Mostre per novembre

Ed eccoci all’appuntamento fisso con le mostre di fotografia. Anche il programma di novembre si presenta ricco ed entusiasmante! Cercate di non perdervele, si impara tantissimo dalle mostre di altri autori.

Sulla pagina dedicata, trovate l’elenco delle mostre in corso sempre aggiornato.

Anna

Omaggio al Giappone

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Dal 3 settembre 2016 al 5 gennaio 2017, il Museo Civico Pier Alessandro Garda di Ivrea (TO) ospita “Omaggio al Giappone”, una mostra che propone uno sguardo approfondito sulla fotografia nipponica contemporanea attraverso l’obiettivo dei suoi maggiori e più riconosciuti maestri.

L’iniziativa, organizzata e curata dal Fondo Malerba per la Fotografia, col patrocinio della città di Ivrea e il sostegno della Fondazione Guelpa, presenta 21 immagini di Nobuyoshi Araki, Yasumasa Morimura, Daido Moriyama, Toshio Shibata, Hiroto Fujimoto e Kazuko Wakayama, provenienti dalla Collezione Malerba.

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Genesi – Sebastião Salgado

Il 28 ottobre 2016 aprirà a Forlì, presso la chiesa di San Giacomo in San Domenico, la mostra “Genesi” di Sebastião Salgado, protagonista di un tour internazionale di grandissimo successo.

Potente nella sua essenziale purezza, il messaggio di “Genesi” è incredibilmente attuale, perché pone al centro il tema della preservazione del nostro pianeta, tema portante anche della Settimana del Buon Vivere, nel cui ambito ha preso il via il ciclo delle grandi mostre fotografiche forlivesi inaugurato lo scorso anno da Steve McCurry.

“Genesi” di Sebastião Salgado è un progetto iniziato nel 2003 e durato 10 anni, un canto d’amore per la terra e un monito per gli uomini. Con 245 eccezionali immagini che compongono un itinerario fotografico in un bianco e nero di grande incanto, la mostra racconta la rara bellezza del patrimonio unico e prezioso, di cui disponiamo: il nostro pianeta. Le fotografie di Salgado sono state realizzate con lo scopo di immortalare un mondo in cui natura ed esseri viventi vivono ancora in equilibrio con l’ambiente.

Ideata da Amazonas Images, promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmi di Forlì in collaborazione con il Comune di Forlì, la mostra è organizzata da Civita Mostre in collaborazione con Contrasto.

Chiesa di San Giacomo in San Domenico – Forlì

dal 28 Ottobre 2016 al 29 Gennaio 2017

Avevamo già raccontato di questo importante lavoro di Salgado qua

Jacob Aue Sobol

Phos, Centro Polifunzionale per la Fotografia e le Arti Visive presenta una mostra di
Jacob Aue Sobol.

Il tratto stilistico di Jacob Aue Sobol si inserisce nella tradizione della scuola di fotografia del Nord Europa, nata con Christer Strömholm e proseguita con Anders Petersen.
Questa declinazione non si limita all’uso del bianco e nero ma trova corrispondenza anche nell’attenzione alla vita e alle relazioni che il fotografo riesce a instaurare con le diverse realtà che documenta. I suoi lavori infatti non rappresentano un punto di vista esterno sulla realtà fotografata, ma sono frutto della capacità dell’artista di entrare a far parte delle situazioni documentate.
E’ dunque possibile parlare di un approccio personale e intimo alla fotografia.
Le immagini raccontano di emozioni e di condivisione, la presenza stessa dell’artista è riconoscibile nei suoi scatti tanto quanto i suoi distintivi tratti estetici, che vedono i bianchi staccarsi con violenza dai neri. Questa scelta consente a Sobol di evidenziare gli aspetti essenziali eliminando le specificità dello spazio e del tempo.

Jacob Aue Sobol è nato e cresciuto nella periferia a sud di Cophenhagen. Dopo essersi spostato dal Canada alla Groenlandia fino a Tokyo, nel 2008 ha fatto ritorno in Danimarca, dove ora vive e lavora. Ha studiato presso European Film College e, successivamente, è stato ammesso al Fatamorgana, scuola danese di fotografia d’arte.

Mostra a cura di Claudio Composti / Mc2 Gallery.

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Herbert List “La spiaggia e la strada. Der Strand und die Straße. Opere, 1930-1955”

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 “Ogni giorno viene prodotto un numero incalcolabile di fotografie ma un’immagine che possa essere apprezzata come oepra d’arte non è più frequente di una parola di poesia tra tutto quanto scritto” Herbert List

Contrasto Galleria propone una mostra decicata a Herbert List. L’open space della galleria offre un percorso che si sviluppa dagli anni Trenta del secolo scorso, e ne ripercorre la bellezza tramite alcuni degli scatti più celebri ed eleganti del fotografo tedesco.

Dove: Contrasto galleria, via Ascanio Sforza 29, Milano

Quando: dal 28 settembre al 30 dicembre 2016

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 Vivian Maier – Nelle sue mani

Ad aprire la stagione autunnale sarà una figura singolare e affascinante, recentemente ritrovata e definita una delle massime esponenti della cosiddetta “street photography”: Vivian Maier. Dopo il grande successo della mostra “Robert Doisneau. Le merveilleux quotidien”, all’Arengario di Monza continua il programma espositivo dedicato ai grandi protagonisti della fotografia.

Dall’8 ottobre 2016 all’8 gennaio 2017, gli spazi dell’Arengario ospiteranno “Vivian Maier. Nelle sue mani”, un progetto a cura di Anne Morin, prodotto e organizzato da ViDi in collaborazione con il Comune di Monza, diChroma photography, John Maloof Collection, Howard Greenberg Gallery, New York, realizzato con la consulenza scientifica di Piero Pozzi.

Nata a New York nel 1926 da madre francese e padre austriaco, Vivian Maier trascorre la maggior parte della sua giovinezza in Francia, dove comincia a scattare le prime fotografie utilizzando una modesta Kodak Brownie. Nel 1951 torna a vivere negli Stati Uniti e inizia a lavorare come tata per diverse famiglie. Una professione che manterrà per tutta la vita e che, a causa dell’instabilità economica e abitativa, condizionerà alcune scelte importanti della sua produzione fotografica.

Fotografa per vocazione, Vivian non esce mai di casa senza la macchina fotografica al collo e scatta compulsivamente con la sua Rolleiflex accumulando una quantità di rullini così grande che non riuscirà nemmeno a svilupparli tutti.

Tra la fine degli anni Novanta e i primi anni del nuovo millennio, cercando di sopravvivere, senza fissa dimora e in gravi difficoltà economiche, Vivian vede i suoi negativi andare all’asta a causa di un mancato pagamento alla compagnia dove li aveva immagazzinati. Parte del materiale viene acquistato nel 2007 da John Maloof, un agente immobiliare, che, affascinato da questa misteriosa fotografa, inizia a cercare i suoi lavori dando vita ad un archivio di oltre 120.000 negativi. Un vero e proprio tesoro che ha permesso al grande pubblico di scoprire in seguito l’affascinante vicenda della bambinaia-fotografa.

La mostra nasce dal desiderio di rendere omaggio a questa straordinaria artista che mentre era in vita ha realizzato un numero impressionante di fotografie senza farle mai vedere a nessuno, come se volesse conservarle gelosamente per se’ stessa.

Attraverso un racconto per immagini composto da oltre cento fotografie – in maggior parte mai esposte prima in Italia – in bianco e nero e a colori, oltre che da pellicole e negativi, il percorso espositivo descrive Vivian Maier da vicino, lasciando che siano le opere stesse a sottolineare gli aspetti più intimi e personali della sua produzione.

Con uno spirito curioso e una particolare attenzione ai dettagli, Vivian ritrae le strade di New York e Chicago, i suoi abitanti, i bambini, gli animali, gli oggetti abbandonati, i graffiti, i giornali e tutto ciò che le scorre davanti agli occhi. Il suo lavoro mostra il bisogno di salvare la “realtà” delle cose trovate nei bidoni della spazzatura o buttate sul marciapiede. Pur lavorando nei quartieri borghesi, dai suoi scatti emerge un certo fascino verso ciò che è lasciato da parte, essere umano o no, e un’affinità emotiva nei confronti di chi lotta per rimanere a galla.

