Mostre fotografiche da non perdere ad Aprile

E’ quanto mai ricco il calendario delle mostre per il mese di aprile. Di seguito ve ne proponiamo una selezione.

Buona visione!

Anna

LIU BOLIN PER L’IRAN

Liu Bolin per l'Iran, Galleria Gaburro, Milano
Liu Bolin per l’Iran, Galleria Gaburro, Milano


Dal 13 marzo al 30 aprile 2023, viene esposta una fotografia inedita, appartenente alla serie Target, di Liu Bolin (Shandong, 1973), uno degli artisti più conosciuti e apprezzati a livello internazionale, che s’ispira ai moti di protesta delle donne iraniane che stanno infiammando le piazze della nazione mediorientale e che sarà realizzata a Milano, proprio negli spazi della Galleria Gaburro.
 
Il progetto si è concretizzato grazie al contributo dell’attrice e attivista Melania Dalla Costa, testimonial della campagna 2019 delle Nazioni Unite (UNICRI), da tempo a fianco delle donne che hanno subito violenze fisiche, psicologiche e culturali. Consapevole dell’interesse di Liu Bolin nel trattare il tema della libertà tramite la sua pratica performativa, Melania, con il suo lavoro di attivista, è entrata subito in contatto con Nasibe Shamsaei dopo la sua protesta per la tragedia della giovane ragazza Mahsa Amini che ha sconvolto il mondo e con questo progetto vuole dare voce a un’altra attivista la cui voce non è libera.
 
Nasibe Shamsaei è fuggita dall’Iran dopo una condanna a dodici anni di reclusione per aver organizzato la campagna dei “mercoledì bianchi” in cui si incoraggiano le donne a rimuovere il velo o a indossarne uno bianco in segno di protesta. Nel novembre 2020 è stata arrestata dalla autorità turche in aeroporto, nel tentativo di trovare asilo in Unione Europea. Nasibe rischia costantemente di essere deportata in Iran, come già successo ad altre attiviste iraniane fermate in Turchia, in violazione del principio internazionale consuetudinario di non-refoulement, che vieta l’espulsione verso Paesi dove le persone sono a rischio di persecuzione, di trattamenti inumani o degradanti. Nasibe, all’interno del progetto artistico di Liu Bolin, diventa quindi simbolo delle migliaia di donne che lottano ogni giorno per la propria libertà.
 
A differenza del ciclo Hiding in Italy, in cui Liu Bolin si mimetizza nel contesto che lo avvolge, nella serie Target sono le persone a divenire parte integrante del progetto e quindi dell’opera finale, in una compartecipazione attiva e coerente con la tematica su cui si vuole riflettere.
 
Centrale nell’impianto figurativo della fotografia è il gesto di Nasibe Shamsaei di tagliarsi i capelli, sinonimo di ribellione pacifica, in cui si rivendica una libertà autentica e profonda, che ancora oggi spinge l’essere umano a rischiare la propria vita, nelle piazze e nelle strade di tutto il mondo. Insieme a Nasibe Shamsaei e Melania Dalla Costa, prendono parte alla realizzazione dell’opera ideata da Liu Bolin donne iraniane, avvalorando il significato dell’azione ed evidenziando come l’arte possa ancora stimolare una riflessione attiva di tematiche importanti della contemporaneità. Tra le personalità coinvolte ci sono anche Delshad Marsous e Taher Nikkhah, decisive nel processo di coinvolgimento dei partecipanti e nel racconto di cosa significa vivere sotto un regime totalitario, caratterizzato da esecuzioni e repressioni violente.
A fianco dell’immagine inedita, saranno esposte alcune opere – fotografie e sculture, di Liu Bolin
Un ringraziamento speciale ad Arianna Grava.

Dal 13 Marzo 2023 al 30 Aprile 2023 – Galleria Gaburro – Milano

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BRESCIA PHOTO FESTIVAL 2023. VI EDIZIONE

Axel Hütte, Pietra Grande, 2022
Axel Hütte, Pietra Grande, 2022

Dal 24 marzo al 25 giugno 2023, Brescia accoglie la VI edizione del Brescia Photo Festival, promosso da Comune di Brescia e Fondazione Brescia Musei, in collaborazione con il Ma.Co.f – Centro della Fotografia Italiana, con la curatela artistica di Renato Corsini, che propone una serie di iniziative allestite nelle più prestigiose sedi espositive della città, che ruota attorno al tema Capitale.
 
Il fulcro del Brescia Photo Festival sarà il Museo di Santa Giulia che ospita la più importante esposizione mai realizzata sul mondo delle vette, dal titolo Luce della Montagna, a cura di Filippo Maggia, in grado di analizzare l’universo iconografico della montagna attraverso le opere di quattro maestri della fotografia: Vittorio Sella, Martin Chambi, Ansel Adams, Axel Hütte. 

Dal 24 Marzo 2023 al 25 Giugno 2023 – BRESCIA – Sedi varie

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VIVIAN MAIER. SHADOWS AND MIRRORS

Vivian Maier, Self-portrait, 1959 © Estate of Vivian Maier. Courtesy of Maloof Collection and Howard Greenberg Gallery, NY
Vivian Maier, Self-portrait, 1959 © Estate of Vivian Maier. Courtesy of Maloof Collection and Howard Greenberg Gallery, NY

La mostra “Vivian Maier. Shadows and Mirrors”, composta da 93 autoritratti, racconta la grande fotografa e la sua ricerca incessante di trovare un senso e una definizione del proprio essere. L’esposizione è in programma presso Palazzo Sarcinelli a Conegliano, dal 23 marzo al 11 giugno 2023.

La mostra, a cura di Anne Morin in collaborazione con Tessa Demichel e Daniel Buso, è organizzata da ARTIKA, in sinergia con diChroma Photography e la Città di Conegliano.

“Un ritratto non è fatto nella macchina fotografica. Ma su entrambi i lati di essa”, così il fotografo Edward Steichen riassumeva il principio della fotografia. Un processo creativo che ha origine dalla visione dell’artista e che si concretizza solo in un secondo tempo nello scatto. Nel caso di Vivian Maier: il suo stile, i suoi autoritratti, hanno origine da una visione artistica al di qua dell’obiettivo fotografico. Per lei fotografare non ha mai significato dar vita a immagini stampate e quindi diffuse nel mondo, quanto piuttosto un percorso di definizione della propria identità.

La mostra ripercorre l’opera della famosa tata-fotografa che, attraverso la fotocamera Rolleiflex e poi con la Leica, trasporta idealmente i visitatori per le strade di New York e Chicago, dove i continui giochi di ombre e riflessi mostrano la presenza-assenza dell’artista che, con i suoi autoritratti, cerca di mettersi in relazione con il mondo circostante.

Vivian Maier fotografò per più di quarant’anni, a partire dai primi anni ’50, pur lavorando come bambinaia a New York e a Chicago. Spese la sua intera vita nel più completo anonimato, fino al 2007, quando il suo corpus di fotografie vide la luce. Un enorme e impressionante mole di lavoro, costituita da oltre 120.000 negativi, film in super 8 e 16mm, diverse registrazioni audio, alcune stampe fotografiche e centinaia di rullini e pellicole non sviluppate. Il suo pervasivo hobby finì per renderla una delle più acclamate rappresentanti della street photography. Gli storici della fotografia l’hanno collocata nella hall of fame, accanto a personalità straordinarie come Diane Arbus, Robert Frank, Helen Levitt e Garry Winograd.

L’allestimento di Palazzo Sarcinelli esplora quindi il tema dell’autoritratto di Vivian Maier a partire dai suoi primi lavori degli anni ’50, fino alla fine del Novecento. Un nutrito corpus di opere caratterizzato da grande varietà espressiva e complessità di realizzazione tecnica. Le sue ricerche estetiche si possono ricondurre a tre categorie chiave, che corrispondono alle tre sezioni della mostra. La prima è intitolata SHADOW (l’ombra). Vivian Maier adottò questa tecnica utilizzando la proiezione della propria silhouette. Si tratta probabilmente delle più sintomatica e riconoscibile tra tutte le tipologie di ricerca formale da lei utilizzate. L’ombra è la forma più vicina alla realtà, è una copia simultanea. È il primo livello di una autorappresentazione, dal momento che impone una presenza senza rivelare nulla di ciò che rappresenta. Attraverso il REFLECTION (riflesso), a cui è dedicata la seconda sezione, l’artista riesce ad aggiungere qualcosa di nuovo alla fotografia, attraverso l’idea di auto-rappresentazione. L’autrice impiega diverse ed elaborate modalità per collocare sé stessa al limite tra il visibile e l’invisibile, il riconoscibile e l’irriconoscibile. I suoi lineamenti sono sfocati, qualcosa si interpone davanti al suo volto, si apre su un fuori campo o si trasforma davanti ai nostri occhi. Il suo volto ci sfugge ma non la certezza della sua presenza nel momento in cui l’immagine viene catturata. Ogni fotografia è di per sé un atto di resistenza alla sua invisibilità. Infine, la sezione dedicata al MIRROR (specchio), un oggetto che appare spesso nelle immagini di Vivian Maier. È frammentato o posto di fronte a un altro specchio oppure posizionato in modo tale che il suo viso sia proiettato su altri specchi, in una cascata infinita. È lo strumento attraverso il quale l’artista affronta il proprio sguardo.

“La scoperta tardiva del lavoro di Vivian Maier, che avrebbe potuto facilmente scomparire o addirittura essere distrutto, è stata quasi una contraddizione. Ha comportato un completo capovolgimento del suo destino, perché grazie a quel ritrovamento, una semplice Vivian Maier, la tata, è riuscita a diventare, postuma, Vivian Maier la fotografa”, scrive Anne Morin nella presentazione della mostra. Nelle splendide immagini in mostra al pubblico, dal 23 marzo al 11 giugno 2023, presso Palazzo Sarcinelli a Conegliano, vedremo la seconda metà del Novecento con gli occhi e negli occhi di un’icona della storia della fotografia.

Dal 23 Marzo 2023 al 11 Giugno 2023 – Palazzo Sarcinelli – Treviso

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HELMUT NEWTON. LEGACY

Helmut Newton, Era delle machine, Thierry Mugler, Vogue America. Monte Carlo, 1995 © Helmut Newton Foundation
Helmut Newton, Era delle machine, Thierry Mugler, Vogue America. Monte Carlo, 1995 © Helmut Newton Foundation

Al piano nobile di Palazzo Reale apre al pubblico l’ampia retrospettiva HELMUT NEWTON. LEGACY, ideata in occasione del centesimo anniversario della nascita del fotografo (Berlino, 1920 – Los Angeles, 2004) e posticipata a causa della pandemia. L’esposizione offre uno sguardo nuovo all’unicità, allo stile e al lato provocatorio del lavoro dell’artista. 

La mostra, curata da Matthias Harder, direttore della Helmut Newton Foundation, e da Denis Curti, è promossa dal Comune di Milano-Cultura e prodotta da Palazzo Reale e Marsilio Arte, in collaborazione con la Helmut Newton Foundation di Berlino.

