Calling The Birds Home, un lavoro delicato ed emozionante della fotografa Cheryle St. Onge, sulla malattia che ha segnato sua madre. buona visione, Sara
Presentazione del lavoro:
Mia madre e io abbiamo vissuto fianco a fianco, nella stessa fattoria, per decenni. Il nostro amore era reciproco e costante. Purtroppo ha sviluppato una demenza vascolare, e così ha iniziato ad avere problemi con le sue emozioni e la memoria. All’inizio ho smesso di fare foto con lei, poi ho smesso di fare foto.
Forse come risposta alle sue conversazioni sul perché voleva morire, su come immaginava di poter morire. E poiché avevo bisogno di un po ‘di felicità, di luce nel pomeriggio,ho iniziato a scattare questi ritratti di mia madre. I ritratti li ho realizzati con qualsiasi fotocamera avessi a portata di mano, come distrazione dalla paura di vederla svanire. Volevo condividere l’atto di essere lì in quel momento e condividere la natura effimera del mio sguardo e del suo vedere.
Ora, che lascio la nostra casa e mia madre, la gente mi cerca. Vogliono raccontarmi le loro storie e vogliono ascoltare le mie. È un bellissimo avanti e indietro. A causa della demenza, con mia madre non abbiamo più conversazioni, però abbiamo ancora questo profondo scambio: la realizzazione di un ritratto.
Mia madre fa del suo meglio e io faccio il mio. E poi a mia volta, do la foto a chiunque la guarderà. (traduzione di parte della presentazione al lavoro, sul sito dell’autrice)
Cheryle St. Onge è di Worcester, nel Massachusetts. È cresciuta nei campus universitari come unica figlia di un professore di fisica e pittore. Le sue fotografie sono state ampiamente esposte, in particolare alla National Portrait Gallery di Londra, alla Princeton University, al Griffin Museum, all’Università del Rhode Island, al Massachusetts College of Art, alla Rick Wester Fine Arts e alla mostra itinerante dell’American Institute of Architects. Ha ricevuto numerosi premi e residenze, tra cui una John Simon Guggenheim Fellowship del 2009. Le sue fotografie sono in molte collezioni private e pubbliche, tra cui il Museo d’Arte dell’Università del New Mexico, il Museo di Belle Arti di Houston, la Collezione Cassilhaus e la Fondazione Guggenheim. È stata docente presso la Phillips Exeter Academy, la Clark University, il Maine College of Art e l’Università del New Hampshire.
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Buongiorno! Il premio Musa, è giunto alla sua terza edizione. Un grandissimo successo! Quest’anno abbiamo aggiunto una nuova sezione ed i premi saranno molteplici per ogni categoria! Visita la pagina del Premio Musa Il Premio è dedicato alla produzione di portfolio fotografici ed è rivolto a tutte le fotografe (donne), senza nessuna distinzione tra amatrici e professioniste. Il lavoro che presenterete, verrà sottoposto a giudizio insindacabile della giuria composta da esperte. La giuria è composta da professioniste nel settore della fotografia. L’ambito del premio è rivolto alla fotografia italiana femminile (fotografe italiane che vivono in Italia) e possono partecipare fotografe che si esprimono in ogni settore fotografico, ogni genere, senza limitazioni relative al progetto scelto per essere presentato. Il premio ha tre sezioni e verrà premiata una partecipante per categoria: 1) Reportage, Street photography, Natura, Viaggio, Eventi. 2) Progetto personale, Fotografia concettuale, Ricerca, Still life. 3) Ritratto in studio, moda, ritratto ambientato. LA DATA DI SCADENZA DI PRESENTAZIONE DELLE OPERE: ore 11:59 pm del 29 Settembre 2021
Veronica Benedetti – Il condominio – Vincitrice anno 2020
Olivia Rotondo – Le balene volano allegre – Vinvitrice anno 2020
Da Musa puoi seguire tre tipi di formazione:
– I PERCORSI DI STUDIOcomposti da più corsi singoli e strutturati secondo una cronologia che permette di seguire un percorso di crescita omogeneo in un determinato settore della fotografia.
