U.PHO.S. Unidentified Photographic Subjects

Unidentified Photographic Subjects

Per oltre vent’anni Mauro Fiorese ha documentato luoghi e situazioni al limite tra reale e immaginario. Ciò che lo ha spinto in quest’indagine è stata la necessità di andare oltre le informazioni visive in cui ci imbattiamo ogni giorno per scoprire, tramite la fotografia, nuove realtà.

Dopo un lungo periodo di ricerca iconografica, condotto sia su archivi amatoriali on-line che in archivi di Stato recentemente resi pubblici, l’autore ha intrapreso innumerevoli viaggi in remote località del nostro Pianeta con l’intento di produrre il primo archivio ufficiale di Soggetti Fotografici non Identificati (U.Pho.S.).

Le fotografie di Fiorese ci parlano contemporaneamente di presenza e di assenza: il soggetto fotografato è reale, in quanto esistente dinnanzi al fotografo nel momento dello scatto, ma rimane sempre e misteriosamente difficile da identificare. Si tratta infatti spesso di oggetti lontani dal nostro quotidiano oppure di oggetti comuni che, decontestualizzati, subiscono una trasfigurazione suggerendoci sensazioni inquietanti.

L’opera finale assume il significato di “prova fotografica”, in un’accezione quasi scientifica del termine, chiamata a testimoniare un momento solo cronologicamente e geograficamente definito.

Mauro Fiorese è stato autore e docente di fotografia per oltre vent’anni, ha tenuto corsi presso l’Accademia di Belle Arti e l’Università degli Studi di Verona, allʼIstituto Europeo di Design di Milano e alla University of Illinois at Urbana-Champaign.
I suoi lavori sono stati premiati ed esposti dal 1996 negli Stati Uniti, in Giappone, Canada, ed Europa, in gallerie private, istituzioni pubbliche, festival e rassegne internazionali inclusa la 54esima Biennale di Venezia. Le sue opere fanno parte di collezioni private e pubbliche internazionali (Museum of Fine Arts di Houston, Texas, Bibliothèque nationale de France di Parigi, Museo di Fotografia Contemporanea di Milano).
Negli Stati Uniti è stato inserito nella TOP 100 World Photographers list dellʼedizione 1997 dellʼErnst Haas/Golden Light Award e, nel 2012, ha esposto presso la George Eastman House di Rochester (New York), il primo e più importante museo americano dedicato alla Fotografia e al Cinema.
Ha organizzato diversi incontri sulla fotografia dʼautore e ha curato mostre di alcuni tra i più grandi maestri della fotografia contemporanea presso il Centro Internazionale di Fotografia “Scavi Scaligeri” del Comune di Verona.
Il suo progetto U.Pho.S. Unidentified Photographic Subject, è stato incluso nel libro “Dalla Fotografia d’Arte all’Arte della Fotografia” edito da ALINARI 24Ore ed esposto nel 2014 in occasione della 3.a Quadriennale di Düsseldorf.
Nel 2015 e 2016 tre nuovi traguardi: uno scatto del progetto Treasure Rooms si aggiudica il primo premio di Codice Mia, assegnato da una giuria internazionale; mentre nell’ambito di ArtVerona la Fondazione Domus acquisce Depositi della Galleria degli Uffizi – Firenze, 2014 e la Galleria d’Arte Moderna Achille Forti, con l’istituzione del Premio “Ottella For GAM”, un lavoro dal titolo Treasure Rooms degli Scavi di Pompei – Napoli 2015.
A gennaio 2016 è stato invitato come Cultural Leader al World Economic Forum di Davos.
Si spegne per una malattia nella sua Verona a soli 46 anni nel dicembre 2016.
Sulla sua vita è in lavorazione un docu-film.

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Le immagini hanno solo scopo culturale e didattico, rimangono di proprietà dell’autore.

Sam Cortis, Deep Spring, il concetto di mascolinità

Sam Contis (nata nel 1982 in Pittsburgh, PA) è una fotografa statunitense, vive e lavora in Oakland, CA.

