalle forze che ad esso si oppongono, producendo una sorta di precaria e bellicosa immobilità, o di attesa. La critica verso la prepotenza con cui l’uomo cerca di assumere il controllo dell’ambiente che lo circonda si ferma nel momento in cui riconosce che sarà l’uomo stesso, in ultimo, a doversi adeguare a un sistema di regole non scardinabile, ma che è possibile solo assecondare e fare proprio.
Baretto Beltrade, Milano – 2 marzo 2018 – 28 aprile 2018
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di Gianluca
Il Museo di Fotografia Contemporanea, inaugurato nel 2004, ha sede presso la Villa Ghirlanda, che è un complesso seicentesco situato nel centro storico di Cinisello Balsamo in provincia di Milano ed è l’unico museo pubblico in Italia dedicato alla fotografia.
La struttura, si legge sul sito, opera nel campo della conservazione, catalogazione, studio e divulgazione della fotografia, con particolare accento sulle trasformazioni tecnologiche in corso e sul rapporto fra la fotografia e le altre discipline espressive.
I servizi offerti dal Museo comprendono Attività educative, Visite guidate, una Biblioteca a disposizione del pubblico il sabato pomeriggio e su appuntamento dal martedì al venerdì, Mediateca, un Archivio con le collezioni fotografiche che sono liberamente consultabili on-line o presso l’angolo multimediale, Sala conferenze e Bookshop.
L’archivio è molto ricco, con oltre 2 milioni di opere fotografiche di circa 600 autori, ed è consultabile anche on-line a questo link Collezioni
Sono andato a visitare il Museo poco dopo la fine della prima edizione di Milano PhotoWeek e per l’occasione Il Museo ha selezionato alcuni progetti costituiti da una sequenza di immagini, mai mostrati nella loro totalità, dal titolo “Collezione permanente | Serie”, cioè alcune serie fotografiche di importanti autori italiani e stranieri conservate nella propria collezione.
La mostra dispone le opere secondo alcune grandi tematiche. Nella sala al primo piano sono esposte alcune ricerche sul corpo – dal reportage sociale alla Body Art – affiancate da serie più legate all’astratto, nelle diverse forme di sperimentazione. La sala al piano superiore presenta progetti legati al paesaggio, inteso sia in senso stretto come territorio sia nel senso più ampio di ambiente sociale, luogo anche simbolico di ricerca visiva e ibridazione dei linguaggi.
Le serie in mostra:
Olivo Barbieri, Flippers, 1977-1978;
Marina Ballo Charmet, Vignate, 1994;
Günter Brus, Ana, I, 1964
Ezio Colanzi, Spazio vuoto, 1998-2001;
Mario Cresci, Un po’ di terra in cielo un po’ di cielo in terra, 1973;
Gilbert Fastenaekens, Nocturne, 1980-1982;
Luigi Gariglio, 2 a.m. A Family Business Society, Finlandia 2006;
Mario Giacomelli, Verrà la morte e avrà i tuoi occhi, 1981-1983;
Paul Graham, Untitled, 1998;
Tancredi Mangano, In urbe, 2001;
Floris Neusüss, Fotogramm, 1965-1969;
Alessandra Spranzi, Il Velo, 2007;
Hans Van der Meer, European fields. The Landscape of Lower League Football, 1996-2005.
Vi metto alcune foto che ho scattato durante la visita, sperando di invogliarvi a visitare il Museo per chi ancora non c’è stato. L’ingresso è libero.
FONDAZIONE MUSEO DI FOTOGRAFIA CONTEMPORANEA
Villa Ghirlanda, via Frova 10
20092 Cinisello Balsamo – Milano Italia
Tel +39 02.6605661
Fax +39 02.6181201
Email info@mufoco.org
Sito web www.mufoco.org
Biblioteca
Tel 02 66056628
Email biblioteca@mufoco.org
Archivio
Tel 02 66056635
Email m.cerletti@mufoco.org
Web mfc.itc.cnr.it
Visite guidate
Tel 02 66056631
Email servizioeducativo@mufoco.org
Buona visita!
Gianluca
Venerdì 25 settembre, dalle 17.00 alle 19.00, inaugurazione della mostra “Steve McCurry. Icons and Women“, presso i Musei San Domenico. La mostra resterà aperta fino al 10 gennaio 2016.
Percorso di scoperta che progressivamente si concentra su un universo pienamente femminile, che ci viene incontro con i suoi sguardi e ci coinvolge con la sua dimensione collettiva in una sorta di girotondo dove si mescolano età, culture, etnie.