In mostra non mancano i celebri autoritratti in cui il suo sguardo severo riflette negli specchi, nelle vetrine e la sua lunga ombra invade l’obiettivo quasi come se volesse finalmente presentarsi al pubblico che non ha mai voluto o potuto incontrare

L’esposizione offrirà, quindi, la possibilità di scoprire una straordinaria fotografa che con le sue immagini profonde e mai banali racconta uno spaccato originale sulla vita americana della seconda metà del Ventesimo Secolo.

Per tutta la durata della mostra una serie di incontri ed eventi gratuiti, a cura di Piero Pozzi – fotografo e docente di fotografia presso il Politecnico di Milano, Facoltà del Design – permetteranno ai visitatori di approfondire l’opera di Vivian Maier e la storia della fotografia.

Arengario di Monza
Piazza Roma – 20090 Monza

Date
8 ottobre 2016 – 8 gennaio 2017

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Looking back while going forward – Sylvia Plachy

Curata da Roberta Fuorvia e Yvonne De Rosa, la mostra presenta – per la prima volta in Italia – un’accurata selezione di 29 immagini a colori e b/n selezionate ad hoc per la realizzazione della mostra, unica data italiana dell’autrice.

Sylvia Plachy è nata a Budapest nel 1943. Da giovane fuggì dall’Ungheria con i suoi genitori dopo la rivoluzione del 1956. Si stabilì, quindi, negli Stati Uniti nel 1958. Dopo aver conseguito la laurea al Pratt Institute, ha iniziato a lavorare come fotografa. Tra il 1974 e il 2004 è stata fotografa per il Village Voice di New York City e più tardi anche per Metropolis e il New Yorker. Ha pubblicato sei libri di cui il primo –Unguided Tour (ed. Aperture book)- ha vinto il premio per il miglior Infinity Award nel 1990. Un’altra sua pubblicazione sulle memorie fotografiche dell’ Europa orientale, Self Portrait with Cows Going Home (ed. Aperture book), ha vinto il premio Golden Light 2004. Nel corso degli anni Sylvia Plachy ha insegnato in molti workshop in Europa, in Messico e negli Stati Uniti. Le sue fotografie fanno parte di collezioni private e in musei come il MOMA di New York. Tra gli altri premi ricordiamo il Guggenheim Fellowship, Lucie, e il Dr. Erich Salomon Preis.

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Henri Cartier Bresson. Fotografo.

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“Sono solo un tipo nervoso, e amo la pittura.” …”Per quanto riguarda la fotografia, non ci capisco nulla” questo affermava all’età di 24 anni Henri Cartier Bresson, che aveva comprato la sua prima Leica da appena due anni. Dal non capirci nulla a diventare un maestro il passo alla fine è stato breve, e per ripercorrere la grandezza della sua arte, per scoprire il carico di ricchezza di ogni sua immagine, la Villa Reale di Monza ospita una grande mostra dal titolo Henri Cartier Bresson. Fotografo. A partire dal 20 ottobre, l’esposizione offrirà la possibilità di immergersi nel suo mondo attraverso 140 scatti.
Non capire nulla di fotografia per Bresson significava tra l’altro, non sviluppare personalmente i propri scatti. Un lavoro questo che lascia agli specialisti del settore. Bresson non vuole apportare infatti alcun miglioramento al negativo, non vuole rivedere le inquadrature, perché lo scatto deve essere giudicato secondo quanto fatto nel qui e ora, nella risposta immediata del soggetto. Bresson non torna mai ad inquadrare le sue fotografie, non opera alcuna scelta, le accetta o le scarta, nulla più. In questo senso ha quindi pienamente ragione nell’affermare di non capire nulla di fotografia, in un mondo, invece, che ha elevato quest’arte a strumento dell’illusione per eccellenza.
“Per me, la macchina fotografica è come un block notes, uno strumento a supporto dell’intuito e della spontaneità, il padrone del momento che, in termini visivi, domanda e decide nello stesso tempo. Per “dare un senso” al mondo, bisogna sentirsi coinvolti in ciò che si inquadra nel mirino. Tale atteggiamento richiede concentrazione, disciplina mentale, sensibilità e un senso della geometria. Solo tramite un utilizzo minimale dei mezzi si può arrivare alla semplicità di espressione”, questo scriveva Henri Cartier-Bresson.
La mostra, curata da Denis Curti per la Villa Reale, si pone dunque come obiettivo quello di far conoscere e far capire il modus operandi di questo grande maestro della fotografia, la sua ricerca del contatto con gli altri, nei luoghi e nelle situazioni più diverse.
L’esposizione è promossa dal Consorzio Villa Reale e Parco di Monza e da Nuova Villa Reale di Monza in collaborazione con la Fondazione Henri Cartier-Bresson e Magnum Photos Parigi e organizzata da Civita Mostre con il supporto di Cultura Domani.
Sarà visitabile fino al 26 febbraio 2017.

Villa Reale di Monza
Secondo Piano Nobile
20 ottobre 2016 – 26 febbraio 2017

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EOLO PERFIDO – UNREVEALED

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La galleria due piani, in occasione del suo primo anno di attività, è lieta di ospitare Eolo Perfido in un doppio appuntamento che lo vedrà protagonista della mostra UNREVEALED, a cura di Benedetta Donato e di un workshop durante le giornate dell’8 e 9 ottobre.

 Dopo il successo della mostra Tokyoites, presentata alla Leica Galerie di Milano lo scorso 20 settembre, l’Autore, tra i più stimati street photographer del mondo, conosciuto per le sue serie di ritratti, le campagne pubblicitarie e le prestigiose collaborazioni che vantano nomi come Steve McCurry, Eugene Richards, Elliott Erwitt e James Natchwey, nella sede di Pordenone esporrà una selezione tratta dalla produzione di Street Photography, realizzata negli ultimi due anni tra l’Italia, la Germania e il Giappone.

 Le fotografie di UNREVEALED sembrano essere idealmente accompagnate da un verso del poeta Lec «La vita costringe l’uomo a molte azioni spontanee» che il fotografo riesce ad intercettare un attimo prima del loro compiersi, isolandole in una realtà sospesa eppure colta nel caos urbano quotidiano caratterizzante le metropoli. Instancabile esploratore e grande osservatore, Eolo Perfido ci conduce lungo un percorso non convenzionale, fatto di storie non svelate del tutto, solo sussurrate, accennate, lasciate all’interpretazione dello spettatore. E qui la scelta di non svelare il volto delle persone sembra essere un flusso spontaneo del racconto, più che una casualità o una necessità. Non svelare per raccontare molto di più una realtà che, nell’interpretazione offerta in questa mostra, diviene ordinata, rigorosamente attenta alle geometrie, a tratti metafisica, spesso ironica.

 La serie UNREVEALED dimostra lungo tutto il percorso espositivo, un atteggiamento coerente mantenuto dal fotografo, che vede nella realtà uno strumento per suggerire visioni urbane dove i soggetti ritratti con il viso sempre celato ne diventano attori inconsapevoli.
Le opere di Eolo Perfido rimarranno esposte fino al 20 novembre e saranno accompagnate dalle recenti pubblicazioni sul lavoro dell’artista, in visione presso la galleria due piani.