“I think the darkness at the periphery of the work also comes from a desire to acknowledge a certain brutality inherent to the history of the western landscape, and to the struggle for survival within it.”
Sam Cortis

In questo lavoro, libro d’artista, dal nome “Deep Spring”, l’autrice lavora sull’identità della cultura americana, cultura costruita prevalentemente tramite le proiezioni cinematografiche e le fotografie di un tempo, trattando l’archetipo dei cowboy, dialogando con il concetto di mascolinità.

Ci troviamo nel Deep Springs College.

Il college prende il nome dalla valle in cui si trova, nell’alto deserto a est della Sierra, al confine tra California e Nevada, una valle isolata.

Il fondatore da lavoro a giovani uomini con un intento educativo oltre che la gestione effettiva del ranch che comprende 155 acri di terreno e la gestione di un allevamento di 200 bovini come progetto di lavoro comune.

Gli elementi che l’autrice ci presenta sono molteplici e sicuramente intrisi di questo dualismo tra la durezza e crudeltà del lavoro che svolgono mista a  sensibilità e dolcezza dei ragazzi.

Sicuramente quello che colpisce maggiormente è la forza del legame che si crea fra questi giovani uomini in formazione, un legame di fratellanza e solidarietà che si oppone alla visione storica di uomini non curanti degli altri e di sé stessi, duri e rudi.

Immersi in paesaggi che si perdono a vista d’occhio per quanto sconfinati, la grandezza del deserto, danno loro modo di porre attenzione al proprio mondo interiore, portando sè stessi giorno dopo giorno a scoprire chi sono, i propri limiti e ad apprendere che esistono visioni diverse dalla proprie.

E’ interessante notare come la fotografa ci porta dentro alla storia tramite fotografie che riprendono pezzi di realtà molto ravvicinata, es. braccia, mezzi busti…

spesso i soggetti diventano non soggetti, grazie al fatto che viene celato il loro volto, quindi assumono un concetto più universale e come un quadro sguardo dopo sguardo intenti a capire il soggetto del nostro scatto, entriamo nell’intimità della situazione rappresentata e nello sguardo che la fotografa ci ha prestato con la sua presenza nella scena.

Grazie a queste fotografie di dettagli di corpi e non solo, paesaggio e soggetto si fondono sino a organizzare una nuova e unica forma, un nuovo senso, l’occidente spesso è rappresentato come un luogo dove poter sperimentare nuovi modi di essere, in questo caso corpi maschili vengono messi in dialogo a paesaggi che di solito erano associati a corpi femminili.

Durante la storia, scatto dopo scatto, ci imbattiamo inoltre in foto d’archivio, foto che nonostante siano state scattate in passato (intorno agli anni 1917) in quello stesso college, possiedono un linguaggio moderno e dialogano perfettamente con gli scatti dell’autrice, rinforzando il dialogo tra passato e presente.

Sitografia

https://www.samcontis.com/Recent-Work

https://klausgallery.com/artist/sam-contis/slide/

https://www.moma.org/artists/68380

https://www.moma.org/collection/works/222497?artist_id=68380&page=1&sov_referrer=artist

Articolo di Eric De Marchi

Leila Jeffreys, “Nature is not a place to visit. It is home”

Leila Jeffreys (nata nel 1972 in Papua New Guinea) è una fotografa e video artista. Il suo lavoro è sempre legato alla sua impronta ambientalista.

Per diverso tempo ha praticato Birdwatching ed è stata volontaria per aiutare ornitologi, ambientalisti e scienziati nei loro studi o missioni.

La fotografa riprende la tradizione di artista-attivista come i grandi artisti americani Robert Smithson, Agnes Denes e artisti contemporanei come Ann Craven, Janet Laurence and Roe Etheridge.

Leila è conosciuta per i suoi lavori meravigliosi riguardo a diverse specie di uccelli sia rari che comuni che caratterizzano la scena mondiale ma soprattutto locale del magnifico luogo dove vive, l’Australia.

A voi propongo il progetto “Nature is not a place to visit. It is home’, qui lavora con un specie di uccelli molto comuni quali i Budgerigas Australiani, il suo lavoro evidenzia la meraviglia di questi uccelli e il loro modo di vivere in comunità dove la loro sopravvivenza dipende da quella degli altri individui e viceversa.