La nuova mostra di Steve McCurry, che, con le sue immagini più conosciute, insieme ad alcuni lavori recenti e diverse foto non ancora pubblicate nei suoi numerosi libri, propone un viaggio intorno all’uomo, in una inedita declinazione al femminile.
Il punto di arrivo è infatti il ritratto di Shabrat Gula, la “Ragazza Afghana” simbolo della speranza di una pace che sembra impossibile in una parte del mondo agitata da guerre ed esodi di massa, e ritrovata da McCurry dopo vent’anni, ancora in un campo profughi in Pakistan.
La rassegna comprende oltre 180 foto di vari formati, selezionate da Biba Giacchetti insieme a Steve McCurry, ed è completata da un’audioguida nella quale il grande fotografo racconta in prima persona le sue foto, con aneddoti e appassionanti testimonianze.
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Quattro storie contemporanee – Fotografie del collettivo Cesura a cura di Roberta Valtorta e Diletta Zannelli
20 settembre – 31 gennaio 2016
Museo di Fotografia Contemporanea – Cinisello Balsamo – Milano
Il Museo di Fotografia Contemporanea presenta una mostra dedicata al tema diversità/inclusione attraverso quattro ricerche del collettivo di fotografi indipendenti Cesura.
L’iniziativa è organizzata in collaborazione con RS Components, un’azienda che ha fatto della responsabilità sociale d’impresa un tratto distintivo della propria identità.
Le quattro storie raccontate da Arianna Arcara, Gabriele Micalizzi, Alessandro Sala, Luca Santese, del collettivo Cesura, sono profondamente attuali, toccano problemi importanti della nostra complessa società contemporanea, affrontano il tema delicato della capacità di cambiare se stessi e il mondo che ci circonda attraverso scelte precise e comportamenti improntati alla civiltà e al rispetto degli altri.
Nella mostra al Museo di Fotografia Contemporanea i quattro lavori sono installati nella sala espositiva principale. Nella sala più piccola, invece, una presentazione dell’intero progetto e materiali informativi su RS Components e sui progetti che il Museo da anni porta avanti con l’azienda.
LA BUONA POLITICA di Alessandro Sala
Come è possibile ottenere risultati significativi puntando su valori come la tutela del territorio, la legalità, la cultura e l’arte, il turismo sostenibile, l’accoglienza, praticando la buona politica e creando integrazione in un territorio abbandonato?
Gaspare Giacalone ci è riuscito. Nato a Petrosino, in provincia di Trapani, ma vissuto tra Londra e New York come manager della banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo, ha lasciato un lavoro di prestigio per investire il proprio tempo nella sua terra di nascita.
Eletto sindaco, non si è fatto sottomettere dai poteri forti dell’imprenditoria del cemento e ha lottato insieme a tutti i suoi cittadini per salvare la spiaggia della Torrazza. Dopo aver vinto questa battaglia, sta lottando contro la costruzione di un parco eolico a sole 2 miglia dalla costa, progetto che vanificherebbe gli sforzi in direzione del turismo sostenibile intrapresi dall’amministrazione.
TERRE RARE di Arianna Arcara
Il binomio donne e tecnologia è una formula vincente per uno sviluppo sostenibile e un rinnovamento sociale e culturale del nostro Paese, tanto che è stato istituito il premio internazionale “Le technovisionarie”, parte integrante del palinsesto Expo Women Global Forum. Il premio è attribuito ogni anno a donne che nella loro attività professionale hanno testimoniato di saper privilegiare l’impatto sociale, la trasparenza nei comportamenti e l’etica.
Biniana Ferrari, 52 anni e due figlie, ha vinto questo premio. La tecnologia che la sua azienda – Relight – ha ideato è unica in Europa: ricicla rifiuti hi-tech estraendo dai vecchi smartphone, tablet, computer e lampadine al neon alcuni elementi chimici estremamente preziosi per le aziende di elettronica. Si tratta delle cosiddette Terre Rare che, come suggerisce il nome, non sono facili da reperire. È un business pioneristico, ma considerato indispensabile anche dalla Commissione Europea.
TECHNOLOGY di Luca Santese
Uno dei compiti della tecnologia dovrebbe essere quello di migliorare la qualità della vita e aiutare chi ne ha più necessità. Di recente, infatti, diverse aziende, enti pubblici, ospedali, università si sono impegnati nella ricerca di soluzioni che possano facilitare la vita delle persone portatrici di disabilità. Il progetto indaga come la tecnologia possa concretamente aiutare la diversità a diventare inclusione.