Il percorso espositivo ripercorre attraverso 250 fotografie, riviste, documenti e video l’intera carriera di uno dei fotografi più amati e discussi di tutti i tempi. Accanto alle immagini iconiche, un corpus di scatti inediti, presentati per la prima volta in Italia, svela aspetti meno noti dell’opera di Newton, con un focus specifico sui servizi di moda più anticonvenzionali. Polaroid e contact sheet permetteranno di comprendere il processo creativo che si cela dietro alcuni dei motivi più significativi del lavoro di Newton, mentre pubblicazioni speciali, materiali d’archivio e dichiarazioni del fotografo consentiranno di ricostruire il contesto nel quale è nata l’ispirazione di questo straordinario artista.

Lungo un percorso articolato in capitoli cronologici, i visitatori potranno attraversare tutte le fasi ed evoluzioni della vita e della carriera di Newton, dagli esordi fino agli ultimi anni di produzione. 
Fino alla fine della sua vita Helmut Newton ha continuato a incantare e provocare con la sua singolare interpretazione della femminilità. Il suo lavoro per oltre sei decenni ha sfidato ogni tentativo di categorizzazione.
Nessun altro fotografo è mai stato pubblicato quanto Helmut Newton e alcune delle sue immagini più iconiche sono diventate parte della nostra memoria visiva collettiva: il fotografo tedesco-australiano ci ha lasciato un’opera così unica e influente che ogni sforzo sistematico per venirne a patti, anche con la minima pretesa di completezza, è destinato al fallimento. 

Grazie agli accordi con la Helmut Newton Foundation, la mostra, per la quale è previsto un tour in importanti musei europei e internazionali, sarà in esclusiva in Italia a partire dalla primavera 2023 fino all’estate 2024, e dopo Palazzo Reale sarà esposta anche a Roma, al Museo dell’Ara Pacis nell’autunno 2023, e a Venezia, nel nuovo centro di fotografia “Le Stanze della Fotografia” sull’Isola di San Giorgio Maggiore, nella primavera 2024.

Dal 24 Marzo 2023 al 25 Giugno 2023 – Palazzo Reale – Milano

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WALTER NIEDERMAYR. IRAN, PRIMA E DOPO LA RIVOLUZIONE

Walter Niedermayr Isfahan, Iran 176, 2008. Credits Ncontemporary Milano
Walter Niedermayr Isfahan, Iran 176, 2008. Credits Ncontemporary Milano

Ersel presenta “Iran, prima e dopo la rivoluzione”, la mostra dedicata alle opere del fotografo e artista Walter Niedermayr, a cura di Chiara Massimello, realizzata in collaborazione con Ncontemporary Milano.
L’esposizione è in programma dal 30 marzo al 30 aprile, presso la nuova sede di Ersel di via Caradosso 16 a Milano, recentemente inaugurata.

Walter Niedermayr, artista conosciuto per le sue opere presentate al MAXXI di Roma, alla Tate Moderne di Londra, al Centre Pompidou di Parigi e al Museum of Modern Art di New York, per questo progetto parte dallo studio del paesaggio urbano moderno, sorto in Iran dopo la rivoluzione islamica del 79, per lo più influenzato dall’architettura occidentale.

Dal 30 Marzo 2023 al 30 Aprile 2023 – Spazio espositivo ERSEL – Milano

GIANNI BERENGO GARDIN. COSE MAI VISTE. FOTOGRAFIE INEDITE

Gianni Berengo Gardin, Pellegrinaggio a El Rocìo, Andalusia, Spagna, 1992
© Gianni Berengo Gardin | Gianni Berengo Gardin, Pellegrinaggio a El Rocìo, Andalusia, Spagna, 1992

La VI edizione del Brescia Photo Festival, in programma dal 24 marzo al 23 luglio 2023, che quest’anno si sviluppa attorno al tema Capitale proporrà un programma ricco di eventi, diffuso nelle più prestigiose sedi espositive della città.

La manifestazione, promossa da Comune di Brescia e Fondazione Brescia Musei in collaborazione con il Ma.Co.f – Centro della Fotografia Italiana e che ufficialmente aprirà le danze venerdì 24 marzo, lancia un’anteprima della kermesse davvero imperdibile. 

Dal 25 febbraio al 21 maggio 2023, infatti, il Mo.Ca. – Centro delle nuove Culture accoglie la mostra Cose mai viste. Fotografie inedite, a cura di Renato Corsini, nata da un’idea di Gianni Berengo Gardin, con la ricerca iconografica di Susanna Berengo Gardin

Per la prima volta, 120 fotografie in bianco e nero inedite e mai pubblicate di Gianni Berengo Gardin 
(Santa Margherita Ligure, GE, 1930), tutte stampate per l’occasione in camera oscura e su carta ai sali d’argento, propongono la rilettura del suo straordinario percorso, dagli anni ‘50 del secolo scorso fino a oggi, arricchendo il monumentale repertorio iconografico del Maestro con delle preziose novità.

Fotografo dal 1954, con settant’anni di carriera, Gianni Berengo Gardin è uno degli interpreti più rappresentativi del panorama italiano e internazionale. Dopo un attento lavoro di selezione, coadiuvato dalla figlia Susanna, sono riemerse una serie di immagini “nuove”, mai viste prima; fotografie all’epoca rimaste sepolte da altre o più semplicemente trascurate in quel momento. 

“Ridare vita e rileggere gli archivi 
– sottolinea il curatore Renato Corsini – è un valore fondamentale per la fotografia di qualità; solo quella che si consolida forte della capacità di storicizzarsi, e mantiene, e spesso accresce nel tempo il suo valore, testimoniale e artistico, è fotografia con la ‘f’ maiuscola”.

Il percorso espositivo tocca i temi più caratteristici della sua ricerca, che spazia dall’indagine sociale alla vita quotidiana, dal mondo del lavoro fino all’architettura e al paesaggio con scatti dal 1954 al 2019 che portano il visitatore a girare il mondo con alcuni sguardi inediti sulla realtà. Dalla Svezia a Mosca, con il fermo immagine della pesa pubblica al mercato, passando per l’immancabile Venezia, l’amata Parigi, un pellegrinaggio a El Rocío in Andalusia, si arriva fino al colpo d’occhio di un gruppo di operai che fanno ginnastica collettiva nel cantiere dell’Aeroporto di Osaka nel 1993. 

La mostra, accompagnata da un libro edito da Contrasto, conferma ancora una volta Berengo Gardin come il maestro del bianco e nero, capace di costruire un patrimonio visivo unico dell’Italia dal dopoguerra a oggi (e non solo del nostro Paese), caratterizzato da un’assoluta coerenza nelle scelte linguistiche e da un approccio “artigianale” al lavoro. Nelle inchieste sociali, così come nei paesaggi, il soggetto principale della sua ricerca è sempre l’uomo, colto nella relazione emotiva, psicologica e profonda con l’ambiente che lo circonda. 

Interprete sensibile e partecipe, Gianni Berengo Gardin ha osservato tante volte il mondo tornando e ritornando a visitare luoghi che col tempo sono diventati familiari al suo sguardo e alla nostra memoria.

Dal 25 Febbraio 2023 al 21 Maggio 2023 – Mo.Ca – Centro delle nuove Culture – Brescia

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UGO MULAS. L’OPERAZIONE FOTOGRAFICA

Ugo Mulas. New York, 1965 © Eredi Ugo Mulas. Tutti i diritti riservati. Courtesy Archivio Ugo Mulas, Milano – Galleria Lia Rumma, Milano / Napoli
Ugo Mulas. New York, 1965 © Eredi Ugo Mulas. Tutti i diritti riservati. Courtesy Archivio Ugo Mulas, Milano – Galleria Lia Rumma, Milano / Napoli

Mercoledì 29 marzo 2023 aprirà al pubblico il nuovo centro espositivo e di ricerca, “Le Stanze della Fotografia”, all’interno della Fondazione Giorgio Cini, nelle Sale del Convitto, sull’Isola di San Giorgio Maggiore a Venezia, con un’ampia e completa retrospettiva dedicata a Ugo Mulas, che presenta per la prima volta un’importante selezione di immagini vintage mai esposte prima d’ora.
“Le Stanze della Fotografia” è l’iniziativa congiunta di Marsilio Arte e Fondazione Giorgio Cini, destinata a proseguire il percorso iniziato nel 2012 alla Casa dei Tre Oci di Venezia – storico palazzo neogotico situato sull’isola della Giudecca e di recente acquistato dal Berggruen Institute – nella convinzione che la fotografia, tra i linguaggi artistici più interessanti del moderno e del contemporaneo, debba continuare ad avere una sua specifica “casa” a Venezia. Ad affiancare le attività espositive, una Fondazione dedicata sosterrà i progetti di ricerca grazie al contributo dei partner strategici Fondazione di Venezia e San Marco Group.

Marsilio Arte ha gestito tutte le mostre e le attività della Casa dei Tre Oci, proponendo, nel corso degli ultimi dieci anni, trenta esposizioni che hanno raccontato l’opera dei più grandi fotografi tra i quali Elliott Erwitt, Sebastião Salgado, Gianni Berengo Gardin, Helmut Newton, David LaChapelle, Letizia Battaglia, Ferdinando Scianna, Mario De Biasi, parallelamente a un’importante attività di ricerca sviluppata attraverso mostre di riscoperta di autori come René Burri, Willy Ronis, Henri Lartigue, Sabine Weiss, accogliendo complessivamente oltre 500.000 visitatori.

Un sodalizio naturale quello tra la fotografia e l’isola di San Giorgio, in quanto la Fondazione Giorgio Cini custodisce una delle più importanti collezioni fotografiche d’Europa. Una raccolta preziosa che nel tempo si è arricchita con un capitale fotografico unico nell’ambito della ricerca storico artistica: un immenso patrimonio documentario costituito dalle raccolte fotografiche pervenute nel tempo all’Istituto di Storia dell’Arte e appartenute a importanti storici dell’arte, tra cui Berenson, Bettini, Fiocco, Pallucchini, a giornalisti e scrittori, come Ojetti, insieme a un cospicuo numero di fotografie prodotte da scambi con altre istituzioni culturali, dai rapporti intercorsi per alcuni decenni tra Vittorio Cini, Fondazione Giorgio Cini e la società Alinari. Un sodalizio che ha contribuito, fino al 1970, alla creazione della Fototeca che, ad oggi, conta quasi un milione di fotografie, liberamente consultabili negli spazi della Nuova Manica Lunga da studiosi, ricercatori, appassionati, su appuntamento; online, grazie al grande impegno che la Fondazione Cini ha avviato dagli inizi degli anni Duemila per la digitalizzazione del suo patrimonio.   Concepite come un vero e proprio centro internazionale di ricerca e valorizzazione della fotografia e della cultura delle immagini, Le Stanze proporranno, accanto alle rassegne a Venezia e in altre città italiane ed estere, laboratori, incontri, workshop, seminari con fotografi nazionali e internazionali, master, in continuità con il disegno culturale che ha animato finora la Casa dei Tre Oci, ma con una spinta e una visione ancora più internazionali. In quest’ottica verranno sviluppate diverse partnership con le più importanti realtà del mondo della fotografia, quali l’agenzia Magnum Photos, il centro parigino Jeu de Paume, la Médiathèque du patrimoine et de la photographie, il Musée de l’Elysée di Losanna, solo per citarne alcune.

