Siete a caccia della LUCE?

 

Essere a caccia della luce significa avere l’opportunità di cambiare una situazione ordinaria in una magia.

Vi siete dimenticati che “fotografia” significa “disegnare con la luce”?

In qualsiasi situazione, che piove o ci sia il sole, avete la necessità, se volete fare delle vostre immagini delle buone immagini, di calcolare il fattore LUCE.

Seguitela.

Per strada potreste cercare le zone con molto contrasto e differenza tra ombra e luce.

In barba a chi dice che le ore centrali della giornata non possono essere sfruttate per fotografare, fate foto nelle vostre pause pranzo, se c’è sole.

Potete provare a sotto esporre direttamente in fase di scatto e ottenere fotografie tipo questa:

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La foto funziona perché il sole mi illumina il pallone che il ragazzino, mentre passava, faceva con la gomma da masticare. Io ero seduta per terra.

 

In fase di ritocco potreste poi aggiungere nero nei neri facendo attenzione a non esagerare con il contrasto.

Certo se manca la luce del tutto, sarà davvero difficile fare qualcosa di buono, potreste comunque sfruttare le illuminazioni artificiali di negozi, lampioni, ecc.

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Albergo a Ho Chi Min. Sara Munari

 

 

Uno degli esempi migliori di chi sfrutta luce a tutte le ore e sfrutta bene pure i il colore, lo avete in Alex Webb. (Abbiamo parlato di lui qui)

MEXICO. Nuevo Laredo, Tamaulipas. 1996.

MEXICO. Nuevo Laredo, Tamaulipas. 1996. Fotografia di Alex Webb

 

Credo che lui torni e ritorni sullo stesso posto per studiare la luce e la scatti solo quando questa è esattamente quella desiderata.

Quindi vi consiglio, se potete, di studiare un luogo che vi sembra perfetto per una fotografia, capire come cadrà la luce su questo posto, e rifarvi un giro negli orari perfetti per la vostra immagine.

Lo stesso posto, con una luce pessima (nella ora sbagliata della giornata) cambia completamente il risultato e vi fa passare da un’ottima foto ad un’immagine noiosa…

C’è chi dice che le ore migliori in cui scattare siano quelle della “Golden hour”

Qui avevo spiegato le caratteristiche della luce e cos’è la Golden hour e quando si verifica.

Qui un articolo su come riconoscere la luce

Qui una app per calcorare quando si verifica APP per scoprire quando cade l’ora d’oro ovunque ti trovi, clicca qui “golden hour calculator

Ciao baci

Sara

Come approcciarsi ad un progetto fotografico

fa-ridiri-e-fa-rudiri-7Fotografia di Sara Munari Palermo Ballarò

Quando ti ritrovi in mano la macchina fotografica, ti sembra un oggetto magico, pieno di tastini ( che non servono a un cavolo), pieno di elementi da scoprire.

Una volta innamorati del mezzo,  siete pronti per uscire nel mondo. Raramente da fotografi si passa molto tempo a ragionare su esposizione o composizione. Piuttosto, come ho detto, si tenta di usare il mezzo entro i suoi limiti.

Per fare questo dovete sapere bene cosa avete in mano e non pensare che premendo l’indice sul bottoncino abbiate fatto una fotografia, avete prodotto un’immagine.

Rimango del parere che il fotografo, sia tale quando l’atto che compie producendo i suoi lavori, sia consapevole, legato ad una certa responsabilità.

Il fotografo ha il dovere di mostrare cose non viste, mai interpretate in quel modo o idee, alle quali non eravamo stati in grado di giungere da soli.

Tutto il resto delle persone produce immagini, che potremmo tranquillamente trovare in Google.

La gente riproduce fotografie, non produce.

Siamo pieni di ricordi inconsapevoli di immagini viste e immagazzinate nella memoria, che riprodurle quando ce le ritroviamo di fronte è un atto semplice. Una copia. Anche se, probabilmente, c’è chi fa male anche questo.

Questo è uno dei motivi per cui, per “giudicare” un fotografo, bisognerebbe avere la possibilità di vedere almeno un progetto intero, se non tutta la sua produzione.

Certo, se il vostro intento è piacere alle masse, metterle nelle condizioni di identificare quello che state facendo, essere semplici e riconoscibili è il modo migliore per ottenere consensi.

Qualche volta il non piacere potrebbe essere positivo, potrebbe voler dire che siete “troppo avanti” per le masse, ma le persone geniali in fotografia, sono davvero poche.

Tra l’altro l’originalità, la singolarità e l’irriconoscibilità si pagano, da fotografi e non solo.

