Le Interviste Immaginarie raccolgono conversazioni di fantasia con dodici artiste del passato che Laura Malaterra ha immaginato di intervistare sulla base di fatti realmente avvenuti. Domande rivolte con leggerezza per scoprire vita, passioni, progetti, segreti e umanità di queste donne, ricostruiti sulla base del nostro sogno e sulla realtà della storia, per capire veramente come e perché siano state così importanti per la nostra cultura. Geniali, coraggiose e, soprattutto, sempre un po’ controcorrente che guardavano al futuro con uno sguardo curioso e innovativo. Un viaggio nel tempo tra libri e web per rintracciare frammenti di storie vissute, ideando parole, dialoghi ed anche emozioni, perché tutte sono diventate una sorta di amiche confidenti. Durante le interviste sembra proprio di sentirne le voci raccontare episodi, curiosità ed eventi delle loro vite. Sono state fantasiosamente intervistate le fotografe Ruth Bernhard, Inge Morath, Margaret Bourke-White, Bettye Lane, Dora Maar e Lucia Moholy, la graphic designer Jacqueline Casey, la designer Annelise Fleischmann Albers, l’architetto e designer Eileen Gray, la geniale collezionista d’arte Peggy Guggenheim, gli architetti e designer Charles e Ray Eames, la pittrice Suzanne Valadon.
Buongiorno a tutti, ecco tutti i libri di (non solo di) street che ho in parte sfogliato, in parte posseggo e altri ho solamente desiderato. Un bell’elenco di autori da cui apprendere per capire come muoversi per strada. Un saluto
Sara
Alec Soth: Songbook
Alec Soth Sleeping by the Mississippi
Alex Webb: Istanbul
Alex Webb: The Suffering Of Light
Anders Petersen: Cafe Lehmitz
Anders Peterson: French Kiss
Andre Kertesz
Anthony Hernandez ‘Rodeo Drive’
Arbus Friedlander Winogrand ‘New Documents, 1967’
Diane Arbus: Revelations
Bruce Davidson: East 100th Street
Bruce Davidson: Subway
Bruce Gilden by Stern Magazine
Bruce Gilden: after the off
Bruce Gilden: Facing New York
Bruce Gilden: Haiti
Bruno Barbey ‘The Italians’
Bystander: A History of Street Photography
Camilo Josè Vergara ‘The New American Ghetto’
Carrie Bratz ‘street: new york city 70s, 80s, 90s’
Clement Cheroux ‘Henri Cartier Bresson – lo sguardo del secolo’
Clement Cheroux ‘L’errore fotografico’ (non di street ma da leggere)
Clive Scott ‘Street Photography’
Constantine Manos: A Greek Portfolio
Constantine Manos: American Color
Constantine Manos: American Color 2
Craig Semetko ‘Unposed’
Daido Moriyama ‘The world through my eyes’
Dan Winters: Road to Seeing
David Alan Harvey ‘Divided Soul’
David Alan Harvey – Cuba
David Gibson ‘The Street Photographer Manual’
David Gibson Street Photography: A History in 100 Iconic Images
David Hurn: On Being a Photographer
Diane Arbus: A monograph
Douglas R. Nickel: Stranger Passing
Edward Grazda ‘Mean Streets: NYC 1970-1985′
Edward Grazda On The Bowery: New York City 1971
Elliott Erwitt: Personal Best
Elliott Erwitt
Ferdinando Scianna ‘Obiettivo Ambiguo’
Francois Hebel ‘ Harry Gruyaert’
Fred Herzog ‘Modern Color’
Fred Herzog ‘Photographs’
Garry Winogrand ‘Figments from the Real
Garry Winogrand ‘The animals’
Garry Winogrand/Peter Lindbergh Women
Garry Winogrand: Public Relations
Geoff Dyer ‘The Street Philosophy of Garry Winogrand’
Gordon Parks ‘A Harlem Family’
Gordon Parks ‘How the Photographer Captured Black and White America’
Gordon Parks ‘Segregation Story’
Gordon Parks and Ralph Ellison in Harlem: Invisible Man
Gus Powell: The Lonely Ones
Gus Powell: The Company of Strangers
Harry Callahan: Retrospective
Henri Cartier Bresson ‘The Decisive Moment’
Henri Cartier-Bresson fotografo
Henri Cartier-Bresson
Jackie Higgins ‘The World Atlas of Street Photography’
James Maher ‘The Essentials of Street Photography’
Jason Eskenazi: Wonderland: A Fairytale of the Soviet Monolith
Jeff Merlmestein ‘Sidewalk’
Joel Meyerowitz: Where I Find Myself: A Lifetime Retrospective
Joel Meyerowitz ‘Cape light’
Joel Sternfeld: American Prospects
Josef Koudelka ‘Exiles’