Veronica Benedetti da Musa fotografia per l’apertura
Buongiorno, come state? Ripartiamo, finalmente, per un nuovo anno ricco di corsi, eventi e divertimento! Parleremo di tutte le nuove proposte, gli eventi, ma sopra ogni cosa, vi presenteremo Veronica Benedetti, vincitrice del Premio Musa edizione 2020. Vi aspettiamo in data 16 Settembre 2021 ore 18,30 per un aperitivo in compagnia Via Mentana, 6 Monza
Verranno a trovarci nuovi docenti e i migliori professionisti del settore, dai un’occhiata ai CORSI e guarda le novità!
Da Musa puoi seguire tre tipi di formazione:
– I PERCORSI DI STUDIO composti da più corsi singoli e strutturati secondo una cronologia che permette di seguire un percorso di crescita omogeneo in un determinato settore della fotografia. Percorso autoriale Impara, trova la tua strada, scatta ed esponi Percorso linguaggio fotografico Impara a parlare fotograficamente Master in fotogiornalismo per sapersi muovere nel mondo del reportage professionale Storytelling per costruire una storia insieme capendo modalità e funzione del racconto Contamina la narrativa trasversale attraverso diverse contaminazioni Percorso Full online Dalla singola foto al racconto fotografico percorso ONLINE
– CORSI SINGOLI tutti i corsi singoli organizzati per la nuova stagione scolastica – CORSI ONLINE proposta dei corsi di fotografia via web Ti aspetto! Sara Munari
In un periodo in cui le persone
rimangono scandalizzate dalla mancanza di rispetto verso l’altro e dalla
propensione degli individui di pensare a se stessi come fossero l’unico
soggetto da tutelare, voglio presentarvi una fotografa che ha fatto della sua
vita una lotta attiva e quotidiana contro la violenza e le discriminazioni. Mi
piace farlo ora perché penso che, in fondo, la mancanza di rispetto abbia le
stesse radici dell’arroganza che impedisce in ogni parte del mondo e a tutte le
persone di poter vivere liberamente, senza pericoli, la propria vita qualunque
essa sia.
Tutte le immagini sono di ZANELE MUHOLI
La fotografa in questione è
Zanele Mhuoli: lei ama definirsi “attivista visiva”, in conseguenza della
scelta di dedicare la propria fotografia alla rappresentazione della comunità
LGBT in Sudafrica.
Il lavoro della Muholi diventa
negli anni un documento, un “elenco” dettagliato di persone ed eventi che
caratterizzano e compongono la comunità alla quale la stessa autrice
appartiene; un “elenco per immagini” col quale cerca di mettere in contatto il
soggetto rappresentato e chi l’osserva, al fine di abbattere quelle barriere di
preconcetti che impediscono a una fetta specifica della società di vivere
integrata.
Tutte le immagini sono di ZANELE MUHOLI
L’inizio del cammino della
Mhuoli nel mondo delle arti visive avviene nel
2004 presso la Johannesburg Art Gallery, dove realizza la sua prima personale.
Nelle immagini vengono rappresentate persone che hanno subito stupri ed
aggressioni, senza che vengano mostrati i loro volti.
Ciò perché, pur essendo tutelata legalmente l’omosessualità in
Sudafrica, per molte persone è ancora difficile mostrarsi pubblicamente per il
timore di subire discriminazioni e violenze.
Dopo la prima esposizione, si
susseguono una serie di progetti e mostre, il cui tema e ambito di ricerca rimane
sempre la condizione della donna nera e lesbica in Sudafrica, che la fotografa
cerca di rappresentare attraverso le individualità delle persone, restituendo
dignità alla loro esistenza e sostenendo, attraverso i loro ritratti, il
diritto ad una vita normale.
La Mhuoli vuole ricostruire, in
fondo, la propria storia; cerca di ritrovare le proprie origini e di dare una
risposta alle domande che si fece scoprendosi lesbica; cerca di dare voce ad un
mondo ai margini cosicché, coloro i quali ne fanno (e ne faranno parte),
possano perdere quel senso di isolamento di cui essa stessa aveva sentito il
rumore.
I suoi ritratti
sono quindi sfrontati, le protagoniste guardano verso lo spettatore,
restituendo un senso di fierezza e consapevolezza e, così facendo, raccontano
un mondo fino a quel momento nascosto, che grazie al lavoro della Mhuoli lo è
un po’ meno.
