Matt Black: American Geography

Nel 2015, il fotografo Matt Black è partito dalla sua casa nella Central Valley in California per scoprire e registrare la realtà della vita americana nelle comunità al di sotto della soglia di povertà. Nei sei anni successivi, ha attraversato il paese da costa a costa, visitando tutte le centinaia di luoghi al di sotto di quella divisione definita a livello federale in cui più di un americano su cinque vive in povertà. Nessuno di questi luoghi era separato da più di due ore di macchina.

Black ha percorso più di 100.000 miglia senza mai visitare tenere in considerazione la parte di paese dove l’aspettativa di vita era di 20 anni più lunga e il reddito più alto.

Parte della sua ispirazione per questo viaggio è nata dalle fotografie dell’era della Depressione di Dorothea Lange e dalle scritture di John Steinbeck. Quasi un secolo dopo, Black ha trovato innumerevoli storie che avevano i lineamenti di quella stessa disperazione. I giovani nelle anonime baracche polverose e nei parcheggi per roulotte che sputano sangue per vivere; le famiglie impossibilitate ad avere acqua pulita, sostentate dai buoni pasto. Parlando con l’Observer, all’inizio del suo viaggio, Black ha detto: “Tutte queste diverse comunità sono collegate, non da ultimo nella loro impotenza. Nei media mainstream, la povertà non è considerata come un problema legato all’America del nord, ma la situazione effettiva è differente. Non si considera perché non si adatta al modo in cui l’America vede se stessa.

L’epico libro di Black sulle fotografie del suo viaggio, American Geography, è un umiliante e potente correttivo di quella miopia.

Matt Black viene dalla Central Valley della California, un’area rurale e agricola nel cuore dello stato americano.

Altri suoi lavori sono: The Dry Land, sull’impatto della siccità sulle comunità agricole della California, e The Monster in the Mountains, sulla scomparsa di 43 studenti nello stato messicano meridionale di Guerrero. Entrambi questi progetti, accompagnati da cortometraggi, sono stati pubblicati da The New Yorker

Il suo lavoro è apparso regolarmente sulla stampa statunitense e internazionale, tra cui Time magazine, The New Yorker, Le Monde e Internazionale. È stato premiato tre volte dal Robert F. Kennedy Memorial Prize. Ha ricevuto il W. Eugene Smith Memorial Award nel 2015 ed è stato nominato senior fellow presso l’Emerson Collective. È stato nominato a Magnum Photos nel 2015 ed è diventato un membro a pieno titolo nel 2019.

Per acquisto del libro clicca qui

Per approfondire https://time.com/3958729/matt-black-geography-of-poverty/

Tutte le fotografie sono di proprietà dell’autore, l’articolo ha scopo didattico culturale.

Catherine Opie, l’immagine dell’America contemporanea

Catherine Opie è nata a Sandusky, Ohio nel 1961. Opie indaga i modi in cui le fotografie documentano e danno voce ai fenomeni sociali nell’America di oggi, registrando gli atteggiamenti e le relazioni delle persone con sè stesse e con gli altri, e il modo in cui occupano il paesaggio contemporaneo. Al centro delle sue indagini ci sono domande legate alle relazioni con la comunità a livello sociale, che esplora a più livelli in tutti i suoi progetti fotografici.

Autoritratto con tagli autoinflitti


Lavorando tra approcci concettuali e documentaristici alla creazione di immagini, Opie esamina generi che variano tra foto scattate in famiglia – ritrattistica, paesaggio e fotografia in studio. Esegue spesso sorprendenti di immagini seriali con composizioni inaspettate. La sua ricerca riguarda argomenti anche radicalmente diversi che riesce però a trattare in parallelo. Molte delle sue opere catturano l’espressione dell’identità individuale attraverso gruppi (coppie, squadre, folle) e rivelano una connessione sottintesa con la sua storia personale che rispecchia nei suoi soggetti.

