Mostre consigliate da Musa

Walter Bonatti – Fotografie dai grandi spazi

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Dal 8 ottobre 2015 al 31 gennaio 2016

Walter Bonatti. Fotografie dai grandi spazi presso l’Auditorium Expo dell’Auditorium Parco della Musica di Roma. L’esposizione, promossa e prodotta da Contrasto, Civita e GAmm Giunti e curata da Alessandra Mauro e Angelo Ponta in collaborazione con l’Archivio Bonatti, sarà presentata nell’ambito di Auditorium Fotografia, un progetto della Fondazione Musica per Roma in collaborazione con Contrasto e Fondazione Forma per la Fotografia. Resterà aperta fino al 31 gennaio 2016.

Un lungo racconto visivo, un insieme di immagini straordinarie stampate in grande formato, un’avventura esistenziale unica: la mostra su Walter Bonatti, alpinista, esploratore ma anche e, in questa sede, soprattutto fotografo, è un’occasione per ripercorrere oltre 30 anni di viaggi alla scoperta dei luoghi meno conosciuti e più impervi della Terra e raccontando la passione per l’avventura insieme alla straordinaria professionalità di un grande reporter.

Walter Bonatti imparò a fotografare e a scrivere le proprie avventure con la stessa dedizione con cui imparò i segreti della montagna. Nei suoi quindici anni di lavoro per il settimanale Epoca si imporrà come uno dei più talentuosi fotoreporter dai luoghi selvaggi del pianeta, e se l’alpinista estremo (e spesso solitario) aveva conquistato l’ammirazione degli uomini e il cuore delle donne, l’essere insieme narratore e protagonista delle proprie avventure lo proietterà anche nell’immaginario dei più giovani.

A ogni viaggio, Bonatti partiva alla ricerca dei suoi ricordi letterari e dei suoi eroi, cercando di riviverne le avventure.

Molte tra le sue folgoranti immagini sono grandiosi “autoritratti ambientati” e i paesaggi in cui si muove sono insieme luoghi di contemplazione e di scoperta. Bonatti si pone davanti e dietro l’obiettivo: in un modo del tutto originale è in grado di rappresentare la sua fatica e la gioia per una scoperta, ma al tempo stesso sa cogliere le geometrie e le vastità degli orizzonti che va esplorando.

Così, immagine dopo immagine, reportage dopo reportage,si compie il racconto dell’avventura e insieme, il ”romanzo dell’io” di Bonatti. Il talento per la narrazione, l’amore per le sfide estreme, l’interesse per la fotografia come possibilità di scoprire e testimoniare per sé e per gli altri. Una passione, e probabilmente anche un’esigenza, nata già negli anni dell’alpinismo (con i trionfi e le amarezze che li segnarono), con le foto scattate sulle pareti più difficili, e poi consolidata nel tempo, con i racconti d’imprese affascinanti e impossibili.

In mostra le grandiose immagini a colori di Bonatti compongono un lungo, unico diario di viaggio dove si intrecciano visioni e ricordi. Le fotografie sono accompagnate da note dello stesso autore, cimeli originali e interventi video (realizzati da N!03) sulla sua esperienza in montagna e sul “personaggio” Bonatti.

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GAME OVER – le spose bambine in Bangladesh – SARA MUNARI

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Lecco – Camera del Lavoro “Pio Galli” – Salone Di Vittorio
Mercoledì 25 novembre 2015 ore 9.30

Locandina

Gian Paolo Barbieri – Skin

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29 Arts In Progress presenta “Skin”, il nuovissimo ciclo di lavori di Gian Paolo Barbieri, nell’ambito di una più ampia mostra dedicata al maestro della fotografia di moda.

La selezione delle opere fotografiche esposte sarà principalmente consacrata ai nuovissimi lavori di Barbieri, oltre agli storici scatti dedicati alla moda e ai suoi protagonisti che abbracciano oltre quaranta anni di fotografia nei quali la teatralità dei suoi set ha fatto di Barbieri uno degli interpreti prediletti del Made in Italy: un inno all’eleganza, alla maestosità del corpo umano e alla sensualità.
Il suo nuovo lavoro, Skin, è più introspettivo, visioni quasi metafisiche di ricordi, di visitazioni, di dediche, di esperienze culturali di cui Barbieri, per tutta la vita, è stato allievo e interprete.

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E’ come se adesso volesse regalare lui al suo strumento amato – la camera fotografica – la possibilità di reinventare immagini già acquisite durante la sua vita, immagini che hanno segnato il lungo sentiero che da anni sta seguendo.
Non più dunque istantanee di sensualità, ma descrizione di situazioni, momenti, eventi fermati nella mente, ricordi di impressioni avute nei musei, esperienze da letture notturne.
Skin è poesia pura, celata per tanto tempo nella sua mente.
Immagini, che per quanto costruite al minimo particolare, non perdono mai l’essenza dell’istante, respirano la loro attualità e sentono la pulsazione della vita sotto la loro “pelle”.
Questo è il tocco del maestro. Far rievocare allo spettatore sensazioni, come “déjà vu”, attirarlo nel mondo del suo immaginario, farlo perdere in un labirinto di doppie esperienze, dove quella del creatore e quella dello spettatore si mescolano, e originano emozioni, come in un teatro silenzioso, quando l’immagine basta e riesce ad esprimere molto di più che di un testo declamato.
Il tocco di Barbieri è quello che l’antichità ellenica ha per anni fatto legge: la bellezza.
Così diventa testimone importante la foto del Narciso, anche Barbieri si guarda nello specchio d’acqua, preferendo suicidarsi dentro la sua stessa amata bellezza che tradire i suoi ideali.

La mostra si terrà presso il nuovo Spazio Montebellotrenta a Milano dove sarà anche presentato il nuovo libro in uscita, “Skin”, edito da Silvana Editoriale.

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Hiroji Kubota Photographer

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November 19, 2015 – January 14, 2016  – Aperture Foundation – New York

Hiroji Kubota Photographer is a retrospective exhibition composed of two parts: platinum prints of black-and-white photographs made from 1963 to 1989, featured at Aperture Gallery; and dye-transfer prints made from 1978 to 2003, featured on the ground floor of Aperture Gallery’s building at Sundaram Tagore Gallery. This exhibition is in conjunction with the publication Hiroji Kubota Photographer (Aperture, 2015), the first comprehensive survey of veteran Magnum photographer Hiroji Kubota’s work.

Spanning over fifty years of his extraordinary life and world travels, Hiroji Kubota Photographer encompasses the best images from Kubota’s life’s work. Rooted in his experience of Japan, ravaged by destruction and famine at the end of World War II, Kubota’s work is characterized by a desire to find beauty and honor in human experience. The exhibition includes examples of all his key bodies of work, including photographs from his many extended trips throughout China, Burma, the U.S., North and South Korea, and his home country, Japan. As Elliott Erwitt states in his preface to the book, Kubota “has produced a remarkable view of our world.”

Francesco Cito – Coma. Vite sospese

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I loro occhi ti guardano, sembrano scrutarti attentamente, sembrano volerti chiedere chi sei, sembrano….ma il loro, è solo buio. La scienza dice che la loro corteccia celebrale è morta. Sono figli, sono mariti, sono padri, madri, sono i tanti, vittime di incidenti stradali, da cadute dal motorino, o investiti da un pirata della strada. E ancora, pazienti che non si sono più ripresi dall’ anestesia durante un intervento chirurgico, o ancora, figli vittime di una dose eccessiva di ecstasy. Sono tanti.
Le stime dicono che le persone in stato vegetativo in Italia sono oltre tremila. Probabilmente sono molte di più, dal momento che non esiste un vero censimento. Molto spesso la loro esistenza è quasi totalmente a carico delle famiglie, lasciate sole a vivere un calvario nella speranza di un miracolo di una guarigione. Dopo centottanta giorni di tentativi di riabilitazione, di chi entra in coma, le probabilità di recupero dallo stato vegetativo, tendono a ridursi, e dopo il primo ricovero, il cinquantacinque per cento dei pazienti torna a casa, il dodici per cento viene ricoverato in una struttura protetta. Solo il tre per cento, viene accolto in una struttura di lunga degenza. Dopo un anno i numeri si perdono, ma di certo quasi tutti lasciati a se stessi, a carico delle famiglie.

Cristina aveva 14 anni quando a Bologna venne falciata sulle strisce pedonali all’uscita da scuola. Da trenta vive in stato vegetativo, con il padre anziano rimasto ormai solo, il suo tempo dedicato a lei. Vorrei poter morire mezz’ora prima che accade a lei ripete Romano, anche quando con alcuni amici festeggia il suo settantaduesimo compleanno, e Cristina posta nella sua sedia a rotelle, sembra oDavide, figlio unico, aveva quindici anni quando fu sbalzato dal motorino. Dal coma allo stato vegetativo, è sempre stato accudito dai genitori. Una fatica morale e fisica durata venti anni, con viaggi negli Stati Uniti dal guru di turno nella speranza di una terapia che riportasse il loro figlio alla vita normale. Poi la rassegnazione ma senza mai perdere la speranza, e Davide continuamente assistito, con l’aiuto di volontari, per lavarlo, accudirlo, spostarlo per evitare le piaghe da decubito. La vita intorno a Davide ha ripreso a girare, un figlio resta un figlio sempre, e, così nonostante le condizioni, si sono festeggiati i suoi compleanni, i lunghi trasporti in un ospedale lontano per un controllo o un piccolo intervento, o la visita dal papa.
Sempre con il sorriso sulle labbra, mamma Paola ha continuato imperterrita ad accudire il suo figliolo fino alla suo trentacinquesimo anno di vita non vita, poi un’improvvisa polmonite l’ha portato via dopo vent’anni in stato vegetativo.sservare a questa ricorrenza, questa quasi festa, a che la vita continui.
L’inaugurazione della mostra avverrà sabato 14 novembre alle ore 18 presso i locali della Civica Fototeca “Tranquillo Casiraghi” e verrà esposta dal 14 novembre al 5 dicembre 2015. L’incontro con l’autore avverrà sabato 14 novembre alle ore 17.00 presso la biblioteca “Pietro Lincoln Cadioli”.