Ne è la prova il fatto che, alcuni autori, vengano riconosciuti come artisti, dopo la morte, come se l’epoca vissuta non fosse adeguata al proprio talento.

In qualche caso hai un’idea e la formalizzi, senza nemmeno percepire quale sarà la reazione che tale lavoro potrebbe provocare. L’importante è che tu ti sia prefissato un obbiettivo e abbia tentato di raggiungerlo.

In altri casi, non hai idee in testa, esci e scatti, scatti. Produci 1000 immagini in un giorno ma effettivamente, non porti a casa nulla. Capita di rado che succeda qualcosa di diverso da questo.

La consapevolezza, e torniamo a quello che dicevo prima, è fondamentale.

Motivo per cui, se non hai idee da realizzare, forse dovresti stare a casa direttamente.

Elementi tecnici ed espressivi

Esistono una serie di elementi che, se usati, da fotografo, hanno una grammatica per cui, la realizzazione della vostra idea, sarà di più semplice lettura.

Prima di tutto mi riferisco agli elementi tecnici:

  1. Scelta prima dello scatto se il lavoro sarà in bianco e nero o a colori
  2. Scelta della fotocamera
  3. Scelta dell’ottica
  4. Scelta del formato fotografico
  5. Scelta del diaframma e del tempo di scatto
  6. Scelta della distanza di ripresa
  7. Scelta dopo la fase di scatto di ritocco, formato di stampa, numero di foto
  8. Scelta del titolo del lavoro ( meno tecnico e fondamentale)

Accertati gli elementi basilari che determinano la “struttura tecnica” della nostra fotografia, dobbiamo concentrarci sull’ efficacia del nostro “racconto fotografico”, sui fattori espressivi.

Quindi le domande che mi farò per produrre il mio lavoro saranno:

  1. Che argomento voglio trattare?
  2. Voglio esprimere un parere o esibire un’interpretazione?
  3. Che stile voglio usare?
  4. Chi sono i miei soggetti?
  5. Come li inserisco nell’inquadratura?
  6. Quale è il contesto del lavoro?
  7. Quale è la mia storia?

Da qui in poi, non posso limitarmi a parlare di singoli scatti, ma entriamo nel vivo del tema del racconto, del discorso che il fotografo vuole fare attraverso le sue immagini.

In ogni caso, fotografando, dovrete porre attenzione alle scelte compositive, alla struttura formale di ogni vostra singola fotografia che dovrà essere funzionale al discorso che state intraprendendo.

….continua….

Ciao baci Sara

Testo tratto dal mio libro IL FOTOGRAFO EQUILIBRISTA, per acquisto

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L’infinito Privato, Mu.sa. consiglia la lettura!

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L’infinito privato

Marco Scataglini

SCT

La storia è inventata ma basata su esperienze personali dell’autore, descrive l’incontro di un giovane con un anziano fotografo che accetta di insegnare “l’arte” al giovane interessato.

Nelle loro uscite fotografiche ( che per la maggior parte si svolgono a Roma ) Vittorio Zaccheri, il fotografo professionista, insegna la tecnica al giovane “studente”  ma sicuramente sono gli aneddoti e l’approccio meno tecnicistico di Vittorio che affascinano e aumentano la passione per la fotografia del giovane.

Tutto ciò che si trova sulla faccia di questo pianeta merita la tua attenzione; ogni oggetto, animato o inanimato che sia, può generare una buona immagine. Molti credono che sia il soggetto a rendere bella una foto, ma non è così: piuttosto la sensibilità del fotografo!”.

Un lettura molto lontana dal manuale, molto più vicina ad un approccio “filosofico” alla fotografia, la forma romanzata e la relativa brevità del testo,  la rende fluida e coinvolgente.

Sono sicuro che non vi pentirete.

Purtroppo ( …a chi non piace ) l’ho trovato solo in forma multimediale.

Giovanni

 

Ma vaffanzoom…

In fotografia, spesso, l’intera storia deve essere già chiara all’interno di un singolo scatto. Se si vuole raccontare una storia con una foto, includete il contesto.

So che è più complicato. Introdurre il contesto significa:

* calcolare le velocità di più soggetti (se ci sono persone)per fare in modo che vengano fermate sul punto giusto dell’immagine

* pensare più attentamente alla composizione

* osservare meglio la luce e come cade sui soggetti circostanti al vostro, per poterla sfruttare a vostro piacimento

* doversi avvicinare ai soggetti (cosa che fa paura a molti)

Questi sono i motivi che spingono molti a scattare da lontano, magari con uno zoom.

Lo zoom da l’opportunità di non avvicinarsi, schiaccia i piani e decontestualizza il vostro soggetto.

