Clarissa Bonet, nata in Florida nel 1986, è un’artista di Chicago che attraverso la sua arte esplora le complessità dello spazio urbano sia dal punto di vista fisico che da quello psicologico determinato dal contesto. I suoi studi si concentrano sulla fotografia dapprima presso la University of Central Florida per poi conseguire un Master of Fine Arts alla Columbia College Chicago.
Clarissa Bonet
“The urban space is striking. Its tall and mysterious buildings, crowds of anonymous people, the endless sea of concrete; these things constantly intrigue me.”[1]
Nei progetti City Space e Stray Light Clarissa Bonet indaga lo spazio urbano e le città con modalità tra di loro differenti.
In City space (dal 2011 al 2016) la fotografa con il sapiente uso di pieni e vuoti, luci ed ombre e concentrandosi sull’interazione degli individui con l’architettura trasforma la realtà in un palcoscenico di occasioni quotidiane. La luce, le ombre nere e profonde ed il colore diventano qui strategie funzionali visive per descrivere la città in cui si trova e gli stati d’animo provocati.[2] Mentre è nel centro di Chicago la fotografa osserva e prende nota delle interazioni casuali tra sconosciuti inizialmente fotografando questi incontri con il suo iPhone in modo da avere un appunto visivo della scena a cui ha appena assistito. In un secondo momento Clarissa Bonet ricostruisce questi attimi casuali impostando con cura e minuziosità la posizione, l’illuminazione e i modelli per ricreare la scena che si era appuntata. L’impressione che ne deriva è un mondo urbano confuso in cui gli individui navigano in modo anonimo e solitario.[3]
Clarissa Bonet
In Stray Light Clarissa Bonet indaga con la sua macchina fotografica il paesaggio urbano notturno. La visione poetica che si coglie è data dallo svanire nell’oscurità delle costruzioni architettoniche e dall’emergere luminoso delle finestre illuminate in varie tonalità di colore. In alcune immagini determinanti nella lettura visiva sono i dettagli che si colgono all’interno di questi buchi luminosi in altre, questi punti di luce contribuiscono a creare un ammasso geometrico ed astratto. Ogni finestra diventa quindi un qualcosa di sconosciuto e misterioso.[4]
“Carefully constructing each image from multiple photographs, I reform the urban landscape in my own vision—one that seeks to reconstruct the heavens in its absence above the cityscape. Light emanating from each window references a world unknown, evoking a sense of mystery and awe.”[5]
Il lavoro di Bonet è stato esposto all’Archivio Bauhaus di Berlino, al Museo di Fotografia Contemporanea, alla Fondazione Dorothy Donnelley, alla Fondazione Aperture, alla Fondazione Magenta e alla Galleria Catherine Edelman.
Clarissa Bonet
Il suo lavoro è stato pubblicato su The Guardian, The Wall Street Journal, CNN Photo, Chicago Magazine, Harpers Bizarre, Juxtapoz, Aint-Bad, The Eye of Photography, Photo District News e molte altre pubblicazioni sia a livello nazionale che internazionale.
Le fotografie di Bonet si trovano nelle collezioni permanenti del Museum of Contemporary Photography, del Museum of Art dell’Università del Michigan, del Southeast Museum of Photography, dell’Haggerty Museum of Art, dell’University Club Chicago e della JPMorgan Chase Art Collection.[6]
Juan Aballe, nato nel 1975 a Madrid, Spagna, ha iniziato ad avvicinarsi alla fotografia mentre studiava chimica all’università di Madrid e di Berlino. Una volta conclusi gli studi scientifici decise di dedicarsi a tempo pieno alla fotografia e alla comunicazione audiovisiva. Ha studiato fotografia documentaria e concettuale al International Center of Photography di New York e successivamente ha completato il Master Internazionale di fotografia all’EFTI di Madrid. I suoi studi hanno permesso a Juan Aballe di essere totalmente competente nel linguaggio documentario formale e, di conseguenza, di poter esplorare le capacità del mezzo fotografico di generare emozioni oltre la realtà rappresentata. Il suo linguaggio si propone di approfondire le capacità evocative della fotografia. Tra i suoi ultimi lavori vi è Country Fictions: serie fotografica realizzata tra il 2011 e il 2013 in diverse aree rurali e scarsamente popolate della penisola iberica. L’idea del progetto è nata da una sollecitazione da parte di amici intimi di cambiare vita: passare dalla vita frenetica della città a quella di campagna. Questo pensiero, a detta dell’autore, si insinuò in lui al punto da farlo diventare una vera opzione di vita: sentiva ora la necessità di iniziare un nuovo percorso a stretto contatto con la natura. Le fotografie di Country Fictions sono l’espressione visuale del conflitto interiore di Juan Aballe di decidere di iniziare una nuova vita molto più semplice, vera e lontana da tutto ciò che fino ad ora aveva provato. Queste immagini sono frammenti di vita in cui combattono tra di loro speranza e dubbio, sguardo romantico e delusione.
