Un nuovo autore Mu.Sa: Nicola Buonomo

Ciao, siamo felici di presentarvi un nuovo autore Mu.Sa. , viene dalla Sicilia e si chiama Nicola Buonomo. Il lavoro che ci ha inviato si chiama Serendipity. Ecco qui le fotografie, speriamo il lavoro vi piaccia!

Ciao! Buona giornata! Musa fotografia

Serendipity

Il progetto presentato, che considero “un archivio in progress”, nasce dall’esplorazione di spazi periferici siciliani, situati sulla soglia tra la campagna e i territori in via di urbanizzazione. Questi luoghi ibridi, ancora in bilico tra il desiderio di ritorno al selvaggio e l’inevitabile spinta al progresso architettonico-tecnologico, rappresentano per me il terreno fertile nel quale operare un tentativo di comprensione. In questi “non-luoghi”, ancora non connotati da un’identità definita, diventa più facile rintracciare gli archetipi promotori dei cambiamenti del paesaggio e, di conseguenza, del destino dell’uomo “civilizzato”. “Serendipity” è lo status critico ed emotivo con cui ho condotto la mia indagine: cercando di tenere distante il pre-giudizio sulle cose ho lasciato che fossero le immagini a presentarsi al mio sguardo, in maniera quasi anonima, mantenendomi da esse ad una distanza critica che mi permettesse di poterle “vedere nuovamente”, contemplandole semplicemente per quel che sono.

Biografia

Sono un fotografo italiano di 34 anni. Vivo in Sicilia. Ho conseguito una laurea in medicina ed una specializzazione in Neuropsichiatria infantile e dell’adolescenza. Parallelamente agli studi medici ho studiato teatro e preso parte a diverse esibizioni di teatro sperimentale dove il primum movens della ricerca è stato tendere verso una verità della forma e dell’emozione rifiutando ogni tipo di clichè formale. Da alcuni anni ho approfondito l’arte fotografica attraverso un percorso da autodidatta e, successivamente, attraverso un percorso individuale con un fotografo professionista che mi ha permesso di affinare la tecnica ma, soprattutto, di comprendere le radici storiche e culturali dell’immagine fotografica. Oggi, la fotografia è per me uno strumento di comprensione delle “cose” del mondo ed un pretesto per restituire un senso all’apparente caos del quotidiano. Mi piacciono le immagini intrise di un certo grado di ambiguità, quelle che lasciano spazio a più possibilità interpretative. Preferisco le immagini che propongono domande, piuttosto che “certe” risposte parziali.  Allontanandomi dal clichè figurativo, la mia ricerca tende alla conquista dello svelamento del “vero” attraverso un ‘immagine che richiede la presenza di uno sguardo lento, lontano dal chiasso dello stereotipo della figura, ma vicino al silenzio delle “cose ​​periferiche”.

Sito: https://nicolabuonomo.com/

Patrick Willocq, le sue fotografie mi lasciano a bocca aperta

Ciao a tutti!

Oggi vi presento questo fotografo francese di origini africane.

I suoi ritratti coloratissimi sono davvero molto belli e i suoi soggetti sempre affascinanti.

A prima vista si notano l’estetica perfetta ed il sapiente uso del colore, ma in realtà le sue opere veicolano importanti messaggi sociologici e umanistici.

Ho visto una sua mostra qualche anno fa al Photolux di Lucca, le sue stampe di grandi dimensioni catturano l’occhio del fruitore. Sarei rimasta ore a guardare ogni singolo particolare di quelle immagini magnetiche e di quegli allestimenti curatissimi e perfetti.

Che ne dite?

Anna Continua a leggere

Federico Arcangeli, un nuovo autore Mu.Sa.

L’autore che vi presentiamo oggi, ci porta a Rimini, dandoci un assaggio della trasgressiva vita mondana della riviera Romagnola.

Date un’occhiata!

