Antonia Mulas, la gloria si fa inquieta.

La fotografa lombarda Antonia Buongiorno Mulas ( Barbianello 1939 – Milano 2014),

studente negli anni cinquanta  presso l’Accademia d’ Arte di Brera, nel famoso bar Giamaica – ritrovo ala moda  di intellettuali, scrittori, artisti e politici dell’epoca -, incontrò il fotografo Ugo Mulas che sposò nel 1958. Collaborando con lui  in modo proficuo e costante, il  loro studio/laboratorio divenne un fondamentale punto di riferimento per molti fotografi milanesi, fino alla prematura scomparsa di Ugo nel 1973. Dopo la morte del marito, Antonia si dedicò a riordinare il corpus fotografico che giaceva affastellato nel loro studio, organizzando un importante archivio, pubblicizzato su scala nazionale e internazionale.

Nonostante l’influenza di Ugo Mulas, Antonia seppe sviluppare in modo del  tutto autonomo una cifra stilistica tutta sua, di cui troviamo ampia dimostrazione nei reportage dai frequenti viaggi in vari paesi dell’Europa, Stati Uniti, Russia, Medio Oriente, Africa, Indocina. Al 1976 risale la sua prima opera di ricerca, dedicata al muro di Berlino che la fotografa ha sempre considerato come il suo più importante lavoro di documentazione:”. Dietro a questa parte di case c‘erano altre case, che poi, nel tempo, sono state cancellate e ricoperte dal muro di cemento… E dietro c’era questa misteriosa linea di morte. Se qualcuno passava, le armi automatiche si mettevano in funzione e sparavano…” (A.M)

 Al 1979 risale il libro San Pietro, pubblicato da Einaudi con la prefazione del critico e storico dell’arte Federico Zeri.

Mostrando una conoscenza accurata della storia e dell’estetica del periodo barocco, con i suoi scatti in bianco/nero fortemente contrastati, mette in evidenza ed esalta la magnifica e traboccante opulenza che caratterizza le decorazioni e le sculture della maggiore chiesa della cristianità trionfante. Come sostiene Federico Zeri, ad Antonia non interessa fornire all’osservatore una rassegna fotografica esauriente ed organica: “… Sorretto da un’attenta curiosità, vivace e sempre desta, il suo occhio, per fissare le proprie impressioni si serve dell’obiettivo fotografico, disponendone con estrema disinvoltura, con abilità eccezionale. C’è da rilevare infatti che nessuna delle riprese è stata condotta con l’aiuto di fari, riflettori o altri mezzi che non siano l’apparecchio e i suoi accessori…”(F.Z).  La fotografa non si rivolge a documentare tutti i celebri capolavori di cui la Basilica è ricchissima e la mancanza di uno scatto rivolto alla Pietà giovanile di Michelangelo, la dice lunga di quanto il suo sguardo sia originale e coraggioso rispetto all’estetica dominante in fotografia. Antonia  percorre con lo sguardo rivolto in alto le ampie navate della chiesa senza cercare punti di vista privilegiati: l’intento  non è quello di fornire corrette inquadrature frontali , ma immortalare le sculture secondo la loro particolare collocazione, scelta e voluta dagli artisti che le hanno create. Nelle fotografie di grande formato scattate tra il 1977 e il 1978, tutte rigorosamente a luce naturale, vediamo  un affastellarsi di ornamenti e figure umane che si intrecciano tra loro: santi, pontefici, figure femminili allegoriche, teschi , angioli paffutelli spesso deformati dalle riprese dal basso e non ultimi gli avvolgenti panneggi che conferiscono movimento ai marmi bianchi e colorati grazie a superfici concave e convesse,  a curve e controcurve, tanto care all’estetica barocca volta a glorificare la chiesa di Roma vittoriosa dopo la Controriforma.  Antonia Mulas non rimane però abbacinata solo dalla maestosità del più grande edificio della cristianità, perché attraverso complicati giochi di luci e ombre, riesce a mettere in evidenza anche il senso di inquietudine e di mistero che sprigionano alcuni corpi straziati dal dolore o trasfigurati dall’estasi, come ben si comprende attraverso particolari pregnanti di significato.

 Al lavoro su San Pietro, seguono altri importanti progetti che vedono Antonia impegnata ad immortalare opere d’arte dell’antichità greca e romana con un’attenzione particolare su temi erotici, oppure a scattare molteplici ritratti di personaggi influenti in campo artistico e culturale. Famose sono le sue  immagini pubblicitarie per grandi marchi come Fiat, Pininfarina, Poltrona Frau, Olivetti, Rank Xerox, e  le sue collaborazioni  per importanti riviste di architettura e di moda a livello europeo . Al 1983 risale la sua collaborazione con la RAI in qualità di regista e conduttrice di programmi di arte e cultura sul terzo Canale.