Juan Aballe
“In what could be called a collection of daydreams, Country Fictions reflects on the photographic language itself and how we are influenced by previous representations and preconceived ideas about rural utopias. The illusion of escaping from contemporary society, the myths and hopes built around nature come together with the strangeness and the nostalgic look at a life that I might never live.”[1]
Juan Aballe
“We search for years, we imagine our future in better places where we could start over.
We leave the city behind travelling for miles and miles, driven by hopes and dreams.
Maybe there was once a countryside, a village with green and fertile meadows. Now we return to find only the remains of a disused scenery.
We pursue a fiction, that of a peaceful rural life. We search for beauty in a landscape where we do not belong, where time seems to have stopped still.
We live our own transition, our fragile utopia, trying to understand what we are doing here and who we are.”[2]
Seiichi Furuya è nato a Izu, Giappone, nel 1950. Dopo essersi laureato alla Tokyo Polytechnic University nel 1973, lasciò il Giappone per andare in Europa attraverso la Ferrovia Transiberiana. Visse a Vienna e successivamente a Graz dove si trasferì nel 1975. Qui conobbe Christine Gössler che divenne sua moglie e, successivamente, protagonista dei suoi progetti fotografici. Per motivi di lavoro si trasferirono a Dresden e, nel 1985, a Berlino Est. Alla fine del 1982, Christine aveva iniziato a soffrire di schizofrenia e di depressione. Nel 1983 fu ricoverata a causa della sua malattia che andava via via peggiorando e ciò la costrinse ad abbandonare gli studi di recitazione che stava frequentando. Seiichi iniziò a fotografare la moglie con la speranza che l’uso poetico e metaforico delle sue immagini potesse aiutarlo ad affrontare la paura di una eventuale perdita della compagna.
Queste fotografie furono scattate nell’arco di sette anni fino al giorno in cui Christine si suicidò buttandosi dal nono piano della loro abitazione a Berlino Est. Seiichi fotografò questo momento tanto delicato immortalando il corpo della moglie disteso a terra. Le immagini di questo lavoro vengono ancora oggi continuamente rieditate dell’autore. Sono state infatti pubblicate diverse versioni di album fotografici dal titolo Memories in cui Seiichi cerca di mantenere vivi i ricordi legati al suo passato. All’inizio del 2018 a Seiichi Furuya fu chiesto di pensare ad una esposizione personale del suo lavoro. “Dovrà essere l’ultimo delle Memories”. Senza esitazione iniziò a ricercare materiale lasciato da Christine trovando diverse pellicole, cassette e pellicole tascabili. Questo gli permise di vedere numerose immagini scattate dalla moglie e notò una grande quantità di ritratti che Christine aveva di Seiichi. L’atto di fotografare ed essere fotografati è stato portato avanti nel corso degli anni fino al giorno prima della morte della moglie. Il lavoro, che prende il nome di Face to Face, 1978-1985, si propone come 150 dittici in cui Seiichi e Christine vengono ritratti l’un l’altro nella stessa situazione e a pochi minuti di distanza.
