Presentazione delle vincitrici del Premio Nazionale Musa per fotografe.

Buongiorno a tutti/e abbiamo organizzato una presentazione delle vincitrici del Premio Nazionale Musa per fotografe 2023. La serata sarà online! Speriamo di vedervi numerosi/e!

6 Dicembre 2023 ore 20,30

Per conoscere le vincitrici e i progetti vincenti iscriviti e segui la serata!

Invia una email a info@musafotografia.it

Prima classificata settore ricerca e progetto personale:  

Serena Radicioli con il progetto: Non sei più tornato  

Un progetto molto personale, un viaggio profondo e intimo, un’esplorazione delle sfumature della vita e delle emozioni che legano l’autrice alla vita del padre che una sera non rientra a casa… Con un linguaggio estremamente contemporaneo, Serena ci racconta uno spaccato emozionalmente sconvolgente della sua vita.  

Prima classificata settore reportage 

Maria Teresa Brambilla con il progetto: From the alps. Women 

Il progetto ha conquistato la giuria per la sua linearità nel linguaggio classico del reportage, la sua importanza culturale e la sua potenziale ispirazione. Un progetto positivo, ben strutturato e approfondito nel tempo di realizzazione.  

Prima classificata settore ritratto e fotografia di scena 

Francesca Dusini con il progetto: Švejk  

Eccellente scelta di piccoli momenti scattati durante gli spazi tra uno spettacolo e l’altro, le prove, il backstage, con un tocco di ironia e un linguaggio non usuale per il genere della fotografia di spettacolo.  

Per sottolineare l’alta qualità dei progetti e il talento delle autrici la Giuria ha deciso di assegnare una  

Menzione d’onore 

Chiara Innocenti con il progetto: Meraviglie presenta  

Una meraviglia dopo l’altra le immagini di Chiara Innocenti che ci racconta il cambiamento del circo e delle abitudini di chi lo vive e lo crea anche con nuove tecnologie digitali senza perdere la poesia del tempo passato  

Grazie ai partner, agli sponsor, allo stampatore, alla giuria, alla curatrice Alessia Locatelli e a Grazia Dell’Oro della casa editrice Emuse, ai festival che ospitano le mostre, a chi ci aiuta a diffondere il Premio in tutte le modalità possibili e alle partecipanti tutte. 

Vi aspettiamo il 6 Dicembre!

Ciao a tutti Musa fotografia

Ecco le vincitrici del Premio Nazionale Musa per fotografe 2023

Buongiorno a tutti/e! Siamo orgogliosi di annunciare le vincitrici del prestigioso Premio Nazionale Musa per fotografe 2023! Anche quest’anno la partecipazione è stata altissima! Queste talentuose fotografe si sono distinte grazie a una visione unica, temi interessanti e linguaggio coerente, funzionale ai propri progetti.  Complimenti alle vincitrici per il loro impegno, la loro passione e l’ispirazione che portano ad altre fotografe!  

La GIURIA composta da:

Luisa Bondoni 

Silvia Camporesi 

Francesca Marra 

e Sara Munari 

ha decretato come 

Prima classificata settore ricerca e progetto personale:  

Serena Radicioli con il progetto: Non sei più tornato  

Un progetto molto personale, un viaggio profondo e intimo, un’esplorazione delle sfumature della vita e delle emozioni che legano l’autrice alla vita del padre che una sera non rientra a casa… Con un linguaggio estremamente contemporaneo, Serena ci racconta uno spaccato emozionalmente sconvolgente della sua vita.  

Prima classificata settore reportage 

Maria Teresa Brambilla con il progetto: From the alps. Women 

Il progetto ha conquistato la giuria per la sua linearità nel linguaggio classico del reportage, la sua importanza culturale e la sua potenziale ispirazione. Un progetto positivo, ben strutturato e approfondito nel tempo di realizzazione.  

Prima classificata settore ritratto e fotografia di scena 

Francesca Dusini con il progetto: Švejk  

Eccellente scelta di piccoli momenti scattati durante gli spazi tra uno spettacolo e l’altro, le prove, il backstage, con un tocco di ironia e un linguaggio non usuale per il genere della fotografia di spettacolo.  

Per sottolineare l’alta qualità dei progetti e il talento delle autrici la Giuria ha deciso di assegnare una  

Menzione d’onore 

Chiara Innocenti con il progetto: Meraviglie presenta  

Una meraviglia dopo l’altra le immagini di Chiara Innocenti che ci racconta il cambiamento del circo e delle abitudini di chi lo vive e lo crea anche con nuove tecnologie digitali senza perdere la poesia del tempo passato  

Grazie ai partner, agli sponsor, allo stampatore, alla giuria, alla curatrice Alessia Locatelli e a Grazia Dell’Oro della casa editrice Emuse, ai festival che ospitano le mostre, a chi ci aiuta a diffondere il Premio in tutte le modalità possibili e alle partecipanti tutte. 

Buona giornata! Presto una serata online di presentazione dei progetti e delle vincitrici, stay tuned!

Ciao! Musa fotografia 

Gabriele Cecconi, elegia Lodigiana.

Oggi vi presentiamo questo bellissimo lavoro di Gabriele Cecconi, spero vi piaccia!

Eric De Marchi

Gabriele Cecconi, classe 1985 è un fotografo Umbro che si dedica alla fotografia documentaristica interessandosi a tematiche culturali, politiche e ambientali.

Si è avvicinato alla fotografia dopo la laurea in giurisprudenza, ha realizzato diversi reportage fino al 2018, dopo di che ha iniziato a lavorare su progetti a lungo termine.

Il suo lavoro è stato esposto a livello internazionale, è stato pubblicato da giornali e riviste italiane e internazionali.

Parallelamente svolge ricerche sul rapporto tra cultura, potere e rappresentazione e sugli aspetti spirituali e pedagogici delle arti visive.

Elegia Lodigiana (2023)

Gabriele Cecconi è stato incaricato dalla commissione del festival della fotografia etica di Lodi per realizzare un’indagine visiva sul territorio lodigiano attraversando la storia di questa terra partendo dall’elemento che la contraddistingue più di qualsiasi altro, l’acqua;

Il lavoro si è svolto nel 2023 ed è durato diversi mesi, le immagini realizzate entreranno a far parte dell’archivio della provincia, quindi diverrà materiale storicizzato.

Il tema principale del progetto è stato quello dell’acqua in connessione con i cambiamenti climatici attuali, partendo dalla crisi idrica del 2022 che ha colpito duramente il nord-Italia, con conseguenze drammatiche sul tessuto economico-sociale dell’area.

Il progetto ha inglobato anche il tema della vita della civiltà contadina, con il potenziale rischio della perdita di questa tradizione nelle generazioni a venire con un accentramento sempre più intenso di grandi multinazionali rispetto a pochi agricoltori locali;

tema dal carattere intimo e intenso, nel quale il fiume è il protagonista della vita di tutti.

L’approccio del fotografo è stato dapprima lo studio del territorio a livello documentale, storico, dopo di che di perlustrazione e infine di contatto con le persone per la strada, nelle cascine, nei vari luoghi in cui ha avuto modo di conoscere ed avere accesso.

La provincia di Lodi ha una rete idrica di più di 2500 km di canali, sono più di 2000 anni che l’essere umano coltiva, si prende cura di questo territorio, dagli etruschi, ai romani

la parte sud della provincia è confinata dal fiume Po che è parte della mitologia greca e infatti il termine “Elegia” è un richiamo al componimento poetico, prima greco poi latino.

Visitando la mostra a lodi per il festival della fotografia Etica 2023, ho potuto notare che il fotografo ha concluso l’esposizione con un’immagine che è un pò sia il dato di fatto ma anche il punto di domanda per un futuro incerto di una provincia che sempre più si ritroverà a fare i conti con i disagi legati al cambiamento climatico e non solo.

SITOGRAFIA:

http://www.gabrielececconi.org/

https://www.perugiatoday.it/eventi/il-fotografo-cecconi-gabriele-presenta-la-sua-opera-fotografica-a-perugia.html

Tutte le immagini sono di proprietà dell’autore e non possono essere distribuite o vendute. Qui hanno solo scopo didattico informativo.

Le vincitrici del Premio Musa fotografia 2022

Buongiorno!

Il Premio Musa per fotografe è alla sua quarta edizione ed è dedicato alla produzione di portfolio e lavori progettuali eseguiti da fotografe italiane, professioniste e non. Il premio nasce con l’intento di appoggiare e agevolare la fotografia femminile sul territorio italiano. Anche quest’anno abbiamo ottenuto una crescita delle partecipanti e la qualità dei progetti continua a migliorare.

Il premio è diviso in tre sezioni e viene premiata una partecipante per ogni categoria.

1) Reportage, Street photography, Natura, Viaggio, Eventi.

2) Progetto personale, Fotografia concettuale, Ricerca, Still life.

3) Ritratto in studio, moda, ritratto ambientato, fotografia di spettacolo.

Come Musa fotografia, colgo l’occasione di ringraziare tutte le partecipanti, la giuria, i partner e gli sponsor.

La fiducia nel premio è cresciuta e lo dimostrano il numero di partecipanti iscritte e la qualità delle collaborazioni.

Tutti i progetti vincitori saranno proiettati alla Biennale della fotografia femminile di Mantova.

Questo è quanto decretato dalla giuria che, composta da Renata Ferri, Alessia Paladini, Federica Berzioli e Sara Munari, ha selezionato questi progetti.

Prima Classificata settore Progetto personale, Fotografia concettuale, Ricerca, Still life

Benedetta San Rocco con il progetto CHOCOLATE & DIRTY CLOTHES

PRESENTAZIONE:

Antonio Pantalone lasciò l’Italia per cercare lavoro.

La sua vita fu perennemente sospesa tra due realtà: il luogo di lavoro straniero

e il piccolo paese d’origine in abruzzo.

Nel mezzo la dogana.

Lì l’immigrato Antonio non ha nulla da dichiarare. Solo “panni sporchi e cioccolata

per i bambini”.

Nel 1962 nel cantiere di Brugg cedette un rinforzo. Crollarono tonnellate di terra.

Dopo dodici ore di scavi, i soccorritori trovarono due persone,

una vittima e un sopravvissuto.

Antonio fece da scudo. Probabilmente salvò la vita ad Angelo Lezoli.

Come lui emigrato dall’Italia.

Angelo tornò a casa. Antonio no.

Antonio Pantalone era mio nonno e aveva 39 anni.

Io non l’ho mai conosciuto eppure la sua storia fa parte della mia.

Partendo da un’immagine mancante sono arrivata altrove: dal momento dell’incidente le strade della mia famiglia e quella dei Lezoli si sono divise, solo dopo una

lunga ricerca, io le ho intrecciate di nuovo in questo progetto.

È sempre stato desiderio di mia madre incontrare la persona che per ultima aveva visto vivo suo padre e che per ultima sicuramente aveva sentito la sua voce.

Dopo oltre cinquanta anni di infruttuose ricerche io sono riuscita a trovarla.

Ho sfogliato e risfogliato i quotidiani e i settimanali dell’epoca che parlavano dell’incidente e che mia madre custodiva gelosamente per cercare qualche indizio: lì

erano riportati solo la provincia di provenienza, Parma, e il nome di Angelo Lezoli ma, come quello di mio nonno, era stato trascritto male. Dopo numerosi tentativi,

tutti vani, sono riuscita a risalire al suo vero nome. Grazie a un database digitale di lapidi, ho riconosciuto il suo volto, che avevo imparato nel tempo a delineare

attraverso le fotografie di quei giornali, e anche se ormai era un viso diverso, invecchiato, non ho avuto alcun dubbio, e così mi sono messa in contatto con uno

dei figli.

Per questo lavoro ho scelto di utilizzare solo le immagini che ho trovato negli archivi delle nostre due famiglie. Attraverso i racconti di mia madre sono riuscita a

costruire un immaginario: ho collezionato frammenti, spazi interstiziali e dettagli impalpabili per raccontare un’assenza che si manifesta sempre, per riflettere su quanto rimane a chi aspetta al di qua del confine.

  1. STAMPA DELLA MOSTRA. La mostra sarà stampata presso Fotofabbrica, laboratorio di Piacenza, specializzato nella stampa fine art di fotografie, il laboratorio
  2. offre un ottimo servizio che va dalla postproduzione fino alla consegna della mostra in galleria. Sponsor del Premio. La stampa professionale del progetto,
  3. sarà a carico di Musa e verrà successivamente donata alla fotografa selezionata (tranne una delle foto, scelta dall’organizzazione, che rimarrà in archivio).
  4. Il procedimento di stampa sarà fine art in formato 30x45cm circa ( o simili, a seconda delle necessità dell’autrice)

2) MOSTRA. La vincitrice potrà esporre il progetto selezionato nella galleria di Musa fotografia a Monza, durante la serata di premiazione (solo per una sera).

2.1) MOSTRA Grazie alla collaborazione con il Festival Internazionale di Fotografia Grenze Arsenali Fotografici la vincitrice esporrà la sua mostra in una sede scelta,

nell’edizione del Festival successiva alla data del Premio Musa 2022 (generalmente l’anno dopo). Le spese di stampa e di trasporto sono a carico della vincitrice del Premio Musa.

3) INCONTRO CON CURATORE per la produzione di progetti nuovi o in itinere.

Alessia Locatelli curatrice, direttrice della Biennale di Fotografia femminile di Mantova e curatrice free lance, si metterà a disposizione per due incontri online

La vincitrice si confronterà ai fini di migliorare un progetto esistente o ideare un progetto fotografico nuovo.

  1. INCONTRO CON EDITORE, al vincitore verrà data l’opportunità di avere un incontro online con la direttrice della casa editrice EMUSE per comprendere

i possibili sbocchi editoriali del proprio progetto.

Data Inaugurazione mostra da Musa Fotografia – Via Mentana, 6 Monza:

15 Dicembre ore 18.30

Prima Classificata settore Ritratto, Moda, Ritratto ambientato, fotografia di spettacolo

Lidia Caputo con il progetto OLTRE L’APPARENZA

PRESENTAZIONE:

L’espressione naturale nell’interpretazione fotografica

La diffusione della pratica del ritratto è dovuta al piacere innato che ogni essere umano ha di vedersi riflesso, ma

“Quando tra le nostre fotografie ne selezioniamo alcune da mostrare agli altri, spesso scegliamo quelle che ci mostrano come

vogliamo essere visti, che rispecchiano l’immagine interiore ideale di noi stessi. Quando poi mostriamo la fotografia e in questo

modo la condividiamo con gli altri, abbiamo la tendenza a osservare i loro volti per vedere come reagiscono alla nostra immagine

e per cercarvi riconoscimento e approvazione.” (Berman, 1997).

La fotografia, dunque, ci parla del bisogno umano per eccellenza: il riconoscimento altrui, il bisogno dell’altro.

Roland Barthes diceva:

“Non appena io mi sento guardato dall’obbiettivo, tutto cambia: mi metto in atteggiamento di posa, mi fabbrico istantaneamente

un altro corpo, mi trasformo in immagine.”

È attraverso quell’immagine che ci presentiamo al mondo: ogni volta che noi o il nostro soggetto ci fermiamo davanti alla macchina

fotografica, immediatamente ci trasformiamo in qualcosa di altro da noi stessi. Cerchiamo una posa adeguata e un’espressione

adatta a ciò che vogliamo far sapere di noi. Ci trasformiamo nell’immagine di noi stessi.

