Gabriele Cecconi, elegia Lodigiana.

Oggi vi presentiamo questo bellissimo lavoro di Gabriele Cecconi, spero vi piaccia!

Eric De Marchi

Gabriele Cecconi, classe 1985 è un fotografo Umbro che si dedica alla fotografia documentaristica interessandosi a tematiche culturali, politiche e ambientali.

Si è avvicinato alla fotografia dopo la laurea in giurisprudenza, ha realizzato diversi reportage fino al 2018, dopo di che ha iniziato a lavorare su progetti a lungo termine.

Il suo lavoro è stato esposto a livello internazionale, è stato pubblicato da giornali e riviste italiane e internazionali.

Parallelamente svolge ricerche sul rapporto tra cultura, potere e rappresentazione e sugli aspetti spirituali e pedagogici delle arti visive.

Elegia Lodigiana (2023)

Gabriele Cecconi è stato incaricato dalla commissione del festival della fotografia etica di Lodi per realizzare un’indagine visiva sul territorio lodigiano attraversando la storia di questa terra partendo dall’elemento che la contraddistingue più di qualsiasi altro, l’acqua;

Il lavoro si è svolto nel 2023 ed è durato diversi mesi, le immagini realizzate entreranno a far parte dell’archivio della provincia, quindi diverrà materiale storicizzato.

Il tema principale del progetto è stato quello dell’acqua in connessione con i cambiamenti climatici attuali, partendo dalla crisi idrica del 2022 che ha colpito duramente il nord-Italia, con conseguenze drammatiche sul tessuto economico-sociale dell’area.

Il progetto ha inglobato anche il tema della vita della civiltà contadina, con il potenziale rischio della perdita di questa tradizione nelle generazioni a venire con un accentramento sempre più intenso di grandi multinazionali rispetto a pochi agricoltori locali;

tema dal carattere intimo e intenso, nel quale il fiume è il protagonista della vita di tutti.

L’approccio del fotografo è stato dapprima lo studio del territorio a livello documentale, storico, dopo di che di perlustrazione e infine di contatto con le persone per la strada, nelle cascine, nei vari luoghi in cui ha avuto modo di conoscere ed avere accesso.

La provincia di Lodi ha una rete idrica di più di 2500 km di canali, sono più di 2000 anni che l’essere umano coltiva, si prende cura di questo territorio, dagli etruschi, ai romani

la parte sud della provincia è confinata dal fiume Po che è parte della mitologia greca e infatti il termine “Elegia” è un richiamo al componimento poetico, prima greco poi latino.

Visitando la mostra a lodi per il festival della fotografia Etica 2023, ho potuto notare che il fotografo ha concluso l’esposizione con un’immagine che è un pò sia il dato di fatto ma anche il punto di domanda per un futuro incerto di una provincia che sempre più si ritroverà a fare i conti con i disagi legati al cambiamento climatico e non solo.

SITOGRAFIA:

http://www.gabrielececconi.org/

https://www.perugiatoday.it/eventi/il-fotografo-cecconi-gabriele-presenta-la-sua-opera-fotografica-a-perugia.html

Tutte le immagini sono di proprietà dell’autore e non possono essere distribuite o vendute. Qui hanno solo scopo didattico informativo.

Enrico Cattaneo, grande interprete della fotografia italiana

Articolo di Eric De Marchi

Enrico Cattaneo nasce a Milano nel 1933,

dopo gli studi scientifici, grazie alla madre che gli regala la prima fotocamera, si avvicina alla fotografia nel 1955, portando avanti una personale documentazione della città; i suoi scatti esaminano le case e le fabbriche, i mezzi di trasporto, l’accettazione e la rivolta, i momenti di solitudine e quelli di aggregazione dei lavoratori.

Professionista dal 1963, si dedica quasi esclusivamente alla riproduzione di opere d’arte lavorando per pittori, scultori, architetti, gallerie ed editori d’arte contemporanea; alcuni nomi con cui ha collaborato sono Tino Vaglieri, Gianfranco Ferroni, Sandro Leporini, Alik Cavaliere, Mauro Stacciali, Franco Somaini.