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Voix d’Afrique | opere da una collezione privata
Malick Sidibé | Seydou Keïta

Mc2gallery è orgogliosa di presentare una selezione di opere di due grandi artisti africani riconosciuti ed acclamati anche al di fuori del loro paese, che hanno saputo raccontare la dignità e la cultura del popolo del Mali: Seydou Keïta e Malick Sidibé. I due artisti hanno documentato un’Africa in rapida evoluzione, un’Africa che voleva fortemente rivendicare la propria identità. Gli scatti di Keïta e Sidibé liberano i personaggi dagli stereotipi del razzismo ed esaltano la bellezza della loro individualità. I loro sono veri e propri ritratti, meticolosamente studiati in tutti i dettagli dell’ambientazione circostante. Donne, uomini, coppie e famiglie, formano una galleria di personaggi affascinanti ed eleganti, immortalati sia in attimi di quotidianità sia in momenti di divertimento e spontaneità. I loro volti ci parlano di emancipazione, del loro sogno di libertà e di una forte complicità con l’artista. << E’ semplice scattare una foto, ma ciò che realmente fa la differenza è che io sapevo sempre come trovare la giusta posizione, non sbagliavo mai…Ero in grado di far sembrare qualcuno veramente bello…Ecco perché dico sempre che è vera arte… >> (S.Keïta)

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 Shifting boundaries – European Photo Exhibition Award

E’ stata definita non a torto “la palestra europea della fotografia” perché epea03, cioè la terza edizione della European Photo Exhibition Award è l’esposizione fotografica itinerante frutto del lavoro di 12 giovani fotografi che, nei mesi scorsi, hanno percorso l’Europa, per interpretare con i loro scatti i cambiamenti più profondi, secondo il tema “Confini sfuggenti”. Ne è emersa una collettiva che raccoglie centinaia di immagini e installazioni capaci di focalizzare l’evoluzione dei territori europei, sia come un’unica entità che come stati singoli.
Grazie alla Fondazione Banca del Monte di Lucca, che ha fatto proprio il progetto europeo a sostegno dei giovani talenti, e grazie alla collaborazione con la Provincia di Lucca, la mostra dei lavori del 12 fotografi sarà esposta a Viareggio, Villa Argentina dal 15 ottobre all’11 dicembre, a ingresso libero.
L’esposizione è stata presentata questa mattina dal presidente della Fondazione Banca del Monte di Lucca, Oriano Landucci, insieme al consigliere della Provincia di Lucca, Umberto Buratti e al curatore delle mostra, Enrico Stefanelli.
I fotografi proposti per l’Italia, dalla Fondazione Banca del Monte di Lucca, sono stati selezionati da Enrico Stefanelli, ideatore e anima del Photolux Festival.

I 12 fotografi scelti per questa edizione sono: Arianna Arcara (Italia), Pierfrancesco Celada (Italia), Marthe Aune Eriksen (Norvegia), Jakob Ganslmeier (Germania), Margarida Gouveia (Portogallo), Marie Hald (Danimarca), Dominic Hawgood (Regno Unito), Robin Hinsch (Germania), Ildikà Péter (Ungheria), Eivind H. Natvig (Norvegia), Marie Sommer (Francia) e Christina Werner (Austria), che provengono da 9 Paesi europei.
epea, mira a creare uno spazio libero in cui sviluppare temi socialmente rilevanti in materia europea, discussi da fotografi di talento che vivono e lavorano in Europa e che ancora si trovano all’inizio della loro carriera di fotografi professionisti.
Uno dei modi migliori per percepire la storia europea è esaminare i suoi costanti e complessi cambiamenti e le trasformazioni, come sintomi di un processo dinamico di sviluppo che ha la tendenza non solo a rimodellare la realtà, ma anche le proprie idee e l’immagine. Non sorprende, quindi, che le recenti analisi della situazione europea contemporanea si siano concentrate sugli effetti delle maggiori trasformazioni che stanno avvenendo nella società: la transizione verso un’economia postindustriale, il forte aumento del flusso e delle reti di comunicazione e delle merci; l’aumento della mobilità delle persone, in particolare la ripresa del fenomeno dell’immigrazione (e la conseguente intensificazione del dibattito sulle condizioni di integrazione, ma anche di controllo e legalità); e gli effetti della globalizzazione economica, tecnologica e culturale. Questi sono solo alcuni esempi che rafforzano l’idea che ci troviamo di fronte a significativi (e in alcuni casi radicali) cambiamenti delle condizioni di vita e delle strutture sociali e culturali in Europa, una percezione che è stata recentemente accentuata dalla grave crisi economica e politica che ha avuto conseguenze devastanti per la società, che istigano nuovi fronti di frammentazione nello spazio europeo e l’emergere di nuovi tipi di fenomeni e di conflitto.

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Malick Sidibé – “Portraits”

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In mostra una trentina di ritratti degli anni Settanta realizzati da Malick Sidibé nello Studio Malick a Bamako, capitale del Mali. La mostra celebra il grande fotografo africano, scomparso nell’aprile 2016: “Mio padre non ha mai potuto vedere la sua immagine, se non riflessa in uno specchio o nell’acqua. Eppure da sempre l’uomo cerca l’immortalità nella pittura o nella poesia. La fotografia è un modo per vivere più a lungo, oltre il tempo. Io credo nel potere dell’immagine. Per questo ho passato tutta la vita a ritrarre le persone, nel miglior modo possibile”. Con i suoi ritratti in studio Malick si è confrontato con una lunga tradizione, nata in Europa, ma rapidamente acquisita in tutta l’Africa. Nelle sue immagini mette a frutto i suoi studi d’arte, intervenendo, fino alla fine della sua vita, con i suoi soggetti, spostandoli, suggerendo pose, incitando sempre a sorridere davanti all’obiettivo. Il suo entusiasmo, la curiosità e una profonda umanità danno alle sue immagini una forza emotiva particolare e una poesia rare da trovare nelle fotografie in studio. Oggi quelle immagini rappresentano un tesoro inestimabile, che racconta la storia di un popolo. “L’ho detto durante la mia premiazione alla Biennale d’Arte di Venezia: sono solo un piccolo africano che ha raccontato il suo Paese, ancora sorpreso del riconoscimento che il mondo mi tributa. Oggi c’è chi mi chiama artista: io continuo a preferire la definizione di fotografo”.

Malick Sidibé

È nato nel 1936 in Mali. A Bamako studia disegno e gioielleria. Nel 1955 il fotografo Gérard Guillat-Guignard gli chiede di decorare il suo negozio e Sidibé rimane folgorato dalla fotografia. Rimane come apprendista e nel 1962 apre il suo atelier, lo Studio Malick, nel quartiere popolare di Bagadadji, dove rimarrà per tutta la vita.  Nel 1994, durante la prima edizione dei Rencontres de la Photographie de Bamako (la manifestazione più importante di fotografia africana) autori e critici occidentali scoprono il suo talento e Sidibé inizia a esporre in tutto il mondo. Nel 2003 ha vinto il Premio Hasselblad, nel 2007 il Leone d’oro alla carriera alla Biennale d’Arte di Venezia, nel 2008 l’ICP Award, nel 2009 il Premio Baume & Mercier PhotoEspaña. Malick Sidibé si è spento a Bamako il 14 aprile di quest’anno

NONOSTANTE MARRAS, Via Cola di Rienzo 8, 20144 Milano dal 24 settembre al 20 novembre 2016

In posa

Un’immagine in posa è per definizione un’immagine costruita, ferma o sorpresa nell’illusione del movimento. Posa, dunque, come “vera finzione”. Riflettendo su questo tema cardine dalla fotografia, dalle sue origini a oggi, la mostra presenta le opere di venti autori, diversi per generazione, fama, percorso professionale e artistico. Come in una grande rappresentazione teatrale, come nel “grande teatro del mondo”, ognuno prende la sua posa, veramente falsa, falsamente vera, e recita in un susseguirsi di cambi di scena.

Dai fondali dipinti, come nell’Ottocento, di Malick Sidibé e Paolo Ventura alle periferie urbane di Francesco Ricci e alle accademie militari di Paolo Verzone, così fredde e formali, dalle atmosfere intime degli autoritratti di Marina Cavazza e Silvia Camporesi, a quelle surreali di Duane Michals, per ritrovarsi poi nella natura selvatica dove sorgono dalla terra le maschere primordiali di Charles Fréger. Fine del primo atto.