I lavori di Furuya sono stati protagonisti di diverse esposizioni sia in Giappone che oltreoceano: Forum Stadtpark (Graz, Austria), Winterthur Museum (Svizzera), Albertina Museum (Vienna, Austria), Vangi Sculpture Garden Museum (Mishima, Giappone). Come accennato precedentemente ha pubblicato numerosi fotolibri che hanno come protagonista la moglie Christine: Mémoires 1978-1988 (Camera Austria, 1989), Mémoires 1995 (Scalo Books, 1995), Christine Furuya-Gössler, Mémoires 1978-1985 (Korinsha Press, 1997), Portrait (Fotohof, 2000), Last Trip to Venice (self-published, 2002), Mémoires 1983 (Akaaka Art Publishing, 2006), Mémoires.1984-1987 (Izu Photo Museum/Camera Austria, 2010), WHY DRESDEN 1984/2015 (spector, 2017). Inoltre è impegnato in vari progetti: è fondatore del magazine fotografico Camera Austria e è curatore di esposizioni che puntano a introdurre nel panorama europea artisti giapponesi come Daido Moriyama, Shomei Tomatsu e Nobuyoshi Araki.
Aapo Huhta è un giovane fotografo finlandese nato nel 1985. Dopo aver studiato fotografia presso il Lahti Institute of Arts and Design, ha conseguito un master in fotografia presso la Aalto University of Arts and Design a Helsinki, Finlandia. Nei suoi lavori Aapo Huhta combina elementi di fotografia documentaria ad osservazioni soggettive che nel loro intrecciarsi portano a una gamma di narrazioni ambigue e frammentate. Per mezzo di associazioni, rimandi ed accenni nei lavori di Huhta si vengono a costruire potenti saggi visuali che, servendosi di un vortice visivo metaforico, indagano la componente umana.
Ukkometso, uno tra i suoi lavori più conosciuti, trascina l’osservatore nella contemplazione e comprensione delle fotografie. Ciò che lo ha portato alla realizzazione di questo lavoro è stata l’ideologia della creazione del mondo secondo il folklore finlandese.
Aapo Huhta
“According to Finnish folklore, the world was created out of the shell of a duck egg made of gold and iron. The first human was born after a goddess was impregnated by the wind. According to the same mythology, human life first began in a place called Kalevala, a region now known Kainuu, situated on the western side of the Finnish-Russian border.”[1]
Kainuu potrebbe quindi essere il luogo in cui tutto ha iniziato a prendere vita. Oggi però questo luogo è noto come area con il più alto tasso di suicidio dell’intera Finlandia ed è soggetto a un forte calo demografico. Inoltre è un luogo di estreme tensioni sia dal punto di vista economico con uno scontro costante tra libero mercato e totalitarismo; sia dal punto di vista geografico in quanto punto di incontro tra Oriente ed Occidente.[2] Aapo Huhta, insieme ad altri quattro fotografi, ha deciso di indagare questo luogo e la sua gente. Ognuno ha lavorato in modo autonomo secondo la propria indole fotografica ma, collettivamente, il filo comune delle varie narrazioni fotografiche restavano le storie del folclore finlandese. L’obiettivo comune era quello di trovare una connessione tra il passato mitico e il mondo contemporaneo.[3]
L’ultimo lavoro pubblicato di Aapo Huhta è Omatandangole, fotolibro pubblicato nel 2019 da Kehrer Verlag. Questo progetto è stato scattato tra il 2016 ed il 2018 nei desolati deserti della Namibia. Dopo un periodo difficile dal punto di vista personale Aapo Huhta ha deciso di rifugiarsi nel deserto per prendere le distanze dal suo passato e dalla vita che conduceva in Finlandia. Qui, in Namibia, ha potuto sperimentare in modo creativo lasciando convergere realtà e fantasia. I soggetti ritratti in queste immagini sono tratte dalla realtà ma potrebbe essere state facilmente l’oggetto dei nostri sogni. Le turbolenze personali del fotografo hanno dato vita quasi inconsciamente al progetto che, nel suo evolversi, ha insistito su un piano di narrazione più ampio andando ad indagare le condizioni del degrado ambientale che incombe inesorabile sul mondo naturale. La serie allude ad un futuro imminente in cui la società è devastata dagli effetti provocati dalla crisi climatica che stiamo attraversando. La tematica ambientale è molto cara all’autore ma come lui stesso afferma non è il topic principale di questo progetto seppur è impensabile affermare che non sia parte integrante della narrazione.[4]
Aapo Huhta
Nel 2014, Huhta è stato selezionato come uno dei migliori fotografi Under 30 da Magnum Photos. Inoltre ha ricevuto il premio Young Nordic Photographer of the Year 2015 ed è stato scelto per la Joop Swart Masterclass nel 2016.[5]
Da un’intervista di Karl Ketamo per Urbanautica[6]:
About your work now. How would you describe your personal research in general?