Tutte le immagini sono di ZANELE MUHOLI
Di seguito due link: al primo trovate un’intervista pubblicata nel 2019 da Artribune in occasione dell’esposizione delle immagini alla Biennale di Venezia; al secondo un intervento registrato presso la Penny W. Stamps School of Art & Design University of Michigan. Il video della durata di un’ora (è un po’ lungo, ma interessante) include un documentario che racconta la realizzazione del suo lavoro “Faces and Phases”, ma non solo.
Annalisa Melas
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Alcune sere non lasciatemi tornare a casa. Portatemi lontano[1]
Questo progetto fotografico è l’esplorazione di uno spazio comunitario in cui le donne si liberano dalle inibizioni imposte al loro comportamento e al loro aspetto. Possiamo allora mostrare la cellulite, i peli, spogliarci e agghindarci sentendoci sensuali oppure sentendoci uno schifo, sostenerci e farci forza nell’affrontare con la stessa disinibizione il mondo al di fuori. Gli incontri nascono spontanei, in una dimensione di forte complicità femminile. Si evolvono in gioco, in leggerezza ed eccessi che conducono alla possibilità di dare sfogo alla rabbia e alla frustrazione verso una società non equa. La fotografia è parte del gioco stesso, non si estranea e non osserva in modo sterile, fa parte dell’esperienza; il giorno successivo ne rievocherà le emozioni, la convivialità, l’aggressività, lo sporco. Il momento comunitario esce dal rito e si traduce in pratiche quotidiane, mostrando donne contemporanee prive di patinature, che rifiutano le immagini e i modi di essere dettati dal patriarcato. Attraverso la fotografia ci riappropriamo dei nostri corpi, dei nostri gesti, dei nostri spazi, delle nostre rappresentazioni.
Buongiorno, oggi vi presento Alessia Locatelli, curatrice indipendente e direttrice artistica della Biennale di Fotografia Femminile a Mantova.
Sono sicura che troverete interessanti le risposte.
Buona lettura! Sara
Alessia Locatelli
· Hai un punto di riferimento relativo ad altre mostre quando usi un nuovo approccio sperimentale, nella scelta dei fotografi? Se si, quali sono le mostre che ti hanno, in questo senso, influenzata di più?
Quello del passaggio tra la selezione dei fotografi e l’esposizione dei loro progetti in mostra, è un nodo fondamentale. La prima cosa da considerare in tal senso è che sia rispettato il concept e ci sia una coerenza tra la ricerca del fotografo ed il messaggio che – attraverso l’allestimento – arriva al fruitore. Una volta assodato questo risultato è benvenuto tutto quello che può essere sperimentato in ambito espositivo, utilizzando anche nuove tecniche e tecnologie, non fermandosi alla bidimensionalità delle stampe o ad un unico formato fotografico, andando a movimentare la parete. O ancora, utilizzando strumenti complementari alla fotografia in modo da restituire al visitatore un’esperienza che possa essere, lo ricordo, il più vicino possibile al progetto del fotografo, ma anche ginnastica mentale, tassello fondamentale per andare a strutturare un senso critico. Quindi una capacità di lettura del mondo affidata anche alle arti visive ed alla fotografia contemporanea.
Ci sono mostre che mi hanno molto colpito, alcune per l’allestimento e il dinamismo come per la grandiosa retrospettiva Ugo La Pietra. Progetto disequilibrante dedicata al poliedrico artista milanese a cura di Angela Rui, in Triennale a Milano nel 2014 (immagini e info qui: https://www.inexhibit.com/it/case-studies/milano-linafferrabile-ugo-la-pietra/ ). Altre mostre che da curatrice reputo geniali per la creatività e la capacità di lavorare in modo ironico e sottile in equilibrio tra i concetti e gli elementi allestitivi, sono sicuramente quelle di Erik Kessels, artista designer e curatore olandese dall’incredibile versatilità, di cui parlo spesso nei miei corsi portando ad esempio le sue mostre come stimolo per gli studenti ad uscire dagli schemi prestabiliti e cercare sempre in modo innovativo una relazione col visitatore che rispetti però in primis le scelte dell’artista
· Visiti molte mostre per ispirarti e familiarizzare con i nuovi linguaggi curatoriali?