Quando si rialza il sipario, appaiono sulla scena, per illuderci, confonderci o consolarci, i ritratti e le nature morte di Antonio Biasiucci, Paolo Gioli e Nicolò Cecchella. Accanto a loro, i corpi marmorei di Helmut Newton, come statue viventi, poi, cambiando scala, le figurine di carta di Gilbert Garcin, i manichini in uniforme coloniale, ripresi di spalle da Alessandro Imbriaco, quindi un soldato americano in vetroresina sorpreso da Stefano Cerio tra le luci di Gardaland, e ancora i pupazzi in scatola di Alessandro Albert, pronti per essere proposti in uno scaffale.

Ultimo atto e tra i riverberi di una risonanza magnetica al cranio, firmata da Enrico Bossan – in posa per sfidare la malattia – appaiono i corpi mostruosi di Roger Ballen e Joel-Peter Witkin – necrofilia come pensiero in posa – e le figure senza volto, oppresse dal peso della storia, dell’arte, della memoria di Daniele Cascone. Cala il sipario e l’ultimo a lasciare la scena è Oscar Wilde, mentre ci ricorda che “la spontaneità è una posa difficilissima da tenere”.

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#JustJazzShots

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#JustJazzShots è la mostra di Nicola Malaguti, fotografo che da oltre  trentacinque anni racconta il mondo del Jazz e che ha immortalato artisti  del calibro di Miles Davis, Chet Baker, Clarcke Terry e George Benson.

L’esposizione, ideata in occasione di Mantova Capitale Italiana della  Cultura, sarà aperta gratuitamente alla Casa del Rigoletto dal 29 ottobre al  27 novembre.

Con questa mostra, dove per la prima volta espone scatti in digitale,  Malaguti presenta le performance dei grandi del genere in ritratti che sono  in grado di restituire al visitatore l’atmosfera dei concerti, la magia dei suoni, la passione che condivide con i musicisti. Le sue fotografie sono  tributi straordinari all’improvvisazione e all’inventiva, istantanee di automatismi e virtuosismi di quel “mondo a parte” chiamato Jazz.  Infatti prima di ogni scatto Malaguti si dedica all’ascolto di brani dalla sua collezione di oltre 4000 cd e a uno studio profondo della personalità dell’artista. Il suo fine è quello di far trasparire dalla pellicola l’animo dei soggetti
catturati.

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Mein Name ist Giulia – Giulia Efisi

In questa mostra inedita, presentata per la prima volta al pubblico di Berlino, l’artista raggiunge una nuova tappa nella sua esplorazione visiva del concetto di identità e dei passaggi che ne hanno segnato l’evoluzione. Il suo percorso, partito da una ricerca sul proprio corpo e proseguito con la riscoperta del suo universo privato fatto di persone e oggetti della memoria, è approdato negli ultimi anni all’identità dell’altro con i suoi Ritratti/Portraits di persone comuni e famose che l’artista ha scelto di ritrarre per il particolare legame che la unisce a esse.

Nelle dodici opere inedite in mostra, Giulia Efisi affronta uno scenario nuovo, la metropoli, in cui dà luogo alla sua prima performance artistica. Un mondo privo di riferimenti certi, tranne una panchina sulla quale si è seduta e ha cominciato a urlare il proprio nome per sperimentare le reazioni dei passanti. I loro sguardi bassi, l’aumentare della distanza, l’evidente disagio dipinto sui loro volti nell’assistere a un gesto così audace che spezza la frenesia e l’anonimato dell’universo urbano le hanno fatto provare sulla propria pelle il peso dell’indifferenza e l’effetto sugli altri del voler rivendicare il valore della propria unicità. Un’esperienza che l’artista ha rappresentato nel bianco e nero minimalista caratteristico del suo stile, eliminando dall’inquadratura i volti e i riferimenti del contesto, immergendo nel bianco assoluto quelle presenze simili a fantasmi. In questo modo ha amplificato la sensazione del vuoto, dell’isolamento e dell’angoscia dovute all’impossibilità di sottrarsi del tutto al flusso anonimo e conformista della metropoli contemporanea.

 La mostra sarà visitabile dal 15 ottobre al 15 novembre  – Galleria >Artér – Eberfelder Strasse, 6 – Berlin

Anna

Fortunati o sfigati per strada?

“La fortuna gioca un ruolo importante , non si sa mai cosa sta per accadere. La cosa più interessante è quando “l’inaspettato” succede e si riesce ad essere lì al posto giusto nell’attimo perfetto – scattando al momento giusto. Il più delle volte non funziona. La street Photography è nel 99% dei casi, un fallimento”-. Alex Webb

Fotografia di Jacob Aue Sobol

Nella fotografia di strada, quella vera, la possibilità che lo scatto prodotto sia davvero interessante, è remota.

Si può girare giorni interi, questo lo dico per esperienza personale, e non trovare niente. Niente sembra apparire interessante o meritevole di una fotografia. Spesso la fotografia, magicamente ti appare davanti agli occhi e tu ti stai scaccolando, bevendo un caffè, l’unico, dopo ore a sperare che qualcosa avvenisse. Sputi il caffè, togli il dito dal naso, ma è tardi…tutto dissolto.

Frustrazione.

Ti ricomponi e pensi, “Ma si, ce la faccio alla prossima, sarò più pronta, veloce, sprint.”

Il fallimento, nella fotografia di strada è normale, troppi elementi concorrono e tutti non dipendenti dal fotografo.

Forse il trucco vero è portare sempre la macchina fotografica con sé. Non solo perché senza non si scatta 😉 ma anche perché con la macchina in mano, si è predisposti ad un’attenzione che viene meno, se siamo nudi (senza macchina fotografica).

Poi c’è la fortuna. Nella Street photography, la fotografia corrisponde ad uno schiaffo che ricevi dietro un angolo. Tu giri l’angolo e tutto si sistema, i pesi formali, i toni, i soggetti che si auto-compongono in terzi, eccezionale. Scatti e ti senti Winogrand a 30 anni, bello riccio, veloce, aitante e perfetto.

MA

Capita anche che, girando l’angolo vedete lo scatto, tentate di prendere la macchina e nell’ordine:

Vi sfugge di mano

Con una mossa da Carla Fracci tentate di riprenderla

Ce la fate

Riportate lo sguardo sul soggetto pronti a scattare

Portate l’occhio al mirino come un falco

Il soggetto vi fissa dietro la croce della messa a fuoco

Tutti sono girati verso di voi, anche il lattaio, dall’altro lato della strada

Riponete la macchina e col fiatone tornate dietro l’angolo di prima.

Beh, dai non scoraggiatevi, tenete duro. Forse eravate troppo tesi, non avevate la macchina a portata di mano, non era impostata bene…ecc.ecc. Tutte queste piccole cose succederanno sempre meno e piano piano vi sembrerà più semplice.

In strada la velocità è importante, anche sbagliare per me è stato importante.

Ciao

Buona giornata

Un saluto

Sara

Jacob Aue Sobol

Jacob Aue Sobol (nato nel 1976) è un fotografo danese. Ha lavorato in giro per il mondo, incluso Groenlandia dell’est, Guatemala, Tokyo, Bangkok e Copenhagen.
Nel 2007 Sobol è entrato a far parte dei fotografi di Magnum Photos. I suoi lavori sono stati esposti in diverse mostre, in particolare alla Yossi Milo Gallery a New York e alla Diemar/Noble Photography Gallery a Londra.

Nato a Copenhagen, Jacob Aue Sobol ha vissuto in Canada dal 1994 al 1995. Di ritorno in Europa, ha inizialmente frequentato l’European Film College e dal 1998 ha studiato presso Fatamorgana, la Scuola Danese di Fotografia d’ Arte.
Nell’autunno del 1999, si è recato nella remota Groenlandia dell’est, nel villaggio di Tiniteqilaaq per fotografare. La visita doveva durare inzialmente solo alcune settimane, ma dopo aver incontrato Sabine, una ragazza locale, Sobol è ritornato l’anno successivo ed è rimasto lì per i due anni seguenti, vivendo come pescatore e cacciatore.