AH: Every project I’ve done has started from some kind of a coincidence and without me trying too much to produce anything. Then by the time it evolves to a direction that somehow feels important to me. So the starting point has never been really clear to me, but after a while I start having the need to understand what I’m doing and that is sort of like a second beginning of the process, when it all becomes conscious. After that it takes more work until I feel totally fed up with the whole thing and can’t reach any higher levels. I assume that is a good time to start building the body of work. But I have done only a few projects so I can’t say that I would be able to see any kind of patterns in my practice yet.
[1] Secondo il folklore finlandese, il mondo è stato creato dal guscio di un uovo di anatra fatto di oro e ferro. Il primo essere umano è nato dopo che una dea è stata impregnata dal vento. Secondo la stessa mitologia, la vita umana iniziò per la prima volta in un luogo chiamato Kalevala, una regione ora nota Kainuu, situata sul lato occidentale del confine russo-finnico.
IL SOGNO DI LARA di Ylenia Bonacina Lara ha 14 anni e da grande sogna di diventare una campionessa mondiale di nuoto sincronizzato. Per raggiungere questo suo grande obiettivo si allena quotidianamente nelle piscine di Seregno. Fatica, sacrificio e grandi soddisfazioni solo le parole che meglio descrivono il vortice dell’agonismo in cui è Lara. Dieci anni fa io ero Lara. Come lei sognavo di diventare una campionessa. A questo sport riconosco oggi il merito di avermi regalato grandi soddisfazioni e preziosi insegnamenti pur comprendendo quanti sacrifici mi sia costato. Questo progetto, non ancora terminato, si propone di raccontare la vita quotidiana di una ragazza disposta a rinunciare a tutto pur di raggiungere il suo più grande sogno.
Il mio nome è Ylenia Bonacina, sono nata nel gennaio del 1995 e attualmente vivo e lavoro in provincia di Monza e Brianza. Sono una giovane fotografa che ha appena terminato gli studi presso l’Istituto Italiano di Fotografia di Milano. Prima di intraprendere questo percorso specializzante ho frequentato l’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano laureandomi in Comunicazione e didattica dell’Arte.
Negli ultimi due anni come studentessa del corso professionale biennale dell’Istituto Italiano di Fotografia ho affinato le mie capacità fotografiche in diversi ambiti riscontrando una preferenza per il mondo del fotogiornalismo, della fotografia documentaria e del ritratto.
Mi piace viaggiare e vorrei aver la possibilità di scoprire e ammirare ogni angolo del pianeta in compagnia della mia macchina fotografica.
“La scrivente Società in qualità di Concessionaria […] della Superstrada a pedaggio Pedemontana Veneta…
NOTIFICA
Il Decreto Motivato nr. 36 del 04.07.2014, emesso dal Commissario Delegato per l’emergenza determinatasi nel settore del Traffico e della Mobilità nel territorio […], con il quale è stata autorizzata l’occupazione d’urgenza, […] con determinazione dell’indennità […] di espropriazione relativa agli immobili di Vs. proprietà”.
Dietro il freddo di queste parole e la Superstrada di 94 km che attraversa le province di Vicenza e Treviso, ci sono persone, emozioni, gioie, dolori e ricordi.