La fotografia è uno degli strumenti più efficaci a questo scopo: ha fama di essere il miglior strumento di documentazione, ma il

suo significato è malleabile e proprio per questo diventa veicolo di comunicazione efficace, spesso non del tutto veritiera.

Dunque, l’immagine che costruiamo di noi quanto è reale?

Qualche anno fa ho avuto l’occasione di introdurre un mio progetto nella II casa circondariale di Milano, nel reparto femminile. Il

percorso prevedeva delle sedute di ritratto in cui loro sarebbero state non solo i soggetti, ma anche coloro che con il mio aiuto e

di due miei studenti avrebbero scattato le immagini. I ritratti, però, venivano scattati con una tecnica particolare che si ispirava

alle immagini dei pionieri. Come loro, abbiamo utilizzato dei tempi di posa molto lunghi che non permettevano ai soggetti di

assumere espressioni che non erano proprie e che non riuscivano a mantenere a lungo. L’unico modo perché la foto risultasse

ferma è stato quello di assumere la posizione più comoda e l’espressione che costa meno fatica; la propria.

Dopo aver scattato tutti i ritratti del gruppo, le detenute hanno potute vedere i loro ritratti. È stato un momento emozionante, ma

difficile. Tutte si sono riconosciute in quelle immagini, ma la maggior parte di loro ha riconosciuto ciò che di loro non volevano

vedere, volevano dimenticare o cancellare. Quello che di solito nascondono a sé stesse e agli altri. Da qui sono partiti commenti,

discussioni e confronti: ognuno commentava la propria foto e quella delle altre. In seguito, nel privato della loro cella hanno scritto

quello che provavano.

La vincitrice si aggiudica:

1) MOSTRA presso un grande Festival italiano

La vincitrice potrà esporre il progetto selezionato al Festival della fotografia di Colorno,

Colornophotolife, nella splendida Reggia di Colorno (nelle date stabilite per l’edizione successiva rispetto alla data del Premio Musa)

2) ZAINO MANFROTTO.

3) TREPPIEDE MANFROTTO.

4) Proiezione alla Biennale di Fotografia Femminile di Mantova anno 2024 (essendo Biennale)

5) Possibilità che il lavoro venga pubblicato su Fotocult, storica rivista di settore, previa selezione da parte della rivista stessa, attraverso il Premio specifico

Prima Classificata settore Reportage, street photography, eventi, viaggi

Martina D’Agresta con il progetto TEMPRA

PRESENTAZIONE:

Tempra

/tèm.pra/

sostantivo femminile

1. Trattamento termico dei metalli

diretto a migliorarne le proprietà

meccaniche di resistenza e flessione;

2. (fig.) L’insieme delle qualità psichiche

e spirituali di un individuo con un’accentuata

connotazione di solidità e vigore

  1. Grazie alla collaborazione con il Festival della Fotografia Etica di Lodi, la vincitrice esporrà la sua mostra in una sede scelta,
  2. nell’edizione del Festival successiva alla data del Premio Musa 2022 (generalmente l’anno dopo).

2) Macchina fotografica FUJIFILM X-E4 KIT (con XF 27mm) 

3) Proiezione alla Biennale di Fotografia Femminile di Mantova anno 2024 (essendo Biennale)

4) Possibilità che il lavoro venga pubblicato su Fotocult, storica rivista di settore, previa selezione da parte della rivista stessa, attraverso il Premio specifico

La giuria ha inoltre deciso di assegnare una menzione d’onore per il progetto “Prosféro” a Elena Zottola.

La vincitrice riceverà:

2) ZAINO MANFROTTO.

3) TREPPIEDE MANFROTTO.

La giuria ha inoltre deciso di assegnare una menzione d’onore per il progetto “Prosféro” a Elena Zottola.

Prosféro è un lavoro fotografico di staged photography nato all’interno del Centro di Fotografia Indipendente di Napoli e scaturito da una ricerca personale su temi di interesse antropologico come la memoria, il senso di appartenenza, la vita quotidiana e la cultura materiale.
Il progetto dialoga con il Puntino ad Ago, un particolare merletto, oggetto di pratiche di patrimonializzazione, realizzato nell’area di Latronico, in Basilicata. Il lavoro scaturisce dalla suggestione della possibile derivazione del Puntino dall’antica tecnica greca di tessitura delle reti da pesca, ma non esaurisce in essa il proprio immaginario, formulando una domanda sospesa: qual è oggi il valore di tale conoscenza?
Ai piedi delle montagne, in Basilicata, si arrocca Latronico, il piccolo paese delle mie origini. Ho percorso le strade strette e quelle di campagna, attraversato i boschi e le case che sembrano sospese nel tempo alla ricerca di racconti e manufatti. Soltanto in quel paesino lucano, infatti, oggi ancora sopravvive un antico merletto, il Puntino ad ago. Giunta lì da un tempo e un luogo lontani, questa tecnica si è modificata nelle forme e negli usi, cosicché il tessere le reti come facevano i pescatori greci in epoche remote è mutato nel fare minuzioso del merletto. Prosféro, dal greco antico «tramandare», è l’atto di intendere e riadattare un sapere ogni volta al tempo presente. I ritratti della serie sono i volti lucani di ragazze che indossano gli abiti delle merlettaie loro antenate e gli scenari con cui si alternano la visione onirica di una montagna che ha saputo essere custode della memoria del mare.
La vincitrice riceverà:
2) ZAINO MANFROTTO.
3) TREPPIEDE MANFROTTO.

Premio FOTOCULT

La giuria del premio FOTOCULT  si è riunita e ha decretato come progetto vincitore quello di  Martina D’Agresta con il progetto TEMPRA.

Il suo portfolio verrà quindi pubblicato sulla rivista FotoCult.

PARTNER E SPONSOR

Senza l’aiuto di questi sponsor e amici, la realizzazione del premio non sarebbe possibile, GRAZIE!

Sito di riferimento: www.musafotografia.it

Per ulteriori informazioni: Sara Munari 3383782915 – email sara@saramunari.it

Mostre di fotografia da non perdere a ottobre!

Ciao a tutti,

anche questo mese vi segnaliamo diverse mostre interessantissime. E non dimenticate di verificare le mostre segnalate negli scorsi mesi che sono ancora visitabili!

Se volete che la vostra mostra venga segnalata, scrivete a pensierofotografico@libero.it il mese precedente all’inizio della mostra!

Buona visione!

Anna

Pino Musi_08:08 Operating Theatre

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_08:08 Operating Theatre, a cura di Antonello Scotti, ospitata da Magazzini Fotografici dal 17 settembre al 20 novembre 2022, porta in mostra una selezione delle prese fotografiche effettuate da Pino Musi in tre sale operatorie del Sud Italia, esattamente cinque minuti dopo il termine dell’intervento chirurgico e l’uscita del paziente e del chirurgo, e dieci minuti prima del riordino della sala, da parte degli infermieri, per l’intervento successivo.

Le sale operatorie di _08:08 Operating Theatre diventano il campo di battaglia che Pino Musi, artista visivo di fama internazionale e docente, sceglie per un “corpo a corpo” simultaneo fra sé stesso e gli elementi presenti nello scenario perlustrato, a pochi istanti dal termine di delicate operazioni chirurgiche.

Immagini in bianco e nero che occultano, evitando sottolineature a effetto, la riconoscibilità evidente degli elementi di facile spettacolarità, creando, invece, un percorso che orienta il fruitore a indagare l’interno della macchina scenica, ad analizzarne le tracce residue.

È «un teatro senza attori, malati, medici e tecnici, presentato nella sua nudità, senza palpiti, ma con gli umori del post-factum resi attraverso i reperti, le scorie, i residui dell’azione, i relitti di un combattimento, di uno stato di emergenza che il bianco e nero disinnesca» suggerisce Pino Musi, «perché è il corpo il protagonista assoluto quanto paradossale di queste immagini, un corpo che è sul confine tra organico e inorganico, un corpo senza organi, come lo dichiara, con crudeltà senza redenzione, Antonin Artaud, in un testo, la Lettera a Pierre Loeb, che è diventato un manifesto dell’arte postumana. “Perché la grande menzogna – scrive Artaud – è stata quella di ridurre l’uomo a un organismo – ingestione, assimilazione, incubazione, espulsione – creando un ordine di funzioni latenti che sfuggono al controllo della volontà deliberatrice, la volontà che decide di sé ad ogni istante”».

Come spiega Antonello Scotti, curatore della mostra: «L’immagine è un recinto visivo dove il corpo è solo evocato, ma mai presentato-rappresentato. Recinto dove il tempo e lo spazio è recitato in forma pantomimica. Residui, fantasmi che aleggiano nel perimetro della camera, dove in un susseguirsi caotico, mettono in scena, in forma di strazio di un momento, chissà quanto lungo, un tempo di dolore, anestetizzato giusto la durata per risarcire con gesto, forse risolutore, lo squarcio inflitto per strappare il male, o per innestare protesi. Non ci sono segni indicanti una conclusione, felice o infelice, dell’operazione scientifica-sciamanica-divina; è solo intuibile uno spazio sospeso, dove sembra che tutto sia un simulacro vivo di un fatto ancora in atto».

Ad ospitare la mostra _08:08 Operating Theatre è Magazzini Fotografici, APS nata da un’idea della fotografa Yvonne De Rosa, che ha come finalità la divulgazione dell’arte della fotografia e la creazione di un dialogo a più voci che sia occasione di arricchimento culturale.

L’evento è realizzato in collaborazione con la Galleria Tiziana Di Caro.

Come sottolinea Yvonne De Rosa: «Sono felice di dare vita ad una nuova collaborazione con Tiziana Di Caro e la sua galleria, luogo di rilevanza culturale ed artistica, che va ad arricchire la sempre più fitta rete di cooperazione e partecipazione che Magazzini Fotografici si prefigge di tessere sul territorio. Questa collaborazione è nata anche grazie a Pino Musi, che segue le attività proposte dalla nostra APS, contribuendo con talks, presentazioni e questa volta con una importante mostra delle sue opere». 

17 settembre | 20 novembre 2022 – Magazzini Fotografici – Napoli

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Ron Galella, Paparazzo Superstar

© Ron Galella, Ltd., 2022. Sophia Loren, 22 dicembre 1965, Americana Hotel, New York. Festa per la prima de Il Dottor Zivago
A Conegliano Palazzo Sarcinelli ospiterà, dal 7 ottobre 2022 al 29 gennaio 2023, un’importante mostra con oltre 180 fotografie di Ron Galella, il più famoso paparazzo della storia della fotografia, scomparso il 30 aprile scorso all’età di 91 anni. Si tratta della prima retrospettiva al mondo sul grande fotografo statunitense di origini italiane.La mostra, organizzata e prodotta da SIME BOOKS in collaborazione con la Città di Conegliano, è a cura di Alberto Damian, agente e gallerista di Galella per l’Italia. Parlando di Ron Galella, Andy Warhol ebbe a dire: “Una buona foto deve ritrarre un personaggio famoso che sta facendo qualcosa di non famoso. Ecco perché il mio fotografo preferito è Ron Galella”.Galella è nato a New York nel quartiere Bronx nel 1931 da padre italiano originario di Muro Lucano in Basilicata e madre italo-americana.Dal 1965 in poi, Ron Galella ha inseguito, stanato e fotografato i grandi personaggi del suo tempo, riuscendo a coglierli nella loro straordinaria quotidianità, agendo quasi sempre di sorpresa, a loro insaputa e spesso contro la loro volontà. Immagini rubate e scattate a raffica, frutto di appostamenti, depistaggi, camuffamenti, inseguimenti, lunghe attese, nello sprezzo di ogni rischio, fisico o legale.Jackie Kennedy negli anni ’70 gli intentò due cause, che all’epoca fecero parlare i giornali e ricevettero l’attenzione dei telegiornali americani. Le guardie del corpo di Richard Burton lo picchiarono e gli fecero passare una notte in galera a Cuernavaca, Messico. Marlon Brando con un pugno gli spaccò una mascella e cinque denti, ma poi gli pagò anche un salatissimo risarcimento attraverso i suoi avvocati. Galella è stato soprannominato “Paparazzo Extraordinaire” da Newsweek e “Il Padrino dei paparazzi americani” da Time Vanity Fair. Le sue foto sono conservate nei più importanti musei al mondo, dal MOMA di New York all’Andy Warhol Museum di Pittsburgh, dalla Tate Modern di Londra all’Helmut Newton Foundation di Berlino. E sono state acquistate da importantissime collezioni private in tutti e cinque i continenti. Non c’è un grande personaggio del jet-set internazionale di quel periodo che Galella non abbia fotografato. Il suo archivio di oltre 3 milioni di scatti è pieno di scatole di fotografie – per la maggior parte in bianco e nero – di attori, musicisti, artisti e celebrità di ogni tipo. Per citarne solo alcuni: Jacqueline Kennedy Onassis, Lady Diana, Aristotele Onassis, Truman Capote, Steve McQueen, Robert Redford, Paul Newman, Elizabeth Taylor, Richard Burton, Al Pacino, Robert De Niro, Greta Garbo, Liza Minelli, Madonna, Elton John, John Lennon, Mick Jagger, Diana Ross, Elvis Presley, David Bowie. E poi gli italiani: Sophia Loren, Claudia Cardinale, Federico Fellini, Anna Magnani, Luciano Pavarotti, Gianni Agnelli, Gianni e Donatella Versace.L’elenco dei personaggi immortalati da Galella potrebbe continuare per pagine: nell’archivio custodito nella sua villa in New Jersey c’è una ricchissima documentazione sull’evoluzione del costume degli anni ‘60, ’70, ’80 e ’90 (i suoi “golden years”, anni d’oro)  che è ritenuta unica al mondo.Ed è proprio il meglio di questo monumentale archivio che giunge a Palazzo Sarcinelli nella grande mostra “Ron Galella, Paparazzo Superstar”, organizzata da SIME BOOKS, la casa editrice coneglianese che nel 2021, in collaborazione con lo stesso Galella, ha pubblicato la preziosa monografia “100 Iconic Photographs – A Retrospective by Ron Galella”, l’ultimo libro dell’artista. La mostra sarà un percorso nella memoria di un’epoca, con icone universali del cinema, dell’arte, della musica, della cultura pop e del costume, e si snoderà attraverso sale tematiche, accogliendo anche un estratto di “Smash His Camera” di Leon Gast, il documentario sulla lunga carriera di Galella premiato al Sundance Film Festival del 2010.Il clou dell’esposizione sarà la sala interamente dedicata a Jackie Kennedy Onassis, che Galella definiva “la mia ossessione” e alla quale aveva dedicato due interi libri. In questa sala verrà esposta una copia della famosissima “Windblown Jackie”, scelta da Time qualche anno or sono come “una delle 100 fotografie più influenti della storia della fotografia” e definita “la mia Monna Lisa” dallo stesso Galella. La data d’inizio della mostra è stata scelta proprio perché “Windblown Jackie” è stata scattata il 7 ottobre del 1971.Sarà una mostra imperdibile che, ai tempi dei selfie e di Instagram, ci porterà indietro ad un tempo che non esiste più, nel quale le star entravano nelle nostre case soprattutto attraverso le pagine dei settimanali di costume e scandalistici, le copertine dei dischi, i poster e le locandine dei film. Questo succedeva anche grazie ai paparazzi e, in particolare, a Ron, che con le sue fotografie ci ha permesso di vedere le stelle più da vicino.
7 ottobre 2022 – 29 gennaio 2023 – Conegliano (TV), Palazzo Sarcinelli

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MOSTRA DEGLI ALUNNI DEL CORSO DI STORYTELLING – MUSA FOTOGRAFIA

Venerdì 21 Ottobre 2022 e solo per questa sera!