Nel 2004 Sobol pubblica Sabine, che ritrae appunto Sabine, con fotografie e testi e descrive il suo incontro con la cultura groenlandese. Le foto nel libro esprimono il linguaggio fotografico che Jacob ha sviluppato a Fatamorgana.
Nell’estate del 2005, Sobol andò in Guatemala con una troupe cinematografica per girare un documentario sul primo viaggio verso l’oceano di una giovane ragazza Maya. L’anno successivo è ritornato sulle montagne del Guatemala, questa volta da solo. Ha vissuto per un mese con una famiglia indigena per documentare la loro vita di tutti i giorni.

Nel 2006 si è trasferito a Tokyo, dove ha vissuto e lavorato per i successivi 18 mesi, esplorando la città. Le immagini di questo progetto sono tate presentate a I, Tokyo. Commentando il libro, Miranda Gavin apprezza come “la sensibilità del suo approccio risplende attraverso il lavoro e lo caratterizza come uno dei fotografi di nuova generazione con la capacità di consentire all’erotismo e al pericolo di filtrare atraverso le sue immagini, senza che queste diventino sordide o dei cliché”.
Nel 2008, Sobol ha lavorato a Bangkok, fotografando ragazzini in lotta per la sopravvivenza negli slums di Sukhumvit, nonostante il periodo di propserità economica del paese.
nel 2009 è ritornato a Copenhagen.

E qui un intervista su Vogue Italia

Jacob Aue Sobol (born 1976) is a Danish photographer. He has worked around the world, including in East Greenland, Guatemala, Tokyo, Bangkok and Copenhagen.

Since 2007 Sobol has been a nominee at Magnum Photos. His works are widely exhibited, notably at the Yossi Milo Gallery in New York and at the Diemar/Noble Photography Gallery in London.

Born in Copenhagen, Jacob Aue Sobol lived in Canada from 1994 to 1995. Back in Europe he first studied at the European Film College and from 1998 at Fatamorgana, the Danish School of Art Photography.

In the autumn of 1999 he went to the remote East Greenland village of Tiniteqilaaq to photograph. The visit was only supposed to last a few weeks but after meeting a local girl, Sabine, he returned the following year and stayed there for the next two years, living the life of a fisherman and hunter.

In 2004 Sobol published Sabine, which in photographs and narrative portrays Sabine and describes his encounter with Greenlandic culture. The pictures in the book express the photographic idiom he developed at Fatamorgana.

In the summer of 2005, Sobol went with a film crew to Guatemala to make a documentary about a young Mayan girl’s first trip to the ocean. The following year he returned to the mountains of Guatemala, this time by himself. He stayed with an indigenous family for a month to document their everyday life.

In 2006 he moved to Tokyo where he lived and worked for the next 18 months, investigating the city. The pictures from this project were presented in I, Tokyo. Commenting on the book, Miranda Gavin appreciates how “the sensitivity of his approach shines through the work and sets him apart as one of a new generation of photographers with the ability to allow eroticism and danger to seep through his images without becoming sordid or clichéd.

Jacob Aue Sobol became a nominee of Magnum Photos in 2007.

In 2008, Sobol worked in Bangkok where he photographed children fighting for survival in the Sukhumvit slums, despite the country’s growing economic prosperity. In 2009, he moved back to Copenhagen.

Awards
2005 Deutsche Börse Photography Prize nominations for Sabine
2006 World Press Photo Award in the Daily Life Stories category, for the Guatemala series
2007 Fogtdal Photographers Award
2008 Nominated, Paul Huf Award
2008 Leica European Publishers Award for Photography for I, Tokyo
2009 UNICEF Germany Photo of the Year Awards: Honorable Mention

Exhibitions
2013 Arrivals and Departures, Leica Gallery Prague, Czech Republic
2010 Sabine & I,Tokyo, Yossi Milo Gallery, NY
2009 I, Tokyo, Rencontre D’Arles, Arles, France
2008 I, Tokyo, Brandts Museum of Photographic Art, Odense, Denmark
2007 Sabine, Silo Gallery, Porto, Portugal
2007 Sabine, Month of Photography, Kraków, Poland
2007 Sabine, Gallery Sztuki, Konin, Poland
2006 Sabine, Yours Gallery, Warsaw, Poland
2006 Sabine, Open Eye Gallery, Liverpool, UK
2004 Sabine, Superdanish, Festival of Danish Art, Toronto, Canada
2004 Sabine, Frederiks Bastion, Copenhagen, Denmark
2003 Tiniteqilaaq – The strait that runs dry at low tide, Odense Phototriennale, Denmark

An interview

http://www.auesobol.dk/

Anna”°”

Mostre per le vostre vacanze!

Con te – Jacob Aue Sobol

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25 luglio – 6 settembre 2015
La Bottega – Marina di Pietrasanta

Di seguito il comunicato stampa di presentazione della mostra pubblicato da FIAF.

Inaugura sabato 25 luglio la mostra personale “Con te” di jacob Aue Sobol, grande protagonista della fotografia internazionale a Labottega di Marina di Pietrasanta, spazio multifunzionale dedicato alla fotografia. Un’occasione unica per vedere e incontrare il fotografo danese, già membro dell’Agenzia Magnum e tra i protagonisti più interessanti del panorama mondiale.

Jacob Aue Sobol è nato in danimarca nel 1976. Dopo essersi spostato dal canada alla Groenlandia fino a Tokyo, nel 2008 ha fatto ritorno in Danimarca, dove ora vive e lavora. Ha studioato presso l’European Film College e, successivamente, alla prestogiosa Scuola di Fotografia Fatamorgana, dove insegna.

Sobol è riconoscibile nei suoi scatti per i suoi distintivi tratti estetici, che vedono i bianchi staccarsi con violenza dai neri, eliminando ogni traccia dei mezzi toni. L’uso del bianco e nero è utile all’artista per raggiungere in modo diretto le questioni essenziali, eliminando le specificità di spazio e tempo, rendendo così autonome le immagini. Il suo è un diario di viaggio quotidiano e personale, in cui l’intimità e la vicinanza con i soggetti protagonisti sono il tratto distintivo di Sobol, con i quali scambia brevi attimi di vita, un incontro o con cui condivide lunghi periodi di convivenza, che gli permettono così di entrare nell’intimità delle loro vite private da cui prendono forma vari progetti, come la serie Sabine. Sobol disegna con la luce il suo viaggiare nel mondo. Un diario fotografico molto personale nel quale entriamo a far parte guardando le sue splendide stanmpe in bianco e nero dal segno quasi grafico.

All’inaugurazione sarà presente l’artista per un booksigning.

La mostra, che presenta circa 30 opere dell’autore, è realizzata in collaborazione con mc2gallery di Milano, con Gruppo Fotografico Iperfocale e il patrocinio FIAF.

Per ulteriori info, cliccate qua e qua.

EXPOSED PROJECT – Mostra laboratorio sulle trasformazioni della città

In quanto luogo di riflessione permanente sull’identità e sulle trasformazioni di Milano, capace di dare spazio alle più recenti ricerche artistiche che vedono protagonista la fotografia, Forma Meravigli presenta Exposed Project.

Per tutto il corso dell’estate 2015 le sale espositive si trasformano in un osservatorio dinamico sulla città in grado di captare i nuovi sguardi sul territorio e restituire in tempo reale i mutamenti sociali e culturali che caratterizzano Milano e il suo hinterland in concomitanza con l’Esposizione Universale.

Il progetto è realizzato in collaborazione con Careof nell’ambito di FDV Residency Program, che dal 2013 ha supportato lo sviluppo del laboratorio di ricerca e condiviso la progettualità attraverso talk, laboratori, progetti espositivi.

L’esposizione si concluderà con una mostra degli studenti del master di fotografia realizzato da Forma e NABA, che presenteranno i lavori sul tema di Expo realizzati nell’estate 2015 e arricchiti dal confronto, tra gli altri, con Exposed.

 Qua tutte le informazioni e il calendario delle iniziative.

Anna “°”

Sobol, Kertész, Eskildsen, mostre che non mi perderei!