Storie che S.P.V. sta seppellendo sotto il cemento e l’asfalto: una di queste ha come protagoniste due sorelle di Montecchio Maggiore. Esse hanno dovuto subire l’esproprio di diversi ettari coltivati, ma soprattutto hanno dovuto lottare per salvare “Spino” dall’abbattimento, l’albero a cui l’amato padre era legato.
SATELLITE, UN QUARTIERE CHE OSCILLA di Claudia Verga “Due sentimenti eterni in perenne lotta: la ricerca dell’ordine e il fascino del caos. Dentro questa lotta abita l’uomo, lì ci siamo noi, tutti. Ordine e disordine. Cerchiamo regole, forme, canoni, ma non cogliamo mai il reale funzionamento del mondo. La vera forma di tutto ciò che è fuori di noi, come di tutto ciò che è dentro di noi, è per gli uomini un eterno mistero. L’incapacità di risolvere questo mistero ci terrorizza, ci costringe a oscillare tra la ricerca di un’armonia impossibile e l’abbandono al caos. Ma è quando ci accorgiamo del divario che c’è tra noi e il mondo, tra noi e noi, tra noi e Dio, allora scopriamo che possiamo ancora provare stupore e che possiamo gettare uno sguardo intorno a noi come se fossimo davvero capaci di vedere per la prima volta” [“Il rosso ed il blu”, S.Piccioni]
Nel quartiere Satellite di Pioltello, alle porte di Milano, in un chilometro quadrato vivono 10.000 abitanti di circa settanta nazionalità differenti, molti in difficoltà economica e sociale. Diverse anime, come diversi sono i musicisti a cui sono dedicate le vie del quartiere. Trovare un’armonia sociale, di suoni e profumi, è una sfida che ogni giorno impegna gli abitanti stessi, in perenne e precario equilibrio tra il potenziale di vita di un quartiere multietnico e il temibile caos sempre pronto a ingoiare vie, case, abitanti. É una sfida raccolta anche dalle associazioni, dai servizi del territorio e dagli operatori sociali impegnati in progetti di sviluppo di comunità. Il Comune di Pioltello è stato scelto tra i contesti finanziati dal Bando Periferie (Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie, DPCM del 25 maggio 2016). La Libera Compagnia di Arti&Mestieri Sociali è capofila dell’azione di Coesione Sociale, finanziata dal bando, che ha sede dall’aprile 2018 in uno spazio in quartiere denominato Bottega del Fare e Desiderare. Insieme al centro di aggregazione giovanile, presente sul territorio dal 2010, è un punto di riferimento per i ragazzi che vogliono rendersi protagonisti del loro futuro e del loro quartiere, ma è anche aperta agli adulti che desiderano prendersi cura della propria comunità, attivando risorse comuni per rispondere ai bisogni. La Bottega esiste per far emergere i desideri e valorizzare le competenze delle persone, attraverso il fare insieme. La narrazione fotografica di questa realtà, raccolta tra gennaio e luglio 2020, ha l’intento di creare un dialogo tra gli spazi urbani e chi quegli spazi li vive quotidianamente. Crediamo che il racconto che si snoda attraverso i volti dei suoi abitanti possa stringere un legame sociale e spaziale con il quartiere, nutrire in loro senso di appartenenza e vicinanza. Una narrazione che ambisce a favorire in chi osserva questo quartiere, laboratorio di integrazione, la possibilità di provare ancora stupore, come se fossimo davvero capaci di vedere per la prima volta.