 Bibliografia:

Michael Grant, Antonia Mulas, Eros a Pompei, Mondadori, 1974

Antonia Mulas,Autoritratti 1977-1980,

Antonia Mulas, San Pietro, Einaudi ed.,Torino1979

Antonia Mulas,Marco Mulazzani, Architettura per Benetton. Grandi progetti per raccontare la cultura di un’azienda, Skira 2005

Sitografia:

Antonia Mulas Biografia (zam.it)ANTONIA MULAS. SAN PIETRO: LA GLORIA SI FA INQUIETA | GALLERIA SAN FEDELE, MILANO – Themaprogetto.it

Marialba Russo, aspetti sociali e religiosi del Sud Italia.

Fotografia di Marialba Russo

Nata a Napoli nel 1947, romana di adozione, ha iniziato i suoi studi di pittura presso l’Accademia di Belle Arti della sua città per poi dedicarsi a tutto tondo alla ricerca fotografica. In una intervista  del marzo 2019, rilasciata presso il Museo Pecci di Prato in occasione della mostra “Soggetto Nomade”, la Russo rivela il suo amore per i viaggi e per uno in particolare, che divenne determinante per le sue scelte di vita future: nel 1968, trovandosi a Parigi, coinvolta nelle turbolente manifestazioni del ‘maggio francese’, si trovò a rimpiangere di non avere con sé  una macchina fotografica per immortalare quegli avvenimenti indimenticabili. Da quel momento in poi decollò la sua passione per la fotografia e per la stampa in camera oscura. Poco interessata al fotogiornalismo tanto in voga negli anni Settanta, si è concentrata sugli aspetti sociali e religiosi del Sud Italia a cui ha dedicato numerosi libri fotografici, immortalando feste popolari, tradizioni e cerimonie legate a culti di derivazione pagana approdati nel cristianesimo.  Curiosa indagatrice, Marialba si è soffermata anche su attività artigianali tipiche, sulle danze popolari tramandate oralmente di padre in figlio e su  fatti e consuetudini del vivere quotidiano, regalandoci un racconto visivo straordinario che permette di conoscere alcuni aspetti peculiari del mezzogiorno di Italia, in molti casi oggi scomparsi. Nei primi anni Settanta Marialba svolse un’intensa collaborazione con il Museo Nazionale delle Arti e Tradizioni popolari di Roma e anche con la rivista Vogue Italia: i suoi lavori sempre ben organizzati, riescono a costruire racconti visivi di incredibile profondità, come quelli raccolti nella sequenza fotografica “il Parto” che rappresentò l’Italia a Venezia nel 1979 nella sezione Fotografia Europea Contemporanea.

Fotografia di Marialba Russo

Preziose sono le immagini che riprendono la processione che si svolge ogni sette anni – dal primo lunedì dopo Ferragosto fino alla domenica successiva –  a Guardia Sanframondi in provincia di Benevento: il rito in onore della Vergine Assunta prevede la sfilata dei quattro rioni in cui è diviso il paese.  Sconvolgente è l’ultimo ‘mistero’ del Rione Croce in cui sono protagonisti ‘ i flagellanti penitenti’ chiamati anche ‘battenti’ che in segno di penitenza, durante tutto il tragitto, si percuotono il petto con dei pezzi di sughero ricoperti di spilli – le cosiddette ‘spugne’-  tenute con la mano destra, mentre nella sinistra recano il Crocifisso. La Russo, con immagini in bianco e nero intense e fortemente contrastate, ha immortalato questi anonimi personaggi che indossano una veste bianca che li rende simili a spettri, sensazione amplificata dal cappuccio sopra il quale risaltano due ampi fori scuri solcati di ombra al posto degli occhi: gli abiti candidi degli uomini si macchiano di rosso man mano che il sangue esce dalle ferite provocate dagli spilli, fornendo uno spettacolo agghiacciante. In altri lavori il magico bianco e nero della fotografa esalta e rende spettacolari nella loro dignitosa umiltà “…i volti poveri delle donne in nero – una sorta di madonne della miseria che fuoriescono nello splendore della loro autenticità – sono severe icone della speranza e si portano addosso la bellezza  antica di madri dolenti e mai arrese, forse, al mutamento dei tempi…” (Pino Bertelli, La Fotografia ribelle, ed. Interno4, 2022)