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Wildlife phtographer of the year

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La mostra di fama mondiale Wildlife Photographer of the Year per il quarto anno consecutivo arriva a Milano grazie all’Associazione culturale Radicediunopercento presieduta da Roberto Di Leo.

Un’edizione della mostra veramente speciale che celebra i cinquant’anni del prestigioso concorso di fotografia naturalistica, nato nel 1965 e indetto dal Natural History Museum di Londra con il Bbc Wildlife Magazine.Patrocinata dal Comune di Milano, da EXPO Milano 2015 e EXPO in Città, l’esposizione avrà luogo dal 9 ottobre al 23 dicembre 2015 in una nuova suggestiva location in pieno centro, a due passi da EXPO Gate e dal Castello Sforzesco, presso la Fondazione Luciana Matalon, Foro Buonaparte 67.A fare gli onori di casa alcune grandi sculture di Luciana Matalon conservate negli spazi della Fondazione, a sua volta un’opera d’arte; un ambiente ideato e personalizzato in ogni parte dall’artista, veneta di nascita ma milanese di adozione, a partire dalla variegata pavimentazione realizzata con resine e fibre ottiche.

Un luogo concepito come crocevia internazionale di nuove idee, occasioni di arricchimento visivo, emotivo e mentale, ideale per accogliere le 100 immagini mozzafiato premiate al concorso londinese, alla fine dello scorso anno, e arrivate in Italia grazie all’esclusiva concessa alla PAS EVENTS di Torino.La competizione non perde mai il suo fascino e in questa 50a edizione hanno concorso 42.000 scatti, realizzati da fotografi professionisti e amatoriali provenienti da 96 paesi, che sono stati selezionati da una giuria internazionale di esperti, in base alla creatività, al valore artistico e alla complessità tecnica.L’esposizione regala come sempre spettacolari immagini della natura mostrando la bellezza del pianeta in tutte le sue forme, dai paesaggi più remoti e incontaminati, al mondo animale, al regno botanico, che sono in costante evoluzione. Quest’anno la mostra è inoltre nel programma di Photofestival, la manifestazione che da undici edizioni coordina il mondo della fotografia milanese, e oggi anche del territorio metropolitano, con una variegata proposta espositiva e di ricerca.

LA MOSTRA

Allestite nelle belle sale della Fondazione Matalon le immagini premiate nelle 21 categorie in gara, a partire dal riconoscimento più ambito, il Wildlife Photographer of the Year, assegnato a The last great picture di Michael Nichols (USA).Scattata in Tanzania nel Serengeti National Park, la foto mostra cinque leonesse che si riposano insieme ai loro cuccioli su uno sperone di roccia, dopo aver attaccato e cacciato due maschi del branco. L’immagine è incorniciata con la vista delle pianure in un cielo di tardo pomeriggio ed è stata catturata agli infrarossi, trasformando così la scena in qualcosa di primordiale, quasi biblico.

 Stinger in the sun di Carlos Perez Naval (Spagna, 8 anni) è invece la foto vincitrice assoluta del premio Young Wildlife Photographer of the Year per la sezione junior, divisa in tre categorie fino a 17 anni.Lo scatto ritrae un comune scorpione che mostra il suo pungiglione come un avvertimento. Carlos lo ha trovato su una roccia vicino a casa a Torralba del Sinones nel nordest della Spagna, un luogo che visita spesso alla ricerca di rettili. Il sole del tardo pomeriggio crea un bagliore, abilmente catturato dal giovanissimo fotografo attraverso una doppia esposizione.

 In questa edizione, ben 7 riconoscimenti sono andati a fotografi italiani.

Bruno D’Amicis è il vincitore nella Categoria Il Mondo nelle Nostre Mani, con la foto The price they pay. Impegnato da tempo in un progetto dedicato alle salvaguardia delle specie in via di estinzione nel Sahara, in un villaggio nel sud della Tunisia, Bruno ha immortalato un adolescente che vende un cucciolo di volpe Fennec presa da un covo nel deserto. Cattura o uccisione di queste volpi selvatiche sono illegali, ma ancora molto diffuse e immagini stimolanti come questa possono contribuire ad aumentare la consapevolezza su ciò che sta accadendo al fragile ambiente del Sahara.Inoltre sono giunti finalisti nelle rispettive categorie: Simone Sbaraglia, con la foto Communal warmth (categoria Mammiferi), Silvio Tavolaro, con la foto Snow Stand (categoria Piante e Funghi), Adriano Morettin, con la foto Touch of Magic (categoria Specie Acquatiche), Alessandro Carboni, con la foto Ice land (categoria Ambienti terrestri), Cristiana Damiano, con la foto A long line in legs (categoria Bianco e Nero), e Bernardo Cesare, con la foto Kaleidoscope (categoria Natural Design).
Percorso espositivo

Oltre ai due massimi riconoscimenti Wildlife Photographer of the Year e Young Wildlife Photographer of the Year, il percorso espositivo illustra tutte le categorie in gara raggruppate in sezioni: Diversità sulla Terra con le categorie Mammiferi; Uccelli; Anfibi e Rettili; Invertebrati; Piante e Funghi; Specie Acquatiche. Creatività e Tecnica con le categorie Natural Design; Bianco e Nero e il nuovo Premio speciale TimeLapse, filmati, con riproduzione accelerata dei fotogrammi, che rivelano all’occhio umano processi di trasformazione altrimenti non percepibili. Documentario con le categorie Il Mondo nelle nostre mani e Premio speciale Fotogiornalista di natura dell’anno. Portfolio con le categorie Premio speciale talento emergente (età 18-25 anni) e Premio speciale Portfolio (oltre i 26 anni). Sezione e categoria Ambienti terrestri e sezione Primi scatti con le categorie dedicate ai giovani fotografi fino a 10 anni; 11-14 anni e 15-17 anni.

Le didascalie e i testi che accompagnano le immagini raccontano sia i requisiti tecnici della fotografia sia la storia e le emozioni che hanno motivato l’autore nella realizzazione dello scatto, insieme a dati di carattere scientifico sulle specie fotografate.

Wildlife photographer of the year è in mostra dal 9 ottobre al 23 dicembre alla Fondazione Luciana Matalon in Foro Buonaparte 67, a Milano.

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IL FUTURO GETTATO – Andrea Taschin
DIALOGHI SILENZIOSI – Giampiero Gori
INCANTO – Manfredi inverso

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dal 14 al 22 novembre – Limonaia di Villa Vogel – Firenze

Andrea Taschin – Il Futuro Gettato

Rimango colpito da come vengono buttate via le cose, da come in Italia sono sprecati entusiasmo, passione e vitalità delle nuove generazioni. Attraverso la manipolazione digitale, propongo immagini di una paradossale vita quotidiana di bambini attorno ai cassonetti e alla spazzatura. Se i bambini sono il nostro futuro, e il consumo dissennato il nostro presente, le mie immagini sono metafore visive di un paese che si sbarazza con leggerezza del passato, che ha perso il senso dell’investimento, che non offre prospettive di inserimento alle nuove generazioni:  un paese che non investe più in istruzione, cultura e ricerca getta via il proprio futuro. Vorrei insomma sollecitare una riflessione che non sia puramente ecologica, ma che assuma un carattere di denuncia ed esorti alla costruzione di un futuro migliore per i nostri figli.

Giampiero Gori – HUMAN

Nella fortezza fiorentina fatta costruire da Ferdinando I° si mostrano nella loro forma artistica le opere di A. Gormeley e, come recita il titolo, sono  sembianze umane, pesanti sculture ferree come rapporto gravitazionale tra il materiale impiegato, la terra e il luogo dove sono esposte. Le figure  sono ora riverse sulle scalinate come appena caduti o abbattuti in battaglia, altre sono affacciate come ammiranti la sottostante città o sentinelle di  essa, altre insistono sulla postura eretta, con orgoglio, vicino a simili accucciate su loro stesse, alcune si appoggiano alle mura stancamente ed altra  ancora sedute su una inesistente sedia. Firenze è lo scrigno mondiale della rappresentazione del corpo umano interpretato nei secoli, l’Autore ha  dato una nuova interpretazione artistica del corpo umano non come mero sfoggio artistico, piuttosto come materializzazione dell’uomo nel suo  spazio e nella propria condizione; la posizione delle opere ne è la conferma.
Viene da chiedersi se davanti a tanto interesse artistico valga la pena riprodurlo con la fotografia, la risposta è sì senza indugiare troppo, guardando  le opere di Gori, negli scatti si nota un’essenzialità che possiede solo chi, della fotografia, ne ha fatta ragione di riflessione e di saper guardare per  vedere, per poter leggere in profondità quanto gli sta davanti, penetrando i significati e accomunarli poi al pensiero più intimo e personale. Il rapporto tra le sculture e le inquadrature scelte dall’Autore fotografo è improntato al linguaggio necessario per far sì che la fotografia possa parlare, assuma il potere narrante unita alla creatività e artisticità del Fotografo, ecco allora spiegarsi l’opera fotografica di Gori che riesce a seguire un percorso non banale o rispecchiante unicamente la fotografia salonistica. Gli strumenti per far nascere il linguaggio giusto questo Autore li conosce profondamente, si evince dal lessico raffinato cui è stato capace; la navigazione di lungo corso nel mare della fotografia ha fatto la formazione giusta per vedere quale porto rappresentare, ma più importante ancora come rappresentarlo. Allora è l’altezza macchina delle riprese, l’impiego della lunghezza focale giusta, è la provenienza della luce scelta e la partecipazione di quanto sta intorno al soggetto, la somma di tutti questi elementi forma il valore aggiunto di queste fotografie. In fondo il valore aggiunto di un’opera fotografica così non può che essere la profondità della partecipazione del fotografo alle significazioni espresse prima dallo Scultore, una volta penetrate, fatte proprie. Sono i tagli delle inquadrature a far vivere dinamiche e frequenze diverse dal reale, sono il matrimonio tra il cielo e la terra su cui poggiano le sculture, sono quei precisi attimi partecipati da persone altre come instaurarsi di un loro privato dialogo con la ferrea materia. Dinamiche diverse dal reale, dunque, ma questo è il dovere metonimico della fotografia in generale e, per soggetti come quelli rappresentati in questa silloge peculiarità essenziali, proprio per la sintesi della rappresentazione scenica molto interiorizzante.
L’umano, dunque, quello raffigurato da Gori è nella posizione da lui scelta in rapporto con la natura e il cosmo, passando da una fotografia altamente narrante.