Biografia
Sono nata in provincia di Milano nel 1979. Fotografo come sogno, in bianco e nero. Osservo in silenzio, sentendo profondamente ciò che vedo. Ho l’ossessione del tempo, pieno e vuoto, presenza e assenza. Credo che lo sguardo sia guida fondamentale della nostra storia, personale e collettiva. Attraverso la fotografia cerco di tenere traccia di un percorso a cui tornare e, a volte, da cui allontanarmi. Ho frequentato diversi workshop fotografici per poi perfezionarmi presso l’Istituto Italiano di Fotografia di Milano e Musa Fotografia in un master di Fotogiornalismo con Pierpaolo Mittica. Dal 2017 partecipo all’organizzazione del Festival della Fotografia Etica di Lodi e da qualche anno ho iniziato ad approfondire l’utilizzo della fotografia nelle relazioni educative, sperimentazione con camera minutera e stampa in cianotipia. In collaborazione con Libera Compagnia di Arti e Mestieri Sociali di San Donato Milanese, sto attualmente lavorando ad un progetto a lungo termine sul quartiere popolare Satellite di Pioltello, alle porte di Milano. Una prima parte del progetto è stata esposta al circuito Off del Festival di Fotografia Etica di Lodi a ottobre 2020. https://www.instagram.com/cla.verga/ https://www.festivaldellafotografiaetica.it/2020-mostreoff-ita/ https://storiediquartieres.wixsite.com/bottega/blog/categories/sguardi-ritrattidi-quartiere
GIORGIO di Pierangelo Orizio
La mia e’ una breve storia su Giorgio Viola, di Carzago, in provincia di Brescia. Un ragazzo quarantenne con un deficit motorio e verbale : nonostante gli ostacoli fisici cerca di non farsi condizionare dalla vita e dagli eventi, per sviluppare al meglio tutte le sue opportunità o almeno ci prova . Si ,perche’ la sua tetraparesi spastica parziale distonica nasconde le sue vere capacita’ sotto forma di difficolta’ di linguaggio e deambulazione .
Prima di giudicare il suo aspetto ho cercato di conoscerlo. E’ laureato in informatica , lavora in un’azienda del suo paese come impiegato in ufficio . Quando e’ libero scrive sul suo blog e social; e’ intento a preparare un sito dedicato alla passione della bicicletta : “Pedala con Giorgino”.
Sciatore , ciclista, pratica pilates e yoga , riceve trattamenti di Tuina e Riflessologia, tutto questo per un buon mantenimento psicomotorio . Lo sport lo prepara ad avere un corpo piu’ sciolto. I suoi Miti sono : Alex Zanardi , Marco Pantani , Alberto Tomba.
Ho chiesto a Giorgio se era interessato ad essere il soggetto del mio reportage. Subito ha accettato e mi ha invitato a seguire la sua giornata tipo. La mia storia vuole evidenziare la motivazione che mette nelle sue attivita’ per affrontare la vita …work in Progress.
La Passione per la fotografia ha radici profonde e fin da da giovanissimo mi ha spinto a raccontare la natura. Oggi mi considero un Fotografo Freelance Poliedrico.
I miei scatti spaziano in molti ambiti: natura, paesaggio, street , ritratto, glamour compresi progetti personali e lavori in studio. Il mio motto e’ Carpe Diem
Ho iniziato in Pellicola (1999) passando poi al digitale (2004) utilizzando tutti i formati da apsc a full frame e dal (2016) sono passato a mirrorless in formato 4/3. Nei miei studi, nei corsi e workshop frequentati ho sempre cercato di approfondire e personalizzare al meglio tutto quello che mi insegnavano.
Ma una domanda continuo a farmela prima di ogni scatto: Cosa mi racconta questa scena ? Cosa puo’ raccontare a chi la osserva ? Non sempre la risposta determina il CLICK perfetto, ma è valsa la pena provarci.
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Óscar Monzón nato a Màlaga in Spagna nel 1981 ha studiato fotografia alla scuola Arte 10 di Madrid e ha completato la sua formazione assistendo a seminari con Stephen Shore, Martin Parr e Joan Fontcuberta.
Il lavoro che lo rese celebre fu Karma che, nel 2013, vinse il First Book Award a Paris Photo. In questo progetto, sviluppatosi tra il 2009 e il 2013 a Madrid, Óscar Monzón immortala persone nelle proprie auto ferme al se-maforo. Lo scopo di questo lavoro era quello di catturare l’illusione della privacy che si crea all’interno della propria auto e, per enfatizzare ancora di più il senso di intrusione da parte dell’osservatore, fotografava sempre ser-vendosi di un flash e di un teleobiettivo.