Fotografia di Marialba Russo

Dagli anni Novanta i lavori di Marialba sono caratterizzati da toni più intimisti e i paesaggi sono metafore del proprio mondo interiore.  Nel suo ultimo libro “ Il Passaggio, l’incanata” –  pubblicato da Postcard, Roma 2022 – la fotografa ci offre un racconto visivo su un rito di iniziazione che si svolge in provincia di Avellino, ai confini con la Basilicata.  Con visione asciutta ma non priva di poesia, la Russo documenta attraverso tagli e inquadrature originali, una tradizione contadina dai fini terapeutici ricchi di mistero, ottenuti tramite la ricerca di  una stretta corrispondenza  tra uomini e natura, con esattezza tra  bambini ed elementi vegetali, soprattutto alberi.

Bibliografia e sitografia:

Marialba Russo, Gli eretici dell’Assunta, Museo delle Arti e Tradizioni Popplari, De Luca editore, Roma 1978

Marialba Russo, Confine,Silvana editoriale S.p.A, Cinisello Balsamo (Mi), 2015

www.marialbarusso.it

https://centropecci.it

Articolo di Giovanna Sparapani

Le immagini hanno solo scopo didattico e divulgativo e rimangono di proprietà degli autori o di chi le gestisce.

Elena Zottola, Prosféro

Buongiorno a tutti, oggi voglio farvi conoscere questa autrice che ha ricevuto una menzione d’onore al Premio Nazionale Musa per fotografe.

Il lavoro, che abbiamo trovato molto interessante, si intitola Prosféro.

Spero vi piaccia! Buona visione

Sara

Prosféro

Ai piedi delle montagne, in Basilicata, si
arrocca Latronico, il piccolo paese delle

mie origini. Ho percorso le strade stret-
te e quelle di campagna, attraversato i

boschi e le case che sembrano sospese

nel tempo alla ricerca di racconti e ma-
nufatti. Soltanto in quel paesino lucano,

infatti, oggi ancora sopravvive un antico
merletto, il Puntino ad ago. Giunta lì da

un tempo e un luogo lontani, questa tec-
nica si è modificata nelle forme e negli

usi, cosicché il tessere le reti come face-
vano i pescatori greci in epoche remote

è mutato nel fare minuzioso del merletto.

Prosféro, dal greco antico «tramanda-
re», è l’atto di intendere e riadattare un

sapere ogni volta al tempo presente.
I ritratti della serie sono i volti lucani

di ragazze che indossano gli abiti del-
le merlettaie loro antenate e gli scena-
ri con cui si alternano la visione oni-
rica di una montagna che ha saputo

essere custode della memoria del mare.

Queste sono alcune selezioni e pubblicazioni.

Lucana, cresciuta in Emilia, Elena Zottola è una giovane fotografa nata nel 1995.
Dopo gli studi artistici all’Istituto d’Arte Paolo Toschi di Parma, si trasferisce a Napoli dove consegue una laurea in Antropologia del Patrimonio e si avvicina alla fotografia attraverso la multidisciplinarietà della Scuola Elementare del Teatro.
Nel 2018 l’esperienza di studio all’estero, presso l’Estonian Academy of Arts di Tallinn, dipartimento di Fotografia e Arte Contemporanea, durante la quale lavora al progetto curatoriale Rivista e realizza l’opera-performance The Creation of the World is an ordinary day, progetto selezionato per l’ottava edizione di Giovane Fotografia Italiana. Nel 2019 torna a Napoli e frequenta il CFI, Centro di Fotografia Indipendente, producendo la sua seconda serie fotografica dal titolo Prosféro, parte dell’archivio di Futuro Arcaico e vincitore della menzione d’onore 2022 di Musa Fotografia, e che indaga il valore delle radici e dell’atto del tramandare. Nel 2022 è anche tra gli artisti invitati per A Cielo Aperto in una stanza, un progetto di arte pubblica per ripensare le pratiche artistiche nel territorio.
Attualmente continua gli studi universitari in ambito antropologico con l’intento di arricchire di contenuti la sua pratica fotografica.