Assolutamente sì. Quest’anno è stato più difficile naturalmente, a causa della pandemia a livello mondiale le istituzioni, i privati, le fondazioni sono rimaste inattive, privandoci quindi della possibilità di fruire direttamente delle mostre e del rapporto diretto con le fotografie e con le opere d’arte. Purtroppo la fotografia, e il suo alter ego l’immagine – soprattutto dopo la rivoluzione del digitale – esce per sua natura svantaggiata dalla fruizione on-line. Credo fortemente che nuovi linguaggi vanno attinti in maniera trasversale da altri campi disciplinari e dalle new technologies per rendere ancora migliore l’esperienza di una mostra, senza però perdere il contatto diretto dell’opera come avviene in quelle terribili mostre definite “da botteghino” che hanno girato per l’Europa in questi ultimi anni (esempio Klimt Experience o Van Gogh – The Immersive Experience) a cui aggiungo nomi di fotografi ormai mainstream come Steve Mc Curry. Queste “esperienze”, come vengono già definite nei titoli che le propongono, avvicinano l’arte ad una idea di Show creando una pericolosa omologazione nel gusto e nell’esercizio alla visione, di cui Tomaso Montanari parla nel suo bellissimo pamphlet Contro le mostre (ed. Einaudi).
La pandemia comunque ha catapultato all’interno del mondo della curatela e dei musei la necessità di ripensare le mostre anche in modo virtuale tenendo però sempre in considerazione che la mission attraverso cui il professionista della cultura si muove è la necessità di promuovere l’arte e la fotografia rispettando sempre la cultura, l’opera ed il suo autore.
· Come descriveresti il tuo approccio alla curatela?
Studiato. Sicuramente è la prima parola che mi rappresenta se parliamo di un progetto visivo nuovo. Ogni sfida curatoriale si declina all’interno di nuove teorie da approcciare e sviluppare, concetti da riprendere e approfondire, nonché nuovi testi su cui studiare. Ma la prima considerazione che mi viene da fare riguarda la necessità di un primo contatto diretto con l’artista / fotografo. Il curatore è una figura polivalente con un importante ruolo di mediazione tra quello che è il messaggio autoriale e la ricezione di tale messaggio da parte del pubblico.
Quando organizzo i corsi di curatela esordisco dicendo e la figura del curatore è paragonabile a quella del direttore d’orchestra: deve conoscere lo spartito, il suono e l’istante in cui ogni singolo strumento deve inserirsi affinché il concerto sia armonico e piacevole all’ascolto.
· Come gestisci la situazione, quando hai la sensazione che il lavoro di un artista non sarà così forte, come lui spera o crede?
Intanto dipende se stiamo lavorando ancora in una prima fase di progettazione del portfolio, alla strutturazione del foto libro o della mostra; oppure se la contingenza è finalizzata alla presentazione al pubblico attraverso un testo critico o l’allestimento, quindi relativo alla parte finale e maggiormente comunicativa del lavoro. Nel primo caso naturalmente è più facile intervenire, andando con l’artista stesso a ragionare sulle parti deboli che possono essere riviste e variate in corso d’opera. Nel secondo caso, si lavora invece sulla parte allestitiva andando a ideare qualcosa che possa fare da contraltare ad un lavoro non così potente come l’artista sperava.
· Artisti e curatori dovrebbero condividere lo stesso background teorico e culturale?
È difficile che artisti e curatori condividano lo stesso background culturale. Forse se sono coetanei potrebbero, in parte. Prima di tutto per una questione di studio: spesso gli artisti provengono da licei artistici o istituti grafici e successivamente, per completare la loro formazione in senso visivo, dirigono la loro attenzione verso le Accademie di belle arti. Spesso il curatore di arti visive viene da un percorso più umanistico, una laurea in lettere in Beni Culturali, che abbia una formazione più letteraria, meno legata alle tecniche specifiche dell’arte e della fotografia e maggiormente vicina a concetti teorici. Conosco moltissimi autori con una formazione teorica importante e con una grande curiosità capace di orientare la loro indagine su riflessioni profonde, credo però che il lavoro in sinergia tra artista e curatore risieda proprio in questa divisione di ruoli – non certo chiusi e non comunicanti – ma necessari perchè il progetto si realizzi nel migliore dei modi
· Quando selezioni lavori di fotografi/e, cosa cerchi in loro?