La ricerca punta sull’innovazione senza tralasciare l’aspetto artigianale ed artistico che caratterizza questa tipo di servizio nel quale i tecnici e gli artigiani si mettono in gioco quotidianamente per innovare i prodotti allo scopo principale di migliorare le condizioni esistenziale dei pazienti. Protesi a comando elettronico, protesi in silicone ad altissima fedeltà mimetica e protesi oculari sono solo alcuni dei prodotti presi in considerazione, con ritratti di persone che usufruiscono della tecnologia messa a disposizione in questo campo.
THROUGH THE LIGHT di Gabriele Micalizzi
La disuguaglianza tra etnie è un tema al centro dei conflitti che caratterizzano il complesso mondo contemporaneo in profonda trasformazione, in cui tutti tendiamo al cambiamento e alla ricerca di un futuro migliore. La differenza di valore umano tra persone appartenenti a culture diverse in realtà non esiste: essa è data solo dal punto di vista e dalla posizione culturale dalla quale ognuno di noi guarda gli altri. La ricerca sottolinea la necessità e la possibilità di una integrazione totale attraverso una serie di ritratti di persone dal colore della pelle molto diverso. L’elemento determinante, sia sul piano visivo che su quello simbolico, è la luce che diventa strumento per uniformare etnie differenti grazie al variare dell’esposizione fotografica.
I gradi di esposizione gradualmente impiegati, dalla sottoesposizione fino alla sovraesposizione, rivelano l’uguaglianza della diversità.
Cesura è un collettivo di fotografi indipendenti, guidati da Alex Majoli, un fotogiornalista contemporaneo italiano membro dell’agenzia Magnum. E’ una “bottega” della fotografia in cui gli allievi imparano un mestiere e sviluppano una propria cifra stilistica.
Alessandro Sala nasce a Milano nel 1981. Dopo essersi diplomato, inizia a lavorare presso lo studio fotografico Controluce di Milano. Contemporaneamente frequenta la John Kaverdash Academy. Nel 2006 inizia a collaborare con il fotogiornalista Alex Majoli con cui realizza importanti progetti espositivi e pone le basi per la creazione di Cesuralab, luogo di sperimentazione e diffusione della cultura fotografica nonché sede del collettivo. Tra le mostre principali: “Extremes: between Hedonism and Nostalgia in the XXI Century”, Spazio Maimeri, Milano 2009; “Inprint”, Spazio Gerra, Reggio Emilia 2010; “Top of Africa”, Zona K, Milano 2014; “Incanto”, Piazza del Biscione, Art Oasis, Petrosino 2015.
Arianna Arcara nasce a Monza nel 1984. Studia fotografia presso l’Istituto Europeo di Design dove ottiene una borsa di studio per il Milwaukee Institute of Art and Design. Inizia a lavorare come assistente per il fotografo Alex Majoli e nel 2008 è tra i fondatori di Cesura. Nel 2009 viene scelta nella ”Young Blood 09”, selezione annuale dei talenti italiani nel mondo. Nel 2010 vince il Premio Canon Giovani Fotografi con il progetto “Woodward Silence”. Sempre nel 2010 espone il suo lavoro “Found Photos in Detroit” a Le Bal di Parigi e nel 2011 al Kulturhuset di Stoccolma. Nel 2013 partecipa a “Plat(T)form 2013”, presso il Fotomuseum di Winterthur.
Luca Santese nasce a Milano nel 1985. Studia presso l’Istituto Statale d’Arte di Monza e l’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano. Nel 2008 inizia a lavorare con Alex Majoli ed è tra i fondatori di Cesura. Nel 2010 viene selezionato al World Press Photo con il progetto “Detroit 2009-2010” ed espone il progetto “Found Photos in Detroit” a Le Bal di Parigi. In seguito espone al Kulturhuset di Stoccolma, alle OGR di Torino e al MoCP di Chicago. Nel 2011 pubblica il libro “Found Photos in Detroit” che riceve sette nomination come miglior libro fotografico dell’anno e viene incluso da Martin Parr e Garry Badger nel volume “Photobook: A History Vol III”, che raccoglie i migliori 200 libri fotografici pubblicati dopo la seconda guerra mondiale.