Manfredi Inverso – INCANTO

Incanto: quasi Incantamento, simile a Innamoramento, sicuramente nuovo Incontro. Recitava una vecchia canzone: “…Abbiamo vissuto / un altro tempo e un altro luogo…” un po’ quello che stanotte, quella notte, ha vissuto il nostro Autore in una notte di serena solitudine, due passi ed ecco ritrovare qualcosa sicuramente già vissuto, tu e io Firenze, come allora, alle prime uscite da adolescente. Ma adesso so vedere in te la semplicità di linee, ascoltare il coro di transitate voci, lo scolorire dei grigi che divengono del color della luce della notte. Ti ritrovo in un Incanto consapevole, e il sensore della mia fotocamera è felice come il mio sentire: Firenze stasera un po’ più mia, indubbiamente più vera nel tuo respirare la nebbiolina dell’Arno, oppure mentre la neve incanutisce il Cupolone. Il Cupolone…, sono cresciuto, ma per guardarti devo ancora alzarmi in punta di piedi, hai ancora tanti capelli tu, e quella neve forse non ti crea problemi; la spazzatrice meccanica è già passata, allora le strade, le piazze sono più mie, io, loro e un occhio, quello del mio otturatore felice di registrare tanta pace.
La silloge fotografica di un esperto fotografo molto incline alle nuove tecnologie, ci mostra una città guardata col sentimento e ritratta con volontà di lasciare alla storia un ritratto, di com’era quella prima notte d’incantamento, di quelle altre notti in cui solo il passo di Inverso scandiva l’avvicinamento al giorno e tutto era spiegato, la grandezza medicea, la Firenze capitale, la bellezza cantata dall’ultimo chansonnier, dagli spiriti fiorentini sempre pronti a manifestarsi un po’ alla bottegaia.
Ci sono molteplici modi di manifestare il proprio intendimento fotografico, quello impiegato dal nostro Autore è sicuramente quello più adatto a raccontare una notte, le notti, di una città ritrovata per caso in una passeggiata solitaria, allora tecnica inveterata e “Occhio” formano la cifra stilistica di Manfredi Inverso coerente in tutte le accezioni della fotografia, la sua, semplicemente poetica e desiderosa di narrare.

3 DICEMBRE, MILANO: ASTA CHARITY “HANDS UP!”
ORGANIZZATA DA MISSION BAMBINI IN COLLABORAZIONE CON SOTHEBY’S
OPERE IN MOSTRA DAL 27 NOVEMBRE

Oltre cinquanta opere d’arte e oggetti messi all’asta presso lo Spazio Bigli, nella storica cornice di Palazzo Ponti. All’asta anche l’esperienza unica di farsi ritrarre dal fotografo Giovanni Gastel. Il ricavato sarà devoluto al progetto “Cuore di bimbi”.

Alzate la mano: il vostro gesto salverà la vita di un bambino cardiopatico in attesa di cure. La Fondazione Mission Bambini invita tutti all’asta charity di opere d’arte e oggetti “Hands up!”, organizzata in collaborazione con la casa d’aste Sotheby’s. I fondi raccolti serviranno a sostenere il progetto “Cuore di bimbi”, che dà una speranza di vita a tanti bambini nati con una grave malattia al cuore in un Paese povero. L’iniziativa avrà luogo a Milano giovedì 3 dicembre presso lo Spazio Bigli, situato nella storica cornice di Palazzo Ponti, sede milanese della società Nextam Partners. Welcome cocktail alle ore 18.30, asta a seguire.

All’asta oltre cinquanta opere fotografiche, pittoriche, illustrazioni e installazioni, donate da artisti italiani in crescita o già consolidati. A partire da Virgilio Carnisio, testimone di una Milano in bianco e nero all’inizio degli anni ’70, fino alla giovane Neige De Benedetti che propone reportage da terre lontane. La serata permetterà di aggiudicarsi un’opera dalla serie “Backies” di Ago Panini, artista poliedrico, fotografo, regista e scrittore, o lasciarsi incuriosire dai nuovi nomi che si affacciano sul panorama della fotografia artistica: Pietro Baroni, Francesca Manetta, Simone Durante, tra i più interessanti.

Tra i pezzi battuti all’asta da Filippo Lotti, Amministratore Delegato di Sotheby’s, anche l’esperienza unica di farsi ritrarre da Giovanni Gastel, fotografo e presidente onorario dell’Associazione Fotografi Italiani Professionisti, che ha collaborato con alcune delle più importanti riviste di moda.

Nei giorni precedenti l’asta – da venerdì 27 novembre a giovedì 3 dicembre compreso – i pezzi saranno in mostra sempre presso lo Spazio Bigli in via Bigli 11/a, location unica ed elegante situata nel cuore di Milano a pochi passi da Via Montenapoleone e Piazza San Babila. Ingresso libero, dalle ore 10.00 alle ore 18.00.

L’asta “Hands up!” è un’occasione unica per avvicinarsi all’arte e scoprire che un piccolo gesto, come alzare la mano, può fare la differenza. Attraverso il progetto “Cuore di bimbi”, dal 2005 ad oggi Mission Bambini ha salvato la vita a più di 1.400 bambini gravemente cardiopatici, grazie alle missioni di medici volontari e al sostegno agli ospedali locali in Paesi come Zimbabwe, Eritrea, Uganda, Uzbekistan, Cambogia.

Anna

Fotografia e solidarietà: Mostra fotografica MUOVIAMOCI insieme per sostenere la ricerca sulla SLA

Ci è stata seganalata da un amico questa lodevole iniziativa, che riteniamo a nostra volta meritevole di essere diffusa tramite il nostro blog.

Mostra fotografica MUOVIAMOCI insieme per sostenere la ricerca sulla SLA

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Il monumentale, storico Broletto di Novara ospiterà nell’ambito della settimana sulla SLA in calendario da 7 al 15 novembre, una serie di eventi artistici e culturali altrettanto prestigiosi.

La sala Accademia, al pianoterra, farà da cornice alla Mostra Fotografica “Muoviamoci”, suggestiva esposizione di fotografie di poesie e di racconti ad esse ispirati, ideata e curata da Roberto Besana, autore delle immagini con Cristiano Vassalli, che si propone di dare una scossa emozionale ai visitatori rendendoli consapevoli della necessità della ricerca scientifica sulle staminali.

Sui temi portanti della mostra, gli alberi e il cielo, immagini e parole si intrecceranno anche in una coinvolgente visione multimediale.

Le poesie e i racconti saranno infatti disponibili a corredo delle immagini esposte sia scritti (tra gli autori il compianto Sebastiano Vassalli, recentemente scomparso) sia letti e interpretati dalle voci di alcuni dei più importanti doppiatori italiani, registrati e montati negli studi di Anteprimavideo di Milano e corredati da musiche originali scritte da Jamie Lawrence di NY con  Sound Designer Davide Grecchi

Qui un video illustrativo dell’iniziativa.

Vi invitiamo a partecipare a questa bellissima iniziativa!

Anna

Vivian Maier, J.Sessini, F.Woodman, D.Moryiama e altre ottime mostre da non perdere.

Vivian Maier. Street Photographer

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Dopo il MAN di Nuoro, la mostra della bambinaia fotografa, fa tappa a Milano, dal 19 novembre al 31 gennaio 2016 presso la Galleria Forma Meravigli

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Se v’interessa approfondire la storia straordinaria di questa autrice, qui trovate il link al sito creato in occasione del lancio del film Finding Vivian Maier, dove troverete anche il trailer del film stesso. Vi consiglio la visione!

Jerome Sessini – Ukraine: Inner Disorder

Il nuovo Store Leica di Torino inaugura il 30 settembre proponendoci nell’occasione un’interessante esposizione di Jerome Sessini, fotoreporter della prestiogiosa agenzia Magnum Photos.

L’intenzione del fotografo con questo lavoro è di interrogarsi su come popoli che fino al giorno prima vivevano insieme in pace, riescano a sviluppare un odio tale per cui comincino ad uccidersi tra loro.

“Dalla guerra nei Balcani al genocidio in Rwanda, fino ad oggi in Ucraina, le guerre spesso assumono la forma di conflitti armati che spaccano in due le naioni. Parte della mia ricerca verte sulla percezione dell'”altro” come nemico, e sul conseguente collasso dell’equilibrio sociale”

Francesca Woodman – On being an angel

Stockholm 5 September 2015 – 6 December 2015 Moderna Museet

The American photographer Francesca Woodman (1958–1981) created a body of fascinating photographic works in a few intense years before her premature death. Her oeuvre has been shown in number of major exhibitions in recent years, and her photographs have inspired artists all over the world.
Woodman’s photographs explore gender, representation, sexuality and body. The intimate nature of the subject matter is enhanced by the small formats. Her production includes several portraits, using herself and her friends as models. The figures are often placed behind furniture and other interior elements; occasionally, the images are blurred and the models hidden from the viewer. Woodman worked in settings such as derelict buildings, using mirrors and glass, evoking surrealist and at times even claustrophobic moods.