Il centro può contare sulla creazione di una Fondazione dedicata, che permetterà di finanziare e sostenere i progetti di ricerca, dove confluiranno i partner strategici quali la Fondazione di Venezia, impegnata nella valorizzazione del linguaggio fotografico sin dall’acquisto della Casa dei Tre Oci negli anni 2000, e che intende promuovere l’istituzione di un Premio annuale per la fotografia rivolto ai giovani fotografi, e San Marco Group, leader in Italia nel settore delle pitture e vernici per l’edilizia professionale, che conferma il saldo legame con l’esperienza dei Tre Oci.  
La direzione artistica de Le Stanze della Fotografia è affidata a Denis Curti, che ha già ricoperto questo ruolo per i Tre Oci sin dal 2012 e vanta una vasta esperienza nel mondo della fotografia. È direttore e fondatore, nel 2014, della galleria STILL a Milano, è direttore artistico del “Festival di Fotografia” di Capri e in passato ha diretto per un quinquennio il “SI FEST” di Savignano sul Rubicone. È direttore responsabile del periodico Black Camera e Course Leader del Master in Fotografia di RafflesMilano. È autore di diverse mostre e pubblicazioni dedicate ai grandi fotografi italiani e internazionali e di due saggi fotografici per Marsilio Editori: Capire la Fotografia contemporanea e Il Mosaico del mondo. La mia vita messa a fuoco, dedicato alla biografia di Maurizio Galimberti. Negli anni Novanta ha diretto la sezione fotografia dell’Istituto Europeo di Design di Torino e la Fondazione Italiana per la Fotografia. Per oltre 15 anni giornalista e critico fotografico per le pagine di Vivimilano e Corriere della Sera, dal 2005 al 2014 è stato inoltre direttore di Contrasto e vicepresidente della Fondazione Forma a Milano. Le attività di ricerca ed espositive sono coordinate dal comitato tecnico-scientifico presieduto da Luca Massimo Barbero, direttore dell’Istituto di Storia dell’Arte della Fondazione Giorgio Cini, e composto da Emanuela Bassetti, presidente di Marsilio Arte, da Chiara Casarin, responsabile sviluppo culturale e comunicazione della Fondazione Giorgio Cini, dal direttore artistico Denis Curti e da Luca De Michelis, amministratore delegato di Marsilio Arte.   Tra gli sponsor tecnici figurano Distilleria Nardini, la prima distilleria d’Italia con oltre 240 anni di storia e tradizione, Grafica Veneta, azienda leader nell’editoria e stampa di libri e volumi, iGuzzini, gruppo internazionale leader nel settore dell’illuminazione architetturale, NeoTech, società di servizi informatici specializzata nella creazione e sviluppo di allestimenti audiovisivi.

«Quando abbiamo inaugurato la mostra di Sabine Weiss un anno fa – commenta Emanuela Bassetti, presidente di Marsilio Arte –, rassegna che concludeva la nostra esperienza alla Casa dei Tre Oci, avevamo detto che questo non avrebbe significato la fine del percorso Marsilio “fotografia a Venezia”, che andava ben oltre un edificio. A distanza di un anno, con la mostra di Ugo Mulas, siamo felici di inaugurare la nostra nuova “casa” all’Isola di San Giorgio, dando avvio in partenariato con Fondazione Giorgio Cini a un ambizioso progetto culturale internazionale di ricerca e di memoria».   «Grande attenzione è sempre stata data dalla Fondazione Giorgio Cini alla fotografia, sia come forma d’arte sia come documentazione storico artistica, tanto da creare, sotto l’impulso dello stesso Vittorio Cini, quella che oggi è una delle più ricche fototeche d’Italia e d’Europa», spiega Giovanni Bazoli, presidente della Fondazione Giorgio Cini. «L’apertura delle Stanze della Fotografia qui sull’Isola di San Giorgio Maggiore rappresenta quindi un nuovo tassello cheva ad arricchirela già ampia e variegata offerta culturale della Fondazione Cini».

L’edificio dell’ex Convitto che ospiterà Le Stanze della Fotografia, che consta di circa 1850 metri quadrati disposti su due livelli, è stato oggetto di un importante lavoro di riallestimento e restauro finalizzato all’ampliamento e valorizzazione degli spazi, realizzato dallo Studio di Architetti Pedron / La Tegola con la speciale partecipazione del Teatro La Fenice di Venezia, che ha permesso l’installazione di pareti leggere e movibili che, come quinte teatrali, saranno rimodulabili per i diversi allestimenti espositivi, nell’ottica di una sostenibilità dell’impresa culturale. Il bookshop, con un allestimento realizzato dallo studio Retail Design di Paolo Lucchetta, è stato pensato come una vera e propria libreria e spazio fondamentale di accoglienza e incontro, e offrirà un’ampia proposta editoriale con riviste specializzate, magazine, saggi, articoli di design e oggetti iconici.   Originariamente adibita per i magazzini della dogana, la sede ha preso la sua conformazione attuale nel 1870 circa. Nel 1952, alla nascita della Fondazione Giorgio Cini, l’edificio è divenuto Convitto scolastico e nel 2007 restaurato e reso sede espositiva. Si trova nella zona nord-est dell’isola di San Giorgio: per un lato lungo prospetta sulla fondamenta adiacente la Darsena Grande; per un lato corto sulla laguna, visibile dall’interno grazie a due grandi e spettacolari finestre.
La mostra Ugo Mulas. L’operazione fotografica, che verrà presentata in occasione dell’inaugurazione del nuovo centro e sarà visitabile dal 29 marzo al 6 agosto 2023, è realizzata in collaborazione con l’Archivio Mulas e curata da Denis Curti e Alberto Salvadori, direttore dell’Archivio. Il progetto coincide con i 50 anni dalla scomparsa dell’autore, avvenuta il 2 marzo 1973.
Più di 300 immagini, tra cui 30 foto mai esposte prima d’ora, documenti, libri, pubblicazioni, filmati, offrono una sintesi in grado di restituire una lettura che si apre alle diverse esperienze affrontate da Ugo Mulas (Pozzolengo, 1928 – Milano, 1973), fotografo trasversale a tutti i generi precostituiti e capace di approfondire tematiche diverse, cercando sempre la profondità della “quantità umana”.
Tra le figure più importanti della fotografia internazionale del secondo dopoguerra, Mulas comprende presto, da autodidatta, che essere fotografo vuol dire fornire una testimonianza critica della società, ed è proprio questa consapevolezza che guida i suoi primi reportage tra il 1953 e il 1954: le periferie milanesi e l’ambiente artistico e culturale dei primi anni Cinquanta del celebre Bar Jamaica. Mulas si impone rapidamente nei più diversi ambiti della fotografia, dalla moda alla pubblicità, pubblicando su numerose riviste come “Settimo Giorno”, “Rivista Pirelli”, “Domus”, “Vogue”. In questi anni il fotografo sviluppa un’importante collaborazione artistica con Giorgio Strehler, grazie al quale pubblicherà le fotocronache “L’opera da tre soldi” (1961) e “Schweyck nella seconda guerra mondiale” (1962).
L’attenzione al mondo dell’arte e alla produzione artistica diventa uno dei principali interessi di Mulas, che fotografa le edizioni della Biennale di Venezia dal 1954 al 1972. Nel 1962 documenta la mostra “Sculture nella città” a Spoleto, dove si lega soprattutto agli scultori americani David Smith e Alexander Calder. Di questo periodo è anche la serie dedicata alla raccolta Ossi di Seppia di Eugenio Montale (1962-1965). L’estate del 1964 è significativa per Mulas. Alla Biennale di Venezia viene presentata la Pop Art americana al pubblico europeo; il fotografo ottiene la collaborazione del critico Alan Solomon e l’appoggio del mercante d’arte Leo Castelli, che lo introducono nel panorama artistico americano durante il suo primo viaggio negli Stati Uniti.
Può, così, ritrarre importanti pittori al lavoro tra i quali Frank Stella, Lichtenstein, Johns, Rauschenberg e importanti presenze come Andy Warhol e John Cage.
La collaborazione con gli americani continuerà poi nel 1965 e successivamente nel 1967, anno nel quale Mulas presenta la sua analisi del lavoro con gli artisti pubblicando il celebre volume “New York: arte e persone”.
Fondamentale, tra le altre, anche la collaborazione con Marcel Duchamp, che rivela qualcosa di più profondo e generale nella concezione di Mulas dei ritratti d’artista. «Le fotografie di Duchamp – precisa Mulas – vorrebbero essere qualcosa di più di una serie di ritratti più o meno riusciti, sono anzi il tentativo di rendere visivamente l’atteggiamento mentale di Duchamp rispetto alla propria opera, atteggiamento che si concretizzò in anni di silenzio, in un rifiuto del fare che è un modo nuovo di fare, di continuare un discorso».

All’analisi formale e concettuale della fotografia sono dedicate le Verifiche (1968- 1972), una serie di tredici opere fotografiche attraverso le quali Mulas s’interroga sulla fotografia stessa.
Il titolo della mostra veneziana “Ugo Mulas. L’operazione fotografica” prende spunto proprio da una delle Verifiche e condensa la straordinaria riflessione del fotografo.

Il percorso espositivo si snoda lungo 14 sezioni che ripercorrono tutti i campi d’interesse di Mulas. Dal teatro alla moda, con i ritratti di amici e personaggi della letteratura, del cinema e dell’architettura fotografati come “modelli in posa”, dai paesaggi e dalle città alla sua esperienza con la Biennale di Venezia e con gli artisti della Pop Art. Una sezione, naturalmente, è dedicata a Milano e al celebre bar Jamaica, che il grande Luciano Bianciardi descrive nel suo libro “La vita agra” come il “il bar delle Antille”.
«Il Jamaica – osserva Denis Curti – è il luogo degli incontri, delle amicizie complici, quelle con Mario Dondero, Piero Manzoni, Alfa Castalfi, Pietro Consagra, Carlo Bavagnoli e Antonia Buongiorno, che diventerà sua moglie. A questa sezione segue un capitolo dedicato ai progetti industriali e alle esperienze più interessanti con Olivetti e Pirelli. A chiudere il percorso, le “serie” più significative per lo stesso Mulas, quelle dedicate a Calder, a Duchamp e le fondamentali “verifiche”, che sono certamente da considerarsi come uno dei più interessanti “esperimenti di pensiero critico” sulla fotografia».
«Il lavoro fotografico di Ugo Mulas – commenta Alberto Salvadori – offre un punto di vista imprescindibile sullo statuto dell’opera d’arte stessa, che ci spinge a riflettere sulla relazione, ogni volta nuova e peculiare, tra l’artista e il suo spazio di lavoro, l’ispirazione e il contesto che la esprime. L’ampia retrospettiva che inaugura Le Stanze della Fotografia dà conto di questa sempre presente «attualità» dello sguardo di Mulas, mostrandone anche aspetti meno noti attraverso scatti, documenti d’archivio, video mai esposti prima d’ora e restituendoci il ritratto di un artista a tutto tondo, della sua visione dell’arte e della cultura del Novecento».