Enrico Cattaneo si trasforma in un vero e proprio interprete di quanto succede nel mondo artistico lavorando per  inaugurazioni, incontri, manifestazioni.

L’esplosione delle avanguardie dei gruppi di Fluxus e del Nouveau Réalisme lo vede come protagonista capace di trasformare il momento della documentazione in una reale testimonianza militante di quello che accade.

Le fotografie di Cattaneo assumono nel tempo una doppia vertenza: per un verso sono preziosa e spesso unica testimonianza dell’avvenimento e per l’altra, avendo una loro vita autonoma, a partire dai primi anni Settanta vengono esposte in gallerie e pubblicate in volumi.

Progetto GUERRIERI (1983)

Semplici attrezzi da lavoro di uso quotidiano diventano personaggi paragonati a combattivi guerrieri; una pinza, una tenaglia,un taglia capelli diventano dunque soldati mercenari, eroici Achei. Il realismo degli eventi e degli elementi lascia il posto a un simbolismo fantastico.

“Enrico Cattaneo, prima di scattare la fotografia, affronta un lento e meticoloso lavoro di scenografia e regista […]

Gli oggetti vengono reinventati dalla sua fantasia, decostruiti e rielaborati dalla sua fervida creatività. Rasoi, apriscatole, trinciapolli e tenaglie diventano antichi guerrieri […]

Gli attrezzi perdono completamente la loro logica funzionale ed entrano in un’altra dimensione, fuori dallo spazio e tempo”.

Michele Tavola  

“ Credo che la fotografia sia una forma espressiva molto vicina alla scultura. Si crea mentalmente una forma e poi ci si accanisce contro un pezzo di marmo o un sole o un viso che proprio non vogliono piegarsi al tuo racconto.

E giù col martello, con l’obbiettivo, la pellicola, il trapano cercando di andare con la propria verità a sopraffare la verità di un paesaggio, di un legno, di una faccia, di un blocco di cemento.

E non c’è mai un esultante “Eureka!” finale, ma soltanto un “va bene, così non c’è male”. ”

Enrico Cattaneo”Lo scalpello del fotografo”

ARCHIVIO ENRICO CATTANEO


Il Fondo Archivistico raccoglie complessivamente materiali relativi all’attività professionale di Enrico
Cattaneo nell’ambito della documentazione dell’arte contemporanea e della sua attività artistico-creativa
di opere fotografiche. Il fondo, in fase di organizzazione, è composto da raccoglitori contenenti fogli
provini e negativi in bianco e nero di formato principalmente 24×36 mm, buste contenenti negativi b/n
formato24x36mm, 6×6 cm, 6x9cm, lastre 10x12cm e 13x18cm, e contenitori contenenti diapositive a
colori nei diversi formati. Fanno parte del fondo anche stampe originali vintage (per lo più 30x40cm e
alcune 40x60cm) stampati a mano dall’autore, oltre a prove di stampa, cataloghi e pubblicazioni
riconducibili alle sue attività.

Sede della visita Casa Studio – Archivio Cattaneo via San Gregorio 44, Mi
Referente visita Alessia Locatelli/ Giuliano Manselli
Prenotazioni Telefonando 347 9638427

Alcune delle sue mostre basate su ricerche personali:

sperimentazioni Off Camera (Pagine 1970-73; Paesaggi/Chimifoto 1998-2002;  In Regress 1965-2009; Germinazioni 2016-17); Still Life (La foto del tubo 1980; Guerrieri 1982; Totem 1985-86; Maschere 1985-88; Attori 1985-86; La natura morta dei miei stivali 1996); archeologia industriale (La cartiera 1980; ex Magneti Marelli. Una possibile lettura 1997)

https://dromastudio.wixsite.com/arch-enrico-cattaneo/biografia

https://www.furori.it/project/enrico-cattaneo/

https://www.macn.it/it/collezione/cattaneo-enrico/

https://dromastudio.wixsite.com/arch-enrico-cattaneo

Le fotografie sono di proprietà dell’autore e sono utilizzate solo per scopo didattico informativo. Non sono state usate per scopi di lucro.