Josef Koudelka: Gypsies
Joseph Rodriguez ‘Spanish Harlem: El Barrio in the ’80s’
Laura Barton West of West: Travels along the edge of America
Lee Friedlander ‘America by Car’
Lee Friedlander ‘Parties: The Human Clay’
Friedlander First Fifty
Larry Fink on Composition and Improvisation
Luigi Ghirri ‘Kodachrome’
Magnum Contact Sheets
Magnum: Degrees
Mario Giacomelli ‘Cose Mai Viste’
Mark Cohen ‘Grim Street’
Mark Cohen: Frame
Martin Parr ‘The Last Resort’
Martin Parr: Small World
Martin Parr: Life’s a Beach
Mary Ellen Mark: Photography Workshop Series
Matt Stuart: All that Life Can Afford
Michael Ernest Sweet ‘ The Street Photography Bible’
Nobuyoshi Araki ‘Subway Love’
Paul McDonough ‘New York Photographs 1968-1978’
Photographers’ Sketchbooks
Renè Burri ‘Impossible Reminescences’
Richard Kalvar: Earthlings
Richard Sandler ‘The Eyes of the City’
Robert Frank: The Americans
Robert Herman ‘The New Yorkers’
Sara Munari Street photography. Attenzione! Può creare dipendenza
Saul Leiter: Early Black and White
Saul Leiter: Early Color
Saul Leiter: Retrospektive / Retrospective
Siegfried Hansen – hold the line
Stephen Shore ‘Lezione di Fotografia’
Stephen Shore: Uncommon Places
Stephen Shore, Stephen Shore
Sunlanders by Sean Lotman
The Photographer’s Playbook: 307 Assignments and Ideas
Todd Hido on Landscapes, Interiors, the Nude
Todd Webb ‘I See a City: Todd Webb’s New York’
Tony Ray-Jones: Best Of
Trent Parke ‘Minuters to Midnight’
Trent Parke: The Black Rose
Trent Parke: The Christmas Tree Bucket
Vivian Maier
Vivian Maier a colori
Vivian Maier. Una fotografa ritrovata
Walker Evans ‘American Photographs’
William Claxton ‘New Orleans 1960’
William Eggleston ‘Guide’
William Eggleston: Before Color
William Eggleston: Chromes
William Klein ‘Life is good & good for you in New York’
William Klein ‘Roma’
William Klein: Contacts
William+Klein
Questa è una parte del mio libro sulla Street photography, l’ultimo uscito della casa editrice Emuse.
L’autore, Brian Clegg combina ingredienti di scienze e scoperte alla biografia del fotografo per creare una storia frenetica e sorprendente, basata su fatti assolutamente reali.
Le fotografie di Eadweard Muybridge sono conosciute da tutti, meno familiare invece è la drammatica storia personale di questo fotografo vittoriano, meravigliosamente eccentrico, riportato in vita per la prima volta in questa biografia avvincente e assolutamente divertente.
Il suo lavoro è iconico: uomini, donne, pugili, lottatori, cavalli da corsa, elefanti e cammelli congelati nel tempo, catturati nell’atto di muoversi, combattere, galoppare, vivere. La maggior parte di noi ha visto le fotografie in stop-motion di Muybridge, tutti abbiamo visto il frutto della sua straordinaria innovazione tecnologica: il cinema e la televisione di oggi.
La vita personale di Muybridge inoltre, possiede tutti gli ingredienti di un classico best-seller di saggistica: un uomo appassionato che vive un tradimento terribile, scioccante… sullo sfondo San Francisco e il Far West. Tra progressi , scoperte scientifiche e artistiche che si susseguono con entusiasmo si inserisce un grande dramma, un omicidio in una notte buia e tempestosa che il fotografo compie per gelosia o per proteggere il suo onore…
Di
lei vi abbiamo già raccontato per via di uno dei libri più discussi del 2018 e
vincitore del premio strega: “La ragazza con la Leica” (ne abbiamo
parlato qui: https://saramunari.blog/2018/08/03/stregati-da-la-ragazza-con-la-leica/ ); di lei negli ultimi anni si è
parlato molto, se non altro per quella caratteristica che accomuna molte donne
alle prese con mondi prettamente maschili, ovvero la difficoltà di essere
donna, appunto, alle prese con una professione ritenuta impropria per una
“gentil donzella”.
Così, anche nel caso di Gerda Taro si
scopre a malincuore che, almeno all’inizio, a fare notizia non fu il fatto che
fosse una brava fotografa, ma che fosse la compagna di Robert Capa.