Dal 29 Marzo 2023 al 06 Agosto 2023 – Le Stanze della Fotografia – VENEZIA

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OLIVO BARBIERI. TWELVE EE H S NINE – DOLMEN E MENHIR IN SARDEGNA

Olivo Barbieri, Sa Coveccada, Mores, Sassari 2021
© Olivo Barbieri | Olivo Barbieri, Sa Coveccada, Mores, Sassari 2021

Il 3 Marzo alle ore 19 la Fondazione di Sardegna, in collaborazione con il Museo MAN, inaugura la mostra Twelve ee h s nine – Dolmen e Menhir in Sardegna di Olivo Barbieri, a cura di Marco Delogu e Chiara Gatti. 

La serie inedita dell’artista conclude il suo lavoro nell’ambito della Commissione Sardegna, un progetto che sostiene il percorso di produzione di opere d’arte contemporanea attraverso la piattaforma AR/S Arte Condivisa, con lo scopo di aprire una finestra sul territorio, la storia e le stratificazioni che caratterizzano l’isola, per mezzo degli sguardi di curatrici e curatori, artisti e artiste invitati a vivere esperienze di residenza e produzione in Sardegna.

Olivo Barbieri, uno dei maggiori artisti e fotografi italiani contemporanei, è stato invitato dalla Fondazione di Sardegna a rivolgere il suo sguardo all’isola, a intraprendere tre viaggi nell’arco di due anni, decifrando una bolla spazio-temporale tra archeologia e immaginario contemporaneo. 

Oggetto della ricerca è il patrimonio composto da numerosissimi megaliti, dolmen e menhir disseminati sull’isola, secondo logiche ancora non chiare agli studiosi, osservati nella loro capacità di modificare lo spazio che li circonda.

Barbieri, che già negli anni ottanta aveva viaggiato lungamente in Bretagna e a Carnac, attratto da questi monumenti megalitici, dal mistero della loro genesi e della loro funzione, anche se con anni di ritardo e con un certo senso di colpa per aver atteso tanto, arriva in Sardegna per accostarsi a un patrimonio altrettanto unico, poco divulgato, addirittura per molti quasi sconosciuto. 

Guidato dalla sapiente disponibilità di studiosi come l’archeologo Riccardo Cicilloni, dalle indicazioni degli abitanti del luogo, da ricercatori e da memorie locali, Barbieri in Twelve ee h s nine – Dolmen e Menhir in Sardegna restituisce una ricognizione, una mappatura sensoriale libera e non scientifica dei megaliti, ma soprattutto racconta come lo spazio intorno a questi sia cambiato, come il mondo si sia modificato attraverso forme, stratificazioni e passaggi logici inconsci. 

Le fotografie registrano autentiche situazioni di convivenza e compenetrazione tra passato arcaico, costruito recente e paesaggio vegetale.

L’artista ha allargato il suo sguardo dal singolo sito al paesaggio antropizzato, verso contesti abitati che hanno assorbito i volumi e la storia di questi straordinari oggetti di resistenza, in uno scenario nuovo, modificato dal contesto dei reperti e dal loro ascendente, ispirando nuove immagini e nuove architetture.

Olivo Barbieri attraverso questa indagine sulla variazione, con un processo di osservazione chiaro e privo di orpelli linguistici, ma portando all’estremo le possibilità percettive del vedere, traccia una geografia immaginaria della Sardegna profonda, silente e diversa dalla nota bellezza della costa internazionalmente famosa.

Nei suoi viaggi da Dorgali a Laconi, da Calangianus a Barrali, esplora percorsi avventurosi fra campi coltivati, pascoli e paesi alla ricerca di vestigia a volte inghiottite dalla vegetazione o dal cemento per restituirli al presente.

Nel dialogo con Chiara Gatti pubblicato in catalogo Olivo Barbieri dice: «Ho lavorato e riflettuto molto sulla modificazione dello spazio attorno a ogni reperto, come le epoche siano trascorse sovrapponendo innesti, strati, passaggi. È un racconto temporale sincretico…» 

Come scrivono Marco Delogu e Franco Carta nel testo che accompagna la mostra: “le forme della pietra sono intrise dal tempo e Barbieri ne coglie il mistero, racchiude nell’inquadratura il colore e la luce, ne esalta la forza estetica, ne interroga le suggestioni magiche e il valore simbolico-sacrale che da sempre dolmen e menhir evocano nella mente dell’osservatore, sia esso uno studioso o un profano”.

Il lavoro di Barbieri è coerente con le produzioni originali della Fondazione di Sardegna realizzate in questi anni, produzioni il cui obiettivo è raccontare l’isola attraverso la visione dell’arte, interpellando protagonisti di primaria levatura per restituire un’immagine dell’isola in dialogo con i contesti creativi nazionali e internazionali più dinamici. Da questo dialogo scaturiscono i segni di una Sardegna insolita che, a volte, stentiamo a riconoscere. 

Dal 03 Marzo 2023 al 25 Giugno 2023 – Museo MAN – Nuoro

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HOMECOMING – MICHAEL ACKERMAN

La prima mostra personale dedicata al fotografo americano Michael Ackerman a Napoli, “Homecoming – New York • Varanasi • Napoli ”, contiene, già nel titolo, il senso del percorso visivo delineato dalla gallerista Cristina Ferraiuolo.
Nella parte dedicata a New York, accanto ad alcune immagini iconiche degli anni ‘90, sono esposte le opere più recenti realizzate dall’artista durante i suoi continui ritorni nella città dov’è cresciuto e dove si è formata la sua visione artistica. Le sue fotografie nascono da un desiderio di casa, dall’amore per la città e da un profondo bisogno di entrare in contatto con la sua gente.
I suoi ritratti, posati o fugaci, mettono a nudo le emozioni di un’umanità che è allo stesso tempo cupa, tenera, vulnerabile, persino dolce. Sono frutto di profonda empatia e affetto.

Immagini composte in trittici, dittici, usate in sequenza, in formati diversi, scandiscono un ritmo e una narrazione quasi cinematografici. Sarah Moon, sua cara amica, osserva che “Ackerman non cerca mai ‘l’istante decisivo’ come altri fotografi ma cattura quel momento tra i momenti, quell’attimo in cui l’inaspettato o l’invisibile si rivela, cogliendo non ciò che vediamo, ma ciò che sentiamo”.
In un angolo della sala, due pareti allestite dall’artista con numerose prove di stampa consentono al visitatore di entrare idealmente nella sua camera oscura, nelle sue continue sperimentazioni, combinazioni di scelta e casualità.

La seconda parte della mostra è dedicata a Varanasi, altra meta fondante del percorso artistico di Michael Ackerman. Qui negli anni ’90 realizza il suo primo grande progetto “End Time City”, pubblicato nel 1999 da Robert
Delpire, che lo fa emergere come una delle più interessanti e innovative voci nel panorama della fotografia contemporanea.
Dopo oltre vent’anni Ackerman decide di ritornare a fotografare nella città sacra e lavora ad una nuova edizione del suo libro cult “End Time City”, pubblicato nel 2021 da Atelier EXB. Il suo sguardo si poggia in particolare sul mondo degli animali, protagonisti assoluti di questa sezione della mostra, e ci trasporta in un paesaggio di pura emozione.

Stormi frenetici di gabbiani siberiani si lanciano in volo sul fiume Gange, un elefante sembra accennare un sorriso, una piccola scimmia cammina su un cavo elettrico che oscilla nel vuoto, un cavallo bianco fa pensare ad un fantasma avvolto in una nube granulosa.
Siamo tra il sogno e l’apparizione.

Infine Napoli.
Oltre New York, città della formazione e del continuo ritorno, Varanasi, città della sperimentazione e della presa di coscienza di un proprio sguardo, un terzo approdo familiare è Napoli, città dove Ackerman ha scelto di tornare più
volte nel corso degli anni, per dedicarsi alla sua ricerca personale, ospite in questa casa che oggi è diventata Spot home gallery.

13 aprile – 30 giugno 2023 – Spot home gallery – Napoli

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YANN ARTHUS-BERTRAND E BRIAN SKERRY. PIANETA MARE

Tonni, Yann Arthus-Bertrand e Brian Skerry. Pianeta Mare
Tonni, Yann Arthus-Bertrand e Brian Skerry. Pianeta Mare

Per la prima volta in Italia la mostra fotografica di Yann Arthus-Bertrand e Brian Skerry “PIANETA MARE”, allestita nelle sale della Mole Vanvitelliana di Ancona, dal 25 febbraio al 25 giugno 2023, racconta la bellezza del nostro pianeta Blu e suscita una riflessione sull’urgenza di preservarlo e sui modi di viverlo.
L’esposizione – promossa dal Comune di Ancona con la collaborazione della Fondazione Goodplanet e di Contemplation, e organizzata da Rjma Progetti culturali – offre al pubblico l’opportunità di riscoprire la forte e primordiale relazione tra l’uomo e il mare. I punti di vista dei due fotografi, uno dal cielo e l’altro dalle profondità marine, si rincorrono in 70 straordinarie fotografie d’autore sul nostro Pianeta Mare.
“Non esiste luogo più adatto della Mole di Ancona per ospitare Pianeta Mare, una mostra d’arte e di cura che intreccia i fili del legame infinito tra l’essere umano e l’elemento più importante del pianeta: l’acqua. Uso il termine cura perché il primo effetto di questa straordinaria mostra è quello di creare un’affezione nuova tra chi la visita e il mare, un sentimento, un amore. Ed è l’amore il presupposto della cura” sono le parole dell‘assessore alla Cultura del Comune di Ancona Paolo Marasca.  
Quando gli astronauti hanno potuto vedere la Terra dallo spazio si sono resi conto che il nostro è un pianeta Blu, innanzitutto perché le acque degli oceani occupano i due terzi della superficie. Il Mare produce il 50% dell’ossigeno che respiriamo e assorbe un terzo delle nostre emissioni di CO2. Gli oceani sono la principale fonte di proteine per circa un miliardo di persone e le attività direttamente o indirettamente legate alla pesca impiegano circa 200 milioni di persone nel mondo. È nel Mare che sono apparse le prime forme di vita, un miliardo di anni dopo la formazione degli oceani. E fino a 250 milioni di anni fa la vita sul pianeta è stata dominata da creature marine, dai batteri fino ai grandi cetacei. Il corpo umano è costituito per il 60% di acqua e contiene la stessa percentuale di sale dell’Oceano. L’Uomo e il Mare sono intimamente legati.
Negli scatti di Yann Arthus-Bertrand e Brian Skerry, dunque, non scopriamo solo le bellezze degli Oceani ma anche l’importanza e la necessità di tutelare il Mare quale patrimonio dell’umanità. Nelle foto in mostra, tutte a colori e in grandi formati, sarà possibile osservare da vicino e in modo inedito, la ricchezza e la varietà di ambienti marini e costieri, di specie animali e vegetali. Ma oltre a presentare alcune delle più̀ belle foto dedicate al mondo del Mare, la mostra mette in evidenza l’impatto dell’uomo, che è nello stesso tempo la causa e la soluzione di tutti i problemi che si sono ormai determinati. Basti pensare alle plastiche, ai cambiamenti climatici, all’inquinamento, all’ipersfruttamento. La mostra mette in scena la bellezza degli oceani, la loro diversità̀, la loro utilità̀, i pericoli che li minacciano e le soluzioni che si possono apportare.
Gran parte del mondo marino ci è ancora sconosciuto eppure l’impronta dell’uomo è percepibile ovunque. Nel Summit della Terra, Rio de Janeiro 1992, la salvaguardia dei nostri Oceani era unanimemente considerata come una priorità. A 30 anni da quella Dichiarazione c’è ancora molto da fare, e come dice lo stesso Yann Arthus-Bertrand “Sia io che Brian Skerry abbiamo visto la bellezza del mondo e, per proteggerla, abbiamo deciso di esserne testimoni. Poiché́, anche se è cambiato e molte minacce pesano sul suo futuro, il nostro resta un Pianeta magnifico. E dire la sua bellezza è suscitare, forse, lo slancio che permetterà̀ di preservare il nostro pianeta blu. Il nostro PIANETA MARE”.