Catherine Opie, l’immagine dell’America contemporanea

Catherine Opie è nata a Sandusky, Ohio nel 1961. Opie indaga i modi in cui le fotografie documentano e danno voce ai fenomeni sociali nell’America di oggi, registrando gli atteggiamenti e le relazioni delle persone con sè stesse e con gli altri, e il modo in cui occupano il paesaggio contemporaneo. Al centro delle sue indagini ci sono domande legate alle relazioni con la comunità a livello sociale, che esplora a più livelli in tutti i suoi progetti fotografici.

Autoritratto con tagli autoinflitti


Lavorando tra approcci concettuali e documentaristici alla creazione di immagini, Opie esamina generi che variano tra foto scattate in famiglia – ritrattistica, paesaggio e fotografia in studio. Esegue spesso sorprendenti di immagini seriali con composizioni inaspettate. La sua ricerca riguarda argomenti anche radicalmente diversi che riesce però a trattare in parallelo. Molte delle sue opere catturano l’espressione dell’identità individuale attraverso gruppi (coppie, squadre, folle) e rivelano una connessione sottintesa con la sua storia personale che rispecchia nei suoi soggetti.

A 60 anni, Catherine Opie parla con grazia e forza che derivano da una vita trascorsa a forgiare il proprio percorso attraverso l’arte e a entrare in contatto con persone di ogni estrazione sociale, sia dietro la telecamera che davanti ad una classe. Come una delle principali fotografe della sua generazione, Opie ha raccontato le persone, i luoghi e la politica di Stati Uniti profondamente radicati nell’intersezione tra casa e identità, creando un ritratto intimo della vita americana contemporanea.

All’età di 13 anni, Opie si è trasferita dall’Ohio alla California ed è entrata al liceo come la “nuova ragazza”, piuttosto timida e incerta su come entrare in contatto con i ragazzi che sono cresciuti insieme. “Non ero brava a capire come fare amicizia”, ​​dice Opie.

Poi l’ispirazione l’ha colpita. Opie, che ha sperimentato la fotografia dall’età di nove anni, ha costruito una camera oscura e ha iniziato a fotografare i suoi amici durante le recite scolastiche. “Andavo a casa, stampavo le fotografie di notte e poi davo loro delle stampe”, ricorda Opie della sua esperienza formativa nel creare legami con nuovi gruppi. Le cose andarono a posto quando Opie trovò il suo ruolo di osservatore impegnato che poteva muoversi senza problemi tra i diversi gruppi.
Che si tratti di documentare movimenti politici, sottoculture queer o trasformazioni urbane, le immagini della vita contemporanea di Opie sono un ritratto dell’America contemporanea. l’autrice vorrebbe trasmettere idee che testimoniano l’importanza di “dell’apparenza in società”.

Nella sua città natale, Sandusky, Ohio, Catherine Opie vaga per le strade con la macchina fotografica, alla ricerca di quella che lei chiama “l’immagine artistica americana”. Visitando i siti della sua infanzia, Opie riflette su come le sue prime esperienze a Sandusky abbiano influenzato il suo approccio alla fotografia.

“È curioso che anche ora finisca per passare così tanto tempo da sola a fotografare”, dice Opie, “perché è ciò che ho sempre fatto anche da bambina”.


Catherine Opie ha ricevuto un BFA dal San Francisco Art Institute (1985), un MFA da CalArts (1988) e dal 2001 insegna all’Università della California, Los Angeles. Ha ricevuto numerosi premi, tra cui il President’s Award for Lifetime Achievement dal Women’s Caucus for Art (2009); Borsa di studio per artisti degli Stati Uniti (2006); Premio Larry Aldrich (2004); e il CalArts Alpert Award nelle arti (2003). Il suo lavoro è apparso in importanti mostre presso l’Institute of Contemporary Art, Boston (2011); Museo d’arte della contea di Los Angeles (2010); Museo Guggenheim, New York (2008); MCA Chicago (2006); e il Walker Art Center, Minneapolis (2002). Catherine Opie vive e lavora a Los Angeles, California.