Contatti di Elena Zottola

https://www.elenazottola.com/home

https://www.facebook.com/elena.zottola/

https://www.instagram.com/elenazottola_/

https://www.discardedmagazine.com/portfolio/prosfero-elena-zottola/

Interviste

ttps://www.7per24.it/attualita/largo-ai-giovani-artisti/

CHARLOTTE DUMAS, AO, l’isola Yonagun

CHARLOTTE DUMAS (Vlaardingen, Paesi Bassi, 1977)

A Firenze due intense giornate dedicate alla fotografia: il primo dicembre si é inaugurata  presso il Rifugio Digitale, l’affascinante spazio situato in via della Fornace 41, la mostra della fotografa olandese Charlotte Dumas che il giorno dopo ha incontrato un nutrito gruppo di persone per una ‘lecture’  – organizzata dall’ Associazione Culturale InfotoFirenze – svoltasi  in un locale denso di arte e storia nei pressi del Cenacolo del Fuligno in via Faenza.

 Charlotte, incalzata dalle domande precise e puntuali di Irene Alison, curatrice dell’evento in collaborazione con il fotografo Paolo Cagnacci, ha fornito le chiavi per comprendere a fondo le motivazioni del suo lavoro che possiamo ammirare nei sedici pannelli digitali esposti nella galleria del Rifugio fino all’8 gennaio 2023. Da sempre interessata ad indagare il rapporto e le connessioni  tra la vita degli animali e quella degli uomini, rivolge il suo obiettivo soprattutto verso i cavalli e i cani, specie dotate di una particolare sensibilità in sintonia con noi umani . Mentre varie razze canine, comprendendo ovviamente anche i molteplici incroci, si trovano a far parte sempre di più del nostro quotidiano, i cavalli che tanta importanza hanno avuto nella storia dell’uomo, sono stati soppiantati dai mezzi meccanici, rimanendo protagonisti solo all’interno di ristretti circuiti per appassionati. Anche i lupi, gli elefanti e le tigri sono stati indagati dalla fotografa olandese che ha dedicato loro importanti lavori, pur rimanendo particolarmente affascinata dai cavalli colti nella loro specifica individualità, ma anche nella veste atavica di simboli di nobile istintualità. Autrice di oltre dieci libri fotografici, ricordiamo l’importante lavoro ‘Retrived’ dedicato  ai cani da salvataggio impiegati dopo il crollo delle Torri Gemelle: la Dumas li ha immortalati con rara sensibilità  seguendoli nella loro vecchiaia, in quei luoghi dove, come per ringraziarli per la forza e coraggio dimostrati in quel tragico avvenimento, vengono curati e coccolati fino alla fine dei loro giorni. Nel progetto ‘Stay’ si è dedicata ad indagare le condizioni di razze equine giapponesi in via di estinzione che ha seguito attraverso complicate incursioni in intricate foreste. Durante un soggiorno italiano, ha rivolto il suo sguardo ai cani randagi di Palermo che vivono ai margini della società umana, campando di rifiuti raccolti nelle strade. A partire dal 2012, dopo aver fissato con i suoi scatti tanti momenti irripetibili, ha iniziato a sentire l’esigenza di rappresentare situazioni che si svolgono nel tempo attraverso la creazione di video di cui il primo, ‘Anima’ è dedicato a documentare il momento in cui i cavalli del cimitero di Arlington in USA si addormentano nelle loro stalle: lo sguardo di Charlotte partecipa con raffinata sensibilità a questo momento intimo e non eroico nella vita dei cavalli.  L’intero corpus dei lavori ci aiuta infatti a comprendere come la fotografa olandese non sia interessata ad una mera documentazione, impostatando le sue immagini  secondo una visione poetica, del tutto personale del mondo.

 La mostra di Firenze dal  titolo suggestivo AO (in giapponese Blu), ci trasporta in Giappone, sull’isola Yonaguni dove la Dumas ha realizzato tre video-fotografici: ‘Shio’, ’Yorishiro’ e per ultimo ‘Ao’ . Affascinata dalla natura impervia di questo luogo di cui si ricordano tragiche e oscure tradizioni legate al mondo femminile, nel video intreccia immagini di cavalli che viaggiano liberi su terreni  aridi e scogliosi, con le vicende di tre giovani bambine, le due figlie della fotografa e una ragazzina giapponese figlia di un addestratore del luogo che vive felice sull’isola,  prima fonte di ispirazione  per questo racconto visivo inneggiante alla libertà. Libertà evidenziata dai capelli al vento, dalle vesti svolazzanti , con  il predominio del colore blu che campeggia dovunque a suscitare sensazioni profonde: le giovani fanciulle vestite con abiti azzurri dalle pieghe svolazzanti  e i cavalli che volteggiano liberi in spazi aperti dominati da cieli splendenti e specchi d’acqua riflettenti , ci suggeriscono  una simbiosi che emoziona e induce a dimenticare le antiche, tragiche usanze di questa isola  dal fascino primitivo.