“I always shoot when the cars are stopped at traffic lights,” disse al British Journal of Photography, “It’s very important for me to work at night because the privacy we have within the vehicle is reinforced by the darkness, and the invasion of light and the light from the flash is more obvious.”
Il risultato è un lavoro in cui le immagini sono spesso invasive: ci sono per-sone che litigano, altre che sniffano cocaina ed altre ancora che tengono in mano un vibratore. Óscar Monzón si serve della tattica aggressiva di street photography di Bruce Gilden o Gary Winogrand applicata però alle mac-chine in transito ed ai loro passeggeri inconsapevoli.
Óscar Monzón propone inoltre un concetto di macchina come mezzo di tra-sporto che, in verità, non è completamente distinto dalla persona che lo possiede ed abita . Il linguaggio utilizzato dal fotografo elimina ogni illusione di profondità in modo da rendere sulla stessa superficie la carrozzeria dell’auto e la pelle umana quasi ad anticipare la futura fusione definitiva delle due componenti. Óscar Monzón oltre a prendere ispirazione da testi e film di impronta futuristica sul tema uomo-macchina ha cercato di rendere in fotografia l’estetica della musica techno creata a Detroit dai figli degli operai dell’industria automobilistica. Questa influenza è chiara se si consi-dera l’illuminazione stroboscopica, la presenza dei colori primari e il fatto che i soggetti sono avvolti nell’oscurità. Il rimando alla musica techno è pa-lesato nell’opera audiovisiva, consultabile sul sito di Óscar Monzón, in cui le video, immagini e musica si intrecciano nel mostrare auto e città .
Óscar Monzón Karma
Nel 2017 Óscar Monzón ha pubblicato il suo secondo fotolibro chiamato ÉXTASIS. Anche questo lavoro è incentrato sull’analisi della tecnologia che questa volta è messa in relazione con il turismo di massa. Il lavoro di Mon-zón è costituito da una raccolta di paesaggi realizzati in una delle più popo-lari destinazioni turistiche del mondo: la Cascate di Iguazù in Brasile ed in Argentina. In tutti questi paesaggi sono però presenti delle linee diagonali che interferiscono con la visione dell’intero paesaggio. Viene poi svelata la vera natura di queste diagonali: sono i selfie-stick dei turisti. Attraverso tale meccanismo il fotografo è in grado di creare una sintesi grafica che mostra perfettamente il nostro progressivo allontanamento della realtà ed il conseguente nostro avanzare verso una fruizione solamente tecnologica di ciò che ci circonda. Il simulacro delle immagini ha la meglio sulla realtà .
Óscar Monzón, Extasis
Óscar Monzón ha esposto i suoi progetti in diverse occasioni tra cui il Lian-zhou Photo Festival in Cina; Rencontres d’Arles; Fondation Cartier a Parigi; e ha preso parte a Photo Festival in tutto il mondo.
RECENT EXHIBITIONS
• 2017
ÉXTASIS. Your Selfie Stick and You. Lianzhou Photo Festival. CHINA
Blank Paper, Stories of the Immediate Present. Rencontres d’Arles, FRANCE
AutoPhoto. Fondation Cartier. Paris, FRANCE
• 2016
ÉXTASIS -screening- La Nuit de l’Anée, Rencontres d’Arles, FRANCE
• 2015
Gd4PhotoArt Award. Biennal FOTO/INDUSTRIA. MAST Gallery. Bologna, ITALY
Under 35. IvoryPress, Madrid, SPAIN
Photography Now! Vol.2 – Spanish New Horizon. IMA Gallery, Tokyo, JAPAN
KARMA. GetxoPhoto Festival. Bilbao, SPAIN
• 2014
KARMA. Breda Photo Festival, HOLLAND
KARMA. PHotoEspaña Off. Fresh Gallery, Madrid, SPAIN
Fotolibros. Aquí y Ahora. Fotocolectania, Barcelona, SPAIN
SELECTED AWARDS
• 2015
GD4PhotoArt Award. Foto/Industria Biennal, MAST Foundation
Nominated at Prix Pictet
• 2013
First PhotoBook Award, Paris Photo-Aperture Foundation
Finalist at First Book Award. National Media Museum / MACK
• 2007
Art and Photography Creation grant from the Spanish Ministry of Culture.