Che
fosse una persona capace di decidere quello che voleva essere,
dimenticando quello che il suo tempo
riteneva lecito e opportuno fare per una donna , è sembrata essere solo
la cornice del suo vero ruolo: aver portato Capa un passo più vicino al suo
successo.
In realtà il suo lavoro, non meno di
quello dei suoi colleghi uomini, servì a tenere viva la memoria di un periodo
infelice della storia di Spagna, così come servì a ricordare e precisare,
ancora una volta, che la macchina fotografica non era prerogativa maschile, e
che anche una donna, in anni in cui era quasi impensabile, poteva raccontare la
guerra da vicino.
Comunque,
dopo questa riflessione un po’ amara, ecco di cosa vi vorrei parlare,
dell’ultima nata, una graphic novel che cerca di raccontare la storia di
Gerda Taro in modo diverso, sicuramente leggero.
L’autrice lo fa unendo due diversi
tipi di immagini, in fondo rivali fin dai tempi che furono, disegni e foto (in
questo caso quelle scattate dalla stessa protagonista della nostra storia).
Qual è il risultato?
Una
vita raccontata in modo superficiale, che lascia intravedere gli eventi
attraverso poche pagine, in cui immagini e parole si alternano e si
sovrappongono, senza occupare però, a mio avviso, lo spazio necessario per
parlare della vita della Taro.
Forse
il risultato sarebbe stato migliore se, invece di cercare l’intera vita di una
donna, l’autrice si fosse concentrata su di un piccolo pezzetto della stessa,
approfondendone gli aspetti meno indagati e meno noti.
Interessante però è la struttura del
racconto per la quale, una prima parte ricorda vecchi libri di grandi autori,
in cui viene fatta una rapida carrellata degli eventi più importanti, che hanno
segnato la vita del personaggio di cui si sta parlando: dalla nascita alla
morte, attraverso i funesti eventi che ne segnarono l’esistenza. Successivamente
il racconto a fumetti ci parla di come la Taro arrivò alla fotografia, dal suo
incontro con Capa, al momento in cui si separarono e fino alla sua morte.
Questa rimane la parte migliore del
piccolo volume, se non altro per l’idea di partenza e per i disegni, che
personalmente trovo molto belli.
Il lavoro si chiude col tentativo di
raccontare nuovamente chi era la Taro e cosa volle fare della propria vita.
Letto
velocemente e poi riletto con più calma, la sensazione che rimane addosso è
quella di una storia raccontata a metà, non adatta a coloro che conoscono già
chi era la protagonista, molto adatta a chi vuole approcciarsi per la prima
volta ad un modo diverso di raccontare una storia e a chi, non conoscendo la
Taro e non avendo mai letto nulla su di lei, voglia avvicinarsi con cautela al
personaggio.
Se è meglio de “La ragazza con la
Leica”?
Si tratta di due testi completamente
diversi, e che non ritengo in nessun caso indispensabili, sicuramente però il
libro della Vivan rappresenta un piacevole passatempo e un bell’esperimento,
che può generare curiosità e spingere ad approfondire la conoscenza del
personaggio, della donna e della fotografa soprattutto.
Menabò zinefest è un festival di due giorni dedicato
all’editoria fotografica indipendente, rivolto nello specifico alle fanzine e
alle autoproduzioni.
Primo nel suo genere a Bologna, sarà il punto d’avvio per la
creazione di un circuito per tutti quei piccoli e medi editori che
arricchiscono il panorama dell’autoproduzione.
Menabò Zinefest
L’obbiettivo del festival è quello di coinvolgere un
pubblico di giovani appassionati, professionisti e curiosi ponendo l’attenzione
su tutte quelle pratiche che esulano dai sistemi e dai circuiti tradizionali,
per creare un nuovo spazio dove garantire un’offerta eterogenea di condivisione
delle idee.
Una piccola realtà, che cerca di dare un ampio respiro a questo evento.
Gli organizzatori
La partecipazione è completamente gratuita ed è rivolta a tutti gli ziners e i piccoli/medi editori indipendenti con autoproduzioni di carattere prettamente fotografico e prezzo contenuto.
Tutti gli espositori partecipanti al festival dovranno essere presenti per vendere le proprie fanzine (l’organizzazione non si farà carico della vendita).
Il festival, due giorni dedicati alle fanzine fotografiche e alle autoproduzioni, si terrà al DAS – Dispositivo Arti Sperimentali di Bologna.
Arnold Newman ( 3 marzo 1918, New York ) è considerato uno dei più grandi ritrattisti della seconda metà del ‘900. Assistente del fotografo ritrattista Leon Perskie, apre uno studio nel 1946. Beaumont Newhall ne riconosce subito il talento e Newman ottiene importanti riconoscimenti, fino a lavorare per la rivista LIFE.