Sitografia:

www.artribune.com

www.infotofirenze.it

www.ddproject.it

www.zaziedogzine.it ( il Blog di I.Alison )

Articolo di Giovanna Sparapani

Le immagini sono di Giovanna Sparapani

Clarissa Bonet, raccontare lo spazio urbano

Ricerca di Ylenia Bonacina

Clarissa Bonet, nata in Florida nel 1986, è un’artista di Chicago che attraverso la sua arte esplora le complessità dello spazio urbano sia dal punto di vista fisico che da quello psicologico determinato dal contesto. I suoi studi si concentrano sulla fotografia dapprima presso la University of Central Florida per poi conseguire un Master of Fine Arts alla Columbia College Chicago.

Clarissa Bonet

“The urban space is striking. Its tall and mysterious buildings, crowds of anonymous people, the endless sea of concrete; these things constantly intrigue me.”[1]

Nei progetti City Space e Stray Light Clarissa Bonet indaga lo spazio urbano e le città con modalità tra di loro differenti.

In City space (dal 2011 al 2016) la fotografa con il sapiente uso di pieni e vuoti, luci ed ombre e concentrandosi sull’interazione degli individui con l’architettura trasforma la realtà in un palcoscenico di occasioni quotidiane. La luce, le ombre nere e profonde ed il colore diventano qui strategie funzionali visive per descrivere la città in cui si trova e gli stati d’animo provocati.[2] Mentre è nel centro di Chicago la fotografa osserva e prende nota delle interazioni casuali tra sconosciuti inizialmente fotografando questi incontri con il suo iPhone in modo da avere un appunto visivo della scena a cui ha appena assistito. In un secondo momento Clarissa Bonet ricostruisce questi attimi casuali impostando con cura e minuziosità la posizione, l’illuminazione e i modelli per ricreare la scena che si era appuntata. L’impressione che ne deriva è un mondo urbano confuso in cui gli individui navigano in modo anonimo e solitario.[3]

In Stray Light Clarissa Bonet indaga con la sua macchina fotografica il paesaggio urbano notturno. La visione poetica che si coglie è data dallo svanire nell’oscurità delle costruzioni architettoniche e dall’emergere luminoso delle finestre illuminate in varie tonalità di colore. In alcune immagini determinanti nella lettura visiva sono i dettagli che si colgono all’interno di questi buchi luminosi in altre, questi punti di luce contribuiscono a creare un ammasso geometrico ed astratto. Ogni finestra diventa quindi un qualcosa di sconosciuto e misterioso.[4]

“Carefully constructing each image from multiple photographs, I reform the urban landscape in my own vision—one that seeks to reconstruct the heavens in its absence above the cityscape. Light emanating from each window references a world unknown, evoking a sense of mystery and awe.”[5]

Il lavoro di Bonet è stato esposto all’Archivio Bauhaus di Berlino, al Museo di Fotografia Contemporanea, alla Fondazione Dorothy Donnelley, alla Fondazione Aperture, alla Fondazione Magenta e alla Galleria Catherine Edelman.

Il suo lavoro è stato pubblicato su The Guardian, The Wall Street Journal, CNN Photo, Chicago Magazine, Harpers Bizarre, Juxtapoz, Aint-Bad, The Eye of Photography, Photo District News e molte altre pubblicazioni sia a livello nazionale che internazionale.

Le fotografie di Bonet si trovano nelle collezioni permanenti del Museum of Contemporary Photography, del Museum of Art dell’Università del Michigan, del Southeast Museum of Photography, dell’Haggerty Museum of Art, dell’University Club Chicago e della JPMorgan Chase Art Collection.[6]

IMMAGINI CITY SPACE PRESE DA http://www.clarissabonet.com/cityspace

IMMAGINI STRAY LIGHT PRESE DA http://www.clarissabonet.com/straylight

SITOGRAFIA

https://www.dodho.com

https://www.collater.al

https://www.mocp.org

https://www.lensculture.com

http://www.clarissabonet.com


[1] https://www.dodho.com/city-space-by-clarissa-bonet/

[2] https://www.collater.al/city-space-il-progetto-fotografico-di-clarissa-bonet/

[3] https://www.mocp.org/collection/mpp/bonet_clarissa.php

[4] https://www.mocp.org/collection/mpp/bonet_clarissa.php

[5] https://www.lensculture.com/articles/clarissa-bonet-stray-light-imaging-the-nocturnal-urban-landscape

[6] http://www.clarissabonet.com/read-me