In questo trittico video, mette in evidenza implicitamente come la presenza dell’uomo influenzi la vita di questi animali e con la poesia di una composizione minimale  che richiama le opere giapponesi, richiama emozioni contrastanti di fascino e di attenzione verso questi esseri viventi volanti che vivono intorno a noi.

“A budgie flock is like a society; within the flock there are birds searching for a partner. When they find their partner, they breed and raise young. Their young are raised within the flock with other young birds, and they all learn from each other. Some birds get along, some fight. They build homes and search for food. They want to thrive,” notes Leila.

Video del trittico su Vimeo:

https://vimeo.com/361171001


“Birds are small, they flitter around, and life is busy, so many of us don’t notice their extraordinary beauty. At the same time, they are a visual representation of mindfulness, showing us that joy is an experience that doesn’t necessarily come from owning things but simply being in the moment noticing the beauty around you. They’re also an accessible, daily reminder that life exists in the wild, outside of busy human lives,” says Leila.

Books

https://www.leilajeffreys.com/books

Solo exhibitions &  collections

https://www.leilajeffreys.com/exhibitions

Pubblicazioni:

https://www.leilajeffreys.com/in-the-press

Sitografia

https://www.leilajeffreys.com/about

https://www.purdyhicks.com/artists/40-leila-jeffreys/biography/

https://australiapostcollectables.com.au/articles/budgerigars-an-interview-with-photographer-leila-jeffreys

Artiolo di Eric De marchi

Antony Crossfield, tra il corpo e l’identità.

Attraverso la sua arte cerca di mettere in discussione le concezioni tradizionali della corporeità esplorando la relazione tra il corpo e l’identità. Il pensiero occidentale ha tradizionalmente visto il soggetto umano in modo dualistico, come costituito da due entità separate: mente e corpo. Questa visione insiste sul fatto che “essere” significa soprattutto essere distinto dall’altro, essere sicuri e definiti entro i confini del corpo.

Fotografia di Antony Crossfield

Attraverso la sua fotografia cerca di sfidare queste concezioni sollevando il soggetto da interrogativi su chiusura e integrità. L’autore presenta il corpo non come un involucro protettivo che definisce i nostri limiti, ma come un organo di interscambio fisico e psichico tra corpi, una sorta di intersoggettività che produce identità. Il corpo si presenta come instabile, ambiguo, fluido e costantemente in movimento.

Molte delle sue immagini hanno come soggetto uomini proprio per sfidare la tradizione dell’oggettivazione delle donne, lavorando contro un discorso stereotipato sulla mascolinità. I suoi soggetti sono vistosamente carnosi, imperfette, soggetti a decadimento e vulnerabili. Ciò si traduce in una sorta di frammentazione del corpo che non è più lo spazio che assicura l’idea di sé, è il dominio in cui il sé viene contestato e messo in discussione.

Ho trovato interessante questo video https://www.celesteprize.com/artwork/ido:424542/

Classe 1972, Antony Crossfield lavora a Londra ed era il favorito di Charles Saatchi, il “super collezionista” d’arte.

Date un’occhiata al suo sito che è pieno di cose interessanti, ciao

Sara

Antony Crossfield

The Many Lives of William Klein, il documentario sull’autore.

Fotografia di William Klein

Diretto da Richard Bright, The Many Lives of William Klein fa parte di una serie televisiva della BBC.
Nel cast alcuni dei grandi maestri della fotografia come: Don McCullin, Martin Parr e William Klein stesso.
Il film è stato girato a New York un mese prima di una grande mostra della Tate Modern che celebra il suo lavoro, William Klein + Daido Moriyama, nel 2012.

Fotografia di William Klein

William Klein (19 aprile 1928) è un fotografo americano noto per aver incorporato elementi insoliti nelle sue fotografie e nei suoi video.
Nato a New York, ebreo in una zona in cui l’antisemitismo era molto presente, si avvicina alla fotografia per sfuggire ai suoi coetanei. W.Klein studia al City College di New York. Nel 1948, parte per un viaggiò in Francia, studia pittura con Fernand Léger e si iscrive successivamente alla Sorbona.