Francesca Woodman began photographing in her teens and studied at the Rhode Island School of Design from 1975 to 1978. Her output is usually divided into periods: the early works, her years as a student in Providence, Italy (1977–78), the Mac Dowell Colony, and, lastly, New York from 1979 until she died. The collection she left behind consists of several hundred gelatin silver prints, but she also tried other techniques, such as large-format diazotypes and video.

Francesca Woodman. On being an angel presents 102 photographs and one video, representing most of the artist’s series and themes. The exhibition is produced by Moderna Museet in association with the Estate of Francesca Woodman. Alongside this exhibition, Moderna Museet presents a compilation of photography from the same period from its collection, to show Francesca Woodman in context and expand the perspective on her oeuvre to the public.

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Andy Rocchelli – Stories

1 ottobre – 15 novembre
Museo di Roma in Trastevere

La mostra ripercorre due linee guida approfondite dal fotogiornalista Andy Rocchelli fra il 2009 e il 2014 a partire da alcuni degli eventi che recentemente più hanno segnato il nostro tempo.

Da un lato la crisi del Mediterraneo che dall’Italia, attraverso la questione dell’immigrazione, si allarga fino ai giorni della Primavera Araba e ai movimenti di popoli fisici e ideali che ne sono conseguiti, e dall’altro il tema che forse più di tutti è stato al centro del suo interesse, la questione delle conseguenze della disgregazione dell’Unione Sovietica, dalle rivolte civili nel nord del Caucaso all’identità in costante mutazione della stessa Russia, espressa nei ritratti di Russian Interiors e nell’indagine delle molteplici sfaccettature delle sue orbite d’influenza, fino agli ultimi eventi che dalle prime manifestazioni di Kiev a Piazza Maidan hanno portato allo stallo politico ucraino e alle sue tragiche conseguenze.

Andy Rocchelli è scomparso il 24 maggio 2014 a Sloviansk dove si trovava per documentare la guerra civile tra separatisti filorussi ed esercito ucraino.

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DAIDO MORIYAMA IN COLOR

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8 novembre 2015 – 10 gennaio 2016

“Il bianco e nero racconta il mio mondo interiore, le emozioni e i sentimenti più profondi che provo ogni giorno camminando per le strade di Tokyo o di altre città, come un vagabondo senza meta. Il colore descrive ciò che incontro senza filtri, e mi piace registrarlo per come si presenta ai miei occhi. Il primo è ricco di contrasti, è aspro, riflette a pieno il mio carattere solitario. Il secondo è gentile, riguardoso, come io mi pongo nei confronti del mondo.”
La Galleria Carla Sozzani presenta la mostra Daido Moriyama in Color, a cura di Filippo Maggia: per la prima volta una selezione di 130 fotografie inedite, realizzate tra la fine degli anni Sessanta e i primi anni Ottanta, anni decisivi nei quali si è compiuta la formazione di Moriyama.

La strada, teatro prediletto del fotografo giapponese, è il tema centrale del lavoro di quegli anni, periodo storico particolare per il Giappone che, dopo la ricostruzione e il boom economico successivi alla fine della seconda guerra mondiale, si trovò a vivere e affrontare l’occupazione americana e poi la contestazione studentesca, sull’onda di quanto accadeva in Europa e negli Stati Uniti.

La mostra, in collaborazione con Fondazione Fotografia Modena, sarà a Modena nel marzo 2016. La accompagna un volume edito da Skira, con oltre 250 fotografie a colori.

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Paolo Ciregia – ‘Perestrojka’

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17 novembre 2015 – 18 dicembre 2015

mc2gallery presenta la prima mostra milanese del giovane fotografo Paolo Ciregia (classe 1987). Paolo è riuscito a creare un nuovo stile personale di forte impatto rielaborando foto che ha scattato negli ultimi 4 anni, durante il conflitto in Ucraina, da Piazza Maidan, al distacco della Crimea, alla guerra nel Donbass . Paolo interviene con un cutter o con bruciature, stravolgendo la natura reportagistica dei suoi scatti. Utilizza vecchie cornici dal gusto un po’ kitsch che ben rendono l’atmosfera di quelle terre cosi lontane eppur cosi vicine e gli permettono di creare installazioni e sculture, ottenendo un nuovo e contemporaneo linguaggio visivo per raccontare l’esperienza della guerra.

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Jeff Bridges Photographs: LEBOWSKI and Other BIG Shots

Bridges

ONO Arte Contemporanea ha l’onore di presentare la mostra “Jeff Bridges Photographs: LEBOWSKI and Other BIG

Shots”, prima mostra monografica in Europa dedicata alla carriera fotografica dell’attore premio Oscar Jeff Bridges. Come Peter Bogdanovich afferma nell’introduzione del catalogo della mostra, Jeff Bridges è contemporaneamente uno dei più versatili e sottovalutati attori di tutta Hollywood, oltre ad essere dotato di molte doti spesso sconosciute al grande pubblico: dipinge, compone, canta e, come può ben dimostrare questa mostra, è un fotografo di primo livello.

Bridges, che proviene da una famiglia da generazioni radicata nel tessuto dell’industria del cinema americano – suo padre Lloyd fu un attore caratterista attivo dagli anni ’40 in oltre 150 film e il fratello Beau è anch’esso celebre attore e regista- appartiene a quella generazione di attori che ha formato la vera base di Hollywood partecipando a un’innumerevole serie di film e recitando nei ruoli più diversi. All’inizio degli anni ’70 Bridges comincia la sua lunga carriera sul grande schermo, ma la fotografia – che pure aveva amato durante gli anni del liceo e del college – non viene ripresa fino al 1976 quando il personaggio che interpreta in un remake di King Kong lo costringe a girare con una macchina fotografica al collo e gli ricorda la sua passione.

Da allora Bridges porta sempre con sé, sui set dei film a cui lavora, una Widelux, una particolare macchina fotografica utilizzata per la posa con un otturatore a scatto ritardato che permette quindi la doppia esposizione, e con una caratteristica pellicola allungata molto simile a quella 70 mm con cui erano girati i film. La scelta di questa macchina, che può sembrare di scarsa importanza, è in realtà strettamente legata alla concezione che Bridges ha dell’arte: come lui stesso afferma infatti, da un lato le caratteristiche della Widelux permettono di catturare il maggior numero di informazioni in un singolo scatto e di narrare contemporaneamente più storie, creando delle immagini che sono in un inter-regno tra la fotografia di scena (o di posa) e il film, dall’altro invece, l’assenza di un focus manuale e un obiettivo poco attendibile la rendono una macchina piuttosto arbitraria e poco precisa, ma per questo più “umana” ed onesta. Sia come attore che come fotografo Bridges vuole liberare la scena dalla sua presenza per lasciare spazio alla narrazione. Le immagini che Bridges scatta nei backstage di film come The Fabulous Baker Boy, Texasville, The Fisher King, American Heart, e ancora The Mirror has two faces, True Grit e The Big Lebowsky raccontano la vera essenza di cosa significhi creare un film e definirle solo “intime” sarebbe riduttivo. Il suo lavoro infatti ha una qualità poetica tale da far risultare queste fotografie quasi un’autobiografia, un diario quotidiano e a tratti malinconico.

In mostra oltre alle immagini del backstage dei film citati e di molti altri anche una serie di immagini, chiamate Comoedia/Tragoedia, che sfruttano proprio la caratteristica possibilità della doppia esposizione della Wideluxe per immortalare nello stesso scatto attori come Martin Landau, John Turturro, Cuba Gooding Jr., Philip Seymour Hoffman o Kevin Spacey che interpretano la maschera comica e quella tragica, nel nome della tradizione teatrale più classica.

La mostra (3 ottobre – 15 novembre 2015) è composta di circa 60 immagini in diversi formati. Patrocinio del Comune di Bologna.

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South Topographics – Franco Sortini

10 ottobre 2015 – 1 novembre 2015

Dopo l’esperienza del Photoscreening a Bari, Franco Sortini torna in Puglia con una mostra fotografica sulla città di Lecce.

Il progetto si presenta come la conclusione di un lavoro più ampio realizzato sulle città europee e che trova la sua perfetta sintesi nel volume fotografico “Un luogo neutro”, edito da Punto Marte Editore, che l’autore presenterà il giorno dell’inaugurazione.

L’analisi visiva di Franco Sortini sul centro e, in particolar modo, sulla periferia è stata possibile grazie anche al progetto All We Need Is Slow, un format curatoriale ideato e prodotto dall’associazione Kult – Culture Visive, un ciclo di seminari, incontri, residenze e artist talks con alcuni dei maggiori esponenti della fotografia di paesaggio in Italia, e che ha portato l’autore in residenza nel capoluogo salentino.

L’evento è segnalato da AMACI, associazione musei d’arte contemporanea italiani, per l’Undicesima edizione della Giornata del Contemporaneo.