A 60 anni, Catherine Opie parla con grazia e forza che derivano da una vita trascorsa a forgiare il proprio percorso attraverso l’arte e a entrare in contatto con persone di ogni estrazione sociale, sia dietro la telecamera che davanti ad una classe. Come una delle principali fotografe della sua generazione, Opie ha raccontato le persone, i luoghi e la politica di Stati Uniti profondamente radicati nell’intersezione tra casa e identità, creando un ritratto intimo della vita americana contemporanea.

All’età di 13 anni, Opie si è trasferita dall’Ohio alla California ed è entrata al liceo come la “nuova ragazza”, piuttosto timida e incerta su come entrare in contatto con i ragazzi che sono cresciuti insieme. “Non ero brava a capire come fare amicizia”, ​​dice Opie.

Poi l’ispirazione l’ha colpita. Opie, che ha sperimentato la fotografia dall’età di nove anni, ha costruito una camera oscura e ha iniziato a fotografare i suoi amici durante le recite scolastiche. “Andavo a casa, stampavo le fotografie di notte e poi davo loro delle stampe”, ricorda Opie della sua esperienza formativa nel creare legami con nuovi gruppi. Le cose andarono a posto quando Opie trovò il suo ruolo di osservatore impegnato che poteva muoversi senza problemi tra i diversi gruppi.
Che si tratti di documentare movimenti politici, sottoculture queer o trasformazioni urbane, le immagini della vita contemporanea di Opie sono un ritratto dell’America contemporanea. l’autrice vorrebbe trasmettere idee che testimoniano l’importanza di “dell’apparenza in società”.

Nella sua città natale, Sandusky, Ohio, Catherine Opie vaga per le strade con la macchina fotografica, alla ricerca di quella che lei chiama “l’immagine artistica americana”. Visitando i siti della sua infanzia, Opie riflette su come le sue prime esperienze a Sandusky abbiano influenzato il suo approccio alla fotografia.

“È curioso che anche ora finisca per passare così tanto tempo da sola a fotografare”, dice Opie, “perché è ciò che ho sempre fatto anche da bambina”.


Catherine Opie ha ricevuto un BFA dal San Francisco Art Institute (1985), un MFA da CalArts (1988) e dal 2001 insegna all’Università della California, Los Angeles. Ha ricevuto numerosi premi, tra cui il President’s Award for Lifetime Achievement dal Women’s Caucus for Art (2009); Borsa di studio per artisti degli Stati Uniti (2006); Premio Larry Aldrich (2004); e il CalArts Alpert Award nelle arti (2003). Il suo lavoro è apparso in importanti mostre presso l’Institute of Contemporary Art, Boston (2011); Museo d’arte della contea di Los Angeles (2010); Museo Guggenheim, New York (2008); MCA Chicago (2006); e il Walker Art Center, Minneapolis (2002). Catherine Opie vive e lavora a Los Angeles, California.

Per approfondire: https://www.guggenheim.org/artwork/artist/catherine-opie

Tutte le immagini presenti nell’articolo sono e rimangono di proprietà di Catherine Opie e qui hanno solo scopo didattico informativo.

Cristina Garcìa Rodero, avere posate d’argento non renderà il tuo cibo più gustoso

“La fotocamera ti aiuta, ma il motore è il tuo cuore o la tua testa. Avere posate d’argento non renderà il tuo cibo più gustoso” (C.G.Rodero)

Articolo di Giovanna Sparapani

SPAIN. Almonte. 1977. The virgin returns to the temple. Cristina Garcìa Rodero

Nata a Puertollano in Spagna nel 1949,  dopo aver studiato pittura presso la Scuola di Belle Arti di Madrid, decide di dedicarsi esclusivamente alla fotografia, materia che ha insegnato fino al 2007 nella stessa Università.  In un’ interessante intervista pubblicata sul sito dell’Agenzia Magnum, la Rodero racconta che dopo la laurea si era recata a Firenze per studiare fotografia, ma, delusa dagli insegnamenti ricevuti nella città del giglio, aveva optato per la fotografia di strada al fine di ottenere interessanti reportage. A questo proposito con modestia la fotografa afferma che: “Il reportage è una scuola di vita. I tuoi insegnamenti si basano su errori ed errori”.