Gabriele Micalizzi nasce a Milano nel 1984. Dopo il Diploma in Fine Arts (ISA) e dopo aver frequentato la scuola d’Arti Applicate del Castello Sforzesco di Milano specializzandosi come illustratore, entra nel campo del fotogiornalismo lavorando per l’agenzia NewsPress di Milano. Nel 2008 è tra i fondatori di Cesura. Nel 2010 documenta le proteste delle “Camicie Rosse” a Bangkok e nel 2011 copre la primavera araba in Tunisia, Egitto e Libia. Dal 2008 svolge un progetto dedicato alla crisi di identità che sta vivendo l’Italia. Collabora con molte riviste nazionali e internazionali, tra le quali New York Times, New York Times Magazine, Herald Tribune, New Yorker, Newsweek, Espresso, D La Repubblica, La Repubblica, Internazionale, Panorama, Sportweek e Wall Street Journal.
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Pordenone – Due Piani
11 ottobre – 24 dicembre 2015
Per la prima volta vengono esposte in questa mostra gli scatti di Maurizio Galimberti, durante i suoi soggiorni a Città del Messico, sulle tracce degli artisti che hanno contribuito a plasmare la cultura messicana del Novecento.
Esposizione a cura di Benedetta Donato
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SEPTEMBER 5 –OCTOBER 31, 2015
The work of the British photographer Homer Sykes (born in 1949) remains largely unknown in France. It was at the beginning of the 1970s that this Canadian-born photographer became a photojournalist. He freelanced for various magazines and newspapers, such as The Observer, The Telegraph, Time and Newsweek, covering conflicts in the Middle East and Northern Ireland. It wasn’t long however before Homer Sykes began to take an interest in his own country, in particular its typical customs and traditions. After the 2014 summer exhibition at the Maison de la Photographie Robert Doisneau in Gentilly, Les Douches la Galerie goes back over the 70’s and 80’s, two decades during which he was at the centre of everyday life, observing both the country’s folklore and transformations, as the United Kingdom traversed a period of crisis, its society racked by doubt and seeking to reinvent itself through a new pop-rock culture.
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Uno spaccato della città di Milano catturato dall’occhio attento di un gruppo di fotografi che ha portato attenzione su differenti aspetti della grande metropoli.
La Street Photography ci concede di avere una visione sulla società contemporanea, vissuta dall’uomo e le relazioni tra uomo e uomo, e tra uomo e ambiente.
La città di Milano si presta a questa osservazione vorace di attimi che altrimenti si perderebbero nella storia, grazie al grande cambiamento che la sta caratterizzando.
Un appuntamento dedicato alla Street Photography milanese, prima edizione di una mostra fotografica che sarà proposta ogni anno a spazioRAW. Immagini scattate a Milano e realizzate appositamente per l’esposizione.
Mostra fotografica a cura di Sara Munari e Matteo Deiana.
Esposizione in calendario al Photofestival 2015 di Milano www.photofestival.it
Fotografi: Anna Brenna, Valerio Di Mauro, Angelo Ferrillo, Gabriele Lopez, Giovanni Tamanza.
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“l’Espresso” compie sessant’anni e si mette in mostra al Vittoriano, nel cuore di Roma. Venerdì 2 ottobre si inaugura, nelle sale espositive dell’Altare della Patria, la mostra “La nostra storia. 60 anni in Italia e nel mondo attraverso le fotografie de l’Espresso”, a cura di Bruno Manfellotto.
Un corpus di circa 350 immagini tra foto esclusive dei più noti reporter, copertine storiche e disegni originali tratti dagli archivi del settimanale. Il tutto suddiviso in otto stanze tematiche, per raccontare l’evoluzione della società italiana nel contesto internazionale, dagli anni del boom economico fino all’età dei nuovi conflitti globali.
La mostra è arricchita da filmati provenienti dalle Teche Rai e da video-interviste con alcune grandi firme del giornale, Eugenio Scalfari, Giorgio Bocca, Camilla Cederna, Roberto Saviano. “La nostra storia” resterà aperta fino al 27 novembre.
“l’Espresso”, diretto da Luigi Vicinanza, fu fondato il 2 ottobre 1955 a Roma da Arrigo Benedetti, Eugenio Scalfari e un piccolo gruppo di giornalisti.
Anna
«Non mi ha mai interessato la fotografia, ma le immagini.
Credo che il mio lavoro inizi laddove finisce la fotografia»
Olivo Barbieri
Ecco le mostre da non perdere in questo periodo.