Per approfondire: https://www.guggenheim.org/artwork/artist/catherine-opie

Tutte le immagini presenti nell’articolo sono e rimangono di proprietà di Catherine Opie e qui hanno solo scopo didattico informativo.

Larry Sultan, “Pictures from home”

Larry sultan vede la famiglia come una istituzione, un insieme di valori e di credenze a cui crediamo, un ambiente complesso.

Con questo progetto ha deciso di indagare le caratteristiche della sua famiglia per fare un viaggio dentro di sè e trovarne un nuovo significato, allo stesso tempo è divenuto un progetto di impronta sociale:

Erano gli anni di Reagan, quando l’istituzione della famiglia veniva usata come simbolo ispiratore dai conservatori. Io volevo rompere questa mitologia della famiglia e mostrare cosa succede quando siamo guidati da immagini di successo. Ed ero disposto a usare la mia famiglia per dimostrare la mia tesi”. larry sultan

Quando Larry ha iniziato non aveva idea di cosa stesse facendo, all’inizio seguiva i genitori dappertutto nel quotidiano della vita domestica, poi nei viaggi, è stato un adattarsi passo dopo passo alle dinamiche che si andavano instaurando.

Il confronto è stato costante, il progetto è il risultato dell’incontro del modo di vedere del fotografo e quello dei suoi genitori.


Il testo riportato nel libro di “Pictures from Home” ricrea il processo attraverso il quale le immagini sono state realizzate, il continuo alternarsi fra testimone e partecipante dell’artista stesso, la battaglia tra lui e i suoi soggetti per il controllo:

Golf Trophy, 1984, Larry Sultan, Project Pictures from home

Mom Peeking Through Curtain Peeking Through Curtain 1989 Larry Sultan Pictures From Home ART205 LS204

Reading at the kitchen, 1984, Larry Sultan, Project Pictures from home

Padre del fotografo:

“Non so cosa stai facendo. Sembra che tu sia confuso quanto me. Voglio dire, fai i capricci; la metà delle volte il registratore non funziona e vuoi che io ripeta conversazioni che sono avvenute spontaneamente. E d’altra parte fai la stessa foto più volte e non sei ancora soddisfatto dei risultati. Per me non ha molto senso. Non capisco cosa vuoi ottenere. Qual è il problema?”.”

Larry Sultan:

“Molte volte non ha senso nemmeno per me. So solo che ogni volta che cerco di fare una fotografia, tu mi guardi con occhi di ghiaccio – penetrante ma impenetrabile, duro e con controllo. Oppure infili le mani in tasca e guardi verso un futuro mitico, che per qualche motivo si trova a circa 45 gradi alla mia sinistra. È come se recitasse il ruolo dell’eroico dirigente in un rapporto annuale o in un diorama sul successo. Forse stai cercando un’immagine pubblica di te stesso, mentre a me interessa qualcosa di più privato, quello che succede tra un evento e l’altro, quel breve momento tra i pensieri in cui ti dimentichi di te stesso”.

Il tipo di fotografia utilizzata è un fondersi di più generi, prima fotografia di stage, poi riprese più naturali, l’utilizzo vero e proprio di un un collage narrativo, composto da immagini di vecchi filmati amatoriali, interviste e conversazioni trascritte con i suoi genitori, istantanee e ricordi storici di famiglia, uniti a scritti e fotografie dello stesso Sultan; ciò per creare questa dimensione di pubblico e privato che vivono in contemporanea.