Una delle sue più compiute e importanti ricerche è rivolta a documentare le feste popolari e le tradizioni religiose spagnole, attraverso un cospicuo numero di fotografie raccolte  nel libro España Oculta, (ed.Lunwerg, Barcellona 1989); il volume che è stato ristampato più volte e tradotto in diverse lingue, ha ottenuto al Festival di Fotografia di Arles l’ambito riconoscimento di “ Book of the year Award”. Inoltre, dopo aver vinto l’importante Premio di Fotografia Nazionale in Spagna nel 1996, è stata la prima donna spagnola nominata nel 2009 membro effettivo dell’Agenzia Magnum.

SPAIN. La TrinitŽ, Lumbier, Espagne, 1980 – Cristina Garcìa Rodero

Una profonda cultura etnologica e antropologica, ricca di riferimenti artistici e letterari, le ha consentito di indagare sulle radici del popolo spagnolo, attraverso una ricerca per immagini sul  mondo rurale e la ritualità arcaica: le sue fotografie trascendono la mera cifra documentaristica alla ricerca di una qualità estetica e narrativa potente.

Gli scatti in bianconero dai netti contrasti chiaroscurali riescono ad affascinare l’osservatore, evidenziando il mistero e una spiritualità antica che trascende una visione oggettiva della realtà. La fotografa non indugia su particolari folkloristici di facile richiamo: le persone umili, che partecipano ai riti, sono colte nella loro semplicità che le rende affascinanti e talora inquietanti, come le immagini degli uomini incappucciati vestiti di lunghe tuniche che lasciano intravedere solo gli occhi e i piedi scalzi, intangibili fantasmi che vagano in gruppo durante le processioni attraverso le strade dei paesi: il bianconero è molto contrastato, le inquadrature e i tagli sono audaci a evidenziare con forza e passione la vita quotidiana degli umili, in una parola, degli ultimi che tengono vive  con determinazione le loro tradizioni popolari e religiose.

Cristina Garcia Rodero A onze heures au Salvador, Cuenca. Spain. 1982

Il suo sguardo appassionato  si sofferma sugli atteggiamenti delle donne che sfilano incappucciate in nero e sugli uomini che portano sulle spalle pesanti croci,  evidenziando con forza come dai loro sacrifici arcaici trasudino significati legati alla sfera della  carnalità e dell’ erotismo. Di eccezionale intensità espressiva sono il ritratto dell’uomo con candelotti poggiati sulla testa che colano cera sul suo volto e della donna ritratta con quattro candele dentro la bocca che sembrano soffocarla.

Fotografia di Cristina Garcìa Rodero

“All’epoca pensavo di poter fare qualcosa in cinque anni, ma alla fine ne ho presi 15. Più facevo ricerche, più trovavo. Ed è diventata una sfida per me, scoprire queste tradizioni nascoste, farle conoscere, fare in modo che non si perdessero nella storia. Ho cercato di fotografare l’anima misteriosa, vera e magica della Spagna popolare in tutta la sua passione, amore, umorismo, tenerezza, rabbia e dolore, in tutta la sua verità raccontando i momenti pieni ed intensi nella vita di personaggi così semplici e irresistibili, come fosse una sfida personale nella quale ho investito tutto il mio cuore”. (G.C.R.).

SPAIN. 1980. Salve a la Vierge de Ujué, Lumbier. Cristine Garcìa Rodero

Cristina Garcia Rodero Waiter chocolate with churros Cartagena. Spain. 1981

Cristina Garcìa, curiosa e solidale con il genere umano di tutto il globo, si è interessata a documentare anche le tradizioni e i riti popolari e religiosi di altri paesi, dedicando particolare attenzione ai luoghi e alle tradizioni di Haiti e dell’America Latina, in particolare del Venezuela.  Il suo lavoro “Rituals in Haiti” fu esposto per la priva volta alla Biennale di Venezia nel 2001.