Igor Stravinsky – New York, 1946 L’immagine del compositore seduto al pianoforte, fu rifiutata da Harper’s Bazaar, la rivista che gliela aveva commissionata.
Ritrae i volti dei maggiori esponenti nel mondo della letteratura, del cinema, della musica e della politica internazionale. Newman è considerato un maestro nel “ritratto ambientato”.
Ricordiamo fra i più famosi: Marilyn Monroe, Pablo Picasso, Marc Chagall, David Hockney, Georgia O’ Keeffe, Salvador Dalì e Andy Warhol, e tutti i presidenti americani a partire da Harry S. Truman.
Le sue immagine sono conservate in varie collezioni private e istituzioni.
(di quanto sia difficile diventare
un’icona, ma soprattutto rimanere tale!)
Una foto di cui
si è parlato e si continua a parlare tanto; una foto che, vera o “falsa” essa
sia, ormai è un’icona e ricorda un uomo diventato un’icona della fotografia.
Dunque è stata la copertina a catturare la mia attenzione e poi il titolo: “(qui il link per l’acquisto
Mi sono chiesta
banalmente: “ a chi mai verrebbe in mente di processare un’icona? È un’icona, è
immortale, non si può fare nulla contro di lei, anche nel caso in cui ci si
dovesse rendere conto che era qualcosa di diverso da quello che si pensava
fosse!”
Così è stata
stimolata la mia curiosità.
Un libro di
facile lettura, veloce e molto chiaro, che racconta le vicissitudini di
un’immagine, del suo autore e della caccia alla verità. Il testo è suddiviso in
tre parti, attraverso le quali Vincent Lavoie spiega come sia cambiato il
metodo di analisi delle immagini e quali siano stati, nel tempo, gli strumenti
utilizzati per verificare l’autenticità o meno di uno scatto, ma racconta più
ancora come, attraverso l’ossessione per un’immagine, sia cambiato l’approccio
al concetto di autenticità, agli strumenti di verifica della stessa e al
concetto di etica nel fotogiornalismo.
Le tre parti in
cui viene suddiviso il testo raccontano in sostanza tre diversi metodi di
verifica di autenticità: il ricorso alle prove testimoniali, il ricorso alle
prove documentali e infine il ricorso alle perizie criminalistiche
sull’immagine, e attraverso l’analisi di questi tre metodi e della loro
fallibilità racconta il travagliato destino di un’immagine diventata icona, ma
anche gli scossoni che hanno fatto traballare la credibilità di uomo che si
pensava non potesse essere messo in discussione, meno che mai utilizzando il
suo stesso lavoro.
Chi era Robert
Capa, come sono stati realizzati i suoi scatti migliori, quanto fosse onesto
intelletualmente, tutto sembra dover passare attraverso l’autenticità di un
singolo scatto, il Miliziano colpito a morte, uno degli scatti più discussi e
noti della storia del fotogiornalismo.
Da parte mia, mi
chiedo se sia davvero così importante quanto un’immagine sia reale, e se non
sia invece più importante che rappresenti il reale: di miliziani morti ce ne
saranno sicuramente stati tanti in quel giorno del 1936, se anche la sola che
ne rappresenta una fosse stata costruita a tavolino, per raccontare quello che
accadeva ogni giorno, sarebbe davvero così aberrante eticamente?
Che quanto
accada venga raccontato attraverso immagini “costruite” piuttosto che reali, è
davvero così eticamente scorretto?
Sicuramente la
domanda avrebbe risposte diverse nel momento in cui dovesse cambiare il
soggetto a cui venisse sottoposta, in base soprattutto al tipo di approccio
alla fotografia e in base all’esperienza personale, ma di fatto è questa la
vera domanda a cui cerca di rispondere il testo e tutto il lavoro di ricerca
fatto attorno allo scatto di Capa: “Cos’è autentico e cosa non lo è nel
fotogiornalismo? Cos’è etico e cosa invece non lo è nel fotogiornalismo? Ciò
che è autentico, necessariamente è anche etico e viceversa?”
Se risponde alla
domanda?
Se guardate alla
domanda da fotogiornalisti, probabilmente si!
Quindi,
leggetelo, sbattete la testa contro il muro e trovate la vostra risposta,
perché in realtà una risposta sola non c’è, nemmeno se siete fotogiornalisti a
mio modo di vedere!
E voi che pensavate parlasse della foto di Capa, leggetelo lo stesso, perché parla anche di quello!
Di Annalisa Melas
Robert Capa, il miliziano
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