Dima Gavrysh, zona di conflitto

Inshallah © Dima Gavrysh

Dima Gavrysh, nato a Kiev, Ucraina nel 1978, è un visual artist che ha scelto come mezzo per esprimersi la fotografia. Questa grande passione che ormai coltiva da più di due decenni lo ha portato da Detroit a Kabul e dalla Crimea alla Patagonia. Attualmente risiede a Portland, Oregon.

Dopo essersi laureato a Kiev nel 2000 come Director of Photography in Motion Picture Imaging, Master che, come lui afferma, gli ha insegnato a vedere fotograficamente, nel 2012 ha conseguito un secondo Master of Fine Arts presso la Rhode Island School of Design che lo ha aiutato a liberarsi del confinamento bidimensionale del frame e gli ha permesso di sviluppare il suo pensiero come autore e documentarista.[1]

A partire dal 1998 ha iniziato a collaborare con diverse testate ed agenzie in tutto il mondo. Inoltre ha lavorato a molti progetti in collaborazione con Medici Senza Frontiere ed il Fondo delle Nazioni Unite in Uganda, Senegal e Niger. Dal 2009 ha iniziato a lavorare ad un progetto che si proponeva di documentare la Guerra americana in Afghanistan per mezzo di video-installazioni, fotografie e dati concreti. Questo lavoro, Inshallah, prese la forma di un libro fotografico e venne pubblicato nel 2015 da Kehrer Verlag.[2]

In Inshallah, che in arabo significa “Se dio vuole”, Dima Gavrysh documenta l’occupazione dell’Afghanistan da parte dell’esercito Sovietico ed Americano. L’autore, cresciuto nell’ex Unione Sovietica, è sempre stato esposto ad una presentazione idealizzata ed eroica della guerra, ideologia che trovava conferma nei numerosi ricordi della Seconda Guerra Mondiale che poteva osservare in film eroici, monumenti e celebrazioni annuali della vittoria. Una volta trasferitosi nel 2004 negli Stati Uniti ebbe modo di ritrovare in questa nuova terra un paese che aveva un complesso rapporto culturale con la guerra, così come lo aveva il suo paese nativo. Questo lavoro, Inshallah, si forma per mezzo di una visione molto personale dell’autore per quanto riguarda la guerra: qui intreccia tra di loro scene del fronte con ricordi dell’infanzia, fantasmi, sogni ed esperienze interculturali.[3]

Nel 2009, Dima Gavrysh, fu mandato per conto della Associated Press in Afghanistan al fianco dell’esercito degli Stati Uniti. Il lavoro è stato realizzato con immagini scattate con il suo iPhone, prediligendo il bianco e nero. La decisione di non usare la sua macchina fotografica lo ha aiutato nel prendere le distanze dalla sua routine di fotografia documentarista e a trovare il giusto modo per unire il reportage diretto della guerra cruda e la sua interpretazione personale. Molte immagini fanno capire come il fotografo abbia preferito immortalare frammenti di vita che normalmente non assoceremmo a una zona di conflitto. Grazie al sapiente uso di schemi, di ombre e di fughe di luce Dima Gavrysh costruisce un racconto sensibile ed introspettivo.

“I create a dark fairytale filled with my fears and dreams, based on my fascination with the army’s strength and order, set on the front lines of what has become America’s longest running war in history. Mesmerized by the complexity of the Afghan chaos, I strive to better comprehend my personal relationship to these wars: two empires, two mentalities, same battlefield, twelve years apart.”[4]

www.vimeo.com/121453786

TUTTE LE FOTO PRESE DA https://www.dimagavrysh.com/Inshallah

SITOGRAFIA

https://www.dimagavrysh.com


[1] https://www.dimagavrysh.com/Bio

[2] https://www.dimagavrysh.com/Bio

[3] https://collectordaily.com/dima-gavrysh-inshallah/

[4] Creo una favola oscura piena delle mie paure e dei miei sogni, basata sul mio fascino per la forza e l’ordine dell’esercito, in prima linea in quella che è diventata la guerra più lunga d’America nella storia. Ipnotizzato dalla complessità del caos afghano, mi sforzo di comprendere meglio il mio rapporto personale con queste guerre: due imperi, due mentalità, stesso campo di battaglia, a dodici anni di distanza.

https://www.dimagavrysh.com/Inshallah

Articolo di Ylenia Bonacina

2 pensieri su “Dima Gavrysh, zona di conflitto

  1. Bel lavoro, oltre a mostrare il livello di qualità raggiunto ormai dalle ottiche dei cellulari.
    Specie in scenari di guerra o manifestazioni, sono i nuovi strumenti che ti permettono di essere “invisibile” ai soggetti ritratti

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