PLEASURE ISLAND

Rimini è una piccola città sul mare Adriatico è una rinomata località turistica, da sempre considerata la capitale della vita notturna e delle discoteche. Nonostante i tempi siano cambiati e molti locali storici siano ormai irrimediabilmente chiusi, sa ancora incantare quel popolo della notte che tanto brama la trasgressione.
Federico, attraverso le sue immagini, ci trasporta in quei locali, in quell’atmosfera sognante che solo “la riviera” sa offrire. Qui rincontriamo i personaggi Felliniani, in situazioni grottesche e divertenti, coppie che ballano e si stringono, in rituali amorosi che durano il tempo di una notte, ed eterni giovani che non invecchiano mai.
Il quadro che viene dipinto della città è quello di un paese dei balocchi, sexy, seducente ed affascinante, dove lasciarsi tentare.

 

BIO

Nasce a Rimini nel 1983. Si avvicina alla fotografia all’età di 30anni, grazie ad una vecchia Pentax a pellicola del padre. Nasce in lui, sin da subito, una passione per la street photography. Riguardo alla sua fotografia dice: “amo la gente e la sua imprevedibilità, avvicinarmi al soggetto, studiarne i movimenti, rimanere nascosto oppure intervenire nella scena. Uscire a scattare è come andare a teatro, la gente interpreta se stessa e la strada è il palcoscenico”.

Fonda il blog People_Are_Strangers e diviene membro selezionato del sito World Street Photography e membro del collettivo Romagna Street Photography.

Finalista nel 2016 del “London Street Photography”, “San Francisco Street Photography” e “Miami Street Photography Festival”. Scatta solamente a pellicola.

 

Sito web: www.federicoarcangeli.com
Blog: www.pplarestrangers.com
Instagram: www.instagram.com/vicodin

 

 

Frank Horvat, moda ma non solo!

Ciao, oggi vi presentiamo questo fotografo italiano, famoso per le sue fotografie di moda, soprattutto tra gli anni 50 e 80. Non tutti conoscono però i suoi lavori di reportage e street photography, eccezionali!

Ciao

Anna

Photography is the art of not pushing the button

Frank Horvat (Abbazia, 28 aprile 1928) è un fotografo italiano. È conosciuto per le sue foto di moda, pubblicate tra la metà degli anni cinquanta e la fine degli anni ottanta. I suoi lavori fotografici includono anche fotogiornalismo, ritratti, paesaggi, natura e scultura. Nel 1988 ha realizzato un libro di interviste con alcuni tra i più importanti fotografi, come Don McCullin, Robert Doisneau, Sarah Moon, Helmut Newton, Marc Riboud. All’inizio degli anni novanta è stato uno dei primi fotografi a sperimentare con Photoshop.

Nato da una famiglia ebraica d’Europa Centrale (suo padre Karl era un medico ungherese, sua madre Adele una psichiatra di Vienna), Horvat ha vissuto in Svizzera, in Italia, nel Pakistan, in India, in Inghilterra e negli Stati uniti. Dal 1955 vive in Francia

La carriera fotografica di Frank Horvat è stata influenzata da Henri Cartier-Bresson. Dopo averlo incontrato nel 1950, seguì il suo consiglio di sostituire la sua Rollei con una Leica e partì per un viaggio di due anni in Asia, come fotogiornalista freelance. Le fotografie di questo viaggio sono state pubblicate da Life, Réalités, Match, Picture Post, Die Woche e Revue. Una di esse è stata inclusa nella famosa esposizione Family of Man al MOMA di New York.

Come molti fotografi della sua generazione, Horvat ha capito che un apparecchio 35mm gli permetteva di lavorare più rapidamente, e che le diverse focali disponibili gli consentivano di esplorare aspetti della realtà che l’occhio nudo non coglie. Nel 1955, per esempio, dopo essersi trasferito da Londra a Parigi, ha avuto l’impressione che l’atmosfera della città e gli atteggiamenti dei suoi abitanti erano assai diversi dal romanticismo messo in rilievo dai cosiddetti “fotografi umanisti”. Questo gli diede l’idea di servirsi di un teleobiettivo, che permetteva inquadrature e avvicinamenti che non erano possibili con un obiettivo «normale». Nel 1957, la rivista svizzera Camera dedicò un intero numero a questo lavoro.