La prima cosa che cerco è una forte progettualità: due gambe robuste che possano sostenere il portfolio. Se il progetto nasce pensato e meditato il fotografo stesso si troverà nella condizione di avere un lavoro coerente e di riuscire a difenderlo in maniera decisa da qualsiasi osservazione critica. In seconda istanza mi piace vedere progetti che con linguaggi personali o che mi permettano di capire che la ricerca autoriale prosegue nella modalità di scattare. Una coerenza che dall’idea iniziale si ritrova all’interno delle fotografie.
· Come vedi il futuro della curatela artistica tra 10 anni?
Che domanda difficile. In questo momento storico non si riesce neanche a immaginare il futuro delle mostre tra sei mesi! Sicuramente la parte di tecnologia digitale, di Social cos’ come la prospettiva di fare mostre in spazi aperti in questo momento sta occupando i pensieri di molti curatori, di direttori artistici e museali. Spero di poter contribuire attraverso i miei corsi a creare futuri curatori affermati consapevoli, capaci e forti della loro professione e della missione di portare la cultura nuovamente al centro del nostro paese. La cultura visiva genera indotto e la fotografia è in un momento meraviglioso della sua storia, sarebbe un peccato non saper cogliere i cambiamenti che questo momento sta portando davanti agli occhi di tutti e si potrebbe utilizzare la cultura come strumento per riappropriarsi del tempo, per uscire dalla fragilità in cui ci troviamo e ritornare nuovamente a vedere le mostre senza avere paura di stare assieme.
· Descrivici la tua esperienza come direttrice della Biennale di Fotografia femminile.
Essere chiamata a dirigere un foto festival è una sfida entusiasmante e complessa. Sono stata molto felice di questa occasione di direzione artistica della BFF di Mantova che è un passaggio importante all’interno della mia professione di curatrice. Il festival dedicato alla fotografia femminile avrebbe dovuto inaugurare il 5 marzo 2020 ed è stato il primo tra i foto festival in Italia a trovarsi nella condizione di non poter aprire le porte al suo pubblico, con tutte le mostre già prodotte, le letture portfolio, i talk e le proiezioni organizzate, un enorme riscontro in ambito comunicazione, la prevendita biglietti e con un bellissimo catalogo fresco di stampa (che trovate nello shop on line di emuse book).
È stato un colpo durissimo ma abbiamo deciso di migrare dal mese di marzo – con un ticket – verso un festival diffuso proponendo mostre tra luglio e novembre a titolo gratuito, rischedulando gli eventi ancora possibili e le location disponibili. Abbiamo creduto nel progetto e nella forza che questo avrebbe comunque avuto all’interno del territorio. In una situazione difficile come quella della pandemia non ci siamo perse d’animo e siamo state ricompensate da grandi soddisfazioni. In questo momento stiamo lavorando alla seconda edizione, che sarà nel marzo del 2022. Abbiamo già individuato il tema e la conseguente ricerca delle prossime autrici in mostra e stiamo organizzando un piccolo assaggio di BFF Festival per l’estate 2021!
ULTIMI GIORNI! Buongiorno, eccoci agli sgoccioli, non lo hai ancora fatto? Partecipa al PREMIO MUSA PER DONNE FOTOGRAFE Il premio Musa, è dedicato alla produzione di portfolio fotografici ed è rivolto a tutte le fotografe (donne), senza nessuna distinzione tra amatrici e professioniste. Il lavoro che presenterete, verrà sottoposto a giudizio insindacabile della giuria composta da esperti. I giudici sono tutti professionisti nel settore della fotografia. L’ambito del premio è rivolto alla fotografia italiana femminile e possono partecipare fotografe che si esprimono nel settore fotografico, senza limitazioni relative al progetto da presentare scelto, che vivono sul territorio italiano. Il premio ha due sezioni, verrà premiata una partecipante per categoria: 1) Reportage, Street photography, Natura, Viaggio, Eventi. 2) Progetto personale, Fotografia concettuale, Ritratto, Ricerca, Still life. LA DATA DI SCADENZA DI PRESENTAZIONE DELLE OPERE: ore 11:59 pm del 18 Ottobre 2020. Partecipa!PREMIO MUSA PER DONNE FOTOGRAFE
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