Wildlands and Cityscapes, Luca Campigotto in mostra a Roma
La Galleria del Cembalo, in collaborazione con Bugno Art Gallery, apre al pubblico dal 28 marzo al 27 giugno 2015 una mostra dedicata alla fotografia di paesaggio di Luca Campigotto, proponendo un confronto tra spettacolari scenari naturali e contesti profondamente urbanizzati, spesso ripresi di notte. “Amo la dimensione eroica dei paesaggi. La forza spudorata delle atmosfere, la bellezza delle luci. Rimesto in un confuso immaginario mitico e fisso il mio stesso stupore. Determinato a inseguire la meraviglia”, scrive Luca Campigotto. Quelle di Campigotto sono fotografie di un viaggiatore che rivive le emozioni vissute nei racconti di altri grandi viaggiatori del passato, alternate, o sovrapposte, alle suggestioni immaginifiche del cinema e dei fumetti. Dallo Stretto di Magellano alle sconfinate pianure della Patagonia, dal Marocco alla Strada degli Eroi sul Monte Pasubio, dall’isola di Pasqua ai ghiacci della Lapponia – Campigotto presenta la quiete e la dimensione contemplativa di luoghi appartati e selvaggi. L’intensità delle luci proietta scenari scabri e severi in vedute eroiche, trasformando ogni prospettiva documentaria in lettura poetica. Le immagini evocano lo spirito dei luoghi e, con intensità quasi catartica, ci ricordano l’urgenza di un’autentica coscienza ecologica. Le fotografie di New York e Chicago, invece, si fondono in una Gotham City ricostruita dalla memoria, spesso intrisa di una luce vitrea e di un’atmosfera a volte smagliante di colori vivaci, altre volte avviluppata in sfumature tenui. Come in un viaggio sentimentale e visionario, dai ponti sull’East River all’Empire State Building, dalla metropolitana sopraelevata al teatro “Chicago”, ognuna di queste immagini scintillanti sembra lo scenario di un film. La mostra Wildlands and Cityscapes si inaugura in concomitanza con la presentazione in Campidoglio del libro Roma. Un impero alle radici dell’Europa (edito da FMR) e dell’esposizione, presso l’Istituto Nazionale della Grafica, di una selezione di fotografie di Luca Campigotto tratte dal volume.
Qui tutte le info
ICONIC GEOGRAPHY – In mostra a Roma le immagini fotografiche di Andreana Scanderbeg e Alexander Sauer
Ambiguo, derivazione dal latino ambigĕre: un doppio senso che può essere variamente interpretato, perciò non chiaro, equivoco, di significato incerto. D’altro canto però dubbio e incertezza ci stimolano ad attivare un comportamento critico su ciò che ci viene incontro e così, positivamente, ci aiutano a migliorare la nostra comprensione.
Per alcune analogie e motivi che svilupperemo in seguito, la mostra fotografica Iconic Geography degli autori Andreana Scanderbeg e Alexander Sauer proposta presso lo spazio espositivo Anteprima D’Arte Contemporanea di Roma a cura di Camilla Boemio, ci sostiene nel percorrere delle riflessioni proprio sulla questione delle doppie identità.
Ed eccone una prima: entrando nella sede dello spazio espositivo ci accorgiamo di essere in uno studio di avvocati al cui interno sono dedicate due sale espositive alla mostra in questione. In tutto vi sono ospitate dieci immagini fotografiche, sei nella prima, quattro nella seconda, tutte di grande formato e attraverso le quali ci addentriamo nella ricerca degli autori. Aerei in rottamazione abbandonati in luoghi sperduti e desertici; impianti industriali che ridisegnano con le loro strutture i paesaggi in cui sono inseriti; grandi sale con pannelli di controllo di sofisticata tecnologia dove non c’è più posto per la presenza umana; uno scalo ferroviario illuminato da luci artificiali ha l’aspetto di un grafico intreccio di ferro e acciaio immerso nelle tenebre; una prospettiva su un incrocio stradale di una città asiatica dove auto e persone sono congelate nell’istante come i palazzi che li circondano.
La luce, naturale o artificiale, viene colta dai due autori con sapiente sensibilità per restituirci immagini algide, tecnicamente ineccepibili: osserviamo nel dettaglio particolari infinitesimali, pur trattandosi perlopiù di scorci di ampio respiro e di paesaggi. Nel testo che accompagna la mostra, ci imbattiamo in chiari segnali di come sussistano doppi aspetti legati alla lettura del lavoro di Scanderbeg e Sauer. Se da un lato queste fotografie esaltano l’operosità e il progresso umano, dall’altro ce ne consegnano una prospettiva decisamente dirompente sugli equilibri e gli spazi che si trovano ad occupare e a condividere. E non solo con le persone che vi abitano.