Dal 25 Febbraio 2023 al 25 Giugno 2023 – Mole Vanvitelliana – Ancona

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MIDDLE MONFEST 2023 – MARIA VITTORIA BACKHAUS. I MIEI RACCONTI DI FOTOGRAFIA OLTRE LA MODA

Maria Vittoria Backhaus, Pullmann, Editoriale Io DonnaMilano 2000
Maria Vittoria Backhaus, Pullmann, Editoriale Io DonnaMilano 2000

Nella primavera del 2023, l’anno d’intermezzo della Biennale di Fotografia di Casale Monferrato, il Comune di Casale e il Direttore artistico Mariateresa Cerretelli annunciano la prima stagione del Middle MonFest con una grande esposizione dedicata alla brillante personalità creativa di Maria Vittoria Backhaus, dai suoi esordi negli Anni Settanta al contemporaneo. 
 
Sarà una grande antologica, frutto di un’attenta ricerca all’interno di un archivio ricco e articolato dove gli anni di progettazione editoriale si alternano a un incessante studio  personale e le immagini rispecchiano interpretazioni  nuove e controcorrente realizzate per la Moda, il Design e la Ritrattistica, con una fantasmagorica produzione di Still life e di Costruzioni artistiche che esprimono la versatilità di una grande protagonista italiana, fotografa, milanese di nascita e piemontese d’adozione. 
 
A sfilare nelle Sale Chagall del Castello di Casale Monferrato sarà una galleria caleidoscopica di immagini, curata da Luciano Bobba e Angelo Ferrillo con la direzione artistica di Mariateresa Cerretelli per scoprire la creatività dell’autrice a tutto tondo. Esplosiva, sperimentale e rivoluzionaria per i tempi, animata da un’attenzione quasi maniacale per l’estetica e per la finezza delle fotografie e sempre un passo avanti rispetto alla classicità delle immagini imperanti nelle riviste patinate o nelle campagne pubblicitarie dagli anni ’70 a oggi, l’artista/fotografa si colloca a pieno titolo tra i nomi di punta della fotografia italiana. Con una rilettura inedita di un archivio sterminato e ricchissimo, la mostra prende in esame i vari temi che compongono la multiforme genialità di Maria Vittoria Backhaus che si è espressa soprattutto in ambito editoriale, nelle pubblicità e in un suo percorso personale attraverso un’osservazione e una messa a fuoco di una società in evoluzione continua. 
 
“La creatività artistica ci unisce e per me studiare la mostra con Maria Vittoria passo dopo passo è come seguire la linea parallela di uno scambio naturale e spontaneo senza barriere in un fluire di pensiero e di accordi estetici profondi e immediati che derivano dalla comune passione per l’arte fotografica” afferma il curatore Luciano Bobba.
Una girandola di bianco e nero e di colore che rappresenta lo specchio di un’iconografia senza confini, dove Backhaus si muove a suo agio e rivela anche uno studio approfondito sull’uso delle diverse macchine fotografiche di cui si serve.
“Ho lavorato – afferma l’autrice – con tutti i formati possibili delle macchine fotografiche analogiche, dal formato Leica ai grandi formati con il soffietto sotto il panno nero 20 x 25. Stavano tutte in un grande armadio nel mio studio. Mi piacevano anche come oggetti, così le ho anche ritratte. Ho dovuto imparare tutte le diverse tecniche per poterle usare, acquisite ma dimenticate al momento dello scatto per concentrarmi sul racconto della fotografia”.
 
I temi portanti di un racconto sempre in progress si susseguono nelle sale Chagall mettendo in risalto la moda, gli accessori, gli still-life, il design, la natura, le statuine, i collages e le composizioni scenografiche costruite con miniature di edifici e pupazzetti. Più di quarant’anni di fotografia dove i reportage e i ritratti trovano spazio e si completano con racconti dedicati tra i quali spiccano gli abitanti di Filicudi, l’isola amata dalla fotografa e, più di recente, Rocchetta Tanaro e la sua gente monferrina.
Il co-curatore Angelo Ferrillo conosce da molto tempo Maria Vittoria Backhaus e la sua narrazione fotografica: “Immaginifico. È l’aggettivo che mi ha pervaso la prima volta che ho avuto la fortuna di vedere il lavoro di Maria Vittoria. Conoscendola poi a fondo, vivendo la produzione e approfondendo il suo pensiero, mi sono reso conto di quanto la sua fotografia si muova in equilibrio tra visione, creatività e metodo”.
È una mostra che rende omaggio a una mente estrosa con una vena artistica inarrestabile, tutta dedicata al linguaggio della fotografia. 
Il Middle MonFest 2023 si estenderà con FOTOGRAFIA IN VETRINA nella Sala Marescalchi. Nella prima edizione del MonFest 2022 era già stata annunciata la mostra Fotografia in Vetrina, con i commercianti di Casale, messi in posa dagli studenti dell’Istituto Leardi, seguendo lo stile di Francesco Negri. Chi conosce la città, i suoi negozi, i bar, i caffè e i locali, potrà riconoscere in un percorso virtuale attraverso le vie principali, tanti volti di esercenti che con la loro attività nutrono il tessuto economico di Casale, riuniti in una straordinaria raccolta di ritratti in bianco e nero nella sala Marescalchi. Una galleria da visitare nello stesso periodo del Middle Monfest 2023, realizzata con la cura di Ilenio Celoria.

Dal 31 Marzo 2023 al 11 Giugno 2023 – Castello del Monferrato – Casale Monferrato

PIERO NEL PAESE DELLE MERAVIGLIE – PIERO PERCOCO

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Piero nel paese delle meraviglie di Piero Percoco è la nuova mostra che Leica Camera Italia presenta dal 12 aprile 2023 negli spazi di Leica Galerie Milano, a cura di Denis Curti e Maurizio Beucci.

Una gigantografia di oltre 11 metri di un grande ulivo che brucia conduce in un mondo surreale che si rivela, in maniera contradditoria, molto più vicino alla realtà. Da un’immagine straziante che richiama con forza la necessità di proteggere la terra e la natura, si avvia un viaggio verso una possibile salvezza, verso una nuova vita, un Paese delle meraviglie, la Puglia, terra d’origine di Percoco, che diventa simbolo di ripartenza, come i fiori che continuano a vivere sopra le fiamme testimoniano.

È la magia della fotografia. È il mistero che prende la forma di immagini capaci di superare i generi più conosciuti per diventare “valore” simbolico e assoluto. Denis Curti

Questo nuovo progetto espositivo, che raccoglie immagini scattate da Percoco con Leica Q2 e D-Lux 7, consolida l’impegno di Leica Camera Italia a farsi portavoce di una cultura fotografica d’autore, aprendo le porte dei propri spazi per renderli un luogo di accoglienza e ricerca, in un’alternanza di temi, periodi, stili, tecniche e visioni, nei diversi passaggi del tempo, dall’analogico al digitale.  A

Anche se a volte il quotidiano sembra soffocarci, se stiamo attenti, anche nei luoghi che crediamo noiosi può accadere qualcosa di sorprendente. Piero Percoco

12 aprile  – 8  luglio 2023 – Leica Galerie Milano presso Leica Store Milano

LETIZIA BATTAGLIA. TESTIMONIANZA E NARRAZIONE

Letizia Battaglia, La bambina lavapiatti. Monreale, 1979
© Letizia Battaglia | Letizia Battaglia, La bambina lavapiatti. Monreale, 1979

Dal 31 marzo al 31 maggio 2023 le opere di chi ha utilizzato la fotografia come denuncia e arma di ribellione. Trenta scatti in bianco e nero del periodo dal 1972 al 2003 provenienti dall’Archivio palermitano ‘Letizia Battaglia’.

Letizia Battaglia incarna in sè arte, impegno civile, partecipazione e passione. Trani la celebra ad un anno dalla sua scomparsa con una straordinaria mostra monografica che testimonia trent’anni di vita e società italiana.

Letizia Battaglia. Testimonianza e narrazione”, fruibile dal 31 marzo al 31 maggio 2023 a Palazzo delle Arti Beltrani, è una carrellata di 30 scatti in bianco e nero che hanno segnato a fuoco la memoria visiva della storia del nostro Paese, passando dalla inconsapevole bellezza delle bambine dei quartieri poveri siciliani (uno su tutti ‘La bambina con il pallone del quartiere Cala di Palermo’) al volto di Pier Paolo Pasolini, ai morti per mano della mafia, tra cui Piersanti Mattarella, e poi, ancora, le processioni religiose, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, fino all’arresto del feroce boss Leoluca Bagarella.

Testimonianza vera, spesso crudele e cruenta, dell’appassionato impegno civile e politico di Letizia Battaglia che per trent’anni ha fotografato la sua terra, la Sicilia, con immagini che denunciano l’attività mafiosa nei coraggiosi reportage per il quotidiano «L’Ora» di Palermo, che l’ha eletta di fatto ad una delle prime fotoreporter italiane. La fama di Letizia Battaglia, nomen omen, è passata nel corso degli anni da una dimensione regionale a una nazionale e internazionale. Notorietà premiata, oltre che da numerosi riconoscimenti in tutto il mondo, anche dal New York Times che nel 2017 ha inserito la fotografa ottantaduenne tra le undici donne più influenti dell’anno, per l’impegno dimostrato come artista.