Didascalie

Los Angeles, Early Evening 1986, Larry Sultan, project Pictures From Home

Empty Pool, 1991, Larry Sultan, Project Pictures from home

Mom in Green NIght Gown, 1992, Larry Sultan, Project Pictures from home

Dad at Whiteboard, 1984, Larry Sultan, Project Pictures from home

NIghtStand, 1984, Larry Sultan, Project Pictures from home

Flaming Weber BBQ Fire, Larry Sultan, Project Pictures from home

“ Fotografare mio padre è diventato un modo per affrontare la mia confusione su cosa significhi essere un uomo in questa cultura. Ignorando gli impulsi più profondi, mi convinsi che volevo mostrare cosa succede quando – come interpretavo il destino di mio padre – le aziende scartano i loro dipendenti non più giovani, e come le frustrazioni e i sentimenti di impotenza che ne derivano si riversano nelle relazioni familiari.” Larry Sultan

Sitografia:

Qui un’intervista all’autore

https://landscapestories.net/en/archive/2014/family/projects/larry-sultan

https://museemagazine.com/features/2021/1/8/interiors-larry-sultans-pictures-from-home

https://www.newyorker.com/culture/photo-booth/how-larry-sultan-made-his-father-a-metaphor-for-dashed-american-dreams

https://www.npr.org/transcripts/121605471

https://www.npr.org/transcripts/121605471

Articolo scritto da Eric De Marchi

Tutte le immagini sono proposte a scopo didattico e divulgativo. Tutte le immagini sono di proprietà dell’autore.

Karolina Wojtas, Play, Fun, Nonsense

Karolina Wojtas (nata nel 1996) – Fotografa e artista multimediale, scatta da quando aveva 13-14 anni. Ha studiato alla Film School di Lodz e all’Istituto di Fotografia Creativa della Repubblica Ceca.

Per eseguire i suoi progetti personali utilizza la camera digitale di quando aveva 14 anni, ne ha 17 tutte uguali.

Come illuminazione Utilizza il flash, per lei è una sorta di esplosione che le permette di catturare la scena.

Le sue fotografie sono prevalentemente “Staged”, prende ispirazione dal contesto quotidiano privato e pubblico del luogo dove vive, la Polonia.

Lavora su determinati temi a lei vicini, come la questione dell’educazione scolastica per esempio con il progetto “Abzgram”.

Nel progetto “Abzgram” esamina il rigido sistema scolastico polacco che sottopone i bambini a regole militaristiche.

Come apertura del progetto troviamo La “Procedura di ingresso in classe”, prevede che i bambini stiano fermi senza toccarsi, appoggiando lo zaino sul pavimento accanto alla gamba destra con le mani lungo i fianchi, lo sguardo fisso, silenzioso e immobile.

La sua espressione artistica, prevede installazioni Site Specific; in base al luogo di interesse, crea un ambiente a lei congeniale attuo a far immergere lo spettatore.

la fotografa definisce il suo lavoro in tre parole:

“Play, Fun, Nonsense.” Karolina Wojtas

Il suo processo di creativo deve essere come un gioco dove ci si diverte, con un senso che va costruendosi mano a mano scattando, informandosi leggendo e scattando nuovamente; partendo così da sensazioni personali, sino ad approfondire tematiche che toccano la sfera politica e sociale.

Riguardo alla scelta dei suoi soggetti fotografici, la sua attenzione si concentra su soggetti abitualmente considerati brutti e Kitsch; questa scelta, è per la fotografa, legata alla cultura in cui è immersa dove si possono trovare diversi elementi di questo tipo: “I live in a town where a Colosseum and pyramid were built! It’s so kitschy—we pretend we are rich, but the way we project that never looks good. I grew up in a time when it was fashionable to have glitter in your hair, wear frills, and own a red or green bag with matching shoes. This was the best outfit for formal occasions! I grew up around ugly things, but on the other hand, there is beauty in that ugliness. I love collecting strange materials, as well as bags and shoes” Karolina Wojtas

I soggetti non sono estranei, utilizza prevalentemente amici, parenti, sè stessa e quasi mai estranei a parte per qualche lavoro commerciale come il lavoro per MARNI, brand italiano.