 In Italia, più o meno nello stesso periodo, quando fiorivano studi etnologici e antropologici, la fotografa napoletana Marialba Russo ha prodotto un prezioso lavoro in cui documenta con occhio attento e partecipato le tradizioni religiose e popolari del sud Italia.

PINO BERTELLI, la Fotografia ribelle, Interno4 2022, Rimini

https://www.magnumphotos.com

https://www.fotografiaartistica.it

Articolo di Giovanna Sparapani

L’articolo ha solo scopo didattico e culturale, le fotografie sono dell’autrice e non possono essere usate per fini commerciali.

La post-fotografia di  Isabelle Minh

Articolo di Giovanna Sparapani

Nata a Schötmar in Germania nel 1965, vive e lavora in Francia, a Parigi.

Ha studiato matematica e si è laureata in ingegneria all’École Nationale Supérieure d’Ingenieurs  a Caen in Normandia, frequentando contemporaneamente l’École Nationale Supérieure de la Photographie di Arles: dopo i suoi primi lavori svolti a Berlino in qualità di ingegnere, ha lasciato la sua professione per dedicarsi interamente alla fotografia, fino a diventare un’artista concettuale a tutto tondo.

Flickr, after Paul Sharits

“ Alcuni anni fa, quando mi sono resa conto di quanto la rivoluzione digitale avesse cambiato decisamente il nostro rapporto con la fotografia, ho deciso di abbandonare la mia pratica tradizionale del mezzo….” (I. LM) . Allontanatasi gradualmente dalla riproduzione del mondo reale, si è concentrata ad analizzare  il ruolo della fotografia nella società contemporanea, al fine di comprenderne l’essenza più profonda. Ha dedicato i suoi studi con metodica precisione – derivatale senza dubbio dalla sua formazione scientifica – ai mezzi e ai dispositivi che permettono di fissare le immagini dalle quali oggi siamo letteralmente invasi.

Al 2008 risale una serie di fotografie dal significativo titolo “ Trop tôt, trop tard” in cui Isabelle si dedica ad analizzare alcune immagini fotografiche del grandissimo Henry Cartier Bresson, con la finalità di destrutturare la teoria dell’ “istante decisivo”. “Henry Cartier Bresson è stato un modello per molti che si avvicinavano alla fotografia verso la fine degli anni ’80, per i quali il rispetto di alcune regole quale ‘l’istante decisivo’, la composizione bilanciata…erano garanzie di riuscita dell’immagine” (I. LM).La Le Minh intuisce che, con il diffondersi della tecnica digitale, questa teoria inizia a scricchiolare perché l’uso di Photoshop permette di intervenire per superare i difetti e ricomporre le immagini a nostro piacimento: il mondo della fotografia ha subito una trasformazione radicale. Con coraggio decide di destrutturare alcune delle foto più celebri di Cartier Bresson, togliendo ciò che per il fotografo francese incarnava “il momento decisivo” come ad esempio  il famoso ‘salto’: ne escono fuori delle immagini completamente diverse in cui la cifra dominante diviene la solitudine e il silenzio. Inoltre grazie a queste fotografie ‘destrutturate’  comprendiamo la robusta impalcatura geometrica e il deciso contrasto di ombre e luci che stanno alla base delle fotografie del grande francese.

Isabelle Le Minh, da Cartier Bresson Cartier Bresson

 Si tratta di un’operazione altamente concettuale che ci invita a riflettere sull’essenza stessa della fotografia, sui suoi limiti, sull’originalità delle immagini in un mondo in cui possono essere manipolate all’infinito.

Mi piace ricordare, in mezzo a importanti lavori che hanno visto Isabelle protagonista di numerose esposizioni in tutto il mondo, l’imponente mostra del 2017 in Normandia a Rouen, dal titolo assai esplicativo “ After Photography &Beyond”, in cui l’artista esplora i diversi campi della fotografia, soffermandosi sulla storia, gli oggetti, le tecniche, gli usi e  i principali fondamenti teorici di essa.