Il percorso espositivo tranese intende restituire l’intensità che caratterizza tutto il suo lavoro: dall’attività editoriale a quella teatrale e cinematografica, passando per l’affresco della Sicilia più povera e la denuncia dell’attività mafiosa, della miseria, del degrado ambientale, conseguenza della deriva morale e civile.

«
Questa mostra, composta da immagini provenienti dall’Archivio Letizia Battaglia di Palermo e selezionate dai loro curatori Marta e Matteo Sollima, nipoti della fotografa, rappresenta un’occasione preziosa per conoscere l’artista Battaglia, divulgare la sua opera e celebrarla nel nostro territorio ad un anno dalla scomparsa – commenta Alessia Venditti, autrice con Andrea Laudisa dei testi che accompagnano l’esposizione. Battaglia è riconosciuta come una delle più grandi interpreti del Novecento e la fotografia, vocazione a tempo pieno, è stato lo strumento con cui ha rivelato la cruda realtà della mafia, del clientelismo e della povertà; celebri sono altresì i suoi ritratti, tra cui spicca la serie di fotografie scattate a Pasolini presso il Circolo Turati di Milano.

La mostra tranese e le foto per essa selezionate, che riguardano il periodo di produzione che va dal 1972 al 2003, hanno l’intento di svelare al pubblico il modo di intendere la fotografia di Letizia Battaglia come arma di ribellione e missione.
Il percorso espositivo è completato dalla proiezione del documentario di Francesco Raganato “Amore amaro” (2012), visibile durante la fruizione della mostra». 

In occasione della preview della mostra per la stampa, con ingresso solo su invito, giovedì 30 marzo alle ore 18:30Alessia Venditti presenterà l’opera della fotografa introducendo il progetto espositivo ideato con Marta e Matteo Sollima, curatori dell’archivio palermitano. Interverranno Niki Battaglia, direttore del Palazzo delle Arti Beltrani, e il sindaco della città di Trani, Amedeo Bottaro
Il vernissage offrirà inoltre l’opportunità per presentare la nuova stagione artistica di Palazzo delle Arti Beltrani, centro e contenitore culturale polifunzionale della città di Trani. 

Dal 31 Marzo 2023 al 31 Maggio 2023 – Palazzo delle Arti Beltrani – Trani (BA)

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FOTOGRAFARE IL PARCO

© Emilio Ricci. Foto vincitrice della sedicesima edizione del concorso internazionale di fotografia naturalistica 'Fotografare il Parco'
© Emilio Ricci. Foto vincitrice della sedicesima edizione del concorso internazionale di fotografia naturalistica ‘Fotografare il Parco’

Si terrà alle Scuderie del Forte di Bard (AO), dal 26 marzo al 25 aprile l’esposizione delle foto vincitrici e menzionate della sedicesima edizione del concorso internazionale di fotografia naturalistica Fotografare il Parco, organizzato dai Parchi nazionali di Gran Paradiso, Stelvio, Abruzzo, Lazio e Molise e da quello francese de la Vanoise, con il patrocinio di Alparc, Federparchi e la partecipazione del media partner La Rivista della Natura. 

Le quattro aree protette, divise da centinaia di chilometri, ma unite nell’intento di conservare un patrimonio di biodiversità unico per bellezza e ricchezza, vogliono così proseguire il percorso di cultura delle immagini di natura fin qui intrapreso. 

Le immagini della mostra ritraggono i paesaggi e gli abitanti che è possibile incontrare nelle quattro aree protette: il camoscio impegnato nelle continue sfide per la sopravvivenza in montagna, il lento scorrere di nubi notturne sopra i monti rocciosi, il delicato dischiudersi di gemme nel bosco sul finire dell’inverno. E poi ampi panorami, animali e piante. 

Grazie alle immagini sarà possibile assistere a istanti di vita sulle nostre montagne: momenti che, senza lo sguardo attento e la prontezza di riflessi dei fotografi, a molti di noi non potrebbero che sfuggire. Per un attimo il mondo della natura si dischiude ai nostri occhi nel pieno della sua bellezza.

Dal 26 Marzo 2023 al 25 Aprile 2023 – Forte di Bard – Aosta

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GUY BOURDIN. STORYTELLER

<em>Guy Bourdin Archives</em>, 1974 circa | © The Guy Bourdin Estate 2023<br />
Guy Bourdin Archives, 1974 circa | © The Guy Bourdin Estate 2023

In occasione della settimana della moda di Milano, Giorgio Armani inaugura negli spazi di Armani/Silos la mostra Guy Bourdin: Storyteller, un omaggio all’opera del fotografo francese, nata dall’idea di raccontarne l’intento compositivo e narrativo, al di là della provocazione da sempre associata al suo lavoro. Sulla scia di Alfred Hitchcock ed Edward Hopper, un regista e un artista che ammirava molto, Guy Bourdin è stato essenzialmente uno storyteller, capace di racchiudere interi romanzi, di preferenza gialli o noir, in un singolo scatto.
Presentate negli spazi di Armani/Silos sono cento fotografie che Giorgio Armani insieme a The Guy Bourdin Estate ha selezionato tra scatti iconici e immagini meno note. L’uso dei colori saturi – tratto distintivo dello stile di Bourdin – è esplorato attraverso intere sale dedicate a rossi, verdi e rosa, così come la sua abilità nel gioco con la forma decostruita, in particolare con i manichini, e la sua inconfondibile idea di composizione. Ventuno fotografie in bianco e nero mostrano come la capacità espressiva di Bourdin sia immediatamente percepita anche con il più semplice dei contrasti. Una sezione esplora l’amore di Bourdin per il cinema, elemento centrale della sua creatività, e presenta una selezione di fotografie di campagne pubblicitarie che mostrano quelle che sembrano scene del crimine o inseguimenti della polizia, e che riportano alla fascinazione per Alfred Hitchcock e al tema della “trama misteriosa”.

“Questa mostra conferma la mia volontà di fare di Armani/Silos un centro di cultura fotografica contemporanea, includendo ciò che è prossimo al mondo Armani, ma anche ciò che ne è lontano. A prima vista, Guy Bourdin non è un autore a me vicino: il suo era un linguaggio netto, grafico, forte. Nella sua opera quel che si percepisce subito, in superficie, è la provocazione, ma quello che mi colpisce, e che ho voluto mettere in risalto, sono piuttosto la sua libertà creativa, la sua capacità narrativa e il suo grande amore per il cinema. Bourdin non seguiva la corrente e non scendeva a compromessi: un tratto nel quale mi riconosco io stesso, credo non ci sia un altro modo per lasciare un segno nell’immaginario collettivo”, dichiara Giorgio Armani.   Nato nel 1928 a Parigi, Guy Bourdin inizia la carriera come pittore, passando alla fotografia da autodidatta nei primi anni Cinquanta. Sviluppa da subito uno stile personale, intriso di atmosfere e richiami surrealisti, anche grazie alla lunga amicizia con Man Ray, conosciuto nel 1951. Notato da Vogue Paris, Guy Bourdin inizia a collaborare con la testata e a produrre servizi fotografici, ma anche campagne pubblicitarie, che si contraddistinguono per l’incredibile libertà creativa. La sua ferma volontà è di mettere in primo piano la creazione dell’immagine, non il prodotto, e rimane costantemente fedele a questo intento. Il background di Bourdin come pittore influenza il suo approccio, dallo studio minuzioso dei colori alle composizioni sospese tra l’assurdo e il sublime, capaci di stimolare il subconscio dello spettatore. I colori iperreali, i giochi di luci e ombre, ma anche il trucco ‘glossy’ delle modelle fanno parte del suo codice visivo, unico e riconoscibile.

Dal 24 Febbraio 2023 al 31 Agosto 2023 – Armani/Silos – Milano

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Cascina Roma Fotografia. NUOVI SGUARDI: LA GIOVANE FOTOGRAFIA INTERNAZIONALE

foto di © Laure Andrillon

Il legame tra Cascina Roma Fotografia a San Donato Milanese e la fotografia si è fatto nel tempo sempre più stretto. Quest’anno la rassegna torna con sei mostre, quasi tutte inedite in Italia, di altrettanti giovani fotografi internazionali. Sei percorsi espositivi, dal 22 aprile al 4 giugno, di qualità eccezionale e molto diverse tra loro da cui emergono storie inusuali, racconti da terre e culture lontane dalla nostra.
Una serie che si articola tra le sale di Cascina Roma Fotografia e gli spazi pubblici outdoor, accessibili grazie ad un approccio volto a portare la fotografia nella comunità.

Gli autori sono Chiara Negrello, Mikkel Hørlyck, Ian Cheibub, Stephan Lucka, Laure Andrillon e Jana Mai.

Chiara Negrello con Like The Tide (Come la marea), racconta le storie di un gruppo di donne pescatrici nel Delta del Po, in Emilia Romagna. La parità di genere in Italia varia da regione a regione e in base alla linea di demarcazione tra la vita che le donne conducono a casa e nei luoghi di lavoro. In questo groviglio di cultura, tradizioni, politica e patriarcato le donne del Delta sono state per tre generazioni parte integrante del motore economico che ha sollevato le loro famiglie e la regione intera. Sembrano trovare con naturalezza un equilibro tra un lavoro fisicamente impegnativo come quello di pescare vongole, portato avanti in un clima non certo gradevole, e uno straordinario impegno nel prendersi cura delle proprie famiglie e l’una dell’altra. Così come l’acqua riflette i cieli dal colore azzuro-grigio, queste donne si presentano a noi in doppia veste con un fisico provato dalle intemperie, ma che che brilla di gentilezza e cura.
Questo racconto fotografico insegue le vite di queste donne mentre infuriava la pandemia di Covid-19 e il loro stesso settore stava affrontando l’incertezza del futuro. Attraverso l’obiettivo, che ci ha regalato questa straordinaria sorellanza di donne ambientata in un piccolo villaggio remoto, questo progetto spera di annullare alcune delle idee stereotipate di femminilità e dell’essere donna.

Mikkel Hørlyck con Last Stronghold (L’ultima roccaforte). “I rifugiati non si arrendono facilmente. Sono pienamente consapevoli del rischio che corrono e di ciò che li attende in Croazia, ma sono determinati ad attraversare il confine”, afferma Nataša Omeroviš, 47 anni, operatrice umanitaria che coordina l’International Organization for Migration (IOM).
Nella Bosnia nord-occidentale rifugiati e migranti subiscono una sconfitta dopo l’altra quando tentano di attraversare il confine per entrare nell’Unione Europea e in Croazia, dove ci sono circa 6.500 poliziotti pronti a respingerli. Le condizioni di vita per rifugiati e migranti bloccati in una condizione che perdura sono difficili. Subiscono violenze e umiliazioni da parte della polizia di frontiera croata che è molto potente e si appropria del poco denaro che i migranti possiedono o distrugge i cellulari che portano con sè. L’ONG Border Violence Monitoring Group e diversi organi di stampa denunciano la violenza degli agenti ormai da diversi anni. Dal 2015 l’Unione Europea ha concesso alla Croazia 150 milioni di euro per rafforzare i controlli alle frontiere e tenere migranti e rifugiati fuori dai propri confini. I migranti hanno lasciato i loro paesi d’origine a causa delle condizioni di vita precarie o insostenibili, a causa di conflitti, povertà o disastri naturali che impediscono loro di tornare.