<<A volte la città fallisce e crea un ambiente inumano, illustrandone dati punti geografici. L’operazione dell’autore è nella tracciabilità della città ai margini, al limes, nella spontanea consapevolezza dei processi di zoning e della monofunzionalità residenziale. Sono i vuoti urbani e le periferie condensate di Lecce, del quartiere Santa Rosa e Stadio, come testimonianza dei processi di espansione e zonizzazione degli aggregati quartieristici. Così, involucri preesistenti si trovano eretti accanto a corpi di fabbrica e blocchi urbani più estesi, a favore di un’edilizia puntiforme. E’ tuttavia un paesaggio le cui immagini sono enigmi che si risolvono con il cuore, cioè con sguardo amorevole rivolto a ciò che ci sta intorno, alla ricerca di familiarità e poesia.
La geografia Sortiniana quindi esplora a fondo sia la dimensione oggettiva e materiale dei luoghi – l’insieme degli elementi fisici – sia quella soggettiva e immateriale – la sfera dei significati. Ma la radicalità del progetto si situa nella configurazione di nuovi rapporti tra geometrie e luci, un metodo compositivo peculiare dell’ultima fotografia che esilia per sempre il soggetto umano, come in questo caso, o ne fa un sostrato di legittimazione così profondo da divenirne un contrassegno.>> Valentina Isceri

presso gli spazi di Classic Camera – via Oberdan 104, Lecce

6th continent – Mattia Insolera

La Scuola di Fotografia Contemporanea dell’ISFCI, diretta da Maurizio Valdarnini e Irene Alison presenta la mostra di MATTIA INSOLERA: “6th Continent” in collaborazione con Cortona On The Move.
L’appuntamento è per Giovedì 15 Ottobre in via degli Ausoni, 1 dalle ore 18.00
A cura di Arianna RINALDO.
6th Continent ha origine nel 2007, quando Mattia Insolera parte in barca a vela dall’Italia, insieme a un amico che vuole attraversare l’Oceano Atlantico. Dopo due settimane di navigazione, capisce che la vita sulla costa gli interessa più dell’impresa velica. Scende
dalla barca nella zona dello Stretto di Gibilterra, dove ha il primo assaggio di un ambiente autenticamente mediterraneo, un mondo popolato da marinai e portuali, migranti e trafficanti.
Decide di dedicare gli anni successivi alla realizzazione di un progetto fotografico su quest’area geografica. Poco dopo si trasferisce a Barcellona, città ben collegata con le coste
mediterranee. Da lì può raggiungere 13 Paesi del Mediterraneo, viaggiando su ogni tipo di imbarcazione, dalla barca a vela al cargo, e percorrendo 25.000 Km in moto.
Oggi la maggior parte delle persone conosce il Mediterraneo come un paradiso di sole, mare e cielo azzurro, o come teatro del dramma dell’immigrazione in Europa. Appartenendo a  questa regione, Mattia sente l’esigenza di raschiare via la superficie dei cliché da turista, andando oltre le notizie da telegiornale per catturare la vera essenza di questi luoghi. Il Mediterraneo del XXI secolo è diventato terreno di discordie: una frontiera di filo spinato che divide Nord e Sud del mondo. È anche il bacino in cui hanno luogo i maggiori conflitti del pianeta, un passaggio pericoloso per chi è in fuga da miseria e guerra e un cimitero per i 20.000 migranti che negli ultimi vent’anni vi sono annegati.
Non sempre è stato così. Nel passato questo mare interno comprendeva e collegava sponde e culture diverse, era una terra fertile per la nascita delle prime civiltà. Secondo lo scrittore turco conosciuto come il Pescatore di Alicarnasso, il Mediterraneo era un Sesto Continente, distinto dai cinque indicati arbitrariamente dai geografi, uno spazio che assimilava in sé popoli provenienti dagli antipodi della Terra, trasformandoli tutti in mediterranei. Mattia vuole scoprire se sia rimasto qualcosa di quell’epoca, quindi punta la macchina fotografica sulla gente che continua a considerare il mare un mezzo di trasporto, un’area di scambio. In altre parole, sulla gente che vive ancora il mare come un Sesto Continente.

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TINA MODOTTI – La nuova rosa. Arte, storia, nuova umanità

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18 ottobre 2015 – 28 febbraio 2016

Udine rende  nuovamente omaggio a una delle sue figlie più celebri a 36 anni di distanza (correva l’anno 1979) da quella che fino ad allora era considerata la più esauriente esposizione sulla vita e sull’opera di Tina mai realizzata. Nel frattempo il mito di Tina Modotti è cresciuto e le sue fotografie più importanti sono state acquistate da privati collezionisti, esposte in prestigiosi musei e sono divenute note un pubblico più vasto.

“Tina Modotti: la nuova rosa. Arte, storia, nuova umanità” presenta la raccolta più vasta degli scatti della fotografa di origini udinesi, tratte dai negativi originali e arricchita dalle più recenti acquisizioni riferibili alla storia familiare della Modotti, all’arte fotografica e all’impegno politico-sociale.
Viene inoltre esposta , per la prima volta in Europa, la nuova documentazione fotografica sulle “Scuole libere di agricoltura” con una serie di 18 istantanee realizzate da Tina Modotti,  rimaste in gran parte sconosciute fino a tempi recenti.

L’esposizione è realizzata dall’assessorato alla Cultura – Musei Civici in partnership con il comitato Tina Modotti e in collaborazione con prestigiose istituzioni scientifiche a livello nazionale e internazionale con il il sostegno della Regione e la collaborazione dell’Università degli Studi di Udine e dell’associazione culturale Etrarte.

Tutte le info qui

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Jo-Anne McArtur, una fotografa, il suo libro e …un film. Interessante e brava.

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Jo-Anne McArtur è una fotoreporter canadese e originaria di Toronto; il suo lavoro ed il suo passionario attivismo contro il maltrattamento degli animali,l’hanno portata, in dieci anni, in oltre 40 Paesi, documentando fotograficamente, le condizioni in cui vengono segregati animali delle più svariate specie.

Le sue immagini, sono state utilizzate da associazioni del calibro di Animal Equality, Sea Shepherd e il Jean Goodall Institute, per le proprie campagne, sono state pubblicate da Elle Magazine, Canadian Geographic, National Geographic, DAYS Japan, Traveler ecc, ricevendo inoltre alcuni riconoscimenti.

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Nel 2014, il lavoro della McArtur a dato alla luce un volume dal titolo: “We Animals”; oltre 100 immagini, un archivio di ritratti di animali in allevamenti, laboratori, circhi, acquari, mercanti, insieme a quelle di animali ospiti in sanuari o nel loro ambiente naturale. La prima edizione disponibile solo in lingua inglese; dallo scorso maggio è stata affiancate dall’edizione italiana, edita da Safarà Editori, che rispetto all’edizione originale di Latern books, è arricchita con scatti inediti.

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Il libro fotografico verrà presentato a Firenze, il 15 di settembre, alle ore 18.30,  presso il Saloncino delle Murate, via dell’Agnolo 1/A, introdotto da Lorenzo Guadagnucci e a Milano il 18 settembre alle ore 21.00 presso Lombardini22, in via Lombardini 22, con un’introduzione di Silvia Amodio.

La reporter canadese, durante le “missioni” che l’hanno portata al fianco di associazioni animaliste, nei blitz che le hanno permesso di portare alla luce è stata seguita dalla regista Liz Marshal, che ne ha fatto una delle protagoniste del pluripremiato documentario: “The Ghosts in Our Machine”

Le informazioni sulle date delle presentazioni del volume, le troverete qui

Consigliatissimi il documentario ed il libro.

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Mostre di fotografia selezionate per questa settimana.

Alexander Gronsky

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Venue details: The Wapping Project Bankside, 37 Dover Street, Ely House, W1S 4NJ London |

Official Website www.thewappingprojectbankside.com |

Event date > from 14-04-2015 to 29-05-2015 | Opening hours: Monday – Friday – 10.30am – 6pm, Saturday – Sunday Closed

The Wapping Project Bankside is pleased to announce Estonian photographer, Alexander Gronsky’s first exhibition with the gallery.

Gronsky’s Pastoral series of large format photographs of Moscow’s suburban areas are reminiscent of the arcadian images created by 19th century landscape painters and reconstructs them in a way that jars with the romantic representations of a bygone era. Once defining borders becomes blurred in these photographs – the divisions between urban and pastoral, utopian and dystopian and the actors within these spaces are rendered ambiguous. Gronsky’s arresting use of colour and intelligent compositions are alluring, but these layered works are a study of how people inhabit a territory and what becomes evident in these images is the effect human life has on the environment in this Apothocene age.

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Included in the exhibition are three works from Gronsky’s Reconstruction series that documents reenactments of historic Russian battles whilst simultaneously rendering them anachronistic with the inclusion of onlookers into the frame, constructed as triptychs, these works are filmic in nature and alludes to a panoramic view of an important battle whilst titles such as “Siege of Leningrad” are reminiscent of a Hollywood film. Continuing Gronsky’s study of perspective, in these works it appears formal whilst the colouring offers a certain flatness to the photographs.

Sergey Ponomarev

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From the 9th of April until 9th of June 2015, Sergey Ponomarev is exhibiting his work “Effondrement” for the first time, at the Galerie Iconoclaste – 20 rue Danielle Casanova – 75002 PARIS – Monday to sunday (11am/20pm). More info : galerieiconoclastes.com

Sergey Ponomarev was born in 1980 in Moscow. He graduated Moscow State University and Academy of Labor and Social Relations. Before becoming a freelance photographer in 2012, he worked for the Associated Press starting in 2003. He is best known for his photojournalism works depicting Russian daily life and culture.