Jacob Aue Sobol – L’intima distanza

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14 giugno 2015 – 12 luglio 2015

Macula – Centro Internazionale di Cultura Fotografica presenta il secondo evento della stagione espositiva 2015: lo Scalone Vanvitelliano di Pesaro accoglierà dal 13 giugno, giorno di inaugurazione, le opere di Jacob Aue Sobol, celebre fotografo danese membro di Magnum Photos. L’evento è organizzato da Macula, con il sostegno del Comune di Pesaro, il patrocinio della Regione Marche e della Fondazione Pesaro Nuovo Cinema, in collaborazione con mc2gallery, Milano e Sistema Museo.

Jacob Aue Sobol (Copenhagen, 1976) si è formato all’’European Film College’ e, successivamente, al ‘Fatamorgana’, scuola danese di fotografia d’arte, sviluppando uno stile unico caratterizzato da un bianco e nero a contrasti violenti, d…iretto, e fortemente espressivo. Impossibile scindere il lavoro dall’esistenza dell’artista: la fotografia di Sobol si nutre di esperienze di vita, incontri e relazioni, mostrati senza filtri, con un coinvolgimento emotivo mai celato, inserendosi nella scia della scuola di fotografia nordica, rappresentata da nomi come Christer Strömholm e Aders Petersen.

La mostra presenta una panoramica dell’opera di Sobol, con fotografie dalle serie ‘Sabine’, ‘I, Tokyo’, ‘Bangkok Encounter’, ‘Home, Copenhagen’ e ‘Arrivals and Departures’.

JACOB AUE SOBOL – L’intima distanza
Dal 14 giugno al 12 luglio 2015
Inaugurazione sabato 13 giugno, ore 18.00
Scalone Vanvitelliano, Piazza del Monte, Pesaro

Organizzazione: MACULA – Centro Internazionale di Cultura Fotografica
In collaborazione con: mc2gallery Milano, Sistema Museo
Direzione artistica: Alessandro Giampaoli
A cura di: Claudio Composti
Intervento critico: Debora Ricciardi
Patrocini: Regione Marche, Comune di Pesaro, Fondazione Pesaro Nuovo Cinema
Partner: L’Aperitivo Illustrato Magazine, Greta Edizioni, BAG Photo Art Gallery

Orario di apertura
Da mercoledì a domenica, ore 17.00/20.00 – Ingresso libero
Info tel. 340 7519839 – info@spaziomacula.it
www.spaziomacula.it

FROM THESE HANDS: A JOURNEY ALONG THE COFFEE TRAIL – Steve Mc Curry

FROM THESE HANDS: A JOURNEY ALONG THE COFFEE TRAIL è il titolo della mostra dedicata al fotografo Steve McCurry, organizzata da Lavazza e firmata dall’architetto Fabio Novembre, che sarà allestita a Milano, dal 5 giugno al 5 luglio 2015, nella Sala Colonne del Museo della Scienza e della Tecnologia. Al centro della mostra, 62 scatti realizzati da McCurry in 12 diversi Paesi: Brasile, Burma, Colombia, Etiopia, Honduras, India, Indonesia, Perù, Sri Lanka, Tanzania, Vietnam, Yemen.

L’allestimento di Fabio Novembre è studiato per accompagnare il pubblico nelle atmosfere evocate dagli scatti. Le foto di McCurry sono sempre l’inizio di un viaggio in cui è meraviglioso addentrarsi. L’idea da cui è stato sviluppato l’allestimento, diventa quindi un labirinto che si integra perfettamente nelle geometrie della Sala Colonne del Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia. Il visitatore potrà ammirare le opere di McCurry riprodotte su pannelli concepiti come pagine di un volume fuori scala. La bellezza e l’umanità che scaturiscono dalle immagini di McCurry è amplificata dall’allestimento di forte impatto scenico e immersivo studiato e realizzato dall’architetto Fabio Novembre.

Unico comune denominatore: il caffè. Si tratta infatti delle foto più belle ed evocative scattate da McCurry nel corso di un viaggio che copre un arco temporale di oltre trent’anni sulle strade del caffè, raccolte nell’omonimo volume edito in queste settimane da Phaidon, tra i maggiori editori di arti visive e fotografiche.

Qua tutte le info

André Kertész – Surveillance

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Exhibition Dates: May 2 – June 20, 2015
Opening Reception: Saturday, May 2, 2-5pm

André Kertész (1894–1985) is an undisputed master of photography, an icon who created much of the visual vocabulary of the medium that is still in use today. Kertész worked thematically throughout his life, repeatedly approaching the same subjects and ideas; refining and redefining his observations as he matured as an artist. Surveillance represents one such theme and technique that he continually visited.

This astonishing body of work—assembled together for the first time—reveals the dichotomy of a man who observes from afar, as an outsider, but at the same time creates deeply intimate images in response to what he witnesses. In playful, beautiful, and sometimes ominous photographs, Kertész displays a carefully calculated distance that evokes a sense of longing to belong, simultaneously acknowledging that it will never be. Whether watching his subjects from near or afar, Kertész remains the quintessential outsider.

As a young adult, Kertész saw himself as a failure at every occupation he tried. Amongst his earliest self portraits are a series of him in various guises such as an athlete, a bee keeper, and a banker, all of which vividly illustrate his bewilderment about what lay ahead. Although in a supportive family, his inability to hold a job and his interest in art soon set him apart as an outsider.

He even frustrated Elizabeth, his betrothed, who finally insisted that he leave Budapest to establish himself somewhere else. With this ultimatum, Kertész left for Paris to devote himself to becoming a working photographer and immerse himself in the city’s vibrant scene of the 1920’s. His already mature sense of form and balance combined with his humanist approach to life, Kertész began to produce an enchanting body of work reflecting his response to his new Parisian world. While successful, Kertész was far away from the nourishment and support his family provided and he suffered deeply. A sense of loneliness and isolation began to emerge in his photographs.

Arriving shortly before the outbreak of WWII, his relocation to New York isolated him further. Kertész found himself lost in a monolithic city without the support of the Parisian café society that fueled his art. During the war, Kertész was identified as an enemy alien and warned not to photograph on the streets. Years later, he took solace in an apartment high above Greenwich Village where he embraced new photographic technology, using zoom lenses and an adapted telescope that allowed him to hone in on the people down below and across the way. Observing intimate interaction from a safe distance, Kertész redefined the world he surrounded himself with.  It is here that he developed his penchant for voyeurism into a true art form.
Since 2003, Stephen Bulger Gallery has been privileged to represent the Estate of André Kertész. Our previous exhibitions included: ‘New York State of Mind’; ‘1920’s – 1980’s’; ‘The Polaroids’; ‘On Reading’; ‘Self-portraits’; ‘Places and Things’. This exhibition is drawn from work made in two periods of Kertész’s photographic life: Paris from 1925-1936; and finally to New York, where he lived from 1936 until his death in 1985. Utilizing both vintage prints as well as ones printed later in Kertész’s life, we are celebrating the beauty, the genius, and the pathos of man who, time after time, captured in images what could not be articulated in words.

More info here

Joakim Eskildsen: A world I can believe in

22 May 2015 – 31 January 2016 The National Photomuseum – Rotunden 01

The National Museum of Photography presents a comprehensive exhibition, Joakim Eskildsen: A world I can believe in, of internationally recognized Danish photographer Joakim Eskildsen, introducing his full artistic oeuvre for the first time in Denmark.

The exhibition is based upon the seven books, Eskildsen has been working on since 1989. A selection of images are presented in large format along with sketch books, contact sheets, pre-proofing sheets, video and other materials providing insights into the work process. Joakim Eskildsen is a dedicated photographer, who works meticulously with every step of the process from photographing, copying and printing to the final design of the photographic book. To him, not only the photographic works meant for display are important, but more than everything the book itself is the back bone of his projects.

In a book, the artist can present his images without compromising in a series that allows for a narrative to unfold. Moreover, a book lives for a long time and reaches a larger audience than a single work of photographic art.  Joakim Eskildsen is rooted in the tradition of classical documentary. His main subject is people and their surroundings which he becomes familiar with during long stays abroad. His images in the books together with the texts depict the communities in question both soberly and with respect.

