Incontri coi fotografi. Stefano Mirabella, Erminio Annunzi e Lorenzo Vitali da Musa fotografia

Musa presenta una serie di incontri dedicati alla fotografia, offrendo una piattaforma per importanti fotografi a livello italiano per condividere il loro lavoro e la loro passione con il pubblico. Ecco una panoramica degli eventi e degli autori in programma:

Stefano Mirabella – Maestro della Street Photography:
Stefano Mirabella, rinomato su tutto il territorio per la sua maestria nella street photography, sarà uno dei protagonisti degli incontri. La sua capacità di catturare momenti unici e autentici nelle strade delle città si traduce in immagini che raccontano storie profonde e coinvolgenti della vita quotidiana.

24 Maggio ore 20,30 presso

Musa fotografia – Via Mentana, 6 Monza


Erminio Annunzi – Maestro del Bianco e Nero:
Erminio Annunzi porta avanti la ricerca e l’arte della fotografia in bianco e nero con maestria e passione. Le sue fotografie sono caratterizzate da una profonda sensibilità artistica e da una capacità tecnica unica , creando immagini che colpiscono per la loro intensità emotiva.

30 Maggio ore 20,30 presso

Musa fotografia – Via Mentana, 6 Monza


Lorenzo Vitali e il progetto “They Have Gone”:
Lorenzo Vitali presenterà il suo progetto intitolato “They Have Gone”, nato dal suo personale desiderio di esplorare il legame emotivo-affettivo con il paesaggio del Veneto Orientale. Attraverso il suo lavoro, esplora la presenza delle case coloniche, un elemento fondamentale e integrante del paesaggio, approfondendo il significato emotivo e storico che queste strutture portano con sé.

8 Giugno ore 18,00 presso

Musa fotografia – Via Mentana, 6 Monza

Ogni incontro promette di offrire una prospettiva unica e affascinante sulla fotografia, permettendo al pubblico di immergersi nelle diverse sfaccettature di questo affascinante medium artistico.

Segnatevi le date e venite accompagnati!

Prossimi corsi da Musa fotografia:

Per informazioni

I tempi lunghi fanno parte del mio modo di vedere la fotografia, Nadia Garaventa Lanfranco

“I tempi lunghi fanno parte del mio modo di vedere la fotografia, anche se poi capisco che è in un attimo che scegli” (N.L.)

Articolo di Giovanna Sparapani

Enrico Castellani, Alberto Burri, M.me Christian Stein, Patrizia Locatelli – Fotografie di Nadia Garaventa Lanfranco

Il 31 ottobre scorso è scomparsa a Pieve Ligure un’importante fotografa italiana, Fernanda Lanfranco detta Nanda, colei che con professionalità e precisione fin dagli anni Settanta ha immortalato le installazioni, gli eventi e le mostre dei più grandi artisti contemporanei, tra cui Alberto Burri (famoso è un suo ritratto in bianconero), Meret Oppenheim, Mario Merz, Jannis Kounellis e molti altri. Nata a Genova nel 1935 da una famiglia di origini contadine, dopo i trenta anni, a contatto con l’illustre critico d’arte Germano Celant con il quale collabora e che resterà per lei un punto di riferimento per tutta la vita, approfondisce le sue conoscenze in campo storico artistico e parallelamente scopre la magia e le enormi possibilità della fotografia: il suo archivio fotografico, composto da migliaia di immagini analogiche e digitali, è una fonte preziosa per chi vuole conoscere e studiare l’arte europea del suo tempo. Amante del bianconero e dei formati quadrati, fotografa con una Hasselblad e, seppur autodidatta, raggiunge una capacità tecnica ed estetica di alto livello; la conoscenza dell’opera e degli scritti di Ugo Mulas di cui ammira la libertà espressiva e la sua carica innovativa, è di assoluta importanza per la sua formazione.

Fotografia di Nadia Garaventa Lanfranco

Collaborando con testate giornalistiche dedicate al mondo dell’arte, Nanda si dedica a documentare – a partire dal 1975 e per circa tre decenni – i più importanti eventi artistici a lei contemporanei in Italia e in Europa, tra cui ricordiamo “Relation in space” di Marina Abramović e Ulay alla Biennale di Venezia e in seguito la mostra “L’alto in basso, il basso in alto…” di Michelangelo Pistoletto, tenuta nel 1977 a Genova presso la Samangallery diretta da Ida Giannelli. Nel complesso, si può affermare che non ci sono artisti della sua generazione che la fotografa genovese non abbia immortalato, soffermandosi sugli eventi ufficiali, le inaugurazioni, le interviste, ma anche sugli interessanti momenti degli allestimenti, quando gli spazi espositivi sono ancora ingombrati da scale, pannelli, fili, ganci e molte opere giacciono stese sui pavimenti o appoggiate provvisoriamente alle pareti.

Fotografia di Nadia Garaventa Lanfranco

Oltre al suo lavoro di documentazione, Nanda si dedica senza clamore a ricerche personali, creando una interessante galleria di ritratti degli amici artisti, dei suoi familiari, degli animali domestici; anche la natura la affascina con i suoi silenzi rotti da squarci di luce, magnificamente captati con i suoi scatti rigorosamente in bianconero. Piuttosto schiva, silenziosa ed introversa si mostra disinteressata a mostrare al pubblico le sue opere, considerando le esposizioni come eventi mondani da evitare perché troppo chiassosi. Agli anni Ottanta risale la sua indagine fotografica sulle statue del Cimitero monumentale di Staglieno a Genova, delle quali mette in evidenza la perturbante sensualità delle figure femminili marmoree; sempre nello stesso periodo si colloca la serie di splendide nature morte con al centro oggetti che emergono da fondi oscuri grazie a sapienti giochi luministici. Tra il 1987 e il 1989 nasce un nuovo lavoro intitolato “Tempo rubato” (Allemandi Editore, Torino 1989), nel quale le immagini di corpi di donne e uomini anziani escono dal buio. “Se questa fotografia è il risultato di quanto sfugge al buio, se è il discreto esserci dei corpi che la luce annuncia e manifesta aderendo appena ai loro orli e sfumando via …. l’immagine fotografica allora diviene privata meditazione intorno all’amore e alla morte” (Bruno Corà).  Alvar Gonzaléz Palacios nel 1991 cura una mostra ad Aosta, intitolata “Foto di gruppo”, in cui Nanda espone una serie di scatti mirabili in cui ha immortalato gli artisti a lei più cari.  Per circa dieci anni, a partire dal 1985 fino alla metà degli anni Novanta, si dedica ad un’interessante ricerca sul tema dei Tarocchi, con gli Arcani Maggiori e Minori interpretati in un’originale chiave simbolica: questo lavoro costituirà il corpus del volume “I tarocchi. Mise en abyme”,  Allemandi editore, Torino 1995.

Enciclopedia delle donne | Biografie | Garaventa Lanfranco Nanda

Nanda Lanfranco, elogio della lentezza (ilgiornaledellarte.com)

https://www.artnet.com/artists/nanda-lanfranco

“Tutte le immagini presenti nell’articolo sono di proprietà dell’autore/autrice e hanno solo scopo didattico e informativo”

Lin Zhipeng, un’innocenza giocosa.

Lin Zhipeng (alias No.223) è nato a Guangdong, in Cina, nel 1979. Si è laureato presso l’Università di studi esteri del Guangdong con una specializzazione in inglese finanziario. Lin è un fotografo e scrittore freelance con sede a Pechino. Creato nel 2003, il suo blog “North Latitude 23”, in cui pubblica foto di accompagnate da brevi testi, ha ricevuto milioni di visualizzazioni e lo ha reso famoso tra la comunità web. Presentate per dieci anni in mostre collettive in Cina e all’estero, le opere di Lin sono state anche oggetto di diverse mostre personali a livello nazionale e internazionale (Delaware Contemporary Museum; Walther Collection Ulm; De Sarthe Gallery Beijing; Stieglitz19 Gallery Antwerp; M97 Gallery Shanghai, ecc.) Ha pubblicato libri di fotografia in Cina, Francia, Canada, Giappone e Italia.

© Lin Zhipeng

Lin è una figura di spicco della nuova fotografia cinese dell’ultimo decennio; ha diffuso il suo lavoro originariamente attraverso i social media e altre piattaforme online, oltre che con le sue zine autopubblicate. Il lavoro di Lin è arrivato a definire un certo “zeitgeist” della generazione di giovani cinesi, non mainstream, post anni Ottanta e Novanta. In mezzo a una società e a un contesto culturale tradizionali, conservatori e spesso chiusi, le fotografie di Lin agiscono come un diario collettivo non privato di una giovane generazione che desidera sfuggire alle pressioni della società . Fiori sbiaditi che si mescolano a toni della pelle, una miriade di motivi che si mescolano con un’ambiguità emotiva fatta di amore e caos, fantasia ed erotismo. Le opere di 223 sono sature di senso di spensieratezza, di un’innocenza giocosa e di un certo ottimismo in mezzo a uno stile di vita edonista che va contro i piaceri e le trappole del sogno della classe media.

© Lin Zhipeng

Lin Zhipeng offre il suo punto di vista sulla cultura giovanile alternativa nel contesto culturale cinese, spesso conservatore. Le sue fotografie spontanee ritraggono una giovane generazione che si abbandona all’amore e alla vita, oscillando tra l’esultanza e la profonda malinconia, la sessualità e spesso il semplice bisogno umano di essere amati in una società altrimenti indifferente e in continua evoluzione.

© Lin Zhipeng

Per conoscere meglio l’autore www.linzhipeng223.com Su Instagram @finger223

L’articolo ha solo scopo didattico e culturale, le fotografie sono dell’autrice e non possono essere usate per fini commerciali.

👉 Tutti i corsi e eventi in partenza a Maggio – Musa Fotografia

Buongiorno a tutti! Ecco i corsi e gli eventi in partenza a Maggio! Due grandi autori italiani ospiti da Musa: Erminio Annunzi e Stefano Mirabella, sono onorata di poter organizzare queste occasioni meravigliose.

Vi aspettiamo numerosi…spero di vedervi! Buona giornata

Sara.

EVENTI PROGRAMMATI DA MUSA FOTOGRAFIA

  • 3 MAGGIO 2024
    Incontro con l’autore: Erminio Annunzi
    ore 20.30 – Via Mentana 6 Monza
  • 24 MAGGIO 2024
    Incontro con l’autore: Stefano Mirabella
    ore 20.30 – Via Mentana 6 Monza

Fotografia di Erminio Annunzi

Fotografia di Stefano Mirabella

Verita Monselles, rivendicando sessualità, libertà e il diritto all’azione politica della donna

Articolo di Giovanna Sparapani

VERITA MONSELLES ( Buenos Aires 1929-Firenze 2004)

Le immagini che propongo sono l’oggettivazione della crisi esistenziale della donna, che vede posto in discussione il suo ruolo di fronte alla maternità, alla famiglia, alla religione, alla sessualità, nel contesto di una società repressiva…” (V.M.)

Ritratto femminile: nudo – Vaso – Fiori di Anthurium – Tenda – Collezione Mufoco –

Nata a Buenos Aires in Argentina nel1929, nei primi anni Settanta si trasferisce a Firenze dove inizia ad occuparsi di fotografia, prediligendo la messa in scena di ‘tableaux vivants’, al fine di realizzare immagini in cui mettere a fuoco il ruolo femminile all’interno della famiglia, con uno sguardo attento alle problematiche legate ad una società patriarcale e maschilista. La sua critica è indirizzata soprattutto nei confronti dei messaggi pubblicitari in voga nei paesi occidentali, a evidenziare figure di donne passive di fronte allo strapotere degli uomini che tendono a considerarle come oggetti e non come esseri pensanti, indipendenti e autonomi.  Non abbandonerà mai questa ricerca che arricchirà di spunti ed indagini nel corso di tutta la sua vita, affiancandola ad attività commerciali soprattutto nel campo della moda; famose sono le innumerevoli copertine realizzate per “Effe”, la prima rivista femminista nata in Italia nel 1973.  Affiancata da Romana Loda – vivace gallerista bresciana, critica d’arte contemporanea e curatrice di mostre innovative –  la Monselles è invitata a partecipare a esposizioni personali e collettive presso prestigiose gallerie, divenendo un’importante esponente della ‘fotografia al femminile’ anche in ambito europeo. Ricordiamo la sua presenza alle due collettive, “ Magma” al Castello Oldofredi a Iseo nel 1975 e “Altra Misura” alla Galleria ‘Il Falconiere’ di Ancona nel 1976.

In piena sintonia con il dibattito artistico culturale di quegli anni in cui si pone l’attenzione sulla funzione subordinata della donna all’interno della famiglia patriarcale (vedi ad es. l’episodio La Famiglia felicedi Marco Ferreri, in La marcia nuziale del 1965), Verita, in Amore I e Amore II del 1974, rovescia i ruoli tradizionali e scatta due immagini in cui la donna appare come un essere pensante protagonista della sua vita, mentre l’uomo viene rappresentato da un fantoccio e il bambino che tiene in braccio da un bambolotto.

Senza titolo 1976 di Verita Monselles

Al 1975 risalgono due splendide fotografie su questa tematica – Superstar e Bijoux – in cui il pargoletto ritratto nelle due scene rimanda all’immagine di Gesù Bambino; in una scena ricca di elementi barocchi con tendaggi e drappeggi arabescati, la giovane donna dai capelli scuri e ondulati è inginocchiata su un tappeto di chiara origine persiana, colta in un atteggiamento pensoso, con gli occhi che guardano lontano. Si tratta di esempi complessi e raffinati di ‘staged photography’, genere fotografico che nel corso degli anni Settanta vide un rigoglioso sviluppo con interessanti e provocatorie proposte. In tandem con l’artista Bianca Menna, in arte Tomaso Binga, in una serie di mostre in tour per l’Italia negli anni a cavallo tra il 1976 e il 1977, affronta una tematica scabrosa: nel lavoro dal titolo “Ecce Homo”, è già chiaro il messaggio politico che vede le due artiste prendere posizione contro la dimensione decisamente maschilista all’interno della chiesa cattolica.

Ecce Homo 1976 di Verita Monselles

Sul finire degli anni Settanta, Verita prosegue la sua ricerca sui temi legati all’affermazione dell’identità femminile: splendida e carica di ironia la sua immagine, realizzata nel 1977, dedicata alla statua marmorea di Paolina Borghese, scolpita nei primi anni dell’Ottocento da Antonio Canova e conservata alla Galleria Borghese di Roma. La giovane donna, sorella di Napoleone Bonaparte, rappresentata dallo scultore come una dea, viene trasformata in una Venere Contestatrice che con le dita fa il ‘gesto della vagina’ tipico dei cortei femministi dell’epoca, di cui diviene un’icona: “Materializzare la vagina, farle un doppio con le dita, fu anche un modo per esorcizzarne il problema, per liberarla e liberarci di lei in quanto schiavitù”. (V.M.)  

Paolina Borghese come venere contestatrice di Verita Monselles

A Firenze, sua città di adozione, dove in  quegli anni fiorivano interessanti stimoli culturali, diventa  la fotografa ufficiale della compagnia teatrale d’avanguardia  Magazzini Criminali, composta da Federico TiezziSandro Lombardi e Marion d’Amburgo.

Gli ultimi anni in cui subisce un drastico rallentamento la sua attività professionale nella moda e nella pubblicità, vedono Verita Monselles interessarsi al recupero dal suo archivio di vecchie immagini in bianconero che rielabora e trasforma, grazie a sapienti sperimentazioni in campo del digitale.

Da ricordare la sua partecipazione, soprattutto negli anni Ottanta, a importanti mostre a Parigi, Napoli, Milano, in Germania e in Francia.

Sitografia

Bibliografia

👉 Corso di ritratto in studio e in esterni – Musa Fotografia

Corso di ritratto in studio e in esterni
Buongiorno a tutti! Con il nostro amato docente Raoul Iacometti, vi aspettiamo per il corso di Ritratto in studio ed esterni. Raoul vi accompagnerà in un percorso sia teorico che pratico! Cosa aspettate a partecipare? Ciao Sara.

ALTRI CORSI IN PARTENZA A BREVE:

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EVENTI PROGRAMMATI DA MUSA FOTOGRAFIA

10 APRILE 2024
PRESENTAZIONE DELLE PROPOSTE EDITORIALI DELLA CASA EDITRICE DI FOTOGRAFIA EMUSE
ore 20.30

Via Mentana 6 Monza

Vi aspettiamo!

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Premio Musa per fotografe, le interviste alle vincitrici: Lidia Caputo

Musa fotografia vi presenta le vincitrici del Premio e vi fa conoscere i loro progetti, speriamo sia cosa gradita.

Qui il link al Premio Musa, ancora non indetto per il 2024, ma alla pagina potete leggere le condizioni e le collaborazioni che per la nuova edizione portano interessanti novità! Vai al premio

Nome: Lidia

Cognome: Caputo

Vincitrice del Premio Musa 2022 Ritratto

Lidia Caputo dal lavoro “Oltre l’apparenza”

  1. Come ti sei avvicinata alla fotografia e perché?

Non ricordo com’è successo; la fotografia c’è sempre stata. Già da ragazzina nelle fotografie di rito mi trovavo sempre dietro lo strumento. Quando è arrivato il momento di scegliere una scuola per il futuro non ho avuto dubbi e mi sono indirizzata verso un istituto che si occupava di immagine.

  1. Quando e come è nata la tua passione per la narrazione fotografica? A prescindere dal settore fotografico di appartenenza, come hai capito che lavorare su progetti articolati sullo stesso tema, fosse la strada giusta?

Sono sempre stata un’appassionata di storie, sia da fruitrice che da narratrice. Sono un’insegnante e forse lo sono diventata anche per questo. Parlo molto nel mio lavoro a scuola, ma quando mi esprimo con la fotografia è diverso; mi affascina la sua forma silenziosa di narrare. Non ha bisogno di parlare; si rivela.

Con il tempo ho constatato di avere uno stile e un’attenzione particolare a certi momenti. Ci sono istanti di realtà che attirano la mia attenzione e che mi piace provare a ricondurre in situazioni che ho già visto e affrontato. Situazioni che continuo ad approfondire anche in tematiche differenti.

  1. Come progetti e organizzi i tuoi lavori fotografici?

Rifletto molto sui lavori che ho intenzione di affrontare: mi informo e leggo tantissimo fino a quando tutti gli stimoli accumulati mi accompagnano verso le prime immagini.

  1. Quali tematiche ti interessano in particolare, hai già trattato altri temi, se si, come?

Mi piacciono le immagini che parlano delle persone, anche se le persone non compaiono. Nelle foto che più amo, gli oggetti o i paesaggi riescono a raccontare l’essenza delle persone che li hanno vissuti, amati o semplicemente attraversati. A volte dall’immagine si stacca netto solo quel particolare della personalità che ha lasciato la traccia più persistente, non necessariamente gradevole, ma interessante perché unica.

La fotografia di ritratto per me è una novità di pochi anni fa con il progetto realizzato con le detenute in carcere.  Mi ci sono avvicinata con un approccio simile alle altre mie immagini. Questa volta la presenza fisica dei soggetti è prevalente, ma il desiderio è di riuscirne a catturarne l’essenza in quel periodo della loro vita; ciò mi ha portato ancora una volta a tentare di rappresentare non quello che si vede, ma quello che di quella persona si può percepire al di là del volto e delle espressioni più convenzionali. Quello che un solo istante non ci può offrire e che può essere espresso catturando più tempo. Non mi sono mai illusa di poter conoscere le persone alla prima impressione.

Lidia Caputo dal lavoro “Wall”

  1. Cosa cerchi di esprimere con le tue immagini?

Gli istanti di realtà di cui parlavo prima sono quelli che mi illudo possano raccontare del mondo che mi trovo davanti; dell’essenza della natura e dell’uomo così come mi si rivelano, nella loro bellezza ma anche nella loro inadeguatezza o nelle loro contraddizioni.

  1. Sei solita riflettere molto nella fase di ideazione del lavoro o agisci d’istinto durante la fase di ripresa?

Agisco d’istinto. È proprio durante la ripresa che cerco ciò che la realtà mi può offrire: ho bisogno di essere all’interno della situazione.

  1. Dove trovi l’ispirazione per le tue immagini? Ci sono autori che ritieni interessanti o che ti hanno ispirato per il progetto vincitore del Premio Nazionale Musa per fotografe?

Ci sono artisti che mi hanno segnato come Atget e Ghirri nella fotografia e De Chirico e Hopper nella pittura. Sono autori che a mio parere hanno una cosa in comune: il tempo sospeso. Come delle epifanie, nelle loro opere la realtà si cristallizza per poco tempo per potersi mostrare nella sua essenza prima di diventare passato.

Anche per i ritratti del Premio Musa il tempo è molto importante; mi sono ispirata a Nadar che per ragioni tecniche utilizzava un tempo di posa molto lungo. Il risultato era un soggetto che non poteva essere colto in maniera istantanea, ma solo nello scorrere del tempo. Credo, nei miei ritratti, di aver colto l’espressione nello scorrere del tempo evitando l’attimo fugace.

  1. Quali sono le maggiori difficoltà che riscontri nel mondo della fotografia?

Mi ritengo una fotografa che rimane ai margini del mondo della fotografia. Osservare il mondo, scattare foto, guardare quelle degli altri e riflettere sulle immagini è buona parte della mia vita. Nonostante ciò, rimango sulla soglia.

Lidia Caputo “Islanda”

  1. Ci vuoi raccontare un fatto in particolare per cui hai deciso che la fotografia fosse importante per te?

Non c’è un fatto in particolare; come dicevo prima, la fotografia c’è sempre stata ed è sempre stata importante. Quando è arrivato il Premio Musa ho avuto una conferma.

  1. Come hai conosciuto il Premio Nazionale Musa per fotografe?

Ho conosciuto il premio sui social.

Lidia Caputo ritratto

Biografia
Sono nata nel 1971 a Milano. Dopo aver frequentato l’Itsos nell’indirizzo di
Comunicazione visiva, comincio a lavorare come assistente per diversi fotografi e a
frequentare i corsi serali dell’istituto Bauer: Fotografo e Fotografo colore. Mi iscrivo, in
seguito, a Lettere Moderne laureandomi in Storia dell’arte.
In passato ho portato avanti dei progetti sulla comunicazione pubblicitaria nella scuola
primaria. Da 16 anni insegno Fotografia e Produzioni audiovisive nelle secondarie
superiori. Collaboro con l’associazione Aihelpiu che si occupa di portare progetti
riabilitativi nelle carceri: io mi occupo di progetti fotografici. Uno di questi mi ha
permesso di vincere il Premio Nazionale Musa 2023

Contatti

@lidiablu 

@oltrelapparenza_lidiablu  

www.lidiablu.com (on line fra pochi giorni)