Residency at Colegio de España in Paris
SELECTED PUBLICATIONS
ÉXTASIS. Dalpine 2017
AutoPhoto. Éditions Xavier Barral 2017
Under 35. IvoryPress 2015
Photography Now! Vol.2 – Spanish New Horizon. IMA 2015
KARMA. RVB Books / Dalpine 2013
Lin Zhipeng, alias 223, è nato nella provincia del Guangdong, in Cina, nel 1979. Dopo essersi laureato in Finanza Inglese presso la Guangdong University of Foreign Studies ha intrapreso la carriera di fotografo e scrittore freelance con base a Pechino. A partire dal 2003 la sua fama online crebbe enormemente grazie all’apertura del suo blog North Latitude 23 in cui giornalmente pubblicava immagini accompagnati da testi che ricevettero milioni di visualizzazioni. Il suo nome, No. 223, è ripreso dal personaggio poliziesco del film Chungking Express del regista di Hong Kong Wong Kar-Wai. Da lui prese ispirazione non solo per il nome ma anche per l’atmosfera poetica e sognante ed il mistero e la solitudine dei protagonisti delle sue immagini.
Tutto il lavoro di Lin Zhipeng è concentrato sul tema della gioventù inserito all’interno di in un contesto culturale conservatore come quello cinese. Il suo punto di vista propone fotografie spontanee in cui i giovani ragazzi cinesi sono in continuo bilico tra la gioia e una profonda malinconia. L’esuberanza e la sessualità giocosa ripresa dal fotografo forse sono solo la manifestazione di una necessità da parte delle giovani generazioni di essere visti, amati e considerati da una società indifferente ed in continua evoluzione.
Questo diario fotografico cerca di raccontare per immagini sia una storia collettiva della società odierna sia una parte del vissuto personale dell’artista. Ritraendo la sua sfera familiare e la cerchia di amici Lin Zhipeng racconta per mezzo di immagini sfacciate ed eccessiva il contesto storico e sociale della Cina contemporanea. Il coinvolgimento personale del fotografo è percepibile dal fruitore grazie alle inquadrature scelte: spesso ardite e ravvicinate che mostrano come lo sguardo dell’autore non si limiti alla scena ma sia completamente connesso con il soggetto davanti al suo mirino.
La sua stessa vita, i suoi ricordi, le sue emozioni e le sue ideologie vengono immortalate in ogni singolo scatto. La sua ripresa diretta del reale prende la forma di un lavoro documentario in qui frammenti di quotidianità, gestualità e momenti del presente si uniscono in una narrazione visuale che da voce alla nuova generazione che sfida l’autarchia cinese ed il suo sistema di censura e controllo. In un’intervista con Dominique Musorrafiti No. 233 afferma con chiarezza e semplicità ciò che vuole dire con le sue immagini: “What do you want to tell with your photos? Life. Any moment and mood of life, my experience, and my friends”. Il suo ultimo libro fotografico pubblicato è Flowers and Fruits del 2019. I soggetti principali di queste fotografie sono appunto fiori e frutti che con la loro bellezza momentanea diventano in questo contesto metafora dell’esistenza affascinante ed accattivante dei giovani ragazzi immortalati. Immagini colorate e vibranti creano continue connessioni tra corpi e frutti, sessualità e fiori, giovinezza e fioritura.
I suoi lavori sono stati pubblicati internazionalmente sia come progetti collettivi che come esposizioni personali in galleria quali Walther Collection Ulm, De Sarthe Gallery Beijing, Stieglitz19 Gallery Antwerp, M97 Gallery Shanghai, Delaware Contemporary Museum e molte altre. Inoltre ha pubblicato diversi libri fotografici a Taiwan, in Francia, in Canada e in Giappone.