PRIZE AND CONTESTS:

2017- ShowOFF – Kraków Photo Month, winner

2018- TIFF OPEN 2018 – Tiff Festival Wrocław, winner

2018- Scholarship of the Minister of Culture and National Heritage, Poland

2018- Talent of the year, PixHouse, Poznań, nomination

2018- Portfolio review winner, Bratislava Month of Photography 2018

2019- Publication of the year 2019, shortlist “kwas kwas kwas” Łódź, Poland

2019- Bird in Flight Prize 19 – shortlisted

2019- Talent of the year, PixHouse, Poznań, nomination

2019- ING Unseen Talent Award 2019, winner, Amsterdam, Holland

2019- Scholarship of the Minister of Culture and National Heritage, Poland

2020- Plat(t)form 2020 – special mention, Fotomuseum Winterthur, Switzerland

2020- reGeneration 4 The Challenges of Photography and its Museum for Tomorrow,

Musée de l’Elysée, Nomination​​​​​​​

OLO EXHIBITIONS

2020 -Fundacja Pełkińska XX Czartoryskich – Zamek w Pełkiniach, “Konik”

2020- Gallery  Naga -” Gatunek: brat. Jak unicestwić?” Warszawa

2019, “Abzgram” in Galeria F7, during Bratislava Month of Photography, Slovakia

2019 -Exhibition ‘Extremely rich fauna of the local area’ during FotoArtFestival in

Bielsko-Biała

2019-, Individual exhibition at the Museum in Pełkinie “Abzgram”

2019 Individual exhibition at the Museum in Pełkinie “The Extremely Rich Fauna of the Local

Area”

2018, Individual exhibition “Karolina Wojtas: Train to knowledge. TIFF Festival 2018 /

Cooperation”, Galeria u Agatki Wrocław, TIFF Festival, International festival

COLLECTIONS

ING Collection Netherlands, Muzeum Sztuki in Łódź

Sitografia

https://www.public-offerings.com/karolina-wojtas-ugly-pretty

https://karolinawojtas.com/abzgram

https://metcha.com/article/the-trunk-reverse-hotel-by-karolina-wojtas-for-marni-s-new-shoulder-bags

https://co-berlin.org/en/co-berlin-talent-award/2022

https://www.lensculture.com/articles/karolina-wojtas-making-a-mess

Articolo di Eric De Marchi

Le immagini sono solo a scopo didattico e culturale e rimangono di proprietà dell’autore

Raoul Iacometti, fotografie e altre storie!

Buongiorno a tutti, spero non vi perdiate questo evento con Raoul Iacometti! Ciao Sara 

“Fotografie e altre storie…” è fotografia, ma non solo. Le immagini, le parole, i gesti e i suoni si mescolano e si fondono in un’unica esperienza. È contaminazione, che alimenta conoscenza e consapevolezza. “Fotografie e altre Storie…” nasce dalla, con e per la fotografia, grazie all’intuizione e alla voglia di far uscire quest’arte dalle porte, talvolta troppo spesse, della mera tecnica, delle regole “sopra tutto e tutti”. Raoul Iacometti prova a parlare di emozioni, quelle che vivono dentro ogni scatto, cercando di raccontare il proprio modo di concepire il suo mestiere. Prova a sgretolare i pilastri di questa affascinante arte, cercando di condividere il suo credo: la fotografia non deve essere solo forme e calcoli ma una storia. Una storia da vedere e da raccontare.

Vi aspettiamo il 9 Maggio alle ore 21.00 da Musa fotografia, in Via Mentana, 6 Monza

Per conoscere gli eventi di Musa fotografia

Sonja Braas, la fotografa che ricostruisce scenari possibili

Sonja Braas è una fotografa tedesca, nata nel 1968 a Siegen. Dopo aver studiato Comunicazione Visiva, Fotografia e Design presso l’Università delle Scienze Applicate di Dortmund, si trasferì a New York per continuare gli studi presso la School of Visual Arts.

La fotografa tedesca ricostruisce scenari idealizzati all’interno di uno studio fotografico rifacendosi alla tradizione della pittura di paesaggio del XVIII secolo che posponeva la realtà della natura alla sua rappresentazione ideale.