Un’altra questione ambivalente è posta sul come prendere in considerazione questo tipo di lavoro che, in questo caso, ha impegnato gli autori nell’ultimo decennio. Infatti viene evidenziato che le immagini esposte erano per lo più destinate a rappresentare e a descrivere le varie attività aziendali e commerciali delle società che ne facevano richiesta. Mentre ora possono essere considerate anche di ricerca e quindi poste sul mercato del collezionismo d’arte. E’ qui evidente la forte ambiguità dell’argomento in questione: sarà allora utile quel dubbio e quell’incertezza che aiuta ognuno di noi ad osservare in maniera critica ciò che ci viene incontro, proprio per cercare di migliorare la nostra comprensione. Possiamo pensare allora, oltre le nostre individuali valutazioni sulle opere, che è l’ambiguità (ma potremmo considerarla anche una coerenza) del mercato dell’arte, all’interno delle proprie aspettative, a sancirne una determinata collocazione.
Una riflessione è stimolata dall’accostamento che viene fatto, a proposito di queste immagini fotografiche, con il lavoro cinematografico di Michelangelo Antonioni e più precisamente con il film Deserto Rosso. Che vi sia in Scanderbeg e Sauer un parallelismo immaginativo che prende spunto dal potente sguardo di Antonioni è evidente, e questo dimostra di quanto è forte, a tutt’oggi, l’impatto visionario del regista italiano sui fotografi e i cineasti contemporanei.
Andreana Scanderbeg è nata nel 1969 a Los Angeles, ha conseguito un diploma in comunicazione oltre a quello in economia; Alexander Sauer è nato nel 1971 a Francoforte sul Meno e ha studiato fotografia a Monaco. Vivono a Zurigo, dal 2005 collaborano con aziende e industrie documentando le loro attività anche in luoghi impervi e sperduti del mondo. Tra le varie esposizioni citiamo la partecipazione a VOLTA, fiera d’arte, nel 2014 a Basilea.
INFORMAZIONI Andreana Scanderbeg e Alexander Sauer – Iconic Geography / A cura di Camilla Boemio Dal 25 febbraio al 5 maggio 2015 Anteprima D’Arte Contemporanea / Piazza Mazzini 27 (Scala A, terzo piano), Roma / tel: +06.37500282 / info@anteprimadartecontemporanea.it Orario: martedì – venerdì / sabato su appuntamento
SUL WEB Il sito di Andreana Scanderbeg e Alexander Sauer Anteprima D’Arte Contemporanea, Roma Le immagini contenute nell’articolo sono © Andreana Scanderbeg e Alexander Sauer
Elliott Erwitt. Retrospective a Lucca
A cura di Maurizio Vanni
In collaborazione con MAGNUM PHOTOS
Una produzione di MVIVA
dal 18 Aprile al 30 Agosto 2015
Che cosa significa raccontare la storia di un grande fotografo attraverso 136 scatti legati a oltre 60 anni di carriera? Ripercorrerne la vita, intercettare le sue passioni, percepire la sua filosofia esistenziale e comprenderne la grandezza attraverso la professionalità e l’originalità dei suoi scatti. Pur avendo avuto come mentori Robert Capa, Edward Steichen e Roy Stryker, la fotografia di Erwitt ha assunto uno stile proprio, al tempo stesso intimista, ironico, sorprendente, certe volte impertinente e dolcemente irriverente, ma sempre tecnicamente impeccabile. Anche gli scatti più evocativi, però, sono legati all’occasionalità del momento, al qui e ora di un luogo e di un tempo, al sorriso spontaneo di fronte a una scena atipica o a un ossimoro visivo. Tutti i suoi lavori sono stati filtrati dall’emisfero destro del cervello, tutte le sue immagini sono frutto di un’elaborazione cerebrale istantanea che, attraverso un generoso utilizzo di più scatti, bloccano un momento che colpisce la sua attenzione creativa. Tra tutti i negativi ce n’è sempre uno che corrisponde a un compiuto equilibrio tra struttura compositiva e visione. “Tutte le immagini dovrebbero essere – afferma Erwitt rispondendo a una domanda di Angela Madesani –, se non perfette, per lo meno bilanciate, graficamente e geograficamente corrette. La composizione è assolutamente fondamentale e basilare per qualsiasi fotografia”. Non deve sorprendere la sua dimestichezza con il mondo del cinema: a New York frequenta corsi di cinematografia alla New School for Social Research e, successivamente, si trasferisce a Hollywood dove starà sul set di molti film. Erwitt dichiarerà più volte di amare il cinema neorealista italiano, che considera tuttora il migliore, e di aver imparato molto dalle pellicole di Rossellini e Visconti, o quantomeno di aver cercato illuminazione dal bianco e nero e dal “realismo senza artificio”. “Un professionista per mestiere e un dilettante per vocazione” che ama la sottile ironia: il senso dell’umorismo è qualcosa di innato in un fotografo. È possibile affinare la tecnica, educare il senso estetico e compositivo, ma di certo non si può migliorare l’acutezza percettiva, la sagacia di spirito, la fantasia e l’estro intellettivo che determina la creazione di scatti unici. Erwitt, oltre ad avere una fervida immaginazione, possiede una grande capacità di osservare le persone, gli animali, le cose e la vita attraverso ironia e disincanto, perspicacia e intelligenza, spirito ludico e raffinatezza mentale. Potremmo parlare di ironia esistenziale che corrisponde al desiderio di prendere le distanze dal consueto e dal convenzionale per concepire un confine tra se stesso e tutte le cose che lo circondano.