Ore 18,30 – Via Mentana, 6 Monza – Seguirà aperitivo in compagnia

Esposizione degli alunni del corso di Visual Storytelling Contemporaneo 2021/22

La mostra collettiva presenterà i progetti dei partecipanti al corso di Visual Storytelling. I corsisti, seguiti da Sara Munari, hanno costruito un lavoro finito, con una narrazione personale e unica.

NINO MIGLIORI. L’arte di ritrarre gli artisti. Ritratti di artisti di un maestro della fotografia italiana

“Nino Migliori. L’arte di ritrarre gli artisti” è la special guest della edizione ’22 di “Colornophotolife”, l’annuale festival di fotografia accolto dalla Reggia che fu di Maria Luigia d’Austria, a Colorno nel parmense.
La monografica di Migliori (dal 15 ottobre al 10 aprile) conferma la vocazione della Reggia a connotarsi come sede di grandi eventi fotografici, sulla scia delle mostra qui riservate a Michael Kenna, Ferdinando Scianna e Carla Cerati. Di Nino Migliori si possono ammirare 86 opere inedite, quasi tutte ritratti di artisti da lui frequentati, realizzate tra gli anni cinquanta ed oggi, che consentono di ripercorrere, attraverso le diverse tecniche adottate, le ricerche e le esplorazioni del mezzo fotografico condotte nel corso di oltre settant’anni di attività. L’esposizione, a cura di Sandro Parmiggiani, con la direzione di Antonella Balestrazzi, è accompagnata da un catalogo bilingue (italiano/inglese).
Cinque le sezioni: i ritratti in bianco e nero, avviati negli anni ‘50, quando Migliori è a Venezia e frequenta la casa di Peggy Guggenheim, e sviluppati fino agli anni recenti; le immagini a colori nelle quali spesso opera una dislocazione dei piani e talvolta ritaglia le immagini e le ricolloca nello spazio; le sequenze di immagini tratte dal mezzo televisivo e concepite come fotogrammi in divenire; le grandi “trasfigurazioni” (100 x 100 cm) a colori in cui Migliori interviene “pittoricamente” sull’immagine; i ritratti recenti in bianco e nero “a lume di fiammifero”, che applicano alcune sue ricognizioni condotte su sculture “a lume di candela”. Molti sono i protagonisti della scena artistica che i visitatori della mostra riconosceranno attraverso i loro ritratti: tra gli altri, Enrico Baj, Vasco Bendini, Agenore Fabbri, Gianfranco Pardi, Guido Strazza, Sergio Vacchi, Luciano De Vita, Salvatore Fiume, Virgilio Guidi, Piero Manai, Man Ray, Luciano Minguzzi, Zoran Music, Luigi Ontani, Robert Rauschenberg, Ferdinando Scianna, Tancredi Parmeggiani, Ernesto Treccani, Emilio Vedova, Lamberto Vitali, Andy Warhol, Wolfango, Italo Zannier; Antonio Gades, Bruno Saetti, Lucio Saffaro, Alberto Sughi, Emilio Tadini; Eugenio Montale, Gian Maria Volonté, Giovanni Romagnoli e Franco Gentilini; Karel Appel, Enzo Mari, Fausto Melotti, Tonino Guerra, Pompilio Mandelli, Marisa Merz, Bruno Munari, Fabrizio Plessi, Arnaldo Pomodoro, Lucio Del Pezzo; Mario Botta, Ugo Nespolo, Elisabetta Sgarbi.
“Davanti alle fotografie di Nino Migliori occorre ricordare –evidenzia il Curatore, Sandro Parmiggiani – che con lui nulla deve essere dato per scontato: la macchina fotografica, la pellicola (e ora il supporto digitale), le carte su cui vengono stampate le immagini non sono asservite a una funzione prestabilita, ma essa può sempre essere ridefinita ed esplorata in nuove direzioni. Migliori è stato, fin dal 1948, uno strenuo indagatore delle possibilità offerte dal mezzo, dai procedimenti tecnici e dai materiali della fotografia; oltre a essere autore di splendide fotografie neorealiste – molti ricordano l’icona de Il Tuffatore, 1951 –, lui si è cimentato con le bruciature sulla pellicola e sulla celluloide, con esperienze su carta e su vetro, con le fotografie di muri e di manifesti, con la ricerca della “faccia nascosta” delle polaroid, con le recenti esperienze con caleidoscopi di diverse dimensioni (due dei ritratti in mostra sono realizzati con questa tecnica): inesauste ricerche e verifiche alimentate dalle visioni e dagli esperimenti che questa sorta di artista-fotografo-sciamano ha condotto nel suo viaggio dentro la fotografia. Sarebbe dunque limitativa la definizione di “fotografo”, non avendo mai Migliori concepito il mezzo fotografico come mero strumento di conformità agli statuti e ai canoni della fotografia – “una immagine che fissa il reale, in un momento del suo divenire” –, ma qualcosa che poteva permettergli di avvicinarsi a certe visioni che da sempre lo hanno intrigato. Basta pensare alle esperienze condotte a partire dal 2006, quando decise di fotografare lo Zooforo, l’impressionante bestiario medievale scolpito da Benedetto Antelami sul Battistero del Duomo di Parma, immaginando di restituirne la visione notturna che ne potevano avere gli abitanti della città, e i suoi visitatori, passando accanto alla torre ottagonale e scoprendone, alla luce delle torce, le forme fantastiche che si snodavano lungo il suo perimetro, ricreando nella notte, con opportune coperture, un buio profondo e avvicinando e muovendo lentamente una candela alle formelle, fino a scoprirne il volto segreto. Da quell’esperienza sono nati cicli in cui Migliori ha fotografato nell’assenza di luce monumenti e sculture, e ha eseguito ritratti di persone nel buio assoluto, con i loro volti illuminati dalla luce di un fiammifero, come documentano alcune fotografie della mostra di Colorno.

15 Ottobre 2022 – 10 Aprile 2023 – Reggia di Colorno (Pr)

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WORLD PRESS PHOTO 2022

For tens of thousands of years, Aboriginal people – the oldest continuous culture on earth – have been strategically burning the country to manage the landscape and to prevent out of control fires. At the end of the wet season, there’s a period of time where this prescribed burning takes place. I visited West Arnhem Land in April/May 2021 and witnessed prescribed aerial and ground burning.

C’è una prima volta per tutto, e quest’anno al Festival della Fotografia Etica di Lodi fa il suo arrivo il World Press Photo, con l’esposizione dei vincitori del 2022.

Il grande concorso internazionale di fotogiornalismo e fotografia documentaria più famoso al mondo che si svolge da oltre 50 anni e indetto dalla World Press Photo Foundation di Amsterdam, vede Lodi protagonista con una tappa del suo tour che conta oltre 100 città nel mondo. Quasi 150 immagini che arrivano dai 5 continenti per raccontare storie incredibili.

I lavori premiati sono stati scelti tra i 64.823 candidati, tra fotografie e open format, realizzati da 4.066 fotografi provenienti da 130 paesi del mondo: si tratta di lavori firmati per le maggiori testate internazionali, come National Geographic, BBC, CNN, Times, Le Monde, El Pais che si contendono il titolo nelle diverse categorie del concorso di fotogiornalismo.

Tutto è iniziato nel 1955, quando un gruppo di fotografi olandesi organizzò il primo concorso internazionale “World Press Photo”. Da allora, l’iniziativa ha acquistato slancio fino a diventare il concorso fotografico più prestigioso al mondo e la mostra di fotogiornalismo più visitata.

Dal 24 settembre al 23 ottobre Lodi tornerà a raccontare il nostro mondo nella XIII^ edizione del Festival della Fotografia Etica. Un mondo in continuo e veloce cambiamento di cui la fotografia congela il momento e ci aiuta a capire.

A Lodi, ad aprirci finestre su situazioni e storie a noi spesso sconosciute, saranno quasi 100 fotografi da ogni parte del pianeta con oltre 20 mostre per coinvolgere il pubblico attraverso progetti inediti, esposti in spazi all’aperto e nelle prestigiose location della città.

24 settembre – 23 ottobre 2022 – Lodi

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ROBERT CAPA. L’Opera 1932 – 1954

ITALY. Near Troina. August 4-5, 1943. Sicilian peasant telling an American officer which way the Germans had gone.

“Robert Capa. L’Opera 1932-1954”, al Roverella, dall’8 ottobre 2022 al 29 gennaio 2023, a cura di Gabriel Bauret, è il nuovo appuntamento con la fotografia internazionale proposto dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, ancora una volta affiancata dal Comune di Rovigo e dall’Accademia dei Concordi.

La mostra, che segue per qualità ed originalità quella recente di Robert Doisneau, consta di ben 366 fotografie selezionate dagli archivi dell’agenzia Magnum Photos e ripercorre le tappe principali della sua carriera, dando il giusto spazio ad alcune delle opere più iconiche che hanno incarnato la storia della fotografia del Novecento. Tuttavia essa non è pensata solo come una retrospettiva dell’opera di Robert Capa, ma mira piuttosto a rivelare attraverso le immagini proposte le sfaccettature, le minime pieghe di un personaggio passionale e in definitiva sfuggente, insaziabile e forse mai pienamente soddisfatto, che non esita a rischiare la vita per i suoi reportage. Capa infatti ha sempre manifestato un temperamento da giocatore, ma un giocatore libero. Nel mostrare, cerca anche di capire, gira intorno al suo soggetto, tanto in senso letterale quanto figurato. La mostra riunisce in occasioni diverse più punti di vista dello stesso evento, come a riprodurre un movimento di campo-controcampo, e restituisce un respiro cinematografico spesso percepibile in molte sequenze.
«Per me, Capa indossava l’abito di luce di un grande torero, ma non uccideva; da bravo giocatore, combatteva generosamente per se stesso e per gli altri in un turbine. La sorte ha voluto che fosse colpito all’apice della sua gloria”, ebbe a scrivere di lui Henry Cartier-Bresson.

L’esposizione non si limiterà alle rappresentazioni della guerra che hanno forgiato la leggenda di Capa. Nei reportage del fotografo, come in tutta la sua opera, esistono quelli che Raymond Depardon chiama “tempi deboli”, contrapposti ai tempi forti che caratterizzano le azioni; i tempi deboli ci riportano all’uomo André Friedmann, alla sua sensibilità verso le vittime e i diseredati, a quello che in fin dei conti è stato il suo percorso personale dall’Ungheria in poi. Immagini che lasciano trapelare la complicità e l’empatia dell’artista rispetto ai soggetti ritratti, soldati, ma anche civili, sui terreni di scontro, in cui ha maggiormente operato e si è distinto. Così, sulla scia delle sue vicende umane, ricorre a più riprese il tema delle migrazioni delle popolazioni (in Spagna e in Cina, in particolare). E tra un’immagine e l’altra, si profila anche l’identità di Capa.

La mostra si articolerà in 9 sezioni tematiche:

Fotografie degli esordi, 1932 – 1935
La speranza di una società più giusta, 1936
Spagna: l’impegno civile, 1936 – 1939
La Cina sotto il fuoco del Giappone, 1938
A fianco dei soldati americani, 1943 – 1945
Verso una pace ritrovata, 1944 – 1954
Viaggi a est, 1947 – 1948
Israele terra promessa, 1948 – 1950
Ritorno in Asia: una guerra che non è la sua, 1954

Il pubblico potrà anche ammirare le pubblicazioni dei reportage di Robert Capa sulla stampa francese e americana dell’epoca e gli estratti di suoi testi sulla fotografia, che tra gli altri toccano argomenti come la sfocatura, la distanza, il mestiere, l’impegno politico, la guerra.
Inoltre, saranno disponibili gli estratti di un film di Patrick Jeudy su Robert Capa in cui John G. Morris commenta con emozione documenti che mostrano Capa in azione sul campo e infine la registrazione sonora di un’intervista di Capa a Radio Canada.

08 Ottobre 2022 – 29 Gennaio 2023 – Rovigo, Palazzo Roverella

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ITALIA IN-ATTESA. 12 racconti fotografici