His evocative photographs represent reality as Eskildsen wishes to see it: infused with immense sensual beauty. Eskildsen’s unique sense of light and colour is evident already in his early works. So is the constant interest and commitment shown towards human beings and their relationship with nature and the surroundings, they live in:
“To me, it is essential to believe; in a better world, in mankind, and in that there is a sense with it all. There are so many problems in the world nowadays – poverty, illness, pollution, environmental disasters, war – that it requires discipline to be an optimist. I try to collect photographs of a world that I can believe in, which gives me hope, and moments of magic.”

The monumental work The Roma Journeys (published by Steidl 2007) in which Eskildsen and the author Cia Rinne spent six years documenting life, conditions and history of the Romas in Hungary, Greece, India, Finland, France, Romania and Russia received international attention and won several prizes. The past years he has worked on the series American Realities, documenting people living below the poverty line in the US.
Eskildsen has worked on projects in Portugal, Cuba and South Africa as well but is currently working on Home Works, focusing on subjects closer to him: The homes and children of his own.
He often collaborates on projects with writer Cia Rinne, and his publications include Nordic Signs (1995), Bluetide (1997), iChickenMoon (1999), the portfolio al-Madina (2002, in collaboration with Kristoffer Albrecht and Pentti Sammallahti), and the book The Roma Journeys (Steidl 2007).
Currently he works on three books, American Realities,  Cuban Evolution and  Home Works. His work is represented in collection in i.a. Museum of Fine Arts in Houston, Fotomuseum Winterthur in Switzerland, Kiasma in Helsinki along with Danish collections, and he has exhibited in Amos Anderson Kunstmuseet in Helsinki and Kunsthalle Emden to name a few. Eskildsen currently lives and works in Berlin.
The exhibition is created in collaboration with Gallery Taik Persons, Berlin.

Joakim Eskildsen was born in Copenhagen in 1971 where he trained with Royal Court photographer, Mrs. Rigmor Mydtskov. In 1994, he moved to Finland to learn the craft of photographic book making with Jyrki Parantainen and Pentti Sammallahti at the University of Art and Design in Helsinki, where he published Nordtegn/Nordic Signs (1995) and graduated with an MA degree in photography in 1998.

Further info here

Belgian Autumn. A confabulated History

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Belgian Autumn può essere considerato come uno splendido saggio visivo che si addentra in uno dei più grandi misteri della storia belga, quello degli Assassini del Brebante. Tra il 1982 e il 1985 il gruppo di criminali mise a segno una serie di violente rapine a mano armata e altri crimini in cui rimasero uccise 28 persone. Una di queste era il padre di Jan Rosseel. Non si sa nulla circa il movente degli assassini e dopo anni di investigazioni, il caso rimane ancora irrisolto. C’è chi ha ipotizzato che il vero intento della banda fosse quello di creare un clima di instabilità sociale e che dietro di loro si nascondessero politici di alto calibro e altre autorità che ne hanno garantita la protezione.

Jan Rosseel è affascinato dal cervello umano, dai meccanismi della memoria e dalla fabbricazione di falsi ricordi per colmare le lacune della mente. Attraverso le sue opere, Rosseel ha riscostruito eventi accaduti oltre 30 anni fa, basandosi non solo su informazioni tratte da rapporti della polizia, reperti e ritagli di giornale, ma anche su testimonianze e racconti di persone che avevano assistito ai violenti crimini della banda. Attraverso la sua narrazione visiva, Rosseel tiene ancora in vita questo episodio della recente storia belga.

Jan Rosseel

Nato a Bruxelles, Belgio (1979)
L’opera di Jan Rossel può essere meglio descritta come visual storytelling, al confine tra narrazione e documentazione. Rossel lavora come un collezionista di memorie, accumulate sotto forma di fotografie, video e oggetti. Il punto di partenza dei suoi progetti, basati sulla ricerca, sono specifici eventi storici e il concetto di memoria. Le sue storie non solo riscostruiscono gli avvenimenti di riferimento, ma mettono in discussione l’attendibilità della memoria e della nostra mente. Rosseel si comporta come un investigatore che fa ricorso ai metodi della ricerca scientifica e del giornalismo per costruire una narrazione in cui fatti e finzione coesistono..

www.ilexphoto.com
www.10bphotography.com

Atkins CIWEM Environmental Photographer of the Year

Atkins CIWEM Environmental Photographer of the Year Exhibition 2015
Royal Geographical Society, London
22 June – 10 July 2015
Address: 1 Kensington Gore, London SW7 2AR (main entrance on Exhibition Road)
Opening times: 10.00am – 5.00pm daily
Admission: Free

111 shortlisted works of outstanding photographic art will go on show at the Royal Geographical Society in London from 22 June to 10 July 2015. These are from a submission of over ten thousand images to the 2015 competition by photographers and filmmakers from across sixty countries internationally.
The works will then commence a tour of forest venues nationally, supported by the Forestry Commission England, beginning at Grizedale Forest Visitor Centre, Cumbria from18 July – 7 September 2015.
The competition:
The Atkins CIWEM Environmental Photographer of the Year competition is an international showcase for the very best in environmental photography and film. Honouring amateurs and professionals of all ages, it provides an opportunity for photographers to share images of environmental and social issues with international audiences, and to enhance our understanding of the causes, consequences and solutions to climate change and social inequality.
Atkins, one of the world’s leading design, engineering and project management consultancies, are once again sponsoring the competition, allowing for two significant improvements this year. 2014 saw the introduction of the Atkins Cityscape Prize of £1,000, and the competition became free to enter.
The competition tour is kindly supported by Forestry Comission England, they believe that woodlands and forests are vital places for contemporary artists to engage with, to make and present new work.

All info here

28 streets

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Una mostra dedicata alla Street Photography, con le fotografie dei grandi maestri come Elliott Erwitt, William Klein e Joel Meyerowitz, dei più affermati autori internazionali come Craig Semetko e Matt Stuart, e delle nuove leve della street photography italiana. 28 immagini legate dall’utilizzo dell’obiettivo 28mm, per raccontare visioni diverse nello spazio e nel tempo, ma accomunate dall’ironia, dalla poesia e dalla luce.

Leica Galerie & Store – Milano – Dal 10 giugno al 28 giugno

Ingresso libero

Altre info qui

Anna “*”

Nuove mostre che Mu.Sa. vi propone!

Jacob Aue Sobol – Arrivals and departures

Jacob Aue Sobols exhibition ARRIVALS AND DEPARTURES – RUSSIA MONGOLIA CHINA at Gallerie Naboløs in Copenhagen.

New signed catalogue will be available at 150 kr. (only opening night)

Friday the 5th June 2015 from 17-21. Event: https://www.facebook.com/events/833554373365582/

In 2012 Jacob Aue Sobol travels from Moscow to Beijing with the Trans-Siberian railway. The journey through Russia, Mongolia and China is an intimate encounter with the people in the cities and the train from Moscow via Ulaanbaatar and all the way to Beijing.

‘My Arrivals and Departures project reflects an inner journey, a study of emotional stages that control and inspire us and keep us humans on the move’ – Jacob Aue Sobol.

With his unique visual language and pictorial composition, Jacob’s body of work inspires and influences many young photographic talents.

The works in the exhibition have not been shown in Denmark before. In addition, Jacob Aue Sobol has not exhibited on Danish soil for years. With this show, Gallery Naboløs wish to focus on the only Danish Magnum Photos photographer and one of the most expressive contemporary photo artists in Denmark.

WHEN AND WHERE

The exhibition will take place during the Copenhagen Photo Festival 2015.

The exhibition takes place in Larsbjørnsstræde 10, 1454 Copenhagen K (Backyard) from Friday June 5th to Sunday June 14th 2015 between 12:00 and 20:00.

In co-operation with Sun Hee Engelstoft and exhibition text by Charlotte Præstegaard Schwartz – PhD, Post.doc. at University of Southern Denmark.
Here all info

Stories – A retrospective of Andy Rocchelli

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OPENING
On June 4th from 6pm the opening that will be taking place at the Lecture Hall of Palazzo Broletto (1st floor), entrance from Via Paratici 21, in Pavia.
It will be introduced by Alessia Glaviano, Vogue Italia Senior Photo Editor and Adriano Sofri, Journalist and Activist.