In qualche caso è l’unica opportunità che avete ma spesso è una questione di pigrizia o paura dell’avvicinarsi troppo alle “cose”.

Vi state togliendo una possibilità.

Se avete una storia in mente e sapete chiaramente cosa vorreste raccontare, il contesto ripreso e la situazione circostante, possono aiutare chi vedrà la vostra immagine a dare un’interpretazione maggiormente articolata e precisa.

Provate ad esercitarvi e ad avvicinarvi piano piano sempre di più alle cose, ma non con lo zoom, fisicamente.

Cercate punti fermi sullo sfondo che vi bilancino l’immagine e non abbiano necessità di essere controllati nuovamente durante la fase di scatto (cartelloni, case, portoni, alberi, colonne ecc.)

Dopo aver scelto il contesto, se il vostro soggetto è già lì, scattate. Se la vostra tecnica include l’attesa che qualcosa avvenga di fronte ad un contesto eccezionale, abbiate pazienza e sperate che qualcosa avvenga.

Per spiegarvi meglio:

In questa immagine, ho notato la posizione,  forzata (e sforzata 🙂 ) della statua, che mi faceva sorridere. Ho aspettato che il signore ci passasse sotto per raccontare una piccola storia un po’ ironica.

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 La stessa cosa qui. Ero a Mostar, negli anni successivi alla guerra. Il ponte è considerato simbolo di pace. Sotto, sulle rive del fiume, c’era una festa ed io aspettavo che avvenisse qualcosa. Il ragazzo ha estratto una pistola, cosa che mi ha spaventata per un attimo, fino a che non è partita la fiamma dell’accendino (pistola) per accendere una sigaretta all’amico che si avvicinava. Anche in questo caso il contesto rafforza molto lo scatto ed il ragazzo con il mano la pistola e basta, non mi sarebbe sembrato sufficiente.

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Ho scritto questo breve articolo perché l’avvicinarsi alle cose è un problema che ho sentito come difficoltoso da parte di molti. Il contesto fa la “storia” che la vostra foto contiene, non perdetevelo!

Ciao

Sara

Le fotografie misteriose, funzionano?

Pensare che una fotografia sortisca lo stesso effetto e la stessa interpretazione da parte di tutti, è impossibile. Spiegare in continuazione i propri scatti è, a mio avviso un errore (che tante volte ho fatto).

Non mi è capitato finora, ma spesso noto che molti danno titoli allucinanti alle proprie immagini nella speranza che questi guidino i fruitori delle immagini in una direzione interpretativa piuttosto che un’altra.

Certo questo discorso vale solo se non siete fotogiornalisti o avete la necessità di una documentazione che sia il più coerente possibile con quello che ritenete sia eticamente giusto dire, di un determinato evento. In questi casi la didascalia è fondamentale. Così come in tutti i generi in cui la documentazione è il fulcro del vostro lavoro. Altre volte, il lavoro viene spiegato nelle presentazioni dei progetti, di solito di tipo concettuale. Senza queste spiegazioni, la comprensione sarebbe complicata, se non impossibile.

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Forse per la prima volta, parlo di fotografie singole.

Per l’ultimo mio lavoro “Be the bee body be Boom”, qualcuno mi ha chiesto, ma cosa vogliono dire queste fotografie, belle si, ma non raccontano l’Est Europa (luogo dove sono state scattate), non raccontano un fatto o un personaggio.

Tutto vero, raccontano semplicemente di me. So che può non essere sufficiente, lo so bene, ma la realtà è questa. Sono una fotografa “buttata” nel mondo e cerco di raccontarne la mia visione. Non lavoro per giornali o gallerie in particolare, non vendo nulla.

Desidero che le mie immagini siano suscettibili ad interpretazioni differenti, desidero che chi le guarda venga coinvolto a livelli e con modalità differenti.

Questo, lo potete fare anche voi.

Non dite tutto con la vostra fotografia, aggiungete mistero e ambiguità.

Dico sempre che di fronte ad un’immagine, chi la guarda dovrebbe farsi almeno una domanda, basta una domanda e il fotografo ha raggiunto il suo scopo.

Tentare di soddisfare sempre la curiosità della gente diventa, a volte, una necessità dalla quale non ci si può sottrarre. Credo che questo sia, in parte, legato all’insicurezza di chi le ha prodotte: non so se capirai quindi ti spiego tutto, in questo modo saprai che sono un buon fotografo.

So con certezza però, che le foto più enigmatiche (oltre a quelle tragiche e/o iconiche), sono quelle che vengono ricordate maggiormente.