Nel 1957, Horvat sposta il suo interesse verso un altro aspetto della fotografia, producendo fotografie di moda per Jardin des Modes. A questo fine si serve di una Leica, apparecchio raramente utilizzato per la moda. L’innovazione è bene accolta dagli stilisti del ready-to-wear, perché permette di presentare le loro creazioni in un contesto più quotidiano, cioè proprio quello per cui sono concepite. Negli anni seguenti, Horvat riceve incarichi simili da Elle a Parigi, Vogue a Londra, Harper’s Bazaar a New York e altre riviste del genere.

Tra il 1962 e il 1963, Horvat torna al fotogiornalismo, con un viaggio attorno al mondo per la rivista tedesca Revue. In seguito sperimenta con il cinema e la video. Nel 1976 decide di diventare “cliente di se stesso” producendo tre lavori personali: Portraits of Trees (1976–82), Very Similar (1982-86) e New York up and down (1982–87), che chiama «il suo trittico» benché queste imprese siano molto diverse tra loro. I tre lavori sono a colori.

Negli anni ’80, Horvat soffre di un disturbo ad un occhio e per qualche tempo deve sostituire la sua vista con l’udito. Questo handicap gli suggerisce un nuovo progetto: una serie di interviste con altri fotografi, come Edouard Boubat, Robert Doisneau, Mario Giacomelli, Josef Koudelka, Don McCullin, Sarah Moon, Helmut Newton, Marc Riboud, Jean-Loup Sieff e Joel-Peter Witkin. Il libro che le riunisce è pubblicato in Francia sotto il titolo Entre Vues.

Negli anni ’90, Horvat si decide ad un altro cambiamento radicale, adottando l’informatica. Per cominciare, con Yao the Cat (1993), poi con Bestiary (1994) e Ovid’s Metamorphoses (1995), in cui trasgredisce la regola bressoniana del “momento decisivo”, e combina immagini (o frammenti di immagini) realizzate a momenti ed in luoghi diversi. La novità non è tanto il fotomontaggio – già praticato nell’Ottocento – quanto l’ambiguità creata da queste composizioni che quasi non rivelano l’artificio, anche se Horvat riconosce che potrebbero essere considerate estranee alla fotografia.[3] È in parte per questo che Horvat non prosegue in questa direzione, che riprende solo 14 anni più tardi con il progetto A Trip to Carrara.

La complementarità tra fotografia tradizionale – prima analogica, poi digitale – e postproduzione informatica diventa evidente nel suo saggio Figures Romanes (pubblicato nel 2000, con un testo di Michel Pastoureau). Questa raccolta di immagini è il risultato di 2 anni di ricerca sulla scultura romanica in Francia (XI et XII secolo).

I tre progetti successivi di Frank Horvat sono forse il suo lavoro più personale. 1999 è un foto-diario dell’ultimo anno del millennio, fatto con un piccolo apparecchio analogico destinato ai dilettanti.

In seguito, con La Véronique (2002-2003), Horvat integra nel suo lavoro gli effetti di un problema cardiaco di cui soffre in quegli anni, limitandosi a fotografare, con la sua prima Nikon digitale, in un raggio di 30 metri nella sua casa in Provenza o nelle immediate vicinanze.

Eye at the fingertips è un progetto che inizia nel 2006 e che è ancora in fase di realizzazione. Tutte fotografie sono fatte con una fotocamera digitale compatta, molto più leggera e introdotta appunto in quegli anni.

Nei tre progetti, Horvat esplora i piccoli miracoli della vita quotidiana, contro la tendenza di quella fotografia che tende a mettere in mostra quello che sembra eccezionale o estremo. Ma ciò che soprattutto lo interessa è che queste immagini, che potrebbero essere prese per dei “candid shoots” e che sono fatte con un apparecchio che ogni dilettante può acquistare, rappresentano invece la somma delle sue esperienze visuali ed emozionali, ridotte alla loro essenza da una rigorosa eliminazione di tutto ciò che lui – nei momenti in cui le scatta, le seleziona e le ritocca – giudica superfluo o distraente.