Tutto, nelle sue fotografie, appare perfetto: in Tornado, ad esempio, la tromba di un uragano occupa il centro dell’immagine e ne divide il campo secondo le regole di composizione della sezione aurea; il colore scuro del cielo fa sì che il vortice d’aria risalti contro lo sfondo, esaltandone la plasticità. In Lava flow, il campo dell’immagine è suddiviso dalle colate di lava; si direbbero pennellate di giallo oro sullo sfondo nero di una tela.

Sonja Braas si è occupata fin dai suoi primi lavori di immagini artificiali della natura. Per la serie “You are here” ha presentato una serie di fotografie di paesaggi naturali “confezionati”, scattate in giardini zoologici o musei di scienze naturali e, accanto ad esse, ha posto delle foto di paesaggi “veri”: l’osservatore che si trova a confrontare queste immagini distingue con difficoltà la natura “vera” da quella “falsa”.  Le sue opere rimandano così alla concezione della natura tipica dell’uomo moderno, una concezione influenzata e profondamente caratterizzata delle immagini mediatiche. L’onnipresenza dei mass-media pone allora l’esigenza di una rappresentazione “autentica” delle catastrofi naturali. Con le sue fotografie, Sonja Braas si sottrae a questa richiesta e presenta provocatoriamente all’osservatore la rappresentazione di una rappresentazione.

Nella serie “The Quiet of Dissolution” Sonja Braas affronta la tematica della preoccupazione per la conservazione dei nostri ecosistemi e delle catastrofi naturali : una catastrofe si verifica quando si rompe un equilibrio e ciò può accadere o perché entra in gioco una nuova grande forza che causa la catastrofe nel sistema oppure perché una piccola causa interviene in una situazione di equilibrio instabile.

Le fotografie dell’artista non hanno niente in comune con le consuete immagini di terremoti, incendi, tornadi e inondazioni che ci vengono regolarmente proposte dai media. Siamo abituati a immagini in bassa definizione, spesso scattate con telefoni cellulari, oppure filmati vacillanti e quasi amatoriali. Al contrario, le immagini di catastrofi naturali create da Sonja Braas rinunciano a qualsiasi intenzione narrativa e trasmettono un senso di serenità; del tutto prive di contatto e contaminazione con il destino umano, appaiono colte in un tempo immobile. Il tornado non minaccia alcuna città e il fiume di lava può essere ammirato in tutta la sua maestosità poiché l’eruzione sembra assolutamente priva di conseguenze.  

Fotografate in primo piano estremo, quasi come se la fotocamera fosse proprio in mezzo a loro, le catastrofi di Sonja Braas non toccano la presenza umana, concentrandosi poco sull’effetto quanto sul fatto stesso. Immagini che rinunciano a qualsiasi intenzione narrativa, rappresentando i disastri nella loro bellezza spettacolare, come fossero immersi in un atmosfera estetica di tranquillità. 

L’osservatore è portato a chiedersi in che modo l’artista sia riuscita a scattare queste immagini e come abbia potuto spingersi così vicino al tornado e in che modo abbia posizionato la sua camera. Le immagini presentate dall’artista non provengono, infatti, da teatri di sconvolgenti catastrofi naturali, ma nascono nel suo atelier come modelli idealizzati del reale. Sonja Braas ci presenta delle fotografie di modelli di vulcani e tornado realizzati da lei stessa con straordinaria precisione, al fine di costruire immagini ideali e perfette che simulano eventi naturali.

«Le immagini, illuminate artificialmente da sorgenti luminose esistenti, sono state scattate in location in Virginia e Massachusetts. MI e MII sono immagini di set che ho costruito (fisicamente non digitalmente) nel mio studio a Brooklyn, New York».

Creare una reazione emotiva immediata è ciò che Braas immagina sulla modalità della fotografia. La parte centrale del suo lavoro è infatti generare sospetto nella percezione chi guarda.

Tutte le immagini sono di ©Sonja Braas, il post ha solo scopo didattico e divulgativo, le immagini non verranno usate per scopi commerciali.

Sitografia:

https://www.sonjabraas.com/

http://www.strozzina.org/manipulatingreality/braas.php

https://fotografiaartistica.it/sonja-braas-the-quiet-of-dissolution/

Articolo di Rossella Mele