 Celebre la sua serie di foto del 2015, dedicata ad immortalare obiettivi fotografici delle più svariate epoche che campeggiano come geometriche sculture cilindriche su fondi rigorosamente bianchi, in composizioni che richiamano in modo esplicito le immagini degli  edifici industriali dei coniugi Becher, da cui il titolo “ Objektiv, after Bernand and Hilla Becher”.

Isabelle Le Minh, Objektiv

… non più la fotografia come mezzo per rappresentare il mondo, ma l’arte come mezzo per mettere in discussione la fotografia” (I. LM)

BIBLIOGRAFIA

A.A.V.V. After Photography & Beyond, catalogo dell’esposizione “ After Photography” presentata a Frac Normandie Rouen, Sotteville-les-Rouen nel 2017. Ed. Dilecta, Parigi

Per conoscere il lavoro dell’artista:  https:/ galeriegaillard.com Isabelle Le Minh

Tutte le immagini sono di proprietà dell’artista e sono proposte esclusivamente per scopo didattico e culturale.

Articolo di Giovanna Sparapani

Scopri ArtinPalace, the virtual place of art and beauty

Oggi vi presentiamo questo progetto di arte virtuale che potrebbe interessare a qualche fotografo, buona lettura, ciao! Sara

Cos’è ArtinPalace

Art in Palace è concepito come un Palazzo delle Arti e della Cultura interamente virtuale, con spazi funzionali e personalizzati per esporre opere d’arte, fotografie, presentare libri, organizzare conferenze. 

Le mostre, concepite come virtual tour 360° semplici e immersive, pensate tecnologicamente per navigare fluidamente online, fruibili attraverso desktop, smartphone e tablet, rappresentano uno spazio aperto 24 ore su 24 e 7 giorni su 7, visitabile a livello globale.

A chi è rivolto

Art in Palace è un luogo di incontro e confronto tra artisti, storici e critici d’arte, curatori, galleristi, collezionisti, amanti dell’arte e curiosi di nuove tecnologie, che apre una rete di relazioni con un potenziale di crescita esponenziale.

Un luogo virtuale in continuo movimento attento alle esigenze del mercato.

Cosa offre

Creato con le ultime tecnologie 3D, Art in Palace offre la possibilità di progettare spazi virtuali per esposizioni temporanee navigabili attraverso tour a 360°, totalmente personalizzabili e interattivi.

Le mostre, reali o virtuali, sono corredate da punti di informazione ricche di elementi video, testuali, fotografici che forniscono dati utili per una conoscenza approfondita delle opere e degli autori, e una totale immersione nell’esperienza virtuale.

Il portale è dotato della funzionalità e-commerce che permette l’acquisto delle opere in mostra.

Ogni evento viene studiato con una grafica coordinata che possa promuoverlo con una identità riconoscibile sui social, nel percorso mostra e in progetti editoriali.

In sintesi:

  • Video tour virtuali 360 di spazi reali, interattivi con link di approfondimento (video, pdf, audio, immagini)
  • Tour virtuali a 360° di spazi costruiti e renderizzati, totalmente personalizzabili, interattivi con link di approfondimento (video, pdf, audio, immagini)
  • Promozione nei nostri social media manager
  • Inserimento delle opere nello shop-online
  • Pagina dedicata su ArtinPalace
  • Video intervista all’artista
  • Testo critico

Perché ArtinPalace

Art in Palace è un luogo virtuale dove lanciare una nuova idea, creare un evento in anteprima, invitare alla presentazione persone qualificate e interessate.

Il criterio che è alla base di questo progetto innovativo è la ricerca della bellezza che ci ispira nella costruzione virtuale degli spazi e nella cura dei particolari che possono essere personalizzati secondo le esigenze dei clienti. I nostri social media manager, si occuperanno di promuovere il vostro evento a largo raggio e intercettando il target interessato.

