Mostre di fotografia da non perdere a novembre

Mostre fantastiche vi aspettano anche a novembre, avrete solo l’imbarazzo della scelta!

Buon divertimento

Anna

DOROTHEA LANGE. L’ALTRA AMERICA

Dorothea Lange, Toward Los Angeles, California, 1937. Farm Security Administration, Office of War Information Photograph Collection, Library of Congress Prints and Photographs Division Washington, D.C., USA
Dorothea Lange, Toward Los Angeles, California, 1937. Farm Security Administration, Office of War Information Photograph Collection, Library of Congress Prints and Photographs Division Washington, D.C., USA

Dal 27 ottobre 2023 al 4 febbraio 2024 i Musei Civici di Bassano del Grappa, in collaborazione con CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia di Torino, presentano al pubblico l’opera di Dorothea Lange (1895 –1965), celeberrima fotografa statunitense, co-fondatrice nel 1952 di Aperture, la più autorevole rivista fotografica al mondo e prima donna fotografa cui il MoMa dedicò una retrospettiva nel 1965, proprio pochi mesi prima della sua scomparsa.

Photographer of the people, la fotografa della gente. Così Dorothea Lange si presentava nel suo biglietto da visita. Perché lei, borghese del New Jersey, aveva scelto di non fotografare i divi o i grandi protagonisti del suo tempo, per concentrarsi invece sugli “ultimi” di un’America che stava affondando nella Grande Depressione. Lo sguardo con cui Lange coglie questa umanità dimenticata non è pietistico bensì profondamente “inclusivo”. Le sue immagini dimostrano infatti comprensione, sensibilità, partecipazione e immensa umanità, unite ad una capacità di lettura del contesto sociale rafforzata dal rapporto sentimentale e professionale con il marito, l’economista Paul Taylor. Nativa del New Jersey da una famiglia borghese di origini tedesche, a nove anni viene colpita dalla poliomielite che la rende claudicante; poi il dissidio con il padre, che abbandona la famiglia e che lei coraggiosamente ripudia assumendo il cognome materno.

Gli esordi la vedono a New York con Clarence White e Arnold Genthe. Nel 1918 parte per una spedizione fotografica in giro per il mondo, viaggio che si conclude prematuramente per mancanza di denaro a San Francisco, dove apre un proprio studio. Dopo avere operato per una decina di anni nel campo della ritrattistica professionale, abbracciando uno stile pittorialista, aderisce nei primi anni Trenta all’estetica della straight photography (fotografia diretta) per farsi madrina di una poetica della realtà e testimone della condizione dei più deboli ed emarginati: dai disoccupati e i senzatetto della California fino ai braccianti costretti a migrare di paese in paese alla ricerca di campi ancora coltivabili.

I drammatici accadimenti che segnano gli anni della Grande Depressione la portano a contatto con il grande progetto sociale e fotografico della “Farm Security Administration”, di cui diviene la rappresentante di punta. Nella seconda metà degli anni Trenta fotografa dunque la tragedia dell’America rurale colpita da una durissima siccità, realizzando alcune delle sue immagini insieme più drammatiche e più celebri: in questo contesto nasce infatti Migrant Mother, un’icona con cui Lange scrive una pagina indelebile della storia della fotografia imponendosi quale pioniera della documentazione sociale americana. Tuttavia, soffermandosi su quelle immagini potentemente evocative ci si accorge che vi è qualcosa di più. È lo sguardo di un’artista colta e raffinata che riesce a narrare temi e soggetti di grande drammaticità quali la crisi climatica, le migrazioni, le discriminazioni con una forza, un’incisività e una modernità sorprendenti. Nonostante ci separino diversi decenni da queste immagini, i temi trattati da Lange sono di assoluta attualità e forniscono spunti di riflessione e occasioni di dibattito sul nostro presente.

Fulcro – e novità – della mostra curata da Walter Guadagnini e Monica Poggi e che presenterà quasi duecento scatti, sarà uno speciale affondo sulla nascita di questo capolavoro, secondo un percorso espositivo di grande fascino ma anche di forte valenza divulgativa e didattica: la presentazione degli scatti eseguiti da Lange per trovare la foto perfetta, permetterà al pubblico di comprendere il procedimento attraverso il quale nasce un’icona.

Su commissione del governo americano, Lange si occupò successivamente anche della controversa vicenda dei campi di prigionia per cittadini giapponesi presenti sul territorio americano dopo l’attacco di Pearl Harbor, serie che per il suo atteggiamento critico nei confronti della politica governativa verrà sostanzialmente censurata e riportata solo molti anni più tardi. Queste fotografie – ulteriori testimonianze della profondità e della lucidità dello sguardo fotografico di Dorothea Lange – saranno esposte per la prima volta in Italia in modo così esaustivo proprio in occasione della rassegna; un evento nell’evento, in quanto la mostra si accompagna alla riapertura del Museo Civico di Bassano del Grappa che, dopo sei mesi di lavori di ammodernamento e riqualificazione, riconsegna al pubblico le proprie importanti collezioni permanenti in spazi completamente rinnovati e con un allestimento affascinante, aggiornato e ricco di opere inedite.

Attraverso un’ampia selezione di opere – alcune delle quali non esposte nella tappa torinese della mostra – provenienti da diversi nuclei collezionistici che conservano l’opera di Dorothea Lange (tra cui in particolare la Library of Congress di Washington, i National Archives statunitensi), la mostra si incentrerà principalmente sul periodo d’oro della carriera della fotografa, dagli anni Trenta alla Seconda Guerra Mondiale, presentando anche scatti precedenti e successivi per dare conto della varietà e della profondità della sua ricerca, sempre tesa a restituire un sincero e partecipato ritratto di ciò che la circondava. Come affermò lei stessa, “la macchina fotografica è uno strumento che insegna alla gente come vedere il mondo senza di essa”.

27 ottobre 2023 – 4 febbraio 2024 – Bassano del Grappa (Vi), Museo Civico

LINK

GABRIELE BASILICO. LE MIE CITTÀ

Gabriele Basilico, Milano, 1978-80 I Ph. Gabriele Basilico/Archivio Gabriele Basilico
Gabriele Basilico, Milano, 1978-80 I Ph. Gabriele Basilico/Archivio Gabriele Basilico

A dieci anni dalla scomparsa, Milano dedica a Gabriele Basilico (1944-2013) una ampia mostra che si articola in due sedi espositive – Palazzo Reale e Triennale Milano – e rappresenta il primo grande omaggio che la città in cui Basilico è nato e ha vissuto rivolge al fotografo e a quel suo sguardo cosmopolita, capace appunto di ascoltare il cuore di tutte le città. L’esposizione propone complessivamente oltre 500 opere, partendo dall’attraversamento della città di Milano in Triennale per guardare e arrivare al Mondo a Palazzo Reale.

La mostra “Gabriele Basilico. Le mie città”, che apre al pubblico il 13 ottobre 2023, è promossa e prodotta da Comune di Milano-Cultura, Palazzo Reale e Triennale Milano, insieme a Electa e realizzata con la collaborazione scientifica dell’Archivio Gabriele Basilico. 

Palazzo Reale la mostra è curata da Giovanna Calvenzi e Filippo Maggia e presenta una selezione dei lavori sulle grandi committenze internazionali di Basilico; in Triennale, dove la curatela è affidata a Giovanna Calvenzi e Matteo Balduzzi, viene esposta un’ampia selezione di immagini di Milano e delle sue periferie.

Dal 13 Ottobre 2023 al 08 Gennaio 2024 – Palazzo Reale / Triennale Milano – Milano

LINK

DON MCCULLIN A ROMA

Don McCullin, Le acciaierie di West Hartlepool alle prime luci dell’alba, Contea di Durham, Inghilterra, 1963 | Stampa ai sali d’argento, cm. 59,4 x 74,3. Courtesy Hamiltons Gallery
© Don McCullin | Don McCullin, Le acciaierie di West Hartlepool alle prime luci dell’alba, Contea di Durham, Inghilterra, 1963 | Stampa ai sali d’argento, cm. 59,4 x 74,3. Courtesy Hamiltons Gallery

Dal 10 ottobre 2023 Palazzo Esposizioni Roma presenta la più importante retrospettiva mai realizzata finora, dedicata al fotografo britannico di fama internazionale Don McCullin, la prima che raccoglie in maniera esaustiva le diverse fasi del suo lavoro, sino alle fotografie più recenti nelle quali, in una sorprendente visione d’insieme, l’autore sintetizza le sue esperienze più radicali.

La mostra, che si protrarrà fino al 28 gennaio 2024, è curata da Simon Baker, in stretta collaborazione con Don McCullin e Tim Jefferies e con l’assistenza di Catherine Fairweather, Jeanne Grouet, Lachlann Forbes.
E’ promossa dall’Assessorato alla Cultura di Roma Capitale e dall’Azienda Speciale Palaexpo, prodotta e organizzata dall’Azienda Speciale Palaexpo. 

La mostra a Palazzo Esposizioni si riallaccia idealmente, ampliandola, all’antologica della Tate Britain curata da Simon Baker nel 2019. Oltre a ripercorrere i momenti più significativi del lavoro di McCullin, presenta la serie dedicata all’Impero romano, avviata negli anni Duemila, che lo stesso autore considera un punto di arrivo nel quale si sovrappongono, fondendosi, i temi cardine della sua fotografia: il dolore delle immagini dell’Inghilterra subalterna e quello delle guerre sparse nel mondo, e la pace dei paesaggi del Somerset in cui McCullin si rifugia per lenire la sofferenza delle sue esperienze di guerra.   Nell’attuale mostra dolore e pace convivono nell’indagine fotografica culturale, architettonica e storica sui resti dell’Impero romano nell’area del Mediterraneo meridionale. Esposte a Roma, queste fotografie offrono un nuovo focus sulla storia della Città, rileggendola, come accaduto in Vita Dulcis e in Roma, a portrait – le mostre che si sono da poco concluse a Palazzo Esposizioni – in relazione a tempi storici o a culture diverse.

Dal 10 Ottobre 2023 al 28 Gennaio 2024- Palazzo delle Esposizioni – Roma

LINK

GUIDO HARARI- INCONTRI 50 ANNI DI FOTOGRAFIE E RACCONTI

Il Comune di Milano e la Fabbrica del Vapore presentano la grande mostra antologica dedicata a Guido Harari, che sarà allestita in un suggestivo percorso espositivo nell’Ala Messina con più di 300 fotografie, oltre a filmati originali, proiezioni e incursioni musicali, un’audioguida per tutti e incontri con l’autore.

La mostra sarà introdotta da una istallazione dedicata a Milano, ai grandi personaggi dell’arte, della cultura e della società milanese che Harari ha incontrato nel corso dei suoi 50 anni di carriera. Nella mostra sarà inoltre allestita la “Caverna magica”, uno speciale set fotografico dove Guido Harari realizzerà dei ritratti (su prenotazione on line). Oltre alla stampa originale, che lui stesso firmerà e consegnerà a chi è stato ritratto, una seconda stampa verrà esposta – in tempo reale – nella sezione che chiude la mostra, Occhi di Milano, una sorta di “mostra nella mostra” che si popolerà via via degli sguardi della città. E per rappresentarli tutti, Harari realizzerà dei “ritratti sospesi” ai milanesi “meno fortunati” nella Casa dell’accoglienza “Enzo Jannacci”, nell’Istituto dei Tumori e in altre strutture di assistenza. Anche questi “ritratti sospesi” andranno ad aggiungersi al grande mosaico degli Occhi di Milano.

La mostra ripercorre tutte le fasi della eclettica carriera di Guido Harari: dagli esordi in ambito musicale come fotografo e giornalista, alle numerose copertine di dischi per artisti come Fabrizio De André, Bob Dylan, Vasco Rossi, Kate Bush, Paolo Conte, Lou Reed, Frank Zappa, fino all’affermazione di un lavoro che nel tempo è rimbalzato da un genere all’altro – editoria, pubblicità, moda, reportage – privilegiando sempre il ritratto come racconto intimo degli incontri con le maggiori personalità del suo tempo.

Il percorso espositivo prende le mosse dagli anni Settanta, quando Harari, ancora adolescente, inizia a coniugare le sue due grandi passioni: la musica e la fotografia.

Immagini e sequenze inedite, insieme a filmati d’epoca di backstage, videointerviste, il documentario di Sky Arte a lui dedicato e l’audioguida con la voce narrante dello stesso Harari conducono il visitatore nel cuore del suo processo creativo.

La mostra propone anche una sezione dedicata alla passione parallela per la curatela di libri intesi come una forma di “fotografia senza macchina fotografica”, oltre che occasioni di incontri vecchi e nuovi (così le biografie illustrate dedicate a Fabrizio De André, Fernanda Pivano, Mia Martini, Giorgio Gaber e Pier Paolo Pasolini) e un’altra dedicata a immagini inedite “di ricerca” che Harari va realizzando da qualche anno come sua personale forma di meditazione in progress

Dal 28 ottobre 2023 al 1 aprile 2024 – Fabbrica del Vapore – Milano

LINK

JACOB E SARA AUE SOBOL. JAMES’ HOUSE E HUNTING HEART

© Jacob e Sara Aue Sobol
© Jacob e Sara Aue Sobol

Due storie d’amore in bianco e nero. Da un lato quella per la vita tra i ghiacci, cresciuta grazie ai tre anni trascorsi da Jacob Aue Sobol in Groenlandia. Dall’altro quella tra il fotografo e Sara Aue Sobol, sua moglie, condivisa con il pubblico tramite le immagini realizzate da entrambi.

Non ho mai l’intento di fare fotografie ma questa piccola macchina fotografica è lo strumento che ho sempre con me e che uso per entrare in contatto con le persone e con i luoghi, per creare intimità e per condividere intimità. Jacob Aue Sobol

Oltre trenta fotografie, realizzate tra il 1999 e il 2023, per due progetti che danno il titolo alla mostra presentata da Leica Galerie Milano, all’interno di Leica Store, recentemente rinnovato. Due storie che uniscono il lavoro del fotografo danese che si definisce “padre, pescatore e fotografo” e quello della moglie Sara Aue Sobol.

James’ House è il racconto, per immagini, dei tre anni che Sobol ha vissuto in Groenlandia e dell’incontro con James, un uomo Inuit (popolo artico) che gli ha permesso di imparare a cacciare, pescare, sopravvivere in condizioni estreme. Hunting Heart è un lavoro a quattro mani, in cui la visione di Jacob si intreccia con quella di Sara per condividere con il pubblico uno sguardo intimo sulla loro vita familiare. Se nelle immagini di Jacob è sempre il bianco e nero a dominare, la visione di Sara emerge grazie all’uso del colore: entrambi parlano dei loro figli, della loro casa, della quotidianità ritratta con intensità ed emozione.

La presenza di Jacob e Sara Aue Sobol a Milano non è solo l’occasione per scoprirne il lavoro, ma anche per entrare in contatto diretto, grazie a una masterclass proposta da Leica Akademie nella sua sede di Via Mengoni 4, a due passi dal Duomo, nelle giornate del 18 e 19 novembre.

dal 17 novembre 2023 a fine gennaio 2024 – Leica Galerie Milano

LINK

THE 1950S. STORIE AMERICANE DEI GRANDI FOTOGRAFI MAGNUM

Philippe Halsman, American actress Marilyn MONROE, USA, 1952
© Philippe Halsman/Magnum Photos | Philippe Halsman, American actress Marilyn MONROE, USA, 1952

Ci sono due grandi razze di fotografi:
quelli che fabbricano immagini e quelli che le colgono.
I primi hanno il loro studio… per i secondi, il loro studio è il mondo.
Ernst Haas 
Il Comune di Parma Assessorato alla Cultura e Summer Jamboree in collaborazione con l’agenzia Magnum Photos presentano THE 1950s Storie americane dei grandi fotografi Magnum

Una mostra fotografica dedicata alla cultura americana degli anni Cinquanta, realizzata attraverso una selezione esclusiva di fotografie dell’archivio Magnum Photos a cura del Summer Jamboree.
Il progetto espositivo originale a cura di Marco Minuz insieme con Summer Jamboree è ospitato a Palazzo del Governatore del capoluogo parmense dal 7 ottobre al 10 dicembre.

In mostra scatti celebri e inediti di Dennis Stock, Elliott Erwitt, Werner Bischof, Wayne Miller, Philippe Halsman, Inge Morath, Burt Glinn, Bob Henriques, Rene Burri, Cornell Capa, Leonard Freed, Erich Hartmann, Bruce Davidson, Eve Arnold.


Magnum Photos viene fondata nel 1947 a New York e per la prima volta tutti questi grandi maestri della fotografia, allora membri dell’agenzia, che in quegli anni operavano, vengono esposti insieme in una mostra fotografica per raccontare in maniera organica il contesto culturale compreso fra la fine degli anni Quaranta e il decennio successivo, attraverso una selezione esclusiva e in parte inedita di 82 scatti dell’archivio Magnum Photos.

THE 1950s Storie americane dei grandi fotografi Magnum è prodotta e organizzata dal Summer Jamboree in collaborazione con l’agenzia Magnum Photos e Suazes in occasione della prima edizione del Winter Jamboree, che si terrà a Parma dal 7 al 10 dicembre 2023 promossa da Fiere Di Parma, Comune di Parma e Regione Emilia-Romagna.

L’esposizione THE 1950s Storie americane dei grandi fotografi Magnum anticipa dunque la prima edizione del Winter Jamboree, nuovo format invernale a cura del Summer Jamboree, il Festival Internazionale di musica e cultura dell’America anni ’40 e ’50 più grande d’Europa, che animerà dal 7 al 10 dicembre 2023 gli spazi delle Fiere di Parma trasformandone alcuni padiglioni nel meraviglioso sogno americano anni Cinquanta in versione Christmas edition #1: sarà allestito un Rockin’ Christmas Vintage market, dove, dalla mattina fino a sera sarà possibile fare rifornimento di regali vintage e prelibatezze enogastronomiche in vista delle feste, accompagnati da un sottofondo di musica Rock’n’Roll, Swing, Country, Rockabilly, Rhythm’n’Blues, Hillbilly, Doo-wop, Western swing e dai grandi classici dei Natali di una volta. Si aggiungono grandi concerti dal vivo al Pala Verdi con artisti provenienti da ogni parte del mondo, DJs set ed esibizioni di ballo, Dance Camp internazionale per chi desidera imparare a muoversi a ritmo di Rock’n’Roll, il Burlesque Show all’interno del quartiere fieristico e una Tattoo Convention con i migliori tatuatori old school che lavoreranno non stop.

La mostra THE 1950s Storie americane dei grandi fotografi Magnum nasce proprio con l’obiettivo di raccontare in maniera organica, attraverso le immagini, questi stessi travolgenti anni americani, mettendo a fuoco l’essenza di un decennio felice, ma assai complesso. L’esposizione riunisce per la prima volta insieme 82 scatti realizzati da grandi fotografi, membri dell’agenzia Magnum Photos attivi negli anni ’50, artisti che hanno catturato lo spirito della società d’Oltreoceano di quei tempi, restituendocene intatta la bellezza, la potenza delle trasformazioni in atto insieme alle profonde contraddizioni che ancora la caratterizzavano, tracciando così una nuova mappa dell’identità americana ed esplorando le sue dimensioni sociali, culturali, economiche.

Gli anni Cinquanta furono sì un’epoca d’oro, un tempo di felicità e prosperità economica, ma furono anche anni ancora segnati dalla segregazione razziale e dalle tensioni causate dal blocco sovietico che diedero poi avvio alla guerra fredda e all’escalation nucleare. THE 1950sStorie americane dei grandi fotografi Magnum traccia il resoconto di questi anni, dando spazio a un’America reale, con i suoi problemi e le sue difficoltà, ma anche con la sua straordinaria forza di guardare avanti.

Gli scatti in mostra permettono di porre l’attenzione sugli elementi caratterizzanti di quel periodo come l’industria automobilistica, la moda, la musica, i grattacieli, le grandi distese naturali, il ruolo della donna. Ogni elemento viene però filtrato dalla volontà di mettere sempre al centro l’essere umano e di raccontarlo. Nel bianco e nero delle fotografie, infatti, il paesaggio passa in secondo piano, mentre ne esce rafforzato l’elemento umano, il valore delle persone e dei loro gesti. Ne emerge uno spaccato di una società protesa al futuro che lascia alle spalle l’esperienza bellica.

Ma THE 1950s Storie americane dei grandi fotografi Magnum narra anche la storia di una delle più grandi agenzie fotografiche al mondo, la Magnum Photos, nata nel 1947 nel ristorante del Museo d’Arte Moderna di New York (MoMA), che all’epoca rappresentava l’epicentro economico, sociale e culturale del mondo occidentale. Henri Cartier-Bresson, Robert Capa, David Seymour, George Rodger e William Vandivert – un francese, un ungherese, un polacco, un inglese e un americano – accomunati da un’esperienza di vita comune, ovvero aver raccontato attraverso le immagini il trauma del secondo conflitto mondiale, riuniti attorno a un tavolo, delinearono e resero concrete una serie di riflessioni sul destino della loro professione come fotogiornalisti.

Dalla sua fondazione Magnum Photos, ha visto crescere ben 103 fotografi, definendo un nuovo modo di raccontare il presente con le immagini. Tenendo saldi i valori della tutela del diritto d’autore, del rispetto della sensibilità espressiva di ogni fotografo e della fedeltà alla verità di ogni avvenimento, l’agenzia ha riunito artisti accumunati dalla convinzione che la fotografia fosse un’importante opportunità per veicolare valori e adoperarsi contro le ingiustizie e gli squilibri della società. Un’incredibile esperienza che si è imposta a livello internazionale, tutt’oggi straordinaria per l’influenza che ebbe, e che continua ad avere, nel mondo della fotografia.

Dal 07 Ottobre 2023 al 10 Dicembre 2023 – Palazzo del Governatore – Parma

LINK

BAR STORIES ON CAMERA. GALLERIA CAMPARI / MAGNUM PHOTOS

Harry Gruyaert, Belgium, Brussels, 1981
Harry Gruyaert, Belgium, Brussels, 1981

La mostra presenta 90 fotografie dagli anni Trenta agli inizi degli anni Duemila che raccontano il mondo del bar attraverso 48 immagini dall’Archivio Storico Galleria Campari e 42 scatti di 24 fotografi internazionali dell’agenzia Magnum Photos tra cui figurano Capa, Erwitt, Parr e Scianna.

L’allestimento presenta anche una selezione di ricettari e libri sui cocktail da fine XIX secolo agli anni Duemila, oltre a oggetti ed ephemera originali legati al bar: menù, carte intestate, insegne, bicchieri, attrezzi per la miscelazione, locandine e oggetti pubblicitari vintage. La sfaccettata vitalità del mondo bar viene raccontata a 360 gradi, in un’esplorazione della sua connotazione sociale come luogo di incontro, aggregazione, svago e scambio culturale di cui Campari è protagonista dal 1860.

Dal 04 Ottobre 2023 al 30 Aprile 2024 – Galleria Campari – Sesto S. Giovanni (MI)

LINK

ROBERT CAPA. IL FOTOREPORTER

Robert Capa, Soldier walking through field on recconnaissnace mission, near Troina, Sicily, Italy, August 4-5, 1943 © International Center of Photography/Magnum Photos
Robert Capa, Soldier walking through field on recconnaissnace mission, near Troina, Sicily, Italy, August 4-5, 1943 © International Center of Photography/Magnum Photos

In occasione dei 110 anni dalla nascita di Robert Capagiovedì 21 settembre, alle ore 19:30 presso la Galleria dell’Accademia d’Ungheria in Roma si terrà il vernissage della mostra fotografica Robert Capa, il fotoreporter
L’esposizione è organizzata in collaborazione con il Robert Capa Contemporary Photography Center Budapest.

Robert Capa (22 ottobre 1913–25 maggio 1954), il fotografo di fama mondiale nato a Budapest, fu testimone oculare degli eventi storici che hanno determinato il XX secolo nonché messaggero in ventitré paesi di quattro continenti. Per tutta la sua vita sostenne che il linguaggio universale della fotografia potesse apportare cambiamenti, rendendo il mondo un posto migliore. Seppe guardare le cose con uno sguardo “creativo”, qualunque cosa toccasse prendeva una forma nuova, mai vista prima. Fu in grado di vedere ciò che gli altri non riuscirono e, con il suo cambio di prospettiva, seppe dare una nuova definizione alle cose, avvicinandosi al mondo con un nuovo approccio. Il suo talento incandescente e pervasivo ha permeato tutte le sue attività e la sua vita. Il suo coraggio, la sua audacia, il potere visivo delle sue fotografie non hanno pari. La sua immensa empatia e umanità hanno caratterizzato tutte le sue attività, è stato uno degli “avventurieri etici”, secondo le parole di Henri Cartier-Bresson, e l’atteggiamento morale nelle sue immagini è un esempio per tutti.

La mostra rende omaggio all’uomo che vide cinque campi di battaglia e, corpo a corpo con la morte, documentò la storia dando una nuova definizione alla metodologia della fotografia di guerra.

Conquistò fama mondiale grazie alla fotografia scattata durante la guerra civile spagnola, intitolata Morte di un miliziano lealista, fronte di Córdoba, Spagna nel 1936. Questo periodo fu tra i più tristi della sua vita, segnato dalla tragica perdita della sua compagna, la collega di origini polacche Gerda Taro.
Capa scattò fotografie di soldati e partigiani, raffigurandoli sia in momenti di vita quotidiana che durante le battaglie, dalla posizione dell’osservatore partecipe e infinitamente empatico. Era lì con loro, ed è da molto vicino che scattò le sue fotografie. Famose sono le sue parole al riguardo: Se le tue foto non sono abbastanza buone, non eri abbastanza vicino.”

Su suggerimento di Capa, insieme ai fotografi Henri Cartier-Bresson, George Rodger e 
David “Chim
” Seymour, nel 1947 fu fondata l’agenzia Magnum Photos.

La selezione della mostra Robert Capa, il fotoreporter presenta settantacinque immagini della sua vita, dalla foto che cattura la conferenza di Trockij (una delle sue prime commissioni) a quella scattata durante la guerra d’Indocina. Le fotografie in mostra raccontano sia il mondo della guerra che i momenti di pace di Robert Capa.

Grazie alle fotografie acquistate nel 2008, quello di Budapest è diventato uno dei centri di riferimento del patrimonio Capa insieme ai centri di New York e di Tokyo. La serie intitolata Raccolta Master III (Master’s Set III) che documenta la vita di Robert Capa, comprende 937 ingrandimenti realizzati negli anni ‘90. Queste fotografie sono state selezionate da Cornell Capa (fratello minore di Robert Capa) e dallo storico della fotografia Richard Whelan (monografista di Robert Capa) tra il 1990 e il 1992 tra quasi 70mila negativi lasciati da Capa.

Le fotografie in mostra sono state selezionate dalle immagini della collezione ungherese Robert Capa Master Collection, conservata nel Centro di Fotografia Contemporanea Robert Capa di Budapest.

Dal 21 Settembre 2023 al 19 Novembre 2023 – Galleria dell’Accademia d’Ungheria in Roma

MAPPLETHORPE – VON GLOEDEN. BEAUTY AND DESIRE

MAPPLETHORPE - VON GLOEDEN. BEAUTY AND DESIRE, MUSEO NOVECENTO, FIRENZE
MAPPLETHORPE – VON GLOEDEN. BEAUTY AND DESIRE, MUSEO NOVECENTO, FIRENZE

Il Museo Novecento rende omaggio a uno dei più grandi esponenti della fotografia del Novecento, Robert Mapplethorpe (New York, 1946 – Boston, 1989), tramite un raffronto inedito con gli scatti di Wilhelm von Gloeden (Wismar, 1856 – Taormina, 1931) e alcune immagini dei Fratelli Alinari: un confronto evocativo e a tratti puntuale, che rivela il ricorrere di temi comuni; motivi che attraversano il tempo e giungono fino a noi, ponendosi come spunti di riflessione sull’attualità e su come arte, morale e spiritualità cambino e si evolvano nella loro reciproca relazione.

La mostra, organizzata a quarant’anni di distanza dall’esposizione del Palazzo delle Cento Finestre che fece conoscere a Firenze l’opera del fotografo statunitense, mette in luce il legame di Robert Mapplethorpe con la classicità, nonché il suo approccio scultoreo al mezzo fotografico. Il profondo interesse per l’antico, la passione per i maestri che lo hanno preceduto e l’attenta comprensione della statuaria (in particolare dell’opera di Michelangelo) sono delle costanti nella ricerca dell’artista.

Appassionato collezionista di fotografie, Mapplethorpe conosce l’opera del barone Wilhelm von Gloeden, con la quale ha forse la possibilità di confrontarsi ampiamente anche agli inizi degli anni Ottanta, grazie ai contatti con il gallerista Lucio Amelio e a un soggiorno a Napoli, durante il quale si misura inoltre con la potenza disarmante delle rovine. Von Gloeden, tra i pionieri della staged photography, celebra nelle sue composizioni un ideale richiamo al passato, concepito quale inesauribile bacino di soggetti e suggestioni: un segno stilistico unico, che lo rende ancora oggi un’icona e costituisce un suggestivo riferimento per Mapplethorpe.

Le fotografie di Mapplethorpe e von Gloeden, pur traendo ispirazione dai canoni della classicità, sembrano condurre lungo traiettorie estetiche non scontate e a tratti perturbanti, sollevando e risolvendo interrogativi sul tema del corpo e della sessualità la cui eco risuona, a tratti immutata, nella cultura visiva contemporanea, dove la censura e il giudizio morale sono sempre pronti a mettere sotto accusa la bellezza e il desiderio.

Dal 23 Settembre 2023 al 14 Febbraio 2024 – Museo Novecento – Firenze

LINK

DAVID LACHAPELLE. STATIONS OF THE CROSS

David LaChapelle, He is Made to Bear His Cross, Los Angeles, 2023
© David LaChapelle | David LaChapelle, He is Made to Bear His Cross, Los Angeles, 2023

Dal 27 ottobre apre al pubblico in esclusiva nella Galleria Deodato Arte in via Giulia 122 a Roma la nuova mostra di David LaChapelle con l’inedita serie “Stations of the Cross”, che verrà presentata durante la Biennale di Firenze in occasione del premio alla carriera assegnato al fotografo statunitense. 
La mostra, che sarà inaugurata dallo stesso LaChapelle il 27 ottobre, presenta nuove sorprendenti opere, quindici scene della Via Crucis disposte lungo un percorso che simboleggia il cammino di Cristo verso la Crocifissione e che l’artista ha interpretato ispirandosi a diversi esempi, dall’epoca medievale a quella postmoderna, immaginando la tradizionale narrazione religiosa in un modo nuovo, colorato e poetico. Con il suo stile e la sua composizione unici, LaChapelle presenta nelle vesti di Cristo l’artista e attore italiano Tedua, per il quale il fotografo ha firmato le cover degli album “Purgatorio” e “Inferno”; elementi teatrali insieme a figure simboliche trasportano la pratica devozionale, nella quale lo spettatore visita ciascuna stazione  pregando, nel tempo presente.
 
In mostra e in conversazione con la Via Crucis, oltre a diverse opere di diverse serie già note del suo portfolio, LaChapelle espone Earth Laughs in Flowers, la serie realizzata tra il 2008 e il 2011 ispirata alle tradizionali vanitas olandesi, raffigurazioni di oggetti simbolici che fanno riflettere sulla vanità delle conquiste e dei piaceri terreni; come sempre, anche anche nelle sue dieci vanitas LaChapelle mescola umorismo e dramma insieme ad oggetti di uso quotidiano, per ricordare allo spettatore la nostra mortalità. 
 
“E’ una grande responsabilità accogliere David LaChapelle per questa occasione – spiega Deodato Salafia – si tratta della sua prima mostra presso la nostra sede di Roma, dopo la rassegna di opere iconiche presso Deodato Milano lo scorso autunno. Ancora una volta LaChapelle, che ha già trattato soggetti legati al cristianesimo, come l’Annunciazione, ci offre con incredibile sorpresa un’indagine su uno dei pilastri più tradizionali della Chiesa Cattolica Romana. Un lavoro di 15 scenografie creano una collezione destinata a restare nella storia dell’arte.”

Dal 27 Ottobre 2023 al 25 Novembre 2023 – Galleria Deodato – Roma

I WANT YOU TO KNOW MY STORY – Jess T. Dugan

Shira and Sarah, 2020 © Jess T Dugan

I want you to know my story è la prima mostra personale in Italia dell’artista statunitense Jess T. Dugan, nata dalla pubblicazione del suo ultimo progetto Look at me like you love me (Mack Books, 2022) e curata da Laura De Marco con una produzione originale e inedita di Spazio Labo’.

Jess T. Dugan riflette su desiderio, intimità, amicizia e sui modi in cui le nostre identità sono modellate da queste esperienze. In questo progetto estremamente personale, Dugan intreccia insieme autoritratti, ritratti di persone da sole e in coppia, nature morte e una serie di scritti di natura diaristica in cui riflette su relazioni, solitudine, famiglia, perdita, guarigione e sulle trasformazioni che definiscono una vita intera.

Dugan usa da sempre la fotografia come mezzo per comprendere meglio la propria identità e connettersi agli altri a un livello più profondo. Il suo processo di lavoro lento e collaborativo svela momenti di alta intensità psicologica attraverso immagini che trascendono le specificità di una particolare persona o di un luogo, occupandosi di cosa vuol dire conoscere sé stess* insieme e attraverso l’altr*.

Attraverso una sequenza estesa ma studiata di immagini e testi, Jess T. Dugan porta la nostra attenzione su una delle più potenti e complesse forme di intimità, quella di vedere ed essere vist*.

All’interno della mostra sono presenti video e fotografie inediti per l’Italia. Il bookshop di Spazio Labo’ e Leporello ospita inoltre una selezione speciale di libri fotografici a tematica queer, disponibile per tutta la durata dell’esposizione.

La mostra è inserita nel calendario del festival internazionale Gender Bender e fa parte di Look at us – Rassegna di narrazioni non conformi: un programma di mostre e incontri che da aprile a dicembre 2023 Spazio Labo’ dedica alla visibilità e alla decostruzione dei tradizionali ruoli familiari, identitari e di genere attraverso l’ibridazione dei linguaggi visivi.

Dal 26 ottobre al 19 gennaio 2024 – Spazio Labò – Bologna

LINK

INGE MORATH. L’OCCHIO E L’ANIMA

Inge Morath, Salone di bellezza sulla Fifth Avenue, New York City, USA, 1958
© Magnum/Inge Morath Estate courtesy Fotohof Archiv | Inge Morath, Salone di bellezza sulla Fifth Avenue, New York City, USA, 1958

Svela il profondo e mai convenzionale sguardo sulla realtà di una donna, consacrata fra le più importanti fotografe del XX secolo, la mostra monografica “Inge Morath. L’occhio e l’anima” che al Filatoio di Caragliodal 19 ottobre 2023 al 25 febbraio 2024, celebra, nel centenario dalla nascita, la prima fotogiornalista nella storia della stessa agenzia Magnum.

Inge Morath è stata, prima di tutto, una viaggiatrice. Suo marito, Arthur Miller, ha così descritto questa sua attitudine: “Inge inizia a fare i bagagli non appena vede una valigia”. Nel corso della sua carriera ha realizzato reportage fotografici in Spagna, Medioriente, America, Russia e Cina.
Non ha affrontato mai questi viaggi con superficialità, bensì con serietà, studiando la lingua, le tradizioni e la cultura di ogni regione dove si recava. Era capace di parlare correntemente tedesco, inglese, francese, spagnolo, rumeno, russo e mandarino. Che si trattasse di persone comuni o personaggi pubblici il suo interesse era identico e s’indirizzava sempre verso l’intimità di ciascuno. Inge Morath è stata tra le prime donne a lavorare con la leggendaria agenzia fotografica Magnum Photos. Imparò molto da Henri Cartier-Bresson con cui collaborò in importanti reportage. Il suo stile fotografico affonda le sue radici negli ideali umanistici conseguenti alla Seconda Guerra Mondiale, ma anche nella fotografia del “momento decisivo”, così come l’aveva definita Cartier-Bresson. Ospitarla all’interno degli spazi del Filatoio di Caraglio significa coltivare un’attenzione e una sensibilità verso la figura femminile e il suo ruolo sociale, culturale ed economico nella nostra società, elementi questi fortemente connessi a questo luogo.
Le fotografie di Inge Morath riflettono le sue più intime necessità, ma al contempo sono come pagine del suo privato diario di vita, come lei stessa scrive: “La fotografia è essenzialmente una questione personale: la ricerca di una verità interiore”.

SEZIONi MOSTRA 

INGE MORATH 1923/2002
Per iniziare a conoscere Inge Morath è indispensabile immedesimarsi nella sua passione, curiosità e determinazione. Quasi fossero su una parete della sua abitazione, le fotografie in mostra, che la ritraggono in diversi momenti della sua vita, sono strumenti che ci permettono di avvicinarci alla sua vita: il lavoro nell’agenzia Magnum Photos nei suoi primi anni di attività, la collaborazione con fotografi come Ernst Haas e Henri Cartier-Bresson, l’incontro con lo scrittore Arthur Miller sul set de The misfits (Gli spostati) e il loro successivo matrimonio, i suoi numerosi viaggi. 

VENEZIA
Dopo essere diventata membro associato dell’agenzia Magnum Photos nel 1953, Inge Morath realizza un reportage dedicato a Venezia.
Si tratta di uno dei suoi primi incarichi fotografici. Con fotografie incentrate sulla quotidianità della città, Inge Morath contribuisce al volume illustrato Venice Observed della storica dell’arte Mary McCarthy. Questo primo incarico fotografico precede un soggiorno più lungo in città nell’autunno 1955. In questo periodo la sua attenzione si rivolge verso i luoghi meno frequentati e i quartieri popolari. Le fotografie realizzate, sposando la tradizione fotografica dell’agenzia Magnum, ritraggono persone nella loro quotidianità, con una particolare attenzione verso il mondo femminile e la sua condizione dell’epoca. Alcune ambientazioni surreali e alcune composizione fortemente grafiche sono un esplicito riferimento al lavoro fotografico del suo primo mentore Henri Cartier-Bresson.

IRAN
Nel 1956, dopo aver ultimato il volume illustrato sulla Spagna, Inge Morath riceve l’incarico di recarsi in Iran per la rivista “Holiday” e per aziende americane operanti in quel paese. Per una parte del soggiorno viene accompagnata dell’editore Robert Delpire. Il viaggio diviene occasione per approfondire la conoscenza di quei luoghi, realizzando così un’estesa documentazione fotografica. Come donna, in questa società fortemente patriarcale, ha la possibilità di muoversi all’interno della dimensione femminile e cogliere così il rapporto fra le vecchie tradizioni e le trasformazioni innescate dalla moderna società industriale. Un volume su questo lavoro viene pubblicato nuovamente da Robert Delpire con il titolo De la Perse à l’Iran (1958).

SPAGNA
Nel corso della sua vita Inge Morath ha viaggiato molto in questo Paese. La prima volta risale al 1951 con Henri Cartier-Bresson. Il primo e più ampio lavoro sulla Spagna lo ha realizzato nel 1954. In quell’anno riceve l’incarico di riprodurre alcuni dipinti per la rivista d’arte francese “L’Oeil” e di realizzare a Madrid un ritratto della sorella di Pablo Picasso, Lola, spesso restia a farsi fotografare. Fotografa anche l’avvocatessa Doña Mercedes Formica, la quale si batteva per i diritti delle donne nella Spagna della dittatura franchista.Parlare correntemente lo spagnolo ha aiutato Inge Morath a rendere più approfondito questo suo lavoro. Con le fotografie dedicate alla Spagna la casa editrice francese di Robert Delpire pubblicò il volume illustrato Guerre à la tristesse (1955).

REGNO UNITO / IRLANDA
Ancor prima di diventare fotografa presso l’agenzia Magnum Photos, Inge Morath aveva sposato il giornalista inglese del “Picture Post” Lionel Birch e si era trasferita con lui a Londra. Lontana dall’agenzia e dai fotografi con cui collaborava, comincia ad avvicinarsi autonomamente alla fotografia con l’aiuto di Simon Guttman, il fondatore dell’agenzia fotografica Dephot. Per la rivista Picture Post, progetta un libro su Londra realizzando anche reportage fuori città. Nel corso di questi reportage, Inge Morath fa amicizia anche con Eveleigh Nash, membro dell’aristocrazia inglese, immortalata durante la sua partenza da Londra.

STATI UNITI D’AMERICA
Nel 1957 Inge Morath realizza un fotoreportage a New York per conto della Magnum. La celebre fotografia del lama che esce dal finestrino di un taxi, su un viale della città, fa parte di un progetto più ampio dedicato agli animali impiegati sui set cinematografici. In questo periodo Inge realizza fotografie sul quartiere ebraico, sulla vita quotidiana di New York e ritratti di artisti con cui stringe amicizia. New York, come testimoniato dall’omonimo libro pubblicato nel 2002, rimarrà un luogo importante per tutta la vita di questa fotografa.
Dopo il matrimonio con lo scrittore Arthur Miller, nel 1962, Morath si trasferisce in una vecchia e isolata fattoria a Roxbury, a circa due ore di auto da New York. Un luogo di campagna lontano dalla frenesia della città, dove si dedica alla vita famigliare e cresce i suoi due figli Rebecca e Daniel.

SAUL STEINBERG MASCHERE
Il progetto fotografico che Inge Morath realizza in collaborazione con il disegnatore Saul Steinberg, risale al suo primo viaggio a New York. In quel periodo conosce la produzione artistica di Saul Steinberg, rimanendo entusiasta del suo lavoro. Negli anni sessanta Steinberg aveva iniziato a realizzare la sua serie di maschere e chiede ad Inge Morath di trovare delle persone da fotografare con gli abiti adatti per queste maschere. Gli scatti hanno in comune il fatto di essere ambientati nella vita quotidiana newyorkese. Nel 1966 viene pubblicato il primo volume illustrato su questo progetto.

ROMANIA
Nel 1957 e nel 1958 Inge Morath ha attraversato la Romania per poter fotografare il Danubio fino alla sua foce. In epoca comunista quest’area era una zona militare interdetta e Morath ha dovuto aspettare molto tempo per ottenere i permessi di viaggio. Durante questi periodi di attesa, ha così viaggiato molto nel resto del Paese, scattando fotografie che forniscono una documentazione molto estesa di questo Paese durante gli anni della Guerra Fredda, come quelle dedicate alla vita all’interno di una fabbrica tessile a Bucarest.
Le foto ottenute da questa esperienza non erano sufficienti per la pubblicazione di un volume illustrato. Soltanto negli anni 1994-1995 Inge Morath riprende in mano il progetto e pubblica un volume sul Danubio e la Romania con il sostegno della galleria Fotohof e con la collaborazione di Kurt Kaindl e Brigitte Blüml-Kaindl.

RUSSIA
La Russia è stata, per Inge Morath, un luogo desiderato per tutta la vita. Il suo ingresso in questo ambiente culturale si è realizzato attraverso la lingua, che ha imparato a Roxbury prima del suo primo viaggio, e attraverso la letteratura russa.
Per la prima volta, nel 1965, coglie l’occasione di andare in Russia con suo marito, Arthur Miller. In questo periodo Miller era presidente del PEN club – un’associazione internazionale non governativa di letterati – e insieme poterono far visita agli artisti e intellettuali russi epurati, oltre che portare a termine programmi ufficiali. Nasce un ampio lavoro fotografico che negli anni successivi è integrato da materiale di altri viaggi in Russia. Nel 1969 viene pubblicato il suo primo volume illustrato sulla Russia. 

AUSTRIA
Nel corso della sua vita Inge Morath ritorna più volte in Austria. Sua madre, infatti, viveva a Graz. Un libro con le foto sul suo Paese natale è stato pubblicato negli anni Settanta e un altro volume dopo la sua morte. Le foto del periodo austriaco sono caratterizzate da un rapporto intenso con gli artisti del Paese, alcuni dei quali conosciuti a Vienna nel periodo successivo alla Seconda Guerra Mondiale. Mentre Inge Morath si concentra, nella maggior parte del suo lavoro, sulle persone e sulla loro quotidianità, ci sono numerose immagini realizzate in Austria che raffigurano l’eredità barocca e i retaggi della monarchia austro-ungarica. Spesso queste immagini hanno una dimensione prevalentemente architettonica. 

CINA
Inge Morath si reca per la prima volta in Cina in occasione della rappresentazione a Pechino dello spettacolo Morte di un commesso viaggiatore di Arthur Miller. Dopo un’accurata preparazione e dopo aver imparato il mandarino, il dialetto cinese più importante, può muoversi autonomamente a Pechino e nei dintorni della città. Le prove dello spettacolo durarono diverse settimane e, ancora una volta, i numerosi contatti con artisti ufficialmente riconosciuti e non, sono l’ispirazione più grande per il suo lavoro fotografico.

RITRATTI
I ritratti sono un tema che ha accompagnato Inge Morath per tutta la sua carriera fotografica.
Da un lato era attratta da artisti famosi, la cui visione del mondo era di ispirazione per il suo lavoro, e dall’altro dalle persone semplici incontrate durante i suoi reportage. Ogni suo ritratto si basa su un rapporto intenso o anche su una conoscenza profonda della persona immortalata. La conoscenza di molte lingue straniere – parlava fluentemente il tedesco, l’inglese, il francese, il rumeno, lo spagnolo, il russo e il mandarino – rappresenta per Inge Morath, un’opportunità per interagire con le persone che intende fotografare. 
Il suo interesse per le arti figurative e la letteratura l’ha portata a ritrarre molti artisti e scrittori.
Tra i ritratti realizzati all’inizio della sua carriera, spesso lavori su incarico dell’agenzia Magnum, ci sono anche molti attori e registi. Ormai celeberrima la fotografia di Marilyn Monroe che esegue dei passi di danza all’ombra di un albero, realizzata sul set del film The misfits (Gli spostati) del 1960. Su quel set Inge Morath conosce Arthur Miller che all’epoca era legato con l’attrice americana. 

ROXBURY
Dopo il matrimonio con lo scrittore Arthur Miller nel 1962, Inge Morath si trasferisce in una fattoria a Roxbury, a due ore di auto da New York. Nei pressi dell’abitazione c’era un vecchio granaio che viene adattato ad appartamento per gli ospiti, atelier di pittura, deposito e camera oscura. In un ex silos di legno vengono create delle stanze per ospitare lo studio di Inge Morath. Dal 1990, fino alla sua morte sopraggiunta nel 2002, Kurt Kaindl e Brigitte Blüml-Kaindl hanno regolarmente fatto visita a Inge Morath a Roxbury per sviluppare progetti dedicati al suo lavoro. Durante questi incontri è nata l’idea di catturare, attraverso delle fotografie, l’atmosfera di quel luogo. Nelle foto non compaiono persone, ma ci sono tracce, visibili, del lavoro di Inge Morath e della sua eredità.

FRANCIA
Parigi è il luogo dove Inge Morath ha incontrato i fondatori dell’agenzia Magnum: Henri Cartier-Bresson, David Seymour e Robert Capa. Condividere il lavoro con questi straordinari fotografi e far parte di una realtà così giovane ma ambiziosa, la spinsero ad avvicinarsi alla fotografia, cercando autonomamente la propria strada. Essendo la più giovane fotografa dell’Agenzia, le venivano affidati lavori minori come sfilate di moda, aste d’arte o feste locali. In queste immagini emerge il suo interesse per gli aspetti bizzarri della vita quotidiana e la volontà di sposare la teoria del “momento decisivo” di Henri Cartier-Bresson. 

COLORE
Per la prima volta in Italia viene mostrata una selezione di fotografie a colori di Inge Morath, frutto di un lavoro di ricerca all’interno della Fondazione Inge Morath. All’epoca le fotografie in bianco e nero venivano trattate come opere d’arte, mentre quelle a colori erano associate ad una dimensione essenzialmente commerciale da veicolare nelle riviste illustrate. In molti, tra cui la stessa Morath, consideravano la loro produzione a colori come secondaria. Lo stesso fotografo Walker Evans affermava che “la fotografia a colori è volgare”. Queste fotografie sono invece testimonianza di una sua grande sensibilità in grado di trasformare una visione ordinaria in un momento estremamente lirico. 

Dal 19 Ottobre 2023 al 25 Febbraio 2024 – Il Filatoio – Cuneo

LINK

VERONICA GAIDO. INVISIBLE CITY

Veronica Gaido, Inferno dei viventi, 2023
Veronica Gaido, Inferno dei viventi, 2023

In occasione della seconda edizione di Pietrasanta Design Week-end, il Complesso Monumentale Chiostro di Sant’Agostino della cittadina versiliese ospita dal 19 ottobre al 10 dicembre 2023 la mostra di Veronica Gaido INVISIBLE CITY a cura di Maria Vittoria Baravelli.

INVISIBLE CITY è una serie fotografica, nata nel 2015 e ancora in fieri, per cui l’artista si è ispirata al celebre romanzo omonimo di Italo Calvino. La mostra, dopo essere stata ospitata al Consolato generale d’Italia a New York da maggio a settembre 2023, approda in Italia e sarà uno degli eventi di punta di Pietrasanta Design Week-end.

Da New York a Pechino, da Miami a Tokyo, gli edifici di queste grandi metropoli si trasformano passando attraverso l’occhio di Veronica Gaido e diventano sostanza viva, pura luce. L’artista fa diventare la materia dura delle architetture monumentali fluida, flessibile, sinuosa; tratta i grattacieli come fossero canne di bambù mosse dal vento, percorse dalla luce, dal tempo e dalle sue emozioni, in una visione che guarda alla pittura futurista del primo Novecento, ma che diventa futuristica.

Un vero e proprio passaggio di materia dove il solido diventa fluido e vibrante, creando delle immagini che attraggono e respingono allo stesso tempo e che, trasportando la mente nella sfera del sublime, fanno correre l’immaginazione e danno vita a spazi e mondi altri.

In questo modo, Veronica Gaido non è solo una fotografa, ma una pittrice della realtà, un’artista che dipinge con la luce per farci vedere il mondo con una nuova prospettiva, ricordandoci che la bellezza è ovunque, se siamo disposti a osservare con attenzione e sensibilità. Le sue immagini sono più di semplici scatti: sono pennellate di colore, luce ed emozione. Ogni foto racconta una storia, cattura un momento, e ci invita a vedere il mondo con occhi diversi.

L’artista spesso parte da una fonte letteraria per dare vita ai suoi lavori, come in questo caso in cui è stata ispirata da Italo Calvino, di cui ricorrono proprio i cento anni dalla nascita, e da quel Marco Polo delle Città invisibili che descrive città immaginifiche, fantastiche, ma dalle possibilità illimitate, come quelle di Veronica Gaido. 
Veronica Gaido, utilizzando la lunga esposizione e componendo e scomponendo i soggetti che ritrae, siano essi corpi o architetture, come in questo caso, ci restituisce una sua personale interpretazione delle realtà e delle emozioni che quel preciso pezzo di mondo ha suscitato in lei.

“«D’una città non godi le sette o settantasette meraviglie, ma la risposta che dà ad una tua domanda», questa citazione di Italo Calvino sembra incarnare il sentimento che emerge dal lavoro fotografico di Veronica Gaido intitolato “INVISIBLE CITY”, in omaggio al celebre romanzo dello scrittore.” – scrive Maria Vittoria Baravelli curatrice della mostra – “Una indagine attraverso le sue fotografie liquide delle città del mondo, dall’America al Giappone, dalla Cina all’Europa, per giungere oggi, in occasione della sua mostra, in Versilia, territorio in cui è nata.
L’esposizione racconta di come le architetture, totem della nostra contemporaneità esprimano le vite di chi i luoghi li vive, dimostrando quanto la sua fotografia sia più vicina all’arte che al reportage.
Corpi vicini, lontani, sfumati, accennati o a malapena visibili. Nelle immagini di Veronica, sembra che esploriamo la superficie delle cose, cercando di unire i pezzi e di delineare tutte le vite che non sono le nostre, o che forse avremmo potuto vivere se fossimo dall’altra parte del mondo”.

Dal 20 Ottobre 2023 al 10 Dicembre 2023 – Complesso di Sant’Agostino – PIETRASANTA | LUCCA

FRIDA KAHLO. UNA VITA PER IMMAGINI

Guillermo Kahlo, Frida, Messico, 1932. Stampa al platino/palladio
Guillermo Kahlo, Frida, Messico, 1932. Stampa al platino/palladio

Frida Kahlo. Una vita per immagini, arriva alla GAM, dal 21 ottobre al 28 novembre 2023, di Palermo dopo la tappa di Riccione, con oltre un centinaio di scatti, per la maggior parte originali, che ricostruiscono e narrano la vita controcorrente della grande artista messicana, alla ricerca delle motivazioni che l’hanno trasformata in un’icona femminile e pop a livello internazionale.

Le fotografie sono state realizzate dal padre Guillermo Kahlo, durante l’infanzia e la giovinezza della figlia, e da alcuni dei più̀ grandi fotografi della sua epoca: Leo Matiz, Imogen Cunninghan, Edward Weston, Lucienne Bloch, Bernard Silberstein, Leo Matiz, Manuel e Lola Álvarez Bravo, Nickolas Muray e altri.

In questo straordinario “album fotografico” si rincorrono le vicende esaltanti, dolorose e appassionate di una vita, ma nondimeno emerge il contesto in cui si è affermata la sua personalità, il Messico del primo Novecento e la rivoluzione che ne ha cambiato volto e storia, fatta di umili campesinos ed eroici protagonisti come Pancho Villa e Emiliano Zapata.

Un’epopea e un mito, quello del Messico rivoluzionario, che forgia, non meno delle vicende biografiche più intime, il carattere ribelle e anticonvenzionale di Frida, figlia di un fotografo professionista di origine tedesca giunto in Messico nel 1891 e rimasto poi in una terra di cui profondamente si innamora, come testimoniano le fotografie – realizzate su incarico del governo austriaco – delle chiese coloniali del paese.

Il mezzo espressivo della pittura diviene il linguaggio prediletto, viscerale e appassionato di un’artista dal carattere indipendente e fiero, che nella pittura si rispecchia e si racconta senza attenuanti, senza ipocrisie. Tutta la sua opera è una forma di autoanalisi, una ricerca di identità̀ e di verità, negli autoritratti come nelle opere che la vedono accanto a Diego Rivera, il pittore e muralista con cui ha condiviso un rapporto intenso e turbolento, o a figure come Leon Trotsky e André Breton.

La mostra si divide in sezioni: La Casa Azul, dedicata alla casa natale di Frida, a  Coyoacán, un sobborgo di Città del, dove l’artista visse la maggior parte della vita tra le pareti blu cobalto e oggi sede del museo a lei dedicato; La Rivoluzione Messicana, un focus per immagini sugli eventi che dalla rivolta del 1910 cambiano il volto del paese e che tanta influenza avranno sull’immaginario e sulla sensibilità di Frida Kahlo; Rufino Tamayo e l’arte messicana, incentrata su uno dei pittori e muralisti messicani più significativi del Novecento, che condivide con Frida la medesima cultura figurativa, tra astrazione e surrealismo; Guillermo Kahlo e le chiese messicane, con la campagna fotografica per documentare le chiese barocche del Messico coloniale, commissionata al padre di Frida dal governo austriaco; la sezione Frida in video, infine, raccoglie le poche immagini filmate di Frida Kahlo che ci sono pervenute.

La mostra, a cura di Vincenzo Sanfo, è promossa dal Comune di Palermo, Assessorato alla Cultura, è organizzata da Civita Sicilia con la collaborazione di Rjma Progetti culturali.

Dal 21 Ottobre 2023 al 28 Novembre 2023 – Galleria d’Arte Moderna Empedocle Restivo – Palermo

LINK

Maria Spes Bartoli, prima fotografa

Maria Spes Bartoli fu la prima fotografa professionista ad aprire un suo atelier nelle Marche, nel 1924.  

Nata a Senigallia nel 1888, fu testimone di decisivi capitoli della storia del nostro Paese mentre, con il suo impegno lavorativo ed artistico, contribuì a cambiamenti importanti nel modo di definire la figura femminile all’interno della nostra società.

Il suo primato è un fatto degno di nota in quanto gli stereotipi di genere che hanno accompagnato la nostra cultura, sono stati per lungo tempo motivo di esclusione delle donne da molte professioni, compresa la fotografia.

A Senigallia Maria Spes visse fino ai suoi 16 anni; è qui che realizzò i primi scatti, assieme al padre Beniamino, anch’esso fotografo. Più tardi si trasferì a Tolentino dove continuò il suo impegno in modo professionale.

Pronipote del vescovo di Senigallia Ignazio Bartoli (dal 1880 al 1895) è nata in una famiglia di nobili origini votata dall’arte. Per lei la fotografia fu un mestiere ma anche un modo per conoscersi nel profondo dato che l’archivio conserva numerosi autoritratti di straordinaria bellezza.

Il teatro sarà l’altra presenza importante nella sua vita. Dopo gli esordi a Senigallia insieme al padre, ella fece parte del Circolo Mandolinistico-Filodrammatico di Tolentino e nel dopoguerra della Filodrammatica “A. Parisani” e della sezione filodrammatica del gruppo goliardico “S. Bezzi”.

Il fatto che Maria Spes sia nata ed abbia iniziato a fotografare a Senigallia ha inoltre un valore considerevole che  anticipa l’inizio della storia custodita e valorizzata dal progetto Senigallia città della fotografia alla seconda metà dell’800.

La mostra racconta la vita della fotografa Maria Spes Bartoli. Nata a Senigallia nel 1888 fu la prima donna fotografa professionista ad aprire un suo atelier nelle Marche, nel 1924.

In esposizione opere originali realizzate tra la fine del ‘800 e i primi decenni del ‘900 relativi alla sua attività fotografica lavorativa e a quella artistica, privata, incentrata sull’autoritratto e sul teatro.

I soggetti spaziano in vari ambiti: architettura, vita quotidiana, le maestranze cittadine, la famiglia e le loro frequentazioni piuttosto altolocate, il collegio Bartoli  e il Seminario vescovile seguiti dallo zio vescovo Ignazio, le loro attività teatrali e alcuni eventi storici.

A Senigallia Maria Spes realizzò i primi scatti assieme al padre Beniamino e dunque su questa città sono esposti numerosi scatti inediti realizzati dai Bartoli.

Fra questi anche quattro stampe della storica tipografia di Giovanni Puccini, padre di Mario e molte vedute di città delle Marche e rare cartoline.

20 ottobre 2023 _ 8 gennaio 2024 – Senigallia, Palazzetto Baviera

RIDERE SUL SERIO – Marina Alessi

Marina Alessi, fotografa. Giovane abbastanza per innamorarsi della vita e “grande” abbastanza per aver affinato le qualità e le tecniche che le permettano di raccontare ciò di cui la vita l’ha fatta innamorare.

L’arte del saper comunicare la interessa assai, a partire dalla scrittura e dal segno. Il teatro soprattutto. Ma anche la televisione, il cinema.

Poi il cabaret, che del teatro è la forma più diretta, lineare e sfaccettata, per non dire sfacciata. Non c’è la quarta parete, al cabaret, per questo non ci può essere un tipo di obiettivo che freni.

C’è il corpo, sì. Ci sono la parola, il gesto, la provocazione complice. Finiscono dentro l’obiettivo che obiettivo non è mai del tutto, in mano a un bravo fotografo. Davanti alla macchina fotografica, nell’occhio di Marina, c’è gente che non recita, o se recita lo fa capire, di modo che il salto verso la finzione, diventi un gioioso balzo mortale complice, che riporti al reale. Le foto, fatte da Marina, dei comici e del loro mondo sono morbide, fresche anche quando raccontano percorsi magari complessi. Ma sono vere, credibili, quasi sempre serene e coinvolgenti. I comici sanno raccontare perché sanno raccontarsi. Soprattutto Marina Alessi sa raccontarli perché ha imparato a conoscere i comici e a coglierne gli stimoli.

La storia professionale di Marina Alessi non è per nulla banale. Ha pubblicato diversi libri, gli ultimi soprattutto sul comico in tv e in cabaret.

Sono artistiche, le foto di Marina, ma mai sofisticate inutilmente. Sono vere. Dirette, raccontano la realtà, quasi accarezzandola. Garbate e credibili.

Con Marina Alessi, fotografa, il gioco è scoperto: mettersi a nudo come si fosse vestiti. E magari in abito da sera come si fosse nudi. Un gioco, come sempre quando ti propone di raccontarti e di raccontare qualcosa. Poi, a lavoro terminato, quel qualcosa sai già che ti aiuterà a capirti di più

Dal 6 novembre – Cinema Anteo Milano

MICHEL HADDI: BEYOND FASHION

Michel Haddi, <em>Georgia May Jagger</em>, Paris, 2017. Courtesy of 29 ARTS IN PROGRESS gallery
© Michel Haddi | Michel Haddi, Georgia May Jagger, Paris, 2017. Courtesy of 29 ARTS IN PROGRESS gallery

29 ARTS IN PROGRESS gallery è lieta di annunciare la mostra ‘MICHEL HADDI: BEYOND FASHION’, la prima grande personale a Milano del fotografo franco-algerino Michel Haddi.
Il progetto espositivo si svilupperà in due appuntamenti: il primo dal 19 ottobre al 22 dicembre 2023 e il secondo dal 16 gennaio al 16 marzo 2024.

In mostra le immagini più rappresentative di una carriera lunga più di 40 anni, parte di un archivio sterminato di volti celebri, top model, icone e leggende della musica e dell’arte. Da Liza Minnelli a David Bowie, da Cameron Diaz a Jennifer Lopez e Angelina Jolie, passando per inaspettate Naomi Campbell e Kate Moss, Linda Evangelista, Stephanie Seymour, Yasmin Le Bon e Veruschka, solo per citarne alcune.

Infiniti i volti ritratti da Haddi che ha saputo catturare lo spirito del suo tempo attraverso le personalità che hanno animato la storia della moda, del cinema e della musica.

Uno sguardo intimo, personale, anticonvenzionale come quasi tutta la sua carriera, ben lontana da quella del classico fotografo di moda: sopravvissuto ad un’infanzia turbolenta con il sogno di diventare fotografo, Haddi dedicherà la sua vita a raccontare alcuni dei protagonisti dei cambiamenti storici e culturali dell’ultimo secolo con una rara abilità nel saper cogliere, e poi restituire, l’essenza più profonda dei suoi soggetti.

Il percorso espositivo, che si sviluppa in due fasi, permetterà al pubblico ed ai collezionisti di cogliere l’essenza dell’opera di Haddi tanto nelle più raffinate immagini in bianco e nero realizzate in studio, quanto negli scatti più inconsueti carichi di un’anima street e urban ma anche di ironia e sensualità che evidenziano la poliedrica personalità dell’Artista.

Con l’obiettivo di rendere onore ad una produzione vastissima, la seconda fase espositiva presenterà al pubblico oltre a nudi e scatti inediti, anche suggestive immagini dai colori brillanti e dalle atmosfere tropicali americane anni Novanta, spesso legate ad alcune emblematiche campagne pubblicitarie create da Haddi per brand internazionali come Versace, Chanel, Armani, Yves Saint-Laurent.

Haddi, la cui traduzione letterale dalla lingua semitica è ‘colui che vede’, è riuscito nell’ardua impresa di vedere, appunto, la vera natura di chi posava per lui dietro l’obiettivo – attori, modelle o persone comuni – e a realizzarne un’immagine ora ironica, ora profonda: tutte le sue fotografie hanno una storia da raccontare perché sono immagini autentiche, che giocano con le più comuni emozioni umane e diventano, proprio per questo, indelebili.

Le due fasi espositive saranno animate da eventi live con Michel Haddi volti a favorire l’interazione e il dialogo tra l’Artista e il pubblico della città di Milano.
Seguiranno aggiornamenti sui dettagli e le modalità di partecipazione.

Dal 19 Ottobre 2023 al 16 Marzo 2024 – 29 ARTS IN PROGRESS gallery – Milano

LINK

MARIO DE BIASI E MILANO. EDIZIONE STRAORDINARIA

Mario De Biasi, <em>Galleria Vittorio Emanuele II, Milano, anni Cinquanta</em> I © Mario De Biasi per Mondadori Portfolio
Mario De Biasi, Galleria Vittorio Emanuele II, Milano, anni Cinquanta I © Mario De Biasi per Mondadori Portfolio

Un saggio visivo sull’opera di Mario De Biasi (1923-2013), fotografo versatile, definito da Enzo Biagi come “l’uomo che poteva fotografare tutto”. E in questo tutto ha prediletto il capoluogo lombardo, dove si trasferì a 15 anni. Così a cento anni dalla sua nascita, il Museo Diocesano di Milano gli dedica – dal 14 novembre 2023 al 21 gennaio 2024 – un’Edizione Straordinaria che raccoglie una serie di scatti iconici dedicati alla sua città d’adozione.   
 
La mostra “MARIO DE BIASI E MILANO. Edizione Straordinaria”, organizzata e prodotta da Mondadori Portfolio in collaborazione con il Museo Diocesano di Milano e curata da Maria Vittoria Baravelli con Silvia De Biasi, presenta 70 fotografie vintage, provini e scatti inediti di uno degli autori più apprezzati del secondo Novecento italiano, che per trent’anni documentò la storia del nostro Paese attraverso le pagine del periodico di Arnoldo Mondadori Editore, “Epoca”.
Il percorso espositivo – costituito da opere provenienti dall’Archivio Mondadori e dall’Archivio De Biasi – consentirà al pubblico di conoscere il linguaggio personale che il fotografo adattò a contesti molto diversi tra loro. E, in particolare, a Milano.
 
Il Duomo, la città, la gente e la moda, senza ordine o punteggiatura”, racconta Maria Vittoria Baravelli, “Milano è quinta e campo base, luogo di una danza infinita da cui De Biasi parte per tornare sempre, dedito a immortalare dalla Galleria ai Navigli, alla periferia, una città che negli anni Cinquanta e Sessanta si fa specchio di quell’Italia che diventa famosa in tutto il mondo“.
 
Uno sguardo lucido ed evocativo al tempo stesso, quello di De Biasi, capace di raccontare con immediatezza e originalità un momento controverso della storia d’Italia. Nelle trame ordinate dei suoi scatti si leggono infatti i cambiamenti storici e culturali del Paese, che negli anni ’50 e ’60 andava assestandosi su una rinnovata identità culturale. Rinascita che in Milano trovava sintesi e negli scatti di De Biasi eloquente espressione.
L’esposizione si snoda attraversando idealmente la città, dal suo centro nevralgico fino alle periferie. Ci sono i turisti che s’affacciano dal tetto del Duomo e che affollano i bar della Galleria Vittorio Emanuele II, ma anche i pendolari alla stazione ferroviaria di Porta Romana. E poi San Babila, l’Arco della Pace, scorci di una Milano oggi impossibile dove le chiatte risalgono i Navigli e tutti si meravigliano del mondo che cambia.
L’approccio autoriale di De Biasi si arricchisce dell’acume giornalistico nel 1953, quando viene assunto come fotoreporter da Epoca. Rivista iconica del tempo, ideata sul modello dei periodici statunitensi illustrati, di cui facevano parte, tra gli altri, Aldo Palazzeschi e Cesare Zavattini.
In una pubblicazione che si distingueva per la raffinata impostazione grafica, secondo il direttore Enzo Biagi, De Biasi era l’unico in grado di garantire sempre al giornale “la foto giusta”, anche se per guadagnarla doveva rischiare la vita tra pallottole e schegge di granata, nei tanti servizi bellici della sua carriera. Oppure confrontarsi con i grandi personaggi dell’epoca tra intellettuali, attrici e artisti.
Totalmente inediti i provini di Moira Orfei acrobata e i frame che precedono e seguono il celebre scatto Gli Italiani si voltano, realizzato nel 1954 per il settimanale di fotoromanzi Bolero Film, che Germano Celant scelse per aprire la mostra “Metamorfosi dell’Italia”, organizzata nel 1994 al Guggenheim di New York. L’immagine immortala un gruppo di uomini che osservano Moira Orfei, inquadrata di spalle e vestita di bianco mentre passeggia per il centro di Milano.
La mostra si chiude con una sezione di fotografie che De Biasi realizzò nei suoi viaggi extra europei: dall’India alla Rivoluzione di Budapest, dal Giappone alla Siberia, fino ad arrivare all’allunaggio con i celebri scatti a Neil Amstrong.

Dal 14 Novembre 2023 al 21 Gennaio 2024 – Museo Diocesano Carlo Maria Martini – Milano

LINK

LUIGI&IANGO. UNVEILED

Luigi&Iango, Madonna
© Luigi&Iango | Luigi&Iango, Madonna

Dal 22 settembre al 26 novembre Palazzo Reale presenta “Unveiled”, la prima personale di Luigi Murenu e Iango Henzi, duo fotografico riconosciuto a livello internazionale per la raffinata ricerca estetica. La mostra, allestita nell’Appartamento dei Principi ad ingresso gratuito, è promossa da Comune di Milano – Cultura e prodotta da Palazzo Reale con 2B Management.
 
Una selezione di più di 100 stampe fine art – alcune delle quali ancora inedite – e opere provenienti dai loro archivi, i “dietro le quinte” dei loro set, materiali di scena e video accompagneranno i visitatori e le visitatrici in un mondo di bellezza ed eleganza: dalle icone della cultura contemporanea (Marina Abramovic, Mikhail Baryshnikov) al Kabuki giapponese, fino ai ritratti di top model, artisti e performer (Cate Blanchett, Cher, Mahmood, Dua Lipa, Penélope Cruz e Pedro Almodovar e molti altri).    
 
Al centro della mostra, una sala interamente dedicata alle loro collaborazioni creative con Madonna, con molte immagini inedite e vere e proprie installazioni. Luigi e Iango orchestrano ogni shooting in modo corale e intimo, rendendo tutte le persone ritratte non solo soggetti ma interpreti della coreografia delle immagini. Il loro è sempre un set-laboratorio, molte volte allestito nella casa-studio di New York, dove nessuno è spettatore e dove tutti sono insieme registi e attori recitanti. Dalle top model di ieri ai nuovi modelli di bellezza, dalle celebrità ai talenti sconosciuti, la comunità ritratta dal duo diventa una sinfonia umana di voci prima che di visioni.
 
Ed ecco il concetto di svelamento, di Unveil: nei loro scatti la bellezza non si traduce in un modello inarrivabile o in uno stereotipo patinato, ma diventa uno strumento di ricerca della verità, un modo per svelare un paradigma del bello più libero e più umano. Il fine è semplice ed è sempre lo stesso: restituire a ogni soggetto fotografato lo specchio della propria diversità.
 
Luigi Murenu e Iango Henzi, Luigi&Iango hanno scattato finora più di 300 copertine di Vogue – quasi sempre in bianco e nero, il loro mezzo preferito – e ritratti d’innumerevoli celebrità. Artisti sinceramente e generosamente dediti alla solidarietà, da anni lavorano con amfAR per la quale hanno raccolto più di un milione di dollari donando le loro stampe fine art.
 
Il loro lavoro è apparso in musei di tutto il mondo, tra cui il Brooklyn Museum, il Montreal Museum of Fine Arts, la Kunsthal Rotterdam, l’Hypo-Kunsthalle a Monaco, il Musée des arts Décoratifs a Parigi e al Padiglione francese per l’Esposizione Universale 2020 di Dubai.   

Dal 22 Settembre 2023 al 26 Novembre 2023 – Palazzo Reale – Milano

LINK

TUTTE LE STELLE PORTANO A ROMA. RITRATTI FOTOGRAFICI DI LUIGI DE POMPEIS

<em>Leonardo Di Caprio, Martin Scorsese, Robert De Niro - Festival di Cannes</em>, 2023 I Foto: Luigi de Pompeis
Leonardo Di Caprio, Martin Scorsese, Robert De Niro – Festival di Cannes, 2023 I Foto: Luigi de Pompeis

Dal 18 al 29 ottobre, nell’ambito della diciottesima edizione della Festa del Cinema di Roma, sarà possibile ammirare gratuitamente nel Foyer Sinopoli dell’Auditorium Parco della Musica la mostra Tutte le stelle portano a Roma. Ritratti fotografici di Luigi de Pompeis che prosegue anche negli spazi di WeGil, l’hub culturale della Regione Lazio gestito da LAZIOcrea, dal 23 ottobre al 12 novembre 2023.

La rassegna espositiva presenta i volti di grandi attori e attrici ritratti dagli scatti d’autore di Luigi de Pompeis, noto fotoreporter. Circa 40 immagini in bianco e nero, selezionate dalla curatrice Georgiana Ionescu: risate, sguardi, foto di gruppo, espressioni e personaggi che attraversano un unico grande tema, il cinema, qui raccontato attraverso i diversi Festival.

Un labirinto di volti con immagini in bianco e nero di artisti italiani ed internazionali, pose, sogni di personaggi del mondo del cinema e dello spettacolo. Un ritratto collettivo di anime incontrate da Luigi de Pompeis nel corso della sua carriera in giro per il mondo.

Da Paolo Sorrentino a Juliette Binoche, da Angelina Jolie a Tom Hanks, passando per Nanni Moretti, Michael Douglas e Isabella Rossellini, solo per citarne alcuni, tutti rigorosamente in bianco e nero, per raccontare la mitologia del Cinema attraverso tre grandi Festival cinematografici europei: Roma col suo meraviglioso tappeto, Cannes con la sua magica Montée e Venezia, il più antico festival cinematografico del mondo, con la sua stupenda passerella al Lido.

La mostra, nelle sue due sedi, rientra nel palinsesto di eventi e attività collaterali previste in occasione della Festa del Cinema.
“La fotografia di de Pompeis ci rivela fin da subito un artista non tanto interessato al gossip o agli importanti eventi mondani, quanto alla possibilità di mostrare, attraverso i volti delle star che ritrae, la felicità silenziosa di un istante, cogliendo l’attimo. Il fotografo cattura abilmente i suoi soggetti, tra luci e ombre di flash continui, e riesce a mettere in risalto le loro emozioni, senza pregiudicarne la naturalezza, escludendo la teatralità tipica del contesto. Gentile e umile, estremamente rigoroso e appassionato, sarcastico al punto giusto, brillante nello sfruttare l’attimo, Luigi de Pompeis ci racconta il Cinema”, afferma Georgiana Ionescu.

“La mia esperienza come fotografo mi ha portato a conoscere tante persone e a trovarmi in tante situazioni belle e particolari. Dopo la mostra dello scorso anno, continuo a narrare eventi importanti visti con i miei occhi, la mia lente e le mie emozioni. Roma è il mio punto di partenza ed il punto di arrivo di questa mostra, che attraversa tre Festival e cerca di raccontarne la vita.”, dichiara il fotografo Luigi de Pompeis.

Le strade di questi tre Festival, con le loro emozioni e i tanti protagonisti, si riuniscono in un’unica esposizione su due sedi che racchiude l’essenza del cinema e che rappresenta l’affresco degli artisti che Luigi de Pompeis ha incontrato nel suo percorso professionale. 

Grazie ad un QRCODE, i visitatori potranno ammirare gli scatti che Luigi de Pompeis farà durante la Festa del Cinema di Roma, così da renderli compartecipi del tappeto di stelle che animerà l’edizione 2023.

In parallelo e ad accompagnare l’esposizione alcuni talk pomeridiani rivolti a piccole platee in conversazione con i professionisti del cinema.

La mostra di Luigi de Pompeis ha il supporto di Regione Lazio, di cui si ringrazia il responsabile struttura cinema e audiovisivo Lorenza Lei, è promossa da Fondazione Cinema per Roma, con gli auspici della Presidenza Commissione Cultura, Scienza, Istruzione della Camera dei Deputati, organizzata da Civita Mostre e Musei in collaborazione con la Fondazione Ludovico degli Uberti, Media Partner Urban Vision.

Dal 18 Ottobre 2023 al 12 Novembre 2023 – Auditorium Parco della Musica / WeGil – Roma

FOTO/INDUSTRIA 2023 – GAME. L’INDUSTRIA DEL GIOCO IN FOTOGRAFIA

Olivo Barbieri, Flippers, 1977-78
Olivo Barbieri, Flippers, 1977-78

Fondazione MAST annuncia la sesta edizione di Foto/Industria, l’unica biennale al mondo di fotografia dell’industria e del lavoro, a Bologna dal 18 ottobre al 26 novembre sotto la direzione artistica di Francesco Zanot.
L’industria del gioco, GAME, è il tema del percorso fotografico di quest’anno ed è declinato in dodici mostredi cui undici personali e una collettiva, allestite in 10 sedi del centro storico e al MAST. 
La mostra in corso al MAST, che propone un percorso sulle opere di grande formato dell’artista Andreas Gursky, entra a far parte della Biennale del 2023. Con la sua ricerca sulla relazione tra immagine e realtà Gursky esplora anche l’invenzione dello spazio reale, come avviene nei giochi e/o nei videogiochi.

Foto/Industria 2023 è l’edizione del decimo anniversario di Fondazione MAST e rientra nelle iniziative per i 100 anni dell’impresa G.D“Fare del lavoro una cultura e della cultura un lavoro”: sono le parole che legano queste due realtà e che rappresentano da un lato la cultura aziendale dell’impresa che si è consolidata nel tempo (G.D) e dall’altra quella della creazione di uno spazio innovativo e partecipativo di produzione del pensiero sul lavoro (MAST). 
Dai giochi per bambini ai luna park, dai casinò ai giochi di ruolo, fino ai videogame, il settore del gioco ha assunto proporzioni senza precedenti, incorporando tematiche di straordinaria rilevanza e attualità.

“L’indagine su un’attività universalmente diffusa come il gioco” – spiega Francesco Zanot – “che non conosce limiti di genere, età, luogo, ha rivelato punti di vista complessi e articolati, finalizzati a diversi obiettivi: dall’intrattenimento all’apprendimento, dal riposo alla gratificazione”.  Il legame con i temi della produzione industriale e del lavoro, alla base di ogni edizione di Foto/Industria, si riferisce qui a un comparto di grande ampiezza e solidità, capace di rinnovarsi nel corso del tempo per incontrare i cambiamenti del gusto e delle abitudini e dimostrarsi sempre estremamente ricettivo nei confronti dell’innovazione tecnologica, di cui costituisce uno dei principali destinatari e un banco di prova per ulteriori utilizzi.

Le dodici mostre di Foto/Industria2023 rappresentano una timeline di visioni sul tema del gioco a partire dalla fine dell’Ottocento fino ai giorni nostri e offrono l’occasione di osservare e approfondire la ricerca di una selezione di artisti internazionali (tra cui giovani emergenti e protagonisti della scena mondiale) attraverso undici personali e una mostra collettivaEricka Beckman (Stati Uniti, 1951), Olivo Barbieri (Italia, 1954) e Raed Yassin (Libano, 1979) esplorano alcune strutture tipiche del gioco cogliendone gli aspetti culturali, la dimensione simbolica e le relazioni con altri modelli sociali; Heinrich Zille (Germania, 1858-1929), Linda Fregni Nagler (Italia, 1976) e Daniel Faust (Stati Uniti, 1956) sono orientati all’osservazione dello spazio del gioco, che nello specifico si estende dalla scala del luna park di Berlino alla fine dell’Ottocento ai playground che punteggiano le città contemporanee, fino a un’analisi quasi-tipologica di Las Vegas, dove il gioco ha determinato l’architettura e l’urbanistica di un’intera città; il rapporto tra gioco, identità e relazioni sociali è invece al centro delle ricerche di Hicham Benohoud (Marocco, 1968), Danielle Udogaranya (Regno Unito, 1991) ed Erik Kessels (Paesi Bassi, 1966), i cui lavori spaziano dal valore pedagogico del gioco al suo ruolo nella formazione dell’immagine di sé, dalla maschera alla costituzione di un’esperienza sociale; nelle opere di Andreas Gursky (Germania, 1955), Cécile B. Evans (Stati Uniti/Belgio, 1983) e nella collettiva Automated Photography (organizzata in collaborazione con l’ECAL/University of Art and Design Lausanne) si investiga il tema dell’invenzione della realtà, alla base dell’esperienza del gioco sia come puro esercizio della fantasia sia nel senso della costruzione di veri e propri universi virtuali alternativi, all’interno dei quali si svolgono le avventure dei videogame.
Le molteplicità del tema del gioco sono oggetto di un ampio programma di talk, proiezioni, presentazioni e workshop per il pubblico.
Ai più giovani è dedicato un booklet per scoprire le mostre attraverso racconti, curiosità e giochi da svolgere negli spazi espositivi e a casa.
Il catalogo della Biennale è pubblicato da Fondazione MAST con la prefazione della Presidente Isabella Seràgnoli e un testo di approfondimento critico di Francesco Zanot.

Dal 18 Ottobre 2023 al 26 Novembre 2023 – Bologna – sedi varie

LINK

FOTOGRAFICA. IL FESTIVAL DI FOTOGRAFIA BERGAMO. VI EDIZIONE – NOI, QUI

Gianmarco Maraviglia, Cover Me With Gold
Gianmarco Maraviglia, Cover Me With Gold

Scolpito dall’ombra e dalla luce, filtrato da uno sguardo, impresso attraverso un obiettivo, è così che ogni attimo diventa eterno. Proprio per questo si intitola “NOI, QUI” la quarta edizione di Fotografica, Festival di Fotografia Bergamo – organizzata da Associazione Fotografica APS in collaborazione con il Comune di Bergamo e con il sostegno dei main sponsor Artedil di Campenni Rocco & C. Srl e BPER Banca e del partner istituzionale Istituto per il Credito Sportivo – che mette al centro della sua indagine l’essere umano, esplorandone i valori e le emozioni

12 le mostre di respiro internazionalepresentate e allestite in due contesti architettonici di grande pregio in Città Alta a Bergamo, frutto del lavoro di altrettanti fotografi, come racconta Daniela Sonzogni, Direttrice del Festival: NOI, QUI è un’edizione di Fotografica Festival dal sapore speciale: ha la cornice della Capitale della Cultura e ci racconta – attraverso le immagini – l’essere umano in un momento storico particolarmente complesso. Se il progetto Cultura 2023 rappresenta la speranza e il rilancio delle nostre città, Fotografica ha desiderato descrivere i sentimenti, le emozioni e quei valori che ci hanno aiutato a reagire durante la tragica esperienza del Covid, che forse possono guidarci nell’affrontare i grandi temi dell’oggi e a trovare una strada diversa per vincere le grandi sfide del futuro. Il coraggio, la resilienza, il sogno di un futuro migliore, l’integrazione, la cultura come cura. I fotografi ci parlano di NOI, QUI oggi con un linguaggio che ha una forza universale e che ha la capacità di facilitare la nostra consapevolezza. Fotografica racconta la contemporaneità e l’obiettivo del fotografo rappresenta una delle chiavi per comprendere e per aprire nuove finestre sul mondo che viviamo. In continuità con le precedenti edizioni le mostre saranno esposte in luoghi di grande fascino, veri tesori della città di Bergamo, che vengono allestiti con cura e attenzione alla loro storia”.

In programma dal 14 ottobre al 19 novembre 2023 l’edizione di quest’anno, inserita all’interno del palinsesto di Bergamo Brescia Capitale Italiana della Cultura 2023, assume i contorni di un’occasione di rinascita per due città che più di altre hanno dovuto fronteggiare gli albori di un’emergenza sanitaria globale di cui non si conoscevano gli effetti e i confini. A vincere quella sfida sono stati uomini, donne, intere comunità che tornano nel filo conduttore di Fotografica: l’essere umano. Inteso sia come singolarità che come comunità, Fotografica vuole raccontarlo nella più affascinante delle sue sfide: quella del quotidiano. Il risultato è un’alternanza di immagini ora impegnative ora intrise di positività, accumunate però dall’urgenza di mostrare la realtà, parlando direttamente agli occhi e allo stomaco: scatti che provocano sentimenti, reazioni, prese di coscienza. 

“Fotografica si conferma come una delle rassegne di punta della città, contribuendo a dare rilievo alla programmazione della Capitale. Bergamo non solo città dell’opera, del teatro, del cinema, della danza, della musica, ma anche della fotografia, in una sua accezione ben precisa e cercata con attenzione dagli organizzatori. La fotografia che documenta il mondo in cui viviamo, che si fa interprete dei grandi cambiamenti della contemporaneità, di ciò che accade nelle nostre periferie e in città lontane, che racconta le piccole storie di comunità, di persone, di luoghi. Ogni fotografo, con la sua formazione e con la sua sensibilità, sceglie cosa raccontare, regala uno sguardo preciso, fornisce un punto di vista speciale. E lo spettatore è in qualche modo costretto a non volgere lo sguardo, a portarsi a casa un pezzo di quel mondo che non conosce o che non vuole vedere, ascolta, con occhi, storie che vengono da altrove. È la valenza “etica” di cui è permeata certa fotografia che fa la differenza, e che Fotografica ha scelto di portare a Bergamo. Ogni edizione è stata sempre una scoperta, e stimolo a riflessioni su ciò che accade vicino e lontano da noi. L’essere umano è al centro della ricerca di quest’anno e, con le tante mostre – ben dodici – disseminate in Città Alta tra Carmine e Domus Magna, diventa una finestra aperta sul mondo”, spiega Nadia Ghisalberti, Assessora alla Cultura del Comune di Bergamo

Saranno in mostra: In a Window of Prestes Maia 911 Building di Julio Bittencourt; The day may break di Nick Brandt; Between these folded walls, Utopia di Cooper & Gorfer; Elementi di Edoardo Delille; Leaving and waving di Deanna Dikeman; Roma Revolution di Alessandro Gandolfi; Io non Scendo – Storie di donne che salgono sugli alberi e guardano lontano, a cura di Laura Leonelli; Apnea di Fausto Podavini per Medici Senza Frontiere; La liberazione della follia di Patrizia Riviera; Progetto Sport, tra Dada e movimento ritmo/dinamico in ready di Maurizio Galimberti; Na Ponta Dos Pés di Sebastian Gil Miranda; Cover Me With Gold di Gianmarco Maraviglia. 

Dal 14 Ottobre 2023 al 19 Novembre 2023 – Monastero del Carmine / Ex Magazzini del Sale – Bergamo

LINK

Mostre di fotografia da non perdere a ottobre

Tantissime mostre importanti ci aspettano per il mese di ottobre, date un’occhiata qua sotto! C’è solo l’imbarazzo della scelta…

Anna

NAPOLI / ANDERS PETERSEN

© Anders Petersen
© Anders Petersen

Con la mostra inedita “Napoli / Anders Petersen” la Spot home gallery di Napoli presenta dal 21 ottobre 2023 al 31 gennaio 2024 la personale di uno dei più importanti e influenti fotografi contemporanei.
Il corpus di circa sessanta fotografie in bianco e nero, di medie e grandi dimensioni, esposto in mostra è stato realizzato dall’artista svedese nel 2022 durante un mese di residenza a Napoli a cura della galleria, tra maggio, ottobre e novembre.
 
Con uno sguardo sensibile e innocente, privo di pregiudizi e sovrastrutture, Petersen (1944, vive e lavora a Stoccolma) si è immerso nella città partenopea, catturandone la vita: persone al lavoro, in vacanza, in festa, per strada, felici e tristi, giovani e anziane, forti e fragili.
Ne emerge un ritratto personale di una Napoli molto fisica, carnale, sensuale, a tratti tenera e fragile, a tratti più dura e primitiva, ma sempre trasudante una forte energia vitale.
La Napoli di Anders Petersen è una città dai bianchi e neri fortemente contrastati, lontana dall’immaginario colorato cui la città è generalmente associata, ma profondamente coerente e corrispondente alle forti contraddizioni che la caratterizzano.
 
Le fotografie di Petersen parlano della città, della sua gente, ma parlano contemporaneamente dell’autore: fotografare è per l’artista un’indagine continua su se stesso, un interrogare l’altro per scoprire qualcosa di più su di sé. Per questo, spiega: «Voglio essere il più vicino possibile in modo da poter sentire che qualunque cosa io fotografi assomigli il più possibile a un autoritratto. Voglio che le mie foto siano una parte di me, voglio riconoscervi i miei sogni, le mie paure, i miei desideri.».
 
Il fotografo svedese si fida del suo istinto, del suo cuore e usa tutto il suo corpo e i suoi sensi quando fotografa. Le sue immagini, infatti, rivelano la sua presenza, la sua empatia e il suo amore per tutto ciò che ritrae, sia esso una persona, un animale, un luogo o un oggetto che può condurre a un’associazione inaspettata. «Anders Petersen – racconta la gallerista Cristina Ferraiuolo – non poteva che essere il primo artista in residenza. Napoli, con il suo caos e la sua umanità variegata, era il luogo ideale per un fotografo come lui».
Anders combina primi piani, istantanee, ritratti posati, inquadrature sghembe, dettagli apparentemente banali, fornendoci punti di vista talvolta disorientanti, che pongono domande. E rigorosamente in verticale perché, afferma: «Quando scatti in verticale, ti avvicini di più alle persone».
 
Dal lontano 1967, da suo primo lavoro “Cafè Lehmitz”, destinato a diventare un caposaldo nel mondo della fotografia internazionale, il fotografo svedese cattura, con un approccio diretto e sincero, la spontaneità della vita che lo circonda per coglierne il valore profondo, affettivo, nel solco di quel filone della fotografia contemporanea del quale fanno parte artisti come Daido Moriyama e Nan Goldin.

Dal 21 Ottobre 2023 al 31 Gennaio 2024 – Spot home gallery – Napoli

LINK

RI-SCATTI. CHIAMAMI COL MIO NOME

RI-SCATTI. Chiamami col mio nome, PAC - Padiglione d'Arte Contemporanea, Milano
RI-SCATTI. Chiamami col mio nome, PAC – Padiglione d’Arte Contemporanea, Milano

Sedici persone fra transgender e non-binary sono protagoniste del nuovo progetto fotografico di RI-SCATTI dal titolo Chiamami col mio nome. Una mostra, in programma dal 7 ottobre al 5 novembre, ideata e organizzata dal PAC Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano e da Ri-scatti ODV – l’associazione di volontariato che dal 2014 realizza progetti di riscatto sociale attraverso la fotografia – e promossa dal Comune di Milano con il sostegno di Tod’s. L’edizione di quest’anno, la nona, è realizzata in collaborazione con l’Associazione per la Cultura e l’Etica Transgenere (ACET) e l’Associazione ALA Milano. 
L’esposizione, a cura del conservatore del PAC Diego Sileo, si propone di raccontare storie vere, alcune volte amare, altre gioiose, ma assolutamente frutto di una libera espressione. Più di trecento fotografie mettono in luce le identità̀ delle persone trans e il loro sofferto percorso di transizione, accendendo i riflettori sulle difficoltà nel riconoscersi prima ancora che farsi riconoscere e accettare dalla propria famiglia, dai propri amici, dalle istituzioni e dalla società. Ancora oggi l’Italia risulta al primo posto in Europa per numero di episodi di transfobia: molte sono le violenze e i soprusi, a causa di ragioni sociali e culturali, che le persone trans vivono durante la propria esistenza. 
Gli scatti in mostra al PAC sono quelli di Alba Galliani, Antonia Monopoli, Bianca Iula, Elisa Cavallo, Fede, Ian Alieno, Lionel Yongkol Espino, Logan Andrea Ferrucci, Louise Celada, Manuela Verde, Marcella Guanyin, Mari, Nico, Nico Guglielmo, Riccardo Ciardo, Seiko. Dopo aver seguito un percorso formativo supervisionato come sempre da fotografi professionisti, volontari di Ri-scatti, tuttə hanno trovato la forza e il coraggio di raccontarsi con la macchina fotografica in mano, di mostrarsi con le loro fragilità e insicurezze, riconoscendo e utilizzando la diffusione della conoscenza come prima arma di difesa contro la transfobia. La corretta informazione e il contatto con persone che pensiamo lontane, ma che semplicemente non conosciamo, può̀ infatti aiutarci a rivedere le nostre posizioni e, più̀ semplicemente, a comprendere. 
 
Con un’offerta per gli scatti in mostra si potrà contribuire a sostenere l’operato dell’Associazione per la Cultura e l’Etica Transgenere (ACET) e dell’Associazione ALA Milano. 

dal 7 ottobre al 5 novembre – PAC Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano

LINK

DOROTHEA LANGE

Dorothea Lange, Toward Los Angeles, California, 1937. Farm Security Administration, Office of War Information Photograph Collection, Library of Congress Prints and Photographs Division Washington, D.C., USA
Dorothea Lange, Toward Los Angeles, California, 1937. Farm Security Administration, Office of War Information Photograph Collection, Library of Congress Prints and Photographs Division Washington, D.C., USA

Dal 21 ottobre 2023 al 21 gennaio 2024 i Musei Civici di Bassano del Grappa, in collaborazione con CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia di Torino, presentano al pubblico l’opera di Dorothea Lange (1895 –1965), celeberrima fotografa statunitense, co-fondatrice nel 1952 di Aperture, la più autorevole rivista fotografica al mondo e prima donna fotografa cui il MoMa dedicò una retrospettiva nel 1965, proprio pochi mesi prima della sua scomparsa.

Photographer of the people, la fotografa della gente. Così Dorothea Lange si presentava nel suo biglietto da visita. Perché lei, borghese del New Jersey, aveva scelto di non fotografare i divi o i grandi protagonisti del suo tempo, per concentrarsi invece sugli “ultimi” di un’America che stava affondando nella Grande Depressione. Lo sguardo con cui Lange coglie questa umanità dimenticata non è pietistico. Le sue immagini dimostrano infatti comprensione, sensibilità, partecipazione e immensa umanità, uniti ad una capacità di lettura del contesto sociale rafforzata dal rapporto sentimentale e professionale con il marito, l’economista Paul Taylor. Nativa del New Jersey da una famiglia borghese di origini tedesche, a nove anni viene colpita dalla poliomielite che la rende claudicante; poi il dissidio con il padre, che abbandona la famiglia e che lei coraggiosamente ripudia assumendo il cognome materno.

Gli esordi la vedono a New York con Clarence White e Arnold Genthe. Nel 1918 parte per una spedizione fotografica in giro per il mondo, viaggio che si conclude prematuramente per mancanza di denaro a San Francisco, dove apre un proprio studio. Dopo avere operato per una decina di anni nel campo della ritrattistica professionale, abbracciando uno stile pittorialista, aderisce nei primi anni Trenta all’estetica della straight photography (fotografia diretta) per farsi madrina di una poetica della realtà e testimone della condizione dei più deboli ed emarginati: dai disoccupati e i senzatetto della California fino ai braccianti costretti a migrare di paese in paese alla ricerca di campi ancora coltivabili.

I drammatici accadimenti che segnano gli anni della Grande Depressione la portano a contatto con il grande progetto sociale e fotografico della “Farm Security Administration”, di cui diviene la rappresentante di punta. Nella seconda metà degli anni Trenta fotografa dunque la tragedia dell’America rurale colpita da una durissima siccità, realizzando alcune delle sue immagini insieme più drammatiche e più celebri: in questo contesto nasce infatti Migrant Mother, un’icona con cui Lange scrive una pagina indelebile della storia della fotografia imponendosi quale pioniera della fotografia sociale americana.
Fulcro – e novità – della mostra curata da Walter Guadagnini e Monica Poggi e che presenterà oltre centocinquanta scatti, sarà uno speciale affondo sulla nascita di questo capolavoro, secondo un percorso espositivo di grande fascino ma anche di forte valenza divulgativa e didattica: la presentazione dell’intera sequenzadegli scatti eseguiti da Lange per trovare la foto perfetta, permetterà al pubblico di comprendere il procedimento attraverso il quale nasce un’icona.

Su commissione del governo americano, Lange si occupò successivamente anche della controversa vicenda dei campi di prigionia per cittadini giapponesi presenti sul territorio americano dopo l’attacco di Pearl Harbor, serie che per il suo atteggiamento critico nei confronti della politica governativa verrà sostanzialmente censurata e riportata solo molti anno più tardi. Queste fotografie – ulteriori testimonianze della profondità e della lucidità dello sguardo fotografico di Dorothea Lange, che verrà esposta per la prima volta in Italia in modo così esaustivo proprio in occasione di questa rassegna.

Attraverso un’ampia selezione di opere provenienti da diversi nuclei collezionistici che conservano l’opera di Dorothea Lange (tra cui in particolare la Library of Congress di Washington, i National Archives statunitensi), la mostra si incentrerà principalmente sul periodo d’oro della carriera della fotografa, dagli anni Trenta alla Seconda Guerra Mondiale, presentando anche scatti precedenti e successivi per dare conto della varietà e della profondità della sua ricerca, sempre tesa a restituire un sincero e partecipato ritratto di ciò che la circondava. Come affermò lei stessa, “la macchina fotografica è uno strumento che insegna alla gente come vedere il mondo senza di essa”.

Dal 21 Ottobre 2023 al 21 Gennaio 2024 – Museo Civico Bassano del Grappa (VI)

LINK

LEE MILLER. PHOTOGRAPHER & SURREALIST

Lee Miller, Self portrait with headband, New York, USA, 1932
© Lee Miller Archives | Lee Miller, Self portrait with headband, New York, USA, 1932

“Preferisco fare una foto che essere una foto”
(Lee Miller)

A tre anni di distanza dall’esposizione dedicata a Vivian Maier, le antiche cucine della Palazzina di Caccia di Stupinigi ospitano vita e scatti di un’altra grande fotografa del Novecento.

LEE MILLER è una delle figure più affascinanti e misteriose di questa epoca.
Modella di straordinaria bellezza, cuoca estrosa, impavida corrispondente di guerra, fotografa di eccelsa bravura.
Nelle fotografie che la ritraggono a emergere sono gli occhi profondi e lucidi, che molto narrano della sua vita vissuta sempre al massimo grado di intensità, in perenne ricerca di se stessa.

“Lee Miller: Photographer & Surrealist” è una mostra che ripercorre la vicenda umana e professionale di Lee Miller ponendo l’attenzione sullo sguardo surrealista della fotografa che, formatosi alla fine degli anni Venti a Parigi, travalica questo breve frangente temporale per diventare tratto peculiare della sua poetica.
Surrealista sono sia il suo modo di osservare che il lessico fotografico da lei utilizzato, caratterizzato dall’uso di metafore, antitesi e paradossi visivi volti a rivelare la bellezza inconsueta della quotidianità.

Spiega Vittoria Mainoldi, curatrice della mostra: “È difficile raccontare una donna di tale caratura: la sua intimità è complessa, la sua biografia è tumultuosa, il suo lavoro amplissimo. Con questa mostra e la selezione delle opere che la compongono abbiamo cercato di restituire quello che era Lee Miller ma soprattutto quello che era il suo sguardo, un unicum nella storia della fotografia del secolo scorso.”

In mostra sono esposti cento scatti provenienti dall’Archivio Lee Miller che conducono il visitatore alla scoperta non solo della biografia della Miller ma anche della sua cifra stilistica, unica nel panorama della fotografia del primo Novecento.

La mostra si sviluppa attraverso diverse aree tematiche: partendo dal lavoro in studio a Parigi, dove la fotografa lavora con sperimentazioni tecniche e compositive, si passa a quello legato al mondo della moda e della pubblicità svolto nello studio di New York, dove la Miller esprime al meglio le sue capacità di ritrattista e di fotografa commerciale pur non rinunciando mai alla cifra surrealista. Identificativo di questo periodo il suo autoritratto mentre è impegnata a promozionare, in tutta la sua bellezza, un cerchietto.

La cifra surrealista torna anche nelle sue nature morte o nei paesaggi che arricchiscono il corpus del suo lavoro quando si trasferisce in Egitto, come nel caso di “Portrait of Space” – ritratto dello spazio – scattato verso il deserto.

Grazie al suo ruolo centrale nella cultura di quel periodo, fotografa anche gli artisti più famosi dell’epoca. In mostra la foto di Charlie Chaplin che posa con un candelabro in testa, il ritratto di Picasso e quello di Dora Maar, e ancora Mirò, Magritte, Cocteau, Ernst e, immancabilmente, Man Ray, di cui è stata musa, amante e prima di tutto collega, inventando con lui la tecnica della solarizzazione.

E poi la guerra, immortalata in tutte le sue sfaccettature. Londra – ormai casa per Lee Miller a seguito del matrimonio con Roland Penrose – devastata dai bombardamenti, ma dove ancora resiste la vita quotidiana. E Parigi, ormai liberata dalle truppe alleate, che Lee segue in prima linea diventando corrispondente per “Vogue” al fronte, come viene ritratta da David E. Scherman, a sua volta soggetto di uno degli scatti più iconici della Miller: l’uomo con indosso la maschera antigas. Infine, l’orrore dai campi di concentramento di Buchenwald e di Dachau, in Germania, che Lee immortala a poco ore dalla loro liberazione.

Dal 09 Settembre 2023 al 07 Gennaio 2024 – Palazzina di Caccia di Stupinigi – Nichelino (TO)

LINK

André Kertész. L’opera 1910-1980

Una grande antologica di uno dei maestri assoluti della fotografia del XX secolo, André Kertész. L’opera 1910-1980, segna la stagione autunnale di CAMERA. Realizzata in collaborazione con la Médiathèque du patrimoine et de la photographie (MPP) di Parigi – Istituto che conserva gli oltre centomila negativi e tutti gli archivi donati dal fotografo allo Stato francese nel 1984 – la mostra è composta da oltre centocinquanta immagini che ripercorrono l’intera carriera del fotografo di origini ungheresi, nato a Budapest nel 1894, giunto in Francia nel 1925 e trasferitosi infine negli Stati Uniti nel 1936, dove morirà nel 1985.

La mostra segue le tappe biografiche dell’autore, dalle prime fotografie amatoriali scattate nel suo paese d’origine e durante gli anni della prima guerra mondiale, alle celebri icone realizzate nella Parigi capitale del mondo culturale degli anni tra Venti e Trenta, i capolavori realizzati nello studio del pittore Piet Mondrian, le scene di strada e infine le “distorsioni” che lo hanno reso una figura di primo piano anche nell’ambito surrealista. L’esposizione getta poi una nuova luce sulla lunga seconda parte della sua esistenza, trascorsa al di là dell’Oceano, in un clima culturale profondamente diverso: le immagini di questi anni dimostrano infatti come da un lato Kertész continui la sua ricerca ritornando sugli stessi temi, dall’altro evidenzia l’effetto che le nuove architetture, i nuovi stili di vita, i nuovi panorami cittadini hanno sulla sua fotografia.

La mostra, curata da Matthieu Rivallin – responsabile del Dipartimento di fotografia della MPP, grande esperto di Kertész – e da Walter Guadagnini – direttore artistico di CAMERA  –, celebra anche il sessantesimo anniversario della presenza del fotografo alla Biennale di Venezia: la traccia delle opere in mostra si basa infatti sulla lista manoscritta delle opere esposte in quell’occasione, ritrovata tra i documenti presenti negli archivi della MPP, una curiosità in più che lega il grande maestro al nostro paese.

19 ottobre 2023 – 4 febbraio 2024 – Camera Centro Italiano per la Fotografia – Torino

LINK

Fotografia è donna. L’universo femminile in 120 scatti dell’agenzia Magnum Photos dal dopoguerra a oggi

CAMERA continua ad approfondire il ruolo delle donne davanti e dietro la macchina fotografica, dopo le due mostre di grande successo dedicate a Eve Arnold e a Dorothea Lange, e lo fa con Fotografia è donna. L’universo femminile in 120 scatti dell’agenzia Magnum Photos, dal dopoguerra a oggi, che nell’antica residenza fortificata de La Castiglia di Saluzzo in provincia di Cuneo, propone un percorso fra le più iconiche immagini di Magnum Photos, realizzate in prima persona da autrici di fama internazionale e da alcuni celebri colleghi che, guardando alla condizione femminile nel mondo, hanno documentato le mutazioni sociali degli ultimi settant’anni.

Fra i lavori esposti ci sono quelli di Eve Arnold, Robert Capa, Cristina De Middle, Elliott Erwitt, Susan Meiselas e Alessandra Sanguinetti.

Fotografia è donna è un progetto organizzato dal Comune di Saluzzo e Fondazione Artea, in collaborazione con CAMERA, che affida la curatela artistica a Walter Guadagnini e Monica Poggi, con il sostegno di Magnum Photos e il supporto di Fondazione Amleto Bertoni.

La Castiglia di Saluzzo sarà accessibile al pubblico dalle ore 15.00 alle 19.00 del venerdì e dalle ore 10.00 alle 19.00 di sabati, domeniche e festivi.

13 ottobre 2023 – 25 febbraio 2024 – La Castiglia di Saluzzo, Cuneo

LINK

HELMUT NEWTON. LEGACY

Helmut Newton, Amica. Milano, 1982 © Helmut Newton Foundation
Helmut Newton, Amica. Milano, 1982 © Helmut Newton Foundation

Il Museo dell’Ara Pacis di Roma ospita l’ampia retrospettivaHELMUT NEWTON. LEGACY, ideata in occasione del centesimo anniversario della nascita del fotografo (Berlino, 1920 – Los Angeles, 2004) e posticipata a causa della pandemia. L’esposizione, attraverso circa 250 fotografie, riviste e documenti racconta con un nuovo sguardo l’unicità, lo stile e il lato provocatorio del fotografo, che si descriveva con queste parole: «Il mio lavoro come fotografo ritrattista è quello di sedurre, divertire e intrattenere».

L’esposizione, curata da Matthias Harder, direttore della Helmut Newton Foundation, e da Denis Curti, direttore artistico de Le Stanze della Fotografiadi Venezia, è promossa da Roma Capitale, Assessorato alla CulturaSovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e Marsilio Arte, organizzata da Zètema Progetto Cultura e Marsilio Arte, in collaborazione con la Helmut Newton Foundation di Berlino. Media Partner: La RepubblicaRai CulturaRai Pubblica Utilità. Radio ufficiale: Radio Monte Carlo. Il catalogo è pubblicato da Taschen.

Il percorso espositivo ripercorre l’intera carriera di uno dei fotografi più amati e discussi di tutti i tempi. Accanto agli scatti che hanno fatto la storia, apparsi nelle più importanti copertine di fashion magazines, un corpus di scatti inediti svela aspetti meno noti dell’opera di Newton. Un focus specifico è dedicato ai servizi di moda considerati all’epoca rivoluzionari, come la serie ispirata ai film di Alfred Hitchcock, Francois Truffaut e Federico Fellini. Stampe a contatto, pubblicazioni speciali e materiali d’archivio permettono al visitatore di entrare nel cuore del processo creativo di Helmut Newton.

capitoli cronologici raccontano le diverse fasi della vita e della carriera del fotografo, dagli esordi fino agli ultimi anni di produzione, con immagini diventate parte della nostra memoria visiva e collettiva, come la serie Big Nudes. Fino all’ultimo, Newton ha continuato a incantare e a provocare il pubblico con un complesso lavoro sulla femminilità, sfidando per oltre sei decenni ogni tentativo di categorizzazione della donna. Le protagoniste dei suoi scatti sono soggetti che hanno piena consapevolezza del proprio corpo, sottile ironia e un atteggiamento di sfida nei confronti dell’altro, senza mai cadere nella volgarità o nella banalità.

L’esposizione si snoda a partire dagli anni Quaranta in Australia per poi proseguire negli anni Cinquanta in Europa, nei Sessanta in Francia, nei Settanta negli Stati Uniti e negli Ottanta tra Monte Carlo e Los Angeles, fino ad arrivare ai numerosi servizi in giro per il mondo degli anni Novanta e all’ultimo periodo della sua carriera.

Lo spazio museale dell’Ara Pacis proporrà in esclusiva una decina di immagini di shooting che Newton scattò proprio a Roma, non presentate nelle esposizioni precedenti. Si tratta di scatti di moda che il fotografo realizzò, creando quelle atmosfere effimere ed intense che soltanto lui riusciva a evocare, unendo il fascino della Capitale a quello dei soggetti, scelti per incarnare le sue visioni. 

In continuità con le esperienze fatte in occasione delle ultime mostre e rinnovando l’impegno della Sovrintendenza Capitolina per l’accessibilità, la mostra Helmut Newton. Legacy è progettata per essere fruibile dal più ampio pubblico possibile grazie alla collaborazione con Rai Pubblica Utilità e Rai Cultura, con il Dipartimento Politiche sociali e Salute – Direzione Servizi alla Persona di Roma Capitale e Cooperativa Segni d’Integrazione – Lazio e con Radici Società Cooperativa Sociale.

Dal 05 Ottobre 2023 al 03 Marzo 2024 – Museo dell’Ara Pacis – Roma

LINK

FESTIVAL DELLA FOTOGRAFIA ETICA DI LODI. XIV EDIZIONE

Evgeniy Malotetka, The Siege of Mariupol
© Evgeniy Malotetka | Evgeniy Malotetka, The Siege of Mariupol

Il Festival della Fotografia Etica è diventato ormai, da fine settembre a fine ottobre di ogni anno, un evento atteso da migliaia di persone – appassionati di fotografia ma non solo – che raggiungono Lodi da tutta Italia per immergersi in un concentrato di storie da tutto il mondo, per riflettere e stupirsi. “Storie uniche, emozionanti ma necessarie”, come dichiara Alberto Prina, Direttore del Festival.

20 mostre, quasi 100 fotografi da 40 paesi diversi e 5 continenti, oltre 700 immagini esposte. Questi i numeri della quattordicesima edizione del Festival dal 30 settembre al 29 ottobre.

Cuore espositivo è sempre il World Report Award – Documenting Humanity. A partire dalla categoria MASTER, vinta da Evgeniy Maloletka con il reportage L’assedio di Mariupol, in cui ha raccontato il drammatico assedio russo alla città ucraina, devastata e con decine di migliaia di civili che hanno perso la vita o costretti alla fuga; la categoria SPOTLIGHT va a Bob Miller per il reportage The Last Generation: Zoey’s Dream, in cui i sogni dell’adolescente Zoey Allen si scontrano con la crisi delle medie aziende agricole americane, in cui anche lei vive; menzione speciale nella sezione Spotlight va a Sarah Pabst e al suo Everyone in Me is a Bird, lavoro intimistico in cui il lutto per la perdita e la gioia per una nuova nascita vanno a plasmare la percezione e l’esperienza della quotidianità; la categoria SHORT STORY è stata vinta da Alessandro Cinque con il reportage Alpaqueros, che racconta la questione della crisi climatica attraverso la situazione che stanno vivendo gli allevatori di alpaca in Perù; menzione speciale nella sezione Short Story va a Luisa Lauxen Dörr e alla sua Imilla, che è il nome di un collettivo di skaters boliviane che indossano abiti tradizionali per combattere contro la discriminazione; la categoria STUDENT, vinta da Gerd Waliszewski con Between the Sirens, proporrà la dura realtà dell’Ucraina invasa dalla guerra, in cui i giovani cercano di vivere la loro vita quotidiana che viene regolarmente interrotta dalle sirene d’allarme e dai missili in arrivo; la sezione SINGLE SHOT è stata infine vinta da Mohammad Rakibul Hasan con l’immagine The Blue Fig, una riflessione sul riscaldamento globale che sembra avere un impatto sproporzionato su alcuni Paesi piuttosto che altri, come ad esempio il Bangladesh. Tutte le mostre saranno visitabili presso Palazzo Barni, tranne il percorso del Single Shot esposto alla Banca Centropadana.

Anche quest’anno Lodi, in collaborazione con Bipielle Arte, accoglierà l’unica tappa lombarda della mostra internazionale itinerante del World Press Photo, il grande concorso internazionale di fotogiornalismo e fotografia documentaria più famoso al mondo che si svolge da oltre 50 anni e indetto dalla World Press Photo Foundation di Amsterdam. Quasi 150 immagini che arrivano dai 5 continenti per raccontare storie incredibili. Si tratta di lavori firmati per le maggiori testate internazionali, come National Geographic, BBC, CNN, The New York Times, Le Monde, El Pais.

Grande attenzione, come sempre, sarà per la sezione Uno Sguardo sul Mondo, visitabile presso il Palazzo della Provincia, che propone un percorso realizzato in collaborazione con Agence France-Press sulla crisi climatica. Siccità, incendi, inondazioni sono sempre più frequenti così come l’innalzamento del livello del mare, lo scioglimento dei ghiacciai e le ondate di caldo, fenomeni che interessano diverse aree del pianeta. Ogni giorno le notizie raccontano di un disastro naturale che accade da qualche parte e di persone colpite da fenomeni improvvisi, potenti e incontrollabili. Il consenso scientifico sul fatto che il cambiamento climatico sia in atto e che sia causato dall’uomo è forte. In ogni angolo della Terra, i fotografi di AFP hanno documentato gli effetti e le conseguenze che stanno minacciando sia la fauna selvatica che gli esseri umani.

Lo Spazio Approfondimento quest’anno proporrà due nuovi progetti dell’organizzazione no-profit Vital Impacts alla cui guida vede Ami Vitale, nota fotografa del National Geographic. La mostra si presenta in una duplice versione, outdoor e indoor. La prima sarà allestita presso i giardini pubblici della città e vedrà esposte una cinquantina di immagini di giovani fotografi provenienti da tutto il mondo che hanno partecipato al Vital Impact Grant, premio nato per supportare coloro che si impegnano nell’ambito della fotografia naturalistica e dell’attivismo a favore del Pianeta. La versione indoor, invece, vedrà protagonisti molti maestri della fotografia naturalistica i cui lavori saranno esposti nell’ex-chiesa dell’Angelo. Queste immagini fanno parte della collezione invernale di scatti che i loro autori hanno concesso per una raccolta fondi, che ha l’obiettivo di sostenere il Reteti Elephant Sanctuary in Kenya, luogo per cui Ami Vitale, fondatrice di Vital Impact, si spende da molto tempo.

Lo Spazio No Profit nel chiostro del ex-ospedale Gorini quest’anno sarà ricco di ben 4 progetti: il fotografo Filippo Venturi per l’organizzazione PSCORE con Awakenings, progetto che racconta come ogni anno molti nordcoreani, in prevalenza donne, tentano di scappare in cerca di una vita migliore per loro e per le proprie famiglie; la spagnola Maria Clauss per l’ONG Medicos del Mundo con Donde no habite el olvido, sulle vittime delle rappresaglie della guerra civile spagnola; Davide Torbidi per la Camera del Lavoro Lodi con il progetto Ho visto e non ho più dimenticato, sulla scottante tematica degli elevati numeri di infortuni e morti sul lavoro in Italia; infine il progetto Vivere la bellezza della Società Cooperativa Sociale ONLUS Nuova Assistenza, che ha trasformato alcune opere d’arte fra le più note al mondo in fotografie grazie agli operatori-fotografi ed ai pazienti che si sono prestati a questa collaborazione.

Tocca poi a Le vite degli altri, spazio tematico di Palazzo Modignani che conterrà quattro bellissimi focus fotografici che vogliono indagare la stretta relazione che si crea tra le persone e il luogo in cui vivono, le tradizioni che vengono portate avanti ma anche i cambiamenti che influenzano le società.
Laura Morton ci accompagna in un viaggio per la Silicon Valley dove è la tecnologia a farla da padrone con le sue start-up e il wi-fi veloce: la nuova frontiera del sogno americano; Paul Ratje racconta le province del Sichuan e del Qinghai, al confine tra Cina e Tibet, e le nuove generazioni non più legate solo ai costumi del passato ma alla ricerca di nuove professioni e un moderno stile di vita; Toby Binber ha trascorso moltissimi anni tra le strade di Belfast insieme ai ragazzi che ora sono diventati quasi adulti in una città che non è cambiata; infine Lukas Kreibig, che racconta il cambiamento climatico in Groenlandia e come questo stia andando ad impattare sulla vita delle comunità Inuit.

Infine, Elegia Lodigiana di Gabriele Cecconi che sarà allestita nella sede della Cavallerizza. Raccontare il territorio in cui si vive e si è immersi ogni giorno non è impresa semplice. Essere obbiettivi e sapersi guardare dentro, partendo dalle proprie radici per arrivare al presente fatto di luci e ombre, è una sfida emozionante. Per questo si ha bisogno dello sguardo esterno, meglio se diverso e lontano, che sappia vedere il quotidiano, invisibile a chi lo guarda con gli stessi occhi, e che sappia svelare con la bellezza di uno scatto l’identità di un territorio, con la leggerezza della fotografia quello che non conosci o non vuoi conoscere. Da queste esigenze necessarie e importanti nasce questo progetto finanziato dal bando Strategia Fotografia 2022 promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura, in collaborazione con la Provincia di Lodi. Sin dai primi mesi di quest’anno il fotografo Gabriele Cecconi, reportagista di fama internazionale con esperienza su tematiche ambientali, è arrivato nel lodigiano per posare il suo sguardo su questo territorio. La scelta di proporre un’indagine fotografica è significativa, oltre che per le caratteristiche antropologiche di quest’area, anche per la crisi idrica che nel 2022 ha investito il nord-Italia, con conseguenze drammatiche sul tessuto economico-sociale dell’area. Generazione dopo generazione, l’acqua ha rappresentato una risorsa che ha consentito il sostentamento e lo sviluppo di un’area economica tra le più produttive e fertili d’Europa. Tutto questo ora è in pericolo e il rischio più grande è la perdita della civiltà contadina. Si ringrazia la Provincia di Lodi, il Consorzio Muzza, SAL azienda idrica lodigiana, FUJIFILM Italia e Concessionarie BMW-MINI del gruppo Carteni per il supporto al progetto.

Dal 30 Settembre 2023 al 29 Ottobre 2023 – Lodi – sedi varie

LINK

SIENA AWARDS PHOTO FESTIVAL 2023

Gabriele Galimberti, dalla serie <em>The Ameriguns</em>
© Gabriele Galimberti | Gabriele Galimberti, dalla serie The Ameriguns

Il Siena Awards scalda i motori per una nuova edizione che porterà ancora una volta a Siena e nei dintorni grandi nomi della fotografia internazionale coinvolgendo la città e il territorio. L’appuntamento è in programma dal 30 settembre al 19 novembre con un ricco programma di mostre e appuntamenti che consolidano il festival come un evento autunnale imperdibile a livello internazionale fra conferme e novità. A fare da preludio all’edizione 2023 sarà, per la prima volta, la mostra a cielo aperto ChiusdinoCreative, allestita nel borgo medievale di Chiusdinodall’8 luglio al 19 novembre con immagini uniche e capaci di unire arte fotografica e ambiente urbano.

Dal 30 settembre il Siena Awards 2023 entrerà ufficialmente nel vivo con i suoi grandi protagonisti: William Albert Allard, con una retrospettiva sui suoi 50 anni di lavoro per il National Geographic, e Brian Skerry, fotoreporter e produttore cinematografico specializzato in fauna marina e ambienti sottomarini. A loro si uniranno Gabriele Galimberti, fotografo aretino che esplora in modo avvincente il complesso rapporto tra gli Stati Uniti e le armi da fuoco, e le collettive del Siena Awards dedicate, come ogni anno, ai tre premi fotografici con scatti e video in arrivo da tutto il mondo: Siena International Photo Awards“Creative Photo Awards” “Drone Photo Awards”, che quest’anno avrà l’Abbazia di San Galgano come nuova location di eccezione. Con una formula consolidata che varca i confini della città e coinvolge anche altri territori, il festival delle arti visive tornerà ad animare il centro storico di Sovicille e arriverà per la prima volta a Chiusdino.

I grandi protagonisti dell’edizione 2023

La retrospettiva di William Albert Allard, pioniere della fotografia a colori, si intitola “Five Decades, A Retrospective” e racconta, con la più vasta antologica a lui dedicata mai organizzata in Italia, cinque decenni di lavoro per il National Geographic come scrittore e fotografo andando sempre alla ricerca di “ciò che accade ai margini” e unendo bellezza, mistero e senso dell’avventura.

La mostra di Brian Skerry “The Sentient Sea” racconterà, invece, una storia visiva con immagini raccolte in oltre 40 anni di esplorazione degli oceani, luoghi di bellezza e mistero, difficoltà e speranza. Specializzato in fauna marina e ambienti sottomarini, dal 1998 Skerry è fotografo a contratto per il National Geographic Magazine, per il quale ha raccontato storie in ogni continente e in quasi tutti gli habitat oceanici.

L’esposizione “The Ameriguns” di Gabriele Galimberti accenderà, invece, i riflettori sulla storia della cultura americana delle armi attraverso l’obiettivo del fotografo aretino, capace di far luce sulle complessità dell’esperienza umana evidenziando le sfumature e le contraddizioni del nostro mondo.

Le mostre a cielo aperto

Oltre a Chiusdino, il Siena Awards tornerà ad animare Sovicille con SovicilleCreative. Per il terzo anno consecutivo, le vie del borgo a pochi km da Siena saranno decorate con grandi foto, opere di fotografi di fama internazionale esposte dentro le porte e le finestre tamponate delle abitazioni, dei palazzi e degli edifici storici per offrire ai visitatori un’esperienza unica e coinvolgente.

L’obiettivo è quello di estendere nel tempo il format WeCreative anche ad altri luoghi del territorio senese, abbinando ai nomi delle località coinvolte, il simbolo rosso del cuore e il termine Creative, con un evidente riferimento al premio “Creative Photo Awards” da cui proviene la selezione delle immagini esposte.

“Il successo internazionale e la crescita continua del Siena Awards – afferma il direttore artistico del festival, Luca Venturi – premia un grande lavoro di squadra che si è consolidato di anno in anno grazie a tutte le istituzioni e ai partner che ci hanno sostenuto e che non si sono mai tirati indietro: i Comuni di Siena e Sovicille, a cui quest’anno si unisce il Comune di Chiusdino; l’Università degli Studi di Siena; l’Università per Stranieri di Siena; il Museo di Storia Naturale di Siena Accademia dei Fisiocritici; l’Accademia dei Rozzi; la Fondazione Santa Maria della Scala e l’Associazione Area Verde Camollia, 85. Insieme a loro – aggiunge Venturi – ringrazio i main partner Carrefour Market, Etruria Retail, Banca Mediolanum, Gabetti Lab e i partner Sienambiente, SEI Toscana, Terrecablate, Safety&Privacy, Il Fotoamatore e Iren SpA. Tutti quanti insieme, siamo già a lavoro per regalare al nostro pubblico una straordinaria edizione 2023 e consolidare sempre di più nel calendario internazionale dei grandi eventi questo appuntamento che porta il nome di Siena nel mondo attraverso la grande fotografia e le arti visive”.

Dal 30 Settembre 2023 al 19 Novembre 2023 – Siena – sedi varie

LINK

EVE ARNOLD. L’OPERA, 1950-1980

 Eve Arnold, Marilyn Monroe and Montgomery Clift during filming of 'The Misfits', Nevada, USA, 1960
© Eve Arnold/Magnum Photos | Eve Arnold, Marilyn Monroe and Montgomery Clift during filming of ‘The Misfits’, Nevada, USA, 1960

Dopo il grande successo de L’Arte della moda. L’età dei sogni e delle rivoluzioni. 1789-1968, dal 23 settembre 2023 al 7 gennaio 2024 le sale del Museo Civico San Domenico di Forlì si aprono a una leggenda della fotografia del XX secoloEve Arnoldla prima donna, insieme a Inge Morath,a far parte della prestigiosa agenzia Magnum Photos nel 1951. 

Promossa dalla Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì, con il Comune di Forlì, la mostra Eve Arnold. L’opera, 1950-1980 – a cura di Monica Poggi – nasce dalla collaborazione tra l’istituzione forlivese con CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia, Torino, ed è realizzata d’intesa con Magnum Photos.

Negli anni, davanti al suo obiettivo, sono passati dive e divi del cinema, sfilate di moda e reportage d’inchiesta ancora attuali nello sguardo. Per questo la mostra si articola in un ampio percorso tra 170 fotografie:un vero e proprio viaggio all’interno della produzione della fotografa statunitense, sancita anche nel passaggio dal bianco e nero agli scatti a colori. 

«Al centro del lavoro di Eve Arnold – sottolinea Monica Poggi, curatrice della mostra – c’è sempre l’essere umano e il motivo che l’ha portato a essere lì dov’è. Che i suoi soggetti siano celebrità acclamate in tutto il mondo, o migranti vestiti di stracci, poco cambia».

La comunità afroamericana è stata la prima protagonista dei suoi scatti: inaugura infatti la sua carriera ritraendo le modelle delle sfilate di Harlem dietro le quinte, sovvertendo i canoni della fotografia di moda, abbandonando la posa in favore della spontaneità e dando dignità a un mondo sommerso.
Nello stesso periodo si occupa di un reportage sulla famiglia Davis residente a Long Island. Considerata una famiglia “tipo” americana, discendente dai primi coloni, i Davis possiedono diversi terreni dove sfruttano braccianti neri: un’occasione per la Arnold per mostrare le due facce del boom economico degli anni ’50 e mostrare al mondo il prezzo pagato dagli ultimi in nome degli affari.

La fragilità, a partire dalla propria, è al centro anche di un lavoro di rara profondità, che le permette di attraversare il dolore per la perdita di un figlio traducendo in immagini quanto è venuto a mancare. Eccola dunque impegnata a immortalare i primi istanti di decine di neonati presso il Mather Hospital di Port Jefferson, riuscendo ancora una volta a cogliere l’essenza più pura di quanto si trova davanti.

Dopo l’ingresso in Magnum comincia a entrare in contatto con il mondo dello spettacolo. Come primo incarico deve ritrarre Marlene Dietrich, la diva per eccellenza del cinema muto, durante l’incisione del suo album. La fotografa non si fa intimorire dal peso specifico di quella notorietà e inizia a fotografarla senza sosta, cogliendo la natura più vera di quell’immagine già tanto iconica. Nonostante le numerose indicazioni della Dietrich in fase di post-produzione, Eve Arnold decide semplicemente di ristampare meglio le foto e spedirle ad Esquire: un gesto coraggioso che ha scardinato l’immagine impalpabile della superstar tedesca, conquistando però anche la sua fiducia e apprezzamento.
Ed è proprio a questa filosofia che si rifà quando dovrà ritrarre Joan Crawford durante gli innumerevoli “riti” estetici prima di entrare sul set, affidandosi all’istinto e al suo sguardo vorace e acuto e arrivando così a mostrare il lato più intimo e autentico di un mito.
Al vertice della sua produzione legata al mondo di Hollywood troviamo Marilyn Monroe: 
«Il legame che ci univa ruotava tutto intorno alla fotografia. Le mie foto le piacevano ed era abbastanza arguta da capire che rappresentavano un modo nuovo di ritrarla», spiegò poi la stessa Eve Arnold.
Erano ritratti lontani dall’immaginario già legato alla diva, scomposti, realizzati dopo lunghe giornate di set, non più irraggiungibile.

Sempre grazie a Magnum cominciano anche gli incarichi internazionali, che la fanno tornare a una fotografia più impegnata: nel 1969 si occupa del reportage “Oltre il velo” tra Afghanistan, Pakistan, Turkmenistan, Egitto ed Emirati Arabi Uniti, un progetto che la porterà a produrre un documentario, il primo a mostrare l’interno di un harem di Dubai. 
Nel 1979, invece, si recherà in Cina per documentare il cambiamento del Paese dopo l’insediamento di Deng Xiaoping, sempre più aperto verso l’occidente, sempre più decisa a far emergere quanto diversamente celato.

La descrizione più lucida e diretta del suo lavoro è probabilmente lei stessa a darla, fornendo anche la più chiara delle indicazioni di poetica «Sono stata povera e ho voluto ritrarre la povertà; ho perso un figlio e sono stata ossessionata dalle nascite; mi interessava la politica e ho voluto scoprire come influiva sulle nostre vite; sono una donna e volevo sapere delle altre donne».

Dal 23 Settembre 2023 al 07 Gennaio 2024 – Museo Civico San Domenico – Forlì

LINK

Swim till I Sank – Gabriele Stabile

(…) non intendevo annegarmi. Intendevo nuotare finché non fossi affondato.
– Joseph Conrad, da ‘Il compagno segreto’

Dopo anni di lavoro come fotoreporter in Italia, negli Stati Uniti, in Medio Oriente e in Nord Africa, Gabriele Stabile si è rimpossessato delle proprie immagini. In mostra, una serie di opere uniche nate dalla rielaborazione del suo archivio fotografico.

Non riuscivo più a guardarle così com’erano – racconta – andavo in un posto come Gaza o Lampedusa e passavo del tempo negli ospedali, nelle carceri, dove incontravo le persone e instauravo un rapporto con loro in situazioni troppo complesse per essere raccontate appieno in un contesto editorialeQuando e se pubblicate, le fotografie si inserivano in una narrazione specifica e mantenevano l’attenzione per pochi secondi, mentre nella mia vita quegli incontri avevano un peso enorme. *

Se il ciclo delle notizie schiacchia e consuma rapidamente le immagini, Stabile le riporta in vita. Muovendosi tra razionalità e subconscio, e con una buona dose di sperimentazione – che l’ha portato a lavorare anche con materiali diversi, acrilici, tela, legno – queste fotografie sono rinate passando attraverso il filtro di una specie di sogno, una dimensione molto più grande e larga del ricordo preciso e del semplice fatto. Gli occhi della memoria oltrepassano il momento per abbracciare il tempo, vedono la bellezza e l’eleganza del gesto che si assomiglia in luoghi, tempi, azioni lontane tra loro.

Le unità aristoteliche del fotogiornalismo sono definitivamente scomparse.

Il gesto dell’artista è passato attraverso due momenti: l’immediata registrazione del fatto e la rielaborazione del materiale quando, passati gli anni, ha perso la sua “attualità” e, a volte, anche la memoria esatta di dove la foto è stata scattata.

Dopotutto, la pratica dell’immaginazione è l’ esercizio necessario a ridare vita e verità al mondo.

In mostra sarà una selezione di opere uniche, tutte a tecnica mista, su carta e su legno

19 ottobre – 25 novembre – MiCamera – Milano

LINK

CANDIDA HÖFER. INSIDE ITALIAN ARCHITECTURE

Candida Höfer, Teatro Olimpico, Vicenza, 2010
© Candida Höfer | Candida Höfer, Teatro Olimpico, Vicenza, 2010

Patricia Low Venezia è lieta di annunciare la mostra “Inside Italian Architecture” dell’artista tedesca di fama internazionale Candida Höfer come terza esposizione presso la nuova galleria sul Canal Grande a Venezia, dal 2 settembre al 26 novembre 2023, in concomitanza con gli ultimi mesi della 18a Biennale di Architettura.

La mostra si concentra su esempi di fotografie a colori di grande formato di spazi pubblici italiani storici tra cui Villa Borghese a Roma, Palazzo Vecchio a Firenze e il Teatro dell’Opera della Fenice a Venezia, che si trova di fronte alla galleria stessa, nel sestiere di San Marco. Fotografate tra il 2008 e il 2012, le opere sono tipicamente prive di persone e composte con cura. Dettagli architettonici interni, dipinti e sculture canoniche, file di libri riempiono la raccolta di Höfer dei palazzi della cultura italiani, che sembrano contemporaneamente pronti ad essere utilizzati dall’uomo e a ricordare i loro numerosi occupanti passati. Scattando con luce naturale o esistente e utilizzando una lunga esposizione, le finestre e gli specchi di questi spazi storici raggiungono un bagliore super-carico, quasi auratico. Nel suo lavoro, la Höfer cattura abilmente sia lo spazio che il tempo, e quasi un bagliore sacro.

Dal 02 Settembre 2023 al 26 Novembre 2023 – Patricia Low Venezia – Palazzo Contarini Michiel – Venezia

LINK

OLIVIA ARTHUR, ANTONIO BIASIUCCI, MAX PINCKERS, ALFRED SEILAND PER ROMA

Max Pinckers, Senza Titolo, dalla serie 2020-MMXX
Max Pinckers, Senza Titolo, dalla serie 2020-MMXX

La mostra è l’atto di restituzione al pubblico di un progetto di più ampia portata, che prevede residenze a Roma per fotografi di fama internazionale e che l’amministrazione capitolina persegue da tempo. Le origini risalgono alla “Commissione Roma”, l’iniziativa avviata nel 2003 nell’ambito di Fotografia Festival internazionale di Roma e mirata a valorizzare la fotografia e a dotare la città di Roma di un patrimonio di immagini in grado di restituire la sua identità attraverso sguardi diversi.
A seguito di questo ventennale progetto, l’Archivio Fotografico del Museo di Roma, destinatario delle immagini realizzate durante le residenze, si è arricchito delle opere di quindici grandi protagonisti della fotografia contemporanea, tra gli altri Josef Koudelka, Olivo Barbieri, Anders Petersen, Martin Parr, Graciela Iturbide, Gabriele Basilico, Guy Tillim, Tod Papageorge, Alec Soth, Paolo Ventura, Tim Davis, Paolo Pellegrin, Hans-Christian Schink, Roger Ballen, Jon Rafman, Simon Roberts, Léonie Hampton, Nadav Kander, Martin Kollar, Alex Majoli, Sarah Moon, Tommaso Protti.
 
Per l’edizione di quest’anno, Francesco Zizola ha invitato a Roma quattro autori noti nel mondo della produzione artistica e fotografica internazionale – Antonio Biasiucci, Max Pinckers, Alfred Seiland e Olivia Arthur – che si sono misurati con condizioni del tutto eccezionali, quelle create dalla pandemia di Covid-19. Lavorando durante il lockdown, e immediatamente dopo, hanno affrontato una realtà inedita sviluppando pensieri e ricerche che hanno al centro i temi del tempo e dello spazio, dei corpi e delle relazioni, dello spazio urbano e di quello interiore. Le stesse tematiche che contraddistinguono i dibattiti più avanzati sulle immagini e sulle loro modalità di funzionamento.
Le opere presentate rinnovano il linguaggio fotografico e allo stesso tempo ne approntano una chiara critica.

Dal 22 Settembre 2023 al 19 Novembre 2023 – Mattatoio – Roma

LINK

MARIO GIACOMELLI, UNA RETROSPETTIVA. LA RACCOLTA DI LONATO

Un’importante retrospettiva dedicata allo straordinario lascito fotografico di Mario Giacomelli (Senigallia 1925 – 2000), uno dei maggiori interpreti della fotografia italiana del Novecento, viene organizzata dal 7 luglio al 29 ottobre 2023 dall’Amministrazione Comunale della Città di Lonato del Garda in collaborazione con la Fondazione Ugo Da Como.

Ad ospitarla, la suggestiva cornice della Sala del Capitano nella Rocca visconteo veneta.

Davvero in pochi hanno consapevolezza del grande tesoro che si cela nelle stanze della Biblioteca civica di Lonato del Garda: si tratta di 101 fotografie di Giacomelli, appartenenti al patrimonio del Comune. Nel 1985 Mario Giacomelli al termine di una mostra ospitata nel Palazzo Municipale di Lonato del Garda, donò alla Comunità tutte le fotografie da egli stesso selezionate per quella rassegna.

Dopo l’ultima esposizione del Fondo fotografico, avvenuta nel 2004, l’Amministrazione ha costituito un gruppo di lavoro guidato dalla Fondazione Ugo Da Como per l’organizzazione di questa mostra, intitolata Mario Giacomelli, una retrospettiva. La Raccolta di Lonato del GardaDi notevole valore culturale, è curata da Filippo Maggia e si avvale anche della collaborazione dell’Archivio Mario Giacomelli.

La mostra presenta 81 delle 101 fotografie di proprietà del Comune di Lonato del Garda rappresentative di diverse fra le celebri serie che hanno reso famosa la produzione di Mario Giacomelli, come quella dei seminaristi, dei paesaggi immortalati da alta quota, di Scanno.

7 LUGLIO – 29 OTTOBRE 2023 – Rocca visconteo veneta – Lonato del Garda

LINK

Luca Locatelli. The Circle. Soluzioni per un futuro sostenibile

Ferropolis - Germania, 2022 © Luca Locatelli
Ferropolis – Germania, 2022 © Luca Locatelli

Dal 21 settembre al 18 febbraio 2024 alle Gallerie d’Italia – Torino ti aspetta la mostra “Luca Locatelli. The Circle. Soluzioni per un futuro sostenibile”, curata da Elisa Medde.

Per Intesa Sanpaolo, il fotografo italiano ha viaggiato negli ultimi due anni attraverso l’Europa alla ricerca di pratiche e storie emblematiche e replicabili nell’ambito dell’economia circolare che aprano il dibattito sulla transizione ecologica e sullo stato del pianeta.

Il risultato di questa ricerca viene mostrato in anteprima mondiale a Torino con un percorso espositivo di oltre 100 fotografie e contributi video: un viaggio attraverso l’Europa della sperimentazione e dell’avanzamento industriale sostenibile, toccando temi come la geotermia, il riciclo tessile, la riconversione di aree industriali dismesse, l’alimentazione.

Dalla Danimarca alla Germania, dall’Islanda all’Italia, le immagini raccontano esperienze e realtà in cui altissima ingegneria, artigianato e sapienza ancestrale procedono di pari passo per creare uno spazio in cui la Natura torni al centro. La tecnologia più avveniristica e l’intuizione dell’autoproduzione possono entrambe contribuire allo stesso scopo: la chiusura del cerchio, la possibilità di un sistema perpetuo, la possibilità di una riuscita.

Dal 21 settembre al 18 febbraio 2024 – Gallerie d’Italia – Torino

LINK

YEAST PHOTO FESTIVAL 2023

Elena Subach, Grandmothers on the Edge of Heaven
Elena Subach, Grandmothers on the Edge of Heaven

Rituale quotidiano, oggetto di consumo, legame culturale, elemento simbolico, prodotto seriale, aggregatore sociale.
O ancora: nucleo e involucro, responsabilità e avidità, gusto e disgusto, distanza e intimità, biodiversità e omologazione. In quanti e quali modi cibo definisce oggi l’identità di ciascuno?E in che modo questo rapporto si riflette sul mondo che abitiamo, andando a tratteggiare scenari di un futuro sempre più prossimo?
Sono questi alcuni dei temi e degli interrogativi che saranno affrontati dalla 2/a edizione diYeast Photo Festival, il festival internazionale che unisce fotografia, cibo e arti visive per ripensare il rapporto tra uomo e ambiente, in programma dal 28 settembre al 12 novembre tra il borgo salentino di Matino e la città di Lecce, in Puglia.
In cartellone mostre, dibattiti, workshop, tavole rotonde ed eventi collaterali peruna riflessione su nutrimento e identità, tradizione e impatto ambientale, stili di vita e climate change, con la direzione di Flavio & Frank e Veronica Nicolardi, e la curatela di Edda Fahrenhorst. “Food is identity”: questo il tema della manifestazione, che di anno in anno viene declinato su una suggestione specifica. Nel 2023: “Soulfood. And Beyond.”: il cibo come nutrimento non solo del corpo, ma anche dell’anima, tra consolazione, vicinanza, passione, forza e amore in ogni attimo delle nostre vite.
Yeast Photo Festival è organizzato dalle associazioni culturali Besafe ONTHEMOVE, con il patrocinio di Ministero della Cultura, Regione Puglia, Provincia di Lecce, Città di Lecce, Comune di Matino, Unisalento.

Yeast, ovvero “lievito” in inglese: una parola per evocare fermento culturale, forza creativa e generativa, storie ribelli che sprigionano energia visionaria connessa alla terra, all’etica del lavoro e al rispetto per la natura. 12 le mostre e 1 collettiva in programma: progetti che spaziano dalla fotografia ad altri multimedia per contribuire alle riflessioni contemporanee sullo stato dell’umanità e del nostro pianeta.Tra gli artisti di questa edizione Niall McDiarmid, Mario Wezel, Lars Borges & Luzie Kurth, Alain Schroeder, Henry Hargreaves, Dougie Wallace, Tereza Jobová, Matthieu Nicol, Elena Subach, Lys Arango. E poi: nel novero degli ospiti confermato lo chef e conduttore televisivo Alessandro Borghese, e tra gli eventi speciali a chiusura dell’iniziativa il concerto in collaborazione con Locomotive Jazz Festival (11/11).Yeast Photo Festivalindividua nel medium fotografico il punto d’incontro tra innovazione artistica e tradizione culinaria, tra ecosistema locale e paesaggio globale, per esorcizzare la paura di un futuro climatico apocalittico e indicare nuovi scenari positivi possibili. L’iniziativa cerca nel passato e nel presente le tracce di un nuovo mondo. Citando il poeta Franco Arminio, Yeast Photo Festival è “la sagra del futuro sui tavolini dell’arcaico”.

“Mangiare è sempre legato a rituali grandiosi – spiega Edda Fahrenhorst –ma anche molto semplici, come si può vedere in tutte le mostre. Subito dopo il parto, l’allattamento forma un legame tra madre e figlio. Più avanti, lo svezzamento fa entrare in scena il padre. Il corteggiamento spesso implica viziare un po’ e, al tempo stesso, divertirsi. A questo proposito, mangiare, così come il cibo stesso, è un’occasione perfetta per farlo. Salutato il giorno, la notte è un momento meraviglioso per mangiare e bere in abbondanza. E quando c’è da affrontare una guerra, le razioni vengono preparate prima del combattimento. Le nonne offrono ai nipoti tutte le prelibatezze, che però a volte sembrano provenire da un’altra epoca. Quando si avvicina la fine della vita, l’ultimo pasto è fonte di consolazione, proprio come nell’Ultima Cena. Ogni condizione di vita, in ogni cultura del mondo, è legata al cibo e in momenti molto speciali ci si siede a tavole lunghe, rumorose, silenziose o affollate, e si assapora un buon pasto, sentendo il calore della comunità e l’atmosfera, semplicemente tutte le emozioni legate a questi istanti. La seconda edizione di Yeast Photo Festival vi invita a un viaggio attraverso questi momenti speciali, in una vera e propria “montagna russa” di rituali ed emozioni (più o meno) deliziose”.

Tra i progetti in esposizione, “Grandma Divers” di Alain Schroeder, fotoreporter belga che documenta il lavoro delle famose Haenyeo: le “donne del mare” considerate tesoro UNESCO che si tuffano in apnea al largo delle coste nere di Jeju, in Corea del Sud, raccogliendo prelibatezze dalle onde in una tradizione ormai in via di estinzione (Palazzo Marchesale del tufo, Matino). Un particolare uso in atto nelle carceri texane, quello di dare ai condannati a morte la possibilità di scegliere cosa consumeranno al loro ultimo pasto, sarà al centro di “No Seconds”, lavoro del fotografo neozelandese Henry Hargreaves (Macelleria Ex Nau, Matino); mentre il picture editor e collezionista francese Matthieu Nicol, attraverso una serie di immagini dagli archivi del Centro di ricerca, sviluppo e ingegneria dell’esercito americano di Natick, vicino a Boston, mostra nel suo “Better Food for our Fighting men” i ritrovati tecnologici nati per sostenere i soldati, parecchi dei quali si trovano attualmente sugli scaffali dei nostri supermercati (Distilleria De Luca, Matino). E poi ancora: “Grandmothers on the Edge of Heaven” di Elena Subach, visual artist ucraina che indaga il gap tra la generazione dei giovani e quello delle loro nonne, tra tradizione, religione e passato coloniale sovietico (Chiostro del Palazzo dell’Antico Seminario, Lecce), e “Eat out of the box” di Tereza Jobová, in cui il cibo, solitamente percepito come un bisogno primario, perde gradualmente la propria funzione diventando mera decorazione, sollevando una riflessione sul suo reale significato per noi (Distilleria De Luca, Matino). Inoltre la collettiva “The Last Supper”: l’iconografia dell’Ultima Cena rivisitata attraverso la committenza a sei fotografi provenienti da Italia, Germania e Svizzera per un progetto originale in collaborazione con Lenzburg Photo Festival (Palazzo Marchesale del tufo, Matino).

Ancora: “Breakfast” di Nial McDiarmid, lavoro realizzato nell’arco di 4 anni in cui l’artista scozzese osserva il semplice rituale quotidiano della colazione (Palazzo Marchesale del tufo, Matino); “Interstellar Nights” di Mario Wezel, riflessione sull’allattamento al seno che porta con sé un più ampio pensiero sulla famiglia e sulla paternità, temi cardini del documentarista tedesco che qui si affida ad un medium particolare: la macchina fotografica termica (Palazzo Marchesale del tufo, Matino); “We Share the Meal”, serie fotografica risultato di un lavoro intensivo della durata di un anno, portato avanti dal fotografo Lars Borges e dall’attrice Luzie Kurth: centinaia di immagini in dialogo tra performance e fotografia per esplorare il campo tematico della cucina (Palazzo Marchesale del tufo, Matino); “A Night Out with the Brits” di Dougie Wallace, fotografo scozzese noto in tutto il mondo per i suoi progetti di documentazione sociale che con la sua visione unica racconta qui le esperienze vissute nel corso dei vent’anni trascorsi nell’East London, dai tempi delle feste disinibite, quando la zona era un deserto dal punto di vista culturale, fino alla rigenerazione urbana in corso, con la partecipazione alla curatela di Lars Lindemann (Frantoio Ipogeo, Matino); “Until the Corn Grows Back” di Lys Arango, che mette in luce la prospettiva dei bambini e delle loro famiglie nelle comunità indigene di Chiquimula e Huehuetenango in Guatemala, per comprendere gli effetti devastanti della malnutrizione infantile cronica, chiamata anche “killer silenzioso”, in collaborazione con Environmental Photo Festival »horizonte zingst« (Le Stanzìe).

Da segnalare il progetto partecipativoMatino Family Albumopen call rivolta ai cittadini di Matino che li invita a condividere fotografie di momenti personali e familiari che rappresentino il cibo in relazione all’amore, ai rituali o alle tradizioni. La direzione artistica sceglierà le immagini migliori, che faranno parte di una mostra open air per le strade della città. Pur continuando il suo viaggio attraverso il cibo, Yeast Photo Festival vuole entrare nelle case delle persone per sbirciare nei loro album di famiglia. La condivisione delle storie del territorio diventa modo per collegare la cultura locale con le narrazioni provenienti da ogni dove. Viaggiare attraverso le emozioni, le passioni, l’amore, le tradizioni, i riti e gli sguardi, ci aiuta a cogliere il comune denominatore dell’umanità che unisce le persone, e ci fa sentire più simili di quanto pensiamo, nonostante le differenze culturali e geografiche. Inoltre, nel corso del weekend inaugurale, ogni partecipante è invitato a portare con sé con un’immagine stampata che ritragga il cibo in una delle categorie – Amore, Rituali e Tradizioni – per far parte di una curatela partecipata intesa come modo per scoprire e conoscere come le persone condividono il cibo in momenti speciali.

Tante le novità del 2023, come la partnership con MIA FAIR, fiera internazionale d’arte dedicata alla fotografia in Italia che si tiene a Milano dal 2012, in sinergia con la quale arriva al festival il progetto vincitore della seconda edizione del Premio IRINOX SAVE THE FOOD in collaborazione con Fiere di Parma, “Ordinary Pleasures”, esposizione della ricercatrice visiva con base a New York Maria Giovanna Giugliano: un’analisi del legame viscerale che si stabilisce tra la natura e le persone attraverso il cibo (Distilleria De Luca, Matino). Per la prima volta Yeast Photo Festival si espande oltre i confini di Matino e arriva nel Chiostro del Palazzo dell’Antico Seminario a Lecce grazie alla collaborazione con Art Work e in uno dei luoghi simbolo della cultura e della civiltà salentina grazie all’accoglienza della masseria Le Stanzìe. Inoltre la vocazione di Yeast alla sostenibilità dal punto di vista sociale, ambientale ed economico si avvale da questa edizione del contributo di Everything is Connected, progetto transdisciplinare diretto da Maria Teresa Salvati che insieme alle Officine Tamborrino ideerà installazioni eco-compatibili utilizzando materiali riciclati e scarti di magazzino visti in ottica di riuso. Alcune mostre saranno stampate su materiali riutilizzabili a fine festival in maniera creativa in collaborazione con gli abitanti di Matino, la scelta dei fornitori sarà pensata per ridurre gli sprechi, i trasporti e la produzione di CO2, e saranno attivate collaborazioni per compensare l’impronta di carbonio. Grande attenzione all’inclusione e all’innovazione sociale, coinvolgendo attivamente la comunità locale per sensibilizzare sui temi legati al cibo, fornendo una sorta di possibilità di dialogo e azione collettiva.
La presentazione della 2/a edizione del festival viene annunciata per la prima volta a Milano presso Circus Studio in un evento supportato da AGX e Cantine San Donaci.

Dal 28 Settembre 2023 al 12 Novembre 2023 – Lecce e Matino – Sedi varie

LINK

ALBERTO BREGANI. UNSEEN. UN’INTIMA CONVERSAZIONE

Alberto Bregani, Val di Fassa
© Alberto Bregani | Alberto Bregani, Val di Fassa

Fotografare le montagne è da sempre un’operazione così complessa e delicata da non essere inscritta nella più generale definizione legata al paesaggio ma di meritarsi il termine tutto suo di fotoalpinismo. Nel caso della mostra “Unseen. Alberto Bregani – Un’intima conversazione” a cura di Fondazione 3M – ETS si fondono due passioni e relative competenze – quella per la fotografia e quella per la montagna – capaci di superare ogni ostacolo. La mostra, che sarà esposta dal 2 settembre al 26 novembre 2023 presso il MUPAC – Museo dei Paesaggi di Terra e di Fiume di Colorno (PR), è inserita nel programma della 14ª edizione di ColornoPhotoLife, il festival fotografico che quest’anno propone il tema “Confini” interpretato nelle sue molteplici accezioni.
Nelle fotografie di Alberto Bregani si trovano l’autentica capacità di entrare in sintonia con la natura, il rispetto per l’ambiente e quella che lui stesso definisce come “un’intima, silenziosa conversazione con tutti gli elementi che compongono il paesaggio”. Osservando le immagini in bianconero della sua mostra “Unseen” sembra di ascoltare una singolare colonna sonora dove il silenzio è interrotto dal rumore cadenzato dei passi, dal fischiare del vento in quota, dal verso lontano di qualche rapace che sembra esprimere così la sua ebrezza del volo. Questa non è la montagna idealizzata dal Romanticismo, ma quella reale che ha conosciuto la sofferenza e la morte, quella che ha visto sostituire i sentieri ai camminamenti, i rifugi alle fortificazioni, quella trasformata nel teatro di una guerra che è stata definita Grande perché ha quasi cancellato un’intera generazione. Ma ora la montagna, ci dice il fotografo con queste bellissime immagini, si è ripresa il suo grandioso spettacolo e a noi non spetta altro che osservarlo come se vi fossimo immersi. La scelta del bianconero ci regala un mondo che sa rinunciare ai facili effetti coloristici per accompagnarci in un viaggio fatto di contrasti ora intensi ora delicati, di cieli attraversati da nuvole che esaltano tutte le sfumature dei grigi, di rocce che nelle profondità dei neri evidenziano la loro plasticità. 
Abituato a fotografare in medio formato e spesso su pellicola, Amberto Bregani qui utilizza invece uno smartphone. Non si tratta di una sfida ma di una scelta – dettata dal desiderio di cogliere l’impatto immediato con la realtà – perché ciò che conta resta il modo di fotografare: la consapevolezza che ogni scatto è il frutto di pensieri, attese, rinunce perché capita di non trasformare una buona idea in una bella immagine e progetti che non si ottengono al primo scatto né con riprese a raffica. Perché fotografare la montagna significa viverla con quella medita, intensa profondità che caratterizza i veri amori.” – Roberto Mutti, curatore.
Le opere della mostra appartengono all’archivio di Fondazione 3M, istituzione culturale permanente di ricerca e formazione, e proprietaria di uno storico archivio fotografico di oltre 110 mila immagini. Negli ultimi anni, la Fondazione ha rafforzato il suo asset identitario, focalizzando lo sguardo su tematiche sociali, culturali, sulla divulgazione e sul sostegno alla ricerca scientifica. Ne è esempio concreto l’impegno per promuovere un’educazione di qualità, considerando le esperienze culturali un veicolo di crescita emotiva, ma anche gli studi centrati sulla salute, sulla gender equity, sulla collaborazione, sulla giustizia.
L’esposizione sarà inaugurata sabato 2 settembre alle ore 18.00 presso il MUPAC di Colorno, in occasione dell’anteprima di ColornoPhotoLife, festival organizzato dal Gruppo Fotografico Color’s Light con la collaborazione del Dipartimento Cultura della FIAF Federazione Italiana Associazioni Fotografiche.

Dal 02 Settembre 2023 al 26 Novembre 2023 – MUPAC Aranciaia – Colorno (PR)

LINK

STEFANO BABIC. LUCE E OMBRA

Stefano Babic, Dolce & Gabbana - Blondies
Stefano Babic, Dolce & Gabbana – Blondies

In apertura della settimana della moda milanese, Other Size Gallery presenta la mostra personale “Stefano Babic. Luce e ombra”, a cura di Claudio Composti.
Dal 18 settembre al 17 novembre 2023, attraverso un nucleo di quattordici scatti di grande formato, la galleria milanese punta l’attenzione su uno dei grandi fotografi di moda italiani. Nelle sue sale trovano spazio un selezionato ma significativo corpus di ritratti in bianco e nero dei primi anni ‘80 fino alla fine degli anni’90 – i suoi scatti più noti – e foto più recenti frutto della sua ricerca nella fotografia artistica.
 
Babic scolpisce con la luce immagini di grande effetto visivo ed eleganza. Profili di donne rapite in un gesto, in un sorriso, ritratti di top model che sembrano più giocare con la vita che posare. Immagini che rivelano la sua idea di fotografia, cinematografica e dinamica, lontana dal solo sfoggio di un abito.
Babic ama il bianco e nero: «Per lui – spiega il curatore – il cinema è a colori e la fotografia è in bianco e nero, in quell’effetto di luce e ombra dove i bianchi più intensi rendono il nero più nero e profondo e in quel contrasto netto in cui gli opposti si giustificano.»
 
Una fotografia dinamica e mai posata, quella di Babic, che trae le mosse da tecniche cinematografiche apprese nei primi anni del suo percorso professionale quando ritraeva attrici e attori di fama internazionale.
Passando per la pubblicità, Babic approda al mondo della modaper il quale produrrà alcune delle foto più iconiche degli anni ‘80, per le maison più prestigiose. A partire dal sodalizio con Moschino – di cui ha firmato le campagne pubblicitarie più significative che hanno reso il marchio riconoscibile in tutto il mondo -, una lunga serie di incontri importanti ha segnato la sua carriera, come Capucci, Gianfranco Ferrè, Dolce & Gabbana. 
 
Con il suo sguardo ha contribuito a creare nell’immaginario collettivo l‘idea di glamour” immortalando eleganza, vanità e sensualità.
Oggi Stefano Babic si dedica alla fotografia artistica e all’insegnamento, cercando di tirar fuori dagli scatti dei suoi giovani allievi quel senso del “glamour”, che per lui è un’attitudine, quel qualcosa che rende l’immagine un’immagine di moda, così come vediamo dalle sue fotografie.

Dal 18 Settembre 2023 al 19 Novembre 2023 – Other Size Gallery – Milano

Corazonada – Giulia Gatti / Ho visto Nina volare – Sara Grimaldi

Magazzini Fotografici Ragusa Foto Festival Giulia Gatti | CORAZONADA Sara Grimaldi | HO VISTO NINA VOLARE

Magazzini Fotografici inaugura il 14 settembre una nuova stagione di mostre con un’esposizione completamente al femminile. In allestimento due progetti realizzati da giovani talenti della fotografia: “Corazonada” di Giulia Gatti e “Ho visto Nina volare” di Sara Grimaldi.

Questa esposizione rappresenta un connubio tra arte e riflessione sociale ed è realizzata in collaborazione con Ragusa Foto Festival, partner culturale ormai da anni dell’APS e prende vita dopo il successo della sua undicesima edizione, conclusasi lo scorso agosto con la direzione artistica di Claudio Composti

L’idea è nata dalla collaborazione tra Yvonne De Rosa, direttrice e fondatrice di Magazzini Fotografici, e Stefania Paxhia, direttrice e fondatrice del Festival di Ragusa, con l’intento di dare continuità all’esposizione di due affascinanti progetti realizzati da giovani artiste emergenti.

I progetti in mostra:
Corazonada” di Giulia Gatti
Giulia Gatti nasce a Fabriano nel 1995. Da anni viaggia nel sud America tra Perù, Bolivia, Patagonia e Messico dedicandosi a progetti che abbraccino danza, fotografia e scrittura.
Dalla collaborazione con le donne che abitano l’istmo di Tehuantepec (Oaxaca) in Messico, Giulia Gatti ha dato vita a “Corazonada” in cui il femminile si relaziona con il potere “magico” delle donne, l’erotismo, i rituali della tradizione messicana e il mistero raccontando una femminilità diversa e più libera.
Il suo lavoro gioca con le tappe – naturali, culturali o normative – del corpo femminile, animato dal tentativo di seminare provocazione sopra il terreno fertile della tradizione.

Ho visto Nina volare” di Sara Grimaldi
Sara Grimaldi è una fotografa milanese, classe 1995.  Il suo è un racconto autobiografico di un malessere psicologico a cui la fotografa ha dato un nome solo dopo aver ricevuto una doppia diagnosi: disturbo Borderline di personalità e disturbo del comportamento alimentare. Da qui la salute mentale è diventata per Sara Grimaldi il motore di ricerca, personale e collettiva.
“Ho visto Nina volare” nasce da uno degli episodi chiave della manifestazione del suo malessere: la visione di una bambina su un’altalena.
Una parte di sé bambina, spensierata, leggera e ignara di ciò che quell’altalena avrebbe significato negli anni a venire. Il suo gioco preferito trasformatosi in una vera allucinazione durante le crisi emotive. Una bambina che la guarda, chiamandola a sé, ferma a mezz’aria, lei e la sua altalena. Il buio si fa luce attraverso il suo sguardo.

Dal 15 settembre al 29 ottobre – Magazzini Fotografici – Napoli

LINK

FRAMMENTI – MASSIMO MOTTA

Frammenti

La tecnica con cui il fotografo realizza le fotografie si chiama Pattern of Media e si tratta di un’elaborazione fotografica che prevede l’intervento armonico della pittura sullo scatto. Ne emerge una visione molteplice, in cui la pittura è un’eco importante.

3.10.2023 – 6.10.2023 – Miniaci Art Gallery – MIlano

LINK

I don’t care (About Football) – Giulia Iacolutti

I don’t care (About Football) è un progetto artistico-partecipativo che coinvolge le giocatrici e i giocatori della squadra di calcio Marangoni 105, nata nel 2011 all’interno di una delle residenze riabilitative del Dipartimento di Salute Mentale di Udine.

Il titolo, ispirato dalle parole di una ragazza della comunità, suggerisce come il gioco non sia fine a sé stesso, ma un esercizio di inclusione e integrazione sociale. La squadra è composta, infatti, dagli e dalle utenti insieme a operatrici e operatori, sostenitrici e sostenitori. Tutti vestono il numero 14 di Johan Cruijff, leggendario giocatore dell’Ajax, inventore del calcio totale.

Durante tre anni di conoscenza e lavoro, Iacolutti ha attivato dei laboratori in cui si è riflettuto coralmente sul disagio mentale e sul percorso svolto in residenza, usando il calcio come metafora di un percorso e di un’esperienza di cura. La ricerca si compone di fotografie, incontri, viaggi, allenamenti, sedute di stretching, interviste, progetti, esercizi di scrittura e collage, tutte azioni che trasformano l’oggetto d’arte in un luogo del dialogo, in cui è la scoperta dell’altro e del sé ad assumere centralità.

Il processo di analisi e autoanalisi si converte allora in moto creativo che diviene parte dell’opera stessa; è attraverso le sagome ritagliate dei corpi che si indaga sul “non” che ha dato nome al progetto, quel negativo a cui è complesso dare voce, forma, senso.

La mostra fa parte di Look at us – Rassegna di narrazioni non conformi dedicata alla visibilità e alla decostruzione dei tradizionali ruoli familiari, identitari e di genere attraverso l’ibridazione dei linguaggi visivi.

Dal 18 settembre al 19 dicembre 2023 – Spazio Labò – Bologna

LINK

FORME METROPOLITANE – Andrea Mele

L’autore filtra le immagini della vita metropolitana con il proprio vissuto di uomo di scienza.

La ricerca nell’infinitamente piccolo dei cristalli, degli atomi e delle molecole lascia l’impronta nel gusto di ritrovare forme geometriche, simmetrie, spazi, curve, tonalità di colore e di grigio nelle forme della città, nei luoghi e nei non luoghi urbani.

E’ un occhio incantato e vigile al tempo stesso che va a cercare nell’architettura delle case e dei luoghi le forme che si ripetono nell’infinitamente piccolo.

Il racconto è essenziale, minimalista, attento alla simmetria e all’interruzione della simmetria, in un continuo parallelismo tra mondi infinitamente distanti.

Sep 30 – Oct 12 – Atelier SINERGIE MILANO

LINK

Mostre Di fotografia da non perdere a Giugno

Buongiorno a tutti, ecco l’elenco di alcune mostre che reputo interessanti da non perdersi per il mese di Giugno.

Spero che ci sia qualche mostra che vi convinca e che pensiate meriti di essere visitata!

Ciao

Anna

Letizia Battaglia Senza Fine

Nel trentesimo anniversario degli attentati mafiosi a San Giovanni in Laterano e a San Giorgio al Velabro, le Terme di Caracalla a Roma accolgono dal 27 maggio al 5 novembre 2023 la mostra “Letizia Battaglia Senza Fine”, un omaggio alla fotografa siciliana, paladina dei diritti civili.

Una selezione di 92 fotografie di grande formato riassume cinquant’anni del lavoro fotografico (1971-2020) di Battaglia con immagini iconiche, meno conosciute o inedite.

Promossa dalla Soprintendenza Speciale Roma diretta da Daniela Porro, organizzata da Electa in collaborazione con l’Archivio Letizia Battaglia e la Fondazione Falcone per le Arti, la mostra è curata da Paolo Falcone.

dal 27 maggio al 5 novembre – Terme di Caracalla – Roma

MARIO DONDERO. La libertà e l’impegno

L’esposizione, di taglio antologico, mira a offrire uno sguardo complessivo sull’opera di Dondero, attraverso una selezione di immagini appartenenti a reportage e servizi fotografici realizzati lungo l’intero arco della sua lunga carriera, dagli anni Cinquanta agli anni Dieci del XXI secolo. Insieme a molte tra le fotografie più iconiche, in mostra vengono presentati diversi scatti inediti, provenienti dall’archiv

Dal 21 giugno al 6 settembre 2023 a Palazzo Reale apre la mostra Mario Dondero. La libertà e l’impegno.
Per la prima volta esposta a Milano l’ampia retrospettiva del lavoro fotografico di Mario Dondero (1928-2015), uno dei protagonisti della fotografia italiana della seconda metà del Novecento e fotoreporter di spicco nel panorama internazionale.
Promossa da Comune di Milano – Cultura, e prodotta da Palazzo Reale e Silvana Editoriale in collaborazione con l’archivio Mario Dondero, la mostra è curata da Raffaella Perna e sarà allestita nell’Appartamento dei Principi.

L’esposizione mira a offrire uno sguardo complessivo sull’opera di Dondero, attraverso una selezione di immagini appartenenti a reportage e servizi fotografici realizzati lungo l’intero arco della sua lunga carriera, dagli anni cinquanta agli anni dieci del XXI secolo. Insieme a molte tra le fotografie più iconiche, in mostra vengono presentati diversi scatti inediti, forniti dall’archivio dell’autore, tra cui alcuni ritratti di Pier Paolo Pasolini e Laura Betti.

La mostra a Palazzo Reale vuole restituire il lungo percorso di Dondero attraverso un racconto che segue un duplice criterio espositivo, cronologico e tematico insieme. Il display espositivo delle dieci sale dell’Appartamento dei Principi è concepito come una narrazione che si snoda lungo altrettante tappe, ciascuna pensata come una micro-mostra: dalle fotografie dei primi viaggi in Portogallo negli anni Cinquanta, sino agli scatti realizzati a Kabul negli anni.

Il percorso espositivo

La sala 1, oltre al testo di introduzione alla mostra, accoglie un nucleo di fotografie di taglio sociale realizzate nella penisola iberica, a partire dalla metà degli anni Cinquanta, sino alla fotografia, scattata a Malaga nel 2001, con il ritratto tenuto nel palmo di una mano di un giovane combattente repubblicano, scomparso in una fossa di Franco

Nella sala 2 viene presentata una selezione di 15 fotografie realizzate in Italia, che ritraggono la migrazione interna al Paese, il processo di alfabetizzazione, il lavoro rurale, le manifestazioni politiche e sindacali, l’attività dei pescatori a Chioggia nel 1980.

La sala 3 ospita un corpus di immagini realizzate nel 1968 in Irlanda, dove Dondero documenta diversi aspetti della realtà sociale del Paese, tra cui l’attività della leader cattolica irlandese Bernadette Devlin, durante la sua campagna a sostegno dei diritti degli studenti della Queen’s University.

Le sale 4 e 5 accolgono un focus dedicato a importanti personaggi del mondo dello spettacolo, in Italia e all’estero, con ritratti di Pier Paolo Pasolini ripreso sul set del film Comizi d’amore, Laura Betti, Carla Fracci, Enzo Jannacci, Giorgio Gaber, Vinicio Capossela, Vittorio Gassman, Eugène Ionesco, Serge Gainsbourg, Jean Seberg.

A seguire, la sala 6 ospita i ritratti di alcuni tra i maggiori scrittori e letterati del XX secolo: dallo scrittore americano di origine armena William Saroyan, ripreso alla macchina da scrivere nel 1959, a Günter Grass ritratto a Milano nel 1962, al poeta sperimentale fondatore dei Novissimi Edoardo Sanguineti, a Dacia Maraini e Pier Paolo Pasolini ritratto insieme alla madre Susanna Colussi nella loro abitazione all’Eur, sino alla celebre fotografia di gruppo del Nouveau Roman.

La sala 7 presenta invece i ritratti di alcuni tra i più significativi pittori, scultori, fotografi, critici d’arte, direttori di museo fotografati da Dondero, tra cui, Francis Bacon, Alexander Calder, Barbara Hepworth, Alberto Giacometti, Palma Bucarelli, Alberto Burri, Fabio Mauri, Elisabetta Catalano, Sergio Lombardo, Mimmo Rotella, Pierre Restany, Fausto Melotti.

La sala 8 raccoglie un nucleo significativo di fotografie scattate in Francia, che documentano la realtà sociale e politica del Paese: i congressi del partito gollista a fine anni Cinquanta, le manifestazioni in favore di Mitterrand dopo l’attentato subito ad opera dell’OAS nel 1959, gli eventi del ’68, la borsa di Parigi, il viaggio di Deng Xiaoping in Francia nel 1975, le recenti manifestazioni in difesa dei diritti sociali avvenute a Parigi nel 2011.

La sala 9 si concentra sui reportage scattati in Africa, dove il fotografo torna a più riprese lungo l’arco della sua carriera: in Algeria durante il conflitto con il Marocco, in Nigeria, in Costa d’Avorio, in Senegal.

La sala 10 raccoglie le fotografie scattate in varie parti del mondo a partire dal 1978: in Brasile dove riprende la vita dei bambini di strada, a Berlino nel 1989 nei giorni che precedono la caduta del muro, a Cuba in pieno período especial, in Russia e a Kabul, nelle carceri e negli ospedali dove operano i medici di Emergency.

21 Giugno 2023 – 06 Settembre 2023 – Milano, Palazzo Reale

LINK

MARIO CRESCI. UN ESORCISMO DEL TEMPO

Mario Cresci, Interni Mossi, Barbarano Romano 1978. Stampa ai sali d’argento, cm. 30,5 x 40,5. Collezione Fotografia MAXXI Museo Nazionale delle Arti del XXI Secolo
Mario Cresci, Interni Mossi, Barbarano Romano 1978. Stampa ai sali d’argento, cm. 30,5 x 40,5. Collezione Fotografia MAXXI Museo Nazionale delle Arti del XXI Secolo

Oltre 350 opere vintage raccontano la ricerca del fotografo nei vent’anni di attività in Basilicata, dalla metà degli anni ’60 alla metà degli anni ’80. In questo contesto storico e geografico Mario Cresci (Chiavari, 1942) sviluppa un personale approccio antropologico “sul campo”, contribuendo attivamente ai cambiamenti sociali, urbanistici e culturali in corso in quegli anni nella regione.
Nelle opere in mostra gli interni di abitazioni, le persone, gli spazi urbani, elementi architettonici ed oggetti della tradizione lucana si manifestano per evocare un orizzonte simbolico collettivo al contempo arcaico e contemporaneo.

Temi ricorrenti nella ricerca fotografica di molti autori, come presenza e assenza, percezione del tempo, interpretazione della realtà, appaiono nelle opere di Cresci in una chiave inedita.

Dal 31 Maggio 2023 al 01 Ottobre 2023 – MAXXI Museo nazionale delle arti del XXI secolo – Roma

LINK

STEVE MCCURRY. CHILDREN

Steve McCurry, India
© Steve McCurry | Steve McCurry, India

La nuova mostra del fotografo statunitense Steve McCurry “Children” in programma al Museo degli Innocenti di Firenze è un omaggio a un periodo straordinario della vita, una galleria di ritratti sorprendenti che racconta l’infanzia in tutte le sue sfaccettature, mettendo al contempo in luce una caratteristica comune ai bambini di tutto il mondo: l’innocenza del loro sguardo.

I giovanissimi protagonisti immortalati dall’obiettivo di McCurry sono diversi per etnia, abiti e tradizioni ma esprimono lo stesso sentire con la loro inesauribile energia, gioia e capacità di giocare persino nei contesti più anomali e difficili, spesso determinati da condizioni sociali, ambientali o di conflitto.

Grande Maestro della fotografia internazionale, McCurry dimostra sempre una fortissima empatia e una straordinaria capacità di tessere narrazioni, cogliendo a fondo l’essenza di quanto ritrae.

“Children” sarà ospitata nell’Istituto degli Innocenti di Firenze, progettato da Filippo Brunelleschi, luogo simbolo dell’attenzione per l’infanzia.

L’Istituto degli Innocenti di Firenze si occupa da oltre 600 anni di promuovere e tutelare i diritti dei bambini, occupandosi di accoglienza ed educazione, ma anche di studio, ricerca e promozione culturale per il benessere delle nuove generazioni e per l’affermazione concreta dei loro diritti.

Il percorso espositivo della mostra all’Istituto degli Innocenti inizia con una emozionante serie di ritratti e si sviluppa tra immagini di guerra e di poesia, di sofferenza e di gioia, di stupore e di ironia.

Il visitatore segue idealmente McCurry nei suoi viaggi attraversando India, Birmania, Giappone, Africa fino al Brasile, incontrando bambini profughi o lavoratori, bambini immemori del pericolo che giocano ad arrampicarsi su un cannone o si divertono nel fango, che rincorrono un pallone durante un acquazzone monsonico, o suonano una chitarra realizzata con materiali di scarto. Bambini che crescono nelle grandi città come nei villaggi rurali.
Sono storie di gioia e aggregazione, di solitudine, di resilienza e solidarietà, di famiglia e amicizia, raccontate sempre con rispetto e partecipazione.

Ad accompagnare lo spettatore ci saranno gli approfondimenti di attualità curati dall’Istituto degli Innocenti.
“Children” è un viaggio nell’infanzia per incontrare piccoli esseri umani che affrontano condizioni tanto diverse, ma che parlano un linguaggio in cui ciascuno può riconoscersi. Un viaggio anche nel ricordo della propria infanzia, e uno spunto di riflessione circa la responsabilità che abbiamo verso le nuove generazioni, nella consapevolezza che il sogno di un futuro più giusto dipende dalle azioni del nostro presente.

La mostra “Children” è curata da Biba Giacchetti con Melissa Camilli del team di SudEst57, con il patrocinio del Comune di Firenze, in collaborazione con l’Istituto dell’Istituto degli Innocenti, prodotta e organizzata da Civita Mostre e Musei con In Your Event by Cristoforo SCS, e realizzata con il supporto di Unicoop Firenze, I Gigli e Mercato Centrale.

Dal 19 Maggio 2023 al 08 Ottobre 2023 – Museo degli Innocenti – Firenze

LINK

LISETTA CARMI. SUONARE FORTE

Lisetta Carmi, <em>I travestiti</em>, Genova, 1965 © Lisetta Carmi - Martini & Ronchetti
Lisetta Carmi, I travestiti, Genova, 1965 © Lisetta Carmi – Martini & Ronchetti

Dal 3 maggio all’8 ottobre a Villa Bardini a Firenze si terrà la mostra “Lisetta Carmi. Suonare Forte”.

Si tratta del primo appuntamento realizzato grazie all’accordo tra Fondazione CR Firenze e Intesa Sanpaolo che prevede di portare nel centro espositivo di Villa Bardini le mostre del progetto delle Gallerie d’Italia “La Grande Fotografia Italiana” affidato a Roberto Koch, editore, curatore e fotografo, che celebra la grande fotografia italiana del Novecento attraverso i suoi grandi maestri. Le tre mostre in programma, inaugurate alle Gallerie d’Italia – Torino in Piazza San Carlo, avranno poi un nuovo allestimento a Firenze.

Per questo, la prima mostra ad arrivare a Villa Bardini è la monografica dedicata a Lisetta Carmi, a cura di Giovanni Battista Martini, curatore dell’Archivio della fotografa.

L’esposizione, nel riallestimento fiorentino, propone due sezioni speciali di approfondimento inedite dedicate all’alluvione del 1966 e al compositore fiorentino Luigi Dallapiccola.

Sono in mostra 180 fotografie scattate in vent’anni di vita professionale tra gli anni Sessanta e Settanta, che propongono uno spaccato dei più importanti progetti fotografici di Lisetta Carmi. La maestra della fotografia, sopravvissuta alle persecuzioni razziali, trasforma la macchina fotografica in uno strumento per capire il mondo e la condizione umana e allo stesso tempo per trovare risposte su sé stessa e lenire la sua angoscia esistenziale.

Nove le sezioni presenti in mostra, fra cui quella dedicata al tema del lavoro. Ci sono le immagini delle drammatiche condizioni dei lavoratori nel Porto di Genova, sua città natale, gli operai dedicati allo scarico dei fosfati dalle stive, immersi nella polvere bianca, le fabbriche con le lavorazioni più spettacolari e pericolose come la colata dell’acciaio all’Italsider, le giovani operaie nel sugherificio di Calangianus in Sardegna.

Inoltre, la prima vita di pianista di Lisetta Carmi dialoga con la fotografia nel lavoro dedicato al Quaderno musicale di Annalibera, del compositore fiorentino Luigi Dallapiccola. Gli undici fotogrammi astratti sono l’interpretazione grafica degli undici brani scritti dal musicista per il compleanno della figlioletta e sono accompagnati da quattro ritratti del maestro.

È totalmente inedita la sezione dedicata all’alluvione di Firenze del novembre 1966. La stessa Carmi racconterà in seguito: Arrivai in una città sconvolta. Per due giorni e una notte fotografai migliaia di libri bagnati e salvati per miracolo dai volontari, automobili capovolte, mele annegate nel fango, seggiole, bottiglie e fiaschi che galleggiavano nelle strade invase dall’acqua fangosa.

La mostra a Firenze è promossa da Fondazione CR Firenze e Parchi Monumentali Bardini e Peyron.

Per tutti i possessori del biglietto della mostra è prevista una riduzione per l’ingresso alle Gallerie d’Italia di Milano, Napoli, Torino, Vicenza e viceversa.

Dal 03 Maggio 2023 al 08 Ottobre 2023 – Villa Bardini – FIRENZE

LINK

IMP FESTIVAL – INTERNATIONAL MONTH OF PHOTOJOURNALISM

Dal 26 maggio al 25 giugno 2023 si svolge a Padova la quinta edizione di IMP – Festival Internazionale di Fotogiornalismo***, uno tra i più grandi eventi italiani dedicati alla fotografia e il primo Festival in Italia interamente dedicato al mondo del fotogiornalismo. Quest’anno vengono presentate al pubblico le opere di oltre 40 autori internazionali, allestite nelle più prestigiose sedi museali ed espositive della città, oltre a quattro workshop con alcuni dei più affermati autori sulla scena internazionale, e 30 tra talk, visite guidate e conferenze. Tra gli ospiti d’eccellenza anche il grande Uliano Lucas, uno dei padri fondatori del fotogiornalismo italiano, e i direttori di FotoEvidence New York David Stuart e Svetlana Bachevanova.  Il Festival ospita la mostra Biafra: Anno Zero dedicata a uno dei più iconici progetti del celebre fotoreporter Romano Cagnoni, recentemente scomparso. Ad affiancarla i capolavori dei vincitori del World Press Photo come le città aeroporto di Giulio di Sturco; il baby boom tra i guerriglieri della giungla colombiana raccontato dalla spagnola Catalina Martin Chico; il nazionalismo tra i giovani in Russia e negli Stati Uniti dell’americana Sarah Blesener; l’incredibile dietro le quinte della Fashion Week senegalese negli scatti dell’inglese Finbarr O’Reilly. 

26 MAGGIO – 25 GIUGNO 2023 – Padova

LINK

L’Italia è un desiderio. Fotografie, paesaggi e visioni 1842 – 2022 Le collezioni Alinari e Mufoco

“Non c’è mai un paesaggio che non contenga in sé una quantità di altri paesaggi. L’insieme di ciò che noi abbiamo percepito come tale è soltanto un riflesso di qualcosa che è in noi. Siamo noi che creiamo il paesaggio” Andrea Zanzotto, Luoghi e paesaggi

La fotografia, come altre forme artistiche, riflette sui cambiamenti politici e culturali della società. In quest’occasione, rivolgiamo l’attenzione al paesaggio italiano la cui indagine permette oggi di studiare e analizzare trasformazioni e cambiamenti all’interno del nostro Paese. Il paesaggio diventa, quindi, metafora del cambiamento sociale, artistico e culturale in Italia da metà Ottocento fino ai giorni nostri.

La mostra L’Italia è un desiderio presenta un’ampia selezione di immagini, provenienti dagli archivi e dalle collezioni della Fondazione Alinari per la Fotografia e del Mufoco – Museo di Fotografia Contemporanea, coprendo un arco di tempo estremamente ampio: dagli albori della fotografia paesaggistica al contemporaneo. Grazie a una successione cronologica di tecniche, linguaggi e visioni, la mostra consente di ripercorrere l’evoluzione delle modalità̀ di rappresentazione del Bel Paese, apprezzandone la bellezza che lo ha proposto a lungo come un modello e misurandone anche le sue contraddizioni.

Nelle sale delle Scuderie del Quirinale sono in mostra oltre 600 opere originali caratterizzate da una grande ricchezza di tecniche, materiali, formati e di modalità di presentazione. Il percorso espositivo inizia con le fotografie degli Archivi Alinari e continua con le opere della collezione del Museo di Fotografia Contemporanea. La mostra è arricchita da una serie di scintille, momenti di dialogo diretto e inaspettato tra le due collezioni, accostamenti di opere tra loro distanti nel tempo, ma assimilabili secondo registri più diversi, che spaziano dal punto di ripresa alla tecnica, dal linguaggio al luogo rappresentato, dai temi affrontati alle infinite possibili suggestioni, rimandi e associazioni. Le scintille esposte suggeriscono alcune delle questioni più attuali nel dibattito contemporaneo sul funzionamento, la fruizione, la produzione della fotografia e, più in generale, dell’immagine.

Il percorso all’interno della mostra si trasforma così in un vero e proprio viaggio in Italia: dalle vedute fotografiche quasi pittoriche dei Fratelli Alinari alle “inquadrature naturali” dal nord al sud d’Italia di Luigi Ghirri, dai ritratti delle fabbriche milanesi di Gabriele Basilico ai primi negativi retroilluminati, fino alle ultime ricerche dove la fotografia si apre sempre più ad altri media. Alla fine della mostra rimane un’idea ampia di paesaggio, che introduce dimensioni immateriali e astratte – psicologiche, poetiche, politiche – che lasciano spazio all’interpretazione del pubblico. Il progetto non vuole ricostruire una storia della fotografia italiana bensì coinvolgere il visitatore – attraverso le immagini delle due collezioni – in un’esperienza di viaggio unica e preziosa.

1 giugno > 3 settembre 2023 – SCUDERIE DEL QUIRINALE – Roma

LINK

ACQUA PIÙ PREZIOSA DEL DIAMANTE

© Lombardi Luigi. Courtesy Istituto Italiano di Fotografia
© Lombardi Luigi. Courtesy Istituto Italiano di Fotografia

Istituto Italiano di Fotografia presenta la mostra fotografica Acqua più preziosa del diamante dal 6 al 30 giugno presso la Centrale dell’Acqua di Milano; l’esposizione racconta, attraverso lo sguardo di 16 fotografi, lo sfruttamento del suolo e dell’ambiente oltre alle condizioni di siccità che hanno colpito il territorio italiano nell’estate 2022.

Il progetto fotografico, curato dal fotografo e docente di IIF Erminio Annunzi, fa emergere chiaramente le numerose conseguenze che l’azione dell’uomo provoca sul pianeta, dalla deforestazione allo scioglimento dei ghiacciai ma anche la devastazione causata dagli incendi boschivi e gli effetti che la mancanza di piogge ha determinato sulle attività economiche e sociali presenti lungo le rive del fiume Po.

L’invito è quello di ripensare l’attuale utilizzo delle risorse naturali e limitare l’impatto delle attività umane rendendole sostenibili per il pianeta. Attraverso linguaggi espressivi differenti, i fotografi dell’Istituto Italiano di Fotografia narrano il malessere della natura e dell’ambiente; alcuni studenti propongono immagini documentarie dei terreni e della vegetazione arsi dal fuoco, oltre ai campi inariditi dalla carenza d’acqua, oppure mostrano l’impietoso confronto tra la secca del Ticino e le piene degli anni precedenti. In altri casi, attraverso un approccio minimalista e contemporaneo, gli scatti ritraggono l’alveo del fiume Po trasformato dalla siccità in un ambiente inospitale, che ricorda la superficie lunare secca e polverosa oppure raccontano le rive dei fiumi in cui la vegetazione spontanea cresce tra i ciottoli come un flebile segno di speranza.
La collaborazione con MM SpA e la Centrale dell’Acqua di Milano rende la proposta espositiva ancora più attuale e la arricchisce creando un dialogo con un’importante istituzione cittadina dedita alla sensibilizzazione sui temi dell’acqua, sulla sua corretta gestione e sulle buone pratiche per salvaguardare una risorsa che significa vita per l’intero Pianeta.

Fotografi partecipanti: Carlo Francesco Amoroso, Fabio Berasi, Alice Castelli, Lucia Cesa, Annalisa Cinco, Andrea Marco Consonni, Miriana Corabi, Aaron Di Marino, Silvia Lago, Sandro Lasco, Luigi Lombardi, Giuseppe Martella, Massimiliano Meroni, Roberto Pasquali, Sandra Perilli ed Helmut Schwanke.

In occasione della mostra viene presentata una pubblicazione fotografica con testo di Erminio Annunzi che presenta i diversi progetti esposti.

Dal 05 Giugno 2023 al 30 Giugno 2023 – Centrale dell’Acqua di Milano

LINK

DARIO BINETTI. LO SPIRITO DEI LUOGHI

Dario Binetti. Lo spirito dei luoghi
© Dario Binetti | Dario Binetti. Lo spirito dei luoghi

È Dario Binetti il primo fotografo ad essere ospitato nella nuova sede della Fondazione Giacomo Casanova di Venezia, situata nel centralissimo sestiere di San Marco, nello storico Palazzo Zagùri. 
Lo spirito dei luoghi è il titolo della mostra fotografica, curata da Diletta Iacuaniello, giovane curatrice bolognese, in programma dal 20 maggio, al 18 giugno prossimi. Una prestigiosa prima a Venezia, per il fotografo brindisino, che opera da parecchi anni ad Ascoli Piceno. Dopo il successo della personale “Io è l’altro”, allestita nel mese di ottobre a Londra, nella Oxo Tower, la fotografia di Binetti approda a Venezia, con il suo nuovo lavoro, intitolato “Lo spirito dei luoghi”. 

Con i suoi scatti ispirati allo “spirito dei luoghi” e stampati su alluminio (Dibond), Binetti ci dice che “esistono luoghi nei quali si percepisce la sensazione che siano intrisi di ricordi, impressi dagli animi e mentre li attraversi, vieni ricoperto di sensazioni di vissuto, che si presentano nella mente con una modalità, per la quale la forma del luogo induce alla visione di emozioni vissute. È un ponte fra il visibile (ciò che l’occhio coglie) e il non visibile (che è ciò che il cuore sente). Non sono immagini create dai sensi: nessun suono, o odore, o percezione sulla pelle, ma la tua mente ha chiara la presenza di sensazioni di cui il luogo è impregnato. E la memoria dei luoghi non consiste solo in un riconoscimento della realtà che ci circonda” – dice Dario Binetti. Come ribadisce la curatrice della mostra, Diletta Iacuaniello: “Certi luoghi non si guardano soltanto, ma si respirano con l’anima. Contro ogni apparenza, infatti, un luogo non è mai solo uno spazio vuoto, ma al contrario esso è animato da una propria energia, che si sprigiona in maniera diversa, a seconda dell’immaginazione, del temperamento, del vissuto e dei sentimenti di ciascuno di noi.”

Aggiunge Gregorio Rossi: “Nelle fotografie (di Binetti n.d.r.) i personaggi umani sono ballerine di una compagnia di danza; quasi nella totalità delle opere, sfido però chiunque a trovare una riconoscibilità personale, salvo in una minima parte. Perché il Binetti, tutto e tutti ha trasferito in un Altrove, dove i corpi sfumati e trasfigurati in ombre, però vivi, si integrano perfettamente nei vari ambienti, che di sicuro all’inizio appartenevano al nostro mondo e che l’artista ha trasfigurato al fine della propria creazione.”

Dal 20 Maggio 2023 al 18 Giugno 2023 – Palazzo Zagùri – Venezia

PEGGY KLEIBER. TUTTI I GIORNI DELLA VITA (FOTOGRAFIE 1959-1992)

Peggy Kleiber, Roma 1964
© Peggy Kleiber | Peggy Kleiber, Roma 1964

PEGGY KLEIBER. Tutti i giorni della vita (fotografie 1959-1992), la prima mostra in Italia della fotografa Peggy Kleiber, curata da Arianna Catania e Lorenzo Pallini, sarà esposta al Museo di Roma in Trastevere dal 19 maggio al 15 ottobre 2023.

L’esposizione è promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e realizzata dalle associazioni culturali Marmorata169 e On Image, con la collaborazione dell’associazione Les photographies de Peggy Kleiber. Servizi museali Zètema Progetto Cultura.

Due valigie, mai aperte, contenenti 15.000 fotografie scattate tra la fine degli anni ‘50 e gli anni ’90: nasce da questo incredibile ritrovamento la mostra “Peggy Kleiber. Tutti i giorni della vita (fotografie 1959-1992)”. La scoperta arriva dopo la sua morte, nel 2015. In seguito la famiglia decide di valorizzare e rendere pubblico questo importante patrimonio rimasto a lungo nascosto. 

Peggy Kleiber è una donna indipendente, cresciuta in una famiglia numerosa e vivace a Moutier in Svizzera, tra poesia, musica e letteratura, con una grande passione per la fotografia come strumento d’espressione e di conoscenza. È una fotografa non professionista, poi divenuta insegnante, che centra la sua ricerca nel punto d’incontro tra storia privata e storia collettiva. Le sue fotografie, tutte scattate con la sua inseparabile Leica M3, raccontano istanti intimi di vita e al contempo narrano luoghi, atmosfere e eventi collettivi durante 40 anni. 
I suoi sono scatti d’autore, spesso apparentemente casuali, che parlano un linguaggio universale. Sono immagini di un tempo passato, colori dimenticati, suoni e voci silenziose.
Alla ricerca del sottile e dell’impercettibile, Peggy impone la sua presenza silenziosa, ricettiva ed empatica. Nascono così fotografie aperte che non sono documenti di un passato perduto, ma tracce di luoghi ancora vivi: dalle fotografie di famiglia ai viaggi, in Italia e a Roma.  

Sono 150 le fotografie in mostra con una selezione di stampe vintage originali dell’autrice, alcuni album di famiglia e un video che ripercorre la riscoperta dell’archivio attraverso materiali inediti e filmati Super8 di famiglia.La mostra si compone di due sezioni: una dedicata alla famiglia e l’altra dedicata ai viaggi in Italia, in particolare a Roma a partire dai primi anni ‘60. Nella prima sezione ci sono le fotografie che Peggy ha realizzato nel corso di molti anni alla sua famiglia, durante celebrazioni, matrimoni, nascite. Nello scorrere del tempo va così costruendosi in maniera spontanea, pezzo per pezzo, un racconto intimo e denso di emozioni.

Nella seconda sezione, dedicata ai viaggi compiuti in tutta Europa, spicca per intensità la grande attenzione dedicata all’Italia, quasi una patria d’elezione per lei. Peggy Kleiber riesce ad avvicinare gli strati sociali anche più marginali, lasciandosi incantare da luoghi ignoti. A Roma la sua è una “flânerie” non solo letteraria e artistica, ma anche politica e culturale: un viaggio che la porta dal Centro storico (percorso in lungo e in largo negli angoli meno turistici e in orari spesso insoliti) alle periferie più estreme della città e ai margini delle borgate, proprio negli anni in cui scrittori come Pasolini ne scoprivano le storie.

Tuttavia la sua curiosità non si ferma qui e Peggy Kleiber da Roma prosegue alla scoperta dell’Italia nascosta: in particolare Umbria e Toscana, innamorandosi dei tesori dell’Arte, ma anche la Sicilia, altra terra amata, dove stringe legami che dureranno per gli anni a seguire. Qui incontra Danilo Dolci, già conosciuto in Svizzera, ritraendolo in alcune preziose e inedite fotografie durante gli “scioperi al contrario” e al contempo soffermandosi sui volti dei bambini di Partinico. Peggy Kleiber viaggia nel suo tempo e avvicina, con la sua presenza discreta, la storia universale, collettiva alla storia personale intima: nelle sue morbide immagini in bianco e nero, riesce a mettere tra sé e il soggetto uno spazio vitale, che racconta 40 anni di storia del mondo in rapida trasformazione.

Sia che essa rivolga il suo sguardo al proprio microcosmo familiare sia che lo posi sulle periferie del mondo o sulla vita nascosta delle città, Peggy Kleiber ci guida a un’osservazione lenta, ci spinge a prestare più attenzione alle emozioni tra le persone e ai gesti “sottili”, invitandoci a scoprire qualcosa che pensavamo di avere dimenticato.

Nata il 25 giugno 1940 a Moutier, Peggy Kleiber cresce in un ambiente ricco di stimoli culturali, con tanti fratelli e sorelle. Peggy è la secondogenita: vivace, sensibile, curiosa e generosa. Ama la letteratura e la musica, incontra la passione per la fotografia nel 1961 ad Amburgo, frequentando la scuola Hamburger Fotoschule. Questa esperienza segna un punto di svolta nella vita di Peggy: da quel momento, la sua Leica M3 la seguirà in ogni momento, nei riti di famiglia e nelle ricorrenze, così come nei viaggi all’estero, alla scoperta del mondo. 

Dall’inizio degli anni ‘60 viaggia in tutta Europa (Parigi, Praga, Amsterdam, Leningrado, solo per citare alcune destinazioni), dedicando una grande attenzione all’Italia: Roma e la Sicilia sono due capitoli importanti che le permettono di sperimentare e di lasciarsi incantare da luoghi ignoti.

Per Peggy Kleiber la macchina fotografica è un modo per nascondere e rivelare, anche se stessa. Lo fa attraverso lo splendido ciclo delle foto di famiglia, racchiuse nel libro autoprodotto “Rue Neuve 44 Cronaca della vita familiare 1963-1983” e donato ai suoi parenti nel 2006. Dalla fine degli anni ’70 in poi si dedica con passione all’insegnamento, senza abbandonare la fotografia, che diventa un modo per ripensare a distanza di tempo all’intreccio dei rapporti di una vita. Peggy scompare prematuramente nel 2015.

Dal 19 Maggio 2023 al 15 Ottobre 2023 – Museo di Roma in Trastevere

LINK

PETER PUKLUS. THE HERO MOTHER: HOW TO BUILD A HOUSE

© Peter Puklus
© Peter Puklus

The hero mother: how to build a house” è la mostra personale del fotografo Peter Puklus, a cura di Laura De Marco, con cui Spazio Labo’ approfondisce il tema della decostruzione dei tradizionali ruoli familiari, identitari e di genere attraverso l’ibridazione dei linguaggi visivi. 

La mostra inaugura mercoledì 17 maggio 2023 alle ore 19 alla presenza dall’artista che a seguire terrà un incontro aperto al pubblico in conversazione con la curatrice Laura De Marco.

Puklus decostruisce e interroga le dinamiche dei pre-costituiti ruoli femminili e maschili all’interno della famiglia patriarcale: la maternità come presunta attività eroica e il supposto dovere del padre di costruire e proteggere la casa. 
La sua ricerca tenta di rompere con i simboli tradizionali associati alle figure materne e paterne in modo giocoso e critico allo stesso tempo. Fuori dai confini dello studio fotografico, Puklus sviluppa un inedito vocabolario visivo attorno alla vita genitoriale e alle problematiche legate alla costruzione del nucleo familiare: The Hero Mother ricostruisce così la vita quotidiana che si svolge nell’intimità della casa mettendo l’osservatore di fronte alla complessità di noi stessi.

Il libro fotografico The Hero Mother – How to build a house di Peter Puklus è stato pubblicato da Images Vevey e Witty Books nel 2021 ed è stato selezionato tra i migliori libri fotografici dell’anno dal magazine Photobook Journal e dal portale Photobookstore grazie alle segnalazioni del critico Brad Feuerhelm e della co-fondatrice della casa editrice VOID Myrto Steirou.

La mostra fa parte di Look at us – Rassegna di narrazioni non conformi dedicata alla visibilità e alla decostruzione dei tradizionali ruoli familiari, identitari e di genere attraverso l’ibridazione dei linguaggi visivi.

Dal 17 Maggio 2023 al 13 Luglio 2023 – Spazio Labo’ | Photography – Bologna

LINK

REVERSING THE EYE. FOTOGRAFIA, FILM E VIDEO NEGLI ANNI DELL’ARTE POVERA

© Archivio Penone / Adagp, Paris, 2022
© Archivio Penone / Adagp, Paris, 2022

La mostra, prodotta in collaborazione con Jeu de Paume e LE BAL, esplora la relazione che, tra gli anni sessanta e i primi anni settanta, una parte delle avanguardie italiane ha intrattenuto con l’immagine meccanica, la fotografia, il film, il video.

L’esposizione riunisce le grandi figure dell’arte povera e altri artisti, fotografi, e operatori video che ne hanno condiviso il percorso, mettendo in luce il ruolo rivoluzionario della fotografia e le sue molteplici contaminazioni con altre forme di espressione artistica. 

Dal 17 Maggio 2023 al 03 Settembre 2023 – Triennale Milano

LINK

MOSTRA DEL PROGETTO VINCITORE DI “UMANE TRACCE” DI MICHELA MARIANI

PH di Michela Mariani

Il progetto di Michela Mariani vincitore di questa seconda edizione colpisce per la sua verità: istantanee scattate con delicatezza mescolate a foto dall’archivio personale, per raccontare una persona che vive con serenità la sua peculiarità di genere, scegliendo di vestire abiti femminili mantenendo in parallelo anche la sua identità maschile. Michela è rimasta sedotta dal suo stile, dal suo charme, dall’assoluta libertà delle sue scelte in un incontro casuale e fortuito in Québec, ed ha saputo comporre in un clima di sincera amicizia un ritratto a quattro mani intimo, rispettoso ed in ascolto del personaggio. Lo charme e la simpatia di Pier-Hélène hanno conquistato anche la giuria, che si è espressa con voto unanime.

Inaugurazione 1 giugno 2023

LINK

LA METAFISICA DEL BIANCO E NERO

La Metafisica del Bianco e Nero, Forte di Gavi
La Metafisica del Bianco e Nero, Forte di Gavi

Il Forte di Gavi  ospita la mostra collettiva fotografica La Metafisica del Bianco e Nero, organizzata in collaborazione con Arte and Cuisine APS e con i Patrocini della Provincia di Alessandria, del Comune di Gavi e del Comune di Serravalle Scrivia.

In mostra ci saranno opere di Alberto Pallavicini (Gavi), Marco Mignani (Milano), Marzia Bernini (Ovada), Massimo Tamiazzo (Pozzolo Formigaro), Mirko Tamiazzo (Gavi) e Stefano Tocco (Cassano Spinola).
Presenti anche Paolo Amoretti e Ilaria Berenice, i pittori serravallesi che l’anno scorso al Forte hanno organizzato la mostra “Anime in Astrazione” del 2022 dedicata al volto: entrambi usano anche la fotografia come ulteriore mezzo di espressione artistica.

Spesso gli artisti esprimono il “tempo” in cui vivono e il nostro tempo recente è coinciso con una pandemia che ha obbligato le persone a rimanere in casa, metaforicamente e letteralmente. La condizione di isolamento forzato, per taluni, ha comportato momenti introspettivi: l’artista si mette al centro del mondo e riscopre se se stesso e la sua interiorità, che va oltre il bello e il brutto, il bene e il male, il bianco e il nero.

La mostra vuole quindi esporre una ricerca che va oltre la dualità dando una visione d’insieme sia nella singola foto che nella collettività degli artisti. Il percorso delle immagini comincia nella chiesetta del Forte – dove saranno esposti una serie di scatti ispirati all’antica strutture militare – e prosegue nelle vecchie celle di prigionia.

Dal 07 Maggio 2023 al 30 Giugno 2023 – Forte di Gavi (AL)

LINK

Mostre di fotografia da non perdere a febbraio

Ciao,

ecco le mostre che vi segnaliamo per il mese di febbraio.

Speriamo che suscitino il vostro interesse.

Anna

MISE EN ABYME: MAKING OF YYY – Yelena Yemchuk

Nell’ambito di ART CITY Bologna 2023 in occasione di ARTEFIERA, Spazio Labo’, in collaborazione con Départ Pour l’Image, presenta Mise en Abyme, un progetto espositivo ed editoriale intorno al libro YYY di Yelena Yemchuk a cura dei co-fondatori della casa editrice Départ Pour l’Image, Luca Reffo e Francesca Todde.

Mise en Abyme è pensato come uno spin-off di YYY, edito da Départ Pour l’Image nel luglio 2022, e nasce dal desiderio di amplificare i concetti alla base del libro attraverso l’utilizzo del materiale accessorio prodotto durante la sua progettazione, composizione e lavorazione tipografica. L’opportunità di mostrare la messa in opera dell’edizione attraverso fogli macchina di stampa, embossing, prove colore, disegni e variazioni sull’editing mira ad arricchire la conoscenza dei processi creativi nell’intervallo tra l’ideazione e la produzione industriale editoriale.

Se YYY – acronimo di Україна Yelena Yemchuk – era un sogno a occhi aperti che conduceva a un percorso a ritroso dal terzo al primo capitolo, Mise en Abyme è la sua prosecuzione in forma di riflesso fantasma che “dal laghetto del sacrificio” mette lo sguardo nell’abisso dell’immaginario.
Nel progetto la narrazione originaria – la sequenza come di flusso di coscienza – è riscritta grazie a imprevisti sviluppi del materiale residuo, sovrapposizioni, ingrandimenti e fortuiti ritrovamenti.
La sofisticazione dei registri mira, attraverso l’attitudine evocativa dell’immagine, all’emersione delle sensazioni, libere da contenuti, facendo sì che il sistema alla base di Mise en Abyme potrebbe idealmente ripetersi infinite volte, suggerendo illimitate differenti versioni.

La mostra è una co-produzione di Spazio Labo’ e Départ pour l’image ed è parte di Origami, rassegna di ispirazioni multidisciplinari dedicata all’interazione tra forme artistiche, ai punti di contatto, e all’ibridazione dei linguaggi.

Dal 1 febbraio 2023 – Spazio Labo’ – Bologna

LINK

MAURIZIO GALIMBERTI. ISTANTI DI STORIA

Maurizio Galimberti, Disinfestazione a Wuhan, 2020 (2021), mosaico con Fuji-instax, cm 148x95. LUCHI Collection
Maurizio Galimberti

Dall’11 febbraio al 30 aprile il MAC Museo d’Arte Contemporanea di Lissone presenta Istanti di storia, una personale di Maurizio Galimberti (Como, 1956) curata da Francesca Guerisoli e Denis Curti.
La mostra presenta per la prima volta al pubblico il ciclo completo che si ispira alla storia del Novecento e ai suoi protagonistisessanta opere di grande formato costituite da assemblaggi di istantanee fotografiche che ripropongono alcune delle immagini più iconiche degli ultimi decenni, attraverso cui l’artista rilegge la memoria collettiva.
Galimberti seleziona fotografie di altri autori – tra le più rappresentative degli accadimenti che hanno caratterizzato il nostro passato più recente –, le fotografa più volte da prospettive differenti, le scompone e le ricompone “a mosaico”, reiterando così la loro valenza simbolica, come a voler sottolineare la forza di queste stesse immagini, il cui potere evocativo “vale più di mille parole”. Questi mosaici non “spiegano” i fatti, né intendono dare risposte precise sul corso della storia, bensì, se visti nella loro totalità, appaiono come un campionario di eventi memorabili che attraverso l’intervento artistico si svincolano dalla documentazione storicizzata per assumere le sembianze eteree di reliquie contemporanee, commenta Denis Curti.
Il percorso espositivo si sviluppa in senso cronologico presentando rielaborazioni di immagini simbolo tratte dal mondo dell’attualità, della cinematografia e dello spettacolo (lo sbarco sulla luna, l’immagine simbolo del film Easy Rider, Anna Magnani in Roma città aperta, il pianto di Sofia Loren in La Ciociara, Jimi Hendrix con la sua chitarra, la tragedia del Grande Torino); si addentra nel buio della storia (la battaglia di Iwo Jima, la bomba atomica su Hiroshima, l’ingresso dell’Armata Rossa a Berlino nel 1945, l’assassinio di John Fitzgerald Kennedy, la crisi del Medio Oriente e il terrorismo degli anni ‘70, Mani Pulite, l’attentato alle Torri Gemelle); ripercorre i dolorosi traumi dell’infanzia (il bambino del Ghetto di Varsavia, i bambini di Mengele, la celebre foto della bambina vietnamita bruciata dal Napalm); si sofferma davanti alle più grandi personalità del Novecento (Che Guevara con il suo celebre sigaro, Martin Luther King, Papa Giovanni Paolo II, Aldo Moro, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, Michail Gorbačëv e Boris Eltsin, Nelson Mandela) fino ad arrivare alla pandemia di Covid-19. L’itinerario espositivo si chiude con un lavoro inedito: la toccante rilettura della tragedia di Marcinelle, quando nella calda giornata estiva dell’8 agosto 1956, poco distante dalla città belga si consumò uno degli incidenti minerari più gravi della storia: 262 i morti, tra cui 136 immigrati italiani.

Dal 11 Febbraio 2023 al 30 Aprile 2023 – MAC Museo d’Arte Contemporanea di Lissone

LINK

Carlo e Luciana – Nice Balconi

Carlo e Luciana
da In Almost Every Picture n. 17
di Erik Kessels e Sergio Smerieri Carlo e Luciana è un racconto di viaggio: ciascuno fotografa l’altro e viceversa. Coppie di immagini che affiancate si completano, come le metà di un insieme. Erik Kessels è un artista, designer e curatore olandese, colleziona fotografie che trova nei mercati delle pulci, nelle fiere, nei ne gozi dell’usato, ricontestualizzandole e pubblicandole con KesselsKramer Publishing. Tra i suoi lavori più famosi e importanti vi sono la rivista Useful photography e In Almost Every Picture. 

Nice Balconi
Fotografia Vernacolare dall’archivio di Sergio Smerieri
Presso Isolo17 Gallery di via XX Settembre 31b è allestita una mostra di fotografia vernacolare che racconta il valore simbolico che il balcone assume in scatti amatoriali ritrovati nei mercatini dell’antiquariato, o in polverose soffitte. Il balcone, a metà tra cielo e terra è metonimia del dentro mentre si affaccia al “fuori”. È status symbol da cui osservare il mondo per mostrarsi ad esso. 
Un modo per sorridere del noto balcone di Giulietta smitizzando la sua fama con decine di scatti che hanno immortalato nel tempo donne, bambini, famiglie intere sui balconi di mezza Italia.

in dialogo con le immagini realizzate dagli studenti del corso di Forme e linguaggi dell’arte di MSTC Iusve

Progetto a cura di Simone Azzoni e Sergio Smerieri
Organizzazione Grenze Arsenali Fotografici in collaborazione con Gu.Pho e Isolo17Gallery

dal 4 al 28 febbraio 2023 – Galleria d’Arte Contemporanea – Verona

ELLIOTT ERWITT. VINTAGE

© Elliott Erwitt / Magnum Photos
© Elliott Erwitt / Magnum Photos

Il 2023 del Museo Villa Bassi Rathgeb di Abano Terme parte alla grande con una mostra dedicata ad uno dei più grandi fotografi viventi del 900: Elliott Erwitt.

Erwitt ha scattato le prime fotografie dei razzi sovietici e la fotografia che ritrae il confronto verbale tra Nikita Krusciov e Richard Nixon. Tuttavia la fama internazionale è arrivata con le sue immagini umoristiche legate al mondo dei cani anche se la sua carriera è vastissima e tocca davvero tantissimi ambiti.

“Raramente metto in scena immagini, le aspetto. . . lascio che si prendano il loro tempo. A volte pensi che succederà qualcosa, quindi aspetti. Potrebbe avere successo; potrebbe non esserlo. Questa è una cosa meravigliosa delle immagini: le cose possono succedere“, 
dichiarava Elliott Erwitt mettendo in evidenza la sua innata capacità di intuire cosa accadrà dopo.

Le sue 
fotografie in bianco e nero raccontano una visione del mondo assolutamente unica e personale, poco focalizzata sul contesto esterno e sul paesaggio e concentrata su ciò che fanno davvero le persone e gli animali. Rappresentano la vita quotidiana di tutti noi, ci raffigurano quasi in un “dipinto” senza tempo.

L’Assessore alla Cultura del Comune di Abano Terme, Michela Allocca, insieme a Suazes e in collaborazione con CoopCulture
, presenta al Museo Villa Bassi Rathgeb una grande retrospettiva dedicata al grande autore, Elliott Erwitt, che vedrà in esposizione ben 154 fotografie vintage di grande valore, raramente esposte al pubblico, e trenta scatti fotografici davvero iconici del suo lavoro: opere che coprono sessant’anni di storia della fotografia.

Un percorso che sarà arricchito da materiale audiovisivo dedicato al grande fotografo rendendolo una vera occasione di approfondimento del suo lavoro.

Questo straordinario corpus di fotografie permette di affrontare le principali tematiche che caratterizzano il grande lavoro di Erwitt
: dal tema dell’integrazione razziale in America nel secondo dopoguerra alle mutazioni sociali della società americana, per proseguire con il tanto discusso tema del nudismo… e poi ancora i cani, i bambini, i viaggi in tutto il  mondo. 
I suoi scatti raccontano uno spaccato della storia e del costume del Novecento attraverso uno sguardo profondamente ironico che caratterizza il grande Autore.

Il percorso di mostra darà vera soddisfazione agli amanti della fotografia e ai conoscitori del suo lavoro e a coloro che per la prima volta si avvicineranno ad Elliott Erwitt.

Come dichiara Erwitt “Fare ridere la gente è uno dei risultati più alti che puoi ottenere. E quando riesci a far ridere e piangere qualcuno, alternativamente, come fa Chaplin, questo è il più alto di tutti i risultati possibili”.

Nato nel 1928 da genitori russi emigrati a Parigi, cresce a Milano e a dieci anni emigra, con la sua famiglia, negli Stati Uniti d’America. La sua prima esperienza legata alla fotografia consiste nell’elaborazione di fotografie pubblicitarie in una camera oscura di Hollywood. In quel periodo iniziò anche a scattare fotografie per conto proprio, fotografie che mostravano la sua visione del mondo marcatamente umoristica.  Nel 1955 Robert Capa gli offre l’opportunità di unirsi alla Magnum Photos, fondata nel 1947. Nel 1955 il celebre direttore del dipartimento di fotografia del MoMA di New York Edward Steichen selezionò alcune delle sue fotografie per la celebre mostra “The Family of Man”. Lo stesso Museum of Modern Art ospitò la sua prima mostra personale nel 1965.

Da allora, le fotografie di Erwitt sono state esposte in musei e gallerie di tutto il mondo ed il suo lavoro è stato oggetto di numerose pubblicazioni.


Le fotografie saranno inserite all’interno degli straordinari spazi di Villa Bassi Rathgeb attraverso uno specifico allestimento che permetterà di valorizzare appieno gli interni della struttura museale, creando un suggestivo dialogo. Poche volte in Italia si sono raccolte così tante fotografie dedicate al suo lavoro.

“Con questa iniziativa si vuole dare continuità alla progettualità avviata con le due precedenti mostra dedicate ad Eve Arnold e Robert Capa, mostra quest’ultima che ha avuto uno straordinario successo con oltre 13.000 persone e che dimostra quanta potenzialità abbia il progetto incentrato sulla fotografia dei grandi maestri e fortemente voluto dall’Amministrazione Comunale” afferma l’Assessore alla Cultura Michela Allocca.

“Abano con questa nuova iniziativa persegue in una direzione ben precisa che è quella di approfondire il lavoro dei maestri indiscussi della scena fotografica internazionale con dei progetti di approfondimenti creati ad hoc per offrire al pubblico un’offerta di altissimo livello e connotare così gli spazi museali di Villa Bassi Rathgeb come luogo di dialoghi e confronti multidisciplinari” prosegue il curatore della mostra Marco Minuz.

Dal 28 Gennaio 2023 al 11 Giugno 2023 – Museo Villa Bassi Rathgeb, Abano Terme (PD)

LINK

NIKOS ALIAGAS. REGARDS VÉNITIENS

Nikos Aliagas. Regards Vénitiens © Nikos Aliagas 2022
Nikos Aliagas. Regards Vénitiens © Nikos Aliagas 2022

Nikos Aliagas percorre le calli veneziane per incontrare quelli che in città non si vedono: gli abitanti, ossia coloro che evitano gli sguardi degli obiettivi dei turisti. Questo progetto è germogliato e cresciuto nell’anima dell’artista quando Nikos Aliagas, su invito della Fondazione dell’Albero d’Oro, ha visitato per la prima volta la laguna e ne ha potuto osservare la realtà misteriosa e affascinante. In quel momento è nata l’idea di guardare veramente all’interno di Venezia, esplorando il mondo che ruota intorno a Palazzo Vendramin Grimani. L’obiettivo di Nikos Aliagas viaggia nella quotidianità straordinaria di campo San Polo, per il sestiere di cui è il cuore e fra gli scorci veneziani, e lascia che siano le immagini a raccontare le storie di chi vive e fa vivere questi luoghi. Le immagini di Nikos Aliagas sono in bianco e nero: l’artista esplora contrasti, controluce, movimenti all’interno di inquadrature in cui le linee rette e curve si sposano, ad esempio su un volto oppure all’angolo di una calle.

«È ancora possibile improvvisare a Venezia? In una città fotografata milioni di volte da occhi di passaggio? Sì, se si parte dal principio che è Venezia a guardarci e osservarci.»

– Nikos Aliagas

4 febbraio → 2 aprile 2023 – Palazzo Vendramin Grimani – VENEZIA

LINK

LEE JEFFRIES. PORTRAITS. L’ANIMA OLTRE L’IMMAGINE

© Lee Jeffries
© Lee Jeffries

Non si è mai trattato di scattare delle fotografie…
Non sono la documentazione della vita di una persona; 
sono la documentazione di emozioni e spiritualità

Il Museo Diocesano Carlo Maria Martini di Milano ospita, dal 27 gennaio al 16 aprile 2023, la personale di Lee Jeffries (Bolton, UK, 1971), il fotografo diventato la voce dei poveri e degli emarginati.
Curata da Barbara Silbe e Nadia Righi, la mostra, prodotta e organizzata dal Museo Diocesano di Milano, presenta una cinquantina d’immagini in bianco e nero e a colori che catturano i volti di quell’umanità nascosta e invisibile che popola le strade delle grandi metropoli dell’Europa e degli Stati Uniti.

Fotografo autodidatta, Jeffries inizia la sua carriera quasi per caso, nel giorno che precedeva la maratona di Londra del 2008 quando scatta una fotografia a una giovane ragazza senzatetto che sedeva all’ingresso di un negozio; rimproverato per averlo fatto senza autorizzazione, Jeffries si ferma a parlare con lei, a interrogarla sul suo passato, a stabilire un contatto che andasse al di là della semplice curiosità per scavare nel profondo dell’animo della persona che aveva di fronte.

Da allora inizia a interessarsi e a documentare le vite degli homeless, passando dai vicoli di Los Angeles fino alle zone più nascoste e pericolose delle città della Francia e dell’Italia.

Grazie al suo sguardo e alla sua arte spirituale, come lui stesso è solito definirla, Lee Jeffries fa emergere le persone senza fissa dimora dal buio in cui sono reclusi e cerca di ridare luce e dignità a ogni essere umano.
Il suo stile è caratterizzato da inquadrature in primo piano fortemente contrastate, e da interazioni molto ravvicinate con i soggetti, uomini e donne che vivono ai margini della società, incontrati per le strade del mondo.

La sua cifra stilistica più caratteristica è quella del ritratto, sempre frontale e ravvicinato, spesso con sfondi monocromatici scuri che, elaborati con un efficace lavoro su luci e ombre, fa emergere i volti nella loro straordinaria potenza espressiva, capace di comunicare la loro sofferenza, il loro disagio e la loro condizione infelice.

Dal 27 Gennaio 2023 al 16 Aprile 2023 – Museo Diocesano Carlo Maria Martini – MILANO

LINK

MAST PHOTOGRAPHY GRANT ON INDUSTRY AND WORK 2023 – VII EDIZIONE

MAST PHOTOGRAPHY GRANT ON INDUSTRY AND WORK

La mostra dei cinque finalisti propone cinque progetti originali e innovativi che mettono a fuoco le radicali trasformazioni in atto nel lavoro. In mostra insieme alle opere degli artisti dell’edizione 2023, i progetti di tutti i finalisti dal 2008 celebrano i 15 anni del Grant, dando vita a un giro del mondo per immagini che svela realtà sconosciute o lontane, ma sorprendentemente connesse alla nostra vita.

Dal 25 Gennaio 2023 al 01 Maggio 2023 – Fondazione MAST – Bologna

LINK

MIGUEL TRILLO. LA MOVIDA. SPAGNA 1980-1990

© Miguel Trillo
© Miguel Trillo

La movida. Spagna 1980-1990 è la prima mostra di una serie di esposizioni organizzate dall’Ambasciata di Spagna in Italia, che si propone di presentare questo periodo fondamentale della storia recente della Spagna attraverso la generazione di fotografi emersa in quegli anni.
Dopo 40 anni di dittatura militare e con la fine della censura, negli anni 1980-1990 inizia un periodo di costruzione della nuova Spagna democratica, che si lascia alle spalle un’eredità oscura per farsi largo tra i paesi occidentali. Mentre le generazioni precedenti danno forma a un nuovo quadro politico, i più giovani si concentrano sul godimento del regime di libertà e la Movida diventa l’immagine eccessiva di questa nuova Spagna nascente: giovane, selvaggia, irriverente, colorata, edonistica e libera.
Le canzoni e le fotografie, insieme al cinema, sono state il perfetto correlato del cambiamento politico spagnolo degli anni Ottanta. Ma Miguel Trillo, invece di condividere il fascino della sua generazione per i nuovi idoli musicali, si è fermato a guardare il pubblico che ha reso i musicisti star della cultura di massa. Nelle sue foto, la macchina fotografica dà le spalle al palco e si concentra sui partecipanti al concerto. E non lo fa in modo furtivo, come il reporter o il ricercatore che vuole catturare un istante evanescente: i protagonisti delle fotografie di Trillo sono consapevoli che la macchina fotografica li fisserà per sempre nel tempo, e si sforzano di mostrare chi sono nel miglior modo possibile.
Queste immagini testimoniano l’emergere di una nuova cultura in cui siamo immersi da allora, in cui il suono e l’immagine hanno sostituito la parola come elemento centrale.

Dal 20 Gennaio 2023 al 30 Aprile 2023 – Museo di Roma in Trastevere

LINK

VINCENT PETERS. TIMELESS TIME

Vincent Peters, Charlize Theron, New York, 2008
© Vincent Peters | Vincent Peters, Charlize Theron, New York, 2008

Dal 12 gennaio al 26 febbraio 2023 Palazzo Reale porta a Milano gli scatti iconici e senza tempo del fotografo Vincent Peters con la mostra con ingresso gratuito dal titolo “Timeless Time”: un percorso fatto di ombre, riflessi e chiaroscuri, in un succedersi di volti noti resi familiari dall’uso della luce. 

La mostra promossa da Comune di Milano-Cultura, prodotta e organizzata da Palazzo Realee Nobile Agency, è curata da Alessia Glaviano, Curator & Head of Global Photovogue.

Vincent Peters scolpisce i personaggi che ritrae con la luce, creando volumi in grado di definirli in uno spazio sospeso e in un tempo senza età – afferma l’assessore alla Cultura del Comune di Milano Tommaso Sacchi -. Il suo sguardo è protagonista a Palazzo Reale di una mostra originale, in programma fino alla prossima Milano Fashion Week, che pone in un affascinante dialogo le opere dell’artista con le dodici stanze dell’Appartamento dei Principi”.
Christian Bale, Kim Basinger, Monica Bellucci, Vincent Cassel, Laetitia Casta, Cindy Crawford, Penelope Cruz, Cameron Diaz, Matt Dillon, Michael Fassbender, Scarlett Johansson, Milla Jovovich, John Malkovich, Charlize Theron, Emma Watson sono solo alcuni dei personaggi famosi i cui ritratti sono esposti a Palazzo Reale. Scatti realizzati tra il 2001 e il 2021 da Vincent Peters che, usando un’illuminazione impeccabile, eleva i suoi soggetti a una posizione che spesso trascende il loro status di celebrità.
Quello ritratto da Vincent Peters è il mondo delle star e delle celebrities, un moderno Olimpo che dissolvendosi in un’atmosfera da cinema neorealista italiano si avvicina allo sguardo del pubblico diventando familiare e riconoscibile. 
I suoi scatti sono storie oniriche, composte da un sovrapporsi di strati che dialogano tra loro completandosi. Il suo lavoro, infatti, si caratterizza per stratificazione e distinzione: ciascun elemento che converge e si condensa in ogni suo singolo scatto, forma uno strato che non perde mai la propria identità e distinzione. E nell’incontrarsi di questi strati singolari, ogni immagine di Peters arriva a raccontare una storia. Fino a diventare un film in un solo fotogramma.

Con uno stile senza tempo, i lavori di Vincent Peters esposti nell’ Appartamento dei Principi al piano nobile di Palazzo Reale sono valorizzati da un allestimento minimal curato da Suazes che esalta le potenti immagini in bianco e nero e al tempo stesso sposa la bellezza delle signorili sale quattrocentesche che lo ospitano.

Dal 12 Gennaio 2023 al 26 Febbraio 2023 – Palazzo Reale, Milano

LINK

Ricreazione – Marco Lanza

Marco Lanza ha partecipato all’ultima edizione di Paris Photo

Noema Gallery a Roma dà il via alla stagione espositiva 2023con la nuova mostra fotografica “Ricreazionedi Marco Lanza a cura di Chiara Dall’Olio, visitabile dal 26 gennaio al 25 febbraio.

Il progetto espositivo di Marco Lanza, nato dall’acquisto di migliaia di fotografie vernacolari sciolte, si è sviluppato con l’osservazione di ogni singola immagine. Dalle fotografie color seppia di una vacanza in montagna ai momenti millimetrici di padre e figlia, dagli scatti di una conferenza a eventi familiari o sportivi, questi materiali coprono un lungo periodo, dal 1920 al 1970 circa.

Seguendo le linee della nuova selezione, Lanza ha tagliato le fotografie attraverso una mascherina di plexiglas rettangolare o quadrata e ricomponendole, ha ricavato nuove opere, letteralmente estratte dagli originali. Una rilettura che agisce sulla materia modificandola per sempre. Una ricreazione che si compie sia sulla parte selezionata che su quella che resta, apparente scarto che diviene un’opera aperta, dotata di infinite possibilità interpretative. Alcune stampe sono invece presentate integre, ma sovrapposte. In questi quadri la stratificazione della materia fotografica rimanda alla storia con la “s” minuscola, alle storie famigliari, di cui si percepisce solo la superficie. Ogni fotografia della mostra “Ricreazione” è quindi il segno di una storia, di un momento passato, che non sarà più e che si ammanta di una patina di nostalgia.

Come scrive la curatrice del progetto Chiara Dall’OlioLe composizioni seguono i criteri e i passaggi che l’artista ha percorso: grandi tableau in cui i dettagli che hanno colpito il suo occhio, dopo essere stati ritagliati, sono stati mescolati e ricomposti, creando un’armonia visiva di grande equilibrio. Solo avvicinandosi si colgono i soggetti e ci si può perdere nella contemplazione delle piccole foto, immaginandosi storie o chiedendosi come sarebbe stata la fotografia completa. Il taglio infatti, crea una pluralità di oggetti autonomi, dotati di una nuova estetica e di nuove possibilità interpretative che Lanza lascia esplorare all’osservatore”.

Marco Lanza ha partecipato all’ultima edizione di Paris Photo – una delle fiere fotografiche più importanti al mondo – dove tutte le sue opere sono state acquisite da collezionisti di settore, riscuotendo un grande successo di pubblico e di critica, tanto da arrivare sulle pagine del noto quotidiano Le Monde che ha dedicato un lungo articolo al suo lavoro e alle gallerie che hanno portato in fiera lavori nati da immagini di cui non si conosce l’autore. Stampe ritrovate nei mercati delle pulci o negli scatoloni passati di mano in mano attraverso traslochi e eredità, fotografie acquistate per poco denaro e poi, una volta lavorate e organizzate in un progetto organico, riproposte per l’occasione in fiera come oggetti da collezione, proprio come le opere originali di Marco Lanza. La fotografia vernacolare e la sua reinterpretazione stanno vivendo un nuovo revival tra collezionisti e galleristi, acquisendo un ruolo di primo piano nel mercato dell’arte internazionale. A conferma di questo forte interesse a livello mondiale, Marco Lanza sarà, dopo la mostra alla Noema Gallery, uno degli artisti della fiera The Photography Show a New York (dal 30 marzo al 2 aprile 2023) organizzata da AIPAD, alla quale parteciperà con la galleria parigina SIT DOWN. In mostra alla Noema Gallery il visitatore potrà ammirare un certo numero di “ricreazioni” originali, pezzi unici in varie dimensioni, incorniciati, in formato medio/grande e in altri formati più piccoli. Inoltre saranno presentate delle rielaborazioni digitali stampate in fineart in edizione limitata

Dal 26 gennaio al 25 febbraio 2023 – Noema Gallery – Roma

LINK

EVE ARNOLD. L’opera


Eve Arnold. Actress Marilyn Monroe in the Nevada desert during the filming of “The Misfits”,
directed by John Huston
, 1960. USA © Eve Arnold/Magnum Photo

La celebre fotografa americana Eve Arnold, che ha stretto con Marilyn Monroe un vero e proprio sodalizio artistico grazie al quale sono nati alcuni dei suoi scatti più iconici, è la protagonista della prima mostra del 2023 a CAMERA, che si aprirà a fine febbraio.

Prima donna, insieme a Inge Morath, a far parte dal 1951 dell’Agenzia Magnum, Eve Arnold ha fotografato le grandi star del cinema e dello spettacolo del dopoguerra, da Marlene Dietrich a Joan Crawford a Orson Welles, ma ha anche affrontato temi e questioni assolutamente centrali nel dibattito pubblico attuale, come la questione del razzismo negli Stati Uniti, l’emancipazione femminile, l’interazione fra le differenti culture del mondo. Tra le sue immagini più note si ricorda non a caso uno straordinario ritratto di Malcom X, che sarà esposto in mostra insieme ad altri scatti realizzati ad Harlem negli anni Cinquanta e ai raduni dei Black Muslims negli anni Sessanta. L’esposizione, composta da 170 fotografie, è realizzata in collaborazione con Magnum Photos.

Ripercorrendo le tappe salienti della sua carriera, a partire dai primi scatti in bianco e nero della New York degli anni Cinquanta fino agli ultimi lavori a colori realizzati all’età di 85 anni, la mostra vuole raccontarne l’«appassionato approccio personale», come lei stessa più volte definisce il proprio atteggiamento.

25 febbraio – 4 giugno 2023 – CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia – Torino

LINK

Tutte le mostre fotografiche da non perdere a Luglio

Ciao a tutti,

prima di partire per le meritate vacanze, eccovi le mostre che vi segnaliamo per il mese di luglio.

Anna

Le mostre di Cortona On The Move 2022 – Me, myself and Eye

Cosa succede esattamente quando fotografiamo? La fotografia è un’arma o un faro illuminante? Chi ha il diritto di fotografare cosa? Il consenso di chi è fotografato è d’obbligo? Stiamo ancora fotografando finestre o siamo solo persi in una gigantesca sala degli specchi rimirandoci all’infinito? Sono questioni discusse da decenni e intrinseche alla natura del mezzo ma che sono recentemente riemerse con nuovo vigore sospinte dalla battaglia identitaria che ci ha inghiottito. La presa di coscienza che sia urgente riconsiderare come siano rappresentate etnia, genere e classe sta sconvolgendo vecchie regole non scritte e scrivendone di nuove.

In questo momento cruciale, in cui la fotografia è più presente che mai, assurta a linguaggio universale, prodotta, condivisa e consumata in maniera ossessiva, Cortona On The Move vuole riflettere su autorialità, punto di vista e legittimità. Su come soggetto e oggetto si intersecano, si scontrano e finiscono col coesistere.

“Me, Myself and Eye” è il tema del festival per l’edizione 2022, dove la fotografia ricerca la sua anima senza sfuggire al dibattito ma sempre aspirando al poetico. Esplorando i limiti estremi del mezzo come audaci astronauti e le storie sepolte come meticolosi archeologi.

Tra le mostre più rappresentative vi segnaliamo: Lucas Foglia, Gregory Halpern, Gabriele Galimberti, Martin Parr, Martina Bacigalupo, Alessandro Cinque, ma ce ne sono molte altre da non perdere.

Il programma completo è qua.

Dal 14 luglio al 2 ottobre – Cortona (AR) sedi varie

LINK

Le mostre del RAGUSA FOTO FESTIVAL. EDIZIONE X – ARMONIA

Dal 21 luglio al 28 agosto 2022 torna in Sicilia, a Ragusa Ibla, borgo barocco tra i più belli d’Italia, la decima edizione di Ragusa Foto Festival, manifestazione internazionale dedicata ai linguaggi della fotografia contemporanea e alla valorizzazione di giovani talenti provenienti da tutto il mondo. 
 
Dalla Sicilia, crocevia di svariate espressioni artistiche, come il barocco simbolo di unità tra diversi linguaggi, l’edizione 2022 mette in campo tante iniziative che attraverso la fotografia e la sua immediatezza, possono aiutare a riflettere sulle possibilità di conciliazione con le molteplici sfide del contemporaneo, favorendo occasioni di dialogo, conoscenza, approfondimento e condivisione.
 
Durante le giornate inaugurali, da giovedì 21 a domenica 24 luglio, oltre all’apertura delle mostre alla presenza di alcuni dei fotografi selezionati per questa edizione, sono in programma diverse iniziative: seminari, talk, intrattenimento, workshop, letture portfolio e il Premio Miglior Portfolio dell’anno, aperitivi con gli artisti, visite guidate alle mostre. 
 
Oltre venti i progetti esposti negli gli antichi Palazzi La Rocca e Palazzo Cosentini, il Centro Commerciale Culturale “Mimì Arezzo” (Ex Opera Pia), l’Auditorium (chiesa sconsacrata) San Vincenzo Ferreri e il Giardino Ibleo. 

Tra gli ospiti alle giornate inaugurali, Mario Cresci, Gianluigi Colin, Alfredo Corrao, Mario Morcellini, Benedetta Donato, Carlo Bevilacqua, Tim Carpenter, Jenia Fridlyand, Yvonne De Rosa, Claudio Composti, Giuseppe Leone, Pietro Motisi, Donata Pizzi, Susanna Scafuri, Nello Scavo, Paolo Verzone, Velasco Vitali, Alba Zari.

Nell’anno del suo decimo anniversario, sotto la guida della fondatrice e direttrice Stefania Paxhia, giornalista siciliana e ricercatrice sociale per il Consorzio Aaster, insieme con il direttore artistico Steve Bisson, curatore e docente di fotografia al Paris College of Art, con il comitato scientifico diversificato e una rete di partner culturali nazionali e internazionali, Ragusa Foto Festival prosegue il percorso iniziato nel 2021 in tema di desiderio e speranza, e si interroga sul concetto di armonia cheoggi torna alla ribalta per il bisogno urgente di un approccio incentrato sulla collaborazione e sulla complementarità. E non significa necessariamente assenza di contrasti o di conflitti ma mantenere la mente aperta al bene comune. Gli antichi Greci usavano rappresentare l’armonia con il Mar Mediterraneo, tra le aree più ricche al mondo in termini di stratificazioni storiche e artistiche, né terra mobile né mare sconfinato come l’Oceano, ponte tra le sponde della civiltà, simbolo della perenne prossimità degli esseri umani tra loro diversi e allo stesso tempo uguali.

Dal 2012 il Festival costituisce un’occasione di approfondimento dedicato ai diversi linguaggi delle arti visive e all’attualità, rievocando la più antica delle peculiarità del Mediterraneo, l’armonia del dialogo tra culture diverse nel “mare fra le terre”. La coesistenza tra la ricerca del benessere e la paura dell’incertezza, l’impeto incontrollato della tecnologia, la convivenza tra popoli, la riduzione delle diseguaglianze per mezzo dell’emancipazione dei ruoli e l’inclusione delle parti sociali, la crisi ambientale e l’insalubrità crescente del pianeta, sono solo alcune delle prepotenti emergenze che la fotografia con la sua immediatezza e accessibilità può aiutarci a guardare in faccia.

Prodotto e organizzato dall’Associazione Antiruggine, il Festival è patrocinato dal Ministero dei Beni Culturali, MIC, e da Caritas Italiana, con il sostegno di Fondazione Con il Sud, di Sicilia Fondo Sociale Europeo, dell’Ambasciata e del Consolato Generale del Regno dei Paesi Bassi, della Presidenza dell’Assemblea della Regione Sicilia e dei suoi Assessorati ai Beni Culturali e al Turismo, del Comune di Ragusa, Banca Agricola Popolare di Ragusa, della Camera di Commercio del Sud Est Sicilia e del Libero Consorzio Comunale di Ragusa e del Comune di Ragusa.

Dal 21 Luglio 2022 al 28 Agosto 2022 – Ragusa – Sedi Varie

LINK

FOTOGRAFE! DAGLI ARCHIVI ALINARI A OGGI

Federica Belli, The lens (Through Which We See Ourselves), 2018. Stampa digitale Fine Art ai pigmenti di colore su Hahnemuhle Photo Rag

Villa Bardini e il Forte di Belvedere, a Firenze, dal 18 giugno al 2 ottobre 2022, ospitano la grande mostra FOTOGRAFE!, a cura di Emanuela Sesti e Walter Guadagnini, presentata e promossa dalla Fondazione Alinari per la Fotografia e dalla Fondazione CR Firenze, in collaborazione con il Comune di Firenze. Un nuovo e ambizioso progetto espositivo che ha per protagoniste assolute le fotografe di ieri e di oggi e che unisce le sale delle due sedi ospitanti in un unico itinerario, ricco e suggestivo, che affianca opere originali degli Archivi Alinari a produzioni contemporanee. L’esposizione si inserisce organicamente nell’offerta culturale estiva di Forte di Belvedere curata da Museo Novecento.

Partendo dagli esiti della ricerca negli Archivi Alinari, il progetto espositivo crea un percorso che intreccia e ripropone in maniera sincronica una storia che dalla fotografia delle origini attraversa il Novecento e arriva ai nostri giorni, affiancando i primi procedimenti fotografici alle sperimentazioni contemporanee. La mostra non segue quindi un andamento cronologico, ma è costruita per analogie, differenze, suggestioni, per temi e generi, primo tra tutti il ritratto fotografico, mettendo insieme in un unico percorso fotografie e fotografe nate in epoche, luoghi e contesti sociali diversi: l’intento è non tanto e non solo la ricerca di uno specifico e quanto mai ipotetico ‘sguardo femminile’, quanto l’individuazione della centralità di alcune personalità – spesso sottostimate – nello sviluppo della ricerca fotografica sin dai suoi albori. La presenza delle autrici contemporanee costituisce un ulteriore momento di riflessione che investe le pratiche artistiche odierne, a partire dal rapporto con il passato e con la memoria, siano esse individuali o collettive, all’interno di un mondo in continuo mutamento, dove anche i ruoli sociali e i paradigmi ad essi legati sono in costante divenire.

In mostra vintage prints, album e negativi dagli Archivi Alinari, opere provenienti dalle diverse collezioni di oltre quaranta fotografe, in molti casi inedite, a partire da quelle delle prime dagherrotipiste degli anni ’40 dell’Ottocento, come la francese Bernardine Caroline Théodora Hirza Lejeune (Parigi 1824-1895) del fondo Oggetti Unici che è stato restaurato, catalogato e digitalizzato nel 2021 anche grazie al sostegno della Fondazione CR Firenze. Le stampe originali di Julia Margaret Cameron, Dorothea Lange, Margaret Bourke-White, Lucia Moholy, Maria Mulas, Ketty La Rocca, Lisetta Carmi, Diane Arbus, Bettina Rheims, per citarne solo alcune, si confrontano con le produzioni di dieci autrici italiane, Eleonora Agostini, Arianna Arcara, Federica Belli, Marina Caneve, Francesca Catastini, Myriam Meloni, Giulia Parlato, Roselena Ramistella, Sofia Uslenghi, Alba Zari, rappresentanti della più giovane generazione, nata dopo il 1980, che va affermandosi in questi anni sia sul piano nazionale che su quello internazionale, presenti con opere che interagiscono con il patrimonio storico Alinari. Le autrici innescano dunque una conversazione ideale con le fotografie storiche e con l’archivio stesso, così da esaltarne la matericità e l’aura, proponendo in questo modo anche nuove chiavi di lettura alle immagini provenienti da un passato talvolta lontanissimo.
Grazie a Calliope Arts, ente no profit con sede a Firenze e Londra, nato per valorizzare e salvaguardare il patrimonio culturale delle donne attraverso il suo progetto ‘Restoration Conversations’, la mostra si arricchisce di due sezioni dedicate a fondi degli Archivi Alinari: quello delle sorelle Wanda Wulz (Trieste 1903-1984) e Marion Wulz (Trieste 1905-1990) e quello di Edith Arnaldi (Vienna 1884-Roma 1978), nota soprattutto come scrittrice ed artista di area futurista con lo pseudonimo di Rosa Rosà, che è tra le artiste selezionate per la mostra della Biennale Arte di Venezia curata da Cecilia Alemani.
Da questi archivi sono tratte opere inedite, alcune stampate direttamente dai negativi originali, che restituiscono alla fruizione pubblica i risultati di una prima ricognizione su materiali finora meno esplorati di questi nuclei archivistici, di straordinario interesse per la storia della fotografia. Da una parte il fondo Wulz (noto per la fama internazionale delle opere futuriste di Wanda, tra cui la realizzazione della famosa sovraimpressione “Io+gatto”), di cui verranno esposti a Villa Bardini anche dei negativi, che riserveranno al pubblico e agli studiosi importanti sorprese, in particolare sulsodalizio lavorativo e artistico con la sorella Marion. Dall’altra, al Forte Belvedere, un archivio completamente da esplorare, sostanzialmente un inedito, che permetterà, anche grazie alla ricerca della storica dell’arte Lisa Hanstein, di riportare alla luce la produzione fotografica di un’artista poliedrica come Edith Arnaldi, caratterizzata da ritratti e fotografie di viaggio realizzate in Italia, Europa e Africa, e dai ritratti eseguiti nel suo studio romano, funzionali all’indagine sulla produzione pittorica futurista dell’autrice.  
Durante l’apertura saranno organizzati dialoghi con le artiste presenti in mostra, visite guidate e laboratori per bambini e famiglie.  
La mostra vede la collaborazione di MUS.E e la Fondazione Parchi Monumentali Bardini e Peyron, e il contributo di Unicoop Firenze. 

Dal 18 Giugno 2022 al 02 Ottobre 2022 – Villa Bardini / Forte di Belvedere – Firenze

LINK

Unfolding stories

Unfolding stories è il titolo della mostra collettiva finale del biennio di studi 2020-2022 che inaugurerà mercoledì 29 giugno alle ore 19 presso la nostra sede distaccata in via Zanolini 9 a Bologna, uno spazio del tutto inedito per i nostri eventi culturali aperti al pubblico e che rappresenta il cuore laboratoriale dentro cui i nostri studenti e le nostre studentesse hanno iniziato e completato il loro percorso formativo

La mostra Unfolding stories – in cui come da tradizione della scuola di Spazio Labo’ si fruisce di una selezione tra tutti i lavori realizzati dalla classe – rappresenta la condivisione di una serie di riflessioni intime che hanno spinto gli autori e le autrici a indagare su un tema nel quale erano coinvolti in prima persona e che con questa mostra restituiscono al pubblico sotto forma di progetti e libri fotografici.

Gli autori e le autrici in mostra sono Vera Bessegato, Chiara Calgaro, Martina Ciconte, Vincenzo Foglia e Anna Michelotti. Oltre ai loro lavori, saranno esposti tutti i libri fotografici realizzati dalla classe.

In occasione dell’inaugurazione, a partire dalle ore 20, i cinque autori in mostra svolgeranno una visita guidata e racconteranno i loro progetti e i libri fotografici che hanno realizzato, disponibili a rispondere a tutte le domande e curiosità dei visitatori. Un’occasione unica per conoscere da vicino il lavoro di una serie di brillanti giovani autori.

29.06.2022 / 02.07.2022 – Spazio Labo – Bologna

LINK

IRENE KUNG – VISIONI

Fino al 9 gennaio, presso le sedi di Banca Mediolanum di Palazzo Biandrà a Milano e in via Calle del Sale 19 a Mestre, in collaborazione con  CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia e con Alessia Paladini Gallery, sarà possibile visitare due mostre firmate Irene Kung. L’artista di fama internazionale, nota per i suoi scatti capaci di immortalare lo spirito dei luoghi, nasce e coltiva la sua passione artistica in Svizzera dove, dopo aver studiato pittura, scopre e sviluppa la passione per la fotografia.

«Immagini sospese nel tempo e nello spazio, visioni evanescenti sottratte al loro contesto che, superando la realtà, entrano a far parte di una dimensione onirica».

Le mura dello storico palazzo costruito nel 1900 dall’architetto Luca Beltrami, sede di Banca Mediolanum, ospitano una personale dell’artista che raccoglie la serie dei suoi scatti più noti, quella dedicata alle grandi città del mondo. A legare le fotografie dei panorami urbani della Kung è una chiave di lettura ben precisa: la capacità di riappropriarsi dello sguardo. Luoghi ed edifici, i veri protagonisti della vita cittadina, da sempre costituiscono quel contorno visivo che molto spesso dà forma alle nostre giornate. Irene Kung punta i riflettori su quattro luoghi simbolo di Milano: la Stazione Centrale, il Duomo, la Scala e la Torre Velasca. 

Nelle fotografie dell’artista l’immagine si spoglia di qualsiasi riferimento ordinario per trasformarsi in un’apparizione fantastica, un’autentica visione. L’ingrediente esterno, che invita oggi più che mai alla riflessione e che indaga il rapporto tra uomo e natura, ha le forme di un albero. L’elemento naturale funge da collante narrativo evidenziando la necessità umana di coesistere tra ciò che crea e ciò che è creato. 

Dallo Younnan, al Tibet fino a Mestre

Seguono, invece, una differente linea narrativa le opere esposte nella sede veneta di Banca Mediolanum. S’intitola Visioni dallo Yunnan e dal Tibet il ciclo di opere dedicato all’Estremo Oriente che coinvolge lo spettro emotivo di ognuno di noi in un percorso che unisce Occidente e Oriente. L’artista, attraverso l’utilizzo del colore conferisce alle sue immagini la dimensione dell’apparizione, portando alla luce la stessa sorpresa provata dai primi viaggiatori Occidentali di fronte ai paesaggi e alle architetture della cultura Orientale. Un tema importante quello indagato da Irene, che si sofferma sulla necessità di osservare le tracce di una cultura differente dalla propria. Per farlo l’obiettivo si stringe sulle immagini sospese nel tempo che, come visioni evanescenti, superano la realtà.

Forme e colori prendono corpo in un linguaggio visivo onirico, che pone l’artista davanti ad una riflessione alla ricerca del significato stesso di esperienza emotiva: 

«il tentativo di generare un nuovo significato a partire dalle percezioni di un’esperienza emotiva, è un’astrazione che mi conduce dalle zone più in ombra della dimensione meditativa, fino agli spazi inconsci dell’anima».

Le inquadrature della Kung hanno la sorprendente capacità di far emergere i soggetti dall’oscurità esprimendo, attraverso un gioco di luci e ombre, una vicinanza stilistica con il Rinascimento pittorico italiano. Nuove prospettive si aprono davanti ai suoi lavori che  giocano stimolando l’attenzione di ognuno di noi su tematiche quali l’equilibrio tra uomo e natura e l’inquietudine della solitudine urbana/umana, un connubio tipico anche della visione sublime raccontata nella storia dell’arte da artisti del calibro di Turner o Blake le cui opere hanno un sottile ma necessario punto in comune con la Kung, generano quel senso di inquietudine e bellezza a cavallo tra sogno e realtà. 

Dal 24 giugno al 9 gennaio – Palazzo Biandrà Milano

LINK

Jacopo Benassi – Junk B

Jacopo Benassi, Junk B, NEUTRO

Con il progetto Junk B, Benassi rielabora gli scarti delle sue produzioni precedenti in dei poster/collage. Ciò che era stato abbandonato è ricomposto in una serie in bianco e nero da cui emergono scritte, personaggi, pezzi di corpo, oggetti, macchie. Alle opere Benassi aggiunge pezzi di legno, timbri, fanzine e si appropria di estratti del testo scritto da Carlo Antonelli creando una stratificazione di elementi cruda ed enigmatica.
L’esposizione è accompagnata da una pubblicazione limitata in 100 copie; all’interno è archiviata la serie progressiva dei sei collage esposti in mostra, accompagnati dal testo “Gli Antenati” di Carlo Antonelli

dal 30/05/2022 – al 31/08/2022 – SPAZIO NEUTRO – Reggio Emilia

PANGEA PHOTO FESTIVAL

Con un evento organizzato in collaborazione con l’associazione Effetto Notte,  sabato 18 giugno alle ore 18 alla Pineta di Casina (RE) – dove è esposta per la prima volta in Italia la mostra “Outside the binary” di Linda Bournane Egelberth – si inaugura la seconda edizione del Pangea Photo Festival, il primo festival di fotografia dedicato a tematiche contemporanee cruciali per il futuro della società e del pianeta.

Il Pangea Photo Festival è un’iniziativa nata per volere di un gruppo informale di ragazze e ragazzi nati, cresciuti e residenti sull’Appennino Reggiano, per portare attenzione, nel proprio territorio, attraverso la fotografia d’autore e di reportage, su temi legati all’attualità globale: cambiamento climatico, conflitti, migrazione, relazione uomo/natura e uomo/potere, temi che troppo spesso passano inosservati nelle nostre vite, ma che hanno un forte impatto sul nostro presente e sul nostro futuro.

Il festival di fotografia è nato infatti per riflettere sulle tematiche contemporanee cruciali per il futuro della società e del Pianeta ed è organizzato insieme al Comune di Castelnovo ne’ Monti e con il sostegno della locale Azienda Speciale Consortile Teatro Appennino, che lo ha inserito quest’anno nel contesto della quinta edizione de L’Uomo Che Cammina, evento dedicato al rapporto tra l’uomo, l’ambiente naturale e la dimensione del sacro, nato a Castelnovo ne’ Monti, in provincia di Reggio Emilia.

La seconda edizione del festival ospita fino al 18 settembre cinque reportage, di cui due inediti in Italia, open air visitabili 24/7, di autrici e autori nazionali e internazionali in alcuni dei luoghi più suggestivi dell’Appennino Reggiano come la Pietra di Bismantova, citata da Dante nel Purgatorio. Le mostre sono completamente gratuite aperte e fruibili 24/7 e sono allestite in diverse sedi outdoor in contesti significativi a livello paesaggistico o sociale nel Comune di Castelnovo ne’ Monti, e quest’anno anche in quello di Casina.

Le fotografe e i fotografi coinvolti affrontano grandi tematiche dell’attualità globale che accendono domande su come questi temi impattino sulle comunità locali e sulla vita di ciascuno di noi.

Le mostre fotografiche, allestite a cielo aperto, che interagiscono con la natura circostante, sono:

  • a Ginepreto “Drowning in plastic” di James Whitlow Delano, documentarista americano con base a Tokyo, curata da Marta Cannoni e Livia Corbò dell’agenzia Photo Op
  • alla Pineta di Monte Bagnolo “Burning dreams” di Carolina Rapezzi, fotografa italiana con base a Londra che si occupa di questioni sociali, umanitarie ed ambientali tra Europa e Africa occidentale;
  • alla Pineta di Casina, per la prima volta in Italia, “Outside the binary” di Linda Bournane Engelberth, fotografa documentarista focalizzata sull’identità umana, sulle identità di genere e sulle comunità rurali;
  • ai Giardini di via Monzani a Castelnovo il reportage, vincitore del premio World Press Photo 2018 (3° classificato nella sezione General News), “Lives in limbo” di Francesco Pistilli, fotoreporter e videomaker Abruzzese che si occupa di reportage e ritratto editoriale dai contenuti politici, sociali e ambientali;
  • lungo la salita alla Pietra di Bismantova, vicino a Castelnovo ne’ Monti, sui muri che dal piazzale Dante conducono all’Eremo di Bismantova, la mostra inedita in Italia “God’s Honey” di Nadia Shira Cohen, freelance già stinger per Associated Press, poi per Sipa Press e VII Photo Agency.

LINK

LE FORME DEL TEMPO. FOTOGRAFIE DI FABIO BARILE E DOMINGO MILELLA

Conoscere il passato è un’impresa altrettanto stupefacente che conoscere le stelle”: scrive così George Kubler nel suo libro The Shape of Time (1972) da cui è tratto il titolo della mostra Le forme del tempo, che dal 22 giugno al 31 luglio 2022 presenta le fotografie di Fabio Barile e Domingo Milella in un inedito dialogo con gli spazi archeologici delle Terme di Diocleziano a Roma.
 
La mostra, a cura di Alessandro Dandini de Sylva, è un viaggio nel tempo geologico, archeologico e  presente. Dopo i primi due capitoli espositivi al Centro Arti Visive Pescheria e nell’antica Sinagoga di Pesaro, Le forme del tempo cerca ora un nuovo legame con le Grandi Aule delle terme romane.
 
La mostra è un’evoluzione del dialogo tra i due artisti, questa volta dedicato al rapporto tra archeologia del paesaggio earcheologia del linguaggio: i due artisti e il curatore hanno immaginato il percorso espositivo come una conversazione tra immagini e spazio archeologico, per un ritorno arcaico alla riflessione e per una profonda ricerca sulla fotografia e sull’atto stesso del guardare. 
 
Le opere di Fabio Barile e Domingo Milella sono fotografie che riflettono il Tempo. Le immagini di Barile mostrano forme in perenne evoluzione, fin dal tempo profondo del mondo e della geologia, mentre quelle di Milella affondano le loro radici nella pietra dell’arcaico, del primitivo nel presente in un solo sguardo. – dice Alessandro Dandini de Sylva, curatore della mostra – Il discorso sull’antico è evocato dal dialogo tra le immagini in mostra: dalle Piramidi di Giza alla Tomba di Re Mida in Frigia dall’altopiano di Campo Imperatore alla Gola di Gorropu in Supramonte. Attraverso il dialogo tra i due artisti la mostra intende avvicinare geologie mute e pietre parlanti ricercando un’archeologia comune.”
 
Insieme ai lavori fotografici, Le forme del tempo presenta una selezione di reperti archeologici, scelti con il direttore del Museo Nazionale Romano Stéphane Verger, con l’intento di creare accostamenti visivi e semantici inaspettati tra le fotografie, le Grandi Aule e i frammenti di tempo riportati alla luce dai magazzini del museo. 
 
Spiega il Direttore del Museo Nazionale Romano Stéphane Verger: “Con la mostra Le forme del Tempo prosegue il progetto “Archeologia e Fotografia” del Museo Nazionale Romano. Il progetto è nato per promuovere il patrimonio archeologico attraverso il linguaggio universale della fotografia. La scelta di esporre opere conservate nei depositi del Museo accanto alle immagini dei fotografi Fabio Barile e Domingo Milella, consente di evidenziare la portata della relazione che esiste tra il Museo e il suo contenuto e la creatività contemporanea. Inoltre, l’esposizione fotografica trova nella sede delle Terme di Diocleziano lo spazio ideale per un racconto visivo dedicato allo scorrere del tempo, e si pone in costante dialogo con le imponenti strutture delle aule delle Terme e i reperti”. 
 
Come nei precedenti capitoli espositivi le opere dei due artisti sono presentate in un allestimento disegnato per favorire il dialogo con lo spazio archeologico, assorbirne tutte le preziose vibrazioni e offrire ai visitatori un’esperienza culturale originale.
 
La mostra sarà anche una stanza di riflessione dove, durante il periodo espositivo, si terrà un incontro con scrittori e studiosi di archeologia e un laboratorio per bambini in collaborazione con l’associazione Cartastraccia
 
Le forme del tempo è accompagnata da una pubblicazione edita da Fondazione Malaspina che raccoglie un testo del direttore del Museo Nazionale Romano Stéphane Verger e una conversazione tra il curatore Alessandro Dandini de Sylva e i fotografi Fabio Barile e Domingo Milella.

Dal 21 Giugno 2022 al 31 Luglio 2022 – Museo Nazionale Romano – Terme di Diocleziano -Roma

LINK

SOGNI opere di Mario Lasalandra e Umberto Cornale

Sensazioni visive o auditive identificate come reali; così viene definito un sogno. Di queste percezioni gli autori in mostra ne hanno fatto una poetica e hanno permesso che il senso attribuito alle loro opere rispondesse a leggi diverse da quelle imposte dalla logica e dalla realtà.

Pur partendo dal tangibile, entrambi si sono spinti, per strade distinte e personali, verso la creazione di una propria identità visiva, di un vissuto fantastico per molti versi inquietante e a tratti magico.  

Impossibile è astenersi dal vivere una partecipazione emotiva forte. Come in uno specchio chi guarda trova la sua realtà e trova la sua personale logica al sogno.

Gli autori, entrambi veneti, sono esposti in dialogo per la prima volta nel loro percorso artistico in questa lettura dell’opera curata da Simona Guerra.

dal 3 al 31 luglio – Spazio Piktart – Senigallia

LINK


 

Mostre di fotografia da non perdere a Maggio

Come sempre, il mese di maggio offre un ricchissimo programma di mostre. Di seguito ne trovate una selezione.

Buona visione

Anna

Le mostre di Fotografia Europea – Un’invincibile estate

Dal 29 aprile al 12 giugno 2022 torna l’atteso appuntamento con Fotografia Europea a Reggio Emilia, Festival di fotografia di caratura internazionale promosso e prodotto da Fondazione Palazzo Magnani insieme al Comune di Reggio Emilia e con il contributo della Regione Emilia-Romagna.

Torna con una fortissima spinta propulsiva, data dal titolo: Un’invincibile estate, frase celebre di Albert Camus che racchiude potentemente l’immagine di come le nostre forze interiori, pur nel cuore dell’Inverno, tendano inevitabilmente a sprigionarsi infine nel trionfo e nel continuo rinnovarsi della vita. Una metafora quanto mai attuale visto il recente passato e il presente che ci stanno accompagnando.

Questa suggestione ha accompagnato la direzione artistica del Festival, composta da Tim Clark e Walter Guadagnini, che ha selezionato i lavori dei protagonisti di quest’anno combinando sguardi internazionali e sensibilità differenti, mai banali, che non mancheranno di cogliere, anche di sorpresa, i visitatori.

Alla base del Festival, come sempre, ci saranno storie e racconti molto spesso intimialtre volte più aperti e sfacciati ma in entrambi i casi con l’obiettivo di stimolare punti di vista nuovi e una riflessione sulla complessità del mondo e dei fili che intrecciano i suoi abitanti ai quattro angoli del pianeta. Molteplici sguardi sulla contemporaneità attraverso il medium della fotografia, per interrogarsi sul ruolo delle immagini e della cultura visiva in questo particolare momento storico.

Come sempre le sale dei monumentali Chiostri di San Pietro saranno il fulcro del festival, ospitando ben dieci esposizioni.

Al primo piano, in ordine di percorso, troviamo Nicola Lo Calzo con il progetto intitolato Binidittu, riflessione sulla condizione delle persone migranti nel Mediterraneo attraverso la figura di San Benedetto il Moro, il primo santo nero della storia moderna considerato un’allegoria dei nostri tempi: luogo d’incontro tra il Mare Nostrum e il mondo, tra la memoria e l’oblio, tra il razzismo banalizzato e l’humanitas condivisa. Nella sala successiva, Hoda Afshar, attraverso gli scatti del complesso progetto Speak The Wind svela gli straordinari paesaggi dell’Iran, la sua gente e i loro rituali, fotografando il vento e gli intrecci di tradizioni e credenze che porta con sé, per formare una registrazione visibile dell’invisibile attraverso l’occhio dell’immaginazione. La fotografa americana Carmen Winant, invece, nella serie di immagini di Fire on World tesse più narrazioni attraverso centinaia di diapositive ritrovate, di protesta, di nascita e di piccoli mondi, che si allineano ordinatamente e messe insieme formano un quadro più ampio di disordine sociale e dissenso. Il giapponese Seiichi Furuya con la mostra First trip to Bologna 1978 /Last trip to Venice 1985 racconta il primo e l’ultimo viaggio fatti insieme a sua moglie Christine Gössler, attraverso ritratti intimi e fermo immagini, che gli hanno permesso di ricostruire la memoria di quei momenti, fino al suicidio di Christine. Ken Grant, fotografo inglese, propone la mostra Benny Profane, un progetto a lungo termine su un distretto portuale nei dintorni di Liverpool, che diventa nei suoi scatti un’immersione in uno spazio e in coloro che da esso dipendono, un resoconto di parentela e sfida in una terra difficile. Il giovane Guanyu Xu con le fotografie di Temporarily Censored Home trasforma lo spazio domestico e conservatore della sua infanzia, in scena di rivelazione, protesta e bonifica queer, mediante un mosaico di immagini raccolte da riviste di moda e cinema occidentalinonché ritratti di sé stesso con altri uomini, per mettere in scena una performance profondamente intima e politica. La fotografa Chloé Jafé con I give you my life racconta la storia, spesso sconosciuta, delle donne della Yakuza – la mafia giapponese tra le più leggendarie al mondo – mogli, figlie, amanti, che orbitano intorno alle attività criminali dei gangster maschi e che a loro hanno dedicato la loro esistenza. Jonas Bendiksen, invece, diffonde il caos nella comunità del fotogiornalismo con The Book of Veles, progetto che accorpa le fake news generate nella piccola e sconosciuta cittadina macedone di Veles per dimostrare – attraverso un misto di reportage classico, modelli di avatar 3D e sistemi di generazione di testo con intelligenza artificiale – che la disinformazione visiva confonde anche i professionisti dei media addestrati. Infine il francese Alexis Cordesse con Talashi, (parola che in lingua araba significa frammentazione, scomparsa) spiega cos’è la guerra civile siriana attraverso le fotografie personali scattate da coloro che vivono in esilio: un atto di rievocazione collettiva tra intimità e Storia.

La mostra storica di questa edizione sarà ospitata nelle sale affrescate del piano terra dei Chiostri di San Pietro e sarà dedicata a Mary Ellen Mark, fotografa documentarista che dal 1964 fino alla sua morte nel 2015, realizza saggi fotografici intensamente vividi e rivoluzionari che esplorano la realtà delle persone, soprattutto donne, in una varietà di situazioni complesse e spesso difficili, dolorose, a volte quasi impossibili.

Mary Ellen Mark: The Lives of Women, a cura di Anne Morin, abbraccia l’umanità di queste donne e la condivide con un pubblico più ampio, fornendo ai suoi soggetti una voce significativa, spesso estremamente potente.

Nella sede di Palazzo da Mosto sarà esposta la mostra dedicata al Paese Ospite, la Russia, con la curatela di Dimitri Ozerkov, Direttore del Dipartimento di arte contemporanea del Museo Ermitage di San Pietroburgo, che presenta Sentieri nel Ghiaccio, una selezione di artisti Alexander Gronsky, Anaïs Chabeur, Olya Ivanova, Evgeny Khenkin, Anselm Kiefer, John Pepper e Dimitry Sirotrin i cui progetti sono intimamente legati al tema di Fotografia Europea 2022. Al piano terra, trovano posto gli scatti della nuova produzione di Fotografia Europea, affidata a Jitka Hanzlovà. Scopo di questo progetto è raccontare come le forze di resilienza degli adolescenti siano oggi particolarmente sollecitate dai risvolti sociali che la situazione sanitaria impone loro da due anni a questa parte.

I progetti dei vincitori della Open Call di questa edizione saranno visibili nel nuovo spazio di Fotografia Europea: la Galleria Santa Maria, nel cuore del centro storico. Simona Ghizzoni racconta nel progetto Isola come sia riuscita a recuperare una relazione con la natura e con le persone, approfittando dell’emergenza Covid per lasciare Roma e tornare a rifugiarsi nell’Appennino Emiliano. La spagnola Gloria Oyarzabal, fotografa e cineasta, fissa il focus della sua indagine sul concetto di Museo in particolare in un’ottica colonialista con il progetto Usus fructus abusus. Infine Maxime Richè, parigino, da tempo si misura con la capacità di adattamento dell’uomo rispetto alle conseguenze degli sconvolgimenti ambientali. In Paradise, il focus è l’incendio che in sole quattro ore ha incenerito l’omonima città californiana e le persone che nonostante ciò, tornano per ricostruirsi una vita, proprio dove la vita è stata così brutalmente cancellata.

Ad abbracciare il festival, numerose altre mostre partner che gravitano intorno ad esso, organizzate dalle più importanti istituzioni culturali cittadine e ospitate presso i propri spazi.

Nel trentennale della scomparsa di Luigi Ghirri, a Palazzo dei Musei, la mostra In scala diversa. Luigi Ghirri, Italia in miniatura e nuove prospettive, a cura di Ilaria Campioli, Joan Fontcuberta e Matteo Guidi, partendo dalla serie In scala realizzata da Luigi Ghirri in più riprese, dalla fine degli anni Settanta alla prima metà degli Ottanta, nel parco divertimenti Italia in Miniatura di Rimini, approfondisce i temi del doppio, della finzione e dell’idea stessa di realtà, creando un dialogo con la raccolta – disegni, cartoline, documenti e immagini provenienti dall’archivio del parco  – accumulatasi dalla metà degli anni Sessanta a seguito dei numerosi viaggi del fondatore Ivo Rambaldi lungo tutta la penisola, allo scopo di raccogliere quanta più documentazione visiva possibile per la costruzione dei plastici.

Sempre a Palazzo dei Musei torna “Incontri! Arte e persone”, progetto di Reggio Emilia Città senza Barriere – STRADE dedicato all’incontro tra fragilità e creatività. L’artista Alessandra Calò, che predilige la pratica del lavoro off camera, e sette persone con fragilità realizzano, attingendo alla ricca collezione dei Musei, un vero e proprio erbario, tramite l’utilizzo di antiche tecniche di stampa fotografica a contatto. La mostra Herbarium. I fiori sono rimasti rosa, insieme agli esperimenti di stampa e al fare laboratoriale, saranno ospitati in un nuovo spazio museale che si apre al dialogo con la città.

Chiostri di San Domenico ospitano la nona edizione di Giovane Fotografia Italiana, progetto del Comune di Reggio Emilia che valorizza i talenti della fotografia italiana contemporanea under 35. La mostra, significativamente intitolata Possibilea cura di Ilaria Campioli e Daniele De Luigi, presenta le ricerche di Marcello Coslovi, Chiara Ernandes, Claudia Fuggetti, Caterina Morigi, Giulia Parlato, Riccardo Svelto, Giulia Vanelli, artisti selezionati da una giuria internazionale, composta dai curatori e da Chiara Fabro – Festival Panoràmic di Barcellona, Shoair Mavlian – Photoworks di Brighton e Krzysztof Candrowicz – Fotofestiwal di Łódź. Novità di questa edizione è l’istituzione del Premio Luigi Ghirri, nel trentennale della scomparsa dell’autore, in collaborazione con l’Archivio Eredi Luigi Ghirri.

Lo Spazio Gerra presenta il progetto In Her Rooms di Maria Clara Macrì in cui l’autrice esplora il rapporto tra empatia, intimità e rappresentazione contemporanea delle donne. Nel suo lavoro, la fotografa riesce a cogliere la natura complessa e intensa della femminilità odierna, liberata dagli stereotipi e dalla sessualizzazione e oggettivazione di cui è vittima ed esprimendo visivamente l’essenza di un nuovo sentire internazionale e globale, dovuto anche alla forte trasmigrazione al femminile.

La Biblioteca Panizzi con la mostra Vasco Ascolini: un’autobiografia per immagini a cura di Massimo Mussini, racconta la vita artistica e lavorativa del fotografo reggiano attraverso 40 anni di scatti in un percorso coraggioso, fatto di incontri importanti e di grande determinazione. L’intento è quello di far conoscere al pubblico la donazione che il fotografo ha fatto alla città ricreando una sorta di diario di viaggio in cui Ascolini segnala i momenti di passaggio con i quali ha progressivamente arricchito il suo linguaggio espressivo.

La Collezione Maramotti dedica la sua mostra al fotografo Carlo Valsecchi che nelle quarantaquattro fotografie di grande formato che costituiscono Bellum – tutte presenti nel volume che accompagna la mostra, e di cui una ventina in esposizione – racconta il conflitto ancestrale tra uomo e natura e tra uomo e uomo. Attraverso un lavoro durato circa tre anni, Valsecchi percorre le montagne, espressione naturale estrema e insieme luogo dell’ultima guerra, sublimando nei suoi scatti una realtà cruda in forma spesso astratta, intimamente estetica e assoluta.

La Fondazione I Teatri espone gli scatti di Arianna Arcara in cui Teatro e fotografia entrano ancora in relazione nel nuovo progetto dal titolo La Visita / Triptych che Fondazione I Teatri, con Reggio Parma Festival e in collaborazione con Collezione Maramotti e Max Mara hanno affidato all’artista invitandola a una interpretazione del lavoro della Compagnia di teatro-danza belga Peeping Tom al Festival Aperto 2021. Ritratti, allestimenti e sequenze sono i tre focus su cui Arcara ha lavorato per questa mostra, riprendendo la performance site specific “La Visita” presso la Collezione Maramotti e la spettacolare trilogia “Triptych” andata in scena al Teatro Municipale Valli.

Dal 29 Aprile al 12 giugno – Reggio Emilia – sedi varie

LINK

Le mostre di Riaperture

Nel 2022 Riaperture, per la sesta edizione del suo Festival di Fotografia, vuole parlare di viaggio, in tutte le sue forme, mezzi e declinazioni possibili: che sia reale, immaginario, nello spazio, nel tempo e anche di fantasia.

Proveniamo da un lungo periodo nel quale spostarsi fisicamente da un luogo ad un altro ci è stato a tratti sconsigliato, a tratti limitato alla sola necessità e a tratti interdetto per la nostra sicurezza. In questo graduale e, ci auguriamo, irreversibile percorso verso il famigerato recupero della normalità, vorremmo tornare pienamente a vivere il viaggio come esercizio di meraviglia davanti alla Natura, in una città o a contatto con un popolo, senza dimenticarci dell’esperienza introspettiva che la distanza ci ha imposto.

Le mostre saranno ospitate nei luoghi di Ferrara riaperti per l’occasione e saranno tutte visibili con il biglietto unico di ingresso, acquistabile in prevendita anche online sul nostro sito.

Nei luoghi riaperti per l’occasione saranno esposte:

Sara Melotti – Quest For Beauty

Rocco Rorandelli – Bitter Leaves

Guia Besana – Carry On

Alessandro Bergamini – Humanity

Giovanni Chiaromonte – Westwards

Alba Zari – The Y

Valerio Muscella e Michele Lapini – Non più, non ancora

Alessandro Inches – ravers’ interiors

Fulvia Bernacca – Sereno

Alison Luntz – In Spirit

dal 13 al 29 maggio 2022 – Ferrara

LINK

Invisible – Roberto Polillo

Dal Marocco alla Cambogia, dal Giappone all’India, tra Venezia, New York e Dubai, 21 fotografie di grande formato per 13 paesi raccontano la ricerca artistica e il linguaggio di Roberto Polillo, un progetto speciale all’interno di MIA FAIR 2022.

Paesaggi e architetturecolori e percezioni, una esplorazione del mondo attraverso una fotocamera in movimento, alla ricerca di quello che gli occhi non vedono: l’invisibile. Tra sperimentazione tecnica e indagine della resa dell’immagine, nasce una fotografia che aspira a cogliere l’anima dei luoghi e rivelare una realtà ridotta ai suoi elementi essenziali, spaziali, cromatici, percettivi, ritmici a tratti pittorici, evocativi; una realtà altra e diversa da quella registrata soltanto dagli occhi.

Insieme alla mostra arricchisce il percorso culturale di MIA FAIR anche un talk intitolato Esplorando l’invisibilevenerdì 29 aprile alle ore 18.00, per una riflessione e un confronto che possa nascere da un’alternanza di visioni e di discipline. Un dialogo tra Denis Curti e Alberto Diaspro, direttore del Dipartimento di Nanofisica dell’Istituto Italiano di Tecnologia e autore di Quello che gli occhi non vedono con Mauro Pagani, polistrumentista, compositore e produttore discografico, parte della PFM Premiata Forneria Marconi e autore di importanti collaborazioni con numerosi musicisti italiani, a partire da Fabrizio De André, e Francesca Taroni, direttore di “Living e ” Abitare”.

Invisibile raccoglie oltre quindici anni di indagine fotografica che Roberto Polillo ha portato avanti grazie a una grande passione, che nei primi anni della sua carriera gli ha permesso di ritrarre alcuni dei più importanti nomi del Jazz, all’amore per il viaggio che lo ha spinto in oltre 25 paesi nel mondo e alla volontà di trovare un linguaggio che possa diventare veicolo per una nuova espressione della realtà. 

In queste stanze, portate al grado zero del nero, Roberto Polillo sembra muoversi come uno sciamano contemporaneo capace di esprimere il bisogno vitale dell’umanità di ricomporre il rapporto con quell’universo che essa stessa è stata capace di costruirsi. La sua esplorazione del mondo è l’espressione di un preciso desiderio, quello di raccogliere empatia per poi restituirla. Denis Curti

28 aprile – 1 maggio 2022 – MIA FAIR – Milano

Herbarium. I fiori sono rimasti rosa

Dopo il successo ottenuto lo scorso anno con la mostra Wunderkammer. Le Stanze delle Meraviglie, che ha visto come protagonisti il fotografo di moda Luca Manfredi e sei ragazzi e ragazze con fragilità, torna a Palazzo dei Musei di Reggio Emilia dal 29 aprile, nell’ambito del festival di Fotografia Europea (29 aprile – 12 giugno 2022), il progetto che pone l’attenzione sul tema dell’incontro tra arte, fotografia e fragilità. Partendo dalle importanti collezioni botaniche custodite ai Musei Civici, l’artista Alessandra Calò accompagnerà sette persone con fragilità nella realizzazione di un vero e proprio erbario installativo tramite l’utilizzo di antiche tecniche di stampa fotografica a contatto; il risultato finale verrà esposto nella mostra dedicata “Herbarium. I fiori sono rimasti rosa”.

Il progetto costituisce la terza tappa di “Incontri! Arte e persone”, l’iniziativa  di Reggio Emilia Città senza Barriere, promossa dal Comune di Reggio Emilia, dedicata all’incontro tra fragilità e creatività. I protagonisti, l’artista Alessandra Calò e sette persone con fragilità – Valentina Bertolini, Paolo Borghi, Valentina De Luca, Cinzia Immovilli, Flavia Vezzani e Caterina Perezzani -, sono stati affiancati dallo staff dei Musei Civici e da un’atelierista di STRADE, il nuovo ambito socio-occupazionale e del tempo libero a favore delle persone adulte con disabilità del Distretto di Reggio Emilia, un progetto gestito dal Consorzio Oscar Romero.  

Herbarium. I fiori sono rimasti rosa rappresenta una mostra inaspettata e inedita che unisce arte, creatività, fragilità e un’attenta riflessione sull’ambiente – dichiara l’assessora alla Cultura e alle Pari Opportunità Annalisa Rabitti –sostenendo così un’idea di cultura in cui tutti e tutte possiamo essere protagonisti e agire per il nostro territorio. L’incontro tra la creatività dell’artista Alessandra Calò, la fantasia di sei persone con fragilità e le preziose collezioni botaniche custodite ai Musei Civici, oltre ad aver offerto nuove opportunità di inclusione sociale ed esperienza artistica, hanno generato un importante e bellissimo mix che vedrà il suo risultato nell’esposizione dell’erbario installativo in occasione del festival di Fotografia Europea.”

Incuriosita dalla ricca collezione di erbari conservata presso Palazzo dei Musei, che per la loro fragilità e valore storico non sono esposti al pubblico, ma custoditi in eleganti  contenitori che ne lasciano trapelare tutta la preziosità, l’artista guiderà i partecipanti nella realizzazione di un vero e proprio erbario, tramite l’utilizzo di antiche tecniche di stampa fotografica a contatto. Nella sua pratica, infatti, Alessandra Calò  attualizza antichi procedimenti di stampa realizzando la maggior parte del suo lavoro off camera; un fare alchemico che riporta a tempi passati. Nati ad uso e consumo dell’uomo, oggi questi antichi erbari permettono di approfondire temi legati all’ambiente e “viaggiare” nel tempo creando delle connessioni tra passato e presente. Il nuovo erbario, ispirato al grande quaderno di Antonio Cremona Casoli e all’erudita raccolta di Filippo Re, sarà frutto anche di un’indagine sul territorio.

L’intero processo, gli esperimenti di stampa e il fare laboratoriale, saranno ospitati in un nuovo ambiente di Palazzo dei Musei, in precedenza laboratorio archeologico. Lo spazio, accessibile da via Secchi, si presenta come una vera e propria vetrina, un affaccio sulla città, un ponte in dialogo tra il luogo della memoria e lo spazio della vita collettiva. Il materiale raccolto e realizzato liberamente sarà esposto nella forma di un erbario installativo in occasione del Festival di Fotografia Europea, coinvolgendo anche l’inedito cortile interno retrostante il laboratorio grazie al gruppo de I Senzamai, operosi custodi del Parco San Lazzaro, e Art Factory.

WORLD PRESS PHOTO EXHIBITION 2022

© Amber Bracken

Sono stati annunciati ad Amsterdam i vincitori del World Press Photo Contest 2022, il più importante concorso di fotogiornalismo al mondo: quest’anno, i lavori premiati sono stati scelti tra i 64.823 candidati, tra fotografie e open format, realizzati da 4.066 fotografi provenienti da 130 paesi. La giuria, presieduta da Rena Effendi, ha incoronato vincitore lo scatto realizzato nella Scuola Residenziale di Kamloops dalla fotografa canadese Amber Bracken per il New York Times, aggiudicandosi, dunque, il World Press Photo of the year
Abiti rossi appesi a delle croci lungo una strada: commemorano i bambini morti alla Kamloops Indian Residential School, un’istituzione creata per i piccoli indigeni. In quel luogo, sono state scoperte circa 215 tombe. La presidente della giuria globale Rena Effendi: «È un tipo di immagine che si insinua nella memoria, ispira una sorta di reazione sensoriale. Potevo quasi sentire la quiete in questa fotografia, un momento tranquillo di resa dei conti globale per la storia della colonizzazione, non solo in Canada ma in tutto il mondo».

La GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino
 ospiterà, in anteprima italiana, questa e le altre foto vincitrici dal prossimo 29 aprile fino al 18 settembre: la 66ª edizione della World Press Photo Exhibition è organizzata per il sesto anno consecutivo a Torino (le due ultime edizioni nella Sala del Senato di Palazzo Madama) grazie all’impegno di Cime, partner della World Press Photo Foundation di Amsterdam e della Fondazione Torino Musei. Le foto vincitrici saranno esposte nella sala mostre.

Gli altri vincitori
Il premio “World Press Photo Story of the Year” è andato a “Salvare le foreste con il fuoco” di Matthew Abbott, Australia, un lavoro realizzato per National Geographic/Panos Pictures. Al centro del racconto, un rito degli indigeni australiani che bruciano strategicamente la terra in una pratica nota come «combustione a freddo»: i fuochi si muovono lentamente, bruciano solo il sottobosco e rimuovono l’accumulo di residui vegetali che possono alimentare incendi più grandi. Il popolo Nawarddeken di West Arnhem Land, in Australia, attua questa pratica da decine di migliaia di anni e vede il fuoco come uno strumento per gestire la propria terra natale di 1,39 milioni di ettari. I ranger di Warddeken combinano le conoscenze tradizionali con le tecnologie contemporanee per prevenire gli incendi, diminuendo così la CO2 per il riscaldamento climatico.

Vincitore del premio “World Press Photo long-term project award“, invece, “Distopia amazzonica” di Lalo de Almeida, Brasile, per Folha de São Paulo/Panos Pictures. Mostra come la foresta pluviale amazzonica sia gravemente minacciata dalla deforestazione, dall’estrazione mineraria, dallo sviluppo infrastrutturale e dallo sfruttamento di altre risorse naturali. Pesano anche politiche “poco green” del presidente Jair Bolsonaro. 

“Il sangue è un seme” di Isadora Romero, Ecuador ha vinto la sezione video, “World Press Photo open format award”.  Attraverso storie personali, questo lavoro mette in discussione la scomparsa dei semi, la migrazione forzata, la colonizzazione e la conseguente perdita di conoscenze ancestrali. Il video è composto da fotografie digitali e cinematografiche, alcune delle quali sono state scattate su pellicola 35mm scaduta e successivamente disegnate dal padre di Romero. In un viaggio nel loro villaggio ancestrale di Une, Cundinamarca, in Colombia, Romero esplora ricordi dimenticati della terra e dei raccolti e viene a conoscenza del fatto che suo nonno e la sua bisnonna fossero “custodi dei semi” e che coltivavano diverse varietà di patate, di cui solo due si possono ancora trovare.

Dal 28 aprile al 12 giugno 2022 – Palazzo delle Esposizioni ROMA

LINK

Dal 29 Aprile 2022 al 18 Settembre 2022 – GAM Torino

LINK

DAVID LACHAPELLE. I BELIEVE IN MIRACLES

La grande mostra personale “David LaChapelle. I Believe in Miracles” è il risultato di un percorso di ricerca artistica che dura da una vita e che racconta un David LaChapelle inedito e, per certi versi, inaspettato.

Con un progetto inedito il Mudec ospita un percorso espositivo che mette al centro uno sguardo critico sull’animo umano indagato nelle sue pieghe fatte di dolori, solitudini, gioie, passioni e ideali.

L’uomo e il rapporto con sé stesso, l’uomo nell’ambiente circostante e nella società umana, l’uomo nella Natura.

In mostra oltre 90 opere – tra grandi formati, scatti site-specific, nuove produzioni e una video installazione – che si dipanano in un racconto fluido e ricchissimo di suggestioni, attraverso la personalissima visione dell’artista di una fotografia ‘gestuale’, che è strappo sul presente e ‘alert’ per il futuro a venire.

22 aprile – 11 settembre 2022 – MUDEC – Milano

LINK

LUIGI GHIRRI. (NON) LUOGHI

La Fondazione Cassa di Risparmio di Jesi, nella rinascimentale sede di Palazzo Bisaccioni, celebra Luigi Ghirri, maestro della fotografia contemporanea, in occasione del trentennale dalla morte, attraverso una mostra che vuole proporsi come un racconto emozionale, un percorso che disveli al visitatore il modo in cui Ghirri entra in rapporto con le cose, celebrando l’artista e ponendo l’attenzione sulla sua intima necessità di fotografare.

La mostra “Luigi Ghirri (non) luoghi”, a cura di Massimo Minini, si compone di quaranta fotografie provenienti da collezioni private. Obiettivo del progetto espositivo, ideato da Roberta Angalone, è ricordare l’artista analizzandone la ricerca fotografica dal punto di vista delle motivazioni e dei sentimenti attraverso un percorso che ne tocca i punti di interesse e le questioni.
 
Reggiano di origine, grazie all’assidua frequentazione del gruppo degli artisti concettuali modenesi, Ghirri si avvicina alla fotografia intorno agli anni ’70, i primi scatti sono realizzati durante le vacanze estive o i fine settimana e tanto basta perché si renda conto che la macchina fotografica sarebbe stato il medium perfetto, un incredibile linguaggio visivo capace di saziare il “desiderio d’infinito che è in ognuno di noi”.
 
La mostra si apre con una prima sezione introduttiva, dedicata alla vita e al racconto del suo avvicinamento all’obiettivo fotografico. Nato nel gennaio del 1943, vede il mondo mutare in pochi anni: dal clima del dopo guerra a quello del boom economico e al conseguente fermento culturale degli anni ’60. Si forma così, inevitabilmente, la sua personalità sensibile ai cambiamenti e desiderosa di conoscenza; la fotografia diviene il mezzo per guardare a fondo le cose, conoscerne l’origine e il divenire.
 
Il percorso prosegue con le sezioni dedicate ai luoghi, ai volti del tempo, ai non luoghi, all’arte e in fine ad Aldo Rossi, con il quale condivide l’interesse per la periferia, spazio che, a parere di entrambi, racchiude in sé forza evocativa di storia e memoria. Ghirri è attratto dall’ambiente che abita l’uomo, quello in cui egli si muove, non ai mutamenti del paesaggio, ma ai cambiamenti del vivere.
 
Quello dell’artista è un universo a tratti malinconico, incantato, sospeso e romantico, che trova senso nelle piccole cose, nello stupore e nella meraviglia che scaturisce dal guardare le cose senza il velo dell’abitudine.
 
Con i suoi scatti dimostra come la fotografia sia generatrice di mondi possibili, mai artificiosi e irreali, ma che sempre raccontano la percezione di un’altra verità, frutto del perfetto “equilibrio tra rilevazione e rivelazione”. Durante tutta la sua carriera Ghirri fotografa un’enorme quantità di soggetti differenti, decidendo di non identificarsi in un genere o stile poiché reputa questa una scelta rischiosa, una limitazione della libertà di espressione. La sua è una fotografia che si oppone a qualsiasi specie di “censura” linguistica; anche le sue indagini rimangono volutamente aperte, non tendono ad una risposta unica e definitiva ma si prestano a infinite combinazioni e interpretazioni, coerentemente con la sua idea di fotografia.

Dal 09 Aprile 2022 al 31 Luglio 2022 – Jesi (AN) – Fondazione Cassa di Risparmio di Jesi

LINK

Fabio Boni: Respiro. Un attimo prima che tutto cambi

l primo lavoro di Fabio Boni, datato 1993, si intitola Volti: ritratti in bianco e nero su sfondo bianco, nel tentativo di scorgere, nei segni che il tempo ha lasciato sulle fisionomie, dettagli delle storie personali dei soggetti fotografati.
La carriera del fotografo prende il via dal ritratto: per diverso tempo, l’interesse di Fabio Boni si concentra strettamente sulla persona; lo spazio per il paesaggio non è contemplato.

Con il passare degli anni, i suoi progetti diventano i muri di una vecchia casa di famiglia sui quali l’edera comincia a creare una trama: la natura si insinua nelle fotografie, prima concedendosi lo spazio di una virgola tra i diversi ritratti, piano piano assumendo un ruolo sempre più centrale, fino a diventare importante terreno simbolico.

Nei due lavori che verranno esposti sulle pareti della galleria di Micamera e che danno il titolo alla mostra, uno del 2018 e uno del 2020, l’indagine naturale e sul territorio arriva a intrecciarsi con le dinamiche personali e sociali che costituiscono i luoghi, ritraendo il paesaggio come fondamentale depositario della memoria collettiva.

Respiro, il giardino di Maura, fotografato dal 2018 al 2020, è un luogo in cambiamento, che segue naturalmente il ciclo delle stagioni, ma al contempo si modella sulle storie di vita delle persone che lo frequentano e lo abitano. ‘Gli alberi sono una presenza, una forza, una necessità, sono ricordi di storie e di persone, fanno parte della memoria di chi li ha piantati e li custodisce’.

In Un attimo prima che tutto cambi, due generazioni ai poli apposti sulla linea della vita, si mescolano sullo sfondo di una collina appena fuori dal centro urbano. Si parla qui di una comunità che si occupa di conservare, tutelare, garantire gli ultimi anni – o attimi – di vita delle sue persone più anziane, e lo fa affiancando, anche solo simbolicamente, quelle persone anziane ai bambini, rendendo entrambe le generazioni importanti custodi per la realizzazione del futuro.

La collina, il territorio, la “natura che accoglie”, è la depositaria della memoria collettiva che costituisce la comunità stessa, ed è incaricata di raccogliere questa memoria e trasformarla in conoscenza per i più giovani, affinché si realizzi il futuro.

23 aprile – 21 maggio, 2022 – MICAMERA – Milano

LINK

SABINE WEISS. LA POESIA DELL’ISTANTE

«Quando [Sabine Weiss] fotografa i bambini, diventa bambina lei stessa. Non esistono assolutamente barriere tra lei, loro e la sua macchina fotografica.»

Hugh Weiss, artista e marito di Sabine Weiss   

La Casa dei Tre Oci di Venezia presenta, dall’11 marzo al 23 ottobre 2022, la più ampia retrospettiva mai realizzata finora, la prima in Italia, dedicata alla fotografa franco-svizzera Sabine Weiss, scomparsa all’età di 97 anni nella sua casa di Parigi lo scorso 28 dicembre 2021, tra le maggiori rappresentanti della fotografia umanista francese insieme a Robert Doisneau, Willy Ronis, Edouard Boubat, Brassaï e Izis.

L’esposizione è il primo e più importante tributo alla sua carriera, con oltre 200 fotografie. Curata da Virginie Chardin, la retrospettiva è promossa dalla Fondazione di Venezia, realizzata da Marsilio Arte in collaborazione con Berggruen Institute, prodotta dallo studio Sabine Weiss di Parigi e da Laure Delloye-Augustins, con il sostegno di Jeu de Paume e del Festival internazionale Les Rencontres de la photographie d’Arles.

Unica fotografa donna del dopoguerra ad aver esercitato questa professione così a lungo e in tutti i campi della fotografia – dai reportage ai ritratti di artisti, dalla moda agli scatti di strada con particolare attenzione ai volti dei bambini, fino ai numerosi viaggi per il mondo – Sabine Weiss, che ha potuto partecipare attivamente alla costruzione di questo percorso espositivo, aveva aperto i suoi archivi personali, conservati a Parigi, per raccontare, per la prima volta in maniera ampia e strutturata, la sua straordinaria storia e il suo lavoro.

Gli scatti esposti ai Tre Oci, tra i quali diversi inediti – come la serie dedicata ai manicomi, realizzata durante l’inverno 1951-1952 in Francia nel dipartimento dello Cher, e rimasta parzialmente inedita fino ad oggi – ripercorrono insieme a diverse pubblicazioni e riviste dell’epoca l’intera carriera di Weiss, dagli esordi nel 1935 agli anni ’80. Fin dall’inizio, Sabine Weiss, come testimoniano in mostra le foto dei bambini e dei passanti, dirige il suo obiettivo sui corpi e sui gesti, immortalando emozioni e sentimenti, in linea con la fotografia umanista francese. È un approccio dal quale non si discosterà mai, come si evince dalle sue parole: «Per essere potente, una fotografia deve parlarci di un aspetto della condizione umana, farci sentire l’emozione che il fotografo ha provato di fronte al suo soggetto».

Nata Weber a Saint-Gingolph, in Svizzera, il 23 luglio 1924, Sabine, che prenderà il cognome del marito, il pittore americano Hugh Weiss (Philadelphia, 1925 – Parigi, 2007), si avvicina alla fotografia in giovane età. Compie l’apprendistato presso i Boissonnas, una dinastia di fotografi che lavorano a Ginevra dalla fine del XIX secolo. Nel 1946 lascia Ginevra per Parigi e diviene l’assistente di Willy Maywald, fotografo tedesco specializzato in moda e ritratti. Quando sposa Hugh, nel 1950, intraprende la carriera di fotografa indipendente. Insieme, si trasferiscono in un piccolo studio parigino, dove abiteranno poi tutta la vita, e frequentano la scena artistica del dopoguerra.

Uno dei nuclei principali della rassegna “Sabine Weiss. La poesia dell’istante” racconta proprio gli anni ’50 del Novecento, momento del riconoscimento internazionale della fotografa. Nel 1952, infatti, la sua carriera ha una svolta decisiva quando entra nell’agenzia Rapho, su raccomandazione di Robert Doisneau. Dal 1953 in poi le sue fotografie sono pubblicate da grandi giornali internazionali come “Picture Post”, “Paris Match”, “Vogue”, “Le Ore”, “The New York Times”, “Life”, “Newsweek”. Nello stesso anno Weiss partecipa alla mostra “Post War European Photography” al Museum of Modern Art di New York (MOMA) e nel 1954 l’Art Institute di Chicago le dedica un’importante personale. Nel 1955 tre dei suoi scatti sono scelti da Edward Steichen per la storica antologica “The Family of Man”, al MOMA di New York.

Dal 1952 al 1961 Sabine Weiss collabora, accanto a fotografi come William Klein, Henry Clarke e Guy Bourdin, con Vogue, realizzando alcuni memorabili servizi di moda, di cui in mostra sono esposti vivaci scatti a colori insieme a una quindicina di numeri originali della celebre rivista.

Una sezione del percorso è poi dedicata ai suoi ritratti di pittori, scultori, attori e musicisti. Per cinque anni, Hugh Weiss è il mentore dell’artista Niki de Saint Phalle, mentre Sabine è vicina ad Annette Giacometti, la moglie del grande scultore Alberto. In mostra non mancano i loro ritratti accanto a quelli di altre personalità come Robert Rauschenberg, Françoise Sagan, Romy Schneider, Ella Fitzgerald, Simone Signoret e Brigitte Bardot.

L’America, raggiunta nel 1955 sul transatlantico Liberté in compagnia del marito Hugh, la impressiona fortemente, e i scuoi scatti realizzati a New York nelle sue strade brulicanti di dettagli, dal Bronx ad Harlem, da Chinatown alla Ninth Avenue, sono pubblicati dal New York Times in un ampio servizi dal titolo “I newyorkesi (e la Washington) di una parigina”. Sono immagini che raccontano l’America con un punto di vista francese, dall’umorismo spiccato, molte delle quali vengono esposte solo oggi, per la prima volta in Italia, in occasione della retrospettiva ai Tre Oci.

Il percorso riserva ampio spazio anche ai lavori realizzati a partire dagli anni ‘80, all’età di sessant’anni, durante i suoi viaggi in Portogallo, India, Birmania, Bulgaria ed Egitto. Come osserva la curatrice Virginie Chardin, «in essi si registra una straordinaria vivacità intellettuale con note sentimentali, incentrate sulla solitudine, sulla fede e sui momenti di riflessione dell’esistenza».

Oltre alle fotografie, in mostra verranno presentati anche alcuni estratti da film documentari a lei dedicati (“La Chambre Noire” del 1965; “Sabine Weiss” nel 2005; “Il mio lavoro come fotografa” del 2014) nei quali la fotografa ha raccontato, in diversi periodi della sua vita, il suo percorso artistico, le sue esperienze di viaggio e la difficoltà di essere una fotografa donna. La forza della sua curiosità per il mondo e la sua gioia di vedere e documentare fanno di Sabine Weiss un simbolo di coraggio e di libertà per tutte le donne fotografe.

Il catalogo, pubblicato da Marsilio Arte, propone molte immagini inedite, i testi di Virginie Chardin, curatrice della rassegna, e di Denis Curti, direttore artistico della Casa dei Tre Oci.

Dal 11 Marzo 2022 al 23 Ottobre 2022 – Venezia – Casa dei Tre Oci

LINK

WHO IS CHANGED AND WHO IS DEADAhndraya Parlato

Nell’ambito di Art City Bologna 2022 in occasione di ARTEFIERA, Spazio Labo’ presenta la prima mostra personale in Italia dell’artista statunitense Ahndraya Parlato (Kailua, Hawaii). La mostra, produzione originale di Spazio Labo’ a cura di Laura De Marco, nasce dalla seconda monografia di Parlato, il libro Who is Changed and Who is Dead pubblicato a luglio 2021 dall’editore britannico Mack Books.

In Who is Changed and Who is Dead Parlato parte da due eventi fondamentali e fondanti della sua vita privata, il suicidio della madre e la nascita delle sue figlie, per costruire un progetto che esplora le contraddittorie e complesse sfaccettature della maternità – della gestione delle paure e delle ansie legate al mettere al mondo altre persone, ma non solo –, del rapporto madre-figlia, e di uno dei temi fondamentali della vita di ogni essere umano: la fine della vita stessa.

Who is Changed and Who is Dead è un libro estremamente ricco e articolato che intreccia gli strumenti narrativi della fotografia e della scrittura creando una narrazione unica e un corpo di lavoro sfaccettato e profondo attraverso un magistrale utilizzo di generi e linguaggi. Intrecciati a una serie di racconti scritti da Parlato stessa – idealmente divisi in due parti, una indirizzata alle figlie e una alla madre – troviamo still life, paesaggi, sculture, disegni, ritratti, fotogrammi realizzati usando le ceneri della madre e riferimenti alla tradizione fotografica ottocentesca delle “madri nascoste”. Troviamo i corpi delle figlie dell’autrice, fotografati con intimità materna e allo stesso tempo distacco contemplativo. All’interno di questa complessità Parlato cerca di fare chiarezza su questioni fondamentali come la mortalità, il genere, la genitorialità. In fondo, la vita stessa. Le paure contemporanee, si chiede Parlato, sono diverse da quelle provate dalle madri nel corso della storia? Quanto è labile il confine dei ruoli tra una madre a una figlia? Esistono ansie specifiche legate all’avere figli di sesso femminile? Quanto la maternità stessa, come il genere, è una costruzione?

La mostra personale a Spazio Labo’ è un’occasione di incontro con l’artista americana che in occasione di Art City incontrerà il pubblico in una serie di eventi gratuiti, tra i quali un talk e una visita guidata, e interagirà con una classe di studenti e studentesse all’interno di un workshop di due giorni con numero limitato di posti disponibili.

In occasione della mostra sarà possibile consultare e acquistare il libro autografato Who is Changed and Who is Dead di Ahndraya Parlato (Mack Books, 2021).

Dal 5 maggio  fino al 16 luglio 2022 – Spazio Labò – Bologna

LINK

Emanuele Scorcelletti – Elegia Fantastica 

Elegia Fantastica. Le Marche tra ricordo e visione: cento fotografie raccontano, attraverso una mostra a Palazzo Pianetti di Jesi dal 30 aprile 2022 e un libro, il profondo legame che Emanuele Scorcelletti ha sempre mantenuto con l’Italia e in modo particolare con le Marche.

Un progetto, a cura di Cyril Drouhet, direttore della fotografia di “Le Figaro Magazine”, che segna il passaggio a un nuovo linguaggio artistico per Scorcelletti, autore fino a oggi conosciuto per le sue immagini dedicate ai più importanti personaggi del cinema mondiale e premiato nel 2003 dal World Press Photo Contest.

Marchigiano di origine ma vissuto sin da bambino tra Lussemburgo e Francia, Emanuele Scorcelletti ritorna alle emozioni e ai sentimenti che permeano e scaturiscono dai territori originari della sua infanzia, dalle sue radici.

Lo sguardo di Emanuele Scorcelletti, noto per aver catturato il lato umano delle star del cinema e della moda, in questo nuovo lavoro si è evoluto. Come in un viaggio evanescente, in una nostalgica atemporalità, forme spettrali e leggere si evolvono in città cristallizzate dagli anni, in luoghi sacri preservati da una fede millenaria, in un mondo rurale risparmiato dalla frenesia del modernismo. Immagini in movimento che svelano un lavoro onirico come un’ode all’Italia eterna, come una poesia sussurrata alle ferite della vita in cui galleggia un certo profumo di innocenza. Cyril Drouhet

Formato dagli insegnamenti dei grandi maestri Henri Cartier-Bresson e Mario Giacomelli, che lo hanno portato alla ricerca di rigore e perfezione geometrica, Scorcelletti giunge a una nuova espressione fotografica che, libera dagli schemi, lascia spazio alla poesia, attraverso luci, ombre, natura e paesaggio, per comporre immagini quasi astratte che, senza nessun tipo di intervento successivo, mantengono intatta l’emozione dell’istante.

Una narrazione lirica di un viaggio introspettivo nei luoghi del passato, ripercorsi per mesi tra boschi, spiagge, piccoli paesi e ritrovati emotivamente nelle case, insieme alle persone che li abitano: il ritratto di una terra attraverso lo sguardo personale del fotografo e della sua memoria. Luoghi come ricordi sono raccolti in un componimento poetico, una elegia, che affianca due sezioni: Ricordi Visioni. Pittorica ed evocativa la prima, sognante, quasi sublimata la seconda. 

Emanuele Scorcelletti presenta il suo abecedario emotivo, fatto di paesaggi e storie e persone reali che si dispiegano, con sinuosa  armonia, su paesaggi e storie e persone, questa volta sognanti. Ordine dentro il caos. Andirivieni di sentimenti contrastanti. Capovolgimenti e narrazioni. Parole rovesciate a riempire un serbatoio di memorie e astrazioni. Denis Curti

Il progetto Elegia Fantastica, che contribuisce alla valorizzazione del paesaggio culturale e del territorio marchigiano, è sostenuto da Comune di Jesi, da Regione Marche e da Fedrigoni. Prende avvio da Palazzo Pianetti, sede dei Musei Civici di Jesi, e prevede diverse tappe europee grazie al supporto di Leica. Una seconda esposizione, dedicata al lavoro di Emanuele Scorcelletti all’interno del mondo del cinema, è in programma ad Ascoli Piceno nella Galleria Osvaldo Licini.

30 aprile – 4 settembre 2022 – Jesi, Palazzo Pianetti

Dasein – Diego Dominici

La galleria Febo e Dafne, come associato TAG e come espositore alla fiera The Phair, aderisce all’iniziativa TORINO PHOTO DAYS con la mostra personale di Diego Dominici Dasein. La mostra di fotografia inaugura il 5 maggio 2022 alle 17.00 e prosegue fino al 4 giugno. La galleria sarà aperta, oltre che nei consueti orari (dal martedì al sabato, dalle 15 alle 19), eccezionalmente per i due eventi del 24 maggio, dalle ore 18.00 alle 21.00 per le visite guidate con l’artista; e del 27 maggio, alle ore 21.00 per un talk sull’uso della fotografia tra arte e reportage. TORINO PHOTO DAYS mette in rete, dal 24 al 29 maggio, tutte le proposte degli enti cittadini che vi aderiscono, sia pubblici che privati, in un’ampia proposta corale dedicata all’universo fotografico.
 
Dasein è la mostra che, senza specifico intento retrospettivo, si interroga sul percorso di ricerca fotografica di Diego Dominici. L’analisi avviene attraverso la presentazione di una selezione di opere tra le più rappresentative del lavoro svolto dall’artista negli ultimi 18 anni. L’esposizione diviene quindi il percorso nell’estetica dell’autore, cogliendone le profonde narrazioni che si rivelano ad una più attenta osservazione dei suoi scatti. Passando dalla bidimensionalità delle stampe fotografiche, le immagini svelano il groviglio dell’interiorità e della psiche umana.
In galleria Dominici indagherà la sua visione insieme ai visitatori, analizzando le immagini con loro e li aiuterà a penetrare le motivazioni più intime della sua ricerca artistica. Lasciando comunque all’osservatore l’autonomia di percepirne anche solo l’estetica formale, cercherà la possibilità di uno scambio costruttivo.
 
Diego Dominici è un artista che indaga lo spettro dell’animo umano, sia negli aspetti più comuni e quotidiani che in quelli più intimi e inquieti. La mostra offre uno sguardo profondo ed ermetico dell’interiorità e suggerisce emozioni e sentimenti veicolati da una personale interpretazione artistica.

Dal 5 maggio al 4 giugno 2022 – Galleria Febo e Dafne – Torino

LINK

Sul Corpo

In occasione di The Phair 2022 la Galleria del Cembalo presenterà fotografie di  Paolo Gioli, Paolo Pellegrin, Karmen Corak e Cristina Vatielli 4 fotografi di fama internazionale a confronto con immagini sul tema del Corpo  

Con il progetto espositivo Sul Corpo la Galleria del Cembalo porterà a The Phair 2022 i lavori di due celebri fotografi conosciuti in tutto il mondo, quali Paolo Gioli (recentemente scomparso) e Paolo Pellegrin, e di due artiste molto apprezzate per la sensibilità del loro sguardo, Karmen Corak e Cristina Vatielli,. Una selezione di quattro fotografi – tutti seguiti da anni dalla Galleria del Cembalo – che hanno esplorato in modi diversi e personalissimi il tema del corpo. Due uomini e due donne, con approcci e tecniche differenti, in un’unica intensa suggestione fatta di immagini ed emozioni.

The Phair – un neologismo sintesi di Photography e Fair – anche per la terza edizione celebra il linguaggio della fotografia e le sue molteplici forme. Nata da un’idea di Roberto Casiraghi e Paola Rampini, la fiera internazionale è a inviti ed è rivolta ad alcune delle più prestigiose gallerie d’arte contemporanea – 50 in tutto tra le italiane e le straniere – che sono chiamate a presentare dei progetti artistici legati al tema dell’immagine e opere create con materiale fotografico o video.

La selezione di immagini Sul Corpo della Galleria del Cembalo arricchirà la proposta fieristica di Torino Esposizioni, grazie al linguaggio sensibile e potente dei quattro fotografi scelti. Di Paolo Gioli – non solo fotografo ma artista multiforme e fuori dagli schemi, apprezzato e seguito da illustri personaggi del panorama internazionale culturale – saranno inserite alcune polaroid di grande formato appartenenti alle serie delle “Vessazioni” e dei   “Luminescenti”, tutte opere particolarmente originali e sperimentali. Le prime (anche indicate con il termine Abuses) rappresentano visi o torsi umani, con segni di sofferenza: sono fotografie con interventi di pittura, e non solo, parte di una ricerca in cui Gioli diceva di voler “vedere che rapporto ci può essere tra una materia tecnologica sofisticata, contemporanea [come il polaroid] e le materie antiche come può essere la preparazione all’olio”. Le seconde riprendono antiche sculture romane presenti nei depositi delle collezioni dei Musei Capitolini di Roma e sono realizzate con materiale fosforescente, adottando lunghissimi tempi di esposizione. Un tema ricorrente nell’opera di Gioli è, infatti, la riflessione sulla storia dell’arte, dall’arte antica a quella moderna. Il lavoro del noto artista, scomparso il 28 gennaio 2022, quanto mai originale per la varietà e l’unicità dello stile e della realizzazione tecnica delle opere, è stato proposto e promosso dalla Galleria del Cembalo in numerose occasioni, tra le quali nel 2015 con la mostra personale Opere Alchemiche e nel 2019 con Dialoghi. Il lavoro di Paolo Gioli è stato anche presentato dalla galleria in occasione di fiere, come Artissima nel 2017, Photo London nel 2018 e con uno stand totalmente dedicato a lui a Paris Photo 2019.

Un altro importante apporto al progetto espositivo della Galleria del Cembalo a The Phair 2022 saranno alcuni scatti di nudi femminili ritratti in Congo, opere del noto fotografo Paolo Pellegrin, dal 2005 membro dell’agenzia Magnum Photos. Della produzione del fotografo nella sua lunga attività di fotoreporter si potrà vedere molto, nel periodo della fiera, poiché è prevista una grande mostra sul suo lavoro alle Gallerie d’Italia in Piazza San Carlo, organizzata dal gruppo Banca Intesa San Paolo.

Il contributo di Karmen Corak sarà un polittico dal titolo “Unveiled”, un lavoro sul ritratto femminile, con parti del corpo che vengono scoperte dalle mani delle donne, con un gioco di panneggi che rimandano a figurazioni dell’arte classica, ma anche a un senso di pudore.

In questo lavoro di Corak il corpo umano sembra perdere la caratteristica peculiare di autorappresentazione: si allontana dalle implicazioni sessuali, per diventare uno strumento di indagine, un linguaggio.

Infine, il tema della fertilità e immersione nella Natura sarà proposto da Cristina Vatielli con il progetto “Terra Mater” in una serie di immagini realizzate con un drone dall’alto, in cui il corpo femminile appare allo stesso tempo vulnerabile e cullato dagli elementi naturali, attraverso autoritratti di nudi e seminudi immersi nella natura, in luoghi che rimandano a paesaggi primordiali e incontaminati.

Dal 27 al 29 maggio 2022 – Torino Esposizioni, Padiglione 3

LINK

#RASOTERRA – SILVIA BOTTINO

Da una riflessione sulla fotografia di paesaggio suggerita dall’uso delle nuove tecnologie a servizio della telefonia mobile nasce il progetto fotografico #RASOTERRA di Silvia Bottino, a cura di Alessia Locatelli in mostra dal 28 aprile al 29 maggio 2022, presso l’Acquario Civico di Milano.

La mostra è promossa dal Comune Milano Cultura e dall’Acquario – Civica Stazione Idrobiologica.

Il percorso propone circa 30 opere tra stampe fotografiche realizzate tra il 2013 ed il 2022, due lightbox ed un video. La tecnica è quella della ripresa con il cellulare, strumento ormai indispensabile nella nostra quotidianità, che grazie anche alla qualità della risoluzione delle fotocamere permette oggi, senza l’ingombro dell’obiettivo della macchina fotografica, di scattare davvero a raso terra, di catturare cioè la trama, la matericità di quello che si trova in primo piano, in dialogo con l’immagine sullo sfondo. Un divertissement che concettualmente ribalta la visione della prospettiva classica, per generare un percorso espositivo capace di suggestionare il visitatore, tra paesaggi marini, scorci di Milano e soggetti – sia colori che bianco e nero – che risultano divertenti, fuori dall’ordinario e trascinati nel loro impatto visivo.

In mostra l’acqua in tutte le sue forme, sia mare, lago, montagne innevate, riflessi o materia: fatta di grani, sassi, griglie e tombini. Inoltre, considerato che la location si trova nel cuore pulsante del Parco Sempione, in mostra ci saranno alcuni scatti dedicati alla città di Milano, ritratta attraverso i suoi luoghi più rappresentativi…Ma sempre #rasoterra. L’acqua ripresa da un punto di vista differente, nelle sue molte forme e strutture.

La ricerca di Silvia Bottino è rivolta al desiderio di ritornare agli elementi basilari della fotografia, la luce ed il tempo, attraverso degli scatti ottenuti appoggiando letteralmente il cellulare al suolo e ri-leggendo così gli ambienti con uno sguardo capace di farci partire da nuovi punti di osservazione, da una personale traiettoria in cui luce, acqua e materia sono i protagonisti.

Il progetto della fotografa è un work in progress che grazie anche alla maneggevolezza della tecnica di ripresa, le offre la possibilità di fotografare ovunque la sua sensibilità la porti ad individuare lo scatto ricercato.

28 aprile – 29 maggio 2022 – Milano, Acquario Civico

LINK

Giovanni Verga

Mostra fotografica con le opere di Giovanni Verga, scrittore e fotografo.

dal 1° al 29 maggio 2022 a Noventa Vicentina (VI)

LINK

Mostre di fotografia da non perdere a Novembre

Il programma di mostre che vi proponiamo per il mese di novembre è quanto mai ricco.

Date un’occhiata, ci sarà sicuramente qualcosa che vi interessa.

Ciao

Anna

Sebastião Salgado – Amazônia

Per sei anni Sebastião Salgado ha viaggiato nell’Amazzonia brasiliana, fotografando la foresta, i fiumi, le montagne e le persone che vi abitano.

La mostra, in anteprima in Italia, con più di 200 opere ci immerge nell’universo della foresta mettendo insieme le impressionanti fotografie di Salgado con i suoni concreti della foresta. Il fruscio degli alberi, le grida degli animali, il canto degli uccelli o il fragore delle acque che scendono dalla cima delle montagne, raccolti in loco, compongono un paesaggio sonoro, creato da Jean-Michel Jarre.

La mostra mette in evidenza la fragilità di questo ecosistema, mostrando che nelle aree protette dove vivono le comunità indiane, guardiani ancestrali, la foresta non ha subito quasi alcun danno e ci invita a vedere, ascoltare e a riflettere sulla situazione ecologica e la relazione che gli uomini hanno oggi con essa.

01 ottobre 2021 > 13 febbraio 2022 -. MAXXI – Roma

LINK

FOTOGRAFIA ZERO PIXEL 2021 – BODY/CORPO

Oltre cento fotografi internazionali e 250 immagini in esposizione per il festival dedicato alla fotografia chimica, in programma dal 5 novembre all’8 dicembre a Trieste. Con 13 mostre su quattro sedi espositive, 6 laboratori e 7 conferenze Fotografia Zero Pixel proporrà un viaggio tra Italia, Slovenia, Croazia, Messico, Giappone e Stati Uniti per raccontare tanti modi diversi di concepire il corpo. Tra i fotografi in mostra Roberto Kusterle, Sergio Scabar, Ellen Goodman, Gigliola Di Piazza, Jan Schlegel.  

Saranno un centinaio i fotografi coinvolti e oltre 250 le immagini che verranno presentate per l’ottava edizione di Fotografia Zero Pixel, il festival della fotografia senza il digitale in programma dal 5 novembre all’8 dicembre 2021. Dedicato quest’anno al tema “Body/Corpo”, il festival esplorerà questo termine dall’etimologia estremamente varia, presentando una panoramica d’immagini che racconteranno tanti modi diversi di concepirlo, in un viaggio tra Italia, Slovenia, Croazia, Germania, Messico, Giappone e Stati Uniti. 

Fotografia Zero Pixel, che si avvale della direzione artistica di Ennio Demarin, quest’anno proporrà 23 eventi dedicati alla ricerca in fotografia e alle sue contaminazioni creative con letteratura, filosofia, antropologia, matematica e fisica. Pensato per tutti coloro che desiderano esplorare il mondo “ai sali d’argento”, offrirà 13 mostre internazionali su quattro sedi espositive, 6 laboratori e 7 conferenze e incontri con gli autori. Su circa 1500 metri quadrati, all’interno del Magazzino 26 del Porto Vecchio di Trieste, si svilupperanno ben nove mostre, tra collettive e personali. Tra le prime da non perdere l’esposizione tematica classica di Zero Pixel, con 66 fotografi di diverse nazionalità tra cui spiccano i nomi di Letizia Battaglia, Francesco Cito, Shobha, Roberto Kusterle e Sergio Scabar, e le quattro mostre dedicate a gruppi d’artisti provenienti da Slovenia (The Body as a point of view), Croazia (Le Muse), Messico (Descifrar los lenguajes del cuerpo) e Giappone (Ishi no ue nimo san nen). Tra le personali quella di Ellen Goodman , vincitrice del secondo premio Scabar con la mostra “The Middle Ground between Light and Shadow”, di Gigliola Di Piazza, fotoreporter friulana recentemente scomparsa, del tedesco Jan Schlegel (allo spazio d’arte trart), di Enzo Tedeschi, abbinata alla conferenza di uno dei maggiori studiosi di Dante in Italia, Vittorio Cozzoli.

Dal 05 Novembre 2021 al 08 Dicembre 2021 – Trieste – Sedi Varie

LINK

MARTINA ZANIN. I MADE THEM RUN AWAY

I Made Them Run Away è una storia a più livelli che intreccia insieme immagini di famiglia e fotografia con testi scritti dalla madre dell’artista. Raccoglie ricordi del passato e sentimenti presenti per indagare le dinamiche delle relazioni – il bisogno di attenzione, le aspettative che causano disillusione, insicurezza e giudizio.

Spostandosi tra i diversi punti di vista, Zanin descrive il ricorrente complicato rapporto tra lei, sua madre e l’”uomo”, non costante, per lo più rappresentato come un’assenza all’interno del lavoro. È una storia che rappresenta la maternità sotto un’accezione differente – come una donna in cerca di amore e in lotta con la solitudine – e all’adolescenza, dando spazio a quei sentimenti che spesso sono negati alle ragazze, e alle donne, come la rabbia, il disgusto, il dolore e il potere.

«Quanto le relazioni che ha avuto mia madre

e gli eventi passati hanno distorto la mia percezione della figura maschile

e il modo di relazionarmi con essa?»

Fantasticando su un uomo che non è mai riuscita ad avere, la madre dell’artista scrive i suoi pensieri e desideri all’interno di un diario intitolato Lettere ad un Uomo Mai Avuto. Gli scritti poetici e malinconici, si scontrano con le fotografie di famiglia strappate, delle quali la madre ha conservato solamente la sua figura, o quella della figlia, strappando via tutti i suoi ex-compagni, creando degli oggetti saturi di rabbia e solitudine. Ogni altra foto è da intendere come la ricostruzione di sentimenti e sensazioni passate venute a galla nel presente. Questo intreccio di punti vista ha creato un dialogo tra madre e figlia in due momenti diversi di tempo, esplorando la transizioni dei sentimenti all’interno delle relazioni, come compassione e rabbia, amore e odio, e l’influenza del passato, che gioca un ruolo fondamentale nelle relazioni presenti e future.

Dal 29 Ottobre 2021 al 14 Gennaio 2022 – Spazio Labo’ | Photography – Bologna

LINK

Martin Parr. We ❤  Sports

Centro Italiano per la fotografia annuncia “Martin Parr. We  ❤  Sports”, la grande mostra d’autunno che avrà per protagonista un mito assoluto della fotografia contemporanea. L’esposizione sarà realizzata in collaborazione con Gruppo Lavazza, partner istituzionale e storico sostenitore di CAMERA e con Magnum Photos, in occasione delle Nitto ATP Finals e si terrà a Torino dal 28 ottobre 2021 al 13 febbraio 2022 in via delle Rosine 18.

“Martin Parr. We  ❤  Sports”, a cura di Walter Guadagnini con la collaborazione di Monica Poggi, ripercorrerà la carriera del celebre autore inglese (classe 1952), membro di Magnum Photos, attraverso circa 150 immagini dedicate a svariati eventi sportivi, con un focus tematico incentrato sugli scatti realizzati da Parr – su commissione del Gruppo Lavazza – in occasione dei più rilevanti tornei di tennis degli ultimi anni.

“Sono entusiasta di mostrare le fotografie sul tennis, che sono state il risultato di una stimolante commissione ricevuta dal Gruppo Lavazza, e allo stesso tempo di presentare una nuova selezione di immagini di sports realizzate nel corso della mia lunga carriera.” commenta Martin Parr.

“Sono orgoglioso che CAMERA possa offrire al proprio pubblico una grande mostra dedicata allo sport e ai suoi valori, ancor più in un anno che vede Torino diventare capitale internazionale del tennis con le Nitto ATP Finals, straordinario momento di rilancio per la città. La mostra di Marin Parr, uno dei più autorevoli esponenti della fotografia contemporanea, è il più recente frutto della fertile collaborazione con due dei nostri Partner Istituzionali, Magnum Photos e Gruppo Lavazza, che ringrazio per la fiducia costantemente dimostrata nei confronti di CAMERA: non vediamo l’ora di poter accogliere migliaia di torinesi e di ospiti da ogni parte del mondo” dichiara Emanuele Chieli, Presidente di CAMERA.

“Apprezziamo da anni il lavoro di Martin Parr, avendo collaborato con lui dal 2008 in un progetto che raccontava la colazione degli italiani. Mi sono innamorata da subito della sua visione del mondo, che vuole fotografare la vita «così com’è». Il suo sguardo ironico e personale, il suo stile sincero e immediato, il suo realismo intransigente ma positivo ben si lega all’idea di collaborazione che Gruppo Lavazza vuole portare avanti con il mondo del tennis. Trasparenza e tradizione, sincerità e condivisione. Come ogni grande artista, Martin usa la macchina fotografica per ritrarre la quotidianità delle persone che percorrono le strade parallele ai grandi eventi e ai grandi personaggi. Sono storie intime e particolari, bellissime nella loro unicità, leggerezza e sincerità” precisa Francesca Lavazza.

Attento interprete del presente, sin dagli esordi Parr ha ritratto la società contemporanea con spietata e divertita ironia, realizzando immagini che sono diventate vere e proprie icone del nostro tempo. Attraverso i netti contrasti di colore che caratterizzano il suo stile, ha rivelato gli aspetti grotteschi e involontariamente comici di un mondo sempre più consumista e globalizzato.

“Lo sport è un tema ricorrente nella lunga carriera di Parr: catalizzatore delle più diverse emozioni, viene raccontato dal fotografo soprattutto attraverso le divise, le coreografie e le tradizioni dei tifosi e degli spettatori, autentici protagonisti di questo rito collettivo” evidenzia Walter Guadagnini, Direttore di CAMERA.

Dal 28 Ottobre 2021 al 13 Febbraio 2022 – CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia – Torino

LINK

LE MOSTRE DEL SIENA AWARDS

La grande fotografia internazionale e il mondo dell’immaginazione tornano protagonisti a Siena con una nuova edizione del Siena Awards nel rispetto delle norme anti Covid-19. La manifestazione guarda oltre la pandemia con nuove idee e prospettive e animerà Siena e dintorni dal 23 ottobre al 5 dicembre con un ricco programma di mostre, workshop, photo tour, seminari, conferenze, proiezioni e visite guidate alla scoperta del territorio. L’ospite d’eccezione, per la prima volta in Italia, sarà il fotoreporter americano Steve Winter con “Big Cats”, la più grande retrospettiva mai realizzata su di lui. Il festival delle arti visive, inoltre, darà spazio alle opere di tanti altri grandi obiettivi internazionali, a partire da Brent Stirton, icona del fotogiornalismo, e alle mostre collettive che riuniranno scatti e video straordinari in arrivo da tutto il mondo, premiati nei tre concorsi promossi dal Siena Awards: “Siena International Photo Awards”, “Creative Photo Awards” e “Drone Photo Awards”.
 
Il sipario del Siena Awards 2021 si alzerà la mattina di sabato 23 ottobre con l’inaugurazione, alla presenza di Steve Winter, della sua retrospettiva “Big Cats”, allestita negli spazi del Museo di Storia Naturale di Siena per tutta la durata del festival. Lo stesso giorno, nel pomeriggio, il Teatro dei Rinnovati ospiterà la cerimonia di premiazione dei concorsi “Siena International Photo Awards”, “Drone Photo Awards” e “Creative Photo Awards” e vedrà salire sul palco grandi personaggi della fotografia internazionale. Dal giorno successivo, domenica 24 ottobre, e fino a domenica 5 dicembre, sarà possibile visitare tutte le mostre del Siena Awards.
 
Le mostre del Siena Awards 2021. La retrospettiva dedicata a Steve Winter, “Big Cats”, raccoglierà immagini potentissime e commoventi che il fotografo americano ha realizzato nel corso della sua carriera di fotogiornalista conservazionista per il National Geographic, puntando a sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema della conservazione della specie dei grandi felini. Le spettacolari immagini di leopardi delle nevi, tigri, puma e giaguari accompagneranno i visitatori alla scoperta di alcuni dei gatti selvatici più sfuggenti al mondo fotografati da Steve Winter nel loro habitat naturale: dalle montagne dell’Himalaya alle giungle e praterie dell’India, dalle Montagne Rocciose dell’America occidentale alla California, fino ai fiumi amazzonici del Sud America. A unire ogni scatto sarà l’obiettivo eccezionale di Steve Winter, capace di evidenziare la bellezza di questi felini e, attraverso essa, di informarci sulle minacce che ogni giorno affrontano nel condividere il loro habitat con l’uomo. Come afferma lo stesso Steve Winter: “Sto cercando di trovare immagini che le persone non hanno mai visto prima, che diano loro un motivo per preoccuparsi non solo degli animali, ma anche degli ecosistemi in cui questi vivono”.
 
Il Centro culturale “La Tinaia” di Sovicille, a pochi km da Siena, sarà, invece, la cornice della mostra monografica di Brent Stirton, icona sudafricana del fotogiornalismo pluripremiato per i suoi reportage pubblicati su grandi testate internazionali. Premiato come “Migliore autore” al SIPA, Siena International Photo Awards 2020, Stirton punta a sensibilizzare il mondo, attraverso i suoi scatti, sulle barbarie inflitte dai bracconieri nei confronti degli animali in Paesi come Africa, Asia e Sud America. Le immagini esposte a Sovicille, in particolare, accenderanno i riflettori sui traffici dei corni dei rinoceronti, sulla misteriosa strage di quattro gorilla nel Parco Nazionale di Virunga e sugli insegnamenti rivolti ai rangers per nascondersi e sopravvivere ai gruppi paramilitari e bracconieri in Congo. Scatti e riflessioni di alto valore sociale e ambientale che hanno trovato spazio su testati quali National Geographic Magazine, GEO, Le Figaro, Stern, Le Monde, The New York Times Magazine, The UK Sunday Times Magazine e altri media internazionali.
 
Gli spazi dell’ex distilleria dello Stellino, alle porte di Siena, ospiteranno ancora una volta gli scatti vincitori delle dodici categorie del Siena International Photo Awards, SIPA, con la mostra “Imagine all the People Sharing all the World”. L’esposizione vedrà protagoniste vere e proprie opere d’arte, con foto e video nati dall’immaginazione e dall’arte visiva di Premi Pulitzer, pluripremiati vincitori del World Press Photo, fotografi di National Geographic e altri grandi nomi della fotografia internazionale.
 
Si intitola, invece, “I wonder if you can” la mostra che raccoglierà gli scatti vincitori delle 19 categorie del Creative Photo Awards, il concorso internazionale del Siena Awards dedicato alla fotografia artistica e creativa e aperto a fotografi contemporanei che, con un approccio innovativo rispetto alla fotografia tradizionale, sovvertono le aspettative dello spettatore. Nove, infine, le categorie del Drone Photo Awards, i cui vincitori saranno protagonisti della mostra “Above us only sky” allestita nel Chiostro Basilica di San Domenico per la seconda edizione dell’unica mostra collettiva realizzata in Italia sulla fotografia aerea.

Dal 23 Ottobre 2021 al 05 Dicembre 2021 – SIENA – Sedi varie

LINK

MARIO GIACOMELLI. TEMPO DI VIVERE

Torna a Roma Mario Giacomelli, con una mostra di sessantasei fotografie d’epoca che coprono l’intera carriera dell’artista, presentando alcune delle sue fotografie più iconiche e più datate accanto a lavori mai visti prima del periodo della maturità, gli anni ’90.
Una mostra che invita lo spettatore a scendere nel flusso creativo dell’artista e accedere alla sua visione del mondo e della fotografia.

La copiosa produzione di Mario Giacomelli è una sorta di lungo film della durata di un’intera vita e le fotografie ne sono i fotogrammi. Un tutt’uno che è racconto, sogno, memoria, linguaggio dell’inconscio, con cui il reale si impasta. Una fotografia pregna di vita, e della vita Giacomelli prende anche “le contraddizioni e le sbavature”. Pezzi di mondo che respirano l’infinito e cadono nelle profondità: “l’immagine è un prodotto di una forza interiore senza volto che esplode dentro lo spazio. Scompongo e ricompongo per significare” (M. Giacomelli, manoscritti anni ’90).
Nei continui capovolgimenti di senso, nei salti temporali, nella trasformazione della materia, messi in atto dall’artista nella sua arte alchemica, il mondo da lui fotografato si fa specchio di una dimensione più intima e più vera, depurata da ogni stereotipo e abbellimento, e si mostra con la crudezza degli oscuri e inconfessabili pensieri, e insieme si fa energia così potente da straripare in pura sensualità. Giacomelli infatti, vive e si esprime nell’ossimoro. Ama le contraddizioni, le stonature, la compresenza degli opposti. E proprio da questo, negli anni ’50, nasce il suo inimitabile rivoluzionario linguaggio fotografico, fatto di alti contrasti di bianco e nero portati agli eccessi, che in un’Italia neorealista e a suo agio nei toni di grigio della composizione garbata, risultò letteralmente spiazzante.

Dopo appena due anni dalla sua prima fotografia scattata, nel ‘55 la critica lo accolse come l’Uomo nuovo della Fotografia, mentre alcuni anni dopo, le sue opere furono esposte e acquisite rispettivamente dalla George Eastman House su invito di Nathan Lyons (1963) e dal MoMA di New York sotto l’allora direzione di John Szarkowski (1964).
In Italia, il mondo fotoamatoriale – da cui Giacomelli veniva – fu così scioccato dal suo stile, che si verificò un effetto eco dei suoi alti contrasti in b/n. Ma fu proprio la sua concezione della fotografia e il suo modo di rapportarsi a essa ad aver sorpreso la critica di quegli anni: una fotografia né oggettiva né soggettiva che si aggrappava, come mai prima, alla concretezza del mondo, restituita più vera del reale.

“Entrare sotto la pelle del reale” amava dire il fotografo, e lo continua a ripetere oggi l’Archivio Mario Giacomelli, come un mantra, pensando che questo sia il fulcro del discorso giacomelliano, rimarcando la portata contemporanea di questo grande artista, in ogni progetto che promuove o a cui collabora, come in questo caso presso la Galleria Gilda Lavia di Roma.

L’intento della curatrice della mostra, Katiuscia Biondi Giacomelli, nipote dell’artista e direttrice dell’Archivio Mario Giacomelli, è stato di “rendere presente il personaggio, l’uomo e l’artista, che ha creato per noi tanta bellezza. Per questo, la struttura della mostra, attraverso la scelta dei materiali e la sequenza delle opere, non segue un ordine cronologico né una divisione in serie, ma si concentra semplicemente sul flusso delle immagini, vivida manifestazione dell’incontro primigenio tra soggetto e mondo, quando si guarda con il cuore ancor prima che con gli occhi”.
E proprio per continuare a guardare con l’anima, Giacomelli, seppur acclamato e presente nelle collezioni permanenti dei più grandi musei al mondo, ha sempre sentito di dover restare nella sua piccola città di mare, Senigallia (Marche), fuori dal chiasso delle metropoli, attaccato alla sua terra e alle sue memorie, lontano da ogni distrazione. In lui, arte e vita coincidono e si condizionano a vicenda, e persino il suo modo di parlare fatto di evocazioni ci riporta al suo essere uomo e fotografo.
Un contributo audio, trasmesso in loop in galleria, ce lo fa ascoltare, nel suo particolare modo di esprimersi, che trasforma anche le parole in immagini. I pensieri sulla fotografia gli ronzavano in testa continui e imperativi per non distrarsi mai dal suo mondo creativo.

La mostra si sviluppa intorno al tema del rapporto uomo/natura, che è il tema della produzione giacomelliana, insieme a quello del tempo, e non si è voluto lesinare sul numero delle opere esposte, per arrivare a toccare le molteplici sfumature in esso racchiuse. Sarebbe riduttivo dividere questo percorso in capitoli, perché è della totalità che la fotografia giacomelliana si nutre, ma in effetti la mostra ha un andamento meandriforme. Segue i moti dell’animo di Mario Giacomelli, che si innalzano sui picchi dell’infinito, per poi volatilizzarsi nell’ineffabilità della poesia, per gonfiarsi di sinestesia e materia, e ancora, ghiacciarsi di fronte alla morte e alla disgregazione, abissandosi nell’incognita, per poi di nuovo scaldarsi di fronte alla piena bellezza dell’amore e della terra, della materia della Madre terra.

Giacomelli, senza mai smettere di cercare il posto dell’uomo nel mondo, in mezzo a tutto questo, lui stesso si sente “cosa tra le cose”, parte di un tutto, e qui le gerarchie e le definizioni perdono consistenza e tutto sembra tornare in uno spazio ancestrale, indistinto e accogliente, quello che per un’intera vita l’artista ha rincorso e fatto emergere dalla sua fotografia.
In ogni fotografia lui è presente come figurazione del suo stato d’animo nell’incontro con il reale, poiché non esiste oggetto senza chi lo guarda e viceversa. E come apice di un percorso, nel periodo della maturità, l’ultimo decennio della sua produzione interrotta solo dalla morte (2000), l’artista entra fisicamente in scena, con l’autoscatto, veramente cosa tra le cose, e si fa regista e attore di questo film.

Per tutto questo, la curatrice della mostra definisce l’arte fotografica di Giacomelli “performativa”, in virtù dell’altissimo grado di ritualizzazione dell’atto creativo, cercando di dare seguito alla bizzarra affermazione di Giacomelli, uno dei più grandi fotografi al mondo, quando, in maniera provocatoria e divertita, ma anche profondamente seria, diceva: “Io non faccio il fotografo, non so farlo”.

Dal 23 Ottobre 2021 al 31 Dicembre 2021- Galleria Gilda Lavia – Roma

LINK

CARLA CERATI. UNO SGUARDO DI DONNA SU VOLTI, CORPI, PAESAGGI

L’“appartamento del Principe” della Reggia di Colorno, dal 16 ottobre all’8 dicembre, ospiterà un’ampia rassegna di immagini
di Carla Cerati.

“Le 88 fotografie in mostra – afferma il curatore Sandro Parmiggiani –, tutte provenienti dal fondo Cerati presso lo CSAC di Parma che le presta per l’occasione, ritraggono personaggi che lei ebbe modo di frequentare: scrittori (Calvino, Pasolini, Marquez, Vargas Llosa, tra gli altri), artisti, architetti, gente del teatro (memorabili una serie di immagini del Living Theatre con le tipiche contorsioni dei corpi e dei volti). Altrettanto significativi sono i nudi di donna in bianco e nero, sorprendenti e affascinanti perché si coglie quanto diverso sia lo sguardo femminile sul corpo della donna rispetto a quello maschile – interessato, quello femminile, all’armonia delle forme e non, come avviene spesso in quello maschile, alla rapacità della visione che prelude a una ‘conquista’ – e i paesaggi, soprattutto quelli delle Langhe, che evocano le atmosfere di Cesare Pavese e di Beppe Fenoglio e che sono in sintonia con le ricerche sul segno nell’arte e nella fotografia degli anni Sessanta.”
È arduo stringere in una definizione l’attività di fotografa di Carla Cerati. Occorre, innanzitutto, mai dimenticare la specificità di Carla Cerati, donna, che, quando alla fine degli anni Cinquanta, sposata e madre di due figli, s’inoltra nella fotografia, sente che andarsene a guardare il mondo attraverso l’obiettivo della macchina fotografica è lo strumento per “uscire dalla gabbia”.

“Fotografare”, ha confessato la Cerati, “ha significato la conquista della libertà e anche la possibilità di trovare risposte a domande semplici e fondamentali: chi sono e come vivono gli altri? Lavorano? E se sì, dove lavorano? Quali sono i mestieri, le professioni e i luoghi in cui le svolgono? Come trascorrono il tempo libero?”. Si è trattato dunque, per Carla Cerati di valicare un confine, di oltrepassare un limite, per andare verso l’altro da sé.
Ciò che non possiamo dimenticare, davanti alle fotografie di Carla Cerati, è che lei è riuscita a tenere assieme l’ansia del fotoreporter – Carla è stata anche questo – di afferrare un evento, prima che sia inghiottito nelle fauci del tempo, e il rigore, la ricerca formale che fin dagli esordi (le immagini del 1960 della messa in scena di ‘Aspettando Godot’ e del saggio finale delle allieve della Scuola di Danza del Piccolo Teatro) lei insegue e fissa nei suoi scatti.

Dal 16 Ottobre 2021 al 08 Dicembre 2021 – Reggia di Colorno (PR)

LINK

FERDINANDO SCIANNA – Due scrittori: Leonardo Sciascia e Jorge Louis Borges

Italy, Sicily,Sant’Elia:The window on the sea. (c) Ferdinando Scianna/Magnum Photos

L’incontro di Scianna con Sciascia risale al 1963: dello scrittore siciliano Ferdinando diventa presto fraterno amico e collaboratore, “un secondo padre” come Scianna stesso lo ha definito. Sciascia firmerà molti dei testi introduttivi alle monografie fotografiche di Scianna: da “Feste religiose in Sicilia”, con il quale Ferdinando vince il Premio Nadar nel 1966, a “Les Siciliens” nel 1977 e a “La villa dei mostri”. A Sciascia si deve uno dei ritratti di Scianna fotografo più lucidi e intensi: “È il suo fotografare, quasi una rapida, fulminea organizzazione della realtà, una catalizzazione della realtà oggettiva in realtà fotografica: quasi che tutto quello su cui il suo occhio si posa e il suo obiettivo si leva obbedisce proprio in quel momento, né prima né dopo, per istantaneo magnetismo, al suo sentimento, alla sua volontà e – in definitiva – al suo stile.” L’incontro di Scianna con Borges risale a molti anni dopo, ma altrettanto memorabili sono gli esiti dei suoi ritratti dello scrittore argentino.
Ferdinando Scianna nasce a Bagheria (Palermo) nel 1943. Frequenta la Facoltà di Lettere e Filosofia all’Università di Palermo, ma presto la passione per la fotografia prende il sopravvento: inizia a fotografare sistematicamente le festività religiose della sua terra, la Sicilia, alla quale rimarrà sentimentalmente per sempre legato. Trasferitosi nel 1966 a Milano, Scianna inizia la sua attività di fotografo professionista; nel 1967 viene assunto dal settimanale “L’Europeo”, per il quale realizza servizi memorabili in tutto il mondo (è, tra l’altro, a Praga nell’agosto 1968) e inizia anche a scrivere articoli, riunificando nella sua persona due aspetti che nel giornalismo sono abitualmente separati. Nel 1977 Scianna si trasferisce a Parigi, sempre come corrispondente de “L’Europeo” (collabora anche a “Le Monde Diplomatique” e a “La Quinzaine littéraire”); qui vive per dieci anni, conosce, e frequenta assiduamente, Henri Cartier-Bresson, che nel 1982 lo introduce nella famosa Agenzia Magnum Photos. Inizia a esporre in mostre personali e di gruppo, svolge attività di fotografo di alta moda e di pubblicità, sempre comunque con la capacità di fondere qualità estetico-formale dell’immagine e espressività corale e storica della stessa.
Scianna è stato uno dei fotografi che, con le sue immagini, ha contribuito ad ampliare i territori dell’umano, a spostarne in avanti le frontiere, ridando una dignità a persone, animali e cose che raramente l’avevano avuta, che dai territori dell’umano erano a lungo state esclusi. Delle persone, anche le più umili da lui fotografate, sentiamo il calore e la vicinanza, giacché non ci paiono né alteri né isolati in un bozzolo di autosufficienza, ma sempre parte di un humus vitale, generale, che determina e accentua la loro capacità di comunicare, e che in un qualche modo a tutti appartiene. Accanto a questo carattere del tutto peculiare, va detto che nelle immagini di Scianna il buio si manifesta in tutto il suo mistero e la sua forza di rivelare il senso vero di ciò che se ne sta nel versante opposto, dentro la luce; del resto, Ferdinando stesso ha confessato che la sua percezione della luce è quella propria di un siciliano: “Il sole a me interessa perché fa ombra: è così drammatico che produce dialetticamente il suo contrario”.

Dal 12 Settembre 2021 al 08 Dicembre 2021 – – Reggia di Colorno (PR)

LINK

L’OCCHIO DEL MILANESE – I 90 ANNI DEL CIRCOLO FOTOGRAFICO MILANESE

Il 2020 è stato un anno speciale per il Circolo Fotografico Milanese che può vantarsi di aver raggiunto i novant’anni di attività. Infatti, il 3 aprile 1930 per volontà di un gruppo eterogeneo di appassionati fotografi – professionisti come Guido Pellegrini, presidente, Ferruccio Leiss di Laimburg, segretario, Secco d’Aragona, Emilio Sommariva e Bruno Stefani, intellettuali come Giuseppe Cavalli, l’architetto Gio Ponti, esperti di chimica come Alfredo Ornano, appassionati di grande valore come Federico Vender – nasceva un gruppo che, nel dopoguerra, sarebbe stato fra gli otto circoli fondatori della Federazione Italiana Associazioni Fotografiche.
Per festeggiare un anniversario così importante il Circolo Fotografico Milanese ha deciso di presentare al grande pubblico le opere dei soci in una esposizione che ne illustra l’attività e la passione: dal 19 ottobre al 10 dicembre 2021 aprirà presso la Galleria Credito Valtellinese in Corso Magenta 59, Milano la mostra fotografica L’occhio del Milanese – i 90 anni del Circolo Fotografico Milanese.
Curata da Roberto Mutti come l’omonimo catalogo che la accompagna, la mostra racconta l’evoluzione, lo spirito e il carattere della città di Milano nei suoi vari aspetti. La città è radicalmente cambiata negli anni, si è trasformato l’ambiente urbano, sono mutati gli stili di vita, si sono modificati i volti, gli abiti, i gesti dei cittadini milanesi, pur mantenendo il carattere e lo spirito che contraddistinguono la “milanesità”. I fotografi del CFM hanno portato il loro stile e la loro personale visione a fornire un quadro variegato ed originale della città.
Tra le migliaia di foto che compongono l’Archivio del Circolo Fotografico Milanese, la mostra L’occhio del milanese raccoglie 180 scatti dei fotografi soci dagli ultimi decenni del secolo scorso fino alle settimane della tragica pandemia, muovendosi su diversi piani.
Per un verso – vista l’indispensabile necessità di conoscere e studiare le proprie radici – rende un doveroso omaggio a un passato importante caratterizzato dalla presenza di personaggi che hanno lasciato una traccia significativa nella storia della fotografia italiana.  Dall’altra si propone di parlare del presente attraverso le opere degli attuali soci che si sono misurati con i più diversi aspetti della realtà con stili, metodi di approccio, atteggiamenti inevitabilmente diversi ma tutti riconducibili all’unico intento di rappresentarla e interpretarla.
La mostra si sviluppa su tre livelli. Il primo è costituito da un video, proiettato in un’area appositamente allestita, che illustra le opere degli autori storici del Circolo Fotografico Milanese. Il secondo è caratterizzato da una serie di teche dove sono contenute fotografie, documenti, libri, macchine fotografiche legate alla storia del Circolo. Il terzo livello è costituito dalle sette aree monotematiche in cui è stato suddiviso lo spazio dove sono esposte le fotografie degli attuali soci: “Arte”, “Eventi”, “Osservazione urbana”, “Street”, “Sociale”, “Ricerca”, “Sport”. 
La divisione è stata realizzata non tanto per creare delle distinzioni fra generi oggi anacronistiche, ma per far meglio comprendere la vastità di interessi affrontati e coinvolgere l’osservatore in un percorso dove lui stesso si senta coinvolto nel cercare analogie, differenze, confronti fra le immagini realizzate dai fotografi e delle fotografe del CFM.  “Qui si sono creati accostamenti – spiega il curatore Roberto Mutti – che volutamente avvicinano le opere degli autori più affermati a quelle di altri che ne stanno seguendo le tracce, fotografi che da tempo danno il loro contributo al circolo e altri che solo da poco sono entrati a farne parte. Questo perché L’occhio del Milanese non vuole essere la somma di tanti lavori personali o l’occasione perché singoli autori sottolineino la loro autoreferenzialità, ma una ricerca che si esprime compiutamente in una proposta collettiva frutto di discussione e confronto”. 
L’esposizione è inserita nel programma della 16ª edizione di Photofestival, l’importante rassegna annuale dedicata alla fotografia d’autore che dal 16 settembre al 31 ottobre 2021 animerà l’intera Città Metropolitana milanese e alcune province lombarde con un ricco palinsesto di eventi fotografici diffusi.

Dal 19 Ottobre 2021 al 10 Dicembre 2021 – Galleria Credito Valtellinese Milano

LINK

RAYMOND DEPARDON. LA VITA MODERNA

riennale Milano e Fondation Cartier presentano in Italia la prima mostra personale del fotografo e regista francese Raymond Depardon, realizzata con la complicità dell’artista francese Jean Michel Alberola.

L’esposizione testimonia come la ricerca di Depardon esplori mondi e contesti molto diversi: dalle comunità rurali francesi alle periferie urbane di Glasgow, dalla vita nella New York degli anni Ottanta agli ospedali psichiatrici in alcune città italiane negli anni Settanta.

Riunendo trecento fotografie e due film, La vita moderna è la più grande mostra mai realizzata dal fotografo e cineasta francese che, dagli anni Settanta, ha rinnovato profondamente il mondo dell’immagine contemporanea. Specificamente ideata da Depardon per Triennale Milano, la mostra è stata concepita con la partecipazione dell’artista Jean-Michel Alberola, che ha dato il suo ritmo al percorso e introdotto il colore negli spazi. 

Dal 15 Ottobre 2021 al 10 Aprile 2022 – Triennale Milano

LINK

WORLD PRESS PHOTO EXHIBITION

Torna a Bari, per l’ottavo anno consecutivo, la World Press Photo Exhibition, la mostra di fotogiornalismo più prestigiosa al mondo, che giunge alla sua 64° edizione. Sarà ancora una volta il Teatro Margherita, dal 14 ottobre al 14 novembre 2021 ad ospitare l’esposizione internazionale, con le sue otto sezioni: Contemporary Issues, Environment, General News, Long-Term Projects, Nature, Portraits, Sports, Spot News.
 
La World Press Photo Exhibition a Bari è organizzata, come ogni anno, da CIME, realtà pugliese ormai tra i maggiori partner europei della World Press Photo Foundation di Amsterdam. 

Dal 14 Ottobre 2021 al 14 Novembre 2021 – BARI – Teatro Margherita

LINK

MICHAEL CHRISTOPHER BROWN. I-REPORTER

Dal 9 ottobre 2021 la Galleria d’Arte Moderna- Le Ciminiere di Catania presenta al pubblico Michael Christopher Brown-IReporter, la prima retrospettiva europea dedicata al grande fotoreporter americano, a cura di Ezio Costanzo, promossa e realizzata da Fondazione OELLE Mediterraneo antico in co-organizzazione con la Città Metropolitana di Catania.

«La retrospettiva di Michael Christopher Brown, con le sue fotografie che ci catapultano dalla Cina a Cuba durante i funerali di Fidel Castro, dal Congo all’Afghanistan, dal Messico alle metropolitane di Pechino, contribuisce ad arricchire l’offerta culturale di Catania che vede protagonista la fotografia di grandi autori, da Gabriele Basilico a Castello Ursino a Phil Stern nel padiglione all’interno del Museo dello Sbarco. Tutti progetti resi possibili grazie all’importante contributo di un nostro partner privato come la Fondazione OELLE Mediterraneo Antico», commenta Salvo Pogliese, sindaco della Città Metropolitana di Catania.

«La mostra di Michael Christopher Brown ci insegna come, attraverso la fotografia, possiamo interpretare la nostra contemporaneità con pensiero critico, comprenderne tanto i drammi quanto la sconfinata bellezza; la potenza come le sue fragilità. In occasione dell’esposizione, Brown ha realizzato una residenza in Sicilia di cui diamo un’anticipazione attraverso tre fotografie riprodotte su grandi lightbox alla Galleria d’Arte Moderna-Le Ciminiere. Questo progetto segna anche l’inizio della collaborazione di Fondazione OELLE con Moleskine Foundation, nella realizzazione di due taccuini d’autore da parte di Michael Christopher Brown e Michele Spadaro. Siamo onorati di aver così contribuito ad arricchire la collezione di Moleskine Foundation, un punto di partenza di riflessione e ispirazione per i giovani delle comunità svantaggiate in tutto il mondo», dichiara Ornella Laneri, presidente della Fondazione OELLE Mediterraneo Antico.

LA PRIMA RETROSPETTIVA EUROPEA
Per la prima volta in Europa si inaugura a Catania una retrospettiva fotografica di Michael Christopher Brown (1978, Skagit Valley, Stati Uniti), il fotoreporter americano contemporaneo che più di ogni altro ha rivoluzionato l’immaginario dell’informazione. Nelle sale della Galleria d’Arte Moderna-Le Ciminiere sono esposte oltre duecento fotografie che ripercorrono la carriera del giovane reporter e i suoi viaggi nel mondo per raccontare conflitti, popolazioni e territori. 
Michael Christopher Brown è un fotoreporter testimone del nostro tempo, che documenta gli eventi imprimendo alle sue immagini una forte narrazione introspettiva. È anche un innovatore del linguaggio del fotoreportage. E non solo del racconto, ma anche degli aspetti tecnici legati al mezzo di ripresa. L’iPhone è infatti il suo strumento d’elezione quando, nel 2013, si guadagna la candidatura per la prestigiosa Magnum, la più storica e autorevole agenzia fotografica a livello internazionale. Molti suoi reportage sono stati realizzati con l’iPhone, strumento che nessun fotoreporter professionista aveva mai pensato di impiegare per immortalare un conflitto. Durante la rivoluzione in Libia, la sua macchina fotografica si rompe, così decide di continuare a lavorare usando solamente l’iPhone. Scatti espliciti, brutali, inclementi di corpi senza vita e del viso di Gheddafi pestato a sangue rappresentano così uno dei primi reportage pubblicati sulle principali testate internazionali a essere realizzato interamente con uno smartphone. «Seguiranno i reportage eseguiti in Cina, a Cuba durante i funerali di Fidel Castro, in Congo, in Afghanistan, in Messico, nelle metropolitane di Pechino o nella remota isola russa di Sakhalin, – tutti documentati nella mostra di Catania – che lasciano un segno indelebile nella descrizione contemporanea del nostro mondo. In questi reportage la tensione introspettiva della narrazione si fonde perfettamente con gli aspetti compositivi delle immagini. In questa retrospettiva Brown racconta l’attualità di un mondo in conflitto e molto cruento, ma anche la speranza che la narrazione di un mondo migliore possa ancora essere scritta, attraverso l’occhio sensibile della fotocamera di un iPhone», dichiara Ezio Costanzo, curatore della mostra. 

Dal 09 Ottobre 2021 al 30 Aprile 2022 – Catania – Galleria d’Arte Moderna-Le Ciminiere

PIERO GEMELLI. LA BELLEZZA SVELATA. FOTOGRAFIE E STORIE IMMAGINATE

PIERO GEMELLI, La bellezza svelata. Fotografie e storie immaginate è il titolo della mostra che si terrà dal 9 ottobre al PAN Palazzo delle Arti di Napoli, curata da Maria Savarese con Maria Vittoria Baravelli, in collaborazione con l’Assessorato all’Istruzione, alla Cultura e al Turismo del Comune di Napoli.

Per la prima volta Napoli ospita uno dei più affermati fotografi italiani, un artista completo che sfugge a qualsiasi classificazione. Nasce architetto, poi si trasferisce a Milano e intraprende la carriera di fotografo specializzandosi in beauty e still life, passione che lo ha portato a collaborare con “Vogue Italia” e con le edizioni estere di Condé Nast, realizzando campagne e immagini pubblicitarie per marchi internazionali come Gucci, Ferré, Tiffany, Lancôme e molti altri.  Fotografa, ma crea anche sculture, disegni, oggetti che popoleranno le sue immagini e il suo mondo.

“Il suo approccio alla fotografia è più vicino e analogo a quello che seguirebbe un architetto per un progetto”, ha scritto di lui Natalia Aspesi. E ancora: “Più che un architetto fotografo è un architetto che ha scelto la scultura. Un uomo che crea opere con le cose e i corpi e li fotografa solo perché non può mostrare l’oggetto che amorevolmente immagina e costruisce”.
E in risposta a questo Gemelli riassume la sua visione di fotografia così: “Io non rubo l’attimo, non fotografo ciò che accade, ma ciò che vorrei accadesse”.

Gli oggetti come le donne vengono colte dall’obiettivo per quello che permettono a lui di vedere. La sua maggiore abilità è quella di giocare tra il senso della realtà e il senso della possibilità. Considera la bellezza ciò che dà equilibrio alle imperfezioni.  «Sono architetto di animo e di formazione, fotografo per passione e professione. Ritengo la bellezza l’equilibrio tra opposti ed imperfezioni. Cerco il dialogo tra istinto e progetto. Quando non fotografo disegno, faccio sculture e architetto nuove visioni di quel mondo nascosto dentro di me»

A Napoli saranno esposte oltre 100 opere, tra fotografie, disegni e sculture di fil di ferro. L’esposizione non sarà cronologica; analizzerà alcuni temi cardine della ricerca e del lavoro di Gemelli: il presente che ha un volto antico, l’ibridazione delle discipline, l’ambivalenza, il passare del tempo, la memoria che modifica il ricordo.

Dal 09 Ottobre 2021 al 10 Novembre 2021 – PAN Palazzo delle Arti di Napoli

MARIO TESTINO: UNFILTERED

n anteprima mondiale e per la prima volta in Italia, 29 ARTS IN PROGRESS gallery è davvero orgogliosa di annunciare “Mario Testino: Unfiltered”, la prima grande personale del celebre artista e fotografo mai ospitata in una galleria d’arte. Il progetto espositivo si svilupperà a Milano in due appuntamenti: il primo dall’1 ottobre al 27 novembre 2021, e il secondo dal 2 dicembre al 28 febbraio 2022.
Accanto alle più introvabili e iconiche opere fotografiche in grande formato, la galleria milanese presenterà in esclusiva anche un corpo di opere inedite, disponibili in nuovi formati ed edizioni, svelando così il lato meno conosciuto, più spontaneo e intimo dell’artista.
“Scattando immagini di continuo, da molti anni, è bello ogni tanto riflettere su se stessi e osservare quel che gli altri colgono e vedono nelle mie fotografie” – Mario Testino.
L’ambizioso progetto espositivo porterà all’attenzione del collezionismo italiano e internazionale più di 50 opere accuratamente selezionate dai direttori della galleria e da Mario Testino.
Il percorso espositivo include non solo le muse più amate dal fotografo, tra iconici e inediti scatti, ma ne esprime la vasta creatività tanto nella moda quanto nel più intimo ritratto in un’ode all’Italia. La mostra, infatti, comprenderà una selezione di opere del recente progetto editoriale Ciao (Taschen, 2020) interamente dedicato all’amore dell’artista per l’Italia. “Scoprire l’Italia è stata un’esperienza potente che ha catturato la mia immaginazione. Ho avvertito una profonda connessione con tutto ciò che vedevo intorno a me. Ho amato le persone, il paesaggio, l’architettura e il fatto che l’arte e la bellezza fossero naturalmente, semplicemente parte della vita.” – Mario Testino. La seconda fase espositiva racchiuderà per la prima volta un corpo di intime istantanee, autentici momenti di vita vissuti appieno dall’artista assieme ad alcuni dei volti che hanno lasciato un segno indelebile nella sua straordinaria carriera.
“Lavorare con Mario Testino e il suo team è un vero piacere e onore – affermano Eugenio Calini e Luca Casulli, direttori di 29 ARTS PROGRESS gallery -. É bello poter conoscere il lato più autentico di un artista di tale portata e soprattutto poter constatare la grande fiducia riposta in noi, alla base di ogni relazione di successo”

Dal 01 Ottobre 2021 al 28 Febbraio 2022 – 29 ARTS IN PROGRESS gallery – Milano

LINK

WILDLIFE PHOTOGRAPHER OF THE YEAR 2021

Torna a Milano Il Wildlife Photographer of the Year, la mostra di fotografie naturalistiche più prestigiosa al mondo, che da quest’anno cambia sede ed è ospitata nei suggestivi spazi di Palazzo Francesco Turati (ex spazio Forma) in via Meravigli 7, dal1° ottobre al 31 dicembre 2021.

Come sempre organizzata dall’Associazione culturale Radicediunopercento, con il patrocinio del Comune di Milano, l’attesissima esposizione, che nel 2020 non si è tenuta causa emergenza Covid, apre quest’anno in totale sicurezza.

Spiega il presidente Roberto Di Leo: “nonostante le difficoltà organizzative, abbiamo deciso di non far mancare al pubblico milanese questo evento tanto amato e di dare un segnale di ripresa. La mostra sarà fruibile a ingressi contingentati con obbligo di green pass e lo spazio è stato adeguato alle norme sanitarie vigenti. Il lato positivo è che con il distanziamento, le splendide immagini fotografiche si potranno ammirare una dopo l’altra, in esclusiva. Samo sicuri del sostegno dei visitatori che invitiamo ad approfittare del biglietto ridotto durante la settimana e degli orari serali per consentire la maggiore distribuzione possibile delle presenze, perché ci distanziamo per avvicinarci e tornare finalmente a partecipare.”

Da vedere in mostra le 100 immagini premiate alla 56a edizione del concorso di fotografia indetto dal Natural History Museum di Londra che ha visto in competizione 45.000 scatti provenienti da 95 paesi, realizzati da fotografi professionisti e dilettanti.

Selezionate alla fine dello scorso anno da una giuria internazionale di esperti, in base a creatività, valore artistico e complessità tecnica, le foto finaliste e vincitrici ritraggono animali rari nel loro habitat, comportamenti insoliti e paesaggi straordinari; la bellezza della natura ma anche la sua fragilità da difendere e preservare.

Vincitore del prestigioso titolo Wildlife Photographer of the Year 2020 è il russo Sergey Gorshkov con “The Embrace”. L’immagine ritrae una tigre siberiana, specie in via d’estinzione, che abbraccia un antico abete della Manciuria per marcare il territorio. Ci sono voluti oltre undici mesi per riuscire ad immortalare questo scatto ottenuto grazie a fotocamere con sensore di movimento.

La giovane finlandese Liina Heikkinen è la vincitrice del Young Wildlife Photographer of the Year 2020 con “The Fox That Got the Goose”. La foto, scattata in una delle isole di Helsinki, raffigura una giovane volpe rossa che difende ferocemente i resti di un’oca dai suoi cinque fratelli rivali.

Tra i vincitori di categoria anche due italiani: Luciano Gaudenzio, con lo scatto “Etna’s River of Fire” (Ambienti della terra), e il giovane Alberto Fantoni, vincitore del Rising Star Portfolio Award con immagini che documentano la vita degli uccelli nel Mediterraneo. Altri cinque fotografi italiani hanno ricevuto una menzione speciale: Domenico Tripodi (Il mondo subacqueo), Alessandro Gruzza (Ambienti della terra), Andrea Pozzi (Piante e funghi), Andrea Zampatti e Lorenzo Shoubridge (Animali nel loro ambiente).

Dal 01 Ottobre 2021 al 31 Dicembre 2021 – Palazzo Francesco Turati (ex Spazio Forma) – Milano

LINK

PRIMA, DONNA. MARGARET BOURKE-WHITE

È dedicata a Margaret Bourke-White, una tra le figure più rappresentative ed emblematiche del fotogiornalismo, la mostra retrospettiva che documenta attraverso oltre 100 immagini la visione e la vita controcorrente della fotografa statunitense.

Pioniera dell’informazione e dell’immagine, Margaret Bourke-White ha esplorato ogni aspetto della fotografia: dalle prime immagini dedicate al mondo dell’industria e ai progetti corporate, fino ai grandi reportage per le testate più importanti come Fortune e Life; dalle cronache visive del secondo conflitto mondiale, ai celebri ritratti di Stalin prima e poi di Gandhi (conosciuto durante il reportage sulla nascita della nuova India e ritratto poco prima della sua morte); dal Sud Africa dell’apartheid, all’America dei conflitti razziali fino al brivido delle visioni aeree del continente americano.

Oltre 100 immagini, provenienti dall’archivio Life di New York e divise in 11 gruppi tematici che, in una visione cronologica, rintracciano il filo del percorso esistenziale di Margaret Bourke-White e mostrano la sua capacità visionaria e insieme narrativa, in grado di comporre “storie” fotografiche dense e folgoranti.

Sezioni della mostra:
– prima sezione, L’incanto delle acciaierie, mostra i primi lavori industriali di Margaret;
– seconda sezione, Conca di polvere, documenta il lavoro sociale realizzato dalla fotografa negli anni della Grande Depressione nel Sud degli USA;
– terza sezione, LIFE, dedicata alla lunga collaborazione con la leggendaria rivista americana LIFE;
– quarta sezione, Sguardi sulla Russia, vi è inquadrato il periodo in cui Margaret Bourke-White documentò le fasi del piano quinquennale in Unione Sovietica;
– quinta sezione, Sul fronte dimenticato: gli anni della guerra, racconta quando per lei fu disegnata la prima divisa militare per una donna corrispondente di guerra;
– sesta sezione, Nei Campi, vi è testimoniato l’orrore al momento della liberazione del Campo di concentramento di Buchenwald (1945);
– settima sezione, L’India, raccoglie il lungo reportage compiuto dalla fotografa al momento dell’indipendenza dell’India e della sua separazione con il Pakistan;
– ottava sezione, Sud Africa, offre una documentazione del grande paese africano durante l’Apartheid;
– nona sezione, Voci del Sud bianco, vi si trova il lavoro a colori del 1956 dedicato al tema del segregazionismo del Sud degli USA;
– decima sezione, In alto e a casa, raccoglie alcune tra le più significative immagini aeree realizzate dalla fotografa nel corso della sua vita;
– undicesima sezione, La mia misteriosa malattia, una serie di immagini che documentano la sua ultima, strenua lotta, quello contro il morbo di Parkinson.

L’esposizione è accompagnata da Storie di fotografe e di immagini: ciclo di incontri e di approfondimenti aperti al pubblico intorno ai temi della fotografia e dell’identità femminile.

Dal 21 Settembre 2021 al 27 Febbraio 2022 – Museo di Roma in Trastevere

LINK

GABRIELE BASILICO. TERRITORI INTERMEDI

Un grande artista internazionale arriva a Catania con una mostra inedita. Le opere, appositamente prodotte per la mostra dall’Archivio Gabriele Basilico, sono in due formati: 40 in formato 60×70 cm e 10 in formato 100×130 cm.

La selezione rivela un approccio sino a oggi poco indagato all’interno della ricca produzione artistica lasciata dal fotografo milanese. I territori intermedi di Basilico sono spazi fisici e paiono quasi tangibili con lo sguardo, ma anche spazi mentali, indotti nell’osservatore dai vuoti, dalle assenze determinate da pause e silenzi nella costruzione visuale dell’immagine. 

Lo spessore della luce e la scelta prospettica adottati da Basilico contribuiscono a determinare l’equilibrio formale fra i volumi inducendo a una corretta lettura dell’immagine, attraverso quell’atto di sospensione e contemplazione molte volte sottolineato dallo stesso fotografo come momento fondamentale nell’osservazione del paesaggio, di qualunque natura esso sia e si presenti.

Dal 17 Settembre 2021 al 06 Gennaio 2022 – Museo Civico Castello Ursino – Catania

LINK

125 Anni (+1) di Giochi

Tokyo 01/08/2021 Olimpiadi Estive Tokyo2020, Olympics Game Tokyo2020, Nella foto: Gianmarco Tamberi e Marcell Jacobs, 1.class finale salto in alto e 100mt – Foto di Giancarlo Colombo/A.G.Giancarlo Colombo Vietato uso Pubblicitario

Una mostra fotografica per scoprire gli uomini dietro ai campioni, la bellezza e la gioia del gesto atletico lungo tutta la storia delle Olimpiadi

Si inaugura giovedì 11 novembre alle 15.00 presso The Warehouse, in Via L. Settala, 41 a Milano, la mostra 125 anni (+1) di Giochi organizzata dall’agenzia di comunicazione Theoria con la collaborazione di RAI Teche e Sport Movies & TV e le stampe a cura di Epson Italia.

Rivivremo le emozioni del sogno olimpico attraverso le foto dei Giochi di Tokyo del noto fotografo sportivo Giancarlo Colombo. La rassegna storica includerà invece immagini di tutte le passate edizioni delle Olimpiadi, andando a ritroso fino al 1896, con le immagini dell’agenzia Omega Fotocronache.

Dalle prime Olimpiadi moderne di Atene 1896 fino a Tokyo 2020, le foto sono state selezionate non tra le più famose, ma tra quelle che meglio catturano in uno scatto l’essere umano prima ancora dell’atleta con tutte le sue emozioni. 

La sezione storica della mostra è stata realizzata grazie al contributo di RAI Teche, ora proprietaria del Fondo Fotografico Liverani, che ha gentilmente fornito una selezione del vastissimo archivio accumulato nella sua carriera da Vito Liverani, fondatore dell’agenzia Omega e capostipite dei fotografi sportivi italiani.

11-22 novembre 2021 – The Warehouse – Milano

FOTO/INDUSTRIA 2021FOOD

DONNA due giovani raccoglitrici di zucche, ne portano via una ciascuno trasportandola sulla testa. fotografia di Ando Gilardi (parte della mostra Olive e bulloni – Ando Gilardi Lavoro contadino e operaio nell’Italia del dopoguerra 1950-1962) Qualiano (NA) 1955 circa

A Bologna dal 14 ottobre al 28 novembre 2021 si tiene la quinta edizione della Biennale di Fotografia dell’Industria e del Lavoro promossa e organizzata da Fondazione MAST con 10 esposizioni nel centro storico e una al MAST.

La Fondazione MAST presenta la quinta edizione di Foto/Industria, la prima Biennale al mondo dedicata alla fotografia dell’Industria e del Lavoro, che si svolge a Bologna dal 14 ottobre al 28 novembre, con la direzione artistica di Francesco Zanot: 10 mostre in sedi storiche del centro cittadino e una al MAST.

Titolo di Foto/Industria 2021 è FOOD, un tema di fondamentale importanza per il suo inscindibile legame con macroscopiche questioni di ordine filosofico e biologico, storico e scientifico, politico ed economico.

Al centro della Biennale si trova il soggetto dell’industria alimentare: il bisogno primario del cibo si sovrappone a quello delle immagini in un percorso che si sviluppa all’interno di una materia insieme senza tempo e di stringente attualità. Un settore in rapido sviluppo che risponde alle più importanti trasformazioni in atto su scala globale: la questione demografica, il cambiamento climatico e la sostenibilità. Fotografia e gastronomia si fondono dalla teoria alla pratica innescando una serie di riflessioni sulla complessità della “questione alimentare”.

Tra i principali argomenti oggetto delle 11 mostre che ripercorrono un secolo di storia dagli anni Venti ad oggi, figurano:

l’industria alimentare e il suo impatto sul territorio; il rapporto tra alimentazione e geografia; la meccanizzazione della coltivazione e dell’allevamento; la questione del grano; l’alimentazione organica e naturale; i mercati e le tradizioni locali; la pesca nei mari e nei fiumi.

Undici fotografi tutti di caratura internazionale.

Tre artisti italiani:

Ando Gilardi, tra le figure più eclettiche e originali della storia della fotografia italiana, è il protagonista della mostra “Fototeca” al MAST con una combinazione di reportage fotografici e materiali estratti dal pioneristico archivio iconografico che ha fondato nel 1959 (la mostra proseguirà fino al 2 gennaio 2022);

Maurizio Montagna ha realizzato “Fisheye” appositamente per questa Biennale, progetto dedicato al fiume Sesia e alla sua valle (Collezione di Zoologia del Sistema Museale di Ateneo – Università di Bologna);

Lorenzo Vitturi in “Money Must Be Made” fotografa Balogun, il mercato di strada di Lagos in Nigeria, uno dei più grandi del mondo (Palazzo Pepoli Campogrande – Pinacoteca Nazionale di Bologna).

Otto artisti stranieri:

Hans Finsler, considerato tra i padri della fotografia oggettiva degli anni ’30, ha realizzato nel 1928 la serie “Schokoladenfabrik” su commissione dell’azienda dolciaria Most (Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna Genus Bononiae – San Giorgio in Poggiale);

Herbert List, fotografo tedesco membro della Magnum Photos. Nella mostra “Favignana” sono esposte 41 immagini sulla mattanza dei tonni avvenuta nell’isola nel 1951 (Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna Genus Bononiae – Palazzo Fava, salone “Mito di Giasone e Medea”);

il francese Bernard Plossu ha fotografato spezzoni di vita in tutto il mondo e ritratti legati a persone e cibo nella quotidianità in “Factory of Original Desires” (Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna Genus Bononiae – Palazzo Fava, sale “Le avventure di Enea”);

Mishka Henner, “In the Belly of the Beast” è un’esposizione sul rapporto tra uomo, animali e tecnologia in un processo incessante fatto di consumo, digestione e scarto (Palazzo Zambeccari – Spazio Carbonesi);

il giapponese Takashi Homma nella mostra “M + Trails” da un lato raccoglie e mette a confronto le facciate dei negozi di McDonald’s nel mondo soffermandosi su differenze e analogie, dall’altro immortala le tracce di sangue lasciate dai cacciatori di cervi in Giappone (Padiglione dell’Esprit Nouveau);

l’olandese Henk Wildschut con “Food” si concentra sulle più avanzate tecnologie dell’industria alimentare sviluppate per aumentare il volume della produzione (Fondazione del Monte di Bologna e di Ravenna – Palazzo Paltroni);

l’artista americana Jan Groover, nota per le sue nature morte, con “Laboratory of forms“ è oggetto di una retrospettiva a partire dalle celebri nature morte riprese nella cucina della sua abitazione, che dialogano con le opere del pittore bolognese Giorgio Morandi custodite nelle sale del MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna (la mostra proseguirà fino al 2 gennaio 2022);

la ricercatrice e attivista palestinese Vivien Sansour presente “Palestine Heirloom Seed Library”, un progetto per salvaguardare antiche varietà di semi e per proteggere la biodiversità (Palazzo Boncompagni). 

La Biennale Foto/Industria 2021 è accompagnata da un Photo Book/Ricettario, una pubblicazione a metà tra fotografia e libro di ricette pensate dallo chef e scrittore Tommaso Melilli, che interpreta le immagini e i temi di ogni mostra attraverso una ricetta originale. 

FOTO/INDUSTRIA 2021 V BIENNALE DI FOTOGRAFIA DELL’INDUSTRIA E DEL LAVORO FOOD

BOLOGNA, 14 ottobre – 28 novembre 2021 

LINK