Silvia Camporesi – Spiaggia libera, Cesenatico

Tra cronaca di un recente passato e attualità, “Italia in-attesa. 12 racconti fotografici”, dal 15 ottobre all’8 gennaio a Palazzo da Mosto a Reggio Emilia, narra di un’Italia sospesa, interdetta, trasformata da un’occasione eccezionale e – auspicabilmente – irripetibile, il primo lockdown causato dal Covid: un tempo diverso dove anche lo spazio, l’architettura e l’ambiente diventano “altro” quando l’uomo non li abita. Un racconto che si sviluppa attraverso le visioni e la sensibilità di altrettanti grandi fotografi: Olivo Barbieri, Antonio Biasiucci, Silvia Camporesi, Mario Cresci, Paola De Pietri, Ilaria Ferretti, Guido Guidi, Andrea Jemolo, Francesco Jodice, Allegra Martin, Walter Niedermayr e George Tatge.
La mostra, a cura di Margherita Guccione e Carlo Birrozzi, è promossa da Ministero della Cultura, Direzione Generale Creatività Contemporanea, Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione e Fondazione Palazzo Magnani, in collaborazione con Fondazione Maxxi.
In uno scenario unico, silenzioso, quasi irreale, i racconti fotografici narrano storie di un mondo stra-ordinario, sono sequenze di visioni inattese e innaturali che mescolano luoghi del patrimonio culturale italiano e dello spazio intimo e mentale delle autrici e degli autori: paesaggi e piazze, orizzonti e spazi pubblici, opere d’arte e oggetti quotidiani. Lontane dagli stereotipi del Belpaese, queste immagini parlano di paesaggi spaesati che sposano la bellezza sublime con la percezione di una crisi profonda, dove alla natura rigogliosa che riempie progressivamente gli spazi urbani corrisponde il vuoto e l’assenza di vita umana. Sono racconti parziali, soggettivi, che ci introducono a nuovi punti di vista, modificando le consuete poetiche di narrazione dello spazio fisico.
Le artiste e gli artisti coinvolti sono riconosciuti interpreti della fotografia, di generazioni e attitudini diverse, che hanno sviluppato con la loro ricerca una vocazione all’ascolto dei luoghi e del patrimonio collettivo. Per questo motivo il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo, tramite la Direzione generale Creatività Contemporanea, ha pensato di chiamarli a riflettere con un progetto incentrato sull’eccezionale condizione dell’Italia nei mesi di marzo-maggio 2020, allo scopo di realizzare, spaziando tra differenti linguaggi e modalità di espressione, un racconto corale e polifonico.
Olivo Barbieri, per questa sua indagine-racconto, sceglie la Camera degli Sposi, macchina visiva d’eccellenza per la sperimentazione innovativa della prospettiva, per condurre la sua riflessione sui meccanismi della percezione e sul sistema della rappresentazione. Guido Guidi, al contrario, si rivolge al paesaggio minimo della quotidianità: conferendo pari valore al monumentale e all‘ordinario, Guidi restituisce al nostro sguardo particolari trascurabili della realtà caricandoli di rinnovato senso e levità.
Una medesima attenzione al paesaggio d’affezione è testimoniata dalle fotografie di Silvia Camporesi, che sceglie di ritrarre i luoghi della sua infanzia: liberati dallo scorrere della vita quotidiana, questi sembrano svelare ora la propria essenza. In un’atmosfera metafisica e straniante sono immersi anche i centri storici umbri ritratti da George Tatge, in cui il silenzio e il senso di vuoto sembrano riflettere lo stato d’animo dell’autore. Sul tema dell’assenza si concentra anche il lavoro di Allegra Martin: luoghi emblematici della cultura milanese, privati improvvisamente dell’azione e dello sguardo del pubblico che abitualmente conferisce loro vita, diventano metafora di una sospensione non solo temporale, ma anche di senso.
A questi progetti fanno da contraltare lavori che non guardano allo spazio esterno, ma a quello interno, spostando la riflessione su un piano astratto e concettuale.
È il caso di Francesco Jodice, che trasferisce il viaggio fisico su un discorso mentale e virtuale, compiendo un reportage attraverso quattro architetture simbolo della cultura italiana storica e contemporanea mediante immagini satellitari, e di Mario Cresci, che rivolge lo sguardo ora al micro-mondo costituito dalla sua casa di Bergamo, ora a quello esterno, rappresentato da una città deserta: il tempo del lockdown forzato offre spazio per giochi della mente, alla ricerca di nuove analogie tra gli oggetti e inconsuete esplorazioni. Le immagini visionarie di Antonio Biasiucci, poi, trasferiscono la riflessione su un piano totalmente simbolico: i ceppi di alberi, ripresi in modo da richiamare forme antropomorfe, sono soggetti archetipici che rimandano alla circolarità del tempo.
La condizione astratta del paesaggio è al centro anche del lavoro di Paola De Pietri: i paesaggi onirici di Rimini e Venezia si echeggiano da due differenti latitudini dell’Adriatico. Le immagini surreali dei paesaggi montani tanto cari a Walter Niedermayr, solitamente popolati e logorati dal turismo di massa, appaiono qui quasi spettrali nell’assenza di presenza umana.
I siti simbolo della città eterna insolitamente deserti, ripresi da Andrea Jemolo, si confrontano con alcuni centri storici danneggiati dal terremoto che ha colpito il Centro Italia del 2016, ritratti da Ilaria Ferretti: luoghi in cui le tracce della vita e del tempo sono ormai affidate solo al movimento delle ombre e alla rassicurante persistenza della natura.

La mostra costituisce così, grazie alla varietà delle interpretazioni, un’analisi visiva dell’impatto antropico sul paesaggio, sulle relazioni tra cultura e natura, architettura e ambiente in alcuni luoghi (sia iconici che non) italiani. L’area del Colosseo rimane la stessa con o senza persone che la vivono? Città turistiche come Rimini e Venezia, che sensazioni restituiscono quando sono completamente deserte? A quasi due anni di distanza, come possiamo “rileggere” quelle immagini? Dovevamo, si diceva, utilizzare quell’esperienza straordinaria e terribile per imparare qualcosa: è stato così?
Queste domande saranno al centro di dialoghi tra fotografi, architetti, urbanisti e paesaggisti lungo un calendario di incontri aperti al pubblico durante il periodo espositivo.

15 Ottobre 2022 – 08 Gennaio 2023 – Reggio Emilia, Palazzo da Mosto

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Robert Doisneau

Robert Doisneau, Le baiser de l’Hôtel de Ville, Paris 1950 © Robert Doisneau

Dall’11 ottobre 2022 CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia propone la grande antologica dedicata al maestro francese Robert Doisneau, uno dei più importanti fotografi del Novecento, attraverso oltre 130 immagini provenienti della collezione dell’Atelier Robert Doisneau.

A partire da una delle fotografie più conosciute al mondo – lo scatto del bacio di una giovane coppia indifferente alla folla dei passanti e al traffico della place de l’Hôtel de Ville di Parigi – la mostra esplora l’opera di un celebre fotografo come Doisneau che, insieme a Henri Cartier-Bresson, è considerato uno dei padri fondatori della fotografia umanista francese e del fotogiornalismo di strada. Con il suo obbiettivo, espressione di uno sguardo empatico e ironico, Doisneau ha catturato la vita quotidiana degli uomini, delle donne, dei bambini di Parigi e la sua banlieue, con tutte le emozioni dei gesti e delle situazioni in cui sono impegnati. Le immagini in mostra ne testimoniano lo stile in grado di mescolare curiosità e fantasia, ma anche una libertà d’espressione che fa proprie le logiche del surrealismo reinterpretandole in chiave ironica.

La mostra, curata da Gabriel Bauret, è promossa da CAMERA, Silvana Editoriale e Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo.

11 ottobre 2022 – 14 febbraio 2023 – Camera – Centro Italiano per la Fotografia – Torino

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Civilization: vivere, sopravvivere, Buon Vivere

Larry Sultan, Sharon Wild, from the series The Valley, 2001 © Larry Sultan, courtesy Estate of Larry Sultan 

Civilization: vivere, sopravvivereBuon Vivere è un grande progetto artistico e culturale internazionale che riunisce circa trecento immagini di oltre centotrenta fotografi provenienti da cinque continenti sui temi del presente e del futuro del mondo contemporaneo, sempre più caratterizzato dai fenomeni della interconnessione e della globalizzazione.

Obiettivo fondamentale di Civilization è quello di riflettere e far riflettere sulle conseguenze del modo di vivere della società contemporanea, presentando immagini sempre originali e spettacolari del modo in cui produciamo e consumiamo, lavoriamo e giochiamo, viaggiamo e abitiamo, pensiamo e creiamo, collaboriamo e ci scontriamo, delle grandi conquiste tecnologiche, degli interventi dell’uomo sull’ambiente, dei grandi fenomeni di aggregazione e dei movimenti fisici ed immateriali che caratterizzano il mondo in cui viviamo.

La mostra è articolata in otto sezioni dedicate ad altrettanti temi, che permettono di affrontare una panoramica esaustiva e trasversale sulla contemporaneità e che nella formulazione proposta a Forlì si arricchisce di un focus inedito, che rende unica l’esposizione e ne completa l’analisi con un affondo che vede protagonisti i migliori nomi della fotografia contemporanea nazionale.  

Accanto a esponenti cardine della fotografia internazionale come Edward Burtynsky, Candida Höfer, Richard Mosse, Alec Soth, Larry Sultan, Thomas Struth, Penelope Umbrico e altri, merita infatti di essere sottolineata la notevole presenza di autori italiani – come Olivo Barbieri, Michele Borzoni, Gabriele Galimberti, Walter Niedermayr, Carlo Valsecchi, Massimo Vitali, Luca Zanier, Francesco Zizola – segno della progressiva crescita di reputazione della nostra fotografia.

A cura di William A. Ewing e Holly Roussell con Justine Chapalay, in collaborazione con Walter Guadagnini, Monica Fantini e Fabio Lazzari per l’edizione italiana.

Dal 17 settembre all’8 gennaio 2023 – Musei di San Domenico – Forlì

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Kristine Potter – Manifest

La delicatezza con cui Potter fotografa la figura umana immersa nel paesaggio ci consente di riflettere su quanto la natura selvaggia abbia permeato la percezione del maschile nel west americano.–  Ron Jude

icamera presenta Manifest di Kristine Potter. Le immagini, scattate tra il 2012 e il 2015 lungo il versante occidentale del Colorado, vengono esposte sulle pareti della galleria, in una selezione di stampe in bianco e nero raffinate e tecnicamente perfette. Le immagini ci portano nei panorami sociali dello sconfinato West americano, destrutturando, riformulando e ricodificando i significati e le associazioni convenzionali. I cliché della mascolinità si dissolvono in un riflesso idilliaco. Gli audaci archetipi maschili dell’ovest selvaggio accolgono vulnerabilità e incertezza.

Potter rivolge l’attenzione a come i soggetti siano allo stesso tempo incarnazione e negazione degli archetipi e dei cliché culturali, e a come la fotografia li abbia rafforzati e distorti nell’immaginario comune. Nei ritratti gli individui sono plasmati dal peso della storia e della cultura. Altre volte è lo stesso paesaggio a diventare protagonista – non semplice sfondo o palcoscenico, ma vero e proprio archetipo di sé stesso, numinoso e autonomo. 

Manifest è parte della mostra ‘But Still, It Turns’, curata da Paul Graham, esposta all’ICP di New York nel 2021 e ai Rencontres d’Arles nel 2022 (il catalogo della mostra è stato pubblicato da MACK nel 2021).

Manifest è anche la splendida prima monografia di Kristine Potter, pubblicata da TBW Books nel 2018 e oggi fuori catalogo. Un limitatissimo numero di copie sarà disponibile da Micamera in occasione della mostra.

La mostra di Micamera è stata prodotta da Rencontres d’Arles.

8 – 29 ottobre 2022 – MICamera – Milano

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RI-SCATTI. PER ME SI VA TRA LA PERDUTA GENTE

IPM C. Beccaria, 2021
IPM C. Beccaria, 2021

Anche per il 2022 torna RI-SCATTI, il progetto ideato e organizzato dal PAC Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano e da RISCATTI Onlus, l’associazione di volontariato che dal 2014 crea eventi ed iniziative di riscatto sociale attraverso la fotografia, e promosso dal Comune di Milano con il sostegno di Tod’s.
 
L’ottava edizione è realizzata in collaborazione con Politecnico di Milano e con il Provveditorato Regionale Lombardia del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, e si propone di raccontare le complessità, le difficoltà, ma anche le opportunità, della vita negli istituti di reclusione, al di là delle semplificazioni e delle stigmatizzazioni, fornendo ai partecipanti uno strumento formativo e generando anche un confronto costruttivo e una sinergia concreta tra l’amministrazione cittadina, quella penitenziaria e le istituzioni culturali milanesi. I protagonisti di questa edizione che stanno frequentando il corso di fotografia e che stanno scattando le foto in carcere – avendo, come assoluta novità, a loro disposizione in determinati orari della giornata delle macchine fornite dall’associazione – sono gli stessi detenuti e gli agenti penitenziari dei quattro istituti milanesi: Casa di Reclusione di Opera, Casa di Reclusione di Bollate, Casa Circondariale F. Di Cataldo, IPM C. Beccaria. I lavori saranno poi selezionati ed esposti in una mostra al PAC di Milano che come ogni anno sarà ad ingresso gratuito. Tutte le foto saranno in vendita e l’intero ricavato andrà a supportare e a finanziare progetti e attività volti al miglioramento della qualità della vita nelle carceri. Tali interventi saranno gestiti e coordinati dal Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano che, insieme al Dipartimento di Design, da molti anni svolge ricerche di tipo partecipativo negli spazi detentivi.

Dal 07 Ottobre 2022 al 06 Novembre 2022 – PAC – Padiglione d’Arte Contemporanea – MILANO

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LISETTA CARMI. SUONARE FORTE

Lisetta Carmi, Il porto, Lo scarico dei fosfati, Genova, 1964 © Lisetta Carmi - Martini & Ronchetti
Lisetta Carmi, Il porto, Lo scarico dei fosfati, Genova, 1964 © Lisetta Carmi – Martini & Ronchetti

Alle Gallerie d’Italia di Torino è in programma dal 22 settembre 2022 al 22 gennaio 2023 la grande mostra monografica dedicata a Lisetta Carmi, una delle personalità più interessanti del panorama fotografico italiano, recentemente scomparsa all’età di 98 anni. La mostra “Lisetta Carmi. Suonare Forte” è realizzata con la curatela di Giovanni Battista Martini, curatore dell’archivio della fotografa, con un prezioso contributo video creato per l’occasione da Alice Rohrwacher.

Con il progetto “La Grande Fotografia Italiana” affidato a Roberto Koch, editore, curatore, fotografo e organizzatore di eventi culturali intorno alla fotografia, le Gallerie d’Italia – Torino si propongono di dare spazio ai maestri della fotografia italiana attraverso una serie di mostre dedicate: “Lisetta Carmi. Suonare Forte” inaugura il primo di questi appuntamenti volti a celebrare la grande fotografia italiana del Novecento. Il titolo della mostra dedicata a Lisetta Carmi evoca la sua formazione di pianista ma anche il coraggio di cambiare direzione, di intraprendere percorsi diversi, per seguire la sua ostinata volontà di dare voce agli ultimi.

In mostra saranno presenti oltre 150 foto scattate tra gli anni Sessanta e Settanta, incluse alcune tra le opere più salienti del suo lavoro: dallo straordinario reportage sul mondo dei travestiti, unico nel suo genere e diventato negli anni Settanta un libro di culto, con la sua declinazione del tutto inedita a colori, alla documentazione del parto, oltre ai lavori fotografici dedicati al mondo del lavoro in Italia e all’estero e ai ritratti di Ezra Pound.

Per evidenziarne l’approccio progettuale, la mostra è divisa in otto sezioni. In due di queste, in cui la musica gioca un ruolo fondamentale, le moderne tecnologie di diffusione sonora direzionale permettono l’ascolto di brani musicali di Luigi Nono e Luigi Dallapiccola. Nel percorso espositivo, inoltre, sarà la stessa fotografa a raccontare alcuni suoi lavori attraverso dei brevi video.

Ad accompagnare la mostra anche un public program che approfondisce, amplifica e sviluppa i temi trattati dall’esposizione temporanea. Gli incontri #INSIDE, il mercoledì, alle ore 18.30, con accesso gratuito al pubblico, vedranno la partecipazione di esperti e professionisti impegnati in una serie di eventi, per condividere riflessioni e spunti in occasione delle giornate di apertura serale del museo.

Dal 22 Settembre 2022 al 22 Gennaio 2023 – Gallerie d’Italia di Torino

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WILDLIFE PHOTOGRAPHER OF THE YEAR. 57A EDIZIONE

© 2022 Jonny Armstrong Photography
© 2022 Jonny Armstrong Photography

Anche quest’anno arriva a Milano Il Wildlife Photographer of the Year, la mostra di fotografie naturalistiche più prestigiosa al mondo, ospitata negli spazi di Palazzo Francesco Turati in via Meravigli 7 (zona Cordusio) dal 30 settembre al 31 dicembre 2022.  Decima edizione nel capoluogo lombardo, organizzata dall’Associazione culturale Radicediunopercento, con il patrocinio del Comune di Milano.

Amatissima dal pubblico, l’esposizione presenta le 100 immagini premiate alla 57ª edizione del concorso di fotografia indetto dal Natural History Museum di Londra che ha visto in competizione quasi 50.000 scatti provenienti da 96 paesi, realizzati da fotografi professionisti e dilettanti.

Le foto finaliste e vincitrici sono state selezionate alla fine dello scorso anno da una giuria internazionale di esperti, in base a creatività, valore artistico e complessità tecnica, e ritraggono animali e specie in estinzione, habitat sconosciuti, comportamenti curiosi e paesaggi da tutto il pianeta; la natura meravigliosa e fragile, oggi più che mai da difendere e preservare.