Ian Cheibub con There’s a Hole Inside Us (C’è un vuoto dentro di noi)
Sotto terra ci sono i nostri morti e la nostra ricchezza. Aerei, automobili, frigoriferi, edifici e gran parte del materiale che ci circonda proviene da Carajas, la più grande miniera di ferro del mondo, situata nel cuore della foresta pluviale brasiliana. Oggi genera miliardi di dollari di profitti per le aziende, ma una volta era il centro del più importante movimento di guerriglia in Brasile. Nel 1982, 10 anni dopo la cessazione dei combattimenti, il progetto Great Carajás fu lanciato dal governo brasiliano, con l’assistenza degli Stati Uniti. Questa operazione ha portato con sè un’eredità di cancellazione storica poiché le violazioni dei diritti umani sono state seppellite lungo i 900.000 km² della regione.
Questo progetto si propone pertanto di ricercare sia i vuoti lasciati nella terra a causa dell’attività mineraria, che quelli nelle persone che vivono a Carajas e che conservano nella loro memoria la complessa storia di questa regione. Si tratta di un racconto alternativo dove il fotografo indaga come miti e sincretismi siano strumenti di sovversione allo status quo, guardando all’intersezione tra cultura, dipendenza e sfruttamento. L’obiettivo è quello di creare una narrazione che ritragga queste persone come protagoniste della società, riaffermando la loro centralità nel complesso rapporto tra l’ambiente che si abita e la storia di un luogo.

Stephan Lucka con The Feeling We Only Know (Il sentimento che solo noi possiamo capire).
Se chiedi a uno scout cosa c’è di speciale nell’essere scout, spesso la risposta che ti viene data è la seguente: “È difficile da descrivere, una sensazione che probabilmente solo gli scout comprendono appieno”. Stephan Lucka conosce bene questa sensazione, perché lui stesso è stato uno scout in gioventù. Con questo progetto ha voluto così avvicinarsi fotograficamente a questo “indescrivibile” e lo ha fatto tornando tra i Boy Scout, immergendosi ancora una volta in quel mondo a lui familiare.
I Boy Scout e le Girl Scout sono il più grande movimento giovanile del pianeta: sono circa 46 milioni in tutto il mondo, 260.000 in Germania. Gli scout formano il proprio microcosmo socioculturale, un piccolo mondo che riflette sempre un contesto sociale più ampio. Cosa rende ancora oggi attraente l’ambiente degli Scout agli occhi dei giovani in una società così accelerata, consumistica e high-tech? Le immagini cercano di dare una risposta visiva alla domanda a cui è così difficile rispondere per la maggior parte degli scout e restituiscono un racconto fedele di crescita, amicizia e intimità, ma anche di rispetto e considerazione, su come vogliamo trattarci gli uni con gli altri e su come possiamo vivere insieme.

Laure Andrillon con Fountain of Youth (Fonte della giovinezza).
Gli Harlem Honeys & Bears sono una squadra senior di nuoto sincronizzato fondata nel 1979 nel cuore di Harlem, a New York. I membri hanno attualmente un’età compresa tra i 64 e i 100 anni. Alcuni componenti della squadra nuotano da quando sono nati; altri hanno superato la paura dell’acqua dopo i sessant’anni.
Nel febbraio del 2022 questa comunità ha ripreso a riunirsi in piscina, dopo aver trascorso quasi due anni lontano dall’acqua a causa della pandemia e della conseguente chiusura delle piscine pubbliche. Ogni martedì e giovedì, gli Honeys & Bears trasformano il centro ricreativo St Mary’s, situato nel Bronx, in un gioioso parco giochi. Alcuni lasciano i loro bastoni e deambulatori sul ponte della piscina. Quando scivolano in acqua, la gravità sembra scomparire, le malattie e le ferite passano inosservate: si sentono di nuovo giovani. Per questi nuotatori parte della minoranza afro-americana, la piscina è diventata un luogo di guarigione fisica ma anche psicologica, poiché alcuni di loro hanno vissuto in prima persona l’era delle piscine segregate negli Stati Uniti. Ricordano com’era quando potevano andare in piscina solo nei giorni ”colored” e quando la piscina doveva essere svuotata il giorno successivo perché i bianchi erano troppo disgustati per nuotare nella stessa acqua dei neri.

Queste cinque mostre saranno visitabili presso le sale espositive di Cascina Roma Fotografia.

Jana Mai invece ci porta nella Repubblica Moldova, dove c’è una piccola regione autonoma conosciuta come Gagauzia. Qui vive una popolazione in gran parte sconosciuta ma che preserva antiche tradizioni. “The Descendants of the Wolves” (I discendenti dei lupi) sono una minoranza turca di fede ortodossa cristiana che cerca orgogliosamente di preservare l’identità di un popolo, le tradizioni e soprattutto la lingua per raggiungere, un giorno, l’agognata indipendenza a lungo sognata.

Questa mostra invece sarà visitabile presso il parco Laghetto Europa.

22 Aprile 2023 – 04 Giugno 2023 – San Donato Milanese, Cascina Roma

Piccola America – Lucia Laura Esposto

Quando si pensa all’America, di solito, le prime immagini che affiorano alla mente sono quelle
delle grandi metropoli sempre in movimento, dei grattacieli, dei noti immensi parchi nazionali.
Invece “Piccola America” è un progetto in itinere che mostra la realtà della provincia, di quelle
piccole città che si sviluppano sui due lati della strada principale che le attraversa.
Tra un centro abitato e l’altro ci sono miglia e miglia da percorrere e lungo la strada può
apparire un distributore di benzina nel mezzo del deserto, oppure uno schoolbus che raccoglie
bambini che sembrano sbucati dal nulla. Spesso percorro centinaia di miglia “perdendomi”
verso direzioni impreviste: seguo la strada senza cercare cose da vedere, sono loro che
trovano me!
Soprattutto lungo la Route 66, le tracce del passato mi fanno fantasticare: distributori di
benzina in disuso, vecchi veicoli abbandonati, motel le cui stanze potrebbero raccontare storie
di amore, di odio, di speranza, di sogni interrotti per fare spazio a nuovi sogni, in attesa dopo
la prossima curva.
Questa mia passione per i cosiddetti road trip è nata quando ero ancora una ragazzina:
pensavo agli Stati Uniti come a un posto meraviglioso, dove tutto era facile e bello… ricordo
che ogni tanto ricevevo lettere dal classico “zio d’America” con dentro qualche banconota da
uno o cinque dollari, io le mettevo da parte e sognavo di prendere un aereo e raggiungere
quel mondo sconosciuto. Poi ho continuato a sognare leggendo “On the Road”, di Jack
Kerouac, quel narrare la vita che scorre attraverso un viaggio in auto o sui mitici Greyhound,
la descrizione dei paesaggi, delle città, delle persone, il tutto così ben sintetizzato in un breve
dialogo: “Dobbiamo andare e non fermarci finché non siamo arrivati.
Dove andiamo?
Non lo so, ma dobbiamo andare”.
E io vado!

2 aprile 2023 – 16 aprile 2023 – Sala delle Carrozze di Villa Marazzi – Cesano Boscone (MI)

20 libri, da avere, di fotografie su New York

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Invisible City (Inglese) Copertina rigida – 29 dic 2014
di Ken Schles
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L’anima di New York Le immagini più evocative della città che non dorme mai Ripercorrete l’epica storia di New York attraverso centinaia di fotografie emozionanti che ci mostrano i tanti volti di questa magica città dalla metà dell’Ottocento a oggi. Seguitene le mutevoli sorti dalle folli notti degli anni d’oro del jazz all’edonismo delle discoteche, dai tetri giorni della Depressione alle devastazioni dell’11 settembre e dei giorni che seguirono. Questa meravigliosa collezione di immagini rende omaggio all’architettura, all’energia e al patrimonio civile, sociale e fotografico della metropoli. Dal Brooklyn Bridge agli immigrati che sbarcavano a Ellis Island, dai bassifondi del Lower East Side ai magnificenti grattacieli art déco, le strade, i marciapiedi, il caos, l’energia, il crogiuolo di etnie, la cultura, la moda, l’architettura, la rabbia e la complessità della Grande Mela sono tutte rappresentate nella forza del loro spirito e delle loro contraddizioni. Oltre a centinaia di scatti firmati da fotografi del calibro di Alfred Stieglitz, Berenice Abbott, Weegee, Margaret Bourke-White, William Claxton, Ralph Gibson, Ryan McGinley, Steve Schapiro, Garry Winogrand, Larry Fink, Keizo Kitajima, e tanti altri, New York: Portrait of a City offre oltre un centinaio di citazioni e riferimenti provenienti da libri, film, spettacoli di vario tipo e canzoni.