La sua più recente impresa è un’Applicazione per iPad, intitolata Horvatland, ‘’un viaggio attraverso un mente’’ che riunisce più di 2000 fotografie prodotte nel corso di 65 anni, 200.000 parole di testo e 20 ore di commenti.

Nel 2008, Frank Horvat ha ricevuto il premio della Fondazione del Centenario di Lugano (Svizzera) per il suo contributo alla cultura europea.

Fonte Wikipedia

Questo è il suo sito con la sua opera completa.

 

 

Andrea Maina e Gabriele Artusio: una coppia di autori Mu.Sa. ben assortita

Questa settimana vi proponiamo una coppia di autori, composta da un fotografo e da un pittore, che ci hanno proposto un lavoro particolare e decisamente ben realizzato.

Date un’occhiata!

SAILINGBUILDINGS

I soggetti delle fotografie selezionate sono scorci di palazzi moderni di grandi dimensioni localizzati in diverse città europee. Ciascuna inquadratura ha la finalità di rappresentare quella che, in fase di progettazione del palazzo, potrebbe essere stata una ispirazione al mondo del mare e delle barche.
Per ciascuna delle 20 fotografie è stato realizzato un disegno. Il pittore ha ipotizzato nei disegni quelle situazioni che potrebbero essere state la fonte di ispirazione per l’ architetto progettista. Il pittore non ha partecipato agli scatti fotografici.
In tal modo si realizza una inversione logica in cui il disegno, frutto dell’ immaginazione del pittore, ritrae la scena che potrebbe essere stata, nella realtà, la fonte di ispirazione dell’ architetto.
Andrea Maina (fotografo e ideatore) e Gabriele Artusio (pittore – disegnatore)
I CV degli autori sono disponibili sul sito internet:
www.sailingbuildings.com

National Geographic Photo Ark. Mi piace questo utilizzo della fotografia.

Ho letto di questo progetto di Joel Sartore, storico fotografo di National Geographic e, da amante degli animali quale sono, mi ha subito incuriosito e appassionato.

In pratica Sartore, in collaborazione con National Geographic,  sta utilizzando la fotografia per creare una banca dati mondiale sulla biodiversità, appunto un’Arca di Noè fotografica.

In 11 anni ha inserito nella più grande arca fotografica della biodiversità globale i primi piani di 7.407 specie animali. Lo scopo è di immortalare tutte quelle che vivono in cattività, prima che molte di esse si estinguano. Parliamo di circa 15.000 specie.

Come spiega Sartore, il progetto è nato nel 2005, quando la moglie si è ammalata di cancro. La sua carriera di fotografo di National Geographic ha subito un drastico stop, poichè Joel ha dovuto rimanere a casa per occuparsi dei figli.

Ora sono passati oltre 10 anni e la moglie è guarita, ma Sartore ammette che in quel periodo ha sviluppato una maggiore consapevolezza sulla fragilità e precarietà della vita.

Vita, non solo a livello di esseri umani, ma anche delle migliaia di specie animali che ci circondano e che stanno andando verso un’estinzione di massa.

Il suo scopo è innalzare il livello di consapevolezza e di attenzione dell’opinione pubblica nei confronti di quella che gli esperti deinifiscono la “sesta estinzione di massa” delle specie animali.

I suoi ritratti sono semplici, dei primi piani su sfondo bianco o nero, in cui gli animali sembrano gardarci negli occhi.

E’ possibile, per chi lo desidera, sostenere questo progetto comprando libri, stampe, facendo donazioni, o anche sostenendo lo zoo che ci sta più vicino.

Se vi interessa approfondire, sul sito di Sartore, trovate tutte le informazioni su di lui e sul progetto Photo Ark, comprese le fotografie che finora ne fanno parte.

Ciao

Anna

Tutte le immagini contenute in questo articolo sono di proprietà di Joel Sartore.

Martin Bogren

Ciao!

Oggi vi presentiamo un interessantissimo fotografo svedese distruibuito da Agence Vu.

Che ne pensate?

Ciao

Anna Continua a leggere