Vincitore del prestigioso titolo Wildlife Photographer of the Year 2021 è il biologo francese e fotografo subacqueo Laurent Ballesta con Creation. Lo scatto ritrae un branco di cernie che nuotano in una nuvola lattiginosa nel momento della deposizione delle uova a Fakarava, Polinesia francese: momento unico, che si verifica solo una volta all’anno, durante la luna piena di luglio, e sempre più raro dato che la specie è in via di estinzione minacciata dalla pesca intensiva. La laguna polinesiana è uno dei pochi posti in cui questi pesci riescono a vivere ancora liberi, perché è una riserva e, per fotografarli, Ballesta ha fatto appostamenti per 5 anni insieme a tutto il suo team.

Il giovane indiano Vidyun R. Hebbar è il vincitore del Young Wildlife Photographer of the Year 2021 con la foto Dome home che raffigura un ragno all’interno di una fessura in un muro.

Tra i vincitori di categoria troviamo l’aostano Stefano Unterthiner, con lo scatto Head to head (Comportamento dei mammiferi). Altri quattro fotografi italiani hanno ricevuto una menzione speciale: i giovani Mattia Terreo, con Little grebe art (Under 10 anni), e Giacomo Redaelli, con Ibex at ease (15-17 anni)), oltre a Georg Kantioler, con Spot of bother (Urban Wildlife) e Bruno D’Amicis, con Endangered trinkets (Fotogiornalismo).

Marco Colombo, noto naturalista e fotografo pluripremiato al Wildlife, sarà a disposizione per visite guidate alla mostra a Palazzo Francesco Turati, ogni venerdì (tre turni a partire dalle 18:30 su prenotazione – acquistabili anche on demand). Inoltre, tre giovedì saranno dedicati a speciali visite guidate tematiche con esperti fotografi naturalisti: il 10 novembre (h 19:30 e 20:30) Luca Eberle racconterà i Predatori e il 17 novembre, gli Uccelli, l’8 e il 22 dicembre (h 19:30) Francesco Tomasinelli approfondirà il Mimetismo.

Il Wildlife Photographer of the Year a Milano è una mostra ma anche un grande evento dedicato alla natura. L’Associazione culturale Radicediunopercento come sempre propone serate gratuite di approfondimento e presentazione di libri con rinomati fotografi di natura e divulgatori scientifici che si terranno di sabato alla Casa della Cultura, h 21 via Borgogna 3, Milano (zona San Babila). Saranno ospiti il 22 ottobre Bruno D’Amicis, che ha ricevuto una menzione speciale nella sezione Premio storia fotogiornalistica al Wildlife 57 (foto in mostra), con l’incontro Polimitas, le chiocciole più belle del Mondo, il 19 novembre Ugo Mellone, fotografo naturalista già premiato al Wildlife, con Il deserto del Sahara: biodiversità al limite, il 3 dicembre i noti fotografi Francesco Tomasinelli e Marco Colombo che insieme a Chiara Borelli di Focus Wild parleranno di Evoluzione e animali incredibili, e il 17 dicembre Alex Mustard, celeberrimo fotografo subacqueo inglese che parlerà di Fauna selvatica subacquea.

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MARA PEPE, Astrazioni ravvicinate

La galleria Studio Masiero è lieta di ospitare nell’ambito del Photofestival 2022, la personale Astrazioni ravvicinate di Mara Pepe, artista conosciuta per le sue minimaliste e totemiche sculture di plexiglass, al cui interno si nascondevano minimi elementi segnati dall’informe. Mara Pepe torna a riflettere sulla materia delle cose attraverso una fotografia che s’avvicina alla realtà fino a trasformarla in qualcosa di astratto e enigmatico. Come un’anomala street photographer, percorre la città attenta a ciò che abitualmente non vediamo: segni, linee e macchie sui muri, ombre di auto e di edifici che oscurano il selciato, bordi di marciapiedi… fino a renderli simili a forme a sé stanti, a realtà parallele cariche di una propria vita misteriosa.  Come impronte del tempo capaci di accogliere le genealogie e i linguaggi vitali e oscuri che emergono osservando da vicino la realtà urbana, le fotografie di Mara Pepe giocano sull’ambiguità delle ombre, sui riflessi di luce che si proiettano sul suolo o sulle pareti. Le sue fotografie non trascurano inquadrature limpide, geometriche e strutturate; ma al contempo – in alcune serie – fanno predominare strati materici intrisi di oscurità, fino a far apparire un nero quasi assoluto.  Il nero come il colore di una memoria che non racconta mai la propria storia, ma presenta il suo mistero anche nella nostra quotidianità.  Ogni sua opera, quasi volesse creare un concerto per immagini fatto di risonanze e corrispondenze, è composta da un insieme coerente di fotografie di varie dimensioni accostate fra loro.  Le sue immagini astratte e materiche, disorientanti e affascinanti, riprendono gli elementi essenziali che hanno caratterizzato il suo percorso artistico basato sulla pittura e la scultura, tanto che, in alcuni casi, le abbina a quadri astratti e materici creando un dialogo tra superfici diverse, oppure le trasforma in piccole fotografie-sculture.

29 settembre – 28 ottobre 2022 – Studio Masiero, Milano

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Mostre per settembre

Ciao a tutti, bentornati!

Con settembre riprendono a pieno ritmo le mostre di fotografia.

Di seguito trovate alcuni nostri suggerimenti.

Anna

MUSA FOTOGRAFIA

Inaugura il 14 Settembre 2022 alle 18,30, da Musa fotografia a Monza, la mostra di L. MIKELLE STANDBRIDGE

L. MIKELLE STANDBRIDGE

Sono profondamente interessata alla fotografia e questo interesse informa le mie scelte di soggetto e presentazione. Questa serie, “Photo-Bodies” (Foto-Corpi), è in parte dedicata a quella che è stata probabilmente la caratteristica più sorprendente della fotografia, cioè, sotto la forma di ritratto o “somiglianza”, avere l’inspiegabile, potente potenziale di alludere al non visibile, un emanazione (come una personalità, un’anima, un’aura di una persona). Fotografando persone, soprattutto persone che hanno subito alterazioni al proprio corpo o la cui vita è dominata dal loro aspetto, questo lavoro si aggira intorno alla questione della fisicità dell’essere umano (cosa potrebbe rivelare, cosa potrebbe nascondere).

Anche per me è intrigante il modo in cui abbiamo visto le fotografie. La presentazione della fotografia ha una lunga storia con superfici (sia con il negativo che con la stampa), da negativi di carta, rame argentato, stagno, lastre di vetro, pellicola e carta salata, carta all’albume, carta gelatina-argento, e ora pigmenti a getto d’inchiostro su carta digitale. Quest’ultima, carta fotografica digitale, ha una forte presenza materica dovuta alla ‘grammage’ (densità della carta) e alla base flessibile, 100% cotone. Si può dire che la carta di oggi, in rotoli, offre una presenza carnale perché è polposa, assorbente, flessibile, graffiabile, strappabile, perforabile, cucibile, tingibile, cerabile – tutte caratteristiche che si prestano a un concetto di “corpo”.

Musa fotografia – Via Mentana 6 Monza. 14 settembre 2022 ore 18,30.

PHEST – SEE BEYOND THE SEA. VII EDIZIONE

© Schirra e Giraldi dal progetto “Da pietra a bosco”
© Schirra e Giraldi dal progetto “Da pietra a bosco”

“Noi siamo una grande penisola gettata nel Mediterraneo e certe volte ce ne dimentichiamo.” Franco Cassano, Il pensiero meridiano, 1996

Al via dal 9 settembre al 1° novembre a Monopoli in Puglia, la settima edizione del Festival internazionale di fotografia e arte ideato e diretto da Giovanni Troilo, in collaborazione con la curatrice Arianna Rinaldo. Oltre 20 esposizioni di alcuni tra i più quotati artisti di diverse nazionalità: Olanda, Inghilterra, USA, India, Turchia, Germania, Ucraina, Russia, Belgio, e altri. E ancora 3 residenze artistiche e letture portfolio gratuite con alcuni tra i più influenti esperti del settore. Ancora una volta, per quasi due mesi PhEST trasformerà le vie, gli spazi e i palazzi della città in un’esposizione a cielo aperto, portando a Monopoli il meglio della fotografia e dell’arte da tutto il mondo a indagare il tema dell’anno: “FUTURO”. Sarà l’occasione per evocare l’interconnessione tra differenti piani temporali immaginando un’epoca dominata dall’Intelligenza Artificiale e dagli algoritmi. «Proveremo a declinare il tema in ogni modo possibile non solo dal punto di vista dei contenuti con più di 20 mostre dedicate al Futuro, ma quest’anno più che mai anche dal punto di vista della forma con l’uso nelle esposizioni di ledwall, VR, fotogrammetria, AI, robot, proiezioni immersive, realtà aumentata, riconoscimento facciale…» sottolineano gli organizzatori del festival.

Tra i numerosi artisti presenti, segnaliamo Alexander Gronsky, Nick Brandt, Davide Monteleone, Erik Kessels e Lisetta Carmi.

Dal 09 Settembre 2022 al 01 Novembre 2022 – MONOPOLI – sedi varie

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SI FEST 2022

Gianni Berengo Gardin, Morire di classe
© Gianni Berengo Gardin / Courtesy Fondazione Forma per la Fotografia | Gianni Berengo Gardin, Morire di classe

Dal 9 all’11 settembre e nei weekend del 17-18 settembre e 1-2 ottobre, a Savignano sul Rubicone torna il SI FEST. Giunto alla 31a edizione, il festival di fotografia organizzato dall’associazione Savignano Immagini, in collaborazione con il Comune di Savignano sul Rubicone, rivoluziona la sua proposta sotto la direzione artistica di Alex Majoli.
In un mondo sempre più inondato di immagini, il SI FEST cerca di mettere ordine al caos puntando tutto sull’educazione all’immagine delle nuove generazioni. Nei mesi scorsi, quest’edizione del festival – intitolata Asinelli solitari, con una citazione da Il caos di Pier Paolo Pasolini – si è spostata in classe organizzando iniziative specifiche per gli studenti di Savignano sul Rubicone. Ora gli stessi ambienti scolastici sono al centro del percorso espositivo, con una serie di mostre allestite fra le scuole elementari e le medie di Savignano sul Rubicone, pensando in primo luogo agli studenti e ai loro insegnanti.
Riportati fra banchi e lavagne, anche i visitatori del festival sono invitati a ragionare con gli schemi mentali degli studenti. Scienze, matematica, storia… ogni mostra è associata a una materia diversa, in un percorso espositivo sperimentale che inizia alla Scuola primaria Dante Alighieri (corso Giulio Perticari, 55/57). La mostra di scienze è dedicata a Morire di classe, storico fotolibro con cui Carla Cerati e Gianni Berengo Gardin hanno dato slancio alla campagna di Franco Basaglia per la chiusura dei manicomi. La matematica è affidata al fotografo inglese Stephen Gill e al suo A Series of Disappointments, ironica riflessione sul potere dei numeri nelle vite degli scommettitori londinesi; la fisica, invece, al newyorkese Stanley Greenberg, presente con alcune foto da Telescopes e Time Machines, serie dedicate agli strumenti di osservazione dell’infinitamente grande e dell’infinitamente piccolo, dai buchi neri ai neutrini. Per la biologia, la geografia e la religione, il campo di indagine si allarga al linguaggio video con Nsenene di Michele Sibiloni, reportage sulla caccia alle cavallette in Uganda, In Almost Every Picture #2 di Erik Kessels, racconto di lunghissimi viaggi in taxi verso le mete turistiche europee, e Terremoto Santo di Bárbara Wagner & Benjamin de Burca, indagine sulla potente comunità evangelica brasiliana. La mostra di storia è invece una collettiva che ripercorre gli avvenimenti degli ultimi vent’anni, dall’attacco alle Twin Towers in poi, attraverso immagini di diverse agenzie (fra le altre Associated Press, Magnum Photos, Reuters). Fra tanti autori c’è posto anche per uno splendido esempio di fotografia automatica, con una selezione di fotofinish olimpici che al valore storico-sportivo affiancano un’eleganza formale degna di opere d’arte (educazione fisica).
Interamente internazionale è il percorso espositivo dell’Istituto comprensivo Giulio Cesare (via Galvani, 2). Si parte da una delle più grandi fotografe di tutti i tempi, Lee Miller, capace di produrre nel corso dei decenni lavori artistici, corrispondenze di guerra, servizi di moda e ritratti d’autore mantenendo sempre una solidissima coerenza etica (educazione civica), e si arriva al lavoro di Chiara Fossati sul movimento rave degli anni novanta-duemila (musica). Accanto a queste due personali trova spazio una collettiva dedicata alla letteratura, con lavori di autori come Jim Goldberg o Duane Michals che hanno saputo combinare in forma originale fotografia e scrittura.
Abbandonata la scansione in materie, il percorso espositivo curato da Alex Majoli prosegue in uno degli spazi storici del SI FEST, l’ex Consorzio di Bonifica (via Garibaldi, 45). Qui tre autori internazionali esplorano culture scolastiche e universi giovanili distantissimi, non solo geograficamente. In TalibanThomas Dworzak raccoglie alcuni ritratti privati degli studenti-guerrieri afgani, sostenitori di un regime che appena salito al potere ha vietato la fotografia, ma immortalati in pose vezzose e coloratissimi scatti ritoccati a mano. In The Yoshida DormitoryKanta Nomura si avventura nel più antico studentato universitario giapponese, a lungo autogestito e poi abbandonato al suo destino, scoprendo una camera oscura dimenticata da anni. In Early WorksIvars Gravlejs mette in mostra il suo eccentrico fotodiario scolastico, assemblato nella Lettonia post-comunista degli anni Novanta.

Dal 09 Settembre 2022 al 25 Settembre 2022 – SAVIGNANO SUL RUBICONE (FC) – sedi varie

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RICHARD AVEDON: RELATIONSHIPS

Richard Avedon, Nastassja Kinski, Los Angeles, California, June 14, 1981
© The Richard Avedon Foundation | Richard Avedon, Nastassja Kinski, Los Angeles, California, June 14, 1981

Dal 22 settembre 2022 al 29 gennaio 2023, Palazzo Reale di Milano celebra Richard Avedon (1923-2004), uno dei maestri della fotografia del Novecento, con la mostra dal titolo Richard Avedon: Relationships che ne ripercorre gli oltre sessant’anni di carriera attraverso 106 immagini provenienti dalla collezione del Center for Creative Photography (CCP) di Tucson (USA) e dalla Richard Avedon Foundation (USA).
 
La mostra promossa dal Comune di Milano-Cultura, prodotta e organizzata da Palazzo Reale e Skira Editore in collaborazione con il Center for Creative Photography e la Richard Avedon Foundation è curata da Rebecca Senf, responsabile della collezione del Center for Creative Photography e vede come main partner Versace e media partner Vogue Italia. Il catalogo è pubblicato da SKIRA editore.
 
La rassegna consentirà di approfondire le caratteristiche innovative dell’arte di Avedon che ne hanno fatto uno degli autori più influenti del XX secolo; se da un lato, ha rivoluzionato il modo di fotografare le modelle, trasformandole da soggetti statici ad attrici protagoniste del set, mostrando anche il loro lato umano, dall’altro, i suoi sorprendenti ritratti di celebrità, in bianco e nero e spesso di grande formato, sono capaci di rivelare il lato psicologico più interiore della persona ritratta.
 