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In My Taxi: New York After Hours by Ryan Weideman (1991-10-02)
di Ryan Weideman (Autore)
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Max Kozloff (Autore), Ed Grazda (a cura di), William Klein (Fotografo)
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Keizo Kitajima spent six months in New York roaming it’s gritty streets and hanging out in its clubs. He presents a vison of eighties New York, full of energy, decadence and moments of quiet desperation. Like the city the publication is full of stark juxtapositions, flaboyant dispays of outrageous behaviour live next to pictures of desolation and dejection.
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[(Naked City )] [Author: Weegee] Mar-2003 Copertina flessibile – 1 mar 2003
di Weegee  
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Cecil Beaton’s New York Hardcover – 1938
by Cecil Walter Hardy Beaton (Author)
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Harlem Stirs – 128 pages, softbound with slight edgewear and light soiling from handling to covers. text block is clean tight and bright. Wonderful black and white photos throughout. the pictures and words presents the horror of Harlem in the 1960’s. A vivid story of this powerful, tangled and much maligned region of New York City, leading to the changes and upheaval in the 1960’s. ~ Rasism, Social, Black America, Urban Blight
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Written in English and Swedish. The title is in reference to a street sign indicating traffic directions. Black and white images of “traces of life” in New York. The kind of thing you’d see when walking around, if you had your eyes open to it, Found objects, storefronts, signs, graffiti, abandoned/lost items, trash, anything that caught artist Enke Rothman’s interest. Photos by Tana Ross.
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Based on the blog with more than four million loyal fans, a beautiful, heartfelt, funny, and inspiring collection of photographs and stories capturing the spirit of a city
Now an instant #1 New York Times bestseller, Humans of New York began in the summer of 2010, when photographer Brandon Stanton set out to create a photographic census of New York City. Armed with his camera, he began crisscrossing the city, covering thousands of miles on foot, all in an attempt to capture New Yorkers and their stories. The result of these efforts was a vibrant blog he called “Humans of New York,” in which his photos were featured alongside quotes and anecdotes.
The blog has steadily grown, now boasting millions of devoted followers. Humans of New York is the book inspired by the blog. With four hundred color photos, including exclusive portraits and all-new stories, Humans of New York is a stunning collection of images that showcases the outsized personalities of New York.
Surprising and moving, printed in a beautiful full-color, hardbound edition, Humans of New York is a celebration of individuality and a tribute to the spirit of the city.
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I See a City: Todd Webb’s New York focuses on the work of photographer Todd Webb produced in New York City in the 1940s and 1950s. Webb photographed the city day and night, in all seasons and in all weather. Buildings, signage, vehicles, the passing throngs, isolated figures, curious eccentrics, odd corners, windows, doorways, alleyways, squares, avenues, storefronts, uptown, and downtown, from the Brooklyn Bridge to Harlem.
The book is a rich portrait of the everyday life and architecture of New York. Webb’s work is clear, direct, focused, layered with light and shadow, and captures the soul of these places shaped by the friction and frisson of humanity.
A native of Detroit, Webb studied photography in the 1930s under the guidance of Ansel Adams at the Detroit Camera Club, served as a navy photographer during World War II, and then went on to become a successful postwar photographer. His work is in many museum collections, including the Museum of Modern Art in New York and the National Gallery of Art in Washington.
Published on the occasion of the exhibition Todd Webb’s New York at the Museum of the City of New York, where Webb had his first solo exhibition in 1946, this book helps restore the reputation and legacy of a forgotten American artist.
150 back-and-white illustrations
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Based on the popular New York photography blog by the same name with over 2.5 million loyal fans, this coffee table photo book takes you on a dream-infused nostalgic journey through New York City featuring an exquisite collection of photographs and prose.
Street photographers will never tire of New York as a subject. It is the perfect setting for the genre, the world’s most evocative cityscape, against which candid, memorable moments play themselves out every day.
Nearly a decade ago, Vivienne Gucwa began walking the streets of the city with the only camera she could afford a sub-$100 point-and-shoot and started taking pictures. Choosing a direction and going as far as her feet would take her, she noticed lines, forms and structures that had previously gone unnoticed but which resonated, embodying a sense of home.
Having limited equipment forced her to learn about light, composition and colour, and her burgeoning talent won her blog millions of readers and wide recognition in the photographic community.
“NY Through the Lens” is a timeless photo book which showcases the stunning results of Vivienne’s ongoing quest. Filled with spectacular photographs and illuminated by Vivienne’s poetic commentary, NY Through the Lens is a quintessential New York book as well as a beautiful travel guide to the city; it will be a must-read for her many fans and for any lover of New York photography.
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Differing from other photo books about New York, New Yorkers: As Seen by Magnum Photographersintroduces a gallery of eye-catching, untamed images of the metropolis taken by members of the renowned Magnum photo agency. Known for their spirit of independence, these photographers proffer droll, enigmatic, melancholic, enchanting, perhaps even effervescent scenes of the world’s most well known city, often combining these disparate sensibilities together, against great odds, in a single image. For these pictures to have been on target, they had to be off-kilter—as charged with contradiction and nuance as the reality of their subjects. 

The photographers in this book come from many countries and, armed with a wide range of purposes, are united only by their membership in Magnum Photos. Though best known for reportage of global wars and crises, they have created a New York archive of great magnitude documenting the last sixty years of New York’s—and Magnum’s—history. Of the more than one hundred and fifty photographs in New Yorkers, only a fraction have ever been published. 

Leafing through New Yorkers, edited by the acclaimed art critic Max Kozloff, is like walking the streets of New York City, beguiled by its implausible and mixed energies, renewed at each turn of a corner. Throughout the city’s sidewalks, bars, subways, rooftops, bridges, street corners, diners, barbershops, boardwalks, and empty lots, and inside its ball games, parks, protests, parades, society events, and myriad trade districts, these photographers have roamed freely, snapping its denizens with a realism that smarts and a wit that sparkles, featuring never-before-seen work by Henri Cartier-Bresson, Robert Capa, Inge Morath, Elliott Erwitt, Bruce Davidson, Leonard Freed, Raymond Depardon, Eve Arnold, Dennis Stock, Ferdinando Scianna, Richard Kalvar, Burt Glinn, Eli Reed, René Burri, Susan Meiselas, and more. 

New Yorkers: As Seen by Magnum Photographers emphasizes the color work of the Magnum photographers, much of it surprisingly early, and contains an essay by Kozloff, who tackles his offbeat selection with relish.
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Danish-born Jacob A. Riis (1849–1914) found success in America as a reporter for the New York Tribune, first documenting crime and later turning his eye to housing reform. As tenement living conditions became unbearable in the wake of massive immigration, Riis and his camera captured some of the earliest, most powerful images of American urban poverty.
This important publication is the first comprehensive study and complete catalogue of Riis’s world-famous images, and places him at the forefront of early-20th-century social reform photography. It is the culmination of more than two decades of research on Riis, assembling materials from five repositories (the Riis Collection at the Museum of the City of New York, the Library of Congress, the New-York Historical Society, the New York Public Library, and the Museum of South West Jutland, Denmark) as well as previously unpublished photographs and notes. In this handsome volume, Bonnie Yochelson proposes a novel thesis—that Riis was a radical publicist who utilized photographs to enhance his arguments, but had no great skill or ambition as a photographer. She also provides important context for understanding how Riis’s work would be viewed in turn-of-the-century New York, whether presented in lantern slide lectures or newspapers.
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Presents a thorough study of the artist’s candid photographs of urban life in New York City, and the connection between his painting and his photography.
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Nearly 100 classic images by noted photographer: Rockefeller Center on the rise, Bowery restaurants, dramatic views of the City’s bridges, Washington Square, old movie houses, rows of old tenements laced with laundry, Wall Street, Flatiron Building, waterfront, and many other landmarks.

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A re-release of an acclaimed volume features definitive images of 1930s New York, in a deluxe edition that features more than three hundred duotones as taken with the support of the WPA’s Federal Art Project documenting Depression-era changes throughout the city. Reissue.
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Timing, skill, and talent all play an important role in creating a great photograph, but the most primary element, the photographer’s eye, is perhaps the most crucial. In The Eyes of the City, Richard Sandler showcases decades’ worth of work, proving his eye for street life rivals any of his generation.

From 1977 to just weeks before September 11, 2001, Richard regularly walked through the streets of Boston and New York, making incisive and humorous pictures that read the pulse of that time. After serendipitously being gifted a Leica camera in 1977, Sandler shot in Boston for three productive years
and then moved back home to photograph in an edgy, dangerous, colicky New York City.

In the 1980s crime and crack were on the rise and their effects were socially devastating. Times Square, Harlem, and the East Village were seeded with hard drugs, while in Midtown Manhattan, and on Wall Street, the rich flaunted their furs in unprecedented numbers, and “greed was good.”

In the 1990s the city underwent drastic changes to lure in tourists and corporations, the result of which was rapid gentrification. Rents were raised and neighborhoods were sanitized, clearing them of both crime and character. Throughout these turbulent and creative years Sandler paced the streets with his native New Yorker’s eye for compassion, irony, and unvarnished fact.

The results are presented in The Eyes of the City, many for the first time in print. Overtly, they capture a complex time when beauty mixed with decay, yet below the picture surface, they hint at unrecognized ghosts in the American psyche.
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New York at Night: Photography after Dark, showcases images of New York City’s legendary nightlife by the leading photographers of the 20th and 21st centuries, from Joseph Byron and James Van Der Zee to Henri Cartier-Bresson, Diane Arbus, Elliott Erwitt, Larry Fink, and more. As diverse and complicated as the city itself, New York’s nightlife is glamorous and grungy, lonely and dangerous, highbrow and lowbrow. These images are complimented by writing from some of New York’s most respected contemporary authors, adding depth, context, and personal stories of their own experiences to those presented by the photographers. This engaging book captures the energy of the New York night and the city’s evolving hotspots, building a history of how New Yorkers play after dark and how that helps make this city a cultural and entertainment powerhouse.

Photographers featured within the book include: Berenice Abbott, Apeda Studio, Amy Arbus, Diane Arbus, Eve Arnold, Richard Avedon, John Baeder, Frank Bauman, Guy Bourdin, Bonnie Briant, Paul Brissman, René Burri, Joseph Byron, Cornell Capa, Drew Carolan, Henri Cartier-Bresson, Bob Colacello, John Cohen, Ted Croner, Bruce Davidson, Philip-Lorca diCorcia, Elliott Erwitt, Walker Evans, Louis Faurer, Donna Ferrato, Larry Fink, Robert Frank, Lee Friedlander, Paul Fusco, Ron Galella, William Gedney, Bruce Gilden, Burt Glinn, Nan Goldin, William P. Gottlieb, Samuel H. Gottscho, Charles Harbutt, Phillip Harrington, Paul B. Haviland, Thomas Hoepker, Evelyn Hofer, Jenny Holzer, Peter Hujar, Douglas Jones, Sid Kaplan, William Klein, Stanley Kubrick, Collin LaFleche, Elliott Landy, Annie Leibovitz, Joan Liftin, Peter Lindbergh, Roxanne Lowit, Alex Majoli, Fred McDarrah, Ryan McGinley, Susan Meiselas, Lisette Model, Inge Morath, Helmut Newton, Toby Old, Paolo Pellegrin, Iriving Penn, Gilles Peress, Anton Perich, Hy Peskin, Jean Pigozzi, Sylvia Plachy, Robin Platzer, Eli Reed, Jacob Riis, Arthur Rothstein, Damien Saatdjian, Lise Sarfati, Paule Saviano, Norman Seeff, Neil Selkirk, Sam Shaw, Aaron Siskind, Dennis Stock, Erika Stone, Christopher Thomas, Peter Van Agtmael, James Van Der Zee, Weegee, and Garry Winogrand.
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Brooklyn Photographs Now reflects the avant-garde spirit of the city’s hippest borough, containing previously unpublished work by well-known and emerging contemporary artists. The book presents 250 images by more than seventy-five established and new artists, including Mark Seliger, Jamel Shabazz, Ryan McGinley, Mathieu Bitton, and Michael Eastman, among many others. The book documents the physical and architectural landscape and reflects and explores an off-centered—and therefore a less-seen and more innovative—perspective of how artists view this borough in the twenty-first century. This is the “now” Brooklyn that we have yet to see in pictures: what might seem to be an alternative city but is actually the crux of how it visually functions in the present day. This unique collection of images is the perfect book for the photo lover and sophisticated tourist alike.

Mostre di fotografia da non perdere a Settembre

Ciao a tutti,

riprendiamo da dove ci eravamo lasciati prima delle vacanze, con nuove fantastiche mostre da non perdere a settembre.

Date sempre un’occhiata alla pagina dedicata, sempre aggiornata con tutte le mostre in corso.

Anna

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