Crediamo fermamente che  i virtual tour 360°, possano essere preziosi partner esperenziali, efficaci anche per promuovere mostre ed eventi in presenza.

Grazie ad anteprime e approfondimenti multimediali possono offrire un’esperienza di grande ricchezza e con visibilità mondiale.

I virtual tour inoltre, una volta arrivato il giorno di chiusura della mostra reale, possono conservarne la memoria per un tempo molto più lungo.

PROPOSTE per mostre in ARTINPALACE

  1. Creazione di una stanza personalizzata nella struttura architettonica e nell’arredamento con
    • 5 opere collocate su pannelli anch’essi personalizzati.
  2. Creazione di una stanza personalizzata nella struttura architettonica e nell’arredamento con
    • 5 opere collocate su pannelli anch’essi personalizzati,
    • 2 link di approfondimento (testi, foto, video, interviste all’artista o al critico, catalogo).
    • Catalogo sfogliabile sul web con le foto esposte e testi critici inviati dall’autore
  3. Creazione di tre stanze personalizzate nella struttura architettonica e nell’arredamento con
    • 12 opere collocate su pannelli personalizzati.
    • Profilo critico dell’artista e della mostra a cura di uno storico dell’arte/critico d’arte.
    • 7 link di approfondimento (testi, foto, video, interviste all’artista o al critico, catalogo).
    • Catalogo sfogliabile sul web.

PER CONOSCERE ARTINPALACE

www.artinpalace.t

instagram: @artinpalace360

Sara Munari e il blog non sono coinvolti in questa attività, vi preghiamo di contattare direttamente gli interessati al sito di riferimento.

TROPPA FOTOGRAFIA, POCA FOTOGRAFIA. Riflessioni sui linguaggi contemporanei

Oggi esce un altro libro che ho scritto! Sembrerà strano dopo l’uscita appena un mese fa, del mio libro precedente. Questo non è un manuale ma una riflessione su quello che sta accadendo nel mondo della fotografia. Mi è piaciuto studiare e scriverlo, mi è piaciuto anche rileggerlo!
Spero lo troviate interessante, ciao! Sara

Esce oggi TROPPA FOTOGRAFIA, POCA FOTOGRAFIA. Riflessioni sui linguaggi contemporanei

Le immagini ci interessano molto perché ci riguardano in misura sempre maggiore, tanto che, considerata la loro pervasiva presenza, siamo indotti persino a pensare che non siano parte della vita quotidiana: le immagini sono la vita quotidiana.
L’irrompente quantità di sollecitazioni a cui tutti siamo esposti produce inevitabilmente effetti anche sui fotografi, su quello che producono e su come lo producono.
Ricostruendo gli sviluppi più recenti dei diversi linguaggi fotografici e degli strumenti di comunicazione digitale, in questo saggio l’autrice si interroga e ci interroga su quale sia il destino della fotografia e dei suoi interpreti che si trovano a dover fare fronte a una sensazione di smarrimento per la perdita di direzione culturale e di ridefinizione del ruolo autoriale. Uno sbandamento generale che ci fa sguazzare in un mondo fotografico per ora un po’ anarchico ma, anche per questo, ricchissimo di spunti.     
Il volume è disponibile da oggi fino al 9 luglio solo sul sito EMUSE con uno sconto del 10%.         p. 136  18,00 euro 16,20 euro   Sconto lancio fino al 9 luglio   

“Elle” lo sciamanesimo femminile, di Valeria Gradizzi

Buongiorno, oggi vi presentiamo il libro di Valeria Gradizzi “Elle” edito dalla casa editrice EMUSEBOOKS

Elle

Dall’inizio di questo secolo assistiamo al ritorno dello sciamanismo in Europa e in Italia, attraverso istanze collettive in evidente crescita e che valorizzano la dimensione della spiritualità nella vita dei singoli e delle comunità. C’è un vento che spira, sia da Oriente che da Occidente, che porta visioni del mondo che credevamo sepolte sotto secoli di storia. È un mondo carico di spiritualità in cui le donne, attraverso pratiche mistiche fuori dai binari delle religioni organizzate, trovano consapevolezza di sé e del loro ruolo nella società, una ricerca volta alla trasformazione personale attraverso la sacralizzazione della natura, in costante riferimento all’energia cosmica.