Una sezione è dedicata alla collaborazione tra Richard Avedon e Gianni Versace, iniziata con la campagna per la collezione primavera/estate 1980, che decretava l’esordio dello stilista, fino a quella della collezione primavera/estate 1998, la prima firmata da Donatella Versace.
Il lavoro di Avedon per Versace è la raffigurazione di come quel rapporto unico che a volte si crea tra designer e fotografo possa produrre immagini destinate a una zona fuori dal tempo, definitivamente al di là del racconto circoscritto cui erano in origine destinate, legato alla stagionalità della moda, per rivoluzionarne invece la narrazione globale.
 
Grazie al suo sguardo, Avedon è stato uno dei pochi fotografi a interpretare l’avanguardia di Gianni Versace, illustrando lo stile e l’eleganza dello stilista italiano, nonché la radicalità della sua moda.
Il linguaggio astratto di Avedon agisce in uno spazio compresso che esalta le figure rendendole assolute e facendo esplodere le coreografie dei corpi di alcune delle top model più celebrate dell’epoca, in movimenti convulsi, sincopati, che mettono in evidenza la forma e la materialità degli abiti che indossano, come nel caso della campagna per la collezione primavera/estate 1993, che vede protagoniste Linda Evangelista, Christy Turlington, Kate Moss, Aya Thorgren, Shalom Harlow.
 
Il percorso espositivo, suddiviso in dieci sezioni – The Artist, The Premise of the show, Early Fashion, Actors and Directors, Visual Artists, Performing Artists / Musicians and writers / Poets, Avedon’s People, Politics, Late Fashion, Versace – si costruisce attorno alle due cifre più caratteristiche della sua ricerca: le fotografie di moda e i ritratti.
 
Quelle di moda si possono raggruppare in due periodi principali. Le immagini giovanili, realizzate prima del 1960, sono scattate “on location” e mettono in scena modelle che impersonano un ruolo per evocare una narrazione.
Le opere successive, invece, si concentrano esclusivamente sulla modella e sui capi che indossa. In queste foto più tarde, Avedon utilizza spesso uno sfondo minimalista e uniforme, e ritrae il più delle volte il soggetto in pose dinamiche, utilizzando le forme fluide del corpo per rivelare la costruzione, il tessuto e il movimento dell’abito.
 
Le prime fotografie di moda scattate da Avedon (quelle anteriori al 1960) sono molto più che semplici rappresentazioni di abiti. Create per le pagine di riviste femminili come “Harper’s Bazaar” e “Vogue”, testata con cui lavorò fino al 1988, trasportano l’osservatore in un mondo di glamour e divertimento in cui le donne si muovono con disinvoltura in una vita di svaghi. Queste immagini cinematografiche incoraggiano chi le guarda a creare una narrazione e a costruire una trama immaginaria.
Alcune delle scene presentano uno sfondo minimalista e pochi dettagli ambientali, mentre altre includono location e diversi “attori”. In entrambi i casi, Avedon fa sentire chi le guarda, testimoni di una storia fatta di agi e piaceri più articolata, che il pubblico potrebbe anche vivere in prima persona se solo possedesse l’abito giusto.
In queste fotografie “filmiche”, Avedon utilizza figure aggiuntive in chiave strategica. Come in Carmen, Omaggio a Munkácsi, Cappotto Cardin, Place François-PremierParigi1957, dove il fotografo si concentra sulla modella che, sospesa a mezz’aria nel salto, è posta al centro dell’inquadratura.
Alla semplicità della foto di Carmen fa da contraltare l’immagine di Suzy Parker con Robin Tattersall e Gardner McKay, Abito da sera Lanvin-Castillo, Café des Beaux-Arts, Parigi, 1956, in cui la modella è piegata su un flipper nella sala a specchi del Café des Beaux-Arts di Parigi, la gonna a balze resa splendente dalla retroilluminazione. Accanto a lei, due uomini in smoking, anch’essi appoggiati al flipper, aspettano che finisca di giocare. Avedon utilizza “attori” aggiuntivi nella scena per arricchire l’atmosfera glamour, far apparire la donna ancor più desiderabile e aggiungere complessità alla narrazione.
 
Molte sono le top model con cui Avedon lavorò intensamente, da Dovima a China Machado, da Suzy Parker a Jean Shrimpton, da Penelope Tree a Twiggy, a Veruschka. Dalla straordinaria affinità che aveva con Dovima, ad esempio, scaturirono immagini spettacolari, come l’iconica Dovima con gli elefanti, Abito da sera Dior, Cirque d’Hiver, Parigi 1955.
Una serie di immagini raffiguranti Penelope Tree o Jean Shrimpton rivela come Avedon sapesse sfruttare le particolari qualità del volto o del corpo di una modella, e tre fotografie di Dorian Leigh risalenti al 1949 mostrano come potesse trasformare il soggetto attraverso location e abiti diversi in modo da fargli impersonare ruoli e personaggi distinti.
In Dorian Leigh, Cappotto Dior, Avenue Montaigne, Parigi, ad esempio, la modella avvolta in un soprabito con collo di pelliccia e maniche voluminose è seduta sul sedile di una decapottabile con accanto una cappelliera, un mazzo di rose e un cagnolino acciambellato. La frangia morbida, l’espressione gentile e l’aria distratta della donna suggeriscono un’idea di innocenza e disponibilità a dispetto della sua bellezza.
Leigh si presenta invece come una figura altera e sdegnosa in Dorian Leigh, Abito da sera Piguet, Appartamento di Helena Rubinstein, Île Saint-Louis, Parigi. Avedon ritrae la modella di profilo davanti a uno specchio, assorta nell’osservazione della propria immagine. Mani sui fianchi, capelli, trucco e gioielli, tutto appare perfettamente studiato e collocato in un contesto che evoca alta classe, raffinatezza ed eleganza. Lo splendido abito scultoreo e la sicurezza che emana fanno di Leigh un’icona di stile.
La modella si trasforma nuovamente di fronte all’obiettivo di Avedon in Dorian Leigh, Diamanti sintetici Schiaparelli, Pré-Catelan, Parigi, in un affollato evento serale. Il fotografo la ritrae con i capelli scuri accuratamente adornati da scintillanti gioielli, la mano sul bavero della giacca del suo accompagnatore che sorride con aria di apprezzamento, la bocca aperta in un’ampia e sincera risata. Dorian Leigh è espressiva, impegnata nella vita sociale, coinvolta in un’esperienza e profondamente legata all’uomo che le sta accanto.
 
Per quanto riguarda i ritratti, Avedon è noto per il suo particolare stile, sviluppato a partire dal 1969. Fra i tratti salienti del suo approccio è da includere l’uso dello sfondo bianco, che gli consentiva di eliminare i potenziali elementi di distrazione di un dato set fotografico per enfatizzare le qualità della posa, dei gesti e dell’espressione. Ne è un esempio la fotografia del 1981, scelta come immagine guida della mostra, che ritrae Nastassja Kinski, morbidamente distesa sul pavimento e abbracciata da un serpente.
 
Lavorando principalmente con una fotocamera di grande formato, riprendeva i suoi soggetti abbastanza da vicino affinché occupassero un’ampia sezione dell’inquadratura, rafforzando nell’osservatore la consapevolezza dello spazio negativo tra la figura e il margine. L’interazione tra figura e vuoto, tra corpo e spazio, tra forma solida e potere definente del bordo è la chiave della potenza delle sue immagini.
Il fascino di queste foto non è legato solo alla composizione, ma anche al senso di intimità che esse evocano. Avedon dà vita a ritratti potentemente descrittivi che avvicinano l’osservatore ai soggetti effigiati. La capacità di vedere i dettagli del volto, anche quelli minimi, pone l’osservatore a una distanza generalmente riservata a coniugi, amanti, genitori o figli. Ad esempio, nella fotografia La scultrice Louise Nevelson, New York, 13 maggio 1975, si può ammirare il taglio cortissimo dell’artista settantacinquenne, il modo in cui i suoi occhi ci scrutano da dietro le ciglia pesantemente ricoperte di mascara, il sottile luccichio del lucidalabbra o le splendide applicazioni sulle maniche del suo soprabito.
Avedon ebbe modo di fotografare molti dei suoi soggetti a distanza di anni. È questo il caso del pittore Jasper Johns nel 1965 e nel 1976, della scrittrice Carson McCullers nel 1956 e nel 1958, del politico George Wallace nel 1963 e nel 1976, del poeta Allen Ginsberg nel 1963 e nel 1970.
Ma il caso più eclatante di relazione fotografica prolungata nel tempo è forse quello che riguarda l’amico Truman Capote.
Avedon fotografò per la prima volta Capote nel 1949. Poi, nel 1959, i due collaborarono al primo libro di Avedon, Observations, una raccolta di ritratti di personaggi celebri, tra cui la cantante lirica Marian Anderson, il pittore Pablo Picasso e lo scienziato marino ed esploratore Jacques Cousteau. Il volume era corredato da un saggio di Capote e da suoi commenti alle fotografie, mentre la grafica era curata da Aleksej Brodovič, il leggendario art director di “Harper’s Bazaar”.
Capote e Avedon lavorarono di nuovo insieme l’anno seguente. Mentre lo scrittore si trovava a Garden City, in Kansas, per la stesura di A sangue freddo, Avedon lo raggiunse in quattro diverse occasioni per fotografare i presunti assassini Perry Smith e Richard “Dick” Hickock, in attesa di giudizio.
In Truman Capote, New York, 10 ottobre 1955, lo scrittore aveva solo trentun anni. L’immagine lo mostra svestito, gli occhi chiusi e le braccia dietro la schiena, il mento rasato. La posa scelta dal fotografo sottolinea la vulnerabilità del giovane, messo a nudo di fronte allo sguardo indagatore e compiaciuto dell’osservatore.
L’ultimo ritratto di Capote, ormai cinquantenne, risale al 1974. La flessuosa sensualità della foto precedente è ormai scomparsa. Avedon si focalizza ora sulla testa dello scrittore, che riempie gran parte dell’inquadratura ed è fuori centro.
 
Il percorso espositivo propone inoltre una nutrita selezione di ritratti di celebrità del mondo dello spettacolo, attori, ballerini, musicisti ma anche di attivisti per i diritti civili, politici e scrittori, tra cui quelli dei Beatles (John Lennon, Paul McCartney, George Harrison, Ringo Starr), ma anche di Bob Dylan, di Michelangelo Antonioni, Allen Ginsberg, Sofia Loren, Marylin Monroe, del Dalai Lama e due di Andy Wahrol, dove il padre della Pop art americana decide di mostrare la sua intimità a Richard Avedon esibendo le sue cicatrici da arma da fuoco, dopo essere sopravvissuto a un tentativo di omicidio.
 
Una sezione è dedicata ai ritratti degli esponenti dei movimenti americani per i diritti civili e ai membri del Congresso americano, questi ultimi confluiti nel portfolio The Family, realizzato nel 1976 per la rivista Rolling Stone, che documentava l’élite del potere politico statunitense.
 

Dal 22 Settembre 2022 al 29 Gennaio 2023 – MILANO – Palazzo Reale

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FESTIVAL DELLA FOTOGRAFIA ETICA DI LODI. XIII EDIZIONE

© Roberta Vagliani
© Roberta Vagliani

741 fotografi da 60 paesi diversi, oltre 800 progetti ricevuti, 11.899 le foto ricevute in totale.
Questi i primi numeri della XII edizione del World Report Award|Documeting Humanity, il concorso indetto dal Festival della Fotografia Etica di Lodi, in programma dal prossimo 24 settembre al 23 ottobre.

La giuria composta da Chloe Coleman, photo editor al The Washington Post, Gloria Crespo MacLennan, photeditor di El Pais, Alberto Prina e Aldo Mendichi, coordinatori del Festival, ha selezionato i 70 finalisti delle varie sezioni del World Report Award, i cui vincitori assoluti verranno decretati il 30 agosto.

Il concorso si suddivide nelle categorie Master (10 finalisti), Spotlight (10 finalisti), Short Story (10 finalisti), Student (10 finalisti), Single Shot (30 finalisti). Cinque percorsi diversi, per narrazione e modalità espositiva, ma con lo stesso comune obiettivo: raccontare la società contemporanea e la sua complessità attraverso il potere della fotografia e la sensibilità dei migliori fotoreporter internazionali.

Anche in questa edizione ci sarà la presenza di FUJIFILM Italia che da anni sostiene sia la manifestazione in qualità di official partner sia il concorso World Report Award con l’intento di sostenere il diffondersi della cultura dell’immagine. FUJIFILM Italia, è da sempre in prima linea per rimarcare il valore della fotografia, per la sua capacità di raccontare la collettività e la realtà che ci circonda. Con il suo supporto, avvalora e incoraggia il grande impegno che il Festival mette ogni anno in campo per celebrare la fotografia, espressione umana necessaria.

Accanto alle mostre del World Report Award si articoleranno altri momenti importanti del Festival, con la cronaca dei fatti e le storie più rilevanti dell’ultimo anno che troverà spazio nella sezione Uno Sguardo sul Mondo; lo Spazio approfondimento, con il reportage relativo a un long term project; lo Spazio no-profit, che dà voce alle organizzazioni umanitarie e ai loro progetti.
Ma ci sarà anche spazio a incontri, workshop, letture portfolio, videoproiezioni, visite guidate, presentazioni di libri, progetti educational per gli studenti e numerosi altri eventi che indagano il rapporto tra etica, comunicazione e fotografia.

Contemporaneamente al Festival si svolgerà FFE – OFF, un circuito di mostre fotografiche, esposte in negozi, bar, ristoranti, gallerie, circoli culturali e aree pubbliche della città.

Il Festival della Fotografia Etica è membro attivo di Sistema Festival Fotografia, network creato nel 2017 per volontà di cinque festival fotografici italiani – Fotografia Europea, Cortona On The Move, SI FEST Festival della Fotografia Etica e Photolux Festival – e sostenuto dal Ministero della Cultura, come piattaforma di scambio e luogo di incontro per confrontare, progettare e individuare percorsi comuni, salvaguardando l’unicità di ogni entità.

L’appuntamento quindi è al 30 agosto per scoprire i vincitori del World Report Award, e conoscere il programma definitivo che caratterizzerà l’XIII edizione di uno dei più importanti festival di fotografia europei.

Dal 24 Settembre 2022 al 23 Ottobre 2022 – LODI – sedi varie

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SONY WORLD PHOTOGRAPHY AWARDS 2022

Sony World Photography Awards 2022
Sony World Photography Awards 2022

Dal 14 settembre al 30 ottobre 2022 verranno ospitati a Milano i Sony World Photography Awards promossi da World Photography Organisation e Sony con la Main Partnership di Fondazione Fiera Milano e Fondazione Stelline. Il ricavato della Mostra sarà a favore di Fondazione Progetto Arca onlus per l’emergenza Ucraina. L’esposizione permette di ammirare le fotografie vincitrici e finaliste del concorso fotografico più eterogeneo al mondo. Quest’anno gli Awards, giunti alla quindicesima edizione, hanno ricevuto oltre 340 mila candidature provenienti da 211 territori.