Se riuscite a creare immagini per cui la gente si faccia domande invece che trovare la soluzione all’interno dello scatto stesso, avete, a mio parere una capacità non usuale, di usare la fotografia.

Spetta a chi guarda, attraverso la sua esperienza, sensibilità e intelligenza, dare un senso a ciò che vede e questo mi sembra magico.

Una sola fotografia, mille interpretazioni. Che “potere” abbiamo…

Ciao Sara

Scattare in P, perchè no?

Sei per strada e ti incasini, smadonni coi tempi e coi diaframmi?

Perdi le foto, non riesci a scattare. Il “manuale” ti manda in bestia, lo sai usare, si, ma non in velocità?

Non so perché, ma sembra quasi non si possa dire: “io scatto in P”.

Gli sguardi si incupiscono e i mormorii si accendono. Il pubblico si congela un pochino con le bocche piegate leggermente di lato.

Io scatto in P (non sempre chiaramente) e scatto pure con una macchina che farebbe ridere i più. La mia macchina è un rottame ormai, ma funziona (per “funziona” intendo che quado premo il pulsante lei produce la foto che avevo nella mente).

Questa modalità mi permette di non avere pensieri, mi diverto e sono concentrata solo sulla scena.

Eppure, se bloccate le impostazioni per non fare grossi pasticci (io uso il fuoco al centro e gli iso a 800 al max ed il tempo mai al di sotto del 200 di secondo), spesso scattare in P è la soluzione più semplice e veloce

Non è funzionale a tutti i tipi di fotografia, certo, ma per la street photography può essere una buona tattica.

Del resto non sono sicura che molti altri fotografi, ben più bravi e affermati di me, non lo facciano. Che ne sappiamo delle impostazioni della macchina dei grandi autori?

 

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Sara Munari

Non so, ma qualcuno, probabilmente, mi darebbe ragione.

Inoltre, non potrete più dire che eravate concentrati sul mezzo, se la foto non c’è, non c’è perche l’avete bellamente mancata.

Con la possibilità che abbiamo, di mettere paletti sia agli ISO che ai tempi più bassi…tutto il resto è solo legato alla vostra velocità e alla vostra capacità di comporre buone immagini.

Io vi consiglio di provare.

Ciao

Sara

Siete buoni editor o buoni fotografi?

Buongiorno, oggi proverò a pensare al contrario, oggi remo contro il perfezionismo.

Come?

Bene, oggi vi suggerirò di scattare foto di merda, per un lungo periodo. Così, quello che vi gira, uscite e scattate.

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Fotografia di Chema Madoz

Del resto molti dei più grandi fotografi dichiarano di riuscire a tirar fuori dai propri lavori, una foto buona al mese, cosa possiamo fare noi, se non scattare 2000000 di fotografie, per ottenerne una buona?

Quindi, non abbiate paura di scattare foto schifose, continuate a scattare.

Probabilmente, avendo meno aspettative, se non avete un progetto a cui pensare, avrete la possibilità di tirare fuori qualche scatto buono.

Poi arrivate a casa e cercate di osservare le vostre immagini, tantissime, nelle cartelline del computer, distinte per data. Probabilmente passerete più tempo a riguardare le foto fatte che tempo a farle, d’ora in poi. Ma del resto, da quando c’è la fotografia digitale, anche questo può capitare.

Quindi sedetevi, salvate le fotografie, aprite le cartelle. E adesso siate brutali. Eliminate tutto, tutto quello che vi sembri pessimo e anche solo appena buono, tenete solo gli scatti migliori.

Forse non sarete fotografi, ma imparerete sicuramente ad essere buoni editor di immagini e anche questo può funzionare, …forse.

Vi dico questo perché credo che anche dalle foto raccolte per strada, senza particolari ragionamenti, si possa imparare.

Molti progetti di autori conosciuti, sono nati da errori che loro stessi hanno ammesso di aver fatto. Un errore, in sostanza, può diventare un metodo.

Quello che spero, suggerendovi questa cosa, è che in fase di editing, sappiate poi riconoscere, nell’errore in fase di scatto, la potenzialità di una BUONA fotografia.

Molte delle persone che conosco mi dicono:  non capisco quali siano le foto migliori che ho scattato, non so se sia meglio una o l’altra.

E voi riuscireste? Riuscireste tra 10000 fotografie, a tirare fuori qualcosa che, anche lontanamente, possa diventare uno stile, il vostro stile? A me pare difficile quanto fotografare per strada, io continuerò con il metodo: Sara non scattare se non ha un caz da dire.

Magari per voi è diverso, che dite? Io non posso escludere che in qualche caso possa funzionare.

Ciao

Sara