INAUGURAZIONE
Alle 18.00 del 4 Giugno l’apertura della mostra  avverrà nella sala conferenze al primo piano di Palazzo Broletto a Pavia, entrata di Via Paratici 21.
Verrà presentato da Alessia Glaviano, Senior Photo Editor di Vogue Italia e Adriano Sofri, Giornalista ed Attivista.

EXHIBITION
“Series” will be displayed at Palazzo Broletto, Pavia till July 4th.

MOSTRA
“Series” sarà in mostra a Palazzo Broletto, Pavia fino al 4 Luglio.

“SERIES” – the retrospective

The photographic archive that Andy has left behind is a tidy anthology of an independent and auto – conclusive production.
This retrospective offers a selection of such works, most of which has never released before, concerning worlds geographically and socially apart from each other: the right collocation points out hidden bonds and concealed lines, first among everything the relationship between the individual and the social context of which he belongs to.
The stories are here unravelled without a precise expository sequence, at a free pace, because alike was the organic structure with which Andy shaped his research.
Moreover, the descriptive part has been limited to the very essential, in respect of the communication power of the images.

“SERIES” – la retrospettiva

L’archivio fotografico che Andy ha lasciato è un’ordinata antologia di lavori indipendenti e autoconclusivi. La presente retrospettiva propone una selezione di tali racconti, per lo più inediti, concernenti mondi sociali e geografici lontani tra loro: la loro giustapposizione evidenzia legami latenti e filoni di indagine non manifesti, primo fra tutti la relazione intercorsa tra l’individuo e il contesto sociale cui appartiene. Le storie vengono qui dipanate senza una precisa sequenza espositiva, con andamento libero, perchè tale fu la struttura cellulare e organica che Andy diede alla sua ricerca. L’apparato descrittivo è inoltre stato limitato al minimo, nel rispetto della potenza comunicativa dell’immagine.

Mostre FOTOLEGGENDO 2015

Stampa

Nell’undicesima edizione di FotoLeggendo la fotografia contemporanea è sempre l’indiscussa protagonista della manifestazione. Reportage, tematiche sociali, visioni personali e intimistiche, maquette di libri fotografici comporranno il ventaglio di visioni fotografiche che i fotografi scelti esporranno all’interno della rassegna.

Di seguito un assaggio delle mostre principali, ma trovate tutti i dettagli qui

GENESI di Sebastião Salgado

Il Forte di Bard presenta dal 23 maggio al 30 settembre 2015 la mostra Genesi. Fotografie di Sebastião Salgado, a cura di Lélia Wanick Salgado.

Il progetto raggruppa ben 245 fotografie frutto del viaggio fotografico che Salgado ha compiuto nei cinque continenti per documentare, con immagini in un bianco e nero di grande incanto, la rara bellezza del nostro principale patrimonio, unico e prezioso: il nostro pianeta.
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La mostra è frutto di otto anni di lavoro e oltre trenta reportage. Il materiale è suddiviso in cinque sezioni, corrispondenti a cinque parti del globo:
il Sud del Pianeta, con l’Argentina, l’Antartico e le sue isole, poi l’Africa. La terza parte è dedicata a un certo numero di isole definite “I Santuari del Pianeta” perché custodiscono una biodiversità particolarissima, come il Madagascar, la Papua Nuova Guinea e i territori degli Irian Jaya. E poi l’Emisfero Nord del mondo che comprende regioni fredde ma anche il Colorado, meraviglioso territorio degli Stati Uniti. La quinta sezione è riservata all’Amazzonia, il polmone del mondo e il luogo dove abitano un’immensità di specie, di flora e di fauna. L’Amazzonia del Brasile ma anche quella del Venezuela e la zona del Pantanal.
Qua tutte le info

Fotografia Futurista

All’invenzione del «fotodinamismo», o fotografia del movimento come energia in atto ad opera dei fratelli Anton Giulio e Arturo Bragaglia è dedicata la seconda sezione, come uno dei contributi più significativi del futurismo alla storia della fotografia. Esplorando la capacità fotografica di fissare un gesto repentino in termini di energia pura che trascende la massa corporea, i fratelli intuiscono la possibilità di coglierne solo la scia luminosa che interpretano come verifica di una realtà spirituale, come manifestazione della forza vitale che abita la materia.

Il fotoritratto che i futuristi hanno usato come veicolo di comunicazione ma anche come possibilità di restituire l’immagine emblematica di se stessi come artisti d’avanguardia è il tema del terzo approfondimento. Compensando la registrazione passiva della realtà da parte dello strumento fotografico, hanno inventato la foto-performance in cui l’artista consegna all’obbiettivo un’immagine autoironica di sé come figura istrionica e clownesca.

La quarta sezione è dedicata alle ricerche degli anni Venti e Trenta in cui i futuristi, in totale sintonia con le migliori avanguardie europee e ponendosi come corpo estraneo alla cosiddetta «cultura fascista», hanno praticato il fotomontaggio, il foto-collage, la composizione d’oggetti, i giochi di luci o di specchi, il teatrino d’ombre, le simbologie magiche, misteriose o allusive delle cose sorprese in chiave di natura morta, la metafora dei valori luminosi, la posa in costume come paradosso allegorico, sguardi che si pongono al di fuori dell’iconografia del regime.

In mostra, le foto scelte tra trentun autori dai primi del novecento fino alla fine degli anni Quaranta: Vittorio Alinari (Firenze,1859/Livorno, 1932); Mario Bellusi (Ferrara,1893/Roma,1955); Francesco Benvenuti (Firenze,1863/Viareggio, 1919); Italo Bertoglio (Torino,1871/1963), Piero Luigi Boccardi (Intra, 1890/Torino, 1971); Umberto Boccioni (Reggio di Calabria,1882/Verona, 1916); Gustavo Ettore Bonaventura (Verona,1882/Roma, 1966); Anton Giulio Bragaglia (Frosinone, 1890/Roma, 1962) e Arturo Bragaglia (Frosinone, 1893/Roma, 1962); Mario Castagneri (Alessandria,1892/ Milano, 1940); Gianni Croce (Lodi, 1896/Piacenza, 1981);Tito D’Alessandri (Roma,1864/1942); Ferruccio Antonio Demanins (Trieste,1903/1944); Fortunato Depero (Fondo, 1892/Rovereto, 1960); Mario Gabinio (Torino, 1871/1938); Maggiorino Gramaglia (Torino, 1895/1971); Giovanni Giuseppe Guarnieri (Locorotondo, 1892/Mendoza, 1976); Emanuele Lomiry (Ancona, 1902/Roma, 1988); Elio Luxardo (Sorocaba, 1908/Milano,1969); Carlo Maiorana; Filippo Masoero (Milano, 1894/Roma, 1969); Bruno Munari (Badia, 1907/ Milano, 1998); Francesco Negri (Tromello in Nomellina, 1841/Casale Monferrato, 1924); Mario Nunes Vais (Firenze 1856/1932); Ivo Pacetti (Figline 1901/Albissola, 1970); Giulio Parisio (Napoli, 1891/1967); Enrico Pedrotti (Trento, 1905/Bolzano, 1965); Guido Pellegrini (Milano, 1886/1955); Tato alias Guglielmo Sansoni (Bologna, 1896/Roma, 1974); Thayaht alias Ernesto Michahelles (Firenze, 1893/Marina di Pietrasanta, 1959; Enrico Unterveger (Trento, 1876/1959); Wanda Wulz (Trieste, 1903/1984).

Accompagna la mostra il catalogo in italiano e inglese Fotografia futurista a cura di Giovanni Lista e pubblicato da Carla Sozzani editore, che raccoglie le testimonianze della ricerca fotografica futurista e dei suoi nuovi codici visivi.

Galleria Carla Sozzani

corso Como 10 – 20154 Milano, Italia

tel. +39 02.653531 fax +39 02.29004080

press@galleriacarlasozzani.org

http://www.galleriacarlasozzani.org

Anna “*”