Lo scorso aprile, dopo l’assegnazione dei premi, la mostra dei Sony World Photography Awards 2022 è stata ospitata presso la Somerset House di Londra. L’evento, in Italia, sarà ospitato a Milano nella prestigiosa location della Fondazione Stelline.
Tra le opere esposte si potrà ammirare il progetto Migrantes del fotografo australiano Adam Ferguson, che si è aggiudicato il titolo di Photographer of the Year, le opere di Federico Borrella, premiato con il 2° posto per la categoria Wildlife and Nature all’edizione Professional, quelle di Giacomo Orlando e Alessandro Gandolfi, che si sono aggiudicati il 3° posto rispettivamente nella categoria Ambiente e Natura Morta, oltre al progetto di Antonio Pellicano, vincitore del National Award, Rise Up Again.

“Gli scatti proposti costituiscono testimonianze preziose del nostro tempo perché racchiudono storie che non conosciamo e che meritano di essere raccontate e condivise. Siamo particolarmente orgogliosi dei riconoscimenti conquistati ogni anno, e mai come in questa edizione, dai fotografi italiani grazie al valore culturale e all’eccellenza tecnica che distinguono le loro opere. È importante sottolineare la natura internazionale del concorso, aspetto che Sony desidera valorizzare attraverso le tappe locali di un tour globale che permette a un pubblico sempre più vasto di ammirare le fotografie premiate. E ricordare che Sony World Photography Awards rappresenta solo uno dei modi, sebbene sicuramente tra i più importanti, con cui Sony si impegna a sostenere il mondo della fotografia, attraverso la continua innovazione tecnologica da un lato e un supporto fattivo al lavoro dei fotografi di ogni livello dall’altro. Il premio, infatti, rappresenta una piattaforma internazionale di grande visibilità che ci auguriamo possa aprire per vincitori e finalisti nuove opportunità di lavoro”. Federico Cappone, Country Manager di Sony in Italia.

Tutto l’incasso della biglietteria, grazie anche alla collaborazione con Fondazione Fiera Milano e Fondazione Stelline, verrà totalmente devoluto a Fondazione Progetto Arca, che lo scorso 30 marzo ha avviato una collaborazione con Fondazione Fiera Milano per supportare il popolo ucraino. La collaborazione ha visto a oggi l’invio di 22 tir con a bordo oltre 170 tonnellate di materiali (alimentari, prodotti per l’igiene personale, pannolini, stoviglie monouso, coperte, sacchi a pelo e altri beni di prima necessità, oltre a giocattoli e pelouche) e la recente realizzazione di un video nel quale sei fra i più famosi comici milanesi (Giacomo Poretti, Raul Cremona, Elio, Pucci, Enrico Bertolino e Andrea Pisani) invitano a donare per il sostentamento di due mense per gli sfollati gestite dai volontari di Progetto Arca, attive rispettivamente ai confini dell’Ucraina con Polonia e Romania. Fondazione Fiera Milano, insieme al Gruppo Fiera Milano, ha messo a disposizione di questo appello risorse, relazioni e capacità logistica, in linea con la propria missione che include il sostegno ai territori e alle comunità.

“I vincitori di questa competizione raccontano le storie dell’umanità e portano fino a noi frammenti di terre vicine e lontane, riassegnando alla fotografia il suo ruolo nodale, quello che da sempre mi incanta: la sua capacità di testimoniare gli avvenimenti contemporanei e consegnarli alla futura memoria collettiva. Le vicende che emergono dagli sguardi originali dei tanti fotografi premiati, riguardano segnatamente la natura, le migrazioni, la crisi climatica, l’inclusività, le fonti energetiche, la bellezza, i giovani, la scienza… Riguardano noi, i cambiamenti che abbiamo attraversato e che ci attendono. E selezionare l’insieme della produzione 2022 nelle sue dieci categorie, mi ha rinnovato la convinzione che gli Awards siano di grande valore, proprio perché il gran numero di progetti inviati da tutto il mondo sollecitano quell’empatia tra gli individui che talvolta sembriamo dimenticare. Negli altri ci riconosciamo, ci ritroviamo, e i fotografi lo sanno”. Barbara Silbe, giornalista, co-fondatrice e direttore responsabile di EyesOpen! Magazine e curatrice della mostra.
Alberto Sinigallia, presidente di Fondazione Progetto Arca:

 “È un onore essere partner in questo importante progetto artistico che vede la sua manifestazione finale a Milano, la città in cui Progetto Arca è nata e da cui siamo partiti per ogni missione umanitaria che abbiamo affrontato in questi anni di aiuto ai più fragili. Come quella in Ucraina, iniziata il giorno dopo l’inizio della guerra. Oggi siamo ancora lì: abbiamo dispensato aiuti, alimenti e conforto alle tante famiglie che abbiamo accolto, e abbiamo costruito in tempo record mense da migliaia di pasti al giorno per gli sfollati. Questo è stato possibile in particolare grazie al sodalizio con Fondazione Fiera Milano e oggi proseguiamo accompagnati da altri sostegni concreti come questo con Sony World Photography Awards. Grazie di cuore da parte mia e di tutti gli operatori e volontari che ogni giorno sono in prima linea con il loro tempo, le loro competenze e la loro energia”.

Dal 14 Settembre 2022 al 30 Ottobre 2022 – Milano – Fondazione Stelline

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MARE OMNIS. FOTOGRAFIE DI FRANCESCO ZIZOLA

© Francesco Zizola
© Francesco Zizola

Nell’affascinante cornice del seicentesco Palazzo Borghese a Roma all’interno delle suggestive sale affrescate della galleria terrena, la Galleria del Cembalo accoglierà nuovamente i visitatori con la mostra Mare Omnis di Francesco Zizola.

La mostra presenta una raccolta di 22 fotografie di grande formato che sembrano raffigurare delle costellazioni lontanissime, ma che in realtà sono tonnare, ossia reti da pesca inserite nel grande mare Mediterraneo fotografate da un drone: reti che i tonnarotti – coloro che si occupano della mattanza – installano per catturare i tonni nella loro migrazione verso la costa.

Nelle fotografie i punti bianchi sono boe e i fili argentati sono le cime che assicurano le parti galleggianti ai fondali. Le immagini sono state tutte realizzate nel mare del Sulcis, nella Sardegna sud occidentale, presso la Tonnara di Portoscuso, che in quelle acque opera da secoli.

La mostra Mare Omnis documenta in maniera antropologica la vita vissuta in mare attraverso forme di pesca ancora manuali, locali, sostenibili, secondo tradizioni centenarie, indagando il rapporto dell’uomo con la natura e della sua influenza sul mare declinato attraverso un linguaggio visivo articolato e complesso. Costruire i propri strumenti di lavoro, gettare le reti in mare, trascorrere giorni e mesi in attesa della pesca, essere soggetti alle leggi della natura, compongono quel patrimonio di saperi legati alla prossimità con il mare e ad una vita in rapporto con esso che oggi sono sostituiti da metodi di pesca intensivi e industriali. Le immagini presentate ci restituiscono – attraverso un quadro visivo potentissimo – il sentimento di una relazione simbiotica che ricuce quella separazione tra uomo e natura adottata dalla società contemporanea: acqua che diventa paesaggio astratto, pesci colti nelle fitte reti immerse nel mare.

La scelta della stampa in bianco e nero è fatta per stimolare l’immaginazione di chi guarda verso uno spaesamento percettivo; il fotografo mette in atto un deliberato inganno semantico per deviare i sensi utilizzando la memoria istintiva. Così, le grandi reti della tonnara finiscono ad assomigliare a cose diverse; alcuni ci leggono dei dream catcher etnici, altri dei graffiti arcaici, altri ancora delle costellazioni nella notte. La serie si chiama Constellations perché alcune di queste fotografie sono espressamente organizzate per rimandare ad una visione notturna delle costellazioni, mentre in altre immagini, già dall’inquadratura, Zizola ha intravisto nelle forme di luce un quadro di Paul Klee, l’Angelus Novus.

Dal 15 Settembre 2022 al 29 Ottobre 2022 – ROMA – Galleria del Cembalo

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FESTIVAL GRENZE ARSENALI FOTOGRAFICI 2022

Sara Munari | Non ditelo a mia madre – Don’t let my mother know

Dal 1 al 26 settembre si rinnova a Verona l’appuntamento con la fotografia contemporanea. Sarà il Fake il tema protagonista della quinta edizione del Festival Grenze Arsenali Fotografici ospitato al Bastione delle Maddalene e in altre sedi della città scaligera.

La realtà non è l’opposto della finzione. Anzi.

La finzione è un ponte per comprendere la realtà. Il falso un dubbio metodico.

Dell’immagine non ci interessa l’autenticità dell’origine ma l’originalità del suo destino.

Tra gli artisti in mostra segnaliamo Joan Fontcuberta y Pilar Rosado, Sara Munari, Lina Pallotta e Thania Petersen.

Dal 01 Settembre 2022 al 26 Settembre 2022 – VERONA – sedi varie

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Stefano Guindani – Mens sana in corpore sano

Mens sana in corpore sano è il nuovo progetto fotografico di Stefano Guindani (Cremona, 1969): dal 23 settembre a dicembre 2022 nel rinnovato Leica Store Milano uomini e donne di fede immortalati in scatti che li mostrano intenti in attività sportive, seppur in abito talare.

Chi c’è davvero dietro agli uomini e alle donne di fede? Spesso siamo abituati a concepire preti, suore e frati come soggetti quasi distaccati dalla realtà; il ruolo che ricoprono ci appare talmente ingombrante da riuscire a eclissare totalmente lo spazio del singolo individuo. Certo è che si muovono in un contesto intriso di regole e norme da rispettare, nel quale tutto risulta serio e integerrimo, pronto a condannare qualsiasi tipologia di iniziativa personale.

Il lavoro Mens sana in corpore sano di Stefano Guindani si sviluppa intorno a questo interrogativo sociale ed è stato realizzato grazie a Leica SL2, fotocamera del Sistema Leica SL, il sistema mirrorless professionale di Leica realizzata per e con i fotografi, tecnologicamente avanzata e con una qualità costruttiva Made in Germany, con un concetto operativo, funzionale e intuitivo.

Le fotografie in mostra fanno leva sull’aspetto umano dei soggetti, ne dipingono una straordinaria dedizione e una predisposizione al divertimento unica, amalgamate da una dirompente vitalità.

Partendo dalle suggestioni giacomelliane di inizio anni Sessanta, il fotografo si imbarca in una missione ideologica volta a delineare un racconto visivo dei religiosi al giorno d’oggi. L’obiettivo di Guindani è riuscire a sdoganare la figura, associata a liturgie e momenti di silenzio, dei consiglieri spirituali, svincolandoli da ogni preconcetto religioso e trasportandoli sul piano universale grazie alle discipline sportive. Denis Curti

L’esposizione di Guindani è un’occasione per scoprire il nuovo concept di Leica Store Milano, a pochi passi da piazza del Duomo, vincitore del Red Dot Design Award, uno dei più prestigiosi premi internazionali per il design: non solo punto vendita, ma luogo di approfondimento per un’esperienza immersiva sulla fotografia, incontro e accoglienza, sempre con uno sguardo rivolto al futuro e con attenzione alle esigenze di clienti e appassionati.

dal 23 settembre fino a dicembre 2022 – Leica Store Milano

L’invenzione della natura”, fotografie di Marcello Bonfanti.

Alessia Paladini Gallery è lieta di presentare “L’invenzione della natura”, fotografie di Marcello Bonfanti.
In mostra, una selezione di nature morte di grande impatto, che attingono all’iconografia e alla cultura rinascimantale e secentesca, alla base del percorso formativo di Marcello Bonfanti.
Nella storia dell’arte la natura morta è un genere dedicato al mondo degli oggetti, artificiali o naturali. Accanto alla finalità decorativa, la rappresentazione delle cose, dei fiori recisi o del cibo, è spesso un invito alla riflessione, alla lettura del mondo e della vita guidata da simboli, allusioni e significati nascosti: i fiori, nel loro splendore, sono insieme simbolo della molteplicità della creazione e richiamo alla caducità delle cose. I cristalli che talvolta appaiono in queste composizioni sono simbolo per eccellenza della fragilità: delle cose, della vita, del sistema umano.
In un periodo di incertezza universale come quello che stiamo attraversando, la natura morta torna a rivestire un ruolo di grande centralità, proponendo molteplici stratificazioni di lettura e spunti per una riconsiderazione del rapporto fra uomo e natura.

“Le opere in mostra sono un mio personale atto di riconciliazione con la natura da cui sono stato separato durante i recenti periodi di isolamento forzato. Il mezzo fotografico è stato usato come strumento di appropriazione intima del soggetto. Non potendo fruire della natura, ne ho indagato alcuni aspetti trascendenti e le loro modalità di rappresentazione nella storia dell’iconografia. L’indagine copre i temi dell’impermanenza della forma legata alle continue trasformazioni chimiche, fisiche e biologiche, della
sua grazia trascendente contenuta nella geometria della struttura modellata da leggi universali e dell’esperienza metafisica che colloca il mistero della natura nel campo della ragione umana.
La narrazione ruota intorno ad una serie di still life di ispirazione fiamminga, forma iconografica che coglie le istanze di un periodo, il 600, in cui l’Europa è stata scossa da una continua mutazione degli orizzonti causata da guerre ed epidemie. L’incessante divenire viene sintetizzato da immagini di una natura imperfetta che vive la transizione dall’apice del suo splendore allo stato successivo. La staticità dell’immagine contiene l’evoluzione dinamica del soggetto. La forma muta diminuendo il suo splendore, ma la bellezza impermanente si conserva nella struttura dell’immagine. Il rigore formale della composizione è il simbolo trascendentale di un’ordine superiore al quale questa trasformazione appartiene. Le immagini, nel raccontare il processo del divenire della forma, sono al tempo stesso una riflessione sull’esistere ed un riflesso dell’esistente.
Il gesto fotografico è solo l’ultimo atto di appropriazione del soggetto, quello che consegna allo spettatore anche gli atti di ricerca degli elementi naturali raccolti durante ricognizioni in ambienti familiari che hanno segnato la mia estetica e l’atto di costruzione della scena che conferisce a questi elementi i significati simbolici.”

Dal 15 settembre al 31 ottobre – Alessia Paladini Gallery – Milano

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NOMADELFIA. Un’oasi di fraternità

Enrico Genovesi<br>Nomadelfia
Enrico Genovesi, Nomadelfia, 2018

A seguito della pubblicazione dell’omonimo libro, in settembre è in programma un grande evento che presenterà la mostra di Enrico Genovesi “Nomadelfia. Un’oasi di fraternità” curata da Giovanna Calvenzi, nell’ex campo di concentramento di Fossoli, luogo suggestivo e fortemente simbolico dove la comunità nel 1948 si è costituita.
La mostra è inoltre parte integrante di festivalfilosofia quest’anno caratterizzato dal tema “giustizia”

Una mostra attraverso la quale si potrà ripercorrere l’esperienza di Nomadelfia nata proprio al Campo di Fossoli e ancora attiva a Grosseto e il suo esperimento utopico di fondare una città dove la fratellanza è legge, nell’Europa devastata dalla guerra e divisa dalla guerra fredda. Una proposta di giustizia sociale, come realizzazione della giustizia in terra.