Valeria Gradizzi ha accompagnato e fotografato donne sciamane attraverso i boschi, di notte, intorno al fuoco e al chiarore della luna piena, accompagnata dai loro canti e dalle urla. Il risultato è un lavoro in cui gli spazi temporali si sovrappongono: il presente dello scatto rielabora un passato in completa armonia con la natura e proietta a un futuro ideale di rispetto verso Madre Terra. Un lavoro in cui la donna, in armonia e fusione con gli elementi naturali, esprime se stessa e la propria spiritualità libera da ogni condizionamento esterno.

Elle è un viaggio fotografico all’interno delle pratiche sciamaniche femminili dell’Italia contemporanea, arricchito dalla presenza di poesie di ispirazione sciamanica e dai testi di approfondimento storico-antropologico sul significato dello sciamanesimo oggi di Morena Luciani Russo e Enrica Tedeschi.

Illustrazione di copertina di Elisa Seitzinger, visual artist, in cui la composizione grafica lascia spazio alla forte carica simbolica.

Sinossi breve ITA (1200)

Quello dello sciamanesimo femminile è un mondo carico di spiritualità in cui le donne, attraverso pratiche mistiche fuori dai binari delle religioni organizzate, trovano consapevolezza di sé e del loro ruolo nella società, una ricerca volta alla trasformazione personale attraverso la sacralizzazione della natura, in costante riferimento all’energia cosmica.

Valeria Gradizzi ha accompagnato e fotografato donne sciamane, nei boschi, la notte intorno al fuoco al battito dei tamburi e al chiarore della luna piena. Il risultato è un lavoro in cui gli spazi temporali si sovrappongono: il presente dello scatto rielabora un passato in completa armonia con la natura e proietta a un futuro ideale di rispetto verso Madre Terra. Un lavoro in cui la donna, in armonia e fusione con gli elementi naturali, si esprime libera da ogni condizionamento esterno. Elle è un viaggio fotografico all’interno delle pratiche sciamaniche femminili dell’Italia contemporanea, arricchito dalla presenza di poesie di ispirazione sciamanica e dai testi di approfondimento storico-antropologico di Morena Luciani Russo e Enrica Tedeschi. L’illustrazione di copertina, dalla forte carica simbolica, è di Elisa Seitzinger.

L’autrice

Valeria Gradizzi
Valeria Gradizzi (1979) è una fotografa documentarista italiana.

Si è specializzata con Giovanni Umicini, Christopher Anderson e Ivo Saglietti.
Ha ricevuto diversi premi e riconoscimenti, tra cui, nel 2018, una menzione d’onore al 12° Julia Margaret Cameron Award e la Silver Winner ai Tokyo International Awards per il progetto Al Batin / The hidden, reportage a lungo termine sulla presenza delle donne all’interno del misticismo islamico.
Ha esposto in mostre personali e collettive in gallerie private e spazi pubblici. Tra gli altri: Photolux Festival (Italia), FotoValid (Spagna), Soho Photo Gallery (New York). Attualmente vive e lavora a Verona.

PER ACQUISTO DEL LIBRO

Titolo: Elle

Autore: Valeria Gradizzi

Testi: Valeria Gradizzi, Morena Luciani Russo, Ivo Saglietti, Enrica Tedeschi

Progetto grafico: Stefano Pallavisini

Illustrazione di copertina: Elisa Seitzinger

Data di pubblicazione: 09/06/2023

Prezzo: 40,00

Pagine: 160

Dimensioni: 16,8 x 22,2

Peso:

Rilegatura: cartonato telato con stampa in serigrafia  

Link sito: www.emusebooks.com/libri/elle

Collana: Portfolio

Isbn: 9788832007626