Biglietto Intero: 9€ Biglietto Ridotto: 7€ Da martedi alle domenica dalle 10 alle 19 La biglietteria è aperta fino ad un’ora prima della chiusura Lunedì chiuso
Racconti privati. Interni 1967-1978. Mario Cresci a Cinisello Balsamo
FOTOGRAFIE DI MARIO CRESCI DALLE COLLEZIONI DEL MUSEO DI FOTOGRAFIA CONTEMPORANEA a cura di Roberta Valtorta inaugurazione: sabato 14 marzo ore 17, fino al 6 settembre 2015 La mostra presenta una selezione di fotografie realizzate da Mario Cresci tra Tricarico e Barbarano Romano nel periodo 1967-1978, quando viveva in Basilicata. Nato a Chiavari nel 1942, Cresci si forma al Corso Superiore di Industrial Design di Venezia. Tra il 1966 e il 1967 con il gruppo di urbanistica Il Politecnico, nato a Venezia intorno al sociologo Aldo Musacchio, scende a Tricarico, un paese in provincia di Matera. Il progetto è la realizzazione del piano regolatore del paese e il compito di Cresci è quello di occuparsi della grafica degli elaborati e del rilevamento fotografico degli ambienti, degli oggetti e di tutti gli aspetti della vita sociale e produttiva della comunità. E’ il tempo in cui sociologi e intellettuali calano nel Mezzogiorno, riscoperto alla luce delle narrazioni di Carlo Levi e delle ricerche antropologiche di Ernesto De Martino. Dopo questo primo viaggio e dopo alcuni spostamenti, tra 1968 e 1969, fra Roma, Parigi, Milano, Cresci torna in Basilicata e stabilisce la sua casa a Matera, fino al 1988, quando si trasferisce a Milano, e successivamente a Bergamo. La lunga permanenza in Basilicata gli permette di lavorare sui concetti di territorio, memoria, archivio, temi che intreccia in modo “naturale” alle questioni del progetto, dei linguaggi espressivi, della visione, centrali nella sua opera. Nel 1967 realizza la serie Ritratti mossi (ripresa poi nel 1974), figure in interni i cui volti cancella attraverso il mosso fotografico. Mentre gli oggetti e i luoghi risultano a fuoco e quindi sono descrivibili, le persone si presentano illeggibili: Cresci, appena arrivato, tenta un racconto delle loro identità attraverso i dati fisici dell’ambiente. Tra il 1967 e il 1972 realizza la serie Ritratti reali, riprese di gruppi familiari che posano in interni tenendo in mano fotografie dei loro antenati. Il rapporto fra lo sguardo delle persone riprese e lo sguardo degli antenati rappresentati nelle fotografie crea un corto circuito tempo reale-memoria. Per Cresci Ritratti reali è un lavoro di “verifica” sul sociale e contemporaneamente su se stesso: infatti si autoritrae mentre tiene in mano le fotografie dei suoi antenati. Fra il 1978 e il 1979 realizza un’ampia serie di ritratti in interni a Barbarano Romano, sempre annullando la fisionomia delle persone attraverso il mosso, e sempre comprendendo anche se stesso fra queste persone. Si tratta di lavori nei quali l’identità dell’individuo e della comunità viene letta attraverso gli oggetti e gli arredi della casa. Scrive: “Mi ha sempre affascinato il rapporto degli oggetti con le persone, soprattutto quelli d’uso, appartenenti alla cultura materiale dell’uomo, quelli della sua storia: dagli utensili più semplici a quelli più complessi, sino ad arrivare alle forme più evolute del design contemporaneo”. Mario Cresci è un indiscusso maestro della fotografia e del graphic design contemporaneo. La sua vasta opera, caratterizzata da una grande libertà di sperimentazione, vede intrecciarsi molti elementi: l’analisi della percezione visiva, la fotografia,il graphic design, il disegno, l’indagine antropologica, lo studio del paesaggio e dei luoghi dell’arte, l’installazione e l’opera site specific. Grande indagatore dei codici del linguaggio