Dal 16 settembre al 23 ottobre 2022 – Campo di Fossoli – Baracca recuperata – Carpi

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Ketty La Rocca. Se io fotovivo. Opere 1967-1975

La mostra Ketty La Rocca. Se io fotovivo. Opere 1967-1975curata da Raffaella Perna e Monica Poggi, e realizzata grazie alla collaborazione con l’Archivio Ketty La Rocca, e con il contributo della Galleria Frittelli di Firenzeesplora per la prima volta il rapporto tra Ketty La Rocca (La Spezia 1938 – Firenze 1976) e la fotografia, al fine di porre in evidenza il ruolo cruciale che questo medium ha avuto nel suo modo di rappresentare il corpo e la gestualità e nel documentare la sua attività performativa. Fin dai suoi primi lavori, l’artista utilizza infatti la fotografia sotto forma di collage verbo-visivi, componendo immagini e scritte tratte dai rotocalchi e dalle riviste in circolazione, ma è la pubblicazione del libro fotografico In principio erat nel 1971 a segnare una svolta importante nel percorso dell’artista, che inizia a farsi ritrarre mentre compie gesti con le mani, concentrandosi sulla relazione tra fotografia, corpo e linguaggio verbale. Da quel momento la sua ricerca e il suo orizzonte di riferimenti culturali si allargano e l’attenzione per la comunicazione di massa che aveva contrassegnato la prima fase del suo lavoro, legato all’attività con il Gruppo 70, s’indirizza verso forme espressive primigenie fondate sul corpo, con un’apertura significativa agli studi di antropologia, alla storia delle culture preistoriche e dei rituali extra-europei.

Fra le tematiche da lei trattate, emergono in maniera significativa il ruolo della donna all’interno della comunicazione di massa e un’esplicita critica al capitalismo e all’influenza che la Chiesa ha all’interno della società moderna. Agli immaginari stereotipati dell’editoria femminile che avevano contraddistinto le sue prime ricerche, La Rocca aggiunge al suo repertorio anche immagini storiche, come quelle tratte dagli archivi Alinari, o scientifiche, come nel caso delle Craniologie, dove impiega le radiografie del cranio, sovrapposte a fotografie delle mani o frasi scritte a mano. In questa fase la fotografia assume per lei un ruolo centrale, che la mostra documenta attraverso una selezione di oltre cinquanta opere, datate tra il 1967 e il 1975, che comprendono immagini delle sue performance, opere con i gesti delle mani e le espressioni facciali legate agli studi sulla fisiognomica, lavori realizzati con la macchina xerox, sino alle serie delle già ricordate Craniologie e delle Riduzioni, in cui La Rocca riconduce la fotografia sotto il dominio della soggettività attraverso l’impiego della grafia manuale.

14 luglio – 02 ottobre 2022 – CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia – Torino

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FESTIVAL DI FOTOGRAFIA A CAPRI – VISIONE MEDITERRANEA

Claudia Vanacore, L'intervallo
Claudia Vanacore, L’intervallo

La quattordicesima edizione del Festival, intitolata Visione Mediterranea, rinnova la sua volontà di contribuire, per mezzo di una precisa fusione tra medium espressivi e approcci differenti, a rivitalizzare la percezione iconografica del panorama caprese. Dando quindi la parola a fotografi nazionali e internazionali con oltre 60 immagini che, con le loro personali visioni artistiche, compongono una rassegna in bilico tra spazio e tempo. Si tratta di una scelta essenziale per riuscire a esprimere la quintessenza di Capri e, conseguentemente, restituirne un’immagine travolgente, svincolata da ogni stereotipo.

Davide Esposito, Sogno di un’ombra
L’enigma dell’identità è un concetto complesso, ricco di infinite sfaccettature, che da sempre affligge l’animo umano. L’uomo contemporaneo è vittima di un meccanismo subdolo, provocato dallo smarrimento interiore e dalla conseguente perdita di ogni certezza. È proprio in questo contesto che si anima il progetto di Davide Esposito. Sogno di un’ombra nasce da una dolorosa urgenza di stampo nietzschiano: è un racconto profondo, capace di delineare un sincero percorso di presa di coscienza personale, scevro da ogni velleità meschina e proteso verso una liberazione totalizzante.
Con uno sguardo dolcemente malinconico, Esposito delinea la figura di un’isola immaginaria, materna ma anche matrigna, accogliente e allo stesso tempo spietata. È una partita che si gioca nell’oscurità di una notte invernale, dove l’aspra natura di una Capri deserta, dominata dal silenzio e scalfita dal vento, attiva una riflessione tra reale e illusorio. L’uso del bianco e nero, dominato da luci quasi accecanti e ombre dense come il petrolio, ci trasporta in un viaggio dal sapore onirico, parlandoci dell’infinità dei sentimenti, perennemente in contrasto tra loro. L’aura di queste immagini richiama l’atmosfera di Breathing in / Breathing out, performance di Marina Abramovic e ULAY: ci sono un uomo e una donna, le cui bocche sono fuse in un bacio fatale.

Claudia Vanacore, L’Intervallo
In un mondo dominato dai social network, dove il confine tra verità e finzione è sempre più sottile, lontano anni luce dalla realtà, dove tutto si muove a grande velocità e “il popolare” sembra aver preso il posto della spensieratezza, l’immaginario collettivo sembra scontrarsi con l’interpretazione personale e il concetto di stereotipo appare in perenne conflitto con la concretezza. Claudia Vanacore utilizza la sua macchina fotografica come una lente di ingrandimento, capace di scorporare i dettami contemporanei e sviscerare i fatti salienti della nostra società. Il suo progetto L’intervallo ci invita a prendere una pausa dal costante bombardamento di informazioni e dal nostro perenne progredire verso un obiettivo indefinito. Le immagini che ci propone vogliono raccontare una Capri insolita, avvolta in una dimensione agli antipodi rispetto al suo comune concetto di località esclusiva, lussuosa, da sempre popolata dai divi del cinema e scenario di pubblicità equivoche, che sembrano vendere un ideale impossibile, piuttosto che un semplice prodotto. Con il suo occhio indagatore, Claudia sbircia oltre la coltre dorata di questo luogo e ci racconta le emozioni di un’estate italiana dal sapore neorealista. Le sue fotografie sembrano congelare il tempo, ci danno l’occasione di odorare il momento, assaporandone ogni istante. Come negli scatti poetici di Imogen Cunningham, la luce quasi crepuscolare disegna silhouettes dinamiche e corpi semplicemente reali, esaltando la meraviglia umana.

Simone Malgrati, Raccolta fotografica N°1, Capri, Italia
La dimensione del viaggio rientra tra gli aspetti più poetici della nostra esistenza. Come ci ricorda Bruce Chatwin: «Viaggiare non soltanto allarga la mente, le dà forma». Lo scrittore parla di un sano nomadismo, inteso come atto di fede nei confronti dell’ignoto e propenso ad aprirsi all’altro senza pregiudizio. L’artista, con un taglio cinematografico dal sapore vintage, ci restituisce la visione di una Capri unica, immersa in un’atmosfera di perenne attesa, in bilico tra quiete e malinconia. La grammatica dei suoi scatti ci ricorda inevitabilmente la magnifica contemplazione del mondo di Luigi Ghirri. Simone, come lui, si lascia guidare dalle emozioni e dall’istinto, senza tralasciare l’importanza di una composizione visiva curata ed elegante. La grana di queste immagini modella i soggetti come se fossero statue, ne esalta i contorni e le infinte sfumature pastello. La luce penetra nelle viscere di ogni dettaglio, offrendoci uno sguardo quasi pittorico su paesaggi che sembrano essere fuoriusciti dal pennello di Edward Hopper.

Dal 27 Agosto 2022 al 30 Ottobre 2022 – CAPRI – Certosa di San Giacomo

WILLIAM P. GOTTLIEB – A JAZZ STORY

Ritratto di Billie Holiday, Downbeat, New York, N.Y., ca. febbraio 1947
© Courtesy William P. Gottlieb / Library of Congress

In anteprima assoluta per l’Italia, una mostra per ricordare il giornalista e fotografo americano, scomparso nel 2006 e praticamente sconosciuto nel nostro paese ma celebre in America per i suoi scatti della scena musicale di Washington e soprattutto di New York negli anni ’40 del Novecento, la cosiddetta “Golden Age of Jazz” (l’età dell’oro del jazz). Molte delle sue immagini, forse le più riprodotte nella storia della fotografia americana, sono diventate delle vere e proprie icone della musica jazz divenendo i soggetti di poster distribuiti in tutto il mondo. In mostra i ritratti di Louis Armstrong, Billy Holiday, Ella Fitzgerald, Dizzy Gillespie, Charlie Parker, Miles Davis, Thelonious Monk, Frank Sinatra, Cab Calloway e moltissimi altri cantanti e musicisti che hanno fatto la storia e la cultura del jazz. L’esposizione fa parte del progetto History & Photography (www.history-and-photography.com), che ha per obiettivo raccontare la Storia con la Fotografia (e la Storia della Fotografia) valorizzando e rendendo fruibili al grande pubblico e alle scuole e università gli archivi storico fotografici italiani e internazionali, pubblici e privati. L’esposizione è visibile anche via internet in slideshow manuale grazie alle innovative proposte digitali di History & Photography.

In programma fino al 3 dicembre 2022, curata da Alessandro Luigi Perna e prodotta da Eff&Ci – Facciamo Cose per il progetto History & Photography – La Storia raccontata dalla Fotografia, la mostra si compone di 60 immagini stampate (riproduzioni digitali da stampe d’epoca e negativi) scattate da Gottlieb tra il 1938 e il 1948, durante la cosiddetta “Golden Age of Jazz” (l’età d’oro del jazz), quando lo swing raggiunse il suo apice e si sviluppò il jazz moderno. A inviare Gottlieb nei principali locali jazz di Washington e soprattutto di New York City erano la prestigiosa testata Washington Post e le riviste specializzate Downbeat e Record Changer.

Abile artigiano, fotografo autodidatta, nei suoi reportage giornalistici e fotografici ha intervistato e ritratto i principali musicisti del jazz dell’epoca tra cui Louis Armstrong, Billy Holiday, Ella Fitzgerald, Dizzy Gillespie, Charlie Parker, Miles Davis, Thelonious Monk, Frank Sinatra, Cab Calloway e moltissimi altri cantanti e musicisti che hanno fatto la storia e la cultura del jazz. La collezione è considerata dalla critica un importante e insostituibile contributo alla documentazione della cultura americana in un periodo in cui la musica jazz raggiungeva il suo massimo livello di popolarità e diventava un carattere essenziale e riconosciuto anche all’estero della società statunitense.

Le sue immagini di cantanti e musicisti jazz sono forse le più riprodotte nella storia della fotografia americana. A risultare vincente nei suoi articoli e poi, in particolare, nei suoi scatti la capacità di catturare le personalità dei musicisti con estrema sensibilità e senso della narrazione, non solo sul palco ma anche una volta smessi i panni delle star mentre sono nei camerini, in strada o durante le sessioni di prova. A fare da sfondo una New York notturna e suggestiva, spesso fotografata a colori, un soluzione inedita per un’epoca in cui la fotografia non in bianco e nero era tecnicamente ancora all’inizio e pochissimo diffusa sia a livello professionale che amatoriale.

dal 17 settembre al 3 dicembre 2022 – La casa di vetro – MILANO

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“Non c’è limite al limite”, quando la fotografia è solidale

Giovedì 27 dicembre si è svolta online la serata conclusiva di “Non c’è limite al limite”, l’iniziativa di fotografia e solidarietà che ha avuto una partecipazione al di sopra di ogni più rosea aspettativa. Nella giornata del 4 dicembre sono stati trentotto gli autori che hanno presentato i loro lavori alle letture portfolio, per un totale di settanta letture complessive, oltre venti i ritratti di solidarietà realizzati dal fotografo mantovano Giuseppe Gradella.
Settantaquattro le fotografie vendute sia il giorno dell’evento sia nelle settimane successive sul sito
http://www.limitemantova.it.
Il ricavato complessivo della manifestazione è stato di 4017,18 euro, cifra interamente devoluta a Casa del
sole Onlus. Enrico Marocchi, Presidente di Associazione casa del sole Onlus, ha accolto con entusiasmo
e gioia questo risultato:
Gli organizzatori Elisa Bianchi Testoni, Marco Brioni e Umberto Righi sono stati capaci di unire l’arte e la creatività alla solidarietà. Sono diversi anni che sono vicini alla Casa del Sole.
CASA DEL SOLE ONLUS
“Casa del sole Onlus” è un’associazione riconosciuta fondata nel 1966 che accoglie presso il Centro per l’età evolutiva di Curtatone (MN) 155 bambini e ragazzi con disabilità (paralisi cerebrale infantile, autismo, ritardi cognitivi), di età compresa tra 3 e 18 anni per il trattamento diurno e 1 mese e 18 anni per quello
ambulatoriale, provenienti dalla Regione Lombardia e le regioni confinanti.

https://www.casadelsole.org
Associazione culturale Mantova Eyes – Via Giovanni Falcone 55, Marmirolo (MN) – C.F. 93070940205
LETTURE PORTFOLIO SENZA LIMITE: I VINCITORI
Portfolio vincitore
CONSUMER BENE[FIT] di Natalia Elena Massi
Vince una mostra personale interamente finanziata da Creative Lab
Premio Ambiente, Clima, Futuro – Opera invitata a FotoCarpi2022

Natalia Elena Massi

Premio Ambiente, Clima, Futuro – Opera invitata a FotoCarpi2022

AUTORITRATTO DI UN BOSCO di Rosi Fezzardi

Rosi Fezzardi

Premio Biennale della Fotografia Femminile – Opera invitata al Circuito OFF di BFF2022
LET’S FLY di Chiara Innocenti

Chiara Innocenti

Premio Festival della Fotografia Etica – Opera invitata al Circuito OFF di FFE2022
AURORA di Marco Goisis

Marco Goisis

IL PROGETTO
“Non c’è limite al limite” è un progetto che nasce nel 2017 da un’idea di Elisa Bianchi Testoni.
Nato quasi per caso tra le mura del Gruppo Fotografico “La Ghiacciaia” di Marmirolo, a Mantova, è riuscito a coinvolgere numerosi soci dei circoli fotografici della provincia, desiderosi di mettersi in gioco a fin di bene.
Negli anni abbiamo coinvolto anche autori più conosciuti a livello nazionale, che hanno aderito con
entusiasmo donando una propria fotografia e l’ultima edizione ha contato 51 partecipanti, tra fotoamatori e professionisti. Il progetto è stato attivo nel 2017, 2018 e 2019. Nel 2020 purtroppo il Covid ci ha fermato, ma non ha potuto limitare la nostra voglia di migliorare e cercare di dare una nuova veste al progetto.
Nel 2021 “Non c’è limite al limite” amplia la propria organizzazione coinvolgendo gli altri membri del collettivo Order #10362, Marco Brioni e Umberto Righi. Lo scopo finale però rimane sempre quello: veicolare la nostra passione per la fotografia verso una causa che abbiamo particolarmente a cuore.
Associazione culturale Mantova Eyes – Via Giovanni Falcone 55, Marmirolo (MN) – C.F. 93070940205
CONTATTI
SITO WEB: www.limitemantova.it
INFORMAZIONI: Email: info@limitemantova.it