Fotografia di William Klein


Klein studia pittura e ha lavora brevemente come assistente di Fernand Léger a Parigi, anche se non ha mai ricevuto una effettivamente un formazione in fotografia, lavora nella moda (pubblicherà su Vogue) ed èpubblica numerosi libri fotografici iconici, tra cui Life is good e good for you in New York (1957) e Tokyo (1964). Negli anni ’80, si è dedica a progetti cinematografici producendo numerosi documentari e film memorabili, come Muhammed Ali, The Greatest (1969). Klein fotografa inizialmente con una Rolleiflex, passerà poi a Leica. Soltanto all’inizio degli anni ’80, riprende a fotografare e in questa occasione vengono riscoperte anche le sue prime fotografie.

Fotografia di William Klein

Con Klein nasce un nuovo modo di fotografare, le sue immagini sembrano accidentali, deformate caratterizzate dal mosso e dal contrasto esagerato. Per questo William Klein è considerato una della figure più anticonformiste della fotografia americana del dopoguerra.
Klein attualmente vive e lavora a Parigi, in Francia. Le sue opere sono conservate nelle collezioni del Museum of Modern Art di New York, della National Gallery of Art di Washington, DC e dell’Art Institute di Chicago, tra gli altri.

Buona visione, ciao! Sara

https://archive.org/details/the.-many.-lives.of.-william.-klein.

Se volete conoscere e acquistare i libri di William Klein, eccone alcuni:

Per acquisto William più Klein
Per acquisto Paris + Klein
Brooklyn + Klein by William Klein

Lorenzo Cicconi Massi e la fotografia

Lorenzo sa alterare la realtà che percepisce trasformando l’ordinarietà dei luoghi e delle persone che frequenta in suggestioni visive potenti e coinvolgenti. Vi invito a guardare il suo lavoro e leggere la sua storia. Baci

Sara

Lorenzo Cicconi Massi

Nel 1991 discute la tesi di laurea in Sociologia “Mario Giacomelli e il gruppo Misa a Senigallia”.

Comincia il suo lavoro di ricerca fotografica in bianco e nero. Nel 1999 ottiene il primo premio al concorso Canon. Dall’anno 2000 è uno dei fotografi dell’agenzia Contrasto. Il mensile ARTE lo include fra i 10 giovani talenti del nuovo panorama fotografico italiano. I suoi lavori vengono pubblicati dalle maggiori riviste italiane e da alcune testate europee.

Nel 2007 è premiato nella sezione “sports features singles” al World Press Photo, con un lavoro sui giovani calciatori cinesi. Venerdì di Repubblica gli dedica la copertina insieme ai colleghi italiani premiati.

Sempre nel 2007 riceve il premio G.R.I.N. per la serie sui giovani “fedeli alla tribù”.

Per i 10 anni dalla scomparsa del grande fotografo senigalliese realizza il film “mi ricordo Mario Giacomelli”.

Nell’estate 2011 espone sue opere per la Biennale di Venezia padiglione delle Marche, curata da Vittorio Sgarbi. Espone i suoi lavori a ParisPhoto, rappresentato da Forma galleria.

 Nel 2012 ha lavorato per il progetto di Altagamma “Italian Contemporary Excellence” con i più importanti marchi del lusso italiano, in mostra alla triennale di Milano, Shanghai e Tokio, con volume edito da Rizzoli.

Aprile 2013 ha esposto al Museo Ferragamo di Firenze per la mostra “Il calzolaio prodigioso”.

Del 2016 è la mostra “Le Donne Volanti”, museo Nori De Nobili. Nel 2017 presso Galleria Contrasto Milano e Palazzo Montecitorio inaugurata dalla Presidente della Camera Laura Boldrini.

Nel 2017 gli viene assegnato il premio “Scanno dei Fotografi” nell’omonima città abruzzese.

Del 2018 la mostra presso la Certosa di S. Giacomo a Capri “La liquidità del movimento” a cura di Denis Curti.

Dell’estate 2018 la mostra antologica “IN ARIA” presso la rocca Roveresca di Senigallia e a Contrasto galleria, Milano.

2019 mostra “viaggio intorno a casa” presso Plenum Gallery di Catania. Vince il premio “Osvaldo Buzzi” a Benevento.