 Liu Xiaofang – Solo Show

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mc2gallery è orgogliosa di ospitare la prima mostra italiana della fotografa cinese Liu Xiaofang (Datong City, China, 1980). Liu crea fotografie con un’estetica onirica che attinge dai suoi ricordi d’infanzia e di contemplazione poetica del mondo che la circonda. I suoi paesaggi, delicati e apparentemente utopici, confondono i confini tra il mondo reale e l’immaginazione, lasciando che lo spettatore si interroghi sul concetto di verità e realtà. La fotografia di Liu richiama la pittura tradizionale cinese, particolarmente nota per i suoi paesaggi, resi indefiniti dalla nebbia. Ponendosi dunque in un punto intermedio tra pittura e fotografia, questi lavori ricreano un mondo di fantasie fiabesche, in cui l’illusione sconfina nella realtà, seguendo il percorso dei vaghi ricordi d’infanzia. Attraverso queste visioni surreali Liu riesce così a evocare in modo dolce e naturale un senso di nostalgia verso il proprio passato. Liu Xiaofang si è laureata presso il Dipartimento di Fotografia, all’Accademia Centrale di Belle Arti di Pechino. Nel 2010 è stata tra i pochissimi artisti a essere nominata tra i più promettenti fotografi contemporanei dal Musée de l’ Elysée di Losanna, in Svizzera; Liu ha partecipato alla mostra “reGeneration2” e a diverse mostre internazionali come la mostra itinerante “Photographers Today”. Nello stesso anno ha mostrato la sua creatività e il proprio talento a Paris Photo. Una delle sue visioni circolari è stata scelta nel 2008 come immagine dei Giochi Olimpici di Pechino. Liu ha esposto in mostre collettive in tutto il mondo, tra cui Cina, Giappone e Svizzera.

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Altre info qua

Via Malaga 4
20143 Milano
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Da martedì a venerdì
Sabato su appuntamento
Orari: 14-20

A DISQUIETING INTIMACY

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Fotografie di Paolo Patrizi
a cura di Deanna Richardson
Inaugurazione, Mercoledì 22 Aprile, 2015 | 19.00 h
Esposizione dal 22 Aprile – al 5 Giugno, 2015

ILEX Gallery è lieta di presentare per la prima volta in Italia la mostra A disquieting intimacy, del fotografo Italiano Paolo Patrizi.
Le opere appartenenti a questa potente serie si distaccano dalla percezione stereotipata e spesso rigida del ritratto. Nell’atmosfera improvvisata e inquietante dei ‘campi del sesso’, Patrizi offre uno studio intimista sulla vita delle donne di Benin City che lavorano alla periferia di Roma.
In un mercato fortemente segmentato per sesso, età, titolo di studio e numeri esigui di stranieri, l’economia sommersa dell’Italia attira lavoratori immigrati con l’offerta di impieghi irregolari – offuscando così il confine tra imprese in regola e illegali.
Da oltre 20 anni, le donne di Benin City in Nigeria arrivano in Italia per lavorare nel mercato del sesso. Ogni anno, le donne di maggior successo reclutano ragazze più giovani, indirizzandole a seguire il loro stesso percorso. La maggior parte di queste donne, comprese quelle che finiscono sul mercato del sesso, hanno liberamente scelto di lasciare casa per cercare nuove opportunità all’estero. Sono donne volitive e ambiziose, che emigrano per sfuggire a conflitti, persecuzioni, degrado ambientale, calamità naturali e altre situazioni che affliggono il paese d’origine e compromettono le loro possibilità di sostentamento. Queste donne hanno individuato una serie di modi per trarre guadagno dal proprio corpo, dal mestiere di spogliarellista fino alle professioni di contatto vero e proprio, a diversi gradi di intimità.
La mostra si compone di 19 stampe fotografiche di grandi e medie dimensioni. Il debutto italiano presso 10b Photography Gallery fa seguito alle mostre di Londra, Basilea, Praga, New Delhi, del Chobi Mela Festival in Bangladesh e dell’Angkor Photo Festival in Cambogia.
La serie, realizzata tra il 2009 e il 2012 ha vinto numerosi premi e riconoscimenti, tra cui il World Press Photo, il Premio Taylor Wessing Ritratto e il POYi.

A DISQUIETING INTIMACY
ILEX Gallery @ 10b Photography Gallery, Roma, Italia
Via San Lorenzo da Brindisi 10b

Per maggiori informazioni:
Email: info@ilexphoto.com
Tel: 06 7030 6913

www.ilexphoto.com
www.10bphotography.com

WORLD PRESS PHOTO 2015

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Fotografia e giornalismo: le immagini premiate nel 2015

Il Premio World Press Photo è uno dei più significativi riconoscimenti nell’ambito del Fotogiornalismo. Dal 1955 una giuria di esperti, scelti tra i personaggi più accreditati della fotografia internazionale, si riunisce per valutare le immagini inviate alla World Press Photo Foundation di Amsterdam: migliaia di scatti provenienti da ogni parte del mondo, proposti da fotogiornalisti, agenzie, quotidiani e riviste.
Le fotografie dei vincitori sono pubblicate nel caratteristico catalogo e vengono esposte in tutto il mondo in importanti gallerie e musei in un tour sempre più ampio, che quest’anno prevede mostre in circa 100 città, in 45 diversi Paesi. Si tratta di un’occasione unica per vedere raccolte le immagini più belle e rappresentative che hanno accompagnato, documentato e illustrato gli avvenimenti di questo ultimo anno sui giornali di tutto il mondo. Quest’anno sono state sottoposte alla giuria 97.912 fotografie scattate da 5.692 fotografi di 131 diversi paesi. Sono stati premiati 42 fotografi di 17 nazionalità: Australia, Bangladesh, Belgio, Cina, Danimarca, Eritrea, Francia, Germania, Gran Bretagna, Iran, Irlanda, Italia, Polonia, Russia, Svezia, Turchia, e USA selezionati nelle 8 categorie del concorso (spot news, notizie generali, storie d’attualità, vita quotidiana, ritratti, natura, sport e lavori a lungo termine. Dieci i fotografi italiani premiati quest’anno, tra cui Andy Rocchelli (categoria: ritratti, secondo premio), Paolo Verzone (categoria: ritratti, terzo premio) e Massimo Santini (categoria: News, secondo premio). Tutte le foto vincitrici sono presentate in un tour mondiale, con l’unico vincolo che tutte le immagini selezionate vengano esposte senza alcuna censura.

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FOTO DELL’ANNO 2014
La giuria del 58° World Press ha scelto un’immagine del fotografo danese Mads Nissen, come “Foto dell’anno 2014”. Nissen è un fotografo del quotidiano svedese Politiken ed è rappresentato da Panos Pictures. La foto premiata mostra Jon e Alex, una coppia gay, in un momento di intimità a San Pietroburgo (Russia). Le condizioni di vita per lesbiche, gay bisessuali e transgender (LGBT) è diventata sensibilmente più difficile in Russia.
Le minoranze sessuali affrontano una profonda discriminazione sociale e legale, molestie e persino violenti attacchi di fanatici religiosi o nazionalisti. La foto vincitrice fa parte di un più ampio progetto di Nissen “L’omofobia in Russia” che è stato scattato per Scanpix. Questa foto ha vinto anche il primo premio per la categoria “vita contemporanea”.

Il presidente della giuria Michele McNally, direttore della fotografia e vicecaporedattore del The New York Times, ha dichiarato: “È un momento storico per la fotografia…l’immagine vincitrice deve avere un’estetica, essere di impatto e avere il potenziale per diventare un’icona. Questa foto è esteticamente potente e ha umanità.”

GALLERIA CARLA SOZZANI – MILANO

www.galleriacarlasozzani.org

Inaugurazione venerdì 1° maggio 2015
dalle ore 15.00 alle ore 20.00
In mostra dal 2 al 31 maggio 2015
tutti i giorni. ore 10.30 – 19.30
mercoledì e giovedì, ore 10.30 – 21.00

MUSEO DI ROMA IN TRASTEVERE

http://www.museodiromaintrastevere.it/

Museo di Roma in Trastevere
Orario
Dal 30 aprile al 22 maggio 2015
Martedì-domenica ore 10.00-20.00
Chiuso lunedì, 1 maggio

Tutte le info e le foto premiate sul sito di World Press Photo

Postato da Anna

Ecco il calendario del nuovo ciclo di Lectio Magistralis di AFIP!

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7 maggio
Efrem Raimondi correlatore Raul Cremona
“La Fotografia non esiste”

21 maggio
Cesare Colombo e Giovanna Calvenzi
“L’occhio come mestiere – Dialogo sui linguaggi della fotografia”

4 Giugno
Fabio Bucciarelli correlatore Stefano Citati
“Il Fotogiornalismo oggi: l’eredità classica e il digitale”

18 giugno
Gabriele Croppi correlatore Mariateresa Cerretelli
“La Metafisica del paesaggio urbano”

2 luglio
Giampaolo Barbieri correlatore Maurizio Rebuzzini
“Eleganza naturale”

16 luglio
Giovanni Gastel correlatore Giuseppe Di Piazza
“La rinascita della fotografia”

Le lezioni sono sempre ad ingresso libero, sempre presso la Triennale di Milano, sempre alle 19:00 e sempre in diretta streaming sul sito AFIP

Postato da Anna

Mu.Sa. vi consiglia queste 5 bellissime mostre, non perdetele!