visivo e dei materiali e concetti dell’arte, ha sempre mediato la sua attività artistica con l’impegno didattico (è stato direttore dell’Accademia Carrara di Bergamo, ha insegnato al Politecnico di Milano, all’ISIA di Urbino, all’Orientale di Napoli, all’Università di Parma, all’Ecole d’Arts Appliquées di Vevey, allo IED, alla NABA, all’Accademia di Brera di Milano), condotto nel rispetto e nell’approfondimento della cultura del progetto. Cresci ha pubblicato innumerevoli libri (tra gli altri: Matera. Immagini e documenti, Matera 1975; Misurazioni. Fotografia e territorio, Matera 1978; L’archivio della memoria. Fotografia nell’area meridionale 1967/1980, Torino 1980; La terra inquieta, Bari 1981; Martina Franca immaginaria, Milano 1981; Mario Cresci, Milano 1982; Lezioni di fotografia, Bari 1983 (con Lello Mazzacane); Uno sguardo tra gli altri, Roma 1984; Albe Steiner. Foto-grafia. Ricerca e progetto, Bari 1990 (con Lica Steiner); Matera. Luoghi d’affezione, Milano 1992; Variazioni impreviste, Verona 1995; Mario Cresci, Milano 2007;) ed esposto in importanti sedi pubbliche e private. Tra le mostre più recenti: Le case della Fotografia, 1966 – 2003, Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino 2004; Sottotraccia. Bergamo. Immagini della città e del suo territorio, Elleni Gallerie d’arte, Bergamo 2009; Forse Fotografia alla Pinacoteca Nazionale di Bologna, l’Istituto Nazionale per la Grafica di Roma e Palazzo Lanfranchi, Matera, 2010-2012; Ex/Post. Orizzonti Momentanei, MA*GA, Gallarate, 2014. Il Museo di Fotografia Contemporanea conserva 280 fotografie dell’autore, che datano dalla metà degli anni Sessanta. Una parte delle opere in mostra è tratta dal Fondo Lanfranco Colombo (Regione Lombardia), una parte è stata gentilmente prestata dall’autore per questa occasione espositiva. In collaborazione con Regione Lombardia
2015 Sony World Photography Awards Exhibition
Somerset House Trust
South Building Somerset House Strand London WC2R 1LA
24 April – 10 May 2015 Mondays 10.00-18.00, Tuesday – Friday 10.00-21.00, Saturdays & Sundays 10.00-18.00 East Wing Galleries, East Wing & West Wing Galleries, West Wing Anytime Entry £8.50, Weekday Entry (10.00-16.00) £6.50 Concessions (weekdays only) £5.00 Two tickets (valid anytime) £16.00 Four tickets (valid anytime) £30.00
The Sony World Photography Awards are one of the world’s leading photography competitions, the exhibition showcases the winning and shortlisted photographers from submissions from across all disciplines, from fine art to photojournalism to lifestyle. Recognising and rewarding the world’s best contemporary photography from the last year, the 2015 competition received the highest number of entries in its eight year history – 173,444 images from 171 countries. Reflecting the very best international contemporary photography from the last year, the exhibition includes photographs to suit all tastes. Well-documented scenes are given a fresh look with ground-breaking photography styles and photographers of all abilities will be inspired to shoot their own view of the world. The winning and shortlisted images featured were selected by a panel of industry experts. The shortlisted photographers include names that are both new and familiar to the competition. Those recognised again by the awards include: Peter Franck (Germany); Donald Webber (Canada); Amit Madheshiya (India); Brent Stirton (South Africa); Simon Norfolk (UK), Fan Li (China) and Massimo Siragusa (Italy). New names include Julia Fullerton-Batten (UK) and Sebastian Gil Miranda (France). For further information visit the World Photography Organisation website.
Postato da Anna