Esordisce al cinema nel 2003 con la regia del film “PROVA A VOLARE” con Riccardo Scamarcio, Ennio Fantastichini ed Antonio Catania

Lorenzo Cicconi Massi        www.lorenzocicconimassi.it

email  lorenzocm@alice.it

Mob. +39 3394728460

Tutte le immagini sono di proprietà di Lorenzo Cicconi Massi.

Lorenzo terrà, per la nuova sessione scolastica, da Musa fotografia questo corso: La fotografia come viaggio intorno a casa

Diario di Musa – Interviste ai fotografi – Fausto Podavini

Fausto Podavini da Homo Change

Buongiorno a tutti, eccomi a proporvi una serie di piccole interviste fatte a fotografi più o meno giovani e conosciuti, italiani. Ho pensato fosse un buon momento per riflettere e capire la fotografia e i suoi utilizzi.

Alla domanda: cosa sta significando, per te, fare il fotografo/a, poterti esprimere con la fotografia, in questo periodo così complicato?

-Che vantaggi, quali frustrazioni (se ci sono), a che scoperte ha portato?

Ognuno di loro ha risposto differentemente e ha mosso dubbi e consapevolezze che possono essere interessanti da capire.

Cercherò di farveli conoscere e apprezzare per il loro lavoro e per quello che hanno detto nelle interviste!

Ringrazio i fotografi e tutti quelli che vorranno seguirci in questa piccola avventura.

Per la pagina Instagram @fotografiamusa Personale @munari.sara

Su facebook Musa Fotografia

Pagina instagram Fausto Podavini @faustopodavini

Fausto Podavini è nato a Roma e vive e lavora nella sua città natale. Inizia il percorso fotografico prima come assistente e fotografo di studio per avvicinarsi sempre più alla fotografia di reportage, che lo porta ad intraprendere un percorso da freelance iniziando a collaborare con varie ONG per la realizzazione di vari reportage in Italia, Perù, Kenya ed Etiopia.

Nel 2009 inizia una collaborazione con il Collettivo Fotografico WSP, e ne entra a far parte definitivamente nel 2010, dove, oltre alla figura di fotografo, svolge l’attività di docente di fotografia di reportage.

Oltre a vari lavori in Africa, Sud America e India, ha realizzato importanti lavori su territorio italiano come un reportage sullo sport per disabili, un lavoro all’interno di un carcere minorile ed un lavoro sull’Alzheimer, che gli è valso il primo premio nella sezione Daily Life del World Press Photo 2013, il più importante concorso a livello internazionale di fotogiornalismo.

Nel 2018, vince il suo secondo World Press Photo con il suo lavoro Omo Change, un long term che l’ha visto impegnato per 6 anni tra l’Etiopia e il Kenya e che documenta i cambaimenti sociali ed ambientali nella bassa Valle dell’Omo a seguito della costruizone ed entrata in fuznione della più alta diga di tutta l’Africa.

Nel 2017 è stato nominato Reporter per la Terra da Earth Day Italia.

Predilige lavori a medio lungo termine che gli permettono, in un epoca dove tutto si consuma velocemente, di soffermarsi ed approfondire in maniera unica la tematica dei suoi lavori.

I suoi lavori hanno ottenuto riconoscimenti internazionali come Il World Press Photo nel 2013 e nel 2018, Il Poy nel 2016 e nel 2018, il Sony, Yves Rocher Grant, il PDN Storytelling, il Kolga Tiblisi e sono stati pubblicati su le più importanti riviste internazionali come 6Mois, LeVie/LeMonde, GEO ES, Stern, Internazionale, Donna Moderna, Espresso, D di Repubblica, Nathional Geographic, Days Japan, GEO Germania, GEO Francia, Neue Zürcher Zeitung Magazine ed ha esposto nelle più importanti città come New York, Madrid, Barcellona, Milano, Roma, La Gacilly.

Il suo lavoro MiRelLa è diventato un libro distribuito dalla Silvana Editoriale ottenendo un successo internazionale.

Attualmente fa parte dell’osservatorio Water Grabbing per documentare il problema dell’acqua nel mondo.