David LaChapelle. Dopo il diluvio

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30 Aprile 2015 – 13 settmebre 2015 Roma

Al Palazzo delle Esposizioni torna dopo oltre quindici anni il grande artista fotografo americano David LaChapelle con una delle più importanti e vaste retrospettive a lui dedicate. Saranno infatti esposte circa 150 opere di cui alcune totalmente inedite, altre presentate per la prima volta in un museo e molte di grande formato. Roma è stata una città fondamentale nella carriera artistica di LaChapelle. Nel 2006 infatti, durante un soggiorno nella Capitale, David LaChapelle ha occasione di visitare privatamente la Cappella Sistina; la sua sensibilità artistica è scossa dalla bellezza e dalla potenza dell’arte romana che danno il definitivo impulso alla necessità di imprimere una svolta alla sua produzione. Fino ad allora LaChapelle ha preferito che le sue foto viaggiassero sulle pagine di riviste di moda e di cataloghi senza testi. L’obiettivo non è mai stato fermarsi alla mera illustrazione, ma raggiungere un pubblico quanto più vasto possibile – è questo il suo modo di essere un artista pop – e portare la lettura dell’opera sul piano dello shock emotivo. LaChapelle ha spinto la sua estetica fino al limite, ma nel 2006 se n’è andato di scena. Ha voltato le spalle alla mondanità per ritirarsi a vivere in un’isola selvaggia, nel mezzo del Pacifico: “Avevo detto quello che volevo dire”. La mostra è concentrata perciò sui lavori realizzati dall’artista a partire dal 2006, anno di produzione della monumentale serie intitolata “The Deluge”, che segna un punto di svolta profonda nel lavoro di David LaChapelle. Con la realizzazione di “The Deluge”, ispirato al grande affresco michelangiolesco della Cappella Sistina, LaChapelle torna a concepire un lavoro con l’unico scopo di esporlo in una galleria d’arte o in un museo, opere non commissionate e non destinate alle pagine di una rivista di moda o a una campagna pubblicitaria. Dopo The Deluge, la produzione del fotografo americano si volge verso altre direzioni estetiche e concettuali. Il segnale più evidente del cambiamento è la scomparsa dai lavori seriali della presenza umana: i modelli viventi che in tutti i lavori precedenti (unica eccezione è The Electric Chair del 2001, personale interpretazione del celebre lavoro di Andy Warhol) hanno avuto una parte centrale nella composizione del set e nel messaggio incarnato dall’immagine, spariscono. Le serie Car Crash, Negative Currencies, Hearth Laughs in Flowers, Gas Stations, Land Scape, fino alla più recente Aristocracy, seguono questa nuova scelta formale: LaChapelle cancella clamorosamente la carne, elemento caratterizzante della sua arte. Per permettere al pubblico di conoscere le “origini” del lavoro di LaChapelle degli anni precedenti a The Deluge, verrà esposta anche una selezione di opere che comprende ritratti di celebrità del mondo della musica, della moda e del cinema, scene con tocchi surrealisti basati su temi religiosi, citazioni di grandi opere della storia dell’arte e del cinema; una produzione segnata dalla saturazione cromatica e dal movimento, con cui il fotografo americano ha raggiunto la propria riconoscibile cifra estetica e ha influenzato molti artisti delle generazioni successive. Le opere di David LaChapelle sono presenti in numerose importanti collezioni pubbliche e private internazionali, e esposte in vari musei, tra i quali il Musée D’Orsay, Paris; the Brooklyn Museum, New York; the Museum of Contemporary Art, Taipei; the Tel Aviv Museum of Art; the Los Angeles County Museum of Art (LACMA); The National Portrait Gallery, London; and the Fotographfiska Museet, Stockholm, Sweden. The National Portrait Gallery in Washington, DC. L’esposizione ospiterà anche una rassegna di filmati che attraverso i back stage dei suoi set fotografici, ci illustrano il complesso processo di realizzazione e produzione dei suoi lavori.

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Federico Patellani – Professione fotoreporter

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dal 23/04/2015 al 13/09/2015 Palazzo Madama celebra l’opera del fotografo Federico Patellani (Monza 1911 – Milano 1977).

Federico Patellani è stato il primo fotogiornalista italiano e uno dei più importanti fotografi italiani del XX secolo, la cui produzione – realizzata nella quasi totalità per i giornali – è oggi conservata presso il Museo di Fotografia Contemporanea di Milano-Cinisello Balsamo (per deposito di Regione Lombardia). Da questo ricchissimo materiale sono state selezionate circa 90 fotografie in bianco e nero, individuando le immagini che meglio rappresentano le tappe fondamentali della carriera di Patellani dalla fine della Seconda guerra mondiale alla metà degli anni Sessanta, quando il fotografo si dedicò soprattutto alla fotografia di viaggio.

Federico Patellani racconta un’Italia che cerca di dimenticare il passato recente e di ritrovare le proprie radici, di costruire un senso di appartenenza e una capacità di partecipare alla vita civile in un Paese che sta cambiando pelle, da contadino sta diventando industriale.

Il percorso espositivo è suddiviso in cinque sezioni che rappresentano le tematiche più importanti della sua produzione: la distruzione delle città italiane alla fine della Seconda guerra mondiale, la ricostruzione e la ripresa economica, il sud dell’Italia e la Sardegna, la nascita dei concorsi di bellezza e la ripresa del cinema italiano, i ritratti degli artisti e degli intellettuali.

Si avvicina alla fotografia dopo la laurea in Legge, durante il servizio militare in Africa nel 1935, quando documenta con una Leica le operazioni del Genio Militare italiano. Nel 1939 collabora con “il Tempo” di Alberto Mondadori, settimanale che si rifaceva all’esperienza di “Life” adattandola alla realtà italiana, che allora costituiva un luogo di incontro di letterati e intellettuali fra cui Carlo Emilio Gadda ed Eugenio Montale.

Sensibile e colto narratore, Patellani è stato testimone di tutti gli eventi che segnano la società italiana del dopoguerra: dal referendum monarchia-repubblica all’occupazione delle terre nell’Italia meridionale, dal lavoro nelle campagne e nelle fabbriche alla nascita dei concorsi di bellezza, dal mondo del cinema a quello dell’arte e della cultura, alle foto di moda. Nel 1946 parte per un viaggio nel sud – che ripeterà per diversi anni – con gli architetti Lina Bo e Giuseppe Pagani, verso le “gravissime rovine causate dalla disperazione tedesca e dalla lentezza alleata nella fase conclusiva della battaglia per la liberazione di Roma”, come scriverà nel 1977. Realizza importanti reportage in varie zone d’Italia, fra cui Puglia e Sardegna, sede del famoso lavoro sui minatori di Carbonia, realizzato nel 1950.

Oltre alla cronaca, con uguale curiosità si dedica al costume, celebri le sue fotografie sui neonati concorsi di bellezza, scorciatoia di emancipazione e di speranza per molte giovani donne che desideravano lasciarsi alle spalle le miserie della guerra. Cresciuto alla scuola del cinema (già nel 1941 aveva lavorato con Mario Soldati per il film Piccolo Mondo Antico), Patellani è amico di Carlo Ponti, Mario Soldati, Dino De Laurentiis, Alberto Lattuada e con loro stabilisce un sodalizio professionale che lo rende testimone privilegiato sul set di molti film girati in Italia. Ritrae così tutti i più importanti attori e registi, da Totò a Sofia Loren, da Ingrid Bergman a Gina Lollobrigida, da Silvana Mangano a Elsa Martinelli, da Anna Magnani a Giulietta Masina, da Fellini e Visconti a De Sica. Parallelamente frequenta artisti e letterati, salotti mondani e studi di pittori (Thomas Mann, Carlo Carrà, Giuseppe Ungaretti, Elio Vittorini, Ardengo Soffici, Filippo de Pisis). Le sue fotografie sono ancora oggi incredibilmente attuali perché prive di retorica; appare evidente come nel suo lavoro gli stia a cuore solo la possibilità di documentare la realtà in modo sincero.

Il suo lavoro conserva un incredibile sguardo attuale e testimonia, a posteriori, gli sforzi compiuti dagli italiani per la costruzione di un’identità comune, fatta di molti intrecci, di sfumature culturali e di costume.

La mostra, che include un catalogo in vendita presso la mostra, e’ a cura di Kitti Bolognesi e Giovanna Calvenzi.

La mostra, che gode del Patrocinio della Città di Torino ed è inserita nel calendario ufficiale di ExpoTo, nasce dalla collaborazione fra Palazzo Madama, Museo di Fotografia Contemporanea e Silvana Editoriale.

L’esposizione rientra nel programma Neorealismo. Cinema, Fotografia, Letteratura, Musica, Teatro. Lo splendore del vero nell’Italia del dopoguerra 1945-1968, un progetto del Museo Nazionale del Cinema di Torino.

Federico Patellani

23 aprile – 13 settembre 2015

Palazzo Madama – Corte Medievale

Piazza Castello – Torino

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Pescara, Museo d’arte moderna “Vittoria Colonna” 30 aprile – 6 settembre 2015

Anteprima stampa e Inaugurazione Mercoledì 29 aprile ore 16.30

Colori accesi, brillanti, talmente vibranti da apparire irreali. Composizioni ritmate da linee e piani sovrapposti, geometrie costruite sulla luce. Paesaggi iperreali, in cui non c’è spazio per l’uomo o al contrario surreali, sospesi e spesso impossibili. Figure umane svelate in negativo, sublimate in ombre lunghe, a suggerire contemporaneamente l’idea di presenza e di assenza. Corpi come paesaggi e pianure e colline dai contorni antropomorfi. Questi sono i tratti distintivi delle 130 foto esposte nella grande retrospettiva dedicata a Franco Fontana, che rimandano immediatamente ed in modo inequivocabile al suo inconfondibile linguaggio visivo. Franco Fontana è il grande maestro della fotografia a colori in Italia ed è oggi il fotografo italiano più conosciuto a livello internazionale. La sua lunga carriera è costellata di riconoscimenti, premi e onorificenze in tutto il mondo. Sono più di quattrocento le mostre in cui sono state esposte le sue fotografie e più di quaranta i volumi pubblicati.

Dopo il successo ottenuto a Venezia e a Roma l’esposizione Full Color giunge a Pescara, al Museo d’arte moderna “Vittoria Colonna”, dove sarà aperta al pubblico dal 30 aprile al 6 settembre 2015. Curata da Denis Curti e ideata da Civita Tre Venezie, la mostra è promossa dal Comune di Pescara e organizzata da Civita Cultura in collaborazione con Abruzzo Intraprendere. Il prestigioso catalogo è pubblicato da Marsilio Editori.

Il percorso espositivo è articolato in diverse sezioni tematiche, a partire dai paesaggi degli esordi, passando per le diverse ricerche dedicate ai paesaggi urbani, al mare, alle geometrie delle ombre, alla luce americana, fino ad una piccola sezione dal titolo Piscine.

Nato nel 1933 a Modena, città dove si riscontra già dall’inizio del Novecento una tradizione fotografica piuttosto radicata, Franco Fontana si avvicina alla fotografia nei primi anni Sessanta, secondo un percorso comune a molti della sua generazione, ossia dall’esperienza della fotografia amatoriale, ma in una città che è culturalmente molto attiva, animata da un gruppo di artisti di matrice concettuale, seppure ancora agli esordi, tra cui vi sono Franco Vaccari, Claudio Parmeggiani, Luigi Ghirri e Franco Guerzoni.

Il lavoro di Franco Fontana condivide con questa corrente il bisogno di rinnovamento e di messa in discussione dei codici di rappresentazione ereditati, in campo fotografico, dal Neorealismo, ma pone particolare attenzione e cura anche agli esiti visivi e alla componente estetica. Nel 1963 avviene il suo esordio internazionale, alla 3a Biennale Internazionale del Colore di Vienna.

Nelle fotografie di questo primo periodo si vedono in nuce alcuni di quelli che diverranno i suoi tratti distintivi. Soprattutto, c’è una scelta di campo decisamente controcorrente rispetto alla maggioranza dei suoi colleghi: è stato tra i primi in Italia a schierarsi con tanta convinzione e fermezza in favore del colore rendendolo protagonista, non come mezzo ma come messaggio, non come fatto accidentale, ma come attore. È attratto dalla superficie materica del tessuto urbano, da porzioni di muri, stratificazioni della storia, dettagli di vita scolpiti dalla luce. Come fosse un ritrattista, Fontana mette in posa il paesaggio.

Il suo occhio fotografico ne sceglie il lato migliore con la consapevolezza che la fotografia, con il suo tempo di posa, gli obiettivi e i diaframmi, vede il mondo diversamente dall’occhio umano. Nel 1970 Franco Fontana scatta un’immagine-simbolo del suo repertorio, a Baia delle Zagare, in Puglia. “Questa foto rappresenta il mio modo di intendere la fotografia”, afferma Fontana. “Io credo infatti che questa non debba documentare la realtà, ma interpretarla. La realtà ce l’abbiamo tutti intorno, ma è chi fa la foto che decide cosa vuole esprimere. La realtà è un po’ come un blocco di marmo. Ci puoi tirar fuori un posacenere o la Pietà di Michelangelo.”

Nel 1979 intraprende il primo di una lunga serie di viaggi negli Stati Uniti, dove applica il suo codice linguistico, ormai consolidato, a un nuovo ambiente urbano. Qualche anno dopo, nel 1984, inizia la serie Piscine e nel 2000 inizia quella dei Paesaggi Immaginari, in cui la prevalenza dell’invenzione sul reale arriva ai massimi livelli. In questo caso, il fotografo, che non disdegna la tecnologia digitale, riafferma la propria libertà interpretativa della realtà tramite l’immaginazione.

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LA MEMORIA DEGLI ALBERI – Kathryn Cook  – Roma

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Lo sguardo poetico e documentario di una fotografa americana sul genocidio armeno in una mostra che la Galleria del Cembalo apre al pubblico, dal 23 aprile al 27 giugno 2015. “Gli alberi di Gelso fanno la guardia, nonostante il passaggio del tempo ad Ağaçlı, formando una macchia verde nel polveroso terreno dell’Anatolia, nutriti dalla sorgente che scende a cascata dalla valle sovrastante. Rami estesi come in una dichiarazione, le foglie nutrono un universo, chiuse da un filo. La seta, tessuta da grossi vermi su queste foglie risiedono sul pavimento delle case del villaggio e annidati nei giardini. Qui, ogni albero assorbe la pioggia e il vento, il sole e la tristezza; spinge le sue radici nella profondità del suolo di Ağaçlı e sono testimoni. I segreti dei secoli sono ombre sotto i grossi rami. Ma non ci diranno in modo semplice cosa è successo qui, o lì. Restano immobili, quiescenti, tornando alla storia solo quando appellati.”

Kathryn Cook Come fotografare quello che non c’è più e che si è cercato di cancellare? Per sette anni, Kathryn Cook è stata impegnata in un paziente lavoro alla ricerca delle tracce del genocidio degli Armeni – il primo della storia del Ventesimo secolo – che ha causato la morte più di un milione di Armeni in Turchia. Con uno stile fotografico contemporaneo, dove la poesia accompagna la memoria, Kathryn Cook riesce a scoprire i fili di una storia frammentata, fatta di detto e non detto, attraverso le testimonianze degli Armeni e dei Turchi incontrati in Armenia, in Turchia, in Libano, in Siria, in Israele e in Francia. Kathryn Cook si sofferma qui sulle tracce di questa eredità che circoscrive in una narrazione delicata che mescola foto in bianco e nero a colori. Con questo lavoro eccezionale, l’autrice propone un nuovo modo di rappresentare la sofferenza e il male procedendo attraverso ripetizione e simboli. Il titolo La memoria degli alberi si riferisce al villaggio turco di Agacli (il posto degli alberi), nella Turchia dell’est, che Kathryn Cook ha fotografato a lungo e che costituisce, in un certo senso, la metafora del suo percorso artistico. Questo villaggio, che era armeno prima del 1915, è oggi abitato da una maggioranza curda che ha fatto rinascere la tradizione della tessitura della seta come veniva praticata un tempo dagli Armeni. Nata nel 1978 negli Stati Uniti, Kathryn Cook vive oggi a Londra. Le sue fotografie compaiono regolarmente sulla stampa (The New Yorker, The New York Times, Time, Stern, Le Monde 2, The Independent) ed hanno ricevuto numerosi riconoscimenti tra i quali Inge Morath Award (2008), il Aftermath Project Grant (2008), il Enzo Baldoni Award (2008), il Alexia Foundation Grant (2012). Per portare a termine il lavoro ha beneficiato del programma di Ateliers de L’Euroméditerranée (Marsiglia- Provenza 2013). Le sue fotografie rappresentano la topografia, la memoria, l’oblio e mostrano sottilmente come la percezione di un paesaggio muta quando si sa quello che lì è accaduto. Molto più di una semplice documentazione di fatti, queste trasmettono la carica emozionale della Storia.

Galleria del Cembalo Largo della Fontanella di Borghese, 19 – Roma Tel. 06 83796619 23 aprile / 27 giugno 2015 ORARIO mercoledì, giovedì e venerdì: 17.00 – 19.30 sabato: 10.30 – 13.00 e 16.00 – 19.30 lunedì, martedì e le mattine di mercoledì, giovedì e venerdì: apertura su appuntamento Ufficio stampa Galleria del Cembalo Davide Macchia | ufficiostampa@galleriadelcembalo.it tel. 06 83081425 | cel. 340 4906881 www.galleriadelcembalo.it

Gli ambasciatori del gusto

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Sei giovani e talentuosi fotografi dell’AFIP hanno ritratto 12 giovani chef italiani selezionati da Carlo Cracco in vista dell’apertura dell’Accademia Internazionale di Cucina.

La mostra sarà visitabile gratuitamente durante tutto l’EXPO, tutti i week end dal 9 maggio al 26 ottobre 2015 presso l’ex Convento dell’Annunciata di Abbiategrasso.

Dodici scatti fotografici per immortalare altrettanti chef di cui sentiremo parlare a lungo, in Italia e non solo. Dodici chef e dodici prodotti della filiera agroalimentare lombarda. Il tutto nasce da un’idea di Carlo Cracco, chef e presidente dell’Associazione Maestro Martino, che ha individuato dodici chef italiani, giovani virtuosi, cui ha abbinato altrettante eccellenze della filiera agroalimentare lombarda. Con gli scatti di sei fotografi selezionati da Giovanni Gastel ecco servita la mostra fotografica “Gli Ambasciatori del Gusto”. Inaugurata questa mattina, potrà essere visitata, gratuitamente, tutti i week-end a partire da sabato 9 maggio fino al 26 ottobre 2015

GLI CHEF

Chi sono gli chef selezionati? Si tratta di sei uomini e sei donne: Matteo Monfrinotti, Paolo Griffa, Sabrina Tuzi, Antonio Colombo, Fabiana Scarica, Luca Sacchi, Alba Esteve Ruiz, Dario Guidi, Oliver Piras, Sara Simionato, Lucia Tellone e Sara Perceruti. “Abbiamo selezionato gli chef sulla base di tre criteri – ha dichiarato Carlo Cracco. In primis sono tutti chef giovani, intorno a trent’anni di età che oggi lavorano in ristoranti di primo livello, alcuni di loro sono già stati premiati. Altro criterio è stata la formazione, avvenuta sì in Italia ma con significative esperienze all’estero. Da ultimo, ma non meno importante, il radicamento al territorio d’origine ma con una forte propensione all’innovazione e alle contaminazioni culturali. Gli chef ritratti nella mostra costituiranno di fatto gli Ambasciatori dell’Ambasciata del Gusto dove i cuochi di tutto il mondo avranno cittadinanza e ospitalità durante Expo.”

I FOTOGRAFI

La mostra “Gli Ambasciatori del Gusto” è a cura del Maestro Giovanni Gastel, presidente onorario AFIP International – Associazioni Fotografi Professionisti di cui fanno parte gli autori degli scatti: Gianluca Cisternino, Giulia Laddago, Nicola Ughi, Annalisa Mazzoli, Giovanni Bortolani e Daniele Coricciati. Le due Associazioni, AFIP e Maestro Martino, hanno scelto di lavorare insieme per questa mostra scommettendo che dall’incontro tra chef e fotografo avrebbe potuto svilupparsi un’alchimia positiva. Una scommessa che le due associazioni ritengono ampiamente vinta.

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Postato da Anna