Mostre di fotografia da non perdere in agosto!

Prima di scappare per le meritate vacanze, vi lasciamo con qualche consiglio per le mostre di fotografia del mese di agosto

Buone vacanze!

Anna

MONIKA BULAJ. GEOGRAFIE SOMMERSE

Monika Bulaj, Il canto potente delle donne pugliesi per la madre di Dio che perse il figlio, il lamento di Demetra, Stabat Mater. Canosa, Italia, 2015
© Monika Bulaj | Monika Bulaj, Il canto potente delle donne pugliesi per la madre di Dio che perse il figlio, il lamento di Demetra, Stabat Mater. Canosa, Italia, 2015

Il Magazzino delle idee di Trieste ospita da sabato 15 luglio a domenica 8 ottobre 2023 la mostra fotografica Geografie sommerse della fotografa, reporter e documentarista Monika Bulaj.

L’esposizione a cura della stessa fotografa e organizzata da ERPAC, Ente Regionale per il patrimonio culturale del Friuli Venezia Giulia, ripercorre attraverso più di cento immagini, a colori e in bianco e nero, il lungo viaggio dell’artista fra minoranze e popoli nomadi, fra fedi e religioni, un percorso che l’ha condotta lungo confini, in luoghi sacri e condivisi documentando le condizioni sociali degli strati più deboli dei Paesi da lei attraversati: Europa orientale, Caucaso, Medio Oriente, Africa, altipiano iranico, Asia centrale, Russia, Afghanistan, Haiti e Cuba.

Le fotografie di Monika Bulaj mettono in luce l’invisibile, quella ricchezza che sotto gli occhi di tutti sta scomparendo, in quelle terre dove per millenni le genti hanno condiviso i santi, i gesti, i miti, i canti, le danze, gli dei. Le minoranze perseguitate in Afghanistan e Pakistan, i cristiani d’Oriente, i maestri sufi dal Maghreb alle Indie, gli sciamani dell’antica Battria, gli ultimi pagani del Hindu Kush, i nomadi tibetani, le sette gnostiche dei monti Zagros. Abitanti delle ultime oasi d’incontro, zone franche assediate da fanatismi armati, patrie perdute dei fuggiaschi d’oggi. Luoghi dove gli dei parlano spesso la stessa lingua franca e dove, dietro ai monoteismi, appaiono segni, presenze, gesti, danze, sguardi condivisi.

Testimonianze catturate in cammino con i nomadi, minoranze in fuga, pellegrini. Cercando il bello anche nei luoghi più bui, la solidarietà e la coabitazione tra fedi laddove si mettono bombe, le crepe nella teoria del cosiddetto scontro di civiltà. Un lavoro che è mutato nel tempo dove all’inizio l’intento era quello di documentare piccole e grandi religioni all’ombra dei conflitti antichi e presenti per arrivare poi a raccogliere e cogliere il racconto delle preghiere e dei sogni, delle tante memorie sempre incentrato sul senso dell’uomo per il sacro.

“Le geografie che traccio con questa ricerca – spiega Monika Bulaj – sconvolgono le mappe mentali tradizionali sul sacro, basate su elezione, divisione ed esclusione, dando vita ad un piccolo atlante visuale delle minoranze a rischio e del “sacro”. Sono luoghi tenuti segreti e spesso indecifrabili dove da secoli si preservano parole trasmesse di bocca in bocca, e con esse il sapere sulle origini, le metafore delle iniziazioni e delle trasformazioni, le ricette per la sopravvivenza”.
Al centro di tutta la sua ricerca vi è il corpo, chiave di volta e pomo della discordia nelle religioni.

Il corpo iniziato e benedetto, svelato e coperto, temuto e represso, protetto e giudicato, intoccabile
e impuro, intrappolato nella violenza che genera violenza, corpo-reliquia, corpo-martire, corpo-trappola, corpo-bomba.
“Mi piace pensare il corpo – dice Monika Bulaj – come a un tempio, scrigno della memoria collettiva, quello che non mente. Nell’arcaicità dei gesti si legge la saggezza arcana di un popolo, la ricerca della liberazione attraverso l’uso sapiente dei sensi”.

La ricerca di Monika Bulaj, inizia nel 1985. Dal 2001 ha trovato espressione in numerose esposizioni.

I suoi scatti e reportage in costante cammino “con persone in fuga dalla follia dell’uomo” per citare l’autrice, sono stati pubblicati in diversi quotidiani e magazine italiani e internazionali, tra i quali Courrier International,Gazeta Wyborcza,GeoCorriere della Sera, InternazionaleNational GeographicThe New York TimesTimeLaRepubblicaRevue XXIAl JazeeraGrantMagazineVirginia Quarterly Review.
Il suo reportage Haiti degli spiriti inoltre, ha rappresentato la testata “La Repubblica” nella sezione
Daily Press per il Visa d’Or a Perpignan nel 2015 e le sue opere sono state acquistate da Leica Collections.

“La fotografia è specchio e relazione – afferma la fotografa nell’introduzione nel volume fresco di stampa –, vetro da cui traspare qualcosa. Tutto accade nella grazia d’un incontro. Non nelle domande che contengono già le risposte, ma nell’ascolto, che rende il racconto indispensabile”.

I visitatori della sua mostra al Magazzino delle idee fino all’8 ottobre, potranno entrare in un inedito racconto attraverso le immagini che la fotografa ha volutamente allestito in un intreccio narrativo – visivo più per similitudini che per latitudine e incontrare così un mondo antico, apparentemente distante dove poter scoprire invece, una vicinanza e assonanza sui temi presentati così universali per l’umanità.

In occasione della mostra è pubblicato da Emuse edizioni il libro dal titolo Geografie sommerse con immagini e testi dell’autrice.

Dal 15 Luglio 2023 al 08 Ottobre 2023 – Magazzino delle idee – Trieste

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PHILIPPE HALSMAN. LAMPO DI GENIO

Marilyn Monroe by Philippe Halsman
© Philippe Halsman | Marilyn Monroe by Philippe Halsman

Mostra dedicata a Philippe Halsman, tra i più originali ed enigmatici ritrattisti del Novecento.

In mostra oltre cento immagini di vario formato, tra colore e bianco e nero che percorrono l’intera sua carriera selezionate da Contrasto e Archivio Halsman di New York.

L’esposizione, ideata e curata da Alessandra Mauro presenta per la prima volta in Italia una grande personale dedicata a uno dei più importanti fotografi del Novecento, Philippe Halsman. Nato a Riga (Lettonia) nel 1906, Halsman comincia negli anni Venti la sua carriera di fotografo e diventa celebre a Parigi, negli anni Trenta, lavorando per riviste come “Vogue” e “Vu”. Negli anni Quaranta riesce a ottenere un visto per gli Stati Uniti grazie all’amicizia di Albert Einstein e una volta sbarcato a New York, la sua fama di grande ritrattista si consolida ancora di più. Dalle collaborazioni con le grandi testate, agli intensi ritratti per lo show business hollywoodiano, Halsman ha creato un genere e uno stile unico e rivoluzionario. Le sue fotografie sono frutto di una vulcanica creatività e delle sinergie che si manifestavano nell’incontro con grandi e illustri amici tra cui, il più folle di tutti, Salvador Dalì, con cui realizza una serie straordinaria di immagini surreali e surrealiste. Nella sua lunga carriera di ritrattista, Halsman ha firmato 101 copertine della rivista “Life”: un record incontrastato.

Le immagini sono accompagnate da una documentazione selezionata come le copertine di “Life”, i provini, le testimonianze d’epoca e i filmati per ricordare questo grande interprete della fotografia e offrire allo stesso tempo un’originale riflessione sul ritratto fotografico, la sua genesi e la sua particolarità.

Un’occasione unica per ammirare le sue grandi creazioni, comprendere quale sia la chiave creativa che, ancora oggi, ogni ritratto richiede e, dall’altra parte, passare in rassegna, con le sue opere, i volti della cultura e dello spettacolo del Novecento.

L’esposizione è promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali ed è organizzata da Contrasto Zètema Progetto Cultura, in collaborazione con BNL BNP Paribas e Leica. Il catalogo è edito da Contrasto.

Dal 06 Luglio 2023 al 07 Gennaio 2024 – Museo di Roma in Trastevere

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HIPGNIOSIS STUDIO: PINK FLOYD AND BEYOND

©  PINK FLOYD MUSIC LTD.
© PINK FLOYD MUSIC LTD.

In un viaggio a tappe pensato dall’associazione culturale ambientarti per la Costiera Amalfitana ed iniziato a Cetara, prende forma il format AMI – ARTE MARE INCONTRI, che oggi si estende fino a Maiori per dare vita a un progetto di grande respiro ed ospiti internazionali. E così, anche Ami Maiori attraverso la cultura, l’arte e gli eventi si prefigge di valorizzare i beni e la tradizione, nonché l’immenso valore paesaggistico del borgo costiero. Le iniziative hanno, infatti, una fortunata ricaduta sul territorio, sull’appeal turistico e sulle bellezze naturali, culturali e monumentali del paese.

Ancoraggio, territorio, marchi di qualità: questi i cardini su cui Ami sta tracciando il proprio percorso. Grazie al sostegno della Regione Campania e del Comune di Maiori, con il sindaco Antonio Capone, il direttore artistico della programmazione estate 2023 a Maiori, Alfonso Pastore, con la responsabile procedimento, Rossella Sammarco, la Costiera Amalfitana diventa protagonista di una delle celebrazioni più memorabili della storia della musica rock: i 50 anni dall’uscita di “The Dark Side of the Moon uno degli album più influenti della storia della cultura popolare.

Ed è “Hipgnosis Studio: Pink Floyd and beyond” il titolo della mostra che apre i battenti il prossimo martedì25 luglio, nelle sale di Palazzo Mezzacapo alla presenza di Aubrey Powell, – fondatore insieme a Storm Thorgerson dello Studio Hipgnosis e attuale direttore creativo dei Pink Floyd – ospite d’eccezione al taglio del nastro.  

La mostra, a cura di ONO arte sarà visitabile fino al 27 agosto: 55 opere di grande formato, con un nucleo centrale che racconta la collaborazione tra Studio Hipgnosis e i Pink Floyd, dalle copertine più iconiche della band fino ai loro lavori preparatori e out-take, per mostrare passo dopo passo il processo creativo all’origine di quelle che ormai sono diventate pietre miliari non solo dell’arte e del design, ma anche della cultura visiva contemporanea tutta. Dai lavori per i Pink Floyd, la mostra si allargherà anche alle opere realizzate per band come Led Zeppelin, Peter Gabriel, Genesis e Rolling Stones.

Il vernissage si concluderà con uno straordinario omaggio che vede ripetersi il sodalizio tra l’associazione culturale presieduta da Alessia Benincasa e i Pink Bricks, la storica tribute band italianadei Pink Floyd. Al talk di apertura, dalle 19.30, saranno presenti Stefano Tarquini, Nino Gatti, insieme ad Alfonso Amendola, esperto di consumi di massa e avanguardie contemporanee, docente di Sociologia dei processi culturali all’Università di Salerno. Conosciuto in tutto il mondo per il suo archivio storico sui Pink Floyd, sin dal 1988 Nino Gatti ha collaborato a vari articoli e libri pubblicati in Italia e all’estero. È vice-presidente dell’associazione culturale «The Lunatics», un progetto che comprende il più grande archivio storico e musicale sui Pink Floyd. E fa parte del gruppo “The Lunatics” anche Stefano Tarquini che, dal 1984, è un collezionista di vinili dei Pink Floyd. In occasione del 50° anniversario del disco, lo scorso 1 marzo è uscito un libro interamente realizzato in formato deluxe con copertina rigida rilegata in tela, in edizione limitata a 500 copie.  Nel volume sono presenti tutte le 700 varianti conosciute del capolavoro dei Pink Floyd su LP, riccamente illustrate con oltre 1000 immagini: dalla prima edizione britannica del marzo 1973  alle stampe meno conosciute provenienti dal Nicaragua o del Mozambico.

Per concludere la serata di inaugurazione ci si sposterà dalle 21.30 al Tetro del Mare per il tributo dei Pink Bricks al “lato oscuro della luna”, preceduto dall’opening-actdi Aubrey Powell, in dialogo con Maurizio Guidoni e Vittoria Mainoldi di ONO arte.  Dopo il concerto-evento “The Dark Side Anniversary Concert” alla “Sala Pier Paolo Pasolini” di Salerno dello scorso marzo, i Pink Bricks riproporrano l’intero album e altri brani leggendari dei Pink Floyd nel suggestivo scenario, con una formazione a 8 elementi (Giuseppe Del Sorbo, voce; Antonello Buonocore, basso; Alessio D’Amaro, chitarra; Sergio Duccilli, tastiere e visual; Pasquale Benincasa, batteria; Antonio Maiorano, sax; Carmen Vitiello e Mafalda Angrisani, cori) e un sofisticato spettacolo di luci, suoni, colori.

Durante il mese di agosto, saranno in programma diversi appuntamenti, tra cui uno speciale scret concert unpluggedvenerdì 11 agosto, alle 21.30, nei meravigliosi Giardini del Palazzo Mezzacapo che faranno da quinta ad un set acustico dei Pink Bricks, in un’atmosfera che si promette magica.

La mostra “Hipgnosis Studio: Pink Floyd and Beyond” ripercorre la storia di uno dei gruppi più importanti della musica rock attraverso il lavoro dello studio grafico che aiutò a tradurre in immagine visive la loro opera sonora. Non è infatti possibile immaginare i Pink Floyd senza le copertine dei loro album, che sono diventati dei veri e propri simboli, e dietro a quelle copertine c’erano Storm Thorgerson e Aubrey Powell, ovvero lo Studio Hipgnosis, noto al grande pubblico nel 1973, proprio con la copertina realizzata per “The Dark Side of the Moon” dei Pink Floyd. Il disco in sé ebbe ampio successo entrando nelle case di milioni di fan, e da allora l’iconico triangolo attraversato dall’arcobaleno fu considerato una delle migliori copertine di album di ogni tempo. Ma per Hipgnosis la collaborazione con la band era iniziata già dal 1968 con “A Saucerful of Secrets”, quando lo studio non aveva ancora un nome ed era in realtà un duo di studenti che utilizzava il laboratorio del Royal Collage of Art di Cambridge per dare vita ai primi progetti, a beneficio di altrettanti studenti con aspirazioni musicali.
Partendo dalla tecnica del collage fotografico, Thorgerson e Powell cominciarono a realizzare copertine di dischi dai tratti surreali, fino a rivoluzionare e cambiare per sempre quella che è la produzione grafica di album musicali, la cui importanza stava diventando sempre più rilevante proprio in quegli anni. E’ solo con la così detta British Invasion della metà degli anni ’60, infatti, che il ruolo delle copertine dei dischi diventò importante, configurando quello che prima era solo un contenitore come un importante veicolo di contenuto. In un clima di tali novità, il gruppo Hipgnosis iniziò una sua personale sperimentazione, introducendo diverse tecniche che permettevano di ottenere effetti psichedelici. Per lo studio Hipgnosis la tecnica era importante quanto il contenuto: le loro complesse composizioni fotografiche, oggi molto più semplici da realizzare grazie ai programmi digitali, allora erano di gran lunga più impegnative, e i loro esperimenti in camera oscura furono molti. Utilizzarono il bianco e nero, il colore, la stampa multipla, la solarizzazione, la stampa in negativo, la doppia esposizione e così via.  Ma il lavoro artistico di Hipgnosis non era una sperimentazione manierista e fine a se stessa, bensì una diretta traduzione dell’opera dei gruppi per cui lo Studio lavorava, i Pink Floyd su tutti: come la musica diventava sempre più concettuale, complessa ed intrigante, così facevano anche le copertine degli album. Inoltre, proprio in questi anni si assistette ad una nuova trasformazione del concetto di arte che venne sdoganata ad un pubblico di massa, diventando così molto più accessibile. L’ evoluzione artistica della musica pop sarebbe oggi impensabile senza le copertine realizzate dallo Studio Hipgnosis. Prima del loro lavoro le cover erano quasi esclusivamente fotografie degli artisti: Aubrey Powell e Storm Thorgerson le hanno trasformate in una forma d’arte. L’aspetto del lavoro di cui Powell è più orgoglioso è la creatività condivisa con Storm Thorgerson, morto di cancro nel 2013. I due artisti hanno sempre cercato pensieri obliqui, con lo scopo di non essere mai ovvi e scontati e sviluppare un proprio stile nel quale il Surrealismo la faceva da padrone. Uno stile unico, copiato e ammirato nel mondo, ma mai eguagliato. Aver avuto il privilegio di poter lavorare continuativamente con artisti come Pink Floyd ha permesso a Hipgnosis di evolversi fino ai giorni nostri, entrando – di diritto – nei più importanti musei del mondo.

Dal 25 Luglio 2023 al 27 Agosto 2023 – Palazzo Mezzacapo – Maiori (SA)

ALEX MAJOLI. CRONACHE

Rapiti dalla realtà, osservano in assoluto silenzio. Così i primi visitatori della mostra “Cronache” che porta a Modica, fino a metà ottobre, le fotografie di un nome internazionale come Alex Majoli.
Inaugurata sabato sera all’ex convento del Carmine, con un corpus di oltre 130 fotografie, la mostra porta in evidenza temi importanti, narrazioni fotografiche che Majoli, da cittadino del mondo, ha catturato in più anni e in più Paesi, scegliendo anche territori martoriati dalla guerra o dalle dittature, o vicende inaspettate e drammatiche come la pandemia, per mettere soprattutto le persone al centro, protagonisti della “teatralità dell’esistenza”, di pirandelliana memoria, in cui ciascuno recita la propria parte.
Come hanno ricordato i curatori della mostra, il critico d’arte Paolo Nifosì e il sovrintendente Tonino Cannata, le opere di Majoli rappresentano uomini, donne, bambini, bambine, anziani fotografati nei vari continenti, in varie nazioni, nell’arco degli ultimi trent’anni. “Contestualmente – spiega Nifosì nel testo in catalogo che contiene anche un’intervista esclusiva – fotografano la sofferenza, la pandemia, il dolore, i muri, i confini, i deboli, i poveri, gli emarginati, la violenza, le guerre, le migrazioni, il potere, le ideologie, le fedi, i popoli che subiscono. Questa varia Umanità è la protagonista di questa mostra di Modica”.
Immagini caratterizzate dal buio, dai neri, che incidono fortemente nella percezione visiva del visitatore, accentuando ancor di più la tragedia, il dolore, la solitudine, le disperazioni del mondo stesso. “Portiamo a Modica una mostra straordinaria – ha detto in presentazione il sovrintendente Cannata – con un grande della fotografia mondiale, e con un’esposizione che mette al centro proprio il visitatore, sorpreso nel guardare gli scatti fotografici, sequenze di Umanità che Majoli blocca per sempre facendo diventare quei momenti immortali”.

La mostra, promossa dalla Fondazione Teatro Garibaldi con il patrocinio del Comune di Modica e della Regione Siciliana (rappresentata quest’ultima dall’on. Ignazio Abbate e che ha annunciato specifici finanziamenti per la Fondazione Teatro Garibaldi) sarà fruibile fino al 15 ottobre anche per consentire, come ricordato dal vicepresidente della Fondazione, Giorgio Rizza, una fruizione alle scolaresche molte delle quali hanno già manifestato il proprio interesse.
E finalmente, per la prima volta, la mostra è realmente inclusiva perché è attivo il servoscala che permette l’accesso ai disabili.

“E’ la novità con cui lanciamo questa mostra – sottolinea Maria Monisteri, presidente della Fondazione Teatro Garibaldi – Grazie a lavori di adeguamento abbiamo voluto che questo appuntamento fosse davvero dedicato a tutti. Majoli è un fotografo di fama internazionale e questa straordinaria mostra a Modica, evento principale della nostra stagione estiva, non solo ci offre l’opportunità di poter fruire dei suoi scatti ma ci proietta come punto di riferimento in Sicilia per i grandi eventi”.

Majoli, che ha invitato tutti a godersi la mostra e a riflettere sugli input che arrivano, ha anche spiegato che è necessario approfondire. Nell’era delle immagini veloci la fotografia di Majoli ci invita a fermarci, ad osservare, a comprendere. “Ho sempre percepito la fotografia come una cosa fisica, di carta, qualcosa di tangibile. Credo che bisogna avere il tempo per guardare le immagini.
Oggi per farlo, sugli schermi del nostro smartphone, usiamo i pollici, vediamo decine e decine di immagini al secondo senza nemmeno comprenderle. Io uso l’indice, ancora. Per scattare, per raccontare. Diversamente si rischia di perdere la bussola. Nessuno ci obbliga ad andare veloci. Io penso che si debba rallentare nella vita, si debba andare più nel profondo, si debba capire di più, piuttosto che pensare di aver capito”.
A sostenere l’iniziativa gli sponsor Avimecc, Bonajuto, Mutika, Winner, e dai tradizionali partner Conad, Gruppo Minardo, Gruppo Zaccaria, Acqua Santa Maria, Modicanello, Bapr. Media partner DSE Pubblicità. Alex Majoli, nato a Ravenna, ha vissuto a New York ed è da qualche anno siciliano d’adozione (vive nella barocca Scicli). Ha ricevuto numerosi premi internazionali e ha raccontato guerre, attacchi della polizia, povertà delle periferie nelle megalopoli dei continenti, massacri, solitudini, disperazioni dell’intero globo. Dal 2001 è membro effettivo dell’agenzia internazionale fotografica Magnum Photos, di cui per alcuni anni ha ricoperto l’incarico di presidente.

A sostenere l’iniziativa gli sponsor Avimecc, Bonajuto, Mutika, Winner, e i tradizionali partner Conad, Gruppo Minardo, Gruppo Zaccaria, Acqua Santa Maria, Modicanello, Bapr. Media partner DSE Pubblicità. 

Dal 15 Luglio 2023 al 15 Ottobre 2023 – Ex Convento del Carmine – Modica (Ragusa)

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GIBELLINA PHOTOROAD

Mimmo Jodice, Gibellina
© Mimmo Jodice | Mimmo Jodice, Gibellina

Installazioni fotografiche di grande formato, mostre outdoor, installazioni site-specific, video mapping, talk e visite guidate, animeranno le strade di Gibellina (Trapani), città siciliana che è uno dei più grandi musei d’arte contemporanea “a cielo aperto” del mondo. 

Torna dal 28 luglio al 30 settembre 2023 Gibellina Photoroad, il primo festival di fotografia e arti visive open air e site-specific in Italia e uno dei pochi al mondo, che porta nella cittadina del Belìce il meglio della fotografia contemporanea internazionale con visionari e innovativi allestimenti “all’aperto”, alla ricerca di nuove interazioni con lo spazio urbano e con il pubblico. 

Organizzato dall’Associazione culturale On Image con la direzione artistica di Arianna Catania, e promosso da Comune di Gibellina e Fondazione Orestiadi, il festival Gibellina Photoroad celebra quest’anno la sua quarta edizione. Parteciperanno 34 artisti (più 3 mostre collettive) provenienti da 11 Paesi europei e extraeuropei che hanno accettato la sfida di progettare nuovi allestimenti, pensati per interagire con il tessuto urbano di Gibellina, città d’arte nata dalle macerie del devastante terremoto del 1968 e caratterizzata da opere architettoniche e sculture dei più noti artisti del ‘900 come Alberto Burri, Arnaldo Pomodoro, Pietro Consagra, Mimmo Paladino e molti altri. 
Dai maestri della storia della fotografia come Mimmo Jodice, a reporter come il fotografo Magnum Jonas Bendiksen e il vincitore di 10 World Press Photo Francesco Zizola, fino alle sperimentazioni dell’’“alchimista dell’immagine”, il giapponese Kensuke Koike: Gibellina Photoroad offre un amplissimo spaccato della fotografia contemporanea internazionale, un percorso variegato e intrigante che si dipana a partire dal tema scelto per questa edizioni: le “alterazioni”. “La fotografia è dalla sua nascita un campo in cui il conflitto tra genio creativo e forme precostituite, tra individuo e strutture sociali si esprime alla sua massima potenza”, spiega la direttrice Arianna Catania. “La fotografia nasce da una positivistica aderenza alla realtà, ma non rappresenta mai il mondo così com’è, lo modifica, lo trasforma, lo altera”. Spiega la direttrice Arianna Catania. 

Dal 28 Luglio 2023 al 30 Settembre 2023 – Sedi varie – Giballina (TP)

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SACRED LANDSCAPES | SACRO E NATURA IN MOSTRA ALLE VATICAN CHAPELS

Ricardo Flores & Eva Prats
Ricardo Flores & Eva Prats

Una mostra collettiva pensata per raccontare la relazione tra la spiritualità e la natura: Sacred Landscapes è il progetto che la Fondazione Giorgio Cini presenta in occasione della Biennale Architettura 2023, dal 18 maggio al 26 novembre. Un percorso espositivo che nasce dall’esperienza del suo curatore, Marco Delogu, alle Vatican Chapels nel bosco dell’Isola di San Giorgio, dalle suggestioni vissute nel parco e dall’intenso rapporto con la spiritualità evocata dal contesto.
Un luogo verde e silenzioso nella laguna, tra acqua, cielo e terra, ideale per condurre alla riflessione e all’esperienza spirituale. Per raccontare questo viaggio introspettivo sono stati riuniti i lavori di dieci grandi nomi della fotografia mondiale – Don McCullin, Tim Davis, Marco Delogu, Graciela Iturbide, Sally Mann, Martin Parr, Annie Ratti, Guy Tillim, Paolo Ventura, Francesca Woodman – ciascuno posto in relazione con le architetture delle cappelle: il primo Padiglione della Santa Sede alla Biennale Esposizione Internazionale di Architettura – La Biennale di Venezia del 2018, composto da dieci cappelle permanenti all’interno del bosco della Fondazione Giorgio Cini e inserito nel percorso delle visite guidate.
Un progetto promosso dalla Santa Sede e sostenuto dalla Fondazione, che attiva la missione dell’istituzione di generare nuove possibilità creative e di dialogo, un terreno di confronto unico per la nascita di nuove esperienze artistiche, di valorizzazione e scambio interculturale.
Realizzate da architetti di fama mondiale provenienti da Italia, Spagna, Portogallo, Gran Bretagna, USA, Australia, Brasile, Giappone, Cile/Serbia e Paraguay, le Vatican Chapels alla Fondazione Giorgio Cini rappresentano un’indagine sui luoghi della spiritualità contemporanea. Realizzate rispettando lo spazio naturale circostante, sorgono in un ambiente naturale quale il bosco che diviene metafora del peregrinare della vita. Il progetto, ispirato alla Cappella del bosco di Gunnar Asplund costruita nel 1920 nel cimitero di Stoccolma e curato dal professor Francesco Dal Co.

Per il Segretario Generale della Fondazione Giorgio Cini Renata Codello: «La mostra Sacred Landscapes assume un ruolo fondamentale nel sottolineare l’importanza della sacralità come luogo, alla sua connessione con lo spazio, qui inteso anche come paesaggio. Allo stesso tempo, riflette sul ruolo dell’uomo come custode e creatore di significati; ci richiama alla responsabilità di preservare e valorizzare la dimensione spirituale della vita, invitandoci a pensare alle diverse possibilità espressive del paesaggio nella definizione formale dello spazio contemporaneo. Una nuova dimensione da scoprire attraverso le fotografie di dieci grandi autori, selezionati da Marco Delogu ad accompagnare in questo percorso, attraverso il bosco e le Cappelle dello straordinario progetto curato dal professor Francesco Dal Co. Un orizzonte che si arricchisce, una  volta di più, del dialogo tra le arti, nella missione di valorizzazione e restituzione promosso dalla Fondazione Giorgio Cini»  
Con questo spirito nasce Sacred Landscapes, il chiasmo tra gli scatti selezionati da Marco Delogu e questi luoghi di culto della natura; qui il fotografo inglese Don McCullin, noto per i suoi scatti in cui ha documentato le atrocità dei conflitti e le violente ingiustizie nel mondo, entra nella cappella progettata da Norman Foster con l’immagine Il bosco di Ravello (2005): una composizione solenne, intrisa di misticismo e di sacralità che interagisce con la fitta composizione e l’ambiente evocativo dell’architetto. La statunitense Sally Mann porta Deep South #22 (2004) nella cappella del cileno Smiljan Radic: un’immagine in cui protagonista è un tronco che emerge dall’acqua, oscura eppure serena, in dialogo con il tronco senza fronde custodito e protetto dall’architettura, come un’esatta risposta alla medesima celebrazione.

Return to the Woods è l’opera scelta di Francesca Woodman (1980), fotografa americana, scomparsa prematuramente a soli 22 anni. Nell’estate del 1980, nello suo studio, l’artista immagina di restituire il tavolo in legno all’albero, al bosco, in una metamorfosi tra artificiale, umano e naturale. L’opera condivide con la Cappella del Mattino di Ricardo Flores ed Eva Prats la tonalità dell’intonaco di cocciopesto, caratteristica del materiale edilizio offrendo insieme, prospettive alternative e possibilità di essere luoghi di incontro.
La Desert house (2021) del fotografo Tim Davis si infuoca nei colori del cielo all’imbrunire, stagliandosi nel deserto su una collina rocciosa, come un miraggio che appare all’interno dell’architettura di Francesco Cellini.
Con la serie Second Nature, Tahiti (2011) il sudafricano Guy Tillim si allontana dalla fotografia documentaristica che ha caratterizzato il suo lavoro – raccontando al mondo gli effetti dell’Apartheid, il dramma dei bambini soldato nel Congo, il post colonialismo – andando alla (ri)scoperta del paradiso in terra, sulle orme di James Cook e Paul Gauguin, affrontando lo stesso dilemma degli autori: come rappresentare un paesaggio tanto idilliaco, raccontando le potenzialità e i limiti del mezzo fotografico. Una riflessione che in Sacred Landscapes prende corpo nella struttura circolare, sospesa tra cielo e terra, di Javier Corvalán.

E ancora, il paesaggio etereo e astratto di Natura bianca #14 (2008) di Marco Delogu, creato dal movimento del vento e da un’atmosfera di cielo bianco e basso, dialoga con il piccolo edificio ecosostenibile, un dettagliato luogo di culto, di Terunobu Fujimori. L’immagine della Crimsworth Dean Methodist Chapel (1971) di Martin Parr racconta di un luogo fortemente simbolico e identitario di una comunità dello Yorkshire, entrando in una nuova narrazione in cui dialoga con il senso di ritrovo e condivisione della cappella di Andrew Berman.

I quattro scatti che compongono l’opera fotografica di Annie Ratti, artista poliedrica, Mushrooms (2014) adagiata sul terreno in prossimità della cappella di Carla Juacaba, ritrae differenti fasi di crescita di un fungo dalle proprietà allucinogene. Le composizioni lineari e la compattezza cromatica della fotografia Milano 2023 di Paolo Ventura sono affiancate alla presenza discreta, come una pura linea tracciata nella natura, della cappella vaticana dell’architetto australiano Sean Godsell. Il percorso ideale si chiude tra i luoghi fisici e dell’anima, mitologie e culti arcaici trasportati nel contemporaneo che accomunano il lavoro di Graciela Iturbide nel ritratto della Mujer Angel (2011), una donna indigena del Messico del popolo Seri abitante del deserto di Sonora, inserita nell’architettura di Eduardo Souto de Moura: spessi blocchi di pietra di Vicenza, poggiati l’uno sull’altro, che si percepiscono come un antico monolite.

La mostra è realizzata con il supporto del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e verrà presentata in diversi Istituti di Cultura Italiana nel mondo. Il progetto è realizzato in collaborazione con Zintek.        

Dal 18 Maggio 2023 al 26 Novembre 2023 – Fondazione Giorgio Cini – Venezia

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STAND E 015. AGNESE GARRONE E DOMINIQUE LAUGÉ

Agnese Garrone, Jardins des Tuileries, Parigi 2021. Edizione 4 esemplari
© Agnese Garrone | Agnese Garrone, Jardins des Tuileries, Parigi 2021. Edizione 4 esemplari

La Galleria 70 di Milano presenta dal 18 maggio al 30 settembre la mostra “Stand E 015” con le opere fotografiche di Agnese Garrone e di Dominique Laugé, recentemente presentate a MIA Photofair 2023 riscuotendo un notevole successo da parte del pubblico.
 
Le 28 fotografie in bianco e nero esposte alla Galleria 70, quattordici per ogni autore, mostrano il senso di profonda corrispondenza e assonanza che unisce i due artisti.
Le opere di Dominique Laugé, vero maestro del paesaggio, e della giovane Agnese Garrone, sono associate in una sequenza che, a dispetto della reciproca diversità dei temi trattati e dell’impostazione, fluisce in un inatteso accordo poetico, in una linea di continuità che ha il carattere della più naturale armonia. 
 
La grande classe di Laugé nel ritrarre la natura e il vivido interesse della Garrone per l’umanità che la circonda declinano con diverso linguaggio la medesima qualità di sentimento, che ha in sé qualcosa di nobile e antico; un’affinità che si riscontra nello stesso allestimento delle opere in mostra che mette in relazione i lavori di due artisti diversi per età, esperienza, stile e scelta dei soggetti, ma che si rivelano tuttavia molto vicini nella sensibilità e nella temperie emotiva conferita alle rispettive immagini.
 
A Milano Dominique Laugé presenta, con l’ordine compositivo dal ritmo posato e solenne che contraddistingue la sua arte e la sua anima, i paesaggi del Canton Vaud in Svizzera e della Provenza in Francia: paesaggi senza mai figure umane, sospesi, introversi, quasi fosse questo l’unico modo per avvicinarsi all’interiorità della vita, dove la luce, morbida e soffusa, gioca un ruolo determinante e viene trattata dall’autore in maniera magica, quasi pittorica.
Con differente ispirazione, la giovane Agnese Garrone si mostra animata da un vivo senso di partecipazione e affetto peri propri simili. Le immagini che crea paiono sempre rivolte verso l’esterno, persino quando sono autoritratti, e con uno strano afflato lirico, che rimanendo sotterraneo e implicito percorre tuttavia l’intera scena, danno l’impressione di accarezzare la realtà. Le sue figure, le sue situazioni, appartengono certo all’esistenza quotidiana e formalmente non recano in realtà alcunché di speciale, se non per la circostanza, determinante, di albergare entro sé una pregnanza del tutto singolare, e di ammantarsi di un’aura romanzesca che le rende autentiche quanto la vita.

Dal 18 Maggio 2023 al 30 Settembre 2023 – Galleria 70 – Milano

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FOTOGRAFIA CALABRIA FESTIVAL 2023

Gabo Caruso, Cora’s Courage
© Gabo Caruso | Gabo Caruso, Cora’s Courage

Fotografia Calabria Festival è il primo festival diffuso di fotografia in Calabria, ideato e promosso dall’Associazione Culturale “Pensiero Paesaggio”, avrà luogo dal 21 luglio al 20 agosto a Fiumefreddo Bruzio (già sede della I edizione del festival) e San Lucido, suggestivi centri del basso Tirreno cosentino pronti ad accogliere mostre, eventi, talk e workshop dedicati alla fotografia. Un’esperienza emozionante per immergersi e scoprire l’autenticità e la bellezza del territorio calabrese attraverso un viaggio culturale unico nel suo genere.
 
“Il cambiamento” è il tema di questa nuova edizione di Fotografia Calabria Festival. Un tema che non è solo legato naturalmente a questa edizione, visto il nuovo naming che porta con sé, ma che vuole mostrare il cambiamento come qualcosa che parte da ognuno di noi e che smuove emozioni e sguardi profondi: che sia ricercato e attuato con coraggio da un bambino, accolto e accettato con naturalezza da un anziano, che sia la conseguenza della tensione tra la scienza e il suo sfruttamento commerciale e causa di grandi e piccoli mutamenti del nostro tempo. Un tema che viene affrontato attraverso la fotografia non solo come mezzo d’espressione, ma essa stessa come linguaggio in continua trasformazione, sia nei contenuti che nella forma.  
 
In mostra a Fotografia Calabria Festival ci saranno i lavori di fotografi internazionali, ognuno di loro con un approccio diverso al tema del cambiamento. Dall’identità di genere, a cui tende la ricerca della fotografa argentina Gabo Caruso, da sempre impegnata con progetti legati ai diritti umani e alle diversità, che con “Cora’s Courage” racconta il viaggio di transizione sociale della piccola Cora. Legato al tema del genere ma anche a quello della scienza è “The petunia carnage”, il progetto del fotografo austriaco Klaus Pichler,ospitato con il supporto del Forum Austriaco di Cultura, un lavoro che vuole far ragionare sulle conseguenze devastanti che gli interessi economici, le logiche di marketing e gli interventi di ingegneria genetica sulla natura possono avere sulla biodiversità.
 
Si concentra sui social media e sulle comunità invece “TikTok in Kham” di Xiangyu Long, fotografo tibetano, che indaga la metamorfosi delle identità di gruppo nell’ambito della globalizzazione e dell’omologazione. Di comunità, legata al tema della giovinezza, si occupa anche “Island Simmetries”, progetto della fotografa inglese Laura Pannack, che mostra i parallelismi tra giovani che vivono ai lati opposti del mondo. 
 
Il cambiamento climatico è al centro della collettiva di Climate Visuals, l’unico programma al mondo di fotografia sul cambiamento climatico basato su dati scientifici, gestito da Climate Outreach, che al Festiva sarà presente con “Ocean Visuals”, una nuova raccolta di immagini su oceani e coste, lanciata in occasione della COP27.
 
Ad approfondire il concetto di cambiamento legato al tema del corpo è la fotografa canadese Arianne Clément, che in“The art of aging” mostra il potenziale emotivo del corpo attraverso la scelta di fotografare le figure di anziani. Il cambiamento che attraversa il territorio e le economie da esso generate è al centro di “Far South” di Michele Martinelli, progetto ambientato sugli altopiani della Sila, seguendo gli allevatori di podolica.
 
Identità e comunità saranno i temi focali del progetto site-specific che verrà sviluppato dal collettivo Vaste Programmerealizzato appositamente su invito di Fotografia Calabria Festival. Il duo di artisti, nato nel 2017 da Giulia Vigna e Leonardo Magrelli, concentra la propria ricerca artistica prevalentemente negli ambiti della post-fotografia e dei nuovi media, e affronterà in questo caso il tema del cambiamento attraverso una più ampia riflessione sul concetto di identità, collettiva e del singolo.
 
A completare il programma anche una mostra ideata e realizzata da Archivio Luce – Cinecittà che porta, per la prima volta in assoluto, un suo progetto espositivo in Calabria: “Anni Interessanti”, a cura da Enrico Menduni, uno specchio per osservare gli anni tra il 1960 e il 1975, caratterizzati da grandi cambiamenti sociali, economici e culturali.
 
Presente in mostra anche il progetto vincitore dell’open call riservata ai fotografi emergenti, “Wooden Diamonds –  Identity Resilience in the Italian olive tree epidemic”, lavoro del fotografo documentarista italiano Filippo Ferraro, che intende narrare la storia dell’epidemia degli ulivi in Salento, a 10 anni dal suo inizio. 
 
“I fotografi che saranno presenti in lineup raccontano in maniera fortemente diversificata, attraverso uno sguardo molto personale, la loro idea di cambiamento, permettendoci così di pensare a Fotografia Calabria Festival come un unico grande obiettivo attraverso cui osservare l’epoca contemporanea, le sue continue mutevolezze e trasformazioni e mettere in luce le diverse declinazioni di questo processo: interiori, politiche, mediatiche, generazionali, sessuali, storiche, sociali, artistiche e tanto altro ancora” – sottolinea Anna Catalano, fondatrice e direttrice del festival.
 
Altra novità importante a Fotografia Calabria Festival 2023 è la sponsorizzazione di Poste Italiane che ha scelto di sostenere il Festival perché crede che la cultura e l’arte siano strumenti essenziali per promuovere lo sviluppo e la crescita del territorio italiano. Il Festival rappresenta un’opportunità unica per scoprire la bellezza e l’autenticità della Calabria attraverso la fotografia, che è un linguaggio universale capace di comunicare emozioni e pensieri senza barriere linguistiche o culturali.
 
Fotografia Calabria Festival quest’anno avrà anche il sostegno e il patrocinio dell’Università della Calabria, Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali, corso di studi in Media e Società Digitale.

Dal 21 Luglio 2023 al 20 Agosto 2023 – Sedi varie COSENZA

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FASHION REPORT: DA ALFA A MISSONI

Alfa Castaldi, 1968. Omaggio ai Missoni in occasione del 25° anno di attività della Maison
© Alfa Castaldi | Alfa Castaldi, 1968. Omaggio ai Missoni in occasione del 25° anno di attività della Maison

Dal 16 luglio al 22 ottobre 2023, il MA*GA di Gallarate (VA), in collaborazione con l’Archivio Missoni, presenta FASHION REPORT: da ALFA a MISSONIprogetto espositivo di riallestimento della Sala Arazzi Ottavio Missoni a cura dell’Archivio Missoni.
 
La mostra si colloca nel programma di ARCHIVIFUTURI. Festival degli Archivi del Contemporaneo seconda edizione, all’interno del quale l’Archivio Missoni ha partecipato come sede d’evento, ospitando una visita guidata e una esperienza in realtà aumentata, a cura del direttore artistico Luca Missoni e della responsabile Nicoletta Bettolini.
 
L’allestimento propone 22 scatti, realizzati in studio tra il 1967 e il 1970, da Alfa Castaldi (pseudonimo di Alfonso Castaldi, 1926 – 1995), considerato tra i padri della fotografia di moda italiana.
Le immagini erano state scelte e ristampate dallo stesso artista nel 1978 per un omaggio ai Missoni in occasione del 25° anno di attività della MaisonSi tratta di una piena espressione della documentazione dell’affermazione dello Stile Missoni: le prime sperimentazioni di maglie-tessuto e jacquard, di lavorazioni a rete e zig-zag, esperimenti con tinture di filati fiammati, di jersey stampati e floccati nude-look.
 
Alfa Castaldi, fa parte di quel gruppo di creativi che hanno documentato la trasformazione della vita culturale italiana negli anni sessanta e l’affermazione nel mondo del Made in Italy. Frequentatore a Milano del mitico bar Giamaica, alla metà degli anni cinquanta inizia l’attività di fotografo documentando le nuove espressioni artistiche, gli scrittori, i personaggi del cinema e della cultura in senso ampio.
 
Nel 1958 Castaldi incontra Anna Piaggi, giornalista e redattrice di moda, con la quale si sposa a New York nel 1962. Proprio grazie a lei, Alfa conosce Ottavio e Rosita Missoni, tra i principali pionieri del pret-à-porter italiano, e inizia a fotografare le loro creazioni. Le sue opere eleganti e spontanee allo stesso tempo entreranno a far parte degli annali della fotografia italiana e internazionale.

Dal 16 Luglio 2023 al 22 Ottobre 2023 – Museo MA*GA – Gallarate (VA)

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Mostre per il mese di luglio

Sono tante e tutte belle le mostre che vi proponiamo per il mese di luglio! Non perdetele!

Anna

CORTONA ON THE MOVE 2023 – MORE OR LESS

Larry Fink, dalla raccolta 'Class Issues'
© Larry Fink | Larry Fink, dalla raccolta ‘Class Issues’

More or Less è il tema scelto per la 13° edizione di Cortona On The Move, il festival internazionale di fotografia in programma dal 13 luglio al 1° ottobre 2023 a Cortona, nel cuore della Toscana. Il “clou” della manifestazione sarà, come ogni anno, nelle giornate inaugurali del festival (13-16 luglio), quando si danno appuntamento a Cortona i più grandi esperti nazionali e internazionali del mondo della fotografia, impegnati in eventi, presentazioni, talk e workshop, per promuovere la riflessione sull’attualità e sul passato, attraverso uno degli strumenti che meglio sanno indagare la realtà. 

«More or Less è il tema che ho scelto per questa edizione. Queste categorie definiscono il mondo in cui viviamo, le nostre aspirazioni, le nostre paure, le nostre appartenenze. La contrapposizione tra l’abbondanza e la scarsità, il superfluo e l’essenziale, le élite e le masse, l’accumulo e la dispersione. More or Less sono anche temi molto cari alla fotografia, attorno ai quali si sono sviluppati interi generi. A Cortona On The Move 2023 esploreremo More, guardando al passato e al presente, e ci soffermeremo Less sugli stereotipi, offrendo un programma ricco di spunti per comprendere il nostro mondo, e al contempo, povero di semplificazioni.», commenta Paolo Woods, Direttore artistico di Cortona On The Move. 

«Il nostro obiettivo è continuare quell’indagine della contemporaneità e del mezzo fotografico che ha caratterizzato il percorso intrapreso dal festival fin dall’inizio, arricchendola con nuovi valori e strumenti. Non solo opere inedite che aprono prospettive extra e meta-fotografiche, ma anche progetti che vadano oltre il principale medium di riferimento», dichiara Veronica Nicolardi, Direttrice di Cortona On The Move. 

A interpretare la dicotomia tra “più e meno” sono stati invitati più di 30 artistiper 26 mostre allestite tra il centro storico della città, la Fortezza medicea del Girifalco e la “Stazione C” nei pressi della Stazione di Camucia-Cortona. Tra questi alcuni grandi nomi della fotografia internazionale come Larry Fink, di cui sarà esposta la raccolta di opere dal titolo Class Issues. Nel corso della sua carriera pluridecennale, Larry Fink ha prodotto lavori che hanno raccontato in maniera inaspettata la società e la sua divisione in classi, entrando a far parte della storia della fotografia. In mostra sono presentate alcune immagini inedite e una selezione delle sue fotografie più note. E ancora Chauncey Hare con la raccolta WorkingClass Heroes, esposte per la prima volta in Italia. Due le mostre realizzate in collaborazione con Intesa SanpaoloStanding Still di Massimo Vitali, di cui saranno esposti lavori iconici dagli anni ‘90 a oggi, e Il caso “Africo”, dall’Archivio Publifoto Intesa Sanpaolo, che raccoglie il reportage di Valentino (Tino) Petrelli realizzato nel paese dell’Aspromonte nel 1948 e che sarà esposto a Cortona per la prima volta nella sua integrità.

Occhi puntati anche sulle mostre collettive, come Get Rich or Die Tryin’, curata daLars Lindemann e Paolo Woods in partnership con Autolinee Toscane. Dal Bronx alle passerelle delle più grandi case di moda, a 50 anni dalla sua nascita il rap ne ha fatta di strada. La mostra racconta la storia di una cultura creata dai più svantaggiati che, attraverso l’hip hop, hanno trovato una strada verso l’espressione, la propria identità, la creazione e, infine, la ricchezza e l’accettazione. E ancora la collettiva Focus on China, a cura di Lü Peng, Direttore artistico Biennale Chengdu, e Paolo Woods. La mostra, che vedrà la partecipazione dei tre artisti cinesi Hong Lei, Dong Wensheng e Han Lei, nasce dalla collaborazione, avviata quest’anno con Chengdu Biennale, biennale d’arte contemporanea che si svolge a Chengdu, in Cina. Infine, tra le collettive, l’inedita Ambiziosamente tua- Amore e classi sociali nel fotoromanzo a cura di Frédérique Deschamps e Paolo Woods in partnership con Fondazione Mondadori, che mette in mostra i tesori fotografici, alcuni dei quali inediti, della Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori a Milano. La Fondazione conserva i negativi e le prime prove fotografiche di diverse centinaia di fotoromanzi pubblicati da Mondadori nella rivista Bolero tra il 1947 e la fine degli anni ‘70

Tra le mostre in programma, la raccolta Scalandrê di Marco Zanella, vincitore della XVIII edizione del premio Amilcare G. Ponchielli, e il progetto The Anthropocene Illusion di Zed Nelson, vincitore del Cortona On The Move Award 2022.

Per quanto riguarda le nuove collaborazioni che da quest’anno il festival può annoverare, e che vanno ad aggiungersi a quelle ormai consolidate, oltre a quella già citata con Chengdu Biennale, anche l’avvio della collaborazione con la Fondation Carmignac che quest’anno porta a Cortona The Wells Run Dry di Fabiola Ferrero, dodicesima vincitrice del Carmignac Photojournalism Award.

Infine, dopo il successo della passata edizione, per il secondo anno consecutivo tutte le mostre di Cortona On The Move 2023 saranno ad accesso gratuito per i cittadini residenti a Cortona.

TUTTE LE MOSTRE DI CORTONA ON THE MOVE 2023

●      Get Rich or Die Tryin’– a cura di Lars Lindemann & Paolo Woods. In partnership con Autolinee Toscane 
●      Larry Fink – Class Issues
●      Ambiziosamente tua – Amore e classi sociali nel fotoromanzo– a cura di Frédérique Deschamps & Paolo Woods. In partnership con Fondazione Mondadori
●      Massimo Vitali – Standing Still – in partnership con Intesa Sanpaolo e Gallerie d’Italia
●      Il caso “Africo” – Dall’Archivio Publifoto Intesa Sanpaolo. A cura di Paolo Woods. Supervisione scientifica di Barbara Costa. Ricerca iconografica di Serena Berno e Silvia Cerri
●      Chauncey Hare – Working Class Heroes
●      Fabiola Ferrero – The Wells Run Dry. In collaborazione con Fondation Carmignac
●      Nick Hannes – Garden of Earthly Delights
●      Reiner Riedler – Memory Diamonds
●      Barbara Iweins – Katalog
●      Nikita Teryoshin – Nothing Personal – The Back Office of War
●      Michaël Zumstein – Aka Zidane
●      Irina Werning – Lessons on How to Survive Inflation From a Pro
●      James Mollison – Where Children Sleep
●      Sebastián Montalvo Gray – Detonate
●      Karen Knorr – Belgravia
●      Marco Tiberio & Maria Ghetti – Invisible Cities Calais
●      Gerald von Foris – One Day, Son, This Will All Be Yours
●      Hans Eijkelboom – 10-Euro Outfits
●      Zed Nelson – The Anthropocene Illusion. Vincitore Cortona On The Move Award 2022
●      Marco Zanella – Scalandrê. A cura di Benedetta Donato | GRIN – Gruppo Redattori Iconografici Nazionale. Progetto vincitore della XVIII edizione del premio Amilcare G. Ponchielli
●      Fausto Podavini – Apnea. In partnership con Medici Senza Frontiere
●      Marco Garofalo – Ultima Chance. In partnership con Autolinee Toscane
●      Focus on China – a cura di Lü Peng e Paolo Woods. In collaborazione con Chengdu Biennale
           Hong Lei – A Trilogy of Evolution
Dong Wensheng – Wilderness
Han Lei – Assemblage
●      Marina Planas – Warlike Approaches to Tourism: All Inclusive. In collaborazione con Institut d’Estudis Baleàrics
●      Cince Johnston Freddy & Ceydie. In collaborazione con Rencontres internationales de la photographie en Gaspésie

Dal 13 Luglio 2023 al 01 Ottobre 2023 – Cortona (AR) sedi varie

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SONY WORLD PHOTOGRAPHY AWARDS 2023

Lee Ann Olwage, South Africa, Winner, Professional Competition, Creative, Sony World Photography Awards 2023

Creati dalla World Photography Organisation e acclamati in tutto il mondo, i Sony World Photography Awards rappresentano uno degli appuntamenti più importanti per il settore fotografico internazionale. Aperti a tutti a titolo gratuito e ormai giunti alla 16° edizione, gli Awards rappresentano un importantissimo sguardo sul mondo della fotografia contemporanea e offrono agli artisti, sia affermati che emergenti, la straordinaria opportunità di esporre il proprio lavoro. Inoltre, offrono l’occasione per riconoscere i fotografi più influenti al mondo.

I Sony World Photography Awards sono promossi dalla World Photography Organisation e da Sony e comprendono i premi Professional, Open Youth e Student. Prima di essere esposte nelle sale del Museo Docesano, le opere vincitrici dei Sony World Photography Awards 2023, assegnati lo scorso aprile durante la Cerimonia internazionale di Londra, sono state esposte presso la Somerset House di Londra.
Fra le opere in mostra si potrà ammirare “Our War” del portoghese Edgar Martins, vincitore assoluto del titolo di Photographer of the Year con il suo personalissimo tributo all’amico e fotoreporter Anton Hammerl, ucciso durante la guerra civile libica del 2011. Esposto anche il lavoro di Alessandro Cinque, vincitore del Sustainability Prize, ideato in collaborazione con la United Nations Foundation e l’iniziativa Picture This di Sony Pictures per premiare le storie, le persone e le organizzazioni che, con le loro azioni, perseguono uno degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’ONU.
Tra le opere in mostra anche quelle degli altri fotografi italiani che si sono classificati al secondo e terzo posto in diverse categorie del concorso Professional: Noemi Comi e Edoardo Delille e Giulia Piermartiri, 2° e 3° posto per Fotografia Creativa; Bruno Zanzottera e Fabio Bucciarelli, 2° e 3° posto secondo per Paesaggio; Andrea Fantini e Nicola Zolin, 2° e 3° posto per Sport.

Dal 17 luglio al 3 settembre – Museo Diocesano di Milano – Chiostri di S. Eustorgio

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GABRIELE BASILICO. RITORNI A BEIRUT_ BACK TO BEIRUT

Gabriele Basilico, Beirut 2003
© Gabriele Basilico | Gabriele Basilico, Beirut 2003

Ad Alessandria inaugura il 16 giugno la mostra GABRIELE BASILICO – Ritorni a Beirut_ Back to Beirut presso le Sale d’Arte in via Machiavelli 13. 
L’esposizione voluta dall’Amministrazione Comunale di Alessandria, è organizzata dall’Azienda Speciale Multiservizi Costruire Insieme in collaborazione e con la cura di Giovanna Calvenzi dell’Archivio Gabriele Basilico e Christian Caujolle, direttore artistico.

La mostra presenta il lavoro realizzato da Gabriele Basilico durante quattro missioni fotografiche a Beirut nel 1991, 2003, 2008 e 2011. È una mostra che viene proposta per la prima volta in Italia e che vuole ricordare la relazione profonda e appassionata che ha legato Gabriele Basilico alla città libanese che nel corso degli anni è diventata anche uno dei cardini centrali del suo impegno con la fotografia.
 
Questo il sintetico riassunto delle quattro missioni.
 
Nel 1991 la scrittrice libanese Dominique Eddé, per incarico della Fondazione Hariri, invita un gruppo internazionale di fotografi a documentare l’area centrale della città di Beirut, straziata da una guerra durata quindici anni, prima della sua ricostruzione. Al progetto partecipano Gabriele Basilico, René Burri, Raymond Depardon, Fouad Elkoury, Robert Frank e Josef Koudelka.
 
Nel 2003 Stefano Boeri, direttore della rivista di architettura “Domus”, propone a Gabriele Basilico di documentare la ricostruzione della città, non per selezione di singole architetture ma per vedute urbane corrispondenti alle riprese fotografiche realizzate nel 1991.
 
Nel 2008 Gabriele Basilico è a Beirut per la presentazione di una sua mostra al Planet Discovery Center. Continua a fotografare la città, a documentarne la ricostruzione, questa volta senza uno specifico incarico e allontanandosi anche dal centro storico.
 
La Fondazione Hariri decide nel 2009 di lanciare una seconda missione di documentazione fotografica collettiva con l’obiettivo di creare un archivio visivo che testimoni lo sviluppo della città. Invita quindi Fouad Elkoury (presente nel 1991 e che coordina la nuova missione), Klavdij Sluban, Robert Polidori e Gabriele Basilico, che lavorerà a Beirut nel 2011.
 
Lo stesso Basilico ha scritto nel 2003: “La pratica del ritornare crea una singolare disposizione sentimentale: come l’attesa per un appuntamento desiderato, un risvegliarsi della memoria per luoghi, oggetti, persone, come se si riaccendesse il motore di una macchina ferma da tempo. Per Beirut è stato anche di più”.

Dal 16 Giugno 2023 al 01 Ottobre 2023 – Sale d’Arte – Alessandria

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ANDREAS GURSKY: VISUAL SPACES OF TODAY

Andreas Gursky, Salinas, 2021 © Andreas Gursky, VG Bild-Kunst, Bonn, Germany
Andreas Gursky, Salinas, 2021 © Andreas Gursky, VG Bild-Kunst, Bonn, Germany

La mostra Andreas Gursky. Visual Spaces of Today, la prima antologica in Italia dell’artista, curata da Urs Stahel insieme al fotografo tedesco Andreas Gursky, segna l’inizio della celebrazione di due ricorrenze: i 100 anni dell’impresa G.D e i 10 anni di Fondazione MAST
“Fare del lavoro una cultura e della cultura un lavoro”: sono parole che legano insieme queste due realtà, che rappresentano da un lato la cultura aziendale dell’impresa che si è consolidata nel tempo e dall’altra quella della creazione di uno spazio innovativo e partecipativo di produzione del pensiero sul lavoro.

Gli spazi visuali delle opere fotografiche selezionate da Urs Stahel e Andreas Gursky per questa mostra riflettono questi mondi tematici. Le potenti immagini dell’artista tedesco aprono a nuove modalità di concepire il lavoro, l’economia e la globalizzazione e svelano visioni concrete di siti produttivi, centri di movimentazione delle merci, templi del consumo, nodi di trasporto, luoghi di produzione energetica e alimentare, sedi dell’industria finanziaria.

La mostra comprende 40 immagini dell’artista che vive e lavora a Düsseldorf: abbraccia un arco di tempo che va dai primi lavori (Krefeld, Hühner, 1989) alle opere più recenti (V&R II V&R III, 2022), copre grandi distanze tra Salerno (1990) e Hong Kong (2020) e combina la moderna industria del turismo (Rimini, 2003) con processi di produzione millenari (Salinas, 2021).

Andreas Gursky è considerato uno dei maggiori artisti del nostro tempo. Il suo nome, in particolare negli anni Novanta, è stato associato alle fotografie di grande formato. Le sue immagini sono oggi divenute vere e proprie icone contemporanee e hanno contribuito a stabilire lo status della fotografia come arte e quindi come oggetto di collezione sia per i musei sia per i privati.

La finezza con cui Gursky seziona il presente e mette a fuoco i suoi soggetti, andando al fondo delle cose e allo stesso tempo mantenendo nitido il quadro generale, risulta evidente attraverso le sue inconfondibili composizioni visive.

L‘esposizione è accompagnata da un catalogo, pubblicato dalla Fondazione MAST, con la prefazione della Presidente Isabella Seràgnoli e un testo di approfondimento critico di Urs Stahel. 

Dal 25 Maggio 2023 al 07 Gennaio 2024 – Fondazione MAST – Bologna

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Dorothea Lange. Racconti di vita e lavoro

La mostra Dorothea Lange. Racconti di vita e lavoro, che si compone di oltre 200 immagini ed è curata dal direttore artistico di CAMERA Walter Guadagnini e dalla curatrice Monica Poggi, presenta la carriera di Dorothea Lange (Hoboken, New Jersey, 1895 – San Francisco, 1965), autrice che è stata, come scrisse John Szarkowski, “per scelta un’osservatrice sociale e per istinto un’artista”.

Il percorso di mostra, visitabile dal 19 luglio all’8 ottobre , si concentra in particolare sugli anni Trenta e Quaranta, picco assoluto della sua attività, periodo nel quale documenta gli eventi epocali che hanno modificato l’assetto economico e sociale degli Stati Uniti. Fra il 1931 e il 1939, il Sud degli Stati Uniti viene infatti colpito da una grave siccità e da continue tempeste di sabbia, che mettono in ginocchio l’agricoltura dell’area, costringendo migliaia di persone a migrare. Dorothea Lange fa parte del gruppo di fotografi chiamati dalla Farm Security Administration (agenzia governativa incaricata di promuovere le politiche del New Deal) a documentare l’esodo dei lavoratori agricoli in cerca di un’occupazione nelle grandi piantagioni della Central Valley: Lange realizza migliaia di scatti, raccogliendo storie e racconti, riportati poi nelle dettagliate didascalie che completano le immagini.

È in questo contesto che realizza il ritratto, passato alla storia, di una giovane madre disperata e stremata dalla povertà (Migrant Mother), che vive insieme ai sette figli in un accampamento di tende e auto dismesse.

La crisi climatica, le migrazioni, le discriminazioni: nonostante ci separino diversi decenni da queste immagini, i temi trattati da Dorothea Lange sono di assoluta attualità e forniscono spunti di riflessione e occasioni di dibattito sul presente, oltre a evidenziare una tappa imprescindibile della storia della fotografia del Novecento.

La mostra offre quindi ai torinesi e ai turisti un’occasione imperdibile per conoscere meglio l’autrice di una delle immagini simbolo della maternità e della dignità del XX secolo e interrogarsi sul presente.

19 luglio – 8 ottobre 2023 – Camera Centro Italiano per la Fotografia – Torino

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GUIDO HARARI. INCONTRI – 50 ANNI DI FOTOGRAFIE E RACCONTI

Vasco Rossi by Guido Harari
© Guido Harari | Vasco Rossi by Guido Harari

La Fondazione Ferrara Arte e il Servizio Musei d’Arte del Comune di Ferrara presentano la grande mostra antologica dedicata a Guido Harari, un suggestivo percorso espositivo allestito nelle sale di Palazzo dei Diamanticon oltre 300 fotografie, installazioni e filmati originali, proiezioni e incursioni musicali, un set fotografico e incontri con l’autore.

La mostra “GUIDO HARARI. INCONTRI – 50 anni di fotografie e racconti”, dal 16 luglio al 1 ottobre 2023 a Palazzo dei Diamanti di Ferrara, organizzata con Rjma Progetti culturali e Wall Of Sound Galleryripercorre  tutte le fasi della eclettica carriera di Guido Harari: dagli esordi in ambito musicale come fotografo e giornalista, alle numerose copertine di dischi per artisti come Fabrizio De André, Bob Dylan, Vasco Rossi, Kate Bush, Paolo Conte, Lou Reed, Frank Zappa, fino all’affermazione di un lavoro che nel tempo è rimbalzato da un genere all’altro – editoria, pubblicità, moda, reportage – privilegiando sempre il ritratto come racconto intimo degli incontri con le maggiori personalità del suo tempo.

Il percorso espositivo prende le mosse dagli anni Settanta, quando Harari, ancora adolescente, inizia a coniugare le sue due grandi passioni: la musica e la fotografia. Immagini e sequenze inedite, insieme a filmati d’epoca di backstage, videointerviste, il documentario di Sky Arte a lui dedicato e l’audioguida con la voce narrante dello stesso Harari conducono il visitatore nel cuore del suo processo creativo.

La mostra propone anche una sezione dedicata alla passione parallela per la curatela di libri intesi come una forma di “fotografia senza macchina fotografica” oltre che occasioni di incontri vecchi e nuovi, da cui sono nate le biografie illustrate di Fabrizio De André, Fernanda Pivano, Mia Martini, Giorgio Gaber e Pier Paolo Pasolini, e una dedicata a immagini “di ricerca” inedite che Harari va realizzando da qualche anno come sua personale forma di meditazione in progress.

Una sezione di grande impatto sarà “Occhidi Ferrara”, dove, durante lo svolgimento della mostra, Harari esporrà via via i ritratti su prenotazione che realizzerà nella Caverna Magica, un set fotografico allestito alla fine del percorso espositivo. Oltre alla stampa firmata dal fotografo che sarà consegnata in tempo reale ai soggetti ritratti, una seconda stampa sarà esposta, anche questa in tempo reale, sviluppando una sorta di “mostra nella mostra” che rappresenterà idealmente gli sguardi della città che la ospita.

In occasione della mostra Rizzoli Lizard ha pubblicato “Guido Harari. Remain In Light. 50 anni di fotografie e incontri”, un grande volume di 432 pagine con oltre 500 illustrazioni, che di fatto ne costituisce il catalogo.

LE SEZIONI DELLA MOSTRA

1. LIGHT MY FIRE. IL BIG BANG DI UNA PASSIONE
La mostra prende le mosse dalla ricostruzione idealizzata della stanza di Harari ragazzino, con tutta l’iconografia che lo ha ispirato: poster, foto, riviste e libri d’epoca, pagine di diario, copertine di dischi, autografi e memorabilia.

2. FRONTE DEL PALCO
In una sala immersiva prende vita la dimensione propulsiva dei concerti, cogliendo la melodia cinetica di artisti come Bowie, i Queen, Bob Dylan, Bruce Springsteen, Bob Marley, Pink Floyd, Paul McCartney, Rolling Stones, Miles Davis, Neil Young, Clash, Led Zeppelin, Prince, Police, Talking Heads, Michael Jackson, Stevie Wonder, James Brown, Nirvana, Simon & Garfunkel, Santana, Ray Charles, Tina Turner, Vasco Rossi, Giorgio Gaber.

3. ALL AREAS ACCESS
Uno sguardo privilegiato e molto ravvicinato sul backstage di tournée e sale di registrazione, alla ricerca di un’intimità con gli artisti, che esploderà presto nella dimensione più esclusiva del ritratto: da Fabrizio De André a Paolo Conte, Lou Reed, Laurie Anderson, Peter Gabriel, Kate Bush, Frank Zappa, Keith Jarrett, Mark Knopfler, Vasco Rossi, Claudio Baglioni, Gianna Nannini, PFM e altri.

4. REMAIN IN LIGHT
I ritratti dei musicisti del cuore, tra cui Tom Waits, Lou Reed e Laurie Anderson, Jeff Buckley, George Harrison, Keith Richards, Patti Smith, B.B. King, Frank Zappa, Van Morrison, Bob Marley, Eric Clapton, Elton John, Kate Bush, i Clash, Joni Mitchell, Leonard Cohen, Philip Glass, Peter Gabriel, Nick Cave, George Michael, R.E.M., Iggy Pop, Ute Lemper, Brian Eno e molti altri.

5. IL RITRATTO COME INCONTRO
Alcuni incontri del cuore: lunghe frequentazioni e collisioni isolate, tra cui José Saramago, Wim Wenders, Richard Gere, Pina Bausch, Greta Thunberg, Luis Sepulveda, Amos Oz, Zygmunt Bauman, Allen Ginsberg, Gregory Corso, Hanna Schygulla, Lindsay Kemp, Daniel Ezralow, Alejandro Jodorowsky, Noa, Mikhail Baryshnikov, Frank O. Gehry, Robert Altman, Jean-Luc Godard, Madre Teresa.

6. LA MUSICA CHE MI GIRA INTORNO
Le eccellenze della canzone italiana d’autore, le grandi signore della musica italiana, la primavera dei gruppi indie: da Paolo Conte a Franco Battiato, Fabrizio De André, Lucio Dalla, Ivano Fossati, Gino Paoli, Giorgio Gaber, Enzo Jannacci, Pino Daniele, Francesco De Gregori, Roberto Vecchioni, Zucchero, Francesco Guccini, Vasco Rossi, Ligabue, Vinicio Capossela, Ezio Bosso, Morgan, Litfiba, C.S.I., Milva, Ornella Vanoni, Mia Martini, Loredana Bertè, Alice, Giuni Russo, Antonella Ruggiero.

7. ITALIANS
I protagonisti della cultura e della società, eccellenze italiane tra Novecento e Duemila, fotografate quasi fossero tutte delle rockstar, da Gianni Agnelli a Rita Levi Montalcini, Ennio Morricone, Nanni Moretti, Roberto Benigni, Umberto Eco, Michelangelo Antonioni, Dario Fo e Franca Rame, Bernardo Bertolucci, Carmelo Bene, Roberto Baggio, Ettore Sottsass, Renzo Piano, Carla Fracci, Vittorio Gassman, Lina Wertmuller, Monica Vitti, Gino Strada, Luciano Pavarotti, Sophia Loren, Giorgio Armani, Carla Fracci, Margherita Hack, Alda Merini, Marcello Mastroianni, Tiziano Terzani, Michelangelo Pistoletto, Enzo Biagi, Miuccia Prada, Liliana Segre, Toni Servillo e molti altri

8. IL SENTIMENTO DELLO SGUARDO. I FOTOGRAFI
I ritratti di alcuni grandi fotografi che hanno ispirato Harari, colti in primi piani che emergono dal buio, quasi a volerlo esorcizzare: Duane Michals, Richard Avedon, Sebastião Salgado, Helmut Newton, Steve McCurry, Letizia Battaglia, Ferdinando Scianna, Nino Migliori, Gianni Berengo Gardin, Mario Giacomelli, Franco Fontana, Anton Corbijn con Tom Waits, Paolo Pellegrin.

9. FOTOGRAFARE SENZA MACCHINA FOTOGRAFICA
Una passione parallela: la curatela dei libri, l’editing di testi, documenti e immagini, il recupero e il restauro di archivi dimenticati, il progetto grafico come elemento essenziale del racconto, libri come occasioni di incontri vecchi e nuovi. Le biografie illustrate di Fabrizio De André, Fernanda Pivano, Mia Martini, Giorgio Gaber e Pier Paolo Pasolini, presentate con doppie pagine tratte dai libri e una video proiezione con filmati inediti di lavorazione relativi al libro “Pasolini. Bestemmia”.

10. IN CERCA DI UN ALTROVE
Antidoti ai rituali della fotografia commerciale e ai ritratti di celebrità, sono schegge di reportage, ricerche e sperimentazioni inedite, alla ricerca di nuovi linguaggi che puntino oltre la fotografia.

11. OCCHI DI FERRARA
Durante il periodo di apertura della mostra, nell’ultima sala del percorso verranno esposti in tempo reale i ritratti che Guido Harari avrà realizzato nella Caverna Magica, dando vita ad una sorta di “mostra nella mostra” che, una volta completata, rappresenterà idealmente gli sguardi della città.

12. CAVERNA MAGICA
A margine del percorso espositivo il visitatore che lo desideri, prenotandosi in anticipo sul sito http://www.mostraguidoharari.it, potrà farsi ritrarre da Harari nel suo set fotografico, allestito nello spazio adiacente al bookshop di Palazzo dei Diamanti.

Ispirato dai grandi fotografi di rock e jazz degli anni Cinquanta e Sessanta, Guido Harari si è affermato nei primi Settanta come fotografo e giornalista musicale. Nel tempo ha esplorato e approfondito anche il reportage, il ritratto istituzionale, la pubblicità e la moda, collaborando con le maggiori testate italiane ed internazionali. Numerose le copertine di dischi firmate per artisti internazionali come Kate Bush, David Crosby, Bob Dylan, B.B. King, Ute Lemper, Paul McCartney, Michael Nyman, Lou Reed, Simple Minds e Frank Zappa, oltre ai lavori per Dire Straits, Duran Duran, Peter Gabriel, Pat Metheny, Santana e altri ancora. In Italia ha collaborato soprattutto con Claudio Baglioni, Andrea Bocelli, Angelo Branduardi, Vinicio Capossela, Paolo Conte, Pino Daniele, Fabrizio De André, Eugenio Finardi, Ligabue, Mia Martini, Gianna Nannini, PFM, Vasco Rossi, Zucchero e la Filarmonica della Scala diretta da Riccardo Muti. Ha realizzato diverse mostre personali, tra cui Wall Of Sound presentata al Rockheim Museum in Norvegia, alla Galleria nazionale dell’Umbria a Perugia, e al Museo nazionale Rossini di Pesaro. È stato anche tra i curatori della grande mostra multimediale su Fabrizio De André, prodotta da Palazzo Ducale a Genova, e di Art Kane. Visionary per la Galleria civica di Modena e per Made in Cloister a Napoli. Tra i suoi libri illustrati Fabrizio De André. E poi, il futuro (2001), The Beat Goes On (con Fernanda Pivano, 2004), Vasco! (2006), Fabrizio De André. Una goccia di splendore (2007), Fabrizio De André & PFM. Evaporati in una nuvola rock (con Franz Di Cioccio, 2008), Mia Martini. L’ultima occasione per vivere (con Menico Caroli, 2009), Gaber. L’illogica utopia (2010), Pier Paolo Pasolini. Bestemmia (2015), The Kate Inside (2016), Fabrizio De André. Sguardi randagi (2018). Nel 2011 ha aperto ad Alba, dove risiede da diversi anni, una galleria fotografica (Wall Of Sound Gallery) e una casa editrice di cataloghi e volumi in tiratura limitata (Wall Of Sound Editions), interamente dedicate all’immaginario della musica.

Dal 16 Luglio 2023 al 01 Ottobre 2023 – Palazzo dei Diamanti – Ferrara

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PHILIPPE HALSMAN. LAMPO DI GENIO

Marilyn Monroe by Philippe Halsman
© Philippe Halsman | Marilyn Monroe by Philippe Halsman

Mostra dedicata a Philippe Halsman, tra i più originali ed enigmatici ritrattisti del Novecento.

In mostra oltre cento immagini di vario formato, tra colore e bianco e nero che percorrono l’intera sua carriera selezionate da Contrasto e Archivio Halsman di New York.

L’esposizione, ideata e curata da Alessandra Mauro presenta per la prima volta in Italia una grande personale dedicata a uno dei più importanti fotografi del Novecento, Philippe Halsman. Nato a Riga (Lettonia) nel 1906, Halsman comincia negli anni Venti la sua carriera di fotografo e diventa celebre a Parigi, negli anni Trenta, lavorando per riviste come “Vogue” e “Vu”. Negli anni Quaranta riesce a ottenere un visto per gli Stati Uniti grazie all’amicizia di Albert Einstein e una volta sbarcato a New York, la sua fama di grande ritrattista si consolida ancora di più. Dalle collaborazioni con le grandi testate, agli intensi ritratti per lo show business hollywoodiano, Halsman ha creato un genere e uno stile unico e rivoluzionario. Le sue fotografie sono frutto di una vulcanica creatività e delle sinergie che si manifestavano nell’incontro con grandi e illustri amici tra cui, il più folle di tutti, Salvador Dalì, con cui realizza una serie straordinaria di immagini surreali e surrealiste. Nella sua lunga carriera di ritrattista, Halsman ha firmato 101 copertine della rivista “Life”: un record incontrastato.

Le immagini sono accompagnate da una documentazione selezionata come le copertine di “Life”, i provini, le testimonianze d’epoca e i filmati per ricordare questo grande interprete della fotografia e offrire allo stesso tempo un’originale riflessione sul ritratto fotografico, la sua genesi e la sua particolarità.

Un’occasione unica per ammirare le sue grandi creazioni, comprendere quale sia la chiave creativa che, ancora oggi, ogni ritratto richiede e, dall’altra parte, passare in rassegna, con le sue opere, i volti della cultura e dello spettacolo del Novecento.

L’esposizione è promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali ed è organizzata da Contrasto Zètema Progetto Cultura, in collaborazione con BNL BNP Paribas e Leica. Il catalogo è edito da Contrasto.

Dal 06 Luglio 2023 al 07 Gennaio 2024 – Museo di Roma in Trastevere

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FERDINANDO SCIANNA. TI RICORDO SICILIA

Ferdinando Scianna, Marpessa, Caltagirone, 1987
© Ferdinando Scianna | Ferdinando Scianna, Marpessa, Caltagirone, 1987

“Io guardo in bianco e nero, penso in bianco e nero. 
Il sole mi interessa soltanto perché fa ombra” 
Ferdinando Scianna

Il 23 giugno nelle sale monumentali del Castello Ursino di Catania apre al pubblico la grande mostra di FERDINANDO SCIANNA.TI RICORDO SICILIA, curata da Paola Bergna e Alberto Bianda, art director, promossa e prodotta dal Comune di Catania e Civita Sicilia.   

Una selezione di oltre 80 fotografie stampate in diversi formati che attraversa l’intera carriera del grande fotografo siciliano e si sviluppa lungo un articolato percorso narrativo, costruito su diversi capitoli e varie modalità di allestimento in bianco e nero per evidenziare lo stretto legame che lo unisce alla sua terra d’origine. Ti ricordo, Sicilia, è un vero e proprio viaggio che permette al visitatore, attraverso soggetti, immagini, luoghi, riti, festività ed usanze, di conoscere ed esplorare la terra tanto cara al fotografo.

Il percorso espositivo inizia con un omaggio alla sua città natia, Bagheria, pronta a festeggiare il suo celebre concittadino in occasione dei suoi primi ottant’anni che cadranno il 4 luglio, poi gli scatti dedicati a Marpessa.

Quando, verso la fine degli anni Ottanta, il grande fotoreporter e giornalista Ferdinando Scianna decise di fare il suo ingresso nel mondo della moda furono in molti a stupirsi e magari a storcere il naso. Chiamato dagli allora emergenti Dolce & Gabbana a rappresentarne lo stile, il fotografo siciliano iniziò con la giovanissima modella olandese Marpessa Hennink uno straordinario sodalizio, riprendendola in atmosfere mediterranee cariche di un fascino misterioso e sensuale in continuo equilibrio fra realtà e finzione, arcaismo e modernità diventando una delle muse dell’artista.

Non riesco a ricostruire con esattezza […] l’impressione che Marpessa mi fece al primo impatto. […] Mi colpì il suo sguardo verde, splendente ma inquieto, imbarazzato, non so se leggermente sulla difensiva. Forse ero anch’io un po’ sulla difensiva.” F. Scianna

Da sempre uno dei nomi più noti sulla scena nazionale ed internazionale, Ferdinando Scianna è tra i grandi maestri della fotografia non solo italiana. Primo fotografo italiano a far parte, dall’inizio degli anni Ottanta, della prestigiosa agenzia Magnum, ebbe numerosi legami con personalità del mondo dell’arte e della cultura che segnarono la sua carriera; tra questi Leonardo Sciascia, a cui è dedicata un intero capitolo di mostra e al quale Ferdinando Scianna fu legato da una stretta amicizia. Erano amici, lo sono stati per oltre venticinque anni. Per Scianna, Sciascia è stato un “padre”, un mentore, un maestro.

Si conobbero per caso dopo che Sciascia, accompagnato da un amico in comune, visitò la prima mostra fotografica di Scianna, allestita al circolo della cultura di Bagheria, quando Ferdinando aveva solo 20 anni. Lo scrittore rimase colpito dagli scatti in bianco e nero del giovane fotografo. Ferdinando non c’era ma Sciascia lasciò per lui un generoso messaggio di stima. Per questo Scianna decise di andarlo a trovare nella sua casa a Racalmuto: fu un colpo di fulmine, “a vent’anni avevo trovato la persona chiave nella mia vita”. Da questo incontro nacque la loro prima collaborazione: “Feste religiose in Sicilia” (1965)confoto di Scianna e testi dello scrittore. Con questo volume, che fu un caso politico e letterario in Italia, Ferdinando vinse il Premio Nadar nel 1966.
Sciascia e Scianna lavorarono insieme a diverse altre pubblicazioni come “Les Siciliens” (1977), “La villa dei mostri” (1977), “Ore di Spagna” (1988).
I due furono amici per tutta la vita come testimoniano più di un migliaio di fotografie, per lo più inedite, scattate nelle estati a Racalmuto e nei numerosi viaggi insieme. Un album di famiglia che ritrae Sciascia in una dimensione privata perché “finché non mi ha fatto l’offesa terribile di morire, è rimasto il mio angelo paterno”Fu un rapporto fondamentale nella vita di Ferdinando Scianna che scrive: “l’amicizia è come uno scambio delle chiavi delle rispettive cittadelle individuali, è l’acquisizione del reciproco diritto di utilizzare ciascuno dell’altro, gli occhi, la mente, il cuore”. 
Una piccola parte di queste foto sono diventate un libro: “Scianna fotografa Sciascia” (1989) che lo scrittore riuscì a vedere poco prima di morire. 

Un allestimento ed una selezione di immagini studiata appositamente per la sede di Castello Ursino, con contributi video e grafici, per celebrare il rapporto tra il territorio ed il grande fotografo siciliano.

Fotografare la Sicilia per me è quasi una ridondanza verbale. Ho cominciato a fotografare intorno ai diciassette anni e la Sicilia era là. Ho cominciato a fotografare perché la Sicilia era là. Per capirla e attraverso le fotografie per cercare di capire, forse, che cosa significa essere siciliano. F. Scianna

Dal 23 Giugno 2023 al 20 Ottobre 2023 – Museo Civico di Castello Ursino – Catania

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UN CERTAIN ROBERT DOISNEAU

Robert Doisneau, <em>Le baiser de l’Hôtel de Ville</em>, Paris 1950 | © Atelier Robert Doisneau
Robert Doisneau, Le baiser de l’Hôtel de Ville, Paris 1950 | © Atelier Robert Doisneau

La nuova stagione espositiva di Riccione si apre con la mostra Un certain Robert Doisneau, dedicata al grande fotografo francese, uno dei principali rappresentanti della fotografia umanista e uno dei fotografi più apprezzati del XX secolo, autore del Bacio all’Hôtel de ville, una delle foto più iconiche di Parigi e del secondo Novecento: un racconto dell’arte di questo grande fotografo, della sua vita e della sua peculiare personalità, grazie anche alla curatela delle figlie.

Disobbedire mi sembra una funzione vitale e devo dire che non me ne sono mai privato. Quando il vecchio delinquente che è in me vede persone serie, quali i conservatori di musei e i bibliotecari, dare tanta importanza a quelle immagini spigolate in circostanze illegali, mi sento pervadere da un delizioso senso di gioia.” – Robert Doisneau La mostra è a cura di Atelier Robert Doisneau, promossa dal Comune di Riccione, organizzata da Civita Mostre e Musei e Maggioli Cultura, con la collaborazione di diChroma Photography e Rjma Progetti culturali.

L’esposizione è curata dall’Atelier Robert Doisneau e realizzata a partire dalle stampe originali della collezione. Un ambizioso progetto delle figlie del grande fotografo, Francine Deroudille e Annette Doisneau, che hanno selezionato le immagini della mostra ripercorrendo tutto il lavoro del padre. Con oltre 140 scatti in bianco e nero e a colori, prende forma una narrazione che abbraccia l’arte e la vita di Robert Doisneau.
LE SEZIONI DELLA MOSTRA “UN CERTAIN ROBERT DOISNEAU” Il percorso espositivo si apre con una sezione introduttiva, Robert Doisneau, che presenta le vicende biografiche del grande fotografo, illustrate anche con una serie di scatti tratti dall’album di famiglia, dall’anno della sua nascita al ritratto del 1985 nel suo atelier di Montrouge.
La sezione successiva, Paris, è dedicata alla capitale francese, alle sua piazze, ai suoi palazzi e in particolare alla banlieue dove Doisneau è nato e cresciuto, documentando i profondi mutamenti della città, dalle tragedie della guerra fino agli anni ’80. La sezione comprende alcuni scatti a colori e una rassegna delle Petites boutiques che negli anni ’60 Doisneau ha fotografato sistematicamente nel suo quartiere.
La sezione che segue, la più ampia della mostra, è dedicata a Les parisiens, al popolo parigino al lavoro o in festa, nei boulevards o nei bistrots, nei sobborghi grigi delle periferie e nei piccoli negozi, nelle portinerie dei palazzi o nei locali di notte, colti prevalentemente nei momenti più felici, o di semplice attesa.
Les enfants è poi dedicata una serie di foto che testimoniano una attenzione particolare per l’infanzia che Doisneau ha portato sempre con sé. Dei bambini, solitari o ribelli, coglie spesso momenti di libertà e di gioco fuori dal controllo dei genitori. Con la sezione Vogue si viene introdotti agli eventi mondani, di cui Doisneau coglie la raffinatezza ma anche spesso la futilità. Il percorso espositivo si conclude con una serie di ritratti dedicati alle Célebrités della Parigi del suo tempo, con le quali è spesso legato da una sincera amicizia: da Alberto Giacometti a Sabine Azéma, da Blaise Cendrars a Colette, da Jacques Prévert a Simone de Beauvoir, da Fernand Léger a Georges Braque, da Jean Cocteau a Pablo Picasso.

Dal 22 Giugno 2023 al 12 Novembre 2023 – Villa Mussolini – Riccione

RAGUSA FOTO FESTIVAL. XI EDIZIONE – RELAZIONI

Federica Belli, <em>How Far Is Too Close to the Heart?</em>

Federica Belli, How Far Is Too Close to the Heart?

Giunge alla sua undicesima edizione Ragusa Foto Festival che dal 20 luglio al 27 agosto2023 si tiene a Ibla, uno dei borghi più belli d’Italia.
La manifestazione diretta da Stefania Paxhia, fondatrice e ideatrice del festival, e Claudio Composti, direttore artistico, si snoda in 10 mostre monografiche, una in collaborazione con Caritas Italiana e un fitto programma di appuntamenti – letture portfolio, talk, workshop – alla presenza di numerosi ospiti di spicco del mondo della fotografia, della cultura e della società civile provenienti dall’Italia e dal mondo.

A partire dalla collocazione geografica della città in cui si svolge, il territorio più a Sud d’Europa nel cuore del Mediterraneo, crocevia di molteplici scambi tra le culture che vi si affacciano, e nel pieno di un momento storico che vive un drammatico inabissarsi della socialità, Ragusa Foto Festival sceglie per l’edizione 2023 un tema di grande attualità – “Relazioni” – trovando nelle mille sfumature che esso può assumere l’opportunità di raccontare a un tempo l’uomo e la donna contemporanei – e il loro rapporto con il passato, il presente, il corpo, gli altri, il territorio, la realtà, l’immaginazione – e la fotografia più attuale che oggi non ha più solo un ruolo di testimone delle storie e della Storia, ma concorre in maniera determinante – grazie alla sua larga diffusione soprattutto nel mondo digitale – a creare e alimentare le relazioni.

«Sin dalla sua prima edizione Ragusa Foto Festival è stato un procedimento inclusivo ben riuscito che grazie alla fotografia ha aperto le porte di un territorio di provincia a un’esperienza di innovazione culturale importante. Il tema di questa XI edizione – spiega Stefania Paxhia – è un benvenuto al nuovo direttore artistico, Claudio Composti, e anche celebrativo della rete di persone e di realtà nazionali e internazionali che in questi anni, considerando la funzione comunicativa potente della fotografia e la sua responsabilità sociale, ci ha consentito di allargare la nostra piccola comunità in itinere per offrire qualcosa sia dal punto di vista della riflessione sia per stimolare nuovi focolai di creatività.» 

«In questo primo anno come direttore artistico di Ragusa Foto Festival – aggiunge Claudio Composti – ho voluto mettere l’accento sull’importanza del tema scelto, “Relazioni”, invitando a partecipare diversi direttori di foto festival internazionali e italiani per sottolineare l’importanza del loro ruolo sia nello sviluppo di un rapporto tra il linguaggio fotografico e il pubblico, e sia nella formazione dei fotografi più giovani. I festival di fotografia oltre a essere un’opportunità espositiva, sono un momento fondamentale di confronto e crescita, anche grazie alle attività collaterali come le letture portfolio.»

Cuore pulsante del festival saranno le mostre, a Ibla, dislocate tra Palazzo Cosentini, la chiesa sconsacrata di San Vincenzo Ferreri e l’Antico Convento dei Cappuccini all’interno del Giardino Ibleo, aperte al pubblico fino al 27 agosto. In un sapiente alternarsi di autori importanti, giovani emergenti, fotografi italiani e internazionali e un’attenzione rivolta anche alla fotografia siciliana nelle sale di Palazzo Cosentini trovano spazio le mostre personali di:
·      Federica Belli,con “How Far Is Too Close to the Heart?” che tratta il tema della relazione umana dove la fotografia esprime il suo ruolo di mediazione tra le persone;
·      Ruben Brulat, con “Embrasement” inventa una relazione creativa con il vulcano dell’Etna per mezzo di un’installazione con immagini dal forte impatto visivo;
·      Alessandra Calò, vincitrice della IV edizione del Premio New Post Photography di Mia Fair di Milano – partner del festival –, presenta “Herbarium. I fiori sono rimasti rosa”, un progetto che mette in relazione la creatività con la fragilità al fine di nuove opportunità d’inclusione sociale;
·      Mari Katayama, con “L’armonia imperfetta”, estetizza invece la propria disabilità attraverso l’arte, affrontando la relazione aperta con il proprio corpo e la fotografia stessa;
·      Davide Monteleone fra i più noti autori della fotografia italiana contemporanea con “Simonocene” affronta la relazione tra uomo e natura, indagando sugli effetti delle diverse forme di colonialismo, la globalizzazione e le relazionitra potere e individui nella Cina di oggi;
·      Lisa Sorgini in “Behind the Glass” presenta un racconto sulle relazioni con la famiglia quando queste sono state messe a dura prova dal distanziamento sociale durante il lockdown.

Per la sezione Miglior Portfolio e progetti con Menzione 2022:
·      Andrea Camiolo, con “Per un paesaggio possibile”, vincitore del premio Miglior Portfolio 2022, porta avanti l’analisi del paesaggio siciliano che diventa archetipo di un paesaggio ideale;
·      Giulia Gatti, in “Corazonada” presenta un progetto dedicato alle donne che vivono nella regione meridionale del Messico, l’istmo di Tehuantepec (Oaxaca), premiato con una menzione;
·      Sara Grimaldi, attraverso il racconto autobiografico di “Ho visto Nina volare” pone una riflessione sul rapporto tra malessere psicologico e alimentazione, aggiudicandosi una menzione.

È esposta all’Antico Convento dei Cappuccini, la mostra di Carlotta Vigo che con il progetto “Mare Dentro”, dedicato al mercato e alla lavorazione del pesce in Sicilia, testimonia la profonda relazione del territorio siciliano con il proprio passato e futuro, e allo stesso tempo con le proprie tradizioni e la sostenibilità.

Torna poi per la terza edizione, uno dei progetti più cari al Ragusa Foto Festival, ideato da Stefania Paxhia, per raccontare la quotidianità dei lavoratori immigrati che vivono intorno ai Presidi di Caritas Italiana dislocati in Italia. Protagonista di quest’anno è il Presidio di Foggia con un’iniziativa sperimentale, realizzata in collaborazione con la Caritas diocesana di Foggia, il supporto di Perimetro, piattaforma internazionale di fotografia e di New Old Camera di Milano. Due fotografi professionisti, Arianna Arcara e Alessandro Zuek Simonetti, hanno diretto il workshop offrendo nuove competenze a sei giovani lavoratori selezionati per realizzare i loro scatti che saranno in mostra nella chiesa sconsacrata di San Vincenzo Ferreri per raccontare le loro storie, le loro speranze e la voglia di riscatto.

Dal 20 Luglio 2023 al 27 Agosto 2023 – RAGUSA – Sedi varie

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WARS 2023 | AL DI LÀ DELL’ORRORE

Giles Clarke, Bombed school in Saada City, cm. 80x53,3
© Giles Clarke | Giles Clarke, Bombed school in Saada City, cm. 80×53,3

Nasce dall’impegno del MAG e dell’Associazione 46° Parallelo nel perseguire le stesse finalità legate all’educazione alla pace e alla cittadinanza, la mostra “Wars 2023 | Al di là dell’orrore”. Realizzata all’interno degli spazi di Forte Garda, questa esposizione fotografica pone l’accento sulle drammatiche conseguenze dei conflitti contemporanei sulle popolazioni residenti e sull’ambiente.
Si tratta di trenta fotografie selezionate attingendo dalle prime due edizioni di WARS, premio fotografico internazionale creato da Raffaele Crocco, direttore dell’Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo e da Montura, con la direzione del pluripremiato fotografo Fabio Bucciarelli. I conflitti messi in evidenza da queste drammatiche foto sono relativi all’Ucraina , Iraq e Yemen: luoghi distanti tra loro eppur legati e vicinissimi per ciò che rappresentano. Si tratta di tre guerre che mostrano il cambiamento netto degli equilibri nel Pianeta dove potenze grandi e medie si confrontano per ridefinire il loro ruolo, la loro forza.
Oltre a raccontare la tragedia di ogni guerra, queste fotografie – e di conseguenza la mostra – parlano dell’incredibile capacità degli esseri umani di creare e cercare una quotidianità, una normalità anche nella disperazione più cupa. Quest’anno, la terza edizione del Concorso Fotografico Wars, svelerà, a settembre, il vincitore o la vincitrice. Le trenta fotografie sono state realizzate da fotografi di grande esperienza, vincitori di numerosi premi, come Laurence Geai, Manu Brabo e Giles Clarke.

Laurence Geai è una fotoreporter francese. Dopo aver conseguito una laurea in economia internazionale, ha rivolto la sua attenzione al giornalismo, prima per la televisione e poi con la fotografia. Il lavoro di Geai si concentra sui conflitti armati, in particolare con tutto il Vicino Oriente: Siria, Iraq, Israele, Palestina. Le sue opere riguardano anche le conseguenze della crisi dei rifugiati in Europa e Francia. Il suo lavoro è stato pubblicato su Le Monde, Paris Match, The Washington Post, Polka, La Vie, Le Pelerin, Le Nouvel Obs, Libération, Le JDD, Causette, La Croix, M Magazine per Le Monde, Le Parisien, Elle e altri. Premi. 2018: 3rd price in the politic picture award of Science PO. 2018: 1st price «single shot award » of the «festival della fotografia etica » 2017: Photographer of the year Polka 2017. È vincitrice della prima edizione di Wars, nel 2019.

Manu Brabo (Manuel Varela de Seijas Brabo, 1981) è un fotoreporter freelance il cui lavoro si concentra sui conflitti sociali in tutto il mondo. Negli ultimi dieci anni, Manu Brabo ha collaborato con diverse agenzie di stampa come The Associated Press, con The Wall Street Journal, las Docg Without Borders, Ocha e alcune Ong. I suoi lavori sono stati esposti in diverse istituzioni in Europa e in America e sono stati premiati con il Premio Pulitzer, il Picture of the Year e il British Journalism Awards, tra gli altri. È stato finalista alla prima edizione di Wars.

Giles Clarke è un fotoreporter, di stanza a New York, si occupa di catturare il volto umano dei problemi attuali e postbellici in tutto il mondo. Il lavoro di Clarke è stato presentato da The United Nations (OCHA),The New York Times, Amnesty International, CNN, The Guardian, Global Witness, TIME, The New Yorker, National Press Photographers Association, Paris Match et al. Per il suo lavoro in Yemen, Clarke ha ricevuto l’ambita statua di Lucie nel 2017 ed è stato nominato “Imagely Fund Fellow” del 2018. Nell’agosto 2021, Clarke ha esposto una mostra personale “Yemen; Conflict+Chaos” presso Visa Pour L’Image a Perpignan, Francia. È vincitore della seconda edizione di Wars.

Come afferma il direttore del MAG Matteo Rapanà: “Con questa mostra fotografica di grande rilievo il MAG intende valorizzare al meglio gli spazi da poco restaurati e soprattutto rendere forte Garda un luogo di riflessione non solo sul passato, ma anche sulla geopolitica contemporanea e sulle conseguenze derivate dai conflitti attuali.”

Nelle parole del direttore di Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo, Raffaele Crocco, il significato profondo della mostra: “Per una fotografia, per ogni singola fotografia realizzata in un qualunque buon reportage dal Mondo, serve tempo. Chi la realizza ha bisogno di capire come muoversi, dove vivere e come. Deve sapere dove si trova e con chi. Deve conoscere i luoghi, decifrarne la geografia, le abitudini. Ha bisogno di tempo per essere davvero pronto in quella frazione di secondo che gli è necessaria per lo scatto. La fotografia, la buona fotografia, è fatta di tempi lunghi dedicati a dar vita a istanti. Solo così, solo a quel punto la forza di quegli istanti – presi tutti insieme o singolarmente – diventa informazione, emozione, racconto. 
Solo a quel punto ogni singola foto è in grado di raccontare, ad esempio, l’ orrore della guerra o la grande capacità che gli esseri umani hanno di andare oltre quell’orrore.”

Alla cerimonia interverranno l’Assessore alle attività economiche, sport, eventi e manifestazioni del Comune di Riva del Garda Lorenzo Pozzer, il direttore di Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo Raffaele Crocco e il direttore del MAG Matteo Rapanà.

Dal 13 Maggio 2023 al 15 Ottobre 2023 – Forte Garda – Riva del Garda (TN)

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CONTRA SPEM SPERO. STORIE DALL’UCRAINA

Liubov Durakova, When You Call Me
Liubov Durakova, When You Call Me

«Ritengo che le storie visive possano raccontare con maggiore precisione cosa significhi vivere in tempo di guerra e mantenere ancora la speranza nei nostri cuori.»
Kateryna Radchenko

Il 27 giugno inaugura nel Padiglione 9b del Mattatoio di Roma la mostra fotografica “CONTRA SPEM SPERO. Storie dall’Ucraina“. 11 fotografi ucraini – Lyubov Durakova, Nazar Furyk, Kateryna Aleksieienko, Alena Grom, Gera Artemova, Mykhailo Palinchak, Elena Subach, Pavlo Dorohoi, Serhiy Korovainyi, Dmytro Tolkachov, Volodymyr Petrov – condividono i loro progetti documentaristici e artistici sulla vita durante il periodo della guerra regalando allo spettatore uno sguardo autentico ma mai senza speranza.

La mostra è a cura di Kateryna Radchenko dell’Odesa Photo Days Festival (Odesa, Ucraina), promossa dall’Assessorato alla Cultura di Roma Capitale e dall’Azienda Speciale Palaexpo, organizzata dall’Ambasciata della Repubblica Federale di Germania in Italia e dall’Azienda Speciale Palaexpo insieme alle rappresentanze in Italia del Parlamento europeo e della Commissione europea oltreché all’Ambasciata di Spagna in Italia, l’Ambasciata di Svezia in Italia, in qualità di Presidenza del Consiglio Europeo 2023, l’Ambasciata d’Ucraina in Italia.

Fino al 27 agosto nello spazio del MATTATOIO di Roma attendono lo spettatore storie visive che spaziano da quella della documentarista ucraina che si è arruolata nelle Forze Armate, a quella della gente di Kyiv che si confronta in uno spazio vitale profondamente segnato dalla guerra con una nuova “normalità”, fino al diario visivo personale dei rifugiati ucraini in Polonia.

“La guerra in Ucraina infuria da nove anni ed è passato più di un anno da quando la Russia ha lanciato un’invasione su larga scala. È difficile esprimere a parole il complicato mix di sentimenti provati dagli ucraini. Ritengo che le storie visive possano raccontare con maggiore precisione cosa significhi vivere in tempo di guerra e mantenere ancora la speranza nei nostri cuori”, afferma la curatrice Kateryna Radchenko.

“Stiamo vivendo una «Zeitenwende»: La guerra di aggressione russa segna un cambiamento epocale per l’Europa intera. Con i nostri partner e alleati difendiamo l’ordine di pace basato sul diritto internazionale. È per questo che sosterremo l’Ucraina finché sarà necessario ed è per questo che la Germania sostiene la creazione di un tribunale internazionale per perseguire il governo russo per il crimine di aggressione”, sottolinea l’Ambasciatore tedesco Viktor Elbling.

“Fin dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, l’impegno dell’Unione europea a fianco del popolo ucraino e degli artisti ucraini è stato fermo e costante. Il potere evocativo di queste immagini rafforza ancora di più la volontà di sostenere la resistenza ucraina per ripristinare la pace in Europa e avviare la ripresa post-bellica nel Paese”, afferma il Capo della Rappresentanza in Italia della Commissione europea, Antonio Parenti.

“La guerra ha colpito ancora una volta l’Europa. L’aggressione russa è inaccettabile e illegale. Dobbiamo sostenere instancabilmente l’Ucraina nella sua lotta per la libertà. L’Unione europea si è schierata all’unanimità per la libertà e la giustizia durante questa guerra, uniti possiamo fare grandi cose. Siamo più forti insieme!” è l’esortazione dell’Ambasciatore svedese Jan Björklund.

“La fotografia è una fissazione materiale delle immagini terribili della guerra che la Russia ha iniziato contro l’Ucraina, la guerra che non sceglie determinati obiettivi, ma distrugge tutto ciò che può essere distrutto: vite umane, cultura e storia del Paese. Attraverso la resistenza instancabile e l’incredibile eroismo, superando con dignità le prove della guerra, gli ucraini si stanno muovendo verso un nuovo livello di autocoscienza, autoidentificazione, statualità, soggettività mondiale. Ringraziamo tutti coloro che oggi, insieme al popolo ucraino, si stanno impegnando per fermare l’aggressione russa nel centro dell’Europa”, commenta l’Ambasciatore ucraino Yaroslav Melnyk.

“La guerra in suolo europeo, frutto di un’aggressione russa contro l’Ucraina, ha cambiato la nostra prospettiva sui conflitti bellici. Avevamo una visione distante dalle catastrofi di una guerra che non ci coinvolgeva direttamente. Ora, colpiti dagli orrori della guerra su un popolo fratello nel cuore dell’Europa, fissare lo sguardo su un atto di barbarie ingiustificato e sulla resistenza eroica del popolo ucraino ci rende solidali nel dolore e nella lotta. La fotografia cruda e diretta, fissa il desiderio di vita, di pace e di libertà di un popolo ingiustamente attaccato”, afferma l’Ambasciatore spagnolo Miguel Fernández-Palacios.

Il titolo della mostra fa riferimento a un testo della poetessa classica ucraina Lesia Ukrainka, scritto nel 1890, un monologo dell’autrice che proclama lo spirito di speranza e di opposizione a tutti i problemi anche nelle circostanze più difficili. La mostra è divisa in tre parti – la lotta, la speranza e il dopo – che parlano ognuna della nuova realtà e dell’adattamento alla vita durante la guerra, della lotta per l’esistenza del Paese, delle esperienze traumatiche e della speranza che li spinge a continuare a vivere.

Dal 27 Giugno 2023 al 27 Agosto 2023 – Mattatoio di Roma

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AIPAI PHOTO EXHIBITION

AIPAI PHOTO EXHIBITION

Si inaugurerà martedì 13 giugno al musil di Brescia la prima edizione dell’AIPAI PHOTO EXHIBITION, la rassegna fotografica promossa e organizzata da AIPAI, DICEA Università della Sapienza di Roma, in collaborazione con: Do.co.mo.mo Italia, Fondazione musil (Brescia), Fondazione AEM (Milano), Fondazione ISEC (Sesto San Giovanni), Rete Fotografia e lo speciale contributo di Ance Brescia. L’esposizione, inserita all’interno del programma del PHOTOFESTIVAL 2023, proseguirà dal 14 settembre al 13 ottobre in una nuova location presso la Fondazione AEM di Milano.

In mostra si potranno ammirare gli scatti vincitori, menzionati e selezionati della prima edizione dell’AIPAI PHOTO CONTEST, il concorso fotografico ideato dall’Associazione Italiana per il Patrimonio Archeologico Industriale, in occasione dei Secondi Stati Generali dedicati al patrimonio industriale tenutisi lo scorso giugno a Roma, per sensibilizzare e promuovere la cultura dell’industria, la memoria del lavoro, il patrimonio architettonico, tecnologico e paesaggistico dell’archeologia industriale.

Fotografi professionisti e amatoriali sono stati invitati a riflettere attraverso la presentazione di un progetto fotografico che potesse riguardare: macchine e cicli produttivi storici del patrimonio industriale; città e territori dell’industria; paesaggi della produzione; infrastrutture e patrimonio urbano; la costruzione per l’industria. Innovazione tecnologica e sperimentazione di materiali, tecniche e procedimenti; memoria dell’industria e del lavoro; storia e cultura del lavoro; restauro, conservazione e recupero; riuso e pratiche di rigenerazione; immagine e comunicazione dell’industria; turismo industriale. Esperienze di fruizione e di mobilità.

Il percorso espositivo si avvia con l’opera vincitrice “Land of Mines” di Fabio Piccioni, un progetto a lungo termine sulle miniere della Sardegna che ha avuto inizio nel 2007, concentrato sui caratteri endemici di un nuovo paesaggio plasmato dall’uomo, in cui le miniere continuano ad essere protagoniste di una perenne mutazione: migliaia di edifici abbandonati, pozzi, discariche, chilometri di gallerie sotterranee sono solo alcuni degli elementi peculiari.

L’opera di Fabio Piccioni – si legge nella motivazione della giuria – esalta un patrimonio industriale e ambientale unico al mondo, attraverso gli occhi di chi ama la propria terra e vuole che la sua bellezza sia conosciuta da tutti. Questo premio è anche un messaggio di vicinanza a tutti coloro che, spinti dalla passione, proteggono, promuovono e valorizzano un patrimonio ancora troppo spesso ignoto e in pericolo.

Saranno inoltre esposti i progetti menzionati di Fabio Oggero, che restituisce sapientemente nei toni del bianco e del nero l’iconicità dell’area EX CAI (Cementi Alta Italia ) del Monferrato, e di Francisco Jose Rodríguez Marín, dallo sguardo concentrato sull’antica produzione del mulino di Nuestra Señora del Pilar a Montril nei pressi di Granada (Spagna) oltre agli scatti selezionati di Mariano De Angelis, Davide Ferrera, Eleonora Ledda, Mirco Pandolfi, Guido Rosato, Martina Russo, Eleonora Tomassini, Amalia Violi, Claudio Zanirato.

Le opere in mostra sono frutto di un’accurata selezione operata dalla giuria composta da: Edoardo Currà, Presidente AIPAI; Jacopo Ibello, Presidente Save Industriale Heritage; Fabrizio Trisoglio, Responsabile scientifico Fondazione AEM, Presidente Rete Fotografia e Presidente di giuria; Emma Tagliacollo, Segretario Docomomo Italia; René Capovin, Direttore musil; Giorgio Bigatti, Direttore Fondazione ISEC; Palmina Trabocchi, storico dell’arte e socio AIPAI.

Dal 13 Giugno 2023 al 13 Ottobre 2023 – musil Brescia- Museo del Ferro di San Bartolomeo / Fondazione AEM

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CAREZZA nella Fotografia d’Autore – Collezione Speaking Hands

Ogni vera carezza è un sussulto del pensiero, un messaggio e un enigma. Una carezza sincera potrebbe gettare un ponte tra le anime, perché la mano che accarezza risvegliando i sensi, o che accoglie in un abbraccio silenzioso, è capace di raggiungerci là dove non riescono le parole, aprirci agli altri e condurci all’idea di qualcosa di indefinito e, al tempo stesso, infinito.

Il percorso espositivo è articolato in varie sezioni: Toccare per essere toccati, Carezza come riconoscimento proattivo, Tenerezza come passione tranquilla, Compassione come madre di tutti i sentimenti più profondi. Non mancano suggestive fotografie sulle carezze nell’arte scultorea (da Canova a Rodin) e nella società (Agenzia Magnum).

Una coinvolgente selezione di 80 opere dei Maestri della Fotografia che parlano da sole e che trasmettono messaggi universali: abbiamo bisogno di incontrare gli altri, di avere contatti più reali e meno virtuali, di saper riconoscere e vivere a fondo i nostri senti-menti, di saper costruire i nostri migliori e più duraturi ricordi. Tra i numerosi Autori provenienti dalla Collezione Speaking Hands: Manuel ALVAREZ BRAVO, Cecil BEATON, Gianni BERENGO GARDIN, Edouard BOUBAT, Robert CAPA, Flor GARDUÑO, Mario GIACOMELLI, Ralph GIBSON, André KERTESZ, Annie LEIBOVITZ, Will Mc BRIDE, Steve Mc CURRY; Inge MORATH, Gill PERESS, Marc RIBOUD, Jan SAUDEK, Jean-Loup SIEFF… 

1 – 30 luglio 2023 – Galleria Cavour – Padova

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Mostre Di fotografia da non perdere a Giugno

Buongiorno a tutti, ecco l’elenco di alcune mostre che reputo interessanti da non perdersi per il mese di Giugno.

Spero che ci sia qualche mostra che vi convinca e che pensiate meriti di essere visitata!

Ciao

Anna

Letizia Battaglia Senza Fine

Nel trentesimo anniversario degli attentati mafiosi a San Giovanni in Laterano e a San Giorgio al Velabro, le Terme di Caracalla a Roma accolgono dal 27 maggio al 5 novembre 2023 la mostra “Letizia Battaglia Senza Fine”, un omaggio alla fotografa siciliana, paladina dei diritti civili.

Una selezione di 92 fotografie di grande formato riassume cinquant’anni del lavoro fotografico (1971-2020) di Battaglia con immagini iconiche, meno conosciute o inedite.

Promossa dalla Soprintendenza Speciale Roma diretta da Daniela Porro, organizzata da Electa in collaborazione con l’Archivio Letizia Battaglia e la Fondazione Falcone per le Arti, la mostra è curata da Paolo Falcone.

dal 27 maggio al 5 novembre – Terme di Caracalla – Roma

MARIO DONDERO. La libertà e l’impegno

L’esposizione, di taglio antologico, mira a offrire uno sguardo complessivo sull’opera di Dondero, attraverso una selezione di immagini appartenenti a reportage e servizi fotografici realizzati lungo l’intero arco della sua lunga carriera, dagli anni Cinquanta agli anni Dieci del XXI secolo. Insieme a molte tra le fotografie più iconiche, in mostra vengono presentati diversi scatti inediti, provenienti dall’archiv

Dal 21 giugno al 6 settembre 2023 a Palazzo Reale apre la mostra Mario Dondero. La libertà e l’impegno.
Per la prima volta esposta a Milano l’ampia retrospettiva del lavoro fotografico di Mario Dondero (1928-2015), uno dei protagonisti della fotografia italiana della seconda metà del Novecento e fotoreporter di spicco nel panorama internazionale.
Promossa da Comune di Milano – Cultura, e prodotta da Palazzo Reale e Silvana Editoriale in collaborazione con l’archivio Mario Dondero, la mostra è curata da Raffaella Perna e sarà allestita nell’Appartamento dei Principi.

L’esposizione mira a offrire uno sguardo complessivo sull’opera di Dondero, attraverso una selezione di immagini appartenenti a reportage e servizi fotografici realizzati lungo l’intero arco della sua lunga carriera, dagli anni cinquanta agli anni dieci del XXI secolo. Insieme a molte tra le fotografie più iconiche, in mostra vengono presentati diversi scatti inediti, forniti dall’archivio dell’autore, tra cui alcuni ritratti di Pier Paolo Pasolini e Laura Betti.

La mostra a Palazzo Reale vuole restituire il lungo percorso di Dondero attraverso un racconto che segue un duplice criterio espositivo, cronologico e tematico insieme. Il display espositivo delle dieci sale dell’Appartamento dei Principi è concepito come una narrazione che si snoda lungo altrettante tappe, ciascuna pensata come una micro-mostra: dalle fotografie dei primi viaggi in Portogallo negli anni Cinquanta, sino agli scatti realizzati a Kabul negli anni.

Il percorso espositivo

La sala 1, oltre al testo di introduzione alla mostra, accoglie un nucleo di fotografie di taglio sociale realizzate nella penisola iberica, a partire dalla metà degli anni Cinquanta, sino alla fotografia, scattata a Malaga nel 2001, con il ritratto tenuto nel palmo di una mano di un giovane combattente repubblicano, scomparso in una fossa di Franco

Nella sala 2 viene presentata una selezione di 15 fotografie realizzate in Italia, che ritraggono la migrazione interna al Paese, il processo di alfabetizzazione, il lavoro rurale, le manifestazioni politiche e sindacali, l’attività dei pescatori a Chioggia nel 1980.

La sala 3 ospita un corpus di immagini realizzate nel 1968 in Irlanda, dove Dondero documenta diversi aspetti della realtà sociale del Paese, tra cui l’attività della leader cattolica irlandese Bernadette Devlin, durante la sua campagna a sostegno dei diritti degli studenti della Queen’s University.

Le sale 4 e 5 accolgono un focus dedicato a importanti personaggi del mondo dello spettacolo, in Italia e all’estero, con ritratti di Pier Paolo Pasolini ripreso sul set del film Comizi d’amore, Laura Betti, Carla Fracci, Enzo Jannacci, Giorgio Gaber, Vinicio Capossela, Vittorio Gassman, Eugène Ionesco, Serge Gainsbourg, Jean Seberg.

A seguire, la sala 6 ospita i ritratti di alcuni tra i maggiori scrittori e letterati del XX secolo: dallo scrittore americano di origine armena William Saroyan, ripreso alla macchina da scrivere nel 1959, a Günter Grass ritratto a Milano nel 1962, al poeta sperimentale fondatore dei Novissimi Edoardo Sanguineti, a Dacia Maraini e Pier Paolo Pasolini ritratto insieme alla madre Susanna Colussi nella loro abitazione all’Eur, sino alla celebre fotografia di gruppo del Nouveau Roman.

La sala 7 presenta invece i ritratti di alcuni tra i più significativi pittori, scultori, fotografi, critici d’arte, direttori di museo fotografati da Dondero, tra cui, Francis Bacon, Alexander Calder, Barbara Hepworth, Alberto Giacometti, Palma Bucarelli, Alberto Burri, Fabio Mauri, Elisabetta Catalano, Sergio Lombardo, Mimmo Rotella, Pierre Restany, Fausto Melotti.

La sala 8 raccoglie un nucleo significativo di fotografie scattate in Francia, che documentano la realtà sociale e politica del Paese: i congressi del partito gollista a fine anni Cinquanta, le manifestazioni in favore di Mitterrand dopo l’attentato subito ad opera dell’OAS nel 1959, gli eventi del ’68, la borsa di Parigi, il viaggio di Deng Xiaoping in Francia nel 1975, le recenti manifestazioni in difesa dei diritti sociali avvenute a Parigi nel 2011.

La sala 9 si concentra sui reportage scattati in Africa, dove il fotografo torna a più riprese lungo l’arco della sua carriera: in Algeria durante il conflitto con il Marocco, in Nigeria, in Costa d’Avorio, in Senegal.

La sala 10 raccoglie le fotografie scattate in varie parti del mondo a partire dal 1978: in Brasile dove riprende la vita dei bambini di strada, a Berlino nel 1989 nei giorni che precedono la caduta del muro, a Cuba in pieno período especial, in Russia e a Kabul, nelle carceri e negli ospedali dove operano i medici di Emergency.

21 Giugno 2023 – 06 Settembre 2023 – Milano, Palazzo Reale

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MARIO CRESCI. UN ESORCISMO DEL TEMPO

Mario Cresci, Interni Mossi, Barbarano Romano 1978. Stampa ai sali d’argento, cm. 30,5 x 40,5. Collezione Fotografia MAXXI Museo Nazionale delle Arti del XXI Secolo
Mario Cresci, Interni Mossi, Barbarano Romano 1978. Stampa ai sali d’argento, cm. 30,5 x 40,5. Collezione Fotografia MAXXI Museo Nazionale delle Arti del XXI Secolo

Oltre 350 opere vintage raccontano la ricerca del fotografo nei vent’anni di attività in Basilicata, dalla metà degli anni ’60 alla metà degli anni ’80. In questo contesto storico e geografico Mario Cresci (Chiavari, 1942) sviluppa un personale approccio antropologico “sul campo”, contribuendo attivamente ai cambiamenti sociali, urbanistici e culturali in corso in quegli anni nella regione.
Nelle opere in mostra gli interni di abitazioni, le persone, gli spazi urbani, elementi architettonici ed oggetti della tradizione lucana si manifestano per evocare un orizzonte simbolico collettivo al contempo arcaico e contemporaneo.

Temi ricorrenti nella ricerca fotografica di molti autori, come presenza e assenza, percezione del tempo, interpretazione della realtà, appaiono nelle opere di Cresci in una chiave inedita.

Dal 31 Maggio 2023 al 01 Ottobre 2023 – MAXXI Museo nazionale delle arti del XXI secolo – Roma

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STEVE MCCURRY. CHILDREN

Steve McCurry, India
© Steve McCurry | Steve McCurry, India

La nuova mostra del fotografo statunitense Steve McCurry “Children” in programma al Museo degli Innocenti di Firenze è un omaggio a un periodo straordinario della vita, una galleria di ritratti sorprendenti che racconta l’infanzia in tutte le sue sfaccettature, mettendo al contempo in luce una caratteristica comune ai bambini di tutto il mondo: l’innocenza del loro sguardo.

I giovanissimi protagonisti immortalati dall’obiettivo di McCurry sono diversi per etnia, abiti e tradizioni ma esprimono lo stesso sentire con la loro inesauribile energia, gioia e capacità di giocare persino nei contesti più anomali e difficili, spesso determinati da condizioni sociali, ambientali o di conflitto.

Grande Maestro della fotografia internazionale, McCurry dimostra sempre una fortissima empatia e una straordinaria capacità di tessere narrazioni, cogliendo a fondo l’essenza di quanto ritrae.

“Children” sarà ospitata nell’Istituto degli Innocenti di Firenze, progettato da Filippo Brunelleschi, luogo simbolo dell’attenzione per l’infanzia.

L’Istituto degli Innocenti di Firenze si occupa da oltre 600 anni di promuovere e tutelare i diritti dei bambini, occupandosi di accoglienza ed educazione, ma anche di studio, ricerca e promozione culturale per il benessere delle nuove generazioni e per l’affermazione concreta dei loro diritti.

Il percorso espositivo della mostra all’Istituto degli Innocenti inizia con una emozionante serie di ritratti e si sviluppa tra immagini di guerra e di poesia, di sofferenza e di gioia, di stupore e di ironia.

Il visitatore segue idealmente McCurry nei suoi viaggi attraversando India, Birmania, Giappone, Africa fino al Brasile, incontrando bambini profughi o lavoratori, bambini immemori del pericolo che giocano ad arrampicarsi su un cannone o si divertono nel fango, che rincorrono un pallone durante un acquazzone monsonico, o suonano una chitarra realizzata con materiali di scarto. Bambini che crescono nelle grandi città come nei villaggi rurali.
Sono storie di gioia e aggregazione, di solitudine, di resilienza e solidarietà, di famiglia e amicizia, raccontate sempre con rispetto e partecipazione.

Ad accompagnare lo spettatore ci saranno gli approfondimenti di attualità curati dall’Istituto degli Innocenti.
“Children” è un viaggio nell’infanzia per incontrare piccoli esseri umani che affrontano condizioni tanto diverse, ma che parlano un linguaggio in cui ciascuno può riconoscersi. Un viaggio anche nel ricordo della propria infanzia, e uno spunto di riflessione circa la responsabilità che abbiamo verso le nuove generazioni, nella consapevolezza che il sogno di un futuro più giusto dipende dalle azioni del nostro presente.

La mostra “Children” è curata da Biba Giacchetti con Melissa Camilli del team di SudEst57, con il patrocinio del Comune di Firenze, in collaborazione con l’Istituto dell’Istituto degli Innocenti, prodotta e organizzata da Civita Mostre e Musei con In Your Event by Cristoforo SCS, e realizzata con il supporto di Unicoop Firenze, I Gigli e Mercato Centrale.

Dal 19 Maggio 2023 al 08 Ottobre 2023 – Museo degli Innocenti – Firenze

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LISETTA CARMI. SUONARE FORTE

Lisetta Carmi, <em>I travestiti</em>, Genova, 1965 © Lisetta Carmi - Martini & Ronchetti
Lisetta Carmi, I travestiti, Genova, 1965 © Lisetta Carmi – Martini & Ronchetti

Dal 3 maggio all’8 ottobre a Villa Bardini a Firenze si terrà la mostra “Lisetta Carmi. Suonare Forte”.

Si tratta del primo appuntamento realizzato grazie all’accordo tra Fondazione CR Firenze e Intesa Sanpaolo che prevede di portare nel centro espositivo di Villa Bardini le mostre del progetto delle Gallerie d’Italia “La Grande Fotografia Italiana” affidato a Roberto Koch, editore, curatore e fotografo, che celebra la grande fotografia italiana del Novecento attraverso i suoi grandi maestri. Le tre mostre in programma, inaugurate alle Gallerie d’Italia – Torino in Piazza San Carlo, avranno poi un nuovo allestimento a Firenze.

Per questo, la prima mostra ad arrivare a Villa Bardini è la monografica dedicata a Lisetta Carmi, a cura di Giovanni Battista Martini, curatore dell’Archivio della fotografa.

L’esposizione, nel riallestimento fiorentino, propone due sezioni speciali di approfondimento inedite dedicate all’alluvione del 1966 e al compositore fiorentino Luigi Dallapiccola.

Sono in mostra 180 fotografie scattate in vent’anni di vita professionale tra gli anni Sessanta e Settanta, che propongono uno spaccato dei più importanti progetti fotografici di Lisetta Carmi. La maestra della fotografia, sopravvissuta alle persecuzioni razziali, trasforma la macchina fotografica in uno strumento per capire il mondo e la condizione umana e allo stesso tempo per trovare risposte su sé stessa e lenire la sua angoscia esistenziale.

Nove le sezioni presenti in mostra, fra cui quella dedicata al tema del lavoro. Ci sono le immagini delle drammatiche condizioni dei lavoratori nel Porto di Genova, sua città natale, gli operai dedicati allo scarico dei fosfati dalle stive, immersi nella polvere bianca, le fabbriche con le lavorazioni più spettacolari e pericolose come la colata dell’acciaio all’Italsider, le giovani operaie nel sugherificio di Calangianus in Sardegna.

Inoltre, la prima vita di pianista di Lisetta Carmi dialoga con la fotografia nel lavoro dedicato al Quaderno musicale di Annalibera, del compositore fiorentino Luigi Dallapiccola. Gli undici fotogrammi astratti sono l’interpretazione grafica degli undici brani scritti dal musicista per il compleanno della figlioletta e sono accompagnati da quattro ritratti del maestro.

È totalmente inedita la sezione dedicata all’alluvione di Firenze del novembre 1966. La stessa Carmi racconterà in seguito: Arrivai in una città sconvolta. Per due giorni e una notte fotografai migliaia di libri bagnati e salvati per miracolo dai volontari, automobili capovolte, mele annegate nel fango, seggiole, bottiglie e fiaschi che galleggiavano nelle strade invase dall’acqua fangosa.

La mostra a Firenze è promossa da Fondazione CR Firenze e Parchi Monumentali Bardini e Peyron.

Per tutti i possessori del biglietto della mostra è prevista una riduzione per l’ingresso alle Gallerie d’Italia di Milano, Napoli, Torino, Vicenza e viceversa.

Dal 03 Maggio 2023 al 08 Ottobre 2023 – Villa Bardini – FIRENZE

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IMP FESTIVAL – INTERNATIONAL MONTH OF PHOTOJOURNALISM

Dal 26 maggio al 25 giugno 2023 si svolge a Padova la quinta edizione di IMP – Festival Internazionale di Fotogiornalismo***, uno tra i più grandi eventi italiani dedicati alla fotografia e il primo Festival in Italia interamente dedicato al mondo del fotogiornalismo. Quest’anno vengono presentate al pubblico le opere di oltre 40 autori internazionali, allestite nelle più prestigiose sedi museali ed espositive della città, oltre a quattro workshop con alcuni dei più affermati autori sulla scena internazionale, e 30 tra talk, visite guidate e conferenze. Tra gli ospiti d’eccellenza anche il grande Uliano Lucas, uno dei padri fondatori del fotogiornalismo italiano, e i direttori di FotoEvidence New York David Stuart e Svetlana Bachevanova.  Il Festival ospita la mostra Biafra: Anno Zero dedicata a uno dei più iconici progetti del celebre fotoreporter Romano Cagnoni, recentemente scomparso. Ad affiancarla i capolavori dei vincitori del World Press Photo come le città aeroporto di Giulio di Sturco; il baby boom tra i guerriglieri della giungla colombiana raccontato dalla spagnola Catalina Martin Chico; il nazionalismo tra i giovani in Russia e negli Stati Uniti dell’americana Sarah Blesener; l’incredibile dietro le quinte della Fashion Week senegalese negli scatti dell’inglese Finbarr O’Reilly. 

26 MAGGIO – 25 GIUGNO 2023 – Padova

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L’Italia è un desiderio. Fotografie, paesaggi e visioni 1842 – 2022 Le collezioni Alinari e Mufoco

“Non c’è mai un paesaggio che non contenga in sé una quantità di altri paesaggi. L’insieme di ciò che noi abbiamo percepito come tale è soltanto un riflesso di qualcosa che è in noi. Siamo noi che creiamo il paesaggio” Andrea Zanzotto, Luoghi e paesaggi

La fotografia, come altre forme artistiche, riflette sui cambiamenti politici e culturali della società. In quest’occasione, rivolgiamo l’attenzione al paesaggio italiano la cui indagine permette oggi di studiare e analizzare trasformazioni e cambiamenti all’interno del nostro Paese. Il paesaggio diventa, quindi, metafora del cambiamento sociale, artistico e culturale in Italia da metà Ottocento fino ai giorni nostri.

La mostra L’Italia è un desiderio presenta un’ampia selezione di immagini, provenienti dagli archivi e dalle collezioni della Fondazione Alinari per la Fotografia e del Mufoco – Museo di Fotografia Contemporanea, coprendo un arco di tempo estremamente ampio: dagli albori della fotografia paesaggistica al contemporaneo. Grazie a una successione cronologica di tecniche, linguaggi e visioni, la mostra consente di ripercorrere l’evoluzione delle modalità̀ di rappresentazione del Bel Paese, apprezzandone la bellezza che lo ha proposto a lungo come un modello e misurandone anche le sue contraddizioni.

Nelle sale delle Scuderie del Quirinale sono in mostra oltre 600 opere originali caratterizzate da una grande ricchezza di tecniche, materiali, formati e di modalità di presentazione. Il percorso espositivo inizia con le fotografie degli Archivi Alinari e continua con le opere della collezione del Museo di Fotografia Contemporanea. La mostra è arricchita da una serie di scintille, momenti di dialogo diretto e inaspettato tra le due collezioni, accostamenti di opere tra loro distanti nel tempo, ma assimilabili secondo registri più diversi, che spaziano dal punto di ripresa alla tecnica, dal linguaggio al luogo rappresentato, dai temi affrontati alle infinite possibili suggestioni, rimandi e associazioni. Le scintille esposte suggeriscono alcune delle questioni più attuali nel dibattito contemporaneo sul funzionamento, la fruizione, la produzione della fotografia e, più in generale, dell’immagine.

Il percorso all’interno della mostra si trasforma così in un vero e proprio viaggio in Italia: dalle vedute fotografiche quasi pittoriche dei Fratelli Alinari alle “inquadrature naturali” dal nord al sud d’Italia di Luigi Ghirri, dai ritratti delle fabbriche milanesi di Gabriele Basilico ai primi negativi retroilluminati, fino alle ultime ricerche dove la fotografia si apre sempre più ad altri media. Alla fine della mostra rimane un’idea ampia di paesaggio, che introduce dimensioni immateriali e astratte – psicologiche, poetiche, politiche – che lasciano spazio all’interpretazione del pubblico. Il progetto non vuole ricostruire una storia della fotografia italiana bensì coinvolgere il visitatore – attraverso le immagini delle due collezioni – in un’esperienza di viaggio unica e preziosa.

1 giugno > 3 settembre 2023 – SCUDERIE DEL QUIRINALE – Roma

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ACQUA PIÙ PREZIOSA DEL DIAMANTE

© Lombardi Luigi. Courtesy Istituto Italiano di Fotografia
© Lombardi Luigi. Courtesy Istituto Italiano di Fotografia

Istituto Italiano di Fotografia presenta la mostra fotografica Acqua più preziosa del diamante dal 6 al 30 giugno presso la Centrale dell’Acqua di Milano; l’esposizione racconta, attraverso lo sguardo di 16 fotografi, lo sfruttamento del suolo e dell’ambiente oltre alle condizioni di siccità che hanno colpito il territorio italiano nell’estate 2022.

Il progetto fotografico, curato dal fotografo e docente di IIF Erminio Annunzi, fa emergere chiaramente le numerose conseguenze che l’azione dell’uomo provoca sul pianeta, dalla deforestazione allo scioglimento dei ghiacciai ma anche la devastazione causata dagli incendi boschivi e gli effetti che la mancanza di piogge ha determinato sulle attività economiche e sociali presenti lungo le rive del fiume Po.

L’invito è quello di ripensare l’attuale utilizzo delle risorse naturali e limitare l’impatto delle attività umane rendendole sostenibili per il pianeta. Attraverso linguaggi espressivi differenti, i fotografi dell’Istituto Italiano di Fotografia narrano il malessere della natura e dell’ambiente; alcuni studenti propongono immagini documentarie dei terreni e della vegetazione arsi dal fuoco, oltre ai campi inariditi dalla carenza d’acqua, oppure mostrano l’impietoso confronto tra la secca del Ticino e le piene degli anni precedenti. In altri casi, attraverso un approccio minimalista e contemporaneo, gli scatti ritraggono l’alveo del fiume Po trasformato dalla siccità in un ambiente inospitale, che ricorda la superficie lunare secca e polverosa oppure raccontano le rive dei fiumi in cui la vegetazione spontanea cresce tra i ciottoli come un flebile segno di speranza.
La collaborazione con MM SpA e la Centrale dell’Acqua di Milano rende la proposta espositiva ancora più attuale e la arricchisce creando un dialogo con un’importante istituzione cittadina dedita alla sensibilizzazione sui temi dell’acqua, sulla sua corretta gestione e sulle buone pratiche per salvaguardare una risorsa che significa vita per l’intero Pianeta.

Fotografi partecipanti: Carlo Francesco Amoroso, Fabio Berasi, Alice Castelli, Lucia Cesa, Annalisa Cinco, Andrea Marco Consonni, Miriana Corabi, Aaron Di Marino, Silvia Lago, Sandro Lasco, Luigi Lombardi, Giuseppe Martella, Massimiliano Meroni, Roberto Pasquali, Sandra Perilli ed Helmut Schwanke.

In occasione della mostra viene presentata una pubblicazione fotografica con testo di Erminio Annunzi che presenta i diversi progetti esposti.

Dal 05 Giugno 2023 al 30 Giugno 2023 – Centrale dell’Acqua di Milano

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DARIO BINETTI. LO SPIRITO DEI LUOGHI

Dario Binetti. Lo spirito dei luoghi
© Dario Binetti | Dario Binetti. Lo spirito dei luoghi

È Dario Binetti il primo fotografo ad essere ospitato nella nuova sede della Fondazione Giacomo Casanova di Venezia, situata nel centralissimo sestiere di San Marco, nello storico Palazzo Zagùri. 
Lo spirito dei luoghi è il titolo della mostra fotografica, curata da Diletta Iacuaniello, giovane curatrice bolognese, in programma dal 20 maggio, al 18 giugno prossimi. Una prestigiosa prima a Venezia, per il fotografo brindisino, che opera da parecchi anni ad Ascoli Piceno. Dopo il successo della personale “Io è l’altro”, allestita nel mese di ottobre a Londra, nella Oxo Tower, la fotografia di Binetti approda a Venezia, con il suo nuovo lavoro, intitolato “Lo spirito dei luoghi”. 

Con i suoi scatti ispirati allo “spirito dei luoghi” e stampati su alluminio (Dibond), Binetti ci dice che “esistono luoghi nei quali si percepisce la sensazione che siano intrisi di ricordi, impressi dagli animi e mentre li attraversi, vieni ricoperto di sensazioni di vissuto, che si presentano nella mente con una modalità, per la quale la forma del luogo induce alla visione di emozioni vissute. È un ponte fra il visibile (ciò che l’occhio coglie) e il non visibile (che è ciò che il cuore sente). Non sono immagini create dai sensi: nessun suono, o odore, o percezione sulla pelle, ma la tua mente ha chiara la presenza di sensazioni di cui il luogo è impregnato. E la memoria dei luoghi non consiste solo in un riconoscimento della realtà che ci circonda” – dice Dario Binetti. Come ribadisce la curatrice della mostra, Diletta Iacuaniello: “Certi luoghi non si guardano soltanto, ma si respirano con l’anima. Contro ogni apparenza, infatti, un luogo non è mai solo uno spazio vuoto, ma al contrario esso è animato da una propria energia, che si sprigiona in maniera diversa, a seconda dell’immaginazione, del temperamento, del vissuto e dei sentimenti di ciascuno di noi.”

Aggiunge Gregorio Rossi: “Nelle fotografie (di Binetti n.d.r.) i personaggi umani sono ballerine di una compagnia di danza; quasi nella totalità delle opere, sfido però chiunque a trovare una riconoscibilità personale, salvo in una minima parte. Perché il Binetti, tutto e tutti ha trasferito in un Altrove, dove i corpi sfumati e trasfigurati in ombre, però vivi, si integrano perfettamente nei vari ambienti, che di sicuro all’inizio appartenevano al nostro mondo e che l’artista ha trasfigurato al fine della propria creazione.”

Dal 20 Maggio 2023 al 18 Giugno 2023 – Palazzo Zagùri – Venezia

PEGGY KLEIBER. TUTTI I GIORNI DELLA VITA (FOTOGRAFIE 1959-1992)

Peggy Kleiber, Roma 1964
© Peggy Kleiber | Peggy Kleiber, Roma 1964

PEGGY KLEIBER. Tutti i giorni della vita (fotografie 1959-1992), la prima mostra in Italia della fotografa Peggy Kleiber, curata da Arianna Catania e Lorenzo Pallini, sarà esposta al Museo di Roma in Trastevere dal 19 maggio al 15 ottobre 2023.

L’esposizione è promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e realizzata dalle associazioni culturali Marmorata169 e On Image, con la collaborazione dell’associazione Les photographies de Peggy Kleiber. Servizi museali Zètema Progetto Cultura.

Due valigie, mai aperte, contenenti 15.000 fotografie scattate tra la fine degli anni ‘50 e gli anni ’90: nasce da questo incredibile ritrovamento la mostra “Peggy Kleiber. Tutti i giorni della vita (fotografie 1959-1992)”. La scoperta arriva dopo la sua morte, nel 2015. In seguito la famiglia decide di valorizzare e rendere pubblico questo importante patrimonio rimasto a lungo nascosto. 

Peggy Kleiber è una donna indipendente, cresciuta in una famiglia numerosa e vivace a Moutier in Svizzera, tra poesia, musica e letteratura, con una grande passione per la fotografia come strumento d’espressione e di conoscenza. È una fotografa non professionista, poi divenuta insegnante, che centra la sua ricerca nel punto d’incontro tra storia privata e storia collettiva. Le sue fotografie, tutte scattate con la sua inseparabile Leica M3, raccontano istanti intimi di vita e al contempo narrano luoghi, atmosfere e eventi collettivi durante 40 anni. 
I suoi sono scatti d’autore, spesso apparentemente casuali, che parlano un linguaggio universale. Sono immagini di un tempo passato, colori dimenticati, suoni e voci silenziose.
Alla ricerca del sottile e dell’impercettibile, Peggy impone la sua presenza silenziosa, ricettiva ed empatica. Nascono così fotografie aperte che non sono documenti di un passato perduto, ma tracce di luoghi ancora vivi: dalle fotografie di famiglia ai viaggi, in Italia e a Roma.  

Sono 150 le fotografie in mostra con una selezione di stampe vintage originali dell’autrice, alcuni album di famiglia e un video che ripercorre la riscoperta dell’archivio attraverso materiali inediti e filmati Super8 di famiglia.La mostra si compone di due sezioni: una dedicata alla famiglia e l’altra dedicata ai viaggi in Italia, in particolare a Roma a partire dai primi anni ‘60. Nella prima sezione ci sono le fotografie che Peggy ha realizzato nel corso di molti anni alla sua famiglia, durante celebrazioni, matrimoni, nascite. Nello scorrere del tempo va così costruendosi in maniera spontanea, pezzo per pezzo, un racconto intimo e denso di emozioni.

Nella seconda sezione, dedicata ai viaggi compiuti in tutta Europa, spicca per intensità la grande attenzione dedicata all’Italia, quasi una patria d’elezione per lei. Peggy Kleiber riesce ad avvicinare gli strati sociali anche più marginali, lasciandosi incantare da luoghi ignoti. A Roma la sua è una “flânerie” non solo letteraria e artistica, ma anche politica e culturale: un viaggio che la porta dal Centro storico (percorso in lungo e in largo negli angoli meno turistici e in orari spesso insoliti) alle periferie più estreme della città e ai margini delle borgate, proprio negli anni in cui scrittori come Pasolini ne scoprivano le storie.

Tuttavia la sua curiosità non si ferma qui e Peggy Kleiber da Roma prosegue alla scoperta dell’Italia nascosta: in particolare Umbria e Toscana, innamorandosi dei tesori dell’Arte, ma anche la Sicilia, altra terra amata, dove stringe legami che dureranno per gli anni a seguire. Qui incontra Danilo Dolci, già conosciuto in Svizzera, ritraendolo in alcune preziose e inedite fotografie durante gli “scioperi al contrario” e al contempo soffermandosi sui volti dei bambini di Partinico. Peggy Kleiber viaggia nel suo tempo e avvicina, con la sua presenza discreta, la storia universale, collettiva alla storia personale intima: nelle sue morbide immagini in bianco e nero, riesce a mettere tra sé e il soggetto uno spazio vitale, che racconta 40 anni di storia del mondo in rapida trasformazione.

Sia che essa rivolga il suo sguardo al proprio microcosmo familiare sia che lo posi sulle periferie del mondo o sulla vita nascosta delle città, Peggy Kleiber ci guida a un’osservazione lenta, ci spinge a prestare più attenzione alle emozioni tra le persone e ai gesti “sottili”, invitandoci a scoprire qualcosa che pensavamo di avere dimenticato.

Nata il 25 giugno 1940 a Moutier, Peggy Kleiber cresce in un ambiente ricco di stimoli culturali, con tanti fratelli e sorelle. Peggy è la secondogenita: vivace, sensibile, curiosa e generosa. Ama la letteratura e la musica, incontra la passione per la fotografia nel 1961 ad Amburgo, frequentando la scuola Hamburger Fotoschule. Questa esperienza segna un punto di svolta nella vita di Peggy: da quel momento, la sua Leica M3 la seguirà in ogni momento, nei riti di famiglia e nelle ricorrenze, così come nei viaggi all’estero, alla scoperta del mondo. 

Dall’inizio degli anni ‘60 viaggia in tutta Europa (Parigi, Praga, Amsterdam, Leningrado, solo per citare alcune destinazioni), dedicando una grande attenzione all’Italia: Roma e la Sicilia sono due capitoli importanti che le permettono di sperimentare e di lasciarsi incantare da luoghi ignoti.

Per Peggy Kleiber la macchina fotografica è un modo per nascondere e rivelare, anche se stessa. Lo fa attraverso lo splendido ciclo delle foto di famiglia, racchiuse nel libro autoprodotto “Rue Neuve 44 Cronaca della vita familiare 1963-1983” e donato ai suoi parenti nel 2006. Dalla fine degli anni ’70 in poi si dedica con passione all’insegnamento, senza abbandonare la fotografia, che diventa un modo per ripensare a distanza di tempo all’intreccio dei rapporti di una vita. Peggy scompare prematuramente nel 2015.

Dal 19 Maggio 2023 al 15 Ottobre 2023 – Museo di Roma in Trastevere

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PETER PUKLUS. THE HERO MOTHER: HOW TO BUILD A HOUSE

© Peter Puklus
© Peter Puklus

The hero mother: how to build a house” è la mostra personale del fotografo Peter Puklus, a cura di Laura De Marco, con cui Spazio Labo’ approfondisce il tema della decostruzione dei tradizionali ruoli familiari, identitari e di genere attraverso l’ibridazione dei linguaggi visivi. 

La mostra inaugura mercoledì 17 maggio 2023 alle ore 19 alla presenza dall’artista che a seguire terrà un incontro aperto al pubblico in conversazione con la curatrice Laura De Marco.

Puklus decostruisce e interroga le dinamiche dei pre-costituiti ruoli femminili e maschili all’interno della famiglia patriarcale: la maternità come presunta attività eroica e il supposto dovere del padre di costruire e proteggere la casa. 
La sua ricerca tenta di rompere con i simboli tradizionali associati alle figure materne e paterne in modo giocoso e critico allo stesso tempo. Fuori dai confini dello studio fotografico, Puklus sviluppa un inedito vocabolario visivo attorno alla vita genitoriale e alle problematiche legate alla costruzione del nucleo familiare: The Hero Mother ricostruisce così la vita quotidiana che si svolge nell’intimità della casa mettendo l’osservatore di fronte alla complessità di noi stessi.

Il libro fotografico The Hero Mother – How to build a house di Peter Puklus è stato pubblicato da Images Vevey e Witty Books nel 2021 ed è stato selezionato tra i migliori libri fotografici dell’anno dal magazine Photobook Journal e dal portale Photobookstore grazie alle segnalazioni del critico Brad Feuerhelm e della co-fondatrice della casa editrice VOID Myrto Steirou.

La mostra fa parte di Look at us – Rassegna di narrazioni non conformi dedicata alla visibilità e alla decostruzione dei tradizionali ruoli familiari, identitari e di genere attraverso l’ibridazione dei linguaggi visivi.

Dal 17 Maggio 2023 al 13 Luglio 2023 – Spazio Labo’ | Photography – Bologna

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REVERSING THE EYE. FOTOGRAFIA, FILM E VIDEO NEGLI ANNI DELL’ARTE POVERA

© Archivio Penone / Adagp, Paris, 2022
© Archivio Penone / Adagp, Paris, 2022

La mostra, prodotta in collaborazione con Jeu de Paume e LE BAL, esplora la relazione che, tra gli anni sessanta e i primi anni settanta, una parte delle avanguardie italiane ha intrattenuto con l’immagine meccanica, la fotografia, il film, il video.

L’esposizione riunisce le grandi figure dell’arte povera e altri artisti, fotografi, e operatori video che ne hanno condiviso il percorso, mettendo in luce il ruolo rivoluzionario della fotografia e le sue molteplici contaminazioni con altre forme di espressione artistica. 

Dal 17 Maggio 2023 al 03 Settembre 2023 – Triennale Milano

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MOSTRA DEL PROGETTO VINCITORE DI “UMANE TRACCE” DI MICHELA MARIANI

PH di Michela Mariani

Il progetto di Michela Mariani vincitore di questa seconda edizione colpisce per la sua verità: istantanee scattate con delicatezza mescolate a foto dall’archivio personale, per raccontare una persona che vive con serenità la sua peculiarità di genere, scegliendo di vestire abiti femminili mantenendo in parallelo anche la sua identità maschile. Michela è rimasta sedotta dal suo stile, dal suo charme, dall’assoluta libertà delle sue scelte in un incontro casuale e fortuito in Québec, ed ha saputo comporre in un clima di sincera amicizia un ritratto a quattro mani intimo, rispettoso ed in ascolto del personaggio. Lo charme e la simpatia di Pier-Hélène hanno conquistato anche la giuria, che si è espressa con voto unanime.

Inaugurazione 1 giugno 2023

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LA METAFISICA DEL BIANCO E NERO

La Metafisica del Bianco e Nero, Forte di Gavi
La Metafisica del Bianco e Nero, Forte di Gavi

Il Forte di Gavi  ospita la mostra collettiva fotografica La Metafisica del Bianco e Nero, organizzata in collaborazione con Arte and Cuisine APS e con i Patrocini della Provincia di Alessandria, del Comune di Gavi e del Comune di Serravalle Scrivia.

In mostra ci saranno opere di Alberto Pallavicini (Gavi), Marco Mignani (Milano), Marzia Bernini (Ovada), Massimo Tamiazzo (Pozzolo Formigaro), Mirko Tamiazzo (Gavi) e Stefano Tocco (Cassano Spinola).
Presenti anche Paolo Amoretti e Ilaria Berenice, i pittori serravallesi che l’anno scorso al Forte hanno organizzato la mostra “Anime in Astrazione” del 2022 dedicata al volto: entrambi usano anche la fotografia come ulteriore mezzo di espressione artistica.

Spesso gli artisti esprimono il “tempo” in cui vivono e il nostro tempo recente è coinciso con una pandemia che ha obbligato le persone a rimanere in casa, metaforicamente e letteralmente. La condizione di isolamento forzato, per taluni, ha comportato momenti introspettivi: l’artista si mette al centro del mondo e riscopre se se stesso e la sua interiorità, che va oltre il bello e il brutto, il bene e il male, il bianco e il nero.

La mostra vuole quindi esporre una ricerca che va oltre la dualità dando una visione d’insieme sia nella singola foto che nella collettività degli artisti. Il percorso delle immagini comincia nella chiesetta del Forte – dove saranno esposti una serie di scatti ispirati all’antica strutture militare – e prosegue nelle vecchie celle di prigionia.

Dal 07 Maggio 2023 al 30 Giugno 2023 – Forte di Gavi (AL)

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Mostre di fotografia da non perdere a febbraio

Ciao,

ecco le mostre che vi segnaliamo per il mese di febbraio.

Speriamo che suscitino il vostro interesse.

Anna

MISE EN ABYME: MAKING OF YYY – Yelena Yemchuk

Nell’ambito di ART CITY Bologna 2023 in occasione di ARTEFIERA, Spazio Labo’, in collaborazione con Départ Pour l’Image, presenta Mise en Abyme, un progetto espositivo ed editoriale intorno al libro YYY di Yelena Yemchuk a cura dei co-fondatori della casa editrice Départ Pour l’Image, Luca Reffo e Francesca Todde.

Mise en Abyme è pensato come uno spin-off di YYY, edito da Départ Pour l’Image nel luglio 2022, e nasce dal desiderio di amplificare i concetti alla base del libro attraverso l’utilizzo del materiale accessorio prodotto durante la sua progettazione, composizione e lavorazione tipografica. L’opportunità di mostrare la messa in opera dell’edizione attraverso fogli macchina di stampa, embossing, prove colore, disegni e variazioni sull’editing mira ad arricchire la conoscenza dei processi creativi nell’intervallo tra l’ideazione e la produzione industriale editoriale.

Se YYY – acronimo di Україна Yelena Yemchuk – era un sogno a occhi aperti che conduceva a un percorso a ritroso dal terzo al primo capitolo, Mise en Abyme è la sua prosecuzione in forma di riflesso fantasma che “dal laghetto del sacrificio” mette lo sguardo nell’abisso dell’immaginario.
Nel progetto la narrazione originaria – la sequenza come di flusso di coscienza – è riscritta grazie a imprevisti sviluppi del materiale residuo, sovrapposizioni, ingrandimenti e fortuiti ritrovamenti.
La sofisticazione dei registri mira, attraverso l’attitudine evocativa dell’immagine, all’emersione delle sensazioni, libere da contenuti, facendo sì che il sistema alla base di Mise en Abyme potrebbe idealmente ripetersi infinite volte, suggerendo illimitate differenti versioni.

La mostra è una co-produzione di Spazio Labo’ e Départ pour l’image ed è parte di Origami, rassegna di ispirazioni multidisciplinari dedicata all’interazione tra forme artistiche, ai punti di contatto, e all’ibridazione dei linguaggi.

Dal 1 febbraio 2023 – Spazio Labo’ – Bologna

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MAURIZIO GALIMBERTI. ISTANTI DI STORIA

Maurizio Galimberti, Disinfestazione a Wuhan, 2020 (2021), mosaico con Fuji-instax, cm 148x95. LUCHI Collection
Maurizio Galimberti

Dall’11 febbraio al 30 aprile il MAC Museo d’Arte Contemporanea di Lissone presenta Istanti di storia, una personale di Maurizio Galimberti (Como, 1956) curata da Francesca Guerisoli e Denis Curti.
La mostra presenta per la prima volta al pubblico il ciclo completo che si ispira alla storia del Novecento e ai suoi protagonistisessanta opere di grande formato costituite da assemblaggi di istantanee fotografiche che ripropongono alcune delle immagini più iconiche degli ultimi decenni, attraverso cui l’artista rilegge la memoria collettiva.
Galimberti seleziona fotografie di altri autori – tra le più rappresentative degli accadimenti che hanno caratterizzato il nostro passato più recente –, le fotografa più volte da prospettive differenti, le scompone e le ricompone “a mosaico”, reiterando così la loro valenza simbolica, come a voler sottolineare la forza di queste stesse immagini, il cui potere evocativo “vale più di mille parole”. Questi mosaici non “spiegano” i fatti, né intendono dare risposte precise sul corso della storia, bensì, se visti nella loro totalità, appaiono come un campionario di eventi memorabili che attraverso l’intervento artistico si svincolano dalla documentazione storicizzata per assumere le sembianze eteree di reliquie contemporanee, commenta Denis Curti.
Il percorso espositivo si sviluppa in senso cronologico presentando rielaborazioni di immagini simbolo tratte dal mondo dell’attualità, della cinematografia e dello spettacolo (lo sbarco sulla luna, l’immagine simbolo del film Easy Rider, Anna Magnani in Roma città aperta, il pianto di Sofia Loren in La Ciociara, Jimi Hendrix con la sua chitarra, la tragedia del Grande Torino); si addentra nel buio della storia (la battaglia di Iwo Jima, la bomba atomica su Hiroshima, l’ingresso dell’Armata Rossa a Berlino nel 1945, l’assassinio di John Fitzgerald Kennedy, la crisi del Medio Oriente e il terrorismo degli anni ‘70, Mani Pulite, l’attentato alle Torri Gemelle); ripercorre i dolorosi traumi dell’infanzia (il bambino del Ghetto di Varsavia, i bambini di Mengele, la celebre foto della bambina vietnamita bruciata dal Napalm); si sofferma davanti alle più grandi personalità del Novecento (Che Guevara con il suo celebre sigaro, Martin Luther King, Papa Giovanni Paolo II, Aldo Moro, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, Michail Gorbačëv e Boris Eltsin, Nelson Mandela) fino ad arrivare alla pandemia di Covid-19. L’itinerario espositivo si chiude con un lavoro inedito: la toccante rilettura della tragedia di Marcinelle, quando nella calda giornata estiva dell’8 agosto 1956, poco distante dalla città belga si consumò uno degli incidenti minerari più gravi della storia: 262 i morti, tra cui 136 immigrati italiani.

Dal 11 Febbraio 2023 al 30 Aprile 2023 – MAC Museo d’Arte Contemporanea di Lissone

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Carlo e Luciana – Nice Balconi

Carlo e Luciana
da In Almost Every Picture n. 17
di Erik Kessels e Sergio Smerieri Carlo e Luciana è un racconto di viaggio: ciascuno fotografa l’altro e viceversa. Coppie di immagini che affiancate si completano, come le metà di un insieme. Erik Kessels è un artista, designer e curatore olandese, colleziona fotografie che trova nei mercati delle pulci, nelle fiere, nei ne gozi dell’usato, ricontestualizzandole e pubblicandole con KesselsKramer Publishing. Tra i suoi lavori più famosi e importanti vi sono la rivista Useful photography e In Almost Every Picture. 

Nice Balconi
Fotografia Vernacolare dall’archivio di Sergio Smerieri
Presso Isolo17 Gallery di via XX Settembre 31b è allestita una mostra di fotografia vernacolare che racconta il valore simbolico che il balcone assume in scatti amatoriali ritrovati nei mercatini dell’antiquariato, o in polverose soffitte. Il balcone, a metà tra cielo e terra è metonimia del dentro mentre si affaccia al “fuori”. È status symbol da cui osservare il mondo per mostrarsi ad esso. 
Un modo per sorridere del noto balcone di Giulietta smitizzando la sua fama con decine di scatti che hanno immortalato nel tempo donne, bambini, famiglie intere sui balconi di mezza Italia.

in dialogo con le immagini realizzate dagli studenti del corso di Forme e linguaggi dell’arte di MSTC Iusve

Progetto a cura di Simone Azzoni e Sergio Smerieri
Organizzazione Grenze Arsenali Fotografici in collaborazione con Gu.Pho e Isolo17Gallery

dal 4 al 28 febbraio 2023 – Galleria d’Arte Contemporanea – Verona

ELLIOTT ERWITT. VINTAGE

© Elliott Erwitt / Magnum Photos
© Elliott Erwitt / Magnum Photos

Il 2023 del Museo Villa Bassi Rathgeb di Abano Terme parte alla grande con una mostra dedicata ad uno dei più grandi fotografi viventi del 900: Elliott Erwitt.

Erwitt ha scattato le prime fotografie dei razzi sovietici e la fotografia che ritrae il confronto verbale tra Nikita Krusciov e Richard Nixon. Tuttavia la fama internazionale è arrivata con le sue immagini umoristiche legate al mondo dei cani anche se la sua carriera è vastissima e tocca davvero tantissimi ambiti.

“Raramente metto in scena immagini, le aspetto. . . lascio che si prendano il loro tempo. A volte pensi che succederà qualcosa, quindi aspetti. Potrebbe avere successo; potrebbe non esserlo. Questa è una cosa meravigliosa delle immagini: le cose possono succedere“, 
dichiarava Elliott Erwitt mettendo in evidenza la sua innata capacità di intuire cosa accadrà dopo.

Le sue 
fotografie in bianco e nero raccontano una visione del mondo assolutamente unica e personale, poco focalizzata sul contesto esterno e sul paesaggio e concentrata su ciò che fanno davvero le persone e gli animali. Rappresentano la vita quotidiana di tutti noi, ci raffigurano quasi in un “dipinto” senza tempo.

L’Assessore alla Cultura del Comune di Abano Terme, Michela Allocca, insieme a Suazes e in collaborazione con CoopCulture
, presenta al Museo Villa Bassi Rathgeb una grande retrospettiva dedicata al grande autore, Elliott Erwitt, che vedrà in esposizione ben 154 fotografie vintage di grande valore, raramente esposte al pubblico, e trenta scatti fotografici davvero iconici del suo lavoro: opere che coprono sessant’anni di storia della fotografia.

Un percorso che sarà arricchito da materiale audiovisivo dedicato al grande fotografo rendendolo una vera occasione di approfondimento del suo lavoro.

Questo straordinario corpus di fotografie permette di affrontare le principali tematiche che caratterizzano il grande lavoro di Erwitt
: dal tema dell’integrazione razziale in America nel secondo dopoguerra alle mutazioni sociali della società americana, per proseguire con il tanto discusso tema del nudismo… e poi ancora i cani, i bambini, i viaggi in tutto il  mondo. 
I suoi scatti raccontano uno spaccato della storia e del costume del Novecento attraverso uno sguardo profondamente ironico che caratterizza il grande Autore.

Il percorso di mostra darà vera soddisfazione agli amanti della fotografia e ai conoscitori del suo lavoro e a coloro che per la prima volta si avvicineranno ad Elliott Erwitt.

Come dichiara Erwitt “Fare ridere la gente è uno dei risultati più alti che puoi ottenere. E quando riesci a far ridere e piangere qualcuno, alternativamente, come fa Chaplin, questo è il più alto di tutti i risultati possibili”.

Nato nel 1928 da genitori russi emigrati a Parigi, cresce a Milano e a dieci anni emigra, con la sua famiglia, negli Stati Uniti d’America. La sua prima esperienza legata alla fotografia consiste nell’elaborazione di fotografie pubblicitarie in una camera oscura di Hollywood. In quel periodo iniziò anche a scattare fotografie per conto proprio, fotografie che mostravano la sua visione del mondo marcatamente umoristica.  Nel 1955 Robert Capa gli offre l’opportunità di unirsi alla Magnum Photos, fondata nel 1947. Nel 1955 il celebre direttore del dipartimento di fotografia del MoMA di New York Edward Steichen selezionò alcune delle sue fotografie per la celebre mostra “The Family of Man”. Lo stesso Museum of Modern Art ospitò la sua prima mostra personale nel 1965.

Da allora, le fotografie di Erwitt sono state esposte in musei e gallerie di tutto il mondo ed il suo lavoro è stato oggetto di numerose pubblicazioni.


Le fotografie saranno inserite all’interno degli straordinari spazi di Villa Bassi Rathgeb attraverso uno specifico allestimento che permetterà di valorizzare appieno gli interni della struttura museale, creando un suggestivo dialogo. Poche volte in Italia si sono raccolte così tante fotografie dedicate al suo lavoro.

“Con questa iniziativa si vuole dare continuità alla progettualità avviata con le due precedenti mostra dedicate ad Eve Arnold e Robert Capa, mostra quest’ultima che ha avuto uno straordinario successo con oltre 13.000 persone e che dimostra quanta potenzialità abbia il progetto incentrato sulla fotografia dei grandi maestri e fortemente voluto dall’Amministrazione Comunale” afferma l’Assessore alla Cultura Michela Allocca.

“Abano con questa nuova iniziativa persegue in una direzione ben precisa che è quella di approfondire il lavoro dei maestri indiscussi della scena fotografica internazionale con dei progetti di approfondimenti creati ad hoc per offrire al pubblico un’offerta di altissimo livello e connotare così gli spazi museali di Villa Bassi Rathgeb come luogo di dialoghi e confronti multidisciplinari” prosegue il curatore della mostra Marco Minuz.

Dal 28 Gennaio 2023 al 11 Giugno 2023 – Museo Villa Bassi Rathgeb, Abano Terme (PD)

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NIKOS ALIAGAS. REGARDS VÉNITIENS

Nikos Aliagas. Regards Vénitiens © Nikos Aliagas 2022
Nikos Aliagas. Regards Vénitiens © Nikos Aliagas 2022

Nikos Aliagas percorre le calli veneziane per incontrare quelli che in città non si vedono: gli abitanti, ossia coloro che evitano gli sguardi degli obiettivi dei turisti. Questo progetto è germogliato e cresciuto nell’anima dell’artista quando Nikos Aliagas, su invito della Fondazione dell’Albero d’Oro, ha visitato per la prima volta la laguna e ne ha potuto osservare la realtà misteriosa e affascinante. In quel momento è nata l’idea di guardare veramente all’interno di Venezia, esplorando il mondo che ruota intorno a Palazzo Vendramin Grimani. L’obiettivo di Nikos Aliagas viaggia nella quotidianità straordinaria di campo San Polo, per il sestiere di cui è il cuore e fra gli scorci veneziani, e lascia che siano le immagini a raccontare le storie di chi vive e fa vivere questi luoghi. Le immagini di Nikos Aliagas sono in bianco e nero: l’artista esplora contrasti, controluce, movimenti all’interno di inquadrature in cui le linee rette e curve si sposano, ad esempio su un volto oppure all’angolo di una calle.

«È ancora possibile improvvisare a Venezia? In una città fotografata milioni di volte da occhi di passaggio? Sì, se si parte dal principio che è Venezia a guardarci e osservarci.»

– Nikos Aliagas

4 febbraio → 2 aprile 2023 – Palazzo Vendramin Grimani – VENEZIA

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LEE JEFFRIES. PORTRAITS. L’ANIMA OLTRE L’IMMAGINE

© Lee Jeffries
© Lee Jeffries

Non si è mai trattato di scattare delle fotografie…
Non sono la documentazione della vita di una persona; 
sono la documentazione di emozioni e spiritualità

Il Museo Diocesano Carlo Maria Martini di Milano ospita, dal 27 gennaio al 16 aprile 2023, la personale di Lee Jeffries (Bolton, UK, 1971), il fotografo diventato la voce dei poveri e degli emarginati.
Curata da Barbara Silbe e Nadia Righi, la mostra, prodotta e organizzata dal Museo Diocesano di Milano, presenta una cinquantina d’immagini in bianco e nero e a colori che catturano i volti di quell’umanità nascosta e invisibile che popola le strade delle grandi metropoli dell’Europa e degli Stati Uniti.

Fotografo autodidatta, Jeffries inizia la sua carriera quasi per caso, nel giorno che precedeva la maratona di Londra del 2008 quando scatta una fotografia a una giovane ragazza senzatetto che sedeva all’ingresso di un negozio; rimproverato per averlo fatto senza autorizzazione, Jeffries si ferma a parlare con lei, a interrogarla sul suo passato, a stabilire un contatto che andasse al di là della semplice curiosità per scavare nel profondo dell’animo della persona che aveva di fronte.

Da allora inizia a interessarsi e a documentare le vite degli homeless, passando dai vicoli di Los Angeles fino alle zone più nascoste e pericolose delle città della Francia e dell’Italia.

Grazie al suo sguardo e alla sua arte spirituale, come lui stesso è solito definirla, Lee Jeffries fa emergere le persone senza fissa dimora dal buio in cui sono reclusi e cerca di ridare luce e dignità a ogni essere umano.
Il suo stile è caratterizzato da inquadrature in primo piano fortemente contrastate, e da interazioni molto ravvicinate con i soggetti, uomini e donne che vivono ai margini della società, incontrati per le strade del mondo.

La sua cifra stilistica più caratteristica è quella del ritratto, sempre frontale e ravvicinato, spesso con sfondi monocromatici scuri che, elaborati con un efficace lavoro su luci e ombre, fa emergere i volti nella loro straordinaria potenza espressiva, capace di comunicare la loro sofferenza, il loro disagio e la loro condizione infelice.

Dal 27 Gennaio 2023 al 16 Aprile 2023 – Museo Diocesano Carlo Maria Martini – MILANO

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MAST PHOTOGRAPHY GRANT ON INDUSTRY AND WORK 2023 – VII EDIZIONE

MAST PHOTOGRAPHY GRANT ON INDUSTRY AND WORK

La mostra dei cinque finalisti propone cinque progetti originali e innovativi che mettono a fuoco le radicali trasformazioni in atto nel lavoro. In mostra insieme alle opere degli artisti dell’edizione 2023, i progetti di tutti i finalisti dal 2008 celebrano i 15 anni del Grant, dando vita a un giro del mondo per immagini che svela realtà sconosciute o lontane, ma sorprendentemente connesse alla nostra vita.

Dal 25 Gennaio 2023 al 01 Maggio 2023 – Fondazione MAST – Bologna

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MIGUEL TRILLO. LA MOVIDA. SPAGNA 1980-1990

© Miguel Trillo
© Miguel Trillo

La movida. Spagna 1980-1990 è la prima mostra di una serie di esposizioni organizzate dall’Ambasciata di Spagna in Italia, che si propone di presentare questo periodo fondamentale della storia recente della Spagna attraverso la generazione di fotografi emersa in quegli anni.
Dopo 40 anni di dittatura militare e con la fine della censura, negli anni 1980-1990 inizia un periodo di costruzione della nuova Spagna democratica, che si lascia alle spalle un’eredità oscura per farsi largo tra i paesi occidentali. Mentre le generazioni precedenti danno forma a un nuovo quadro politico, i più giovani si concentrano sul godimento del regime di libertà e la Movida diventa l’immagine eccessiva di questa nuova Spagna nascente: giovane, selvaggia, irriverente, colorata, edonistica e libera.
Le canzoni e le fotografie, insieme al cinema, sono state il perfetto correlato del cambiamento politico spagnolo degli anni Ottanta. Ma Miguel Trillo, invece di condividere il fascino della sua generazione per i nuovi idoli musicali, si è fermato a guardare il pubblico che ha reso i musicisti star della cultura di massa. Nelle sue foto, la macchina fotografica dà le spalle al palco e si concentra sui partecipanti al concerto. E non lo fa in modo furtivo, come il reporter o il ricercatore che vuole catturare un istante evanescente: i protagonisti delle fotografie di Trillo sono consapevoli che la macchina fotografica li fisserà per sempre nel tempo, e si sforzano di mostrare chi sono nel miglior modo possibile.
Queste immagini testimoniano l’emergere di una nuova cultura in cui siamo immersi da allora, in cui il suono e l’immagine hanno sostituito la parola come elemento centrale.

Dal 20 Gennaio 2023 al 30 Aprile 2023 – Museo di Roma in Trastevere

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VINCENT PETERS. TIMELESS TIME

Vincent Peters, Charlize Theron, New York, 2008
© Vincent Peters | Vincent Peters, Charlize Theron, New York, 2008

Dal 12 gennaio al 26 febbraio 2023 Palazzo Reale porta a Milano gli scatti iconici e senza tempo del fotografo Vincent Peters con la mostra con ingresso gratuito dal titolo “Timeless Time”: un percorso fatto di ombre, riflessi e chiaroscuri, in un succedersi di volti noti resi familiari dall’uso della luce. 

La mostra promossa da Comune di Milano-Cultura, prodotta e organizzata da Palazzo Realee Nobile Agency, è curata da Alessia Glaviano, Curator & Head of Global Photovogue.

Vincent Peters scolpisce i personaggi che ritrae con la luce, creando volumi in grado di definirli in uno spazio sospeso e in un tempo senza età – afferma l’assessore alla Cultura del Comune di Milano Tommaso Sacchi -. Il suo sguardo è protagonista a Palazzo Reale di una mostra originale, in programma fino alla prossima Milano Fashion Week, che pone in un affascinante dialogo le opere dell’artista con le dodici stanze dell’Appartamento dei Principi”.
Christian Bale, Kim Basinger, Monica Bellucci, Vincent Cassel, Laetitia Casta, Cindy Crawford, Penelope Cruz, Cameron Diaz, Matt Dillon, Michael Fassbender, Scarlett Johansson, Milla Jovovich, John Malkovich, Charlize Theron, Emma Watson sono solo alcuni dei personaggi famosi i cui ritratti sono esposti a Palazzo Reale. Scatti realizzati tra il 2001 e il 2021 da Vincent Peters che, usando un’illuminazione impeccabile, eleva i suoi soggetti a una posizione che spesso trascende il loro status di celebrità.
Quello ritratto da Vincent Peters è il mondo delle star e delle celebrities, un moderno Olimpo che dissolvendosi in un’atmosfera da cinema neorealista italiano si avvicina allo sguardo del pubblico diventando familiare e riconoscibile. 
I suoi scatti sono storie oniriche, composte da un sovrapporsi di strati che dialogano tra loro completandosi. Il suo lavoro, infatti, si caratterizza per stratificazione e distinzione: ciascun elemento che converge e si condensa in ogni suo singolo scatto, forma uno strato che non perde mai la propria identità e distinzione. E nell’incontrarsi di questi strati singolari, ogni immagine di Peters arriva a raccontare una storia. Fino a diventare un film in un solo fotogramma.

Con uno stile senza tempo, i lavori di Vincent Peters esposti nell’ Appartamento dei Principi al piano nobile di Palazzo Reale sono valorizzati da un allestimento minimal curato da Suazes che esalta le potenti immagini in bianco e nero e al tempo stesso sposa la bellezza delle signorili sale quattrocentesche che lo ospitano.

Dal 12 Gennaio 2023 al 26 Febbraio 2023 – Palazzo Reale, Milano

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Ricreazione – Marco Lanza

Marco Lanza ha partecipato all’ultima edizione di Paris Photo

Noema Gallery a Roma dà il via alla stagione espositiva 2023con la nuova mostra fotografica “Ricreazionedi Marco Lanza a cura di Chiara Dall’Olio, visitabile dal 26 gennaio al 25 febbraio.

Il progetto espositivo di Marco Lanza, nato dall’acquisto di migliaia di fotografie vernacolari sciolte, si è sviluppato con l’osservazione di ogni singola immagine. Dalle fotografie color seppia di una vacanza in montagna ai momenti millimetrici di padre e figlia, dagli scatti di una conferenza a eventi familiari o sportivi, questi materiali coprono un lungo periodo, dal 1920 al 1970 circa.

Seguendo le linee della nuova selezione, Lanza ha tagliato le fotografie attraverso una mascherina di plexiglas rettangolare o quadrata e ricomponendole, ha ricavato nuove opere, letteralmente estratte dagli originali. Una rilettura che agisce sulla materia modificandola per sempre. Una ricreazione che si compie sia sulla parte selezionata che su quella che resta, apparente scarto che diviene un’opera aperta, dotata di infinite possibilità interpretative. Alcune stampe sono invece presentate integre, ma sovrapposte. In questi quadri la stratificazione della materia fotografica rimanda alla storia con la “s” minuscola, alle storie famigliari, di cui si percepisce solo la superficie. Ogni fotografia della mostra “Ricreazione” è quindi il segno di una storia, di un momento passato, che non sarà più e che si ammanta di una patina di nostalgia.

Come scrive la curatrice del progetto Chiara Dall’OlioLe composizioni seguono i criteri e i passaggi che l’artista ha percorso: grandi tableau in cui i dettagli che hanno colpito il suo occhio, dopo essere stati ritagliati, sono stati mescolati e ricomposti, creando un’armonia visiva di grande equilibrio. Solo avvicinandosi si colgono i soggetti e ci si può perdere nella contemplazione delle piccole foto, immaginandosi storie o chiedendosi come sarebbe stata la fotografia completa. Il taglio infatti, crea una pluralità di oggetti autonomi, dotati di una nuova estetica e di nuove possibilità interpretative che Lanza lascia esplorare all’osservatore”.

Marco Lanza ha partecipato all’ultima edizione di Paris Photo – una delle fiere fotografiche più importanti al mondo – dove tutte le sue opere sono state acquisite da collezionisti di settore, riscuotendo un grande successo di pubblico e di critica, tanto da arrivare sulle pagine del noto quotidiano Le Monde che ha dedicato un lungo articolo al suo lavoro e alle gallerie che hanno portato in fiera lavori nati da immagini di cui non si conosce l’autore. Stampe ritrovate nei mercati delle pulci o negli scatoloni passati di mano in mano attraverso traslochi e eredità, fotografie acquistate per poco denaro e poi, una volta lavorate e organizzate in un progetto organico, riproposte per l’occasione in fiera come oggetti da collezione, proprio come le opere originali di Marco Lanza. La fotografia vernacolare e la sua reinterpretazione stanno vivendo un nuovo revival tra collezionisti e galleristi, acquisendo un ruolo di primo piano nel mercato dell’arte internazionale. A conferma di questo forte interesse a livello mondiale, Marco Lanza sarà, dopo la mostra alla Noema Gallery, uno degli artisti della fiera The Photography Show a New York (dal 30 marzo al 2 aprile 2023) organizzata da AIPAD, alla quale parteciperà con la galleria parigina SIT DOWN. In mostra alla Noema Gallery il visitatore potrà ammirare un certo numero di “ricreazioni” originali, pezzi unici in varie dimensioni, incorniciati, in formato medio/grande e in altri formati più piccoli. Inoltre saranno presentate delle rielaborazioni digitali stampate in fineart in edizione limitata

Dal 26 gennaio al 25 febbraio 2023 – Noema Gallery – Roma

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EVE ARNOLD. L’opera


Eve Arnold. Actress Marilyn Monroe in the Nevada desert during the filming of “The Misfits”,
directed by John Huston
, 1960. USA © Eve Arnold/Magnum Photo

La celebre fotografa americana Eve Arnold, che ha stretto con Marilyn Monroe un vero e proprio sodalizio artistico grazie al quale sono nati alcuni dei suoi scatti più iconici, è la protagonista della prima mostra del 2023 a CAMERA, che si aprirà a fine febbraio.

Prima donna, insieme a Inge Morath, a far parte dal 1951 dell’Agenzia Magnum, Eve Arnold ha fotografato le grandi star del cinema e dello spettacolo del dopoguerra, da Marlene Dietrich a Joan Crawford a Orson Welles, ma ha anche affrontato temi e questioni assolutamente centrali nel dibattito pubblico attuale, come la questione del razzismo negli Stati Uniti, l’emancipazione femminile, l’interazione fra le differenti culture del mondo. Tra le sue immagini più note si ricorda non a caso uno straordinario ritratto di Malcom X, che sarà esposto in mostra insieme ad altri scatti realizzati ad Harlem negli anni Cinquanta e ai raduni dei Black Muslims negli anni Sessanta. L’esposizione, composta da 170 fotografie, è realizzata in collaborazione con Magnum Photos.

Ripercorrendo le tappe salienti della sua carriera, a partire dai primi scatti in bianco e nero della New York degli anni Cinquanta fino agli ultimi lavori a colori realizzati all’età di 85 anni, la mostra vuole raccontarne l’«appassionato approccio personale», come lei stessa più volte definisce il proprio atteggiamento.

25 febbraio – 4 giugno 2023 – CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia – Torino

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Ecco le mostre di fotografia da non perdere a Dicembre!

Eccovi le mostre più interessanti che la scena propone per il mese di dicembre

Anna

LEE MILLER – MAN RAY. FASHION, LOVE, WAR

Lee Miller, Portrait of Space, Al Bulwayeb, Near Siwa, Egypt 1937 by Lee Miller (E1905)

Modella, fotografa, musa, prima donna reporter di guerra a documentare gli orrori dei campi di concentramento liberati dalle truppe americane, icona del Novecento. Lee Miller è stata tutto questo e molto di più, ha attraversato la vita con passione e determinazione. E la vita l’ha ricambiata con amore e amici, ma anche con dolore e riconoscimenti postumi o quanto meno tardivi. Ora una mostra renderà giustizia a questa donna tanto bella quanto brillante e talentuosa togliendola dall’ombra di Man Ray che l’ha sempre accompagnata per svelare il loro rapporto profondo quanto complicato in maniera più oggettiva: Man Ray, prima suo insegnante, poi amore e infine grande amico.

L’esposizione Lee Miller – Man Ray. Fashion, love, war, curata da Victoria Noel-Johnson, è prodotta e organizzata da CMS.Cultura in collaborazione con ACP- Art Capital Partners Palazzo Franchetti – main sponsor Gruppo Unipol – presenta circa 140 fotografie di Lee Miller e di Man Ray, alcuni oggetti d’arte e documenti video, grazie all’adesione dei Lee Miller Archives e della Fondazione Marconi

Nella prestigiosa ed esclusiva sede di Palazzo Franchetti a Venezia i visitatori dal prossimo 5 novembre e fino al 10 aprile 2023, potranno finalmente apprezzare a pieno le qualità di questa grande fotografa, il contributo che diede non solo come musa di Man Ray ma soprattutto come professionista alla pari, al punto che sovente si dimentica che fu lei a scoprire, per caso, e a ispirargli la tecnica fotografica della solarizzazioneche Man Ray adottò come firma artistica e per laquale si contraddistinse. 

Obiettivo della mostra è quindi anche offrire il giusto riconoscimento a Lee Miller, pioniera del surrealismo in fotografia, ponendola su un piano di parità con Man Ray, il cui lavoro tendeva a oscurarla sia in vita che negli anni a venire. La mostra che si apre con il dittico di Lee Miller e Man Ray (Man Ray, autoritratto, 1931 e Man Ray, Lee Miller,1929) si articola in un percorso cronologico e tematico. 

La mostra accoglie il visitatore con una sezione dedicata a Lee Miller come modella e musa negli anni Venti quando incontra accidentalmente il famoso editore di  Condé Nast che la rende modella di Vogue Georges Lepape, il principale illustratore di moda di quegli anni, ne ritrae il suo volto per una copertina di Vogue (USA) del 1927 lanciandola come icona di stile fino a quel noto scatto usato a sua insaputa per la pubblicità degli assorbenti Kotex ritenuta scandalosa per l’epoca e per la quale, in parte, decide di lasciare New York e cerca di tornare a Parigi e seguire la sua passione per la fotografia.

Negli anni parigini la Miller lavora con George Hoyningen-Huené, celebre fotografo di Vogue (Francia) che ne rivela la grazia androgina fotografandola con una tuta e scarpe da tennis che indossava come un abito da sera, e nel celebre scatto The Divers, uno dei più iconici scatti di moda nel XX secolo scelto da Anna Wintour tra i suoi cinque preferiti della lunga storia di Vogue, in cui Lee Miller posa di schiena su un molo insieme a Horst P. Horst altro nome leggendario della fotografia.  Lee attinge avidamente da ogni spunto e provocazione dal background artistico e culturale che precede l’incontro del 1929 con Man Ray, in quell’avanguardia parigina degli anni Venti che accolse e lanciò alcuni dei grandi nomi della storia dell’arte.

Cuore dell’esposizione
 è il rapporto tra Lee Miller e Man Ray sbocciato a Parigi nel 1929, e che finisce nel 1932, con un focus sulle loro vite, carriere e relazioni in quel periodo. Sarà così evidente per il visitatore l’ispirazione che entrambiesercitarono uno sul lavoro dell’altro, inclusa la tecnica fotografica della solarizzazioneche Man Ray fece sua al punto che sovente son stati erroneamente attributi a Ray i lavori di Miller. Saranno esposti anche i ritratti scattati da Man Ray degli amici e grandi protagonisti di quella stagione artistica: Max Ernst, Pablo Picasso, Giorgio de Chirico, Jean Cocteau, Salvador Dalì e gli scatti surrealisti a Lee Miller nei quali cerca di indagare e rivelare la sua anima, i suoi tormenti, utilizzando la macchina fotografica come strumento quasi a voler scomporre il suo algido corpo ritraendone la nuca, il collo, le spalle. Esposti anche alcuni indimenticabili scatti alle amiche artiste Dora Maar e Meret Oppenheim

È sempre del 1930, la fotografia The Neck (Il Collo) dedicata alla lunga ed elegante nuca di Lee Miller che, dopo uno dei tanti litigi, Man Ray rappresentò sgozzato da una rasoiata adorna di goccioline di inchiostro rosso.
Nello stesso anno Jean Cocteau coinvolse Lee Miller nel suo surrealista Le sang d’un poète, straordinario film d’avanguardia in cui Lee, cosparsa di gesso, interpreta una statua d’ispirazione classica, una dea moderna.

L’esposizione affronta anche, attraverso una vasta selezione di foto sia ritratti che pubblicità commerciali, il periodo successivo alla relazione con Ray, quando Miller nel 1932 torna a New York dove apre uno studio fotografico di successo, all’epoca il primo fondato e gestito da una fotografa donna. In quel periodo, Man Ray, accecato dal dolore per la separazione da Lee, sostituisce nel 1933 l’occhio sul braccio del suo celeberrimo metronomo Perpetual Motif (Moto perpetuo) con quello dell’amata. La sezione punta poi l’accento sulle creazioni surrealiste di Lee Miller fino agli scatti delle famose “vacanze surrealiste dell’estate del 1937 tra la Cornovaglia e il sud della Francia insieme a Max Ernst, E.L.T.Mesens, Man Ray e Leonora Carrington oltre a Pablo Picasso, Dora Maar e Elieen Agar e con quello che diventerà il suo secondo marito, l’artista britannico surrealista Roland Penrose.

Una sezione è poi dedicata all’Egitto. Nel 1934 Lee Miller sposa l’uomo d’affari egiziano Aziz Eloui Bey e lo segue nella sua terra d’origine dove rimane affascinata dal panorama del deserto, dai villaggi e dalle testimonianze delle civiltà passate come dimostrano i numerosi scatti, di grande fascino e atmosfera come il celeberrimo Portrait of Space(Ritratto di uno spazio) con la sua tenda o zanzariera strappata verso l’infinito che ispirò René Magritte  a dipingere Le baiser (Il bacio) nel 1938. Un matrimonio però destinato a durare poco, in parte dovuto alla conoscenza a Parigi di Roland Penrose e il successivo trasferimento a Londra, città dove lavora come fotografa di Vogue (UK), ed è proprio sulle pagine della famosa rivista patinata che dà vita a scatti dedicati alle rubriche di moda e di società con luci e tagli surrealisti che attingono alla sua vita precedente e al suo legame con Man Ray.

Infine il dramma della Seconda Guerra Mondiale, Lee Millerè corrispondente di guerra e fotoreporter per VogueDurante la guerra si trova a documentare eventi tragici come il Blitz di Londra, la liberazione di Parigi e i campi di concentramento di Buchenwald e Dachau. Nel 1944 viene accreditata come corrispondente dell’esercito americano ecollabora con il fotografo di Time Life, David E. Scherman. All’interno di questa sezione, oltre all’iconico scatto di Lee Miller nella vasca da bagno di Hitler, anche un’ampia selezione di suoi lavori con taglio surrealista, e foto di importanti artisti e vecchi amici, come Picasso e Jean Cocteau a Parigi, che incontra poco dopo la fine del conflitto.

In tutta l’esposizione, il fil rouge è dunque dedicato al rapporto tra Lee Miller e Man Ray e l’evoluzione da amore in amicizia, durata per quasi 50 anni, parallelamente ai reciproci matrimoni con Aziz Eloui, Roland Penrose e Juliet Browner. Ray sarà particolarmente vicino a Miller nel periodo in cui soffre di depressione cronica, anche a causa di una sorta di disturbo post-traumatico dovuto agli orrori a cui aveva assistito nel corso della Seconda Guerra Mondiale.

Dal 05 Novembre 2022 al 10 Aprile 2023 – Palazzo Franchetti – Venezia

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TINA MODOTTI. LA GENESI DI UNO SGUARDO MODERNO

Tina Modotti, Campesinos leyendo el Machete, FECHA ca. 1929, Lugar, Ciudad de México, Distrito Federal, Mexico, inv 35319

Dal 12 novembre 2022 al 12 marzo 2023 il Centro Saint Bénin di Aosta rende omaggio a una tra le più importanti fotografe dell’inizio del XX secolo con la mostra “Tina Modotti: La Genesi di uno Sguardo Moderno”.
 
La mostra promossa dall’Assessorato Beni culturali della Regione autonoma Valle d’Aosta, è a cura di Dominique Lora, in collaborazione con Daria Jorioz, dirigente della Struttura Attività espositive e promozione identità culturale della Valle d’Aosta.
 
Attraverso oltre 100 scatti originali della fotografa provenienti dalla collezione dell’Istituto Nazionale di Antropologia e Storia e dalla Fototeca Nazionale di Città del Messico, la mostra vuole analizzare il contributo che la Modotti ha dato nello sviluppo della fotografia in Messico. 
 
Avventurosa, nomade e a tratti misteriosa, la vita di Tina Modotti è stata galvanizzata da passioni turbolente che hanno influenzato la sua esistenza e la sua creatività – forte e sensibile – dando vita al suo sofisticato talento e alla sua pionieristica tecnica fotografica. Donna moderna e artista visionaria ante tempore, durante la prima metà del secolo scorso la Modotti fa parte integrante degli esperimenti artistici e poetici che caratterizzarono le prime avanguardie del novecento. 
 
Sebbene negli ultimi anni la sua opera abbia attirato l’attenzione di scrittori, registi, artisti e curatori, il tema e l’oggetto della maggior parte delle mostre, approfondimenti e varie pubblicazioni ad essa dedicate, si sono generalmente concentrati sulle sue avventure romantiche o sui rapporti con altre famose personalità della scena politica o artistica della prima metà del ventesimo secolo, inclusi Julio Antonio Mella, Edward Weston, Frida Kahlo o Diego Rivera.
 
Quindi la questione della sua influenza tangibile, decisiva e duratura sullo sviluppo dell’arte fotografica in Messico e all’estero, rimane oggi trascurata dall’opinione pubblica internazionale.
Il talento riconosciuto della Modotti consiste nell’osservare e immortalare le condizioni e le emozioni delle classi lavoratrici e della rivoluzione socialista, raccontando uomini, donne e territori. Ma soprattutto traccia e sviluppa una nuova sensibilità artistica, basata sulla moderna tecnica fotografica, generalmente riservata ad un universo prettamente maschile. Insieme a Imogene Cunnigham, Lola Alvarez Bravo, Margaret Bourke White, Frida Kahlo e Giorgia O’Keefe, per citarne alcune, la Modotti si distingue come una donna appassionata e indipendente, un’artista d’avanguardia, coraggiosa ed esemplare per il suo tempo e le generazioni a venire.
 
L’opera originale di Tina (rivalutata solo a partire degli anni ’70) si trova principalmente negli Stati Uniti, dove per troppi anni è rimasta dimenticata negli archivi di vari istituti sparsi per il paese, soprattutto in seguito alla censura imposta dal movimento maccartista. Oggi, sebbene il talento dell’artista sia stato riconosciuto a livello internazionale, la sua audace biografia continua a influenzare, se non ad oscurare, la percezione del suo lavoro straordinario, creando un filtro per una comprensione puramente artistica. E se la sua complessa avventura umana continua ad ispirare romanzi, fumetti, documentari e mostre basati sul mito, o almeno sul romanzo che fu la sua esistenza, pochi finora si sono concentrati sui suoi esperimenti e sulla sua eredità artistica
che dimostrano l’influenza fondamentale che le sue fotografie hanno (e continuano a) esercitato sulla formazione di diverse generazioni di fotografi – soprattutto donne – in Messico e nel mondo.
 
La sua libertà di rappresentare il reale, sensuale, ruvida, chiara e vivida, che prende le distanze dall’universo astratto di altri maestri suoi contemporanei quali Weston, Stieglitz, Adams o Steichen, l’ha infatti portata verso una forma istintiva e originale di umanità e di comprensione nei confronti del mondo che la circondava e che, di fronte al suo obiettivo, si rivelava nella sua essenza, libera da metafore anche quando rappresentava un semplice fiore. 

Dal 11 Novembre 2022 al 12 Marzo 2023 – Centro Saint Bénin – AOSTA

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WILLIAM KLEIN ROMA PLINIO DE MARTIIS

Plinio De Martiis, Baracche alla Farnesina, Roma 1951. Collezione Fondazione Gramsci onlus | © Eredi Plinio De Martiis

La mostra mette a confronto lo sguardo di William Klein (New York 1926-Parigi 2022), acclamato fotografo di fama mondiale, e quello di Plinio De Martiis (Giulianova 1920 – Roma 2004), leggendario gallerista romano, che da giovane abbracciò la professione di fotografo con risultati sorprendenti.

Oggetto della loro osservazione è la città di Roma negli anni Cinquanta.
Le foto di Klein, scelte da Alessandra Mauro, insieme allo stesso autore, scomparso recentemente, sono le immagini più rappresentative tra quelle pubblicate nel celebre libro Rome + Klein del 1959 con i testi di Pier Paolo Pasolini. Quelle di De Martiis, sulle quali ha lavorato Daniela Lancioni, risalgono alla prima metà degli anni Cinquanta e testimoniano la partecipata attenzione rivolta dall’autore ai luoghi della Città dove le condizioni di vita erano più difficili.

La mostra sotto diversi aspetti si pone in dialogo con le altre in corso presso le diverse sedi dell’Azienda Speciale Palaexpo, Pier Paolo Pasolini. Tutto è santo. Il corpo poetico al Palazzo delle Esposizioni e Jonas MekasImages Are Real al Padiglione 9b del Mattatoio, per i rapporti di Pasolini con Klein e con Mekas, e per la sensibilità priva di commiserazione con cui Pasolini e De Martiis hanno raccontato, in maniera diversa, la vita nelle borgate e nelle periferie romane.

Dal 09 Novembre 2022 al 26 Febbraio 2023 – Mattatoio – ROMA

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MONIKA BULAJ. ALL’OMBRA DEL BAOBAB

© Monika Bulaj – All’ombra del Baobab

Dall’Atlantico, passando per il Lago Vittoria, fino al Mar Rosso: una traversata dell’Africa in orizzontale, lungo la catena degli ospedali di EMERGENCY, dove lavorano medici, chirurghi, tecnici, infermieri, anestesisti, radiologi, amministratori, giardinieri. 

Sono loro i protagonisti della mostra fotografica “All’ombra del Baobab” della fotogiornalista e reporter Monika Bulaj che verrà inaugurata martedì 15 novembre alle 18:00 nella sede di EMERGENCY a Venezia, e sarà aperta dal 16 novembre fino al 27 gennaio 2027.  

Gli scatti di Monika Bulaj in Sierra Leone, Uganda, Sudan raccontano le storie di sfide quotidiane e talvolta di sconfitte, di disgrazie endemiche e urgenze prevedibili.   

“In questo reportage racconto storie come quella di Aisha, dall’esofago bruciato dalla soda caustica, che insegna a nutrirsi ai bambini vittime come lei; di un progetto per le madri delle bidonville, disegnato a tavolino in Europa: la produzione del sapone con un ‘veleno’ a portata di mano”  dichiara la fotoreporter Monika Bulaj  “Sfide come quella del viaggio trans africano di Aminata per sostituire le valvole del cuore minato da un’infezione da streptococco non curata. E, ancora, la rinascita di Ibrahim in Sud Darfur, dopo l’ennesima trasfusione dovuta all’anemia falciforme, la spietata risposta genetica a una continua esposizione alla malaria.”

Il reportage di Monika Bulaj è anche un viaggio attraverso i progetti dell’ANME (African Network of Medical Excellence), la rete sanitaria d’eccellenza di EMERGENCY nata con l’obiettivo di costruire Centri medici d’eccellenza gratuiti in tutta l’Africa. Della rete di EMERGENCY nel continente africano fanno parte il Centro Salam di cardiochirurgia a Khartoum, in Sudan, e il Centro di chirurgia pediatrica di Entebbe, progettato da Renzo Piano in Uganda. In questi ospedali afferiscono gratuitamente da tutto il continente pazienti con patologie specifiche che troverebbero difficilmente cura in Africa.  

Le attività del Centro pediatrico di Port Sudan e del Centro pediatrico di Mayo sono co-finanziate da Unione Europea, mentre le attività del Centro chirurgico di Goderich sono co-finanziate dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo
 
La mostra è stata organizzata grazie al contributo tecnico di FUJIFILM Italia. Le fotografie in mostra sono stampate su carta fotografica Fujifilm Original Photo Paper. L’allestimento è stato realizzato da EMERGENCY con la collaborazione di Paola Fortuna.  

Dal 16 novembre al 27 gennaio 2023 – Emergency – Venezia

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GIAN PAOLO BARBIERI: UNCONVENTIONAL

Gian Paolo Barbieri, Moira O'Brien, Seychelles, 1981. Courtesy of Fondazione Gian Paolo Barbieri and 29 ARTS IN PROGRESS gallery

Dal 29 novembre 2022 al 25 marzo 2023, 29 ARTS IN PROGRESS di Milano presenta la mostra ‘GIAN PAOLO BARBIERI: UNCONVENTIONAL’: una selezione di fotografie a colori che regalano uno sguardo inedito alla produzione meno nota dell’Artista, vincitore nel 2018 del premio Lucie Award come Miglior Fotografo di Moda Internazionale (Outstanding Achievement in Fashion).

Il percorso espositivo propone al pubblico immagini innovative in termini di ambientazioni e styling, frutto dell’inconfondibile ingegno dell’Artista: una fotografia ironica e allo stesso tempo colta, ricercata e provocatoria insieme, ricca di rimandi alla storia dell’arte, di eclettici set outdoor in location esotiche e citazioni cinematografiche eco dell’esperienza giovanile agli studi di Cinecittà a Roma.

In mostra scatti intimi e spontanei di modelle e celebrity come Eva Herzigova, Isa Stoppi e Donatella Versace si alternano ad iconiche fotografie che Barbieri – tra i più brillanti interpreti del Made in Italy – ha concepito per alcune delle più leggendarie campagne pubblicitarie per brand di moda italiani e internazionali come Versace, Ferrè, Vivienne Westwood, Dolce & Gabbana, Valentino e Armani.

Internazionalmente conosciuto per i suoi scatti in bianco e nero, le cui protagoniste appaiono quasi inarrivabili nella loro raffinata severità, Barbieri racconta, tramite il colore, la sua personale e ironica interpretazione della moda e della bellezza femminile: le donne delle immagini in mostra si liberano per l’occasione delle pose più canoniche della fotografia di moda, per farsi portavoce di una nuova eleganza non convenzionale che ne rivela il lato più disinvolto e sensuale.

Le opere esposte, tra ritratti inediti e immagini dipinte a mano, raccontano la creatività e l’irriverenza di un Artista per cui le arti hanno sempre rappresentato un mezzo imprescindibile di valorizzazione e di supporto alla moda, elevata ben oltre il proprio valore d’uso.

Gli studi e le ricerche condotti sono stati di così vasta portata che, in una carriera lunga più di 60 anni con più di un milione di scatti, sarebbe difficile trovare anche un solo intervento senza allusioni, punti di riferimento o ispirazione alle arti visive, al cinema e ai grandi maestri dell’arte e della fotografia.

«Da sempre amo l’arte, in tutte le sue declinazioni. Fin da piccolo l’ispirazione al teatro e al cinema furono una spinta importante. Poi leggendo tanto, studiando l’arte classica, guardando ai maestri del passato o semplicemente guardandomi intorno e prendendo spunto da ciò che si animava intorno a me, sviluppavo il mio occhio artistico. Immaginavo e disegnavo nella mia mente ciò che avrei voluto fosse il risultato del servizio, costruivo i miei set in maniera impeccabile, sempre con una citazione, più o meno esplicita, all’arte, al cinema o all’architettura.» (Gian Paolo Barbieri)

Le opere in esposizione sorprenderanno un pubblico che già conosce e ama Barbieri mostrando un aspetto poco noto ma di irresistibile fascino di uno dei più grandi maestri della fotografia il cui stile autorale resta, tutt’oggi, tra i più emulati e ammirati al mondo. La mostra inaugurerà a pochi giorni di distanza dall’uscita nelle sale cinematografiche in Italia del primo docufilm realizzato sull’opera e la vita di Gian Paolo Barbieri “L’uomo e la bellezza” già vincitore del premio del pubblico al Biografilm Festival 2022 di Bologna.

Dal 29 Novembre 2022 al 25 Marzo 2023 – MILANO – 29 ARTS IN PROGRESS gallery

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ETTORE SOTTSASS. CATANIA MIA!

Ettore Sottsass, Catania anni '90

111 fotografie, in bianco e nero e colore, quasi tutte inedite, realizzate a Catania negli anni novanta, raccontano Ettore Sottsass fotografo, uno degli aspetti ancora meno conosciuti e indagati del grande architetto e designer italiano.
Al Museo Civico “Castello Ursino” di Catania sarà presentata dal 21 novembre 2022 al 21 maggio 2023, la mostra di Ettore Sottsass CATANIA MIA!, a cura di Barbara Radice con Iskra Grisogono e la direzione artistica di Christoph Radl.

L’esposizione, che sarà inaugurata domenica 20 novembre alle ore 11.00, è promossa e prodotta dalla Fondazione OELLE Mediterraneo Antico in collaborazione con lo Studio Ettore Sottsass e in partnership con l’Assessorato del turismo dello sport e dello spettacolo del Comune di Catania.

Il percorso espositivo, pensato e realizzato per l’open space del Castello Ursino di Catania, comprende 111 fotografie, in bianco e nero e colore, quasi tutte inedite, scattate da Ettore Sottsass (Innsbruck, 1917-Milano, 2007) negli anni novanta a Catania, una città per la quale ha sempre nutrito interesse e affetto.

Le fotografie in mostra raccontano una Catania vitale: il Barocco, il mercato del pesce, le strade, le scene di vita quotidiana come fotogrammi di una storia della città.

Ettore Sottsass potrebbe essere definito un “fotoreporter della vita”. Ha cominciato a fare foto quando era ragazzo e da allora non ha più smesso. “Ero orribilmente curioso”, ha dichiarato lui stesso. Fotografare era un modo di “fermare” la vita oltre che un mezzo per documentarla.

Si ringraziano per la collaborazione lo Studio Sottsass di Milano, il Fondo Sottsass del Centre George Pompidou di Parigi e la Bibliothèque Kandinsky per le alte definizioni dei negativi che custodiscono.

Dal 20 Novembre 2022 al 21 Maggio 2023 – Museo Civico Castello Ursino – Catania

STATI D’INFANZIA – VIAGGIO NEL PAESE CHE CRESCE. FOTOGRAFIE DI RICCARDO VENTURI

© Riccardo Venturi

Con oltre 80 fotografie la mostra presenta il reportage dell’importante missione dell’impresa sociale “Con i Bambini” e pone al centro il tema delle disuguaglianze e delle marginalità, dell’esclusione sociale e della dispersione scolastica.

L’obiettivo è quello di mettere in luce la complessità e le difficoltà, ma anche le possibilità di rinnovamento e il cambio di rotta necessario e possibile attraverso sperimentazioni e “alleanze educative” tra scuola, terzo settore, istituzioni e famiglie.

Sostenuto grazie al “Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile”, il progetto ha investito decine di “cantieri educativi italiani”, dalle Valli Imagna e Brembana fino a Favara e Ragusa toccando le periferie delle grandi città affrontando temi di grande attualità diventati spesso vera e propria emergenza a causa della pandemia e del lockdown. L’aumento di fenomeni legati ai disordini alimentari, alla xenofobia, alla tossicodipendenza, all’isolamento sociale con il fenomeno degli hikikomori e dei neet, al degrado delle periferie, alla violenza domestica ha fatto emergere ulteriormente la fragilità della nostra società, evidenziando come il tema delle marginalità non sia un fatto isolato ma un fenomeno sociale complesso e stratificato.

Il lavoro proposto da Riccardo Venturi, due volte Word Press Photo e una lunga esperienza sul tema dell’infanzia, e da Arianna Massimi insiste sull’invisibilità di questi temi, ponendosi in una dimensione di ascolto e rispetto.
Il documentario – visibile all’interno della mostra, curata da Ilaria Prili – racconta le esperienze e le impressioni dei protagonisti, dà parola ai ragazzi coinvolti nelle attività dei progetti sostenuti da Con i Bambini, esplora le nuove geografie sociali anche attraverso i contributi di personaggi di spicco del panorama educativo e sociale italiano, tra cui Marco Rossi-Doria, presidente di Con i Bambini e Vanessa Pallucchi, vicepresidente di Legambiente e portavoce del Forum Terzo Settore.

Il progetto multimediale, composto da una mostra fotografica e da un video documentario, accolto da Roma Culture, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, è promosso e prodotto dall’impresa sociale Con i Bambini, nell’ambito del Fondo per il contrasto alla povertà educativa minorile. 

28/10/2022 – 26/02/2023 – Museo di Roma in Trastevere

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MANUEL CICCHETTI. TEMPO INTERMEDIO

Manuel Cicchetti, Porto Empedocle (AG), 2021, Lido Marinella, cm. 30x30

Dal 27 ottobre 2022 al 21 gennaio 2023, STILL Fotografia a Milano ospita lamostra che presenta una selezione di 70 fotografie, rigorosamente in bianco e nero, tratte dal progetto Tempo intermedio di Manuel Cicchetti (1969), curata da Denis Curti, organizzata con il sostegno di SACE, Gruppo CdP.
 
Tempo intermedio è un progetto realizzato in quattro anni di lavoro, durante i quali Manuel Cicchetti ha viaggiato lungo l’Italia alla ricerca di quei luoghi come centri commerciali, distributori di benzina, cantieri, fabbriche, depositi, ponti, grattacieli e altri, simboli del progresso e della fortuna economica oggi necessariamente messi in discussione da una crisi globale e in cui l’essere umano è totalmente assente dalla scena ritratta.
 
Quel Tempo intermedio che Manuel Cicchetti vuole raccontare è il periodo sospeso tra la definizione del futuro e un passato che continua a segnare le vite delle persone. L’itinerario italiano del fotografo documenta come i segni del passato, più o meno recente, siano ancora ben presenti nella vita quotidiana.
 
“Da una parte – ricorda Denis Curti – c’è il preciso intento di testimoniare come una grande fetta del territorio italiano sia coinvolta in quei cambiamenti già in atto dai primi anni del nuovo millennio. Il desiderio di Cicchetti è quello di mettere in evidenza, raccogliere e, solo in parte, schedare le sfide verso necessarie riconversioni, che la nostra società è obbligata a intraprendere e che, in gran parte, cancelleranno o modificheranno i segni dell’uomo incisi sul suolo del nostro paese. L’intento di questo approfondito reportage, attraverso l’ambiente, il digitale, il panorama lavorativo, il retail, i trasporti e la comunicazione, è quello di raccontare per immagini i tratti salienti di una trasformazione irreversibile”.
“Dall’altra parte – continua Denis Curti -, al fianco di una narrazione sempre coerente e lineare, Manuel Cicchetti riesce a cucire un chiaro percorso di intenzioni, senza mai rinunciare al sistema documentario, lasciando emergere il suo personale sentimento autoriale che, grazie a un bianco nero studiato e controllato fin nei minimi particolari, si fa poesia per gli occhi”.
 
Tempo intermedio – afferma Manuel Cicchetti – è un progetto che nasce dalla consapevolezza che siamo all’inizio di un percorso che cambierà l’ambiente, l’energia, la società, il lavoro e molto altro. Un cammino che, per la prima volta, non abbiamo deciso in autonomia ma che ci viene imposto dalla natura, della quale ci siamo collettivamente dimenticati di far parte”.
“Possiamo, attraverso un viaggio a ritroso nel tempo – prosegue Manuel Cicchetti –, osservare i segni che abbiamo lasciato sul territorio e riconoscerne le singole fasi evolutive. Il progresso economico e sociale ha fuso e stratificato con frequenza sempre più ravvicinata elementi architettonici e tessuto paesaggistico, entrambi segnati da mutamenti radicali della società. Tempo intermedio è quel periodo racchiuso tra letrasformazioni che si sono susseguite”.
 
Il progetto Tempo intermedio si completa con un volume Edizioni PostCart che presenta 140 immagini di Manuel Cicchetti e i testi di Gianni Biondillo, Denis Curti, Veronica Polin.

Dal 27 Ottobre 2022 al 21 Gennaio 2023 – STILL Fotografia – Milano

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ELLIOTT ERWITT. PHOTOGRAPHS

Elliott Erwitt, USA. New York. 1956. American actress Marilyn Monroe

La genialità, l’ironia e lo sguardo surreale di Elliott Erwitt negli scatti icona che lo hanno reso uno dei fotografi più celebri di tutti i tempi. Torna a Firenze, dopo quasi 20 anni, una retrospettiva del grande maestro della fotografia con la mostra ‘Elliott Erwitt Photographs’, dal 20 ottobre al 22 gennaio, a Villa Bardini. Promosso da Fondazione CR Firenze e Fondazione Parchi Monumentali Bardini e Peyron, a cura di Biba Giacchetti, con il coordinamento di Melissa Camilli e Francesca Lanuara, in collaborazione con Sudest57, il percorso espositivo celebra la lunga vita professionale del fotografo, che ha spento quest’anno 94 candeline, omaggio alla sua capacità compositiva svelando ampi aneddoti e retroscena. Fotografie che offrono uno spaccato della storia e del costume del Novecento attraverso ritratti a grandi star del cinema, potenti del mondo, che vanno oltre i personaggi mostrando la loro intimità e umanità.  
 
Sono circa 70 gli scatti esposti, scelti accuratamente dalla curatrice insieme allo stesso Erwitt, per proporre sinteticamente i suoi tratti distintivi, che raccontano la realtà con leggerezza, lasciando allo stesso tempo tracce profonde. I capolavori di Erwitt nascono dalle situazioni più diverse, costruite sul lavoro, ricerche personali, casuali e familiari. In mostra si incontrano i famosi ritratti di Che Guevara che sorride, di Kerouac, di Marlene Dietrich, e ancora fotografie che hanno fatto la storia, come Jackie Kennedy al funerale del marito brutalmente assassinato, o il diverbio tra i due leader Nixon e Krusciov, in cui il dito puntato di Nixon lo fa apparire quasi minaccioso, alterando la percezione di chi lo osserva. Ancora, i celebri scatti di Marilyn Monroe, diva che Erwitt conosceva bene e che ci restituisce in una versione insolita, come nel famoso scatto in cui appare pensosa, priva di pose e maschere, oppure nel pieno del suo personaggio all’interno del set di The Misfits, che segnò la fine di un’epoca, la fine del suo matrimonio con lo sceneggiatore del film Arthur Miller ma anche l’ultimo film con Clark Gable, che morirà poco dopo le riprese. Nel percorso espositivo anche le foto dei suoi amati cani, metafora del genere umano a cui Erwitt ha dedicato numerosi libri. L’artista sceglie l’insolito punto di vista del cane per alcuni servizi di moda su calzature, che entrano nella storia della fotografia: il celebre scatto del chihuahua in maglioncino, o il cane sospeso al guinzaglio del suo padrone. Il romanticismo di Erwitt esplode in un portfolio di immagini dedicate all’amore, fra queste il bacio di due innamorati riflessi nello specchietto dell’auto al tramonto, rimasta a lungo nel suo archivio e riscoperta in tempi recenti. Ci sono poi foto private, come quella alla sua primogenita Ellen, ancora neonata osservata nel letto dalla madre, e gli autoritratti di Erwitt che trasmettono quanto lui ami prendersi gioco di sé.  
 
“Ancora una mostra dedicata ad un maestro dell’immagine – dichiarano i Presidenti di Fondazione CR Firenze Luigi Salvadori e di Fondazione Parchi Monumentali Bardini e Peyron Jacopo Speranza – dopo il grande successo della precedente ‘Fotografe’. In questo caso il protagonista è un artista universalmente riconosciuto per la delicata ironia del suo scatto. Le sue foto fanno parte della nostra memoria collettiva e sono un inno alla vita di un elegante signore di 94 anni che non ha ancora perso il gusto di smitizzare, col suo stile inconfondibile, le crescenti ansie dell’oggi. Villa Bardini si conferma una sede ideale per celebrare i ‘testimoni del tempo’ più interessanti e originali della scena mondiale’’. 
 
“Elliott Erwitt non è solo l’autore delle immagini – racconta la curatrice Biba Giacchetti, sua collaboratrice per 25 anni – è anche il curatore della collezione, che ha scelto pezzo per pezzo insieme a me, per poi stampare personalmente ogni fotografia e creare un percorso che fosse il concentrato della sua genialità ed ironia, del suo sguardo sul mondo, dai suoi cani antropomorfi ai potenti della terra, dalle grandi star del cinema, una su tutte Marilyn, ai suoi bambini, un compendio unico di umanità leggerezza e profondità. Elliott Erwitt Icons non sono solo le immagini più celebri della lunga carriera di Erwitt, sono anche le immagini che lui ha amato di più”.  
 
Nel percorso espositivo anche un filmato esclusivo di Hudson Lines, girato a casa di Erwitt, in cui il fotografo si racconta. La mostra è accompagnata dal catalogo edito SudEst57. Saranno attivate visite guidate gratuite tutti i sabato mattina, a partire dal 29 ottobre.  

Dal 20 Ottobre 2022 al 22 Gennaio 2023 – Villa Bardini – Firenze

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BEING HUMAN. FOTOGRAFIE DI BRUNA ROTUNNO

Bruna Rotunno, WalkWays-Waterfall. Installazione video NFT

allulah Studio Art in collaborazione con Galleria Epipla presenta “Being Human”, Fotografie di Bruna Rotunno progetto fotografico a cura di Juliana Curvellano che riunisce per la prima volta entrambi gli aspetti del lavoro di Bruna Rotunno, artista che da sempre esplora la natura dell’essere umano attraverso la fotografia e il video.

Il titolo della mostra si ispira a una delle fotografie presenti in mostra in cui la parola Being Human è scritta sulla maglietta di un uomo con uno sguardo lontano nella luce dorata, in piedi sulla terrazza di un anonimo building della periferia di New Dehli. Attraverso fotografie scattate in giro per il pianeta che ci ospita, l’artista racconta il relativismo e l’infinita piccolezza della condizione umana rispetto all’immensità della Natura.  “Siamo fatti della stessa materia dell’Universo, dell’acqua, della terra, delle nuvole e delle stelle” – Bruna Rotunno
Cosa significa essere umani? È una domanda semplice, lapidaria che svela tuttavia la complessità, le contraddizioni, la relatività e mistero della vita umana.
È proprio questa la lente attraverso la quale vi invitiamo a vedere le opere della mostra.
Nelle opere video, divenute un progetto NFT, concepite durante la pandemia, girando per Milano (la città dove vive) e fotografando la città in un tempo sospeso e surreale, l’artista percepisce la presenza di sprazzi di Natura, che esistevano prima dello spazio urbano.
L’assenza di esseri umani nel paesaggio metropolitano ha permesso al videoscape di apparire in finestre che ci offrono la possibilità di riprendere consapevolezza, di camminare nuovamente nella matrice originaria e di rimanere connessi ad essa attraverso questi passaggi visionari ma altrettanto reali.
Si sviluppa così un’integrazione tra fotografia e video che mira a porre l’attenzione sulla potente connessione tra l’essere umano e la natura, che rifugge da narrazioni dirette, aprendo ampi spazi di interpretazione e riflessione critica.
Insieme, le immagini che Bruna Rotunno ha creato per Being Human offrono allo spettatore l’opportunità di percepire e ritrovare l’equilibrio tra esseri umani e la Natura, unica speranza per poter riconnettersi con la Madre Terra.
“Niuna cosa maggiormente dimostra la grandezza e la potenza dell’umano intelletto, né l’altezza e nobiltà dell’uomo, che il poter l’uomo conoscere e interamente comprendere e fortemente sentire la sua piccolezza. “
Giacomo Leopardi

Dal 19 Ottobre 2022 al 21 Dicembre 2022 – Galleria Epipla – Milano

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GIAN PAOLO BARBIERI. FUORI DAL TEMPO

Gian Paolo Barbieri, Uovo di Aepyornis, Madagascar, 1994

Ripresa di stagione, venerdì 21 ottobre 2022, per la galleria Al Blu di Prussia – lo spazio multidisciplinare di Giuseppe Mannajuolo e Mario Pellegrino – che dà inizio al XV anno di attività con “Fuori dal Tempo”, fotografie di Gian Paolo Barbieri (Milano 1935)uno dei maggiori esponenti della fotografia internazionale del XX secolo. 
 
In esposizione (sino al prossimo 28 gennaio) un corpus di 18 grandi immagini in bianco e nero selezionate tra quelle tratte dalla Trilogia del mare “Madagascar, Tahiti Tattoos, Equator”, della fine degli anni ’90 e da “Dark Memories” del 2013 cui si aggiungono 24 polaroid quasi tutte inedite per lo più scattate alle Seychelles tra il 1986 e il 2006, completato dal documentario sulla vita del fotografo “Il magnifico artificio” per la regia di Francesco Raganato (SkyArte 2014) proiettato nella sala cinema della galleria.
 
Una mostra concepita come approfondimento su una parte della ricerca fotografica di Barbieri rispetto a quella che già nel 1968 lo collocò “tra i quattordici migliori fotografi di moda al mondo” nella classificazione della rivista Stern.
 “A metà fra reportage, etnofotografia e fotografia di moda, afferma la curatrice nel testo di accompagnamento alla mostra, Barbieri, cercando la verità di quei luoghi, ha creato immagini iconiche memorabili”, così come nella sua esplorazione sul tema del nudo e dell’erotismo “anche il corpo, soprattutto quello maschile, viene concepito come uno strumento per investigare l’anima”.
 
Dopo i progetti espositivi dedicati a Giovanni Gastel, a Francesca Woodman e a Guy Bourdin, Al Blu di Prussia e Maria Savarese continuano questo racconto della fotografia internazionale con Gian Paolo Barbieri, per la prima volta in mostra a Napoli grazie ad una collaborazione tra la Fondazione Mannajuolo e la Fondazione Gian Paolo Barbieri che, dal 2016, lavora alla conservazione, tutela, gestione, archiviazione e catalogazione dell’immenso patrimonio artistico del suo fondatore.

Dal 21 Ottobre 2022 al 28 Gennaio 2023 – Al Blu di Prussia – NAPOLI

“40 Seasons of Humanity” di Mauro De Bettio

Mauro De Bettio. 40 Seasons of Humanity

Al via sabato 3 dicembre presso lo spazio The Warehouse, in Via Settala 41 a Milano, la mostra fotografica 40 Seasons of Humanity di Mauro De Bettio, un viaggio alla scoperta del fascino e dei segreti di popolazioni in angoli remoti del pianeta.

In questa occasione, verrà anche presentato il volume fotografico di De Bettio, che racchiude le testimonianze di un viaggio cominciato 10 anni fa. Partner del progetto, l’agenzia di comunicazione Theoria, che ha aderito all’iniziativa mettendo a disposizione lo spazio che ospiterà la mostra.

Il progetto fotografico 40 Seasons of Humanity è composto da oltre 40 scatti catturati in differenti Paesi del mondo, dove Mauro ha incontrato e fotografato persone di culture, caratteri e dogmi diversi, che hanno aperto una finestra sulle loro storie lasciando trasparire emozioni, traumi, gioie e sofferenze. I colori dell’India, sul tetto del mondo in Nepal, i contrasti del Bangladesh, le tradizioni antiche in Romania, le tribù dell’Africa e molto altro.

“La fotografia rappresenta il mio modo di comunicare; cerco di catturare il senso di ciò che respiro e tocco, non solo nell’aspetto, ma anche e soprattutto nell’essenza, mirando a racchiudere le sfumature e i dettagli in un unico fotogramma. La fotografia va oltre l’immagine stessa e rappresenta il mio modo di esprimere la tenacia, la fragilità e la gioia di uno sguardo”, spiega Mauro De Bettio.

Una mostra che riesce a raccontare, con una prospettiva intima, la vera essenza di ogni individuo ritratto. Ogni singolo scatto di De Bettio rivela la forza e la resilienza dell’umanità nel suo insieme. La determinazione dei protagonisti nelle immagini che cattura, infatti, sono esempio straordinario di come ogni sfida possa essere trasformata in opportunità.

40 Seasons of Humanity sarà aperta al pubblico dal 3 al 17 dicembre dal lunedì al sabato dalle 15.00 alle 19.00. In loco sarà anche possibile acquistare o ordinare stampe  fine art in edizione limitata di alcune immagini e il volume fotografico.

Dal 3 al 17 dicembre – The Warehouse – Milano

Vivian Maier. The Self-Portrait and its Double

Vivian Maier, Autoritratto. Collezione Association Vivian Maier et le Champsaur, Fondo John Maloof
New York, NY, October, 18, 1953 @Estate of Vivian Maier, Courtesy of Maloof Collection and Howard Greenberg Gallery, NY

Il 16 dicembre si apre a Siena la mostra fotografica “Vivian Maier, The Self-Portrait and its Double”: in esposizione 93 opere in bianconero e a colori della tata-fotografa, icona mondiale della street photography

Arrivano a Siena le fotografie della famosa tata-fotografa Vivian Maier: dal 16 dicembre il complesso museale Santa Maria della Scala ospiterà l’esposizione “Vivian Maier. The Self-Portrait and its Double” composta da 93 autoritratti che attraversano la misteriosa vita dell’artista americana.

La mostra, a cura di Anne Morin (diChroma photography) e Loredana De Pace, promossa dall’associazione Lux – Dopolavoro Fotografico e organizzata dal Comune di Siena, in collaborazione con la Fondazione Antico Ospedale Santa Maria della Scala, ripercorre l’opera della famosa tata-fotografa che, attraverso la fotocamera Rolleiflex e poi anche con la Leica, trasporta i visitatori per le strade di New York e Chicago, dove i continui giochi di ombre e riflessi mostrano la presenza-assenza dell’artista che, con i suoi autoritratti, cerca di mettersi in relazione con il mondo circostante.

Vivian Maier ha lavorato come bambinaia dai primi anni ‘50 e per oltre quarant’anni. Tutta la sua vita è trascorsa nell’anonimato fino al 2007, quando il suo corpus fotografico è venuto alla luce. Un patrimonio composto da oltre 120.000 negativi, pellicole super 8 e 16mm, varie registrazioni audio e centinaia di rullini non sviluppati.

Il suo hobby travolgente ha finito per farla diventare una pioniera della street photography, anticipando i tempi e le mode, al punto che nella storia della fotografia si colloca a pieno titolo al fianco di Diane Arbus, Robert Frank, Helen Levitt e Garry Winogrand.

Nelle splendide immagini in mostra al pubblico – dal 16 dicembre 2022 al 16 marzo 2023 – al complesso museale Santa Maria della Scala vedremo la seconda metà del Novecento con gli occhi e negli occhi di un’icona della storia della fotografia: in una location quanto mai affascinante quale quella dell’antico Ospedale nel centro storico di Siena.

L’immenso patrimonio fotografico di Vivian Maier, venuto alla luce per puro caso solo grazie al fortuito ritrovamento da parte del giornalista americano John Maloof, ci trasporta fra le strade e di fronte alla gente delle metropoli statunitensi, a scoprire il mondo dell’infanzia che lei conosceva molto bene, e in particolare a conoscere “Miss Viv” attraverso quegli autoritratti con cui l’autrice sembra cercare un posto nel mondo. Un messaggio universale e quanto mai attuale che in qualche modo, trattandosi di autoritratti, riguarda tutti noi, specie in questo periodo complesso in cui, dopo la pandemia, abbiamo bisogno di ri-conoscerci nuovamente.

Dal 16 dicembre 2022 al 16 marzo 2023 – Siena, complesso museale Santa Maria della Scala

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CHOCOLATE & DIRTY CLOTHESBenedetta San Rocco

La vincitrice del Premio Nazionale Musa per fotografe 2022 esporrà il progetto vincitore presso Musa fotografia. Prima Classificata settore Progetto personale, Fotografia concettuale, Ricerca, Still life Benedetta San Rocco con il progetto CHOCOLATE & DIRTY CLOTHES

Data Inaugurazione mostra da Musa Fotografia – Via Mentana, 6 Monza:15 Dicembre ore 18.30

Antonio Pantalone lasciò l’Italia per cercare lavoro.
La sua vita fu perennemente sospesa tra due realtà: il luogo di lavoro straniero e il piccolo paese d’origine in Abruzzo.
Nel mezzo la dogana.
Lì l’immigrato Antonio non ha nulla da dichiarare. Solo “panni sporchi e cioccolata per i bambini”.
Nel 1962 nel cantiere di Brugg cedette un rinforzo. Crollarono tonnellate di terra.
Dopo dodici ore di scavi, i soccorritori trovarono due persone, una vittima e un sopravvissuto.
Antonio fece da scudo. Probabilmente salvò la vita ad Angelo Lezoli.
Come lui emigrato dall’Italia.
Angelo tornò a casa. Antonio no.
Antonio Pantalone era mio nonno e aveva 39 anni.
Io non l’ho mai conosciuto eppure la sua storia fa parte della mia.
Partendo da un’immagine mancante sono arrivata altrove: dal momento dell’incidente le strade della mia famiglia e quella dei Lezoli si sono divise, solo dopo una lunga ricerca, io le ho intrecciate di nuovo in questo progetto.

È sempre stato desiderio di mia madre incontrare la persona che per ultima aveva visto vivo suo padre e che per ultima sicuramente aveva sentito la sua voce.
Dopo oltre cinquanta anni di infruttuose ricerche io sono riuscita a trovarla.
Ho sfogliato e risfogliato i quotidiani e i settimanali dell’epoca che parlavano dell’incidente e che mia madre custodiva gelosamente per cercare qualche indizio: lì erano riportati solo la provincia di provenienza, Parma, e il nome di Angelo Lezoli ma, come quello di mio nonno, era stato trascritto male. Dopo numerosi tentativi, tutti vani, sono riuscita a risalire al suo vero nome. Grazie a un database digitale di lapidi, ho riconosciuto il suo volto, che avevo imparato nel tempo a delineare attraverso le fotografie di quei giornali, e anche se ormai era un viso diverso, invecchiato, non ho avuto alcun dubbio, e così mi sono messa in contatto con uno dei figli.
Per questo lavoro ho scelto di utilizzare solo le immagini che ho trovato negli archivi delle nostre due famiglie. Attraverso i racconti di mia madre sono riuscita a costruire un immaginario: ho collezionato frammenti, spazi interstiziali e dettagli impalpabili per raccontare un’assenza che si manifesta sempre, per riflettere su quanto rimane a chi aspetta al di qua del confine.

Ernesto Fantozzi. Fotografie 1958-2019

Ernesto Fantozzi mostra 2022

Realizzata da Carlo Cavicchio, Maddalena Cerletti e Sabina Colombo, “Ernesto Fantozzi. Fotografie 1958-2019” arriva al Mufoco – Museo di Fotografia Contemporanea di Milano dal 3 dicembre 2022 al 29 gennaio 2023. Il percorso espositivo ripercorre la sua intera produzione, iniziata negli anni Sessanta e restituisce, attraverso due modalità di visione, i periodi della sua attività culminata con un archivio immenso costituito da oltre 75 mila immagini. Tra stampe alla gelatina bromuro d’argento, negativi e provini, l’eredità fotografica di questo grande autore è immensa ed è tutt’ora punto di riferimento per gli amanti di questo linguaggio. Una lettura poetica ma sincera del mondo

Le fotografie presenti in mostra raccontano l’occhio di Ernesto Fantozzi e la sua sensibilità verso il mondo che raccontava, mentre una proiezione presenta le immagini degli anni ’90-2000. A completare il percorso espositivo della mostra un apparato documentario e bibliografico volto a mostrare gli oggetti originali donati dall’autore e conservati presso l’archivio del Museo e alcune delle numerose pubblicazioni in cui il suo lavoro è stato presentato dagli anni ’60 ad oggi.

al 3 dicembre 2022 al 29 gennaio 2023 – MUFOCO – Cinisello Balsamo

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362 grammi – Massimo Valentini

362 grammi è il peso di questa vita, indossata la mattina come una tuta protettiva prima di uscire di casa a combattere con il mondo e poi riposta in ordine, ben ripiegata, a fine giornata, sul tavolo di casa nostra. Una corazza che blocca forse i contagi ma che non sa evitare all’anima di ammalarsi. Perché possiamo isolarci da tutto, almeno provarci, ma sta di fatto che rimaniamo dentro al mondo, che nel mondo esiste la specie umana e che questa è ormai allo sfascio più completo.   Dopo l’esordio di Roma presso l’Accademia di belle Arti – RUFA, la mostra si sposta a Senigallia, nella città della Fotografia.

In questo lavoro a più voci che intreccia linguaggio visivo e testuale la sensazione di “già visto” è un fatto evidente. Molti elementi raffigurati creano disagio, evocano spiacevoli ricordi, mentre un senso di desolazione e abbandono fa pensare che quanto descritto non sia un mondo immaginario ma uno scorcio di nuova normalità.

Che cosa è successo in questi luoghi? Forse c’è stato un terremoto o un’alluvione – o entrambe? – o magari un’esplosione nucleare? Già sappiamo che non è accaduto niente che non potessimo prevedere; poteva andare solo così. Quello che vediamo non è che un aggiornamento visivo del 1984 orwelliano adattato ai moderni fallimenti di questa società. I luoghi sono vuoti, anzi svuotati; un tono grigio fango copre con un velo sottile tutto quello che incontra lo sguardo. Deduciamo che c’è stato un “prima” di certo diverso dall’adesso.

362 grammi è dunque il peso di questa vita, indossata la mattina come una tuta protettiva prima di uscire di casa a combattere con il mondo e poi riposta in ordine, ben ripiegata, a fine giornata, sul tavolo di casa nostra. Una corazza che blocca forse i contagi ma che non sa evitare all’anima di ammalarsi. Perché possiamo isolarci da tutto, almeno provarci, ma sta di fatto che noi rimaniamo dentro al mondo, che nel mondo esiste la specie umana e che questa va a formare un’umanità ormai alla deriva.   Non c’è tessuto che ci possa proteggere dalle storture di una società che ritiene più interessanti le ragioni economiche di quelle sociali, ecologiche, morali, etiche. Una società che ci riversa addosso ogni giorno conseguenze di scelte di cui non siamo diretti responsabili ma (talvolta) ignari collaboratori. No: nulla esiste che possa evitarci una contaminazione con tutto quello che ci circonda, nel bene e nel male.

Eppure in questo scenario monocromo abbiamo ancora una speranza. Possiamo scegliere: goderci poche ore di riposo, aspettando di rimetterci quella tuta da combattimento domani e per ogni altro domani che verrà, oppure possiamo riattivare il pensiero critico scegliendo di alimentare il dubbio – quello su cui si basa la vera scienza – evitando verità preconfezionate, cercando incessantemente altre, migliori risposte.  

Questa seconda via è il compito dell’arte e quella che hanno scelto gli autori che dichiarano: “Il segnale arriva dal futuro. Quello che saremo in grado di costruire se comprendiamo fino in fondo ciò che abbiamo vissuto nel passato”.

dal 17 al 25 dicembre 2022 – Spazio Piktart per la fotografia – Senigallia

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Mostre fotografiche da non perdere a febbraio

Come tutti i mesi, eccoci giunti al consueto appuntamento con le mostre di fotografia. Anche per febbraio sono previste mostre bellissime!

Date un’occhiata a quelle che vi segnaliamo di seguito.

Ciao

Anna

JOEL MEYEROWITZ. LEICA HALL OF FAME 2016

Joel Meyerowitz, New York City, 1974

Dal 25 gennaio al 2 aprile 2022 lo spazio milanese di Leica Galerie, in via Giuseppe Mengoni 4 (angolo piazza Duomo), ospita una mostra dedicata a Joel Meyerowitz, grande maestro della fotografia contemporanea, uno dei massimi protagonisti della street photography, tra i primi a fare del colore un elemento essenziale del suo linguaggio artistico negli anni sessanta e settanta del secolo scorso.

L’esposizione, curata da Karin Rehn Kaufmann, con l’adattamento di Denis Curti e Maurizio Beucci, presenta cinquanta fotografie capaci di ripercorrere i periodi più decisivi della sua carriera, scattate in diversi paesi e in molte città. Dalle immagini catturate tra le strade di New York, ambiente perfetto per osservare la vita e le persone nella grande città, a quelle raccolte durante un viaggio di un anno attraverso l’Europa nel 1966/67, a quelle, ritornato negli stati Uniti, in cui il colore divenne per lui un elemento ancora più importante.

Dal 25 Gennaio 2022 al 02 Aprile 2022 – Leica Galerie – Milano

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ROBERT CAPA. FOTOGRAFIE OLTRE LA GUERRA

Robert Capa, Henri Matisse nel suo studio, Nizza, agosto, 1949 © Robert Capa © International Center of Photography / Magnum Photos

È un Capa “altro”, quello che questa grande mostra propone. E lo dichiara già dal sottotitolo, quel “fotografie oltre la guerra”, frase emblematica dello stesso Capa, che pone l’attenzione proprio sui reportage poco noti del grande fotografo”. La annunciano Federico Barbierato e Cristina Pollazzi, rispettivamente Sindaco e Assessore alla Cultura del Comune di Abano Terme.
 
Reportage poco noti, ma non meno importanti e potenti. Semplicemente sopraffatti dall’immagine di lui come straordinario interprete dei grandi conflitti.
E’ una mostra, quella curata da Marco Minuz e promossa dal Comune di Abano Terme a Villa Bassi Rathgeb dal 15 gennaio al 5 giugno 2022, che vuole far uscire Capa dallo stereotipo di “miglior fotoreporter di guerra del mondo”, come ebbe a definirlo, nel 1938 la prestigiosa rivista inglese Picture Post. L’obiettivo è invece puntare tutta l’attenzione sulla sua fotografia lontana dalla guerra.
“Non vi è dubbio – riconosce il curatore –  che l’esperienza bellica sia stata al centro della sua attività di fotografo: la guerra civile spagnola, la resistenza cinese di fronte all’invasione del Giappone, la seconda guerra mondiale e quella francese in Indocina (1954), durante il quale morì, ucciso da una mina antiuomo, a soli 40 anni. Acquisendo, in queste azioni, una fama che gli permise di pubblicare nelle più importanti riviste internazionali, fra le quali Life e Picture Post, con quello stile di fotografare potente e toccante allo stesso tempo, senza alcuna retorica e con un’urgenza tale da spingersi a scattare a pochi metri dai campi di battaglia, fin dentro il cuore dei conflitti; celebre, in tal senso, la sua dichiarazione: Se non hai fatto una buona fotografia, vuol dire che non ti sei avvicinato a sufficienza alla realtà. Queste sue fotografie sono ormai patrimonio della cultura iconografica del secolo scorso”.
 
Ma il lavoro di Robert Capa non si limitò solo esclusivamente a testimoniare eventi drammatici, ma spaziò anche in altre dimensioni non riconducibili alla sofferenza della guerra. Proprio da qui prende avvio l’originale progetto espositivo a Villa Bassi Rathgeb di Abano Terme che vuole esplorare, attraverso circa un centinaio di fotografie, parti del lavoro di questo celebre fotografo ancora poco conosciute.
“Robert Capa. Fotografie oltre la guerra” esplora il rapporto del fotografo con il mondo della cultura dell’epoca con ritratti di celebri personaggi come Picasso, Hemingway e Matisse, mostrando così la sua capacità di penetrare in fondo nella vita delle persone immortalate.
Affascinante la sezione dedicata ai suoi reportage dedicati a film d’epoca. Dopo la fine del secondo conflitto mondiale è l’attrice svedese ad introdurre Capa sul set del Notorius di Alfred Hitchcock, dove si cimenta per la prima volta in veste di fotografo di scena. Nell’arco di pochissimi anni Capa si confronta con mostri sacri del calibro di Humphrey Bogart e John Houston; immortala la bellezza di Gina Lollobrigida e l’intensità di Anna Magnani. Maturerà poi la scelta, congeniale alla sua sensibilità e all’oggetto privilegiato della sua ricerca artistica, di confrontarsi con i grandi maestri del neorealismo. Straordinarie dunque le immagini colte sul set di Riso Amaro, con ritratti mozzafiato di Silvana Mangano e Doris Dowling.
 
Completa il percorso la sezione dedicata alla collaborazione tra lo scrittore americano Steinbeck e Robert Capa che darà avvio al progetto “Diario russo”.
Nel 1947 John Steinbeck e Robert Capa decisero di partire insieme per un viaggio alla scoperta di quel nemico che era stato l’alleato più forte nella seconda guerra mondiale: l’Unione Sovietica. Ne emerse un resoconto onesto e privo di ideologia sulla vita quotidiana di un popolo che non poteva essere più lontano dall’American way of life . Le pagine del diario e le fotografie che raccontano la vita a Mosca, Kiev, Stalingrado e nella Georgia sono il distillato di un viaggio straordinario e un documento storico unico di un’epoca, salutato dal New York Times come “un libro magnifico”.
Un reportage culturale sulla gente comune di uno dei paesi meno esplorati dai giornalisti e reporter mondiali. Una lezione di umanità ed empatia che ci ricorda l’importanza di conoscere concretamente luoghi e persone per superare pregiudizi e ignoranza.
La mostra prosegue con una serie di fotografie realizzate in Francia nel 1938 e dedicate all’edizione del Tour de France di quell’anno, dove l’attenzione del fotografo si focalizzerà sempre prevalentemente sul pubblico rispetto alle gesta sportive degli atleti.
Una sezione è dedicata alla nascita dello Stato d’Israele. Robert Capa, ungherese di origine ebraica, emigrato in Germania e poi in Francia e negli Stati Uniti, fondatore dell’agenzia Magnum Photos, era giunto sul posto per documentare la prima guerra arabo-israeliana del 1948. A pochi anni dalla Shoah, con la vita che riprende nonostante le violenze ancora in corso, l’obiettivo di Capa documenta le fasi iniziali della costituzione del nuovo Stato.

Complessivamente la mostra promossa dal Comune di Abano, Assessorato alla Cultura, prodotta e organizzata da Suazes con il supporto organizzativo di Coopculture, dipana un centinaio di fotografie, in dialogo con gli ambienti storici di Villa Bassi Rathgeb.

Dal 15 Gennaio 2022 al 05 Giugno 2022 – ABANO TERME (PD) – Villa Bassi Rathgeb

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NEEEV. NON È ESOTICO, È VITALE. FOTOGRAFIE DI BEGOÑA ZUBERO

© Begoña Zubero | Begoña Zubero, Mosul, dicembre 2018

Una selezione di diciotto fotografie di grande formato di Begoña Zubero.

La selezione fa parte di un progetto realizzato da Begoña Zubero durante la sua residenza di due mesi presso la Moving Artist Foundation in Iraq, che cerca di mettere in relazione artisti che operano in zone di conflitto con quelli dei Paesi Baschi e racconta la città di Mosul nel momento della ricostruzione, dopo la terribile offensiva che ha portato alla sconfitta dello Stato Islamico.

Dal 20 Gennaio 2022 al 22 Maggio 2022 – Museo di Roma in Trastevere

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VIVIAN MAIER. INEDITA

© Estate of Vivian Maier, Courtesy of Maloof Collection and Howard Greenberg Gallery, NY | Vivian Maier, Chicago, IL, Gelatin silver print, 2014

Dal 9 febbraio al 26 giugno 2022, le Sale Chiablese dei Musei Reali di Torino ospitano la mostra di Vivian Maier (1926-2009), una delle massime esponenti della cosiddetta street photography.
 
Fin dal titolo, Inedita, l’esposizione che giunge in Italia dopo una prima tappa al Musée du Luxembourg di Parigi (15 settembre 2021 – 16 gennaio 2022), si prefigge di raccontare aspetti sconosciuti o poco noti della misteriosa vicenda umana e artistica di Vivian Maier, approfondendo nuovi capitoli o proponendo lavori finora inediti, come la serie di scatti realizzati durante il suo viaggio in Italia, in particolare a Torino e Genova, nell’estate del 1959.
 
La mostra, curata da Anne Morin, è co-organizzata da diChroma e dalla Réunion des Musées Nationaux – Grand Palais, prodotta dalla Società Ares srl con i Musei Reali e il patrocinio del Comune di Torino, e sostenuta da Women In Motion, un progetto ideato da Kering per valorizzare il talento delle donne in campo artistico e culturale. L’esposizione presenta oltre 250 immagini, molte delle quali inedite o rare, come quelle a colori, scattate lungo tutto il corso della sua vita. A queste si aggiungono dieci filmati in formato Super 8, due audio con la sua voce e vari oggetti che le sono appartenuti come le sue macchine fotografiche Rolleiflex e Leica, e uno dei suoi cappelli.
Il percorso espositivo tocca i temi più caratteristici della sua cifra stilistica e si apre con la serie dei suoi autoritratti in cui il suo sguardo severo si riflette negli specchi, nelle vetrine e la sua lunga ombra invade l’obiettivo quasi come se volesse finalmente presentarsi al pubblico che non ha mai voluto o potuto incontrare.
Una sezione è dedicata agli scatti catturati tra le strade di New York e Chicago. Vivian Maier predilige i quartieri proletari delle città in cui ha vissuto. Instancabile, cammina per tutto il tessuto urbano popolato da persone anonime che davanti al suo obiettivo diventano protagoniste, anche per una sola frazione di secondo, e recitano inconsciamente un ruolo.
Le scene che diventano oggetto delle sue narrazioni sono spesso aneddoti, coincidenze, sviste della realtà, momenti della vita sociale a cui nessuno presta attenzione. Ognuna delle sue immagini si trova proprio nel luogo in cui l’ordinario fallisce, dove il reale scivola via e diventa straordinario.
 
Mentre cammina per la città, Vivian Maier a volte si sofferma su un volto. La maggior parte dei visi che scandiscono le sue passeggiate fotografiche sono quelli di persone che le assomigliano, che vivono ai margini del mondo illuminato dall’euforia del sogno americano. Parlano di povertà, lavori estenuanti, miseria e destini oscuri. Ognuno di questi ritratti, impassibile e austero, è colto frontalmente nel momento dello scatto. A essi fanno da contraltare quelli delle signore dell’alta borghesia, che reagiscono in modo offeso al palesarsi improvviso della fotografa.
 
Oltre ai ritratti, Vivian Maier si concentra sui gesti, redigendo un inventario degli atteggiamenti e delle posture delle persone fotografate che tradiscono un pensiero, una intenzione, ma che rivela la loro autentica identità. Le mani sono spesso le protagoniste di queste immagini perché raccontano, senza saperlo, la vita di coloro a cui appartengono.
 
Agli inizi degli anni sessanta si nota un cambiamento nel suo modo di fotografare. La sua relazione con il tempo sta cambiando, e il cinema sta già cominciando a insinuarsi e ad avere la precedenza sulla fotografia. Vivian Maier inizia a giocare con il movimento, creando sequenze cinetiche, come se cercasse di trasportare le specificità del linguaggio cinematografico in quello della fotografia, creando delle vere e proprie sequenze di film.
Come naturale conseguenza, Vivian Maier inizia a girare con la sua cinepresa Super 8, documentando tutto quello che passava davanti ai suoi occhi, in modo frontale, senza artifici né montaggi.
 
Un importante capitolo della mostra è dedicato alle fotografie a colori. Se da un lato, i lavori in bianco e nero sono profondamente silenziosi, quelli a colori si presentano come uno spazio pieno di suoni, un luogo dove bisogna prima sentire per vedere. Questo concetto musicale di colore sembra riecheggiare nello spazio urbano, come il blues che scorre per le strade di Chicago e, in particolare, nei quartieri popolari frequentati da Maier.
 
Non poteva mancare una sezione dedicata al tema dell’infanzia che ha accompagnato Vivian Maier per tutto il corso della vita. A causa della sua vicinanza ai bambini per così tanti anni, era in grado di vedere il mondo con una capacità unica. Come governante e bambinaia per quasi quarant’anni, Maier ha preso parte alla vita dei bambini a lei affidati, documentando i volti, le emozioni, le espressioni, le smorfie, gli sguardi, così come i giochi, la fantasia e tutto il resto che abita la vita di un bambino.
 

Dal 09 Febbraio 2022 al 26 Giugno 2022 Musei Reali | Sale Chiablese – Torino

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GIAN BUTTURINI. LONDRA 1969 – DERRY 1972. UN FOTOGRAFO CONTRO

© Gian Butturini | Gian Butturini, Londra, 1969. Persone alla fermata di Earl’s Court

Dal 27 gennaio al 6 marzo 2022, STILL Fotografia a Milano (via Zamenhof 11) rende omaggio a Gian Butturini (1935-2006), uno dei fotoreporter italiani più originali e apprezzati a livello internazionale.
La rassegna, curata da Gigliola Foschi e Stefano Piantini, promossa dall’Associazione Gian Butturini, presenta cinquanta fotografie, tratte da due suoi lavori e suoi libri più famosi – London by Gian Butturini e Dall’Irlanda dopo Londonderry – che raccontano, da un lato, le contraddizioni di Londra alla fine degli anni sessanta, nel periodo passato alla storia come quello della Swinging London, quando cioè la capitale inglese era diventata un crogiuolo di nuove tendenze legate alla moda, alla musica, all’arte e alla cultura in genere, dall’altro, le tensioni politiche e sociali nell’Irlanda del Nord, seguiti al Bloody Sunday, la strage avvenuta a Derry il 30 gennaio 1972 quando l’esercito inglese fece fuoco sulla folla di manifestanti, uccidendone quattordici.
Butturini, che iniziò a scattare immagini sul conflitto nordirlandese una settimana dopo i fatti di Derry, testimonia la radicalizzazione della situazione politica e militare in quel paese.
Butturini non cerca di creare immagini volutamente forti, fissando azioni belliche o di protesta, quanto, da vero fotoreporter, far vedere e far capire ciò che sta accadendo. E lo fa con grande capacità di testimonianza, di composizione fotografica unite a una altrettanto notevole sensibilità politica e umana. Nelle atmosfere così cupe e minacciose, tra barricate, cavalli di frisia, fili spinati, soldati armati di mitragliatori, auto bruciate ai lati delle strade, Butturini ritrae i bambini, vittime innocenti in un drammatico conflitto.
La sezione dedicata a Londra racconta la capitale inglese da una prospettiva nuova, critica, non patinata e documenta le incursioni di Butturini tra le strade londinesi popolate da ragazze in minigonna, immigrati, junkie, emarginati, abitanti della City che sembrano vivere in un mondo a parte. È una Londra fuori dagli stereotipi quella che emerge dai suoi scatti, cogliendone tutte le contraddizioni con un occhio innovativo, dove indagine documentaria, interventi grafici e pagine scritte si coniugano a fini espressivi.
“Questa è una mostra – afferma Gigliola Foschi – in difesa della libertà di parola, immagine e pensiero. Una mostra contro una cancel culture che, senza confronto e senza discussione, nella liberale Inghilterra ha fatto ritirare dal commercio il libro London by Gian Butturini e infangato la figura di un uomo che per tutta la vita si era impegnato contro ogni forma di razzismo e d’ingiustizia”.
Fu infatti una doppia immagine con una donna di colore che vende i biglietti della metro chiusa dentro un bugigattolo e un gorilla in gabbia che, invece di suscitare indignazione nei confronti delle condizioni di due esseri viventi, entrambi giustamente intrappolati e discriminati, com’era nell’intento di Butturini, ha scatenato un’accusa di “razzismo conclamato”, costringendo l’editore a togliere il volume dalle librerie.
La mostra si chiude idealmente con una decina di gruppo di collage situazionisti, opere in cui Butturini, fotografo, ma anche grafico, interviene con colori e scritte graffianti su strisce di fumetti degli anni settanta. Batman o Nembo Kid, ad esempio, si trasformano in eroi della controcultura che rovesciano e stravolgono, in modo provocatorio, i significati proposti dalla cultura dominante.
Accompagna la mostra un libro edito STILL/Pazzini Editore con un testo di Gigliola Foschi

Dal 27 Gennaio 2022 al 06 Marzo 2022 – STILL Fotografia – Milano

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AMALFI ANNI ’50 E ’60 – ALFONSO FUSCO, FOTOGRAFO

© Alfonso Fusco

L’Arsenale di Amalfi ospiterà dal 28 dicembre 2021 al 28 febbraio 2022 la mostra “Amalfi anni ’50 e ’60 – Alfonso Fusco, fotografo”.

Un progetto realizzato dall’Amministrazione Comunale di Amalfi – guidata dal Sindaco Daniele Milano – con la collaborazione della famiglia Fusco. L’iniziativa è promossa dall’Assessorato alla Cultura – retto da Enza Cobalto – curata da Puracultura e patrocinata dal Centro di Cultura e Storia Amalfitana.

Alfonso Fusco, amalfitano, classe 1938 e scomparso da pochi anni, ha operato come fotografo a cavallo tra gli anni ‘50 e ‘60: nel suo archivio rinvenuto dalla famiglia emergono migliaia di negativi che testimoniano i cambiamenti in corso in quel preciso periodo che va dalla fine della seconda guerra mondiale all’inizio della “dolce vita” amalfitana.
Fusco punta il suo obiettivo e cattura, in una sorta di neorealismo fotografico, tutto ciò che avviene ad Amalfi in quegli anni: scatti di vita quotidiana – matrimoni, manifestazioni pubbliche, campagne elettorali – ma anche eventi particolari, come le splendide feste con le ballerine dell’Africana o l’arrivo di Jacqueline Kennedy nella Divina.

A corredo della mostra fotografica, di 96 immagini, che si inaugurerà martedì 28 dicembre alle ore 18:00, sarà presentato il volume “Amalfi anni ’50 e ’60 – Alfonso Fusco, fotografo”, a cura della giornalista Claudia Bonasi, con l’introduzione dell’antropologo prof. Vincenzo Esposito, presenti all’evento insieme all’editore di Puracultura, Antonio Dura. Il libro di 120 pagine ospita 200 scatti accuratamente selezionati e divisi per sezioni.

Nell’Arsenale, per tutta la durata della Mostra fotografica, sarà ospitato un tavolo interattivo (realizzato a cura del Collettivo Digitale di Cesena) contenente 393 foto di ritratti realizzati da Alfonso Fusco, con cui dare vita a un gioco interattivo “Li (ri)conosci?” al quale saranno chiamati a partecipare tutti i cittadini, per tentare di dare un nome a volti amalfitani oggi sconosciuti. Verranno inoltre proiettate in loop 480 immagini scattate dal fotografo amalfitano.

“Il rinvenimento dell’archivio fotografico di Alfonso Fusco, testimone con le sue istantanee degli eventi più importanti avvenuti ad Amalfi tra gli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso, e il progetto di crearne un catalogo e una mostra ospitata nell’Arsenale della Repubblica, sono tra i più interessanti eventi di quest’anno” – precisa il sindaco di Amalfi, Daniele Milano – “Il recupero della memoria cittadina si realizza attraverso la possibilità di dare un nome a decine e decine di volti, protagonisti della vita quotidiana della nostra Comunità. Un progetto immersivo, un gioco collettivo, con cui la nostra Amministrazione intende guardare avanti, dando valore al nostro passato”.

Dal 28 Dicembre 2021 al 28 Febbraio 2022 – Arsenale di Amalfi (SA)

CARLO DALLA MURA. FOTOGRAFIE 1949-1962

Nell’ambito della 35^ edizione della rassegna Friuli Venezia Giulia Fotografia, il CRAF (Centro di Ricerca e Archiviazione della Fotografia) di Spilimbergo inaugura sotto il segno della Bellezza la mostra antologica dedicata a Carlo Dalla Mura.
La mostra, composta da 40 fotografie comprese tra il 1949 e il 1962, è stata realizzata in collaborazione con la Regione Friuli Venezia Giulia e il Comune di Udine, con il sostegno della Fondazione Friuli e Friulovest Banca, con il patrocinio dell’Università degli Studi di Udine.

Avvocato di professione, prestato per poco più di un decennio alla fotografia, Carlo Dalla Mura tra il 1958 e il 1966 è stato collaboratore de “Il Mondo”, celebre settimanale di politica e cultura fondato e diretto da Mario Pannunzio. “Era, quella de “Il Mondo”, una fotografia anti-formalista, compendiaria e immediata, arguta e leggera, – afferma il direttore Alvise Rampini – capace di sintetizzare, più con la sua qualità evocativa che con la sua compiutezza formale, gli articoli a cui veniva associata”. Carlo Dalla Mura in pochi anni ha pubblicato su quelle pagine 59 sue fotografie, mentre altre 39 furono acquistate senza essere pubblicate in seguito all’improvvisa e definitiva chiusura di quell’esperienza editoriale.
Il percorso della mostra, curata da Alvise Rampini e Claudio Domini, vuole dare conto, attraverso una piccola selezione di immagini, proprio di questa aderenza allo spirito del tempo, per nulla frequente nei modelli da cui Dalla Mura era circondato nel suo Friuli ma ben presenti invece nella cultura fotografica nazionale più moderna e aggiornata dell’epoca. Soprattutto nella sua declinazione “stradale”, di cui proprio “Il Mondo” era testimone e promotore, a partire dalla lezione di Henri Cartier-Bresson e Robert Doisneau, fino alle prime “sconvolgenti” testimonianze visuali di William Klein, di cui Dalla Mura adorava i celebri fotolibri dedicati a New York e Roma.
“Senza mai imboccare la via del professionismo, nemmeno durante la lunga collaborazione con il trimestrale regionale “Iulia Gens”, dove invece ha pubblicato servizi fotografici più articolati e descrittivi – affermano i curatori – in quei pochi anni di serrata attività fotografica Dalla Mura ha sempre mantenuto il profilo del disincantato flâneur, perfettamente a suo agio per le vie del mondo, raccontato attraverso immagini moderne e libere dagli attempati stilemi accademici da circolo fotografico”.
Il suo “taccuino di viaggio” ospita tour che spaziano da Parigi a Tangeri e poi ancora Madrid, Lisbona, Sofia, Atene, Istanbul, e allo stesso modo del suo Friuli: “È per noi un grande onore celebrare Carlo Dalla Mura – concludono – il suo stile e i risultati del suo talento non hanno nulla da invidiare a tanti coevi nomi internazionali. Il nostro obiettivo è far conoscere un grande autore dell’archivio CRAF e farlo riscoprire sul territorio nazionale, come merita”.

11 dicembre 2021 – 13 febbraio 2022 – Castello di Udine, Museo Friulano della Fotografia

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GIORGIO GALIMBERTI. IL SOGNO DI GEORGE

© Giorgio Galimberti. Courtesy Glenda Cinquegrana Art Consulting. | Giogio Galimberti, Forme di spazio #29

“Lasciateli stare i sognatori, sono gente di carbone per vecchi treni a vapore, lasciateli stare nelle loro piccole case, che abitano come tasche, piene di spine e di more”.  (G. Nadalini)

Glenda Cinquegrana Art Consulting è lieta di presentare“Il sogno di George” la prima personale che la galleria dedicata al fotografo italiano mid-career Giorgio Galimberti.

Il titolo della mostra, “Il Sogno di George” si riferisce ad alcune peculiari caratteristiche della pratica fotografica di Giorgio Galimberti. Come se guardasse al mondo con lo stupore e l’ingenuità di un bambino, la fotografia di Galimberti è frutto di un’operazione visiva di costante spiazzamento: la realtà del quotidiano da cui costantemente attinge è trasfigurata per diventare surrealtà, o meglio scenario da sogno. Quello di Giorgio è un mondo abitato da uomini, donne o figure infantili che ne percorrono costantemente i territori urbani con semplicità e candore, che sono necessarie a guardare al quotidiano con occhi di volta in volta nuovi. Il fotografo si identifica completamente con i protagonisti delle sue immagini, che altro non sono un prolungamento di sé stesso: e così Giorgio diventa George, come la Alice di Lewis Carroll compie il suo tuffo nella realtà dello specchio. 

La fotografia di Galimberti celebra la nitidezza linguistica del bianco e nero come strumento di semplificazione visiva e crea scene che sono il risultato di un’ambiguità calcolata. È frutto di un trucco prospettico lo scatto che vede protagonista una ragazzina che cammina come un’equilibrista sulle creste dei grattacieli di New York; un omino che, ridotto alla dimensione di gnomo, si muove sullo sfondo di un paesaggio fatto di fiori e di pale eoliche in cui naturale ed artificiale coesistono (“Capracotta”, 2020). Come un funambolo, Giorgio si muove abilmente in questa realtà trasfigurata, giocando con destrezza con gli elementi della visione. 
Intessuto delle influenze fotografiche di maestri come Andrè Kértesz e Mario Giacomelli, il bianco e nero di Galimberti non è solo strumento di sintesi formale, ma soprattutto un elemento catalizzatore di poesia: l’immagine ridotta allo stato di nero assoluto si fa capace di raccogliere ed amplificare le emozioni. Fra gli scatti più belli non possiamo non citare quello in cui un uomo perso nella moltiplicazione delle arcate di un’architettura dechirichiana, racconta lo spaesamento di un bambino che esita a diventare adulto o la solitudine dell’individuo al cospetto di una mondo troppo più grande di lui (“Maddaloni”, 2020). L’immagine che ha reso celebre Giorgio è quella che vede una fanciulla prigioniera di una balena di ferro (“Camogli” #01, 2017), rappresentazione perfetta dell’inquietudine e della prigionia nella realtà altra dello “specchio”. 

Dal 27 Gennaio 2022 al 12 Marzo 2022 – Glenda Cinquegrana Art Consulting – Milano

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FRA NUVOLE E VENTO: GENTE DI CIVITA. FOTOGRAFIE DI BRIAN STANTON

© Brian Stanton | Brian Stanton, Civita nelle Nuvole, 2016 (Civita in the Clouds). Archival pigment print 27.56 x 39.37 in 60 x 90 cm.

Il 25 settembre 2021 apre a Palazzo Alemanni a Civita e a Casa Civita a Bagnoregio la mostra Fra Nuvole e Vento: Gente di Civita del fotografo newyorkese Brian Stanton, visibile al pubblico fino all’inverno 2022. Sono immagini che catturano la magia della quotidianità e delle antiche tradizioni di Civita di Bagnoregio, un’antica ed unica città collinare risalente a duemilacinquecento anni fa che, a causa dei terremoti e delle frane che minacciano la sua esistenza, si è piano piano svuotata dei suoi abitanti. 
Dal 2016 al 2019 Brian ha fotografato il paese e la valle circostante, immergendosi nella comunità e costruendo ricche relazioni con i pochi residenti restanti. “La gente di Civita ha collaborato con me con un entusiasmo contagioso. È stata un’esperienza toccante,” dice Stanton. 

Le immagini in mostra sottolineano il ruolo che le particolari condizioni geologiche di Civita e lo straordinario paesaggio della valle dei Calanchi che la circonda hanno svolto nello sviluppo della sua cultura unica nel suo genere, elementi che hanno portato la Commissione Italiana UNESCO a proporre Civita di Bagnoregio e la valle circostante a diventare Patrimonio dell’Umanità nel 2022.

“Il percorso di candidatura che stiamo vivendo è una grande occasione per riflettere sulla nostra identità e la mostra di Brian Stanton, che abbiamo voluto mettere al centro in questo anno così importante per la comunità e il territorio di Bagnoregio e dell’area dei Calanchi, racconta davvero l’anima del borgo. Un omaggio alle nostre radici, capace di raccontarci al meglio e diventare veicolo di promozione e comunicazione anche dei valori della tradizione, del rispetto dell’ambiente e di una dimensione unica della vita, fatta di lentezza e resilienza”. Queste le parole del sindaco di Bagnoregio Luca Profili.

“Abbiamo individuato nella mostra di Stanton un grande potenziale, capace di rappresentare i valori alla base del dossier di candidatura” aggiunge Francesco Bigiotti, amministratore unico di Casa Civita 
e site manager della candidatura a Patrimonio dell’Umanità “coerente con quanto riteniamo possa rappresentare un qualcosa di unico per il mondo.”

Stanton ha fotografato il paese per tre anni, immergendosi nella comunità e immortalando la quotidianità e le antiche tradizioni della gente di Civita: la raccolta delle castagne nella valle, la pigiatura delle uve nelle stesse cantine utilizzate dai loro antenati fin dall’epoca etrusca e l’eccitazione per le corse degli asini che attraversano la Piazza due volte l’anno. Una emozionante sequenza di immagini racconta la processione del Venerdì Santo, in cui gli abitanti portano un’effigie lignea del XV secolo del Cristo crocifisso, da Civita a Bagnoregio, una pratica immutata per 400 anni. Anche se Civita può sembrare un luogo dove il tempo si è fermato, questa mostra cattura la vibrante scintilla umana che ancora anima la comunità.
Le sue fotografie mostrano anche lo straordinario paesaggio che circonda il paese, la sua particolare conformazione geologica, elementi che tutti gli anni attirano centinaia di migliaia di turisti. Stampate in tonalità di bianco e nero, sono immagini che invitano il visitatore a partecipare al dramma della roccia vulcanica profondamente fessurata e delle aride creste nelle valli argillose che caratterizzano la regione.

La mostra è un evento a supporto del percorso di candidatura UNESCO che vede nel Comune di Bagnoregio e nella Regione Lazio i proponenti e in Casa Civita il site manager. 

Dal 25 Settembre 2021 al 31 Dicembre 2022 – BAGNOREGIO (VITERBO)

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ENRICO CARUSO. DA NAPOLI A NEW YORK

Enrico Caruso. Da Napoli a New York, MANN – Museo Archeologico Nazionale di Napoli

“Enrico Caruso – Da Napoli a New York”. È questo il titolo dell’originale e attesissima mostra che sarà inaugurata al Museo Archeologico Nazionale di Napoli. L’evento, che celebra il centenario dalla scomparsa dell’artista, è curato da Giuliana Muscio, brillante studiosa del tenore partenopeo e più in generale, del contributo degli artisti italiani al mondo dello spettacolo americano. 
L’esposizione, che si avvale della consulenza musicale di Simona Frasca, musicologa e docente dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, mette a fuoco con uno sguardo nuovo la figura di Caruso, prima star mediatica moderna e rappresentante dell’emigrazione italiana, capace di conservare e innovare le tradizioni dello spettacolo con un impatto significativo sui media statunitensi. 
La mostra è realizzata da Fondazione Campania dei Festival e Fondazione Film Commission Regione Campania, con il sostegno della Regione Campania e in collaborazione con il MANN e con l’Istituto Centrale per i Beni Sonori ed Audiovisivi. Il percorso narrativo su Enrico Caruso e la sua carriera si basa su una documentazione quanto mai ricca: caratteristica dell’itinerario di visita è proporre un approccio rigoroso dal punto di vista storico e intermediale sotto l’aspetto comunicativo.
La mostra propone oltre 250 immagini fotografiche, provenienti dal Metropolitan Opera Archive di New York, dalla Caruso Collection presso il Peabody Institute (Johns Hopkins) di Baltimora e dal museo Enrico Caruso di Villa Bellosguardo a Lastra a Signa. Possibile ritrovare in allestimento non solo materiale audiovisivo d’epoca e cinegiornali, forniti per l’occasione dagli archivi americani e dal fondo Setti della Fondazione Ansaldo, ma anche registrazioni audio originali della produzione discografica del più famoso tenore di tutti i tempi. 
Nell’ambito della mostra è prevista la proiezione del documentario “Enrico Caruso: The Greatest Singer in the World”, diretto da Giuliana Muscio e prodotto dalla Direzione Generale per gli italiani all’estero del Ministero degli Affari Esteri. Il lavoro, attraverso materiali inediti, racconta la carriera americana di Caruso e la modernità del suo rapporto coi media, sottolineando il fondamentale contributo dei performers italiani nello sviluppo dell’industria dello spettacolo negli Stati Uniti. Sono previste tre proiezioni giornaliere: alle 12.00, alle 16.00 e alle 18.00.  
Il catalogo della mostra, edito da “ad est dell’equatore”,  potrà essere acquistato presso il bookshop del MANN.

Dal 22 Dicembre 2021 al 22 Aprile 2022- Museo Archeologico Nazionale Napoli

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MARILISA COSELLO. TRY

© Marilisa Cosello e Galleria Studio G7, Bologna | Marilisa Cosello, Try #1

Dal 12 febbraio al 3 aprile Studio G7 presenta Try, la prima personale di Marilisa Cosello negli spazi della galleria, a cura di Luca Panaro.

La mostra espone Try, progetto inedito itinerante iniziato dall’artista nel 2020, il cui lavoro è da sempre incentrato su temi quali la costruzione collettiva, il femminile, le strutture sociali, il potere ed il corpo come strumento narrativo.
Sabato 12 febbraio alle ore 15.00 e alle ore 16.00 Marilisa Cosello presenterà, negli spazi di Studio G7, Try #5il quinto atto performativo del ciclo.

Marilisa Cosello è nata a Salerno nel 1978, vive e lavora a Milano. La sua pratica artistica è incentrata sulla performance e sul corpo, attraverso cui l’artista attiva un dialogo tra storia, cultura e strutture sociali. Ripensando al ruolo della società come famiglia, e del privato come collettivo, Cosello indaga le forme del potere, sovrapponendo pubblico e privato, rituali familiari e archetipi collettivi. Attraverso fotografia, performance e video, la sua ricerca si configura come una riflessione sulla natura politica del singolo corpo come soggetto, e sull’impatto delle dinamiche di potere sulla storia di individui e comunità.

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Mostre di fotografia da non perdere a Novembre

Il programma di mostre che vi proponiamo per il mese di novembre è quanto mai ricco.

Date un’occhiata, ci sarà sicuramente qualcosa che vi interessa.

Ciao

Anna

Sebastião Salgado – Amazônia

Per sei anni Sebastião Salgado ha viaggiato nell’Amazzonia brasiliana, fotografando la foresta, i fiumi, le montagne e le persone che vi abitano.

La mostra, in anteprima in Italia, con più di 200 opere ci immerge nell’universo della foresta mettendo insieme le impressionanti fotografie di Salgado con i suoni concreti della foresta. Il fruscio degli alberi, le grida degli animali, il canto degli uccelli o il fragore delle acque che scendono dalla cima delle montagne, raccolti in loco, compongono un paesaggio sonoro, creato da Jean-Michel Jarre.

La mostra mette in evidenza la fragilità di questo ecosistema, mostrando che nelle aree protette dove vivono le comunità indiane, guardiani ancestrali, la foresta non ha subito quasi alcun danno e ci invita a vedere, ascoltare e a riflettere sulla situazione ecologica e la relazione che gli uomini hanno oggi con essa.

01 ottobre 2021 > 13 febbraio 2022 -. MAXXI – Roma

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FOTOGRAFIA ZERO PIXEL 2021 – BODY/CORPO

Oltre cento fotografi internazionali e 250 immagini in esposizione per il festival dedicato alla fotografia chimica, in programma dal 5 novembre all’8 dicembre a Trieste. Con 13 mostre su quattro sedi espositive, 6 laboratori e 7 conferenze Fotografia Zero Pixel proporrà un viaggio tra Italia, Slovenia, Croazia, Messico, Giappone e Stati Uniti per raccontare tanti modi diversi di concepire il corpo. Tra i fotografi in mostra Roberto Kusterle, Sergio Scabar, Ellen Goodman, Gigliola Di Piazza, Jan Schlegel.  

Saranno un centinaio i fotografi coinvolti e oltre 250 le immagini che verranno presentate per l’ottava edizione di Fotografia Zero Pixel, il festival della fotografia senza il digitale in programma dal 5 novembre all’8 dicembre 2021. Dedicato quest’anno al tema “Body/Corpo”, il festival esplorerà questo termine dall’etimologia estremamente varia, presentando una panoramica d’immagini che racconteranno tanti modi diversi di concepirlo, in un viaggio tra Italia, Slovenia, Croazia, Germania, Messico, Giappone e Stati Uniti. 

Fotografia Zero Pixel, che si avvale della direzione artistica di Ennio Demarin, quest’anno proporrà 23 eventi dedicati alla ricerca in fotografia e alle sue contaminazioni creative con letteratura, filosofia, antropologia, matematica e fisica. Pensato per tutti coloro che desiderano esplorare il mondo “ai sali d’argento”, offrirà 13 mostre internazionali su quattro sedi espositive, 6 laboratori e 7 conferenze e incontri con gli autori. Su circa 1500 metri quadrati, all’interno del Magazzino 26 del Porto Vecchio di Trieste, si svilupperanno ben nove mostre, tra collettive e personali. Tra le prime da non perdere l’esposizione tematica classica di Zero Pixel, con 66 fotografi di diverse nazionalità tra cui spiccano i nomi di Letizia Battaglia, Francesco Cito, Shobha, Roberto Kusterle e Sergio Scabar, e le quattro mostre dedicate a gruppi d’artisti provenienti da Slovenia (The Body as a point of view), Croazia (Le Muse), Messico (Descifrar los lenguajes del cuerpo) e Giappone (Ishi no ue nimo san nen). Tra le personali quella di Ellen Goodman , vincitrice del secondo premio Scabar con la mostra “The Middle Ground between Light and Shadow”, di Gigliola Di Piazza, fotoreporter friulana recentemente scomparsa, del tedesco Jan Schlegel (allo spazio d’arte trart), di Enzo Tedeschi, abbinata alla conferenza di uno dei maggiori studiosi di Dante in Italia, Vittorio Cozzoli.

Dal 05 Novembre 2021 al 08 Dicembre 2021 – Trieste – Sedi Varie

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MARTINA ZANIN. I MADE THEM RUN AWAY

I Made Them Run Away è una storia a più livelli che intreccia insieme immagini di famiglia e fotografia con testi scritti dalla madre dell’artista. Raccoglie ricordi del passato e sentimenti presenti per indagare le dinamiche delle relazioni – il bisogno di attenzione, le aspettative che causano disillusione, insicurezza e giudizio.

Spostandosi tra i diversi punti di vista, Zanin descrive il ricorrente complicato rapporto tra lei, sua madre e l’”uomo”, non costante, per lo più rappresentato come un’assenza all’interno del lavoro. È una storia che rappresenta la maternità sotto un’accezione differente – come una donna in cerca di amore e in lotta con la solitudine – e all’adolescenza, dando spazio a quei sentimenti che spesso sono negati alle ragazze, e alle donne, come la rabbia, il disgusto, il dolore e il potere.

«Quanto le relazioni che ha avuto mia madre

e gli eventi passati hanno distorto la mia percezione della figura maschile

e il modo di relazionarmi con essa?»

Fantasticando su un uomo che non è mai riuscita ad avere, la madre dell’artista scrive i suoi pensieri e desideri all’interno di un diario intitolato Lettere ad un Uomo Mai Avuto. Gli scritti poetici e malinconici, si scontrano con le fotografie di famiglia strappate, delle quali la madre ha conservato solamente la sua figura, o quella della figlia, strappando via tutti i suoi ex-compagni, creando degli oggetti saturi di rabbia e solitudine. Ogni altra foto è da intendere come la ricostruzione di sentimenti e sensazioni passate venute a galla nel presente. Questo intreccio di punti vista ha creato un dialogo tra madre e figlia in due momenti diversi di tempo, esplorando la transizioni dei sentimenti all’interno delle relazioni, come compassione e rabbia, amore e odio, e l’influenza del passato, che gioca un ruolo fondamentale nelle relazioni presenti e future.

Dal 29 Ottobre 2021 al 14 Gennaio 2022 – Spazio Labo’ | Photography – Bologna

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Martin Parr. We ❤  Sports

Centro Italiano per la fotografia annuncia “Martin Parr. We  ❤  Sports”, la grande mostra d’autunno che avrà per protagonista un mito assoluto della fotografia contemporanea. L’esposizione sarà realizzata in collaborazione con Gruppo Lavazza, partner istituzionale e storico sostenitore di CAMERA e con Magnum Photos, in occasione delle Nitto ATP Finals e si terrà a Torino dal 28 ottobre 2021 al 13 febbraio 2022 in via delle Rosine 18.

“Martin Parr. We  ❤  Sports”, a cura di Walter Guadagnini con la collaborazione di Monica Poggi, ripercorrerà la carriera del celebre autore inglese (classe 1952), membro di Magnum Photos, attraverso circa 150 immagini dedicate a svariati eventi sportivi, con un focus tematico incentrato sugli scatti realizzati da Parr – su commissione del Gruppo Lavazza – in occasione dei più rilevanti tornei di tennis degli ultimi anni.

“Sono entusiasta di mostrare le fotografie sul tennis, che sono state il risultato di una stimolante commissione ricevuta dal Gruppo Lavazza, e allo stesso tempo di presentare una nuova selezione di immagini di sports realizzate nel corso della mia lunga carriera.” commenta Martin Parr.

“Sono orgoglioso che CAMERA possa offrire al proprio pubblico una grande mostra dedicata allo sport e ai suoi valori, ancor più in un anno che vede Torino diventare capitale internazionale del tennis con le Nitto ATP Finals, straordinario momento di rilancio per la città. La mostra di Marin Parr, uno dei più autorevoli esponenti della fotografia contemporanea, è il più recente frutto della fertile collaborazione con due dei nostri Partner Istituzionali, Magnum Photos e Gruppo Lavazza, che ringrazio per la fiducia costantemente dimostrata nei confronti di CAMERA: non vediamo l’ora di poter accogliere migliaia di torinesi e di ospiti da ogni parte del mondo” dichiara Emanuele Chieli, Presidente di CAMERA.

“Apprezziamo da anni il lavoro di Martin Parr, avendo collaborato con lui dal 2008 in un progetto che raccontava la colazione degli italiani. Mi sono innamorata da subito della sua visione del mondo, che vuole fotografare la vita «così com’è». Il suo sguardo ironico e personale, il suo stile sincero e immediato, il suo realismo intransigente ma positivo ben si lega all’idea di collaborazione che Gruppo Lavazza vuole portare avanti con il mondo del tennis. Trasparenza e tradizione, sincerità e condivisione. Come ogni grande artista, Martin usa la macchina fotografica per ritrarre la quotidianità delle persone che percorrono le strade parallele ai grandi eventi e ai grandi personaggi. Sono storie intime e particolari, bellissime nella loro unicità, leggerezza e sincerità” precisa Francesca Lavazza.

Attento interprete del presente, sin dagli esordi Parr ha ritratto la società contemporanea con spietata e divertita ironia, realizzando immagini che sono diventate vere e proprie icone del nostro tempo. Attraverso i netti contrasti di colore che caratterizzano il suo stile, ha rivelato gli aspetti grotteschi e involontariamente comici di un mondo sempre più consumista e globalizzato.

“Lo sport è un tema ricorrente nella lunga carriera di Parr: catalizzatore delle più diverse emozioni, viene raccontato dal fotografo soprattutto attraverso le divise, le coreografie e le tradizioni dei tifosi e degli spettatori, autentici protagonisti di questo rito collettivo” evidenzia Walter Guadagnini, Direttore di CAMERA.

Dal 28 Ottobre 2021 al 13 Febbraio 2022 – CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia – Torino

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LE MOSTRE DEL SIENA AWARDS

La grande fotografia internazionale e il mondo dell’immaginazione tornano protagonisti a Siena con una nuova edizione del Siena Awards nel rispetto delle norme anti Covid-19. La manifestazione guarda oltre la pandemia con nuove idee e prospettive e animerà Siena e dintorni dal 23 ottobre al 5 dicembre con un ricco programma di mostre, workshop, photo tour, seminari, conferenze, proiezioni e visite guidate alla scoperta del territorio. L’ospite d’eccezione, per la prima volta in Italia, sarà il fotoreporter americano Steve Winter con “Big Cats”, la più grande retrospettiva mai realizzata su di lui. Il festival delle arti visive, inoltre, darà spazio alle opere di tanti altri grandi obiettivi internazionali, a partire da Brent Stirton, icona del fotogiornalismo, e alle mostre collettive che riuniranno scatti e video straordinari in arrivo da tutto il mondo, premiati nei tre concorsi promossi dal Siena Awards: “Siena International Photo Awards”, “Creative Photo Awards” e “Drone Photo Awards”.
 
Il sipario del Siena Awards 2021 si alzerà la mattina di sabato 23 ottobre con l’inaugurazione, alla presenza di Steve Winter, della sua retrospettiva “Big Cats”, allestita negli spazi del Museo di Storia Naturale di Siena per tutta la durata del festival. Lo stesso giorno, nel pomeriggio, il Teatro dei Rinnovati ospiterà la cerimonia di premiazione dei concorsi “Siena International Photo Awards”, “Drone Photo Awards” e “Creative Photo Awards” e vedrà salire sul palco grandi personaggi della fotografia internazionale. Dal giorno successivo, domenica 24 ottobre, e fino a domenica 5 dicembre, sarà possibile visitare tutte le mostre del Siena Awards.
 
Le mostre del Siena Awards 2021. La retrospettiva dedicata a Steve Winter, “Big Cats”, raccoglierà immagini potentissime e commoventi che il fotografo americano ha realizzato nel corso della sua carriera di fotogiornalista conservazionista per il National Geographic, puntando a sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema della conservazione della specie dei grandi felini. Le spettacolari immagini di leopardi delle nevi, tigri, puma e giaguari accompagneranno i visitatori alla scoperta di alcuni dei gatti selvatici più sfuggenti al mondo fotografati da Steve Winter nel loro habitat naturale: dalle montagne dell’Himalaya alle giungle e praterie dell’India, dalle Montagne Rocciose dell’America occidentale alla California, fino ai fiumi amazzonici del Sud America. A unire ogni scatto sarà l’obiettivo eccezionale di Steve Winter, capace di evidenziare la bellezza di questi felini e, attraverso essa, di informarci sulle minacce che ogni giorno affrontano nel condividere il loro habitat con l’uomo. Come afferma lo stesso Steve Winter: “Sto cercando di trovare immagini che le persone non hanno mai visto prima, che diano loro un motivo per preoccuparsi non solo degli animali, ma anche degli ecosistemi in cui questi vivono”.
 
Il Centro culturale “La Tinaia” di Sovicille, a pochi km da Siena, sarà, invece, la cornice della mostra monografica di Brent Stirton, icona sudafricana del fotogiornalismo pluripremiato per i suoi reportage pubblicati su grandi testate internazionali. Premiato come “Migliore autore” al SIPA, Siena International Photo Awards 2020, Stirton punta a sensibilizzare il mondo, attraverso i suoi scatti, sulle barbarie inflitte dai bracconieri nei confronti degli animali in Paesi come Africa, Asia e Sud America. Le immagini esposte a Sovicille, in particolare, accenderanno i riflettori sui traffici dei corni dei rinoceronti, sulla misteriosa strage di quattro gorilla nel Parco Nazionale di Virunga e sugli insegnamenti rivolti ai rangers per nascondersi e sopravvivere ai gruppi paramilitari e bracconieri in Congo. Scatti e riflessioni di alto valore sociale e ambientale che hanno trovato spazio su testati quali National Geographic Magazine, GEO, Le Figaro, Stern, Le Monde, The New York Times Magazine, The UK Sunday Times Magazine e altri media internazionali.
 
Gli spazi dell’ex distilleria dello Stellino, alle porte di Siena, ospiteranno ancora una volta gli scatti vincitori delle dodici categorie del Siena International Photo Awards, SIPA, con la mostra “Imagine all the People Sharing all the World”. L’esposizione vedrà protagoniste vere e proprie opere d’arte, con foto e video nati dall’immaginazione e dall’arte visiva di Premi Pulitzer, pluripremiati vincitori del World Press Photo, fotografi di National Geographic e altri grandi nomi della fotografia internazionale.
 
Si intitola, invece, “I wonder if you can” la mostra che raccoglierà gli scatti vincitori delle 19 categorie del Creative Photo Awards, il concorso internazionale del Siena Awards dedicato alla fotografia artistica e creativa e aperto a fotografi contemporanei che, con un approccio innovativo rispetto alla fotografia tradizionale, sovvertono le aspettative dello spettatore. Nove, infine, le categorie del Drone Photo Awards, i cui vincitori saranno protagonisti della mostra “Above us only sky” allestita nel Chiostro Basilica di San Domenico per la seconda edizione dell’unica mostra collettiva realizzata in Italia sulla fotografia aerea.

Dal 23 Ottobre 2021 al 05 Dicembre 2021 – SIENA – Sedi varie

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MARIO GIACOMELLI. TEMPO DI VIVERE

Torna a Roma Mario Giacomelli, con una mostra di sessantasei fotografie d’epoca che coprono l’intera carriera dell’artista, presentando alcune delle sue fotografie più iconiche e più datate accanto a lavori mai visti prima del periodo della maturità, gli anni ’90.
Una mostra che invita lo spettatore a scendere nel flusso creativo dell’artista e accedere alla sua visione del mondo e della fotografia.

La copiosa produzione di Mario Giacomelli è una sorta di lungo film della durata di un’intera vita e le fotografie ne sono i fotogrammi. Un tutt’uno che è racconto, sogno, memoria, linguaggio dell’inconscio, con cui il reale si impasta. Una fotografia pregna di vita, e della vita Giacomelli prende anche “le contraddizioni e le sbavature”. Pezzi di mondo che respirano l’infinito e cadono nelle profondità: “l’immagine è un prodotto di una forza interiore senza volto che esplode dentro lo spazio. Scompongo e ricompongo per significare” (M. Giacomelli, manoscritti anni ’90).
Nei continui capovolgimenti di senso, nei salti temporali, nella trasformazione della materia, messi in atto dall’artista nella sua arte alchemica, il mondo da lui fotografato si fa specchio di una dimensione più intima e più vera, depurata da ogni stereotipo e abbellimento, e si mostra con la crudezza degli oscuri e inconfessabili pensieri, e insieme si fa energia così potente da straripare in pura sensualità. Giacomelli infatti, vive e si esprime nell’ossimoro. Ama le contraddizioni, le stonature, la compresenza degli opposti. E proprio da questo, negli anni ’50, nasce il suo inimitabile rivoluzionario linguaggio fotografico, fatto di alti contrasti di bianco e nero portati agli eccessi, che in un’Italia neorealista e a suo agio nei toni di grigio della composizione garbata, risultò letteralmente spiazzante.

Dopo appena due anni dalla sua prima fotografia scattata, nel ‘55 la critica lo accolse come l’Uomo nuovo della Fotografia, mentre alcuni anni dopo, le sue opere furono esposte e acquisite rispettivamente dalla George Eastman House su invito di Nathan Lyons (1963) e dal MoMA di New York sotto l’allora direzione di John Szarkowski (1964).
In Italia, il mondo fotoamatoriale – da cui Giacomelli veniva – fu così scioccato dal suo stile, che si verificò un effetto eco dei suoi alti contrasti in b/n. Ma fu proprio la sua concezione della fotografia e il suo modo di rapportarsi a essa ad aver sorpreso la critica di quegli anni: una fotografia né oggettiva né soggettiva che si aggrappava, come mai prima, alla concretezza del mondo, restituita più vera del reale.

“Entrare sotto la pelle del reale” amava dire il fotografo, e lo continua a ripetere oggi l’Archivio Mario Giacomelli, come un mantra, pensando che questo sia il fulcro del discorso giacomelliano, rimarcando la portata contemporanea di questo grande artista, in ogni progetto che promuove o a cui collabora, come in questo caso presso la Galleria Gilda Lavia di Roma.

L’intento della curatrice della mostra, Katiuscia Biondi Giacomelli, nipote dell’artista e direttrice dell’Archivio Mario Giacomelli, è stato di “rendere presente il personaggio, l’uomo e l’artista, che ha creato per noi tanta bellezza. Per questo, la struttura della mostra, attraverso la scelta dei materiali e la sequenza delle opere, non segue un ordine cronologico né una divisione in serie, ma si concentra semplicemente sul flusso delle immagini, vivida manifestazione dell’incontro primigenio tra soggetto e mondo, quando si guarda con il cuore ancor prima che con gli occhi”.
E proprio per continuare a guardare con l’anima, Giacomelli, seppur acclamato e presente nelle collezioni permanenti dei più grandi musei al mondo, ha sempre sentito di dover restare nella sua piccola città di mare, Senigallia (Marche), fuori dal chiasso delle metropoli, attaccato alla sua terra e alle sue memorie, lontano da ogni distrazione. In lui, arte e vita coincidono e si condizionano a vicenda, e persino il suo modo di parlare fatto di evocazioni ci riporta al suo essere uomo e fotografo.
Un contributo audio, trasmesso in loop in galleria, ce lo fa ascoltare, nel suo particolare modo di esprimersi, che trasforma anche le parole in immagini. I pensieri sulla fotografia gli ronzavano in testa continui e imperativi per non distrarsi mai dal suo mondo creativo.

La mostra si sviluppa intorno al tema del rapporto uomo/natura, che è il tema della produzione giacomelliana, insieme a quello del tempo, e non si è voluto lesinare sul numero delle opere esposte, per arrivare a toccare le molteplici sfumature in esso racchiuse. Sarebbe riduttivo dividere questo percorso in capitoli, perché è della totalità che la fotografia giacomelliana si nutre, ma in effetti la mostra ha un andamento meandriforme. Segue i moti dell’animo di Mario Giacomelli, che si innalzano sui picchi dell’infinito, per poi volatilizzarsi nell’ineffabilità della poesia, per gonfiarsi di sinestesia e materia, e ancora, ghiacciarsi di fronte alla morte e alla disgregazione, abissandosi nell’incognita, per poi di nuovo scaldarsi di fronte alla piena bellezza dell’amore e della terra, della materia della Madre terra.

Giacomelli, senza mai smettere di cercare il posto dell’uomo nel mondo, in mezzo a tutto questo, lui stesso si sente “cosa tra le cose”, parte di un tutto, e qui le gerarchie e le definizioni perdono consistenza e tutto sembra tornare in uno spazio ancestrale, indistinto e accogliente, quello che per un’intera vita l’artista ha rincorso e fatto emergere dalla sua fotografia.
In ogni fotografia lui è presente come figurazione del suo stato d’animo nell’incontro con il reale, poiché non esiste oggetto senza chi lo guarda e viceversa. E come apice di un percorso, nel periodo della maturità, l’ultimo decennio della sua produzione interrotta solo dalla morte (2000), l’artista entra fisicamente in scena, con l’autoscatto, veramente cosa tra le cose, e si fa regista e attore di questo film.

Per tutto questo, la curatrice della mostra definisce l’arte fotografica di Giacomelli “performativa”, in virtù dell’altissimo grado di ritualizzazione dell’atto creativo, cercando di dare seguito alla bizzarra affermazione di Giacomelli, uno dei più grandi fotografi al mondo, quando, in maniera provocatoria e divertita, ma anche profondamente seria, diceva: “Io non faccio il fotografo, non so farlo”.

Dal 23 Ottobre 2021 al 31 Dicembre 2021- Galleria Gilda Lavia – Roma

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CARLA CERATI. UNO SGUARDO DI DONNA SU VOLTI, CORPI, PAESAGGI

L’“appartamento del Principe” della Reggia di Colorno, dal 16 ottobre all’8 dicembre, ospiterà un’ampia rassegna di immagini
di Carla Cerati.

“Le 88 fotografie in mostra – afferma il curatore Sandro Parmiggiani –, tutte provenienti dal fondo Cerati presso lo CSAC di Parma che le presta per l’occasione, ritraggono personaggi che lei ebbe modo di frequentare: scrittori (Calvino, Pasolini, Marquez, Vargas Llosa, tra gli altri), artisti, architetti, gente del teatro (memorabili una serie di immagini del Living Theatre con le tipiche contorsioni dei corpi e dei volti). Altrettanto significativi sono i nudi di donna in bianco e nero, sorprendenti e affascinanti perché si coglie quanto diverso sia lo sguardo femminile sul corpo della donna rispetto a quello maschile – interessato, quello femminile, all’armonia delle forme e non, come avviene spesso in quello maschile, alla rapacità della visione che prelude a una ‘conquista’ – e i paesaggi, soprattutto quelli delle Langhe, che evocano le atmosfere di Cesare Pavese e di Beppe Fenoglio e che sono in sintonia con le ricerche sul segno nell’arte e nella fotografia degli anni Sessanta.”
È arduo stringere in una definizione l’attività di fotografa di Carla Cerati. Occorre, innanzitutto, mai dimenticare la specificità di Carla Cerati, donna, che, quando alla fine degli anni Cinquanta, sposata e madre di due figli, s’inoltra nella fotografia, sente che andarsene a guardare il mondo attraverso l’obiettivo della macchina fotografica è lo strumento per “uscire dalla gabbia”.

“Fotografare”, ha confessato la Cerati, “ha significato la conquista della libertà e anche la possibilità di trovare risposte a domande semplici e fondamentali: chi sono e come vivono gli altri? Lavorano? E se sì, dove lavorano? Quali sono i mestieri, le professioni e i luoghi in cui le svolgono? Come trascorrono il tempo libero?”. Si è trattato dunque, per Carla Cerati di valicare un confine, di oltrepassare un limite, per andare verso l’altro da sé.
Ciò che non possiamo dimenticare, davanti alle fotografie di Carla Cerati, è che lei è riuscita a tenere assieme l’ansia del fotoreporter – Carla è stata anche questo – di afferrare un evento, prima che sia inghiottito nelle fauci del tempo, e il rigore, la ricerca formale che fin dagli esordi (le immagini del 1960 della messa in scena di ‘Aspettando Godot’ e del saggio finale delle allieve della Scuola di Danza del Piccolo Teatro) lei insegue e fissa nei suoi scatti.

Dal 16 Ottobre 2021 al 08 Dicembre 2021 – Reggia di Colorno (PR)

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FERDINANDO SCIANNA – Due scrittori: Leonardo Sciascia e Jorge Louis Borges

Italy, Sicily,Sant’Elia:The window on the sea. (c) Ferdinando Scianna/Magnum Photos

L’incontro di Scianna con Sciascia risale al 1963: dello scrittore siciliano Ferdinando diventa presto fraterno amico e collaboratore, “un secondo padre” come Scianna stesso lo ha definito. Sciascia firmerà molti dei testi introduttivi alle monografie fotografiche di Scianna: da “Feste religiose in Sicilia”, con il quale Ferdinando vince il Premio Nadar nel 1966, a “Les Siciliens” nel 1977 e a “La villa dei mostri”. A Sciascia si deve uno dei ritratti di Scianna fotografo più lucidi e intensi: “È il suo fotografare, quasi una rapida, fulminea organizzazione della realtà, una catalizzazione della realtà oggettiva in realtà fotografica: quasi che tutto quello su cui il suo occhio si posa e il suo obiettivo si leva obbedisce proprio in quel momento, né prima né dopo, per istantaneo magnetismo, al suo sentimento, alla sua volontà e – in definitiva – al suo stile.” L’incontro di Scianna con Borges risale a molti anni dopo, ma altrettanto memorabili sono gli esiti dei suoi ritratti dello scrittore argentino.
Ferdinando Scianna nasce a Bagheria (Palermo) nel 1943. Frequenta la Facoltà di Lettere e Filosofia all’Università di Palermo, ma presto la passione per la fotografia prende il sopravvento: inizia a fotografare sistematicamente le festività religiose della sua terra, la Sicilia, alla quale rimarrà sentimentalmente per sempre legato. Trasferitosi nel 1966 a Milano, Scianna inizia la sua attività di fotografo professionista; nel 1967 viene assunto dal settimanale “L’Europeo”, per il quale realizza servizi memorabili in tutto il mondo (è, tra l’altro, a Praga nell’agosto 1968) e inizia anche a scrivere articoli, riunificando nella sua persona due aspetti che nel giornalismo sono abitualmente separati. Nel 1977 Scianna si trasferisce a Parigi, sempre come corrispondente de “L’Europeo” (collabora anche a “Le Monde Diplomatique” e a “La Quinzaine littéraire”); qui vive per dieci anni, conosce, e frequenta assiduamente, Henri Cartier-Bresson, che nel 1982 lo introduce nella famosa Agenzia Magnum Photos. Inizia a esporre in mostre personali e di gruppo, svolge attività di fotografo di alta moda e di pubblicità, sempre comunque con la capacità di fondere qualità estetico-formale dell’immagine e espressività corale e storica della stessa.
Scianna è stato uno dei fotografi che, con le sue immagini, ha contribuito ad ampliare i territori dell’umano, a spostarne in avanti le frontiere, ridando una dignità a persone, animali e cose che raramente l’avevano avuta, che dai territori dell’umano erano a lungo state esclusi. Delle persone, anche le più umili da lui fotografate, sentiamo il calore e la vicinanza, giacché non ci paiono né alteri né isolati in un bozzolo di autosufficienza, ma sempre parte di un humus vitale, generale, che determina e accentua la loro capacità di comunicare, e che in un qualche modo a tutti appartiene. Accanto a questo carattere del tutto peculiare, va detto che nelle immagini di Scianna il buio si manifesta in tutto il suo mistero e la sua forza di rivelare il senso vero di ciò che se ne sta nel versante opposto, dentro la luce; del resto, Ferdinando stesso ha confessato che la sua percezione della luce è quella propria di un siciliano: “Il sole a me interessa perché fa ombra: è così drammatico che produce dialetticamente il suo contrario”.

Dal 12 Settembre 2021 al 08 Dicembre 2021 – – Reggia di Colorno (PR)

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L’OCCHIO DEL MILANESE – I 90 ANNI DEL CIRCOLO FOTOGRAFICO MILANESE

Il 2020 è stato un anno speciale per il Circolo Fotografico Milanese che può vantarsi di aver raggiunto i novant’anni di attività. Infatti, il 3 aprile 1930 per volontà di un gruppo eterogeneo di appassionati fotografi – professionisti come Guido Pellegrini, presidente, Ferruccio Leiss di Laimburg, segretario, Secco d’Aragona, Emilio Sommariva e Bruno Stefani, intellettuali come Giuseppe Cavalli, l’architetto Gio Ponti, esperti di chimica come Alfredo Ornano, appassionati di grande valore come Federico Vender – nasceva un gruppo che, nel dopoguerra, sarebbe stato fra gli otto circoli fondatori della Federazione Italiana Associazioni Fotografiche.
Per festeggiare un anniversario così importante il Circolo Fotografico Milanese ha deciso di presentare al grande pubblico le opere dei soci in una esposizione che ne illustra l’attività e la passione: dal 19 ottobre al 10 dicembre 2021 aprirà presso la Galleria Credito Valtellinese in Corso Magenta 59, Milano la mostra fotografica L’occhio del Milanese – i 90 anni del Circolo Fotografico Milanese.
Curata da Roberto Mutti come l’omonimo catalogo che la accompagna, la mostra racconta l’evoluzione, lo spirito e il carattere della città di Milano nei suoi vari aspetti. La città è radicalmente cambiata negli anni, si è trasformato l’ambiente urbano, sono mutati gli stili di vita, si sono modificati i volti, gli abiti, i gesti dei cittadini milanesi, pur mantenendo il carattere e lo spirito che contraddistinguono la “milanesità”. I fotografi del CFM hanno portato il loro stile e la loro personale visione a fornire un quadro variegato ed originale della città.
Tra le migliaia di foto che compongono l’Archivio del Circolo Fotografico Milanese, la mostra L’occhio del milanese raccoglie 180 scatti dei fotografi soci dagli ultimi decenni del secolo scorso fino alle settimane della tragica pandemia, muovendosi su diversi piani.
Per un verso – vista l’indispensabile necessità di conoscere e studiare le proprie radici – rende un doveroso omaggio a un passato importante caratterizzato dalla presenza di personaggi che hanno lasciato una traccia significativa nella storia della fotografia italiana.  Dall’altra si propone di parlare del presente attraverso le opere degli attuali soci che si sono misurati con i più diversi aspetti della realtà con stili, metodi di approccio, atteggiamenti inevitabilmente diversi ma tutti riconducibili all’unico intento di rappresentarla e interpretarla.
La mostra si sviluppa su tre livelli. Il primo è costituito da un video, proiettato in un’area appositamente allestita, che illustra le opere degli autori storici del Circolo Fotografico Milanese. Il secondo è caratterizzato da una serie di teche dove sono contenute fotografie, documenti, libri, macchine fotografiche legate alla storia del Circolo. Il terzo livello è costituito dalle sette aree monotematiche in cui è stato suddiviso lo spazio dove sono esposte le fotografie degli attuali soci: “Arte”, “Eventi”, “Osservazione urbana”, “Street”, “Sociale”, “Ricerca”, “Sport”. 
La divisione è stata realizzata non tanto per creare delle distinzioni fra generi oggi anacronistiche, ma per far meglio comprendere la vastità di interessi affrontati e coinvolgere l’osservatore in un percorso dove lui stesso si senta coinvolto nel cercare analogie, differenze, confronti fra le immagini realizzate dai fotografi e delle fotografe del CFM.  “Qui si sono creati accostamenti – spiega il curatore Roberto Mutti – che volutamente avvicinano le opere degli autori più affermati a quelle di altri che ne stanno seguendo le tracce, fotografi che da tempo danno il loro contributo al circolo e altri che solo da poco sono entrati a farne parte. Questo perché L’occhio del Milanese non vuole essere la somma di tanti lavori personali o l’occasione perché singoli autori sottolineino la loro autoreferenzialità, ma una ricerca che si esprime compiutamente in una proposta collettiva frutto di discussione e confronto”. 
L’esposizione è inserita nel programma della 16ª edizione di Photofestival, l’importante rassegna annuale dedicata alla fotografia d’autore che dal 16 settembre al 31 ottobre 2021 animerà l’intera Città Metropolitana milanese e alcune province lombarde con un ricco palinsesto di eventi fotografici diffusi.

Dal 19 Ottobre 2021 al 10 Dicembre 2021 – Galleria Credito Valtellinese Milano

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RAYMOND DEPARDON. LA VITA MODERNA

riennale Milano e Fondation Cartier presentano in Italia la prima mostra personale del fotografo e regista francese Raymond Depardon, realizzata con la complicità dell’artista francese Jean Michel Alberola.

L’esposizione testimonia come la ricerca di Depardon esplori mondi e contesti molto diversi: dalle comunità rurali francesi alle periferie urbane di Glasgow, dalla vita nella New York degli anni Ottanta agli ospedali psichiatrici in alcune città italiane negli anni Settanta.

Riunendo trecento fotografie e due film, La vita moderna è la più grande mostra mai realizzata dal fotografo e cineasta francese che, dagli anni Settanta, ha rinnovato profondamente il mondo dell’immagine contemporanea. Specificamente ideata da Depardon per Triennale Milano, la mostra è stata concepita con la partecipazione dell’artista Jean-Michel Alberola, che ha dato il suo ritmo al percorso e introdotto il colore negli spazi. 

Dal 15 Ottobre 2021 al 10 Aprile 2022 – Triennale Milano

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WORLD PRESS PHOTO EXHIBITION

Torna a Bari, per l’ottavo anno consecutivo, la World Press Photo Exhibition, la mostra di fotogiornalismo più prestigiosa al mondo, che giunge alla sua 64° edizione. Sarà ancora una volta il Teatro Margherita, dal 14 ottobre al 14 novembre 2021 ad ospitare l’esposizione internazionale, con le sue otto sezioni: Contemporary Issues, Environment, General News, Long-Term Projects, Nature, Portraits, Sports, Spot News.
 
La World Press Photo Exhibition a Bari è organizzata, come ogni anno, da CIME, realtà pugliese ormai tra i maggiori partner europei della World Press Photo Foundation di Amsterdam. 

Dal 14 Ottobre 2021 al 14 Novembre 2021 – BARI – Teatro Margherita

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MICHAEL CHRISTOPHER BROWN. I-REPORTER

Dal 9 ottobre 2021 la Galleria d’Arte Moderna- Le Ciminiere di Catania presenta al pubblico Michael Christopher Brown-IReporter, la prima retrospettiva europea dedicata al grande fotoreporter americano, a cura di Ezio Costanzo, promossa e realizzata da Fondazione OELLE Mediterraneo antico in co-organizzazione con la Città Metropolitana di Catania.

«La retrospettiva di Michael Christopher Brown, con le sue fotografie che ci catapultano dalla Cina a Cuba durante i funerali di Fidel Castro, dal Congo all’Afghanistan, dal Messico alle metropolitane di Pechino, contribuisce ad arricchire l’offerta culturale di Catania che vede protagonista la fotografia di grandi autori, da Gabriele Basilico a Castello Ursino a Phil Stern nel padiglione all’interno del Museo dello Sbarco. Tutti progetti resi possibili grazie all’importante contributo di un nostro partner privato come la Fondazione OELLE Mediterraneo Antico», commenta Salvo Pogliese, sindaco della Città Metropolitana di Catania.

«La mostra di Michael Christopher Brown ci insegna come, attraverso la fotografia, possiamo interpretare la nostra contemporaneità con pensiero critico, comprenderne tanto i drammi quanto la sconfinata bellezza; la potenza come le sue fragilità. In occasione dell’esposizione, Brown ha realizzato una residenza in Sicilia di cui diamo un’anticipazione attraverso tre fotografie riprodotte su grandi lightbox alla Galleria d’Arte Moderna-Le Ciminiere. Questo progetto segna anche l’inizio della collaborazione di Fondazione OELLE con Moleskine Foundation, nella realizzazione di due taccuini d’autore da parte di Michael Christopher Brown e Michele Spadaro. Siamo onorati di aver così contribuito ad arricchire la collezione di Moleskine Foundation, un punto di partenza di riflessione e ispirazione per i giovani delle comunità svantaggiate in tutto il mondo», dichiara Ornella Laneri, presidente della Fondazione OELLE Mediterraneo Antico.

LA PRIMA RETROSPETTIVA EUROPEA
Per la prima volta in Europa si inaugura a Catania una retrospettiva fotografica di Michael Christopher Brown (1978, Skagit Valley, Stati Uniti), il fotoreporter americano contemporaneo che più di ogni altro ha rivoluzionato l’immaginario dell’informazione. Nelle sale della Galleria d’Arte Moderna-Le Ciminiere sono esposte oltre duecento fotografie che ripercorrono la carriera del giovane reporter e i suoi viaggi nel mondo per raccontare conflitti, popolazioni e territori. 
Michael Christopher Brown è un fotoreporter testimone del nostro tempo, che documenta gli eventi imprimendo alle sue immagini una forte narrazione introspettiva. È anche un innovatore del linguaggio del fotoreportage. E non solo del racconto, ma anche degli aspetti tecnici legati al mezzo di ripresa. L’iPhone è infatti il suo strumento d’elezione quando, nel 2013, si guadagna la candidatura per la prestigiosa Magnum, la più storica e autorevole agenzia fotografica a livello internazionale. Molti suoi reportage sono stati realizzati con l’iPhone, strumento che nessun fotoreporter professionista aveva mai pensato di impiegare per immortalare un conflitto. Durante la rivoluzione in Libia, la sua macchina fotografica si rompe, così decide di continuare a lavorare usando solamente l’iPhone. Scatti espliciti, brutali, inclementi di corpi senza vita e del viso di Gheddafi pestato a sangue rappresentano così uno dei primi reportage pubblicati sulle principali testate internazionali a essere realizzato interamente con uno smartphone. «Seguiranno i reportage eseguiti in Cina, a Cuba durante i funerali di Fidel Castro, in Congo, in Afghanistan, in Messico, nelle metropolitane di Pechino o nella remota isola russa di Sakhalin, – tutti documentati nella mostra di Catania – che lasciano un segno indelebile nella descrizione contemporanea del nostro mondo. In questi reportage la tensione introspettiva della narrazione si fonde perfettamente con gli aspetti compositivi delle immagini. In questa retrospettiva Brown racconta l’attualità di un mondo in conflitto e molto cruento, ma anche la speranza che la narrazione di un mondo migliore possa ancora essere scritta, attraverso l’occhio sensibile della fotocamera di un iPhone», dichiara Ezio Costanzo, curatore della mostra. 

Dal 09 Ottobre 2021 al 30 Aprile 2022 – Catania – Galleria d’Arte Moderna-Le Ciminiere

PIERO GEMELLI. LA BELLEZZA SVELATA. FOTOGRAFIE E STORIE IMMAGINATE

PIERO GEMELLI, La bellezza svelata. Fotografie e storie immaginate è il titolo della mostra che si terrà dal 9 ottobre al PAN Palazzo delle Arti di Napoli, curata da Maria Savarese con Maria Vittoria Baravelli, in collaborazione con l’Assessorato all’Istruzione, alla Cultura e al Turismo del Comune di Napoli.

Per la prima volta Napoli ospita uno dei più affermati fotografi italiani, un artista completo che sfugge a qualsiasi classificazione. Nasce architetto, poi si trasferisce a Milano e intraprende la carriera di fotografo specializzandosi in beauty e still life, passione che lo ha portato a collaborare con “Vogue Italia” e con le edizioni estere di Condé Nast, realizzando campagne e immagini pubblicitarie per marchi internazionali come Gucci, Ferré, Tiffany, Lancôme e molti altri.  Fotografa, ma crea anche sculture, disegni, oggetti che popoleranno le sue immagini e il suo mondo.

“Il suo approccio alla fotografia è più vicino e analogo a quello che seguirebbe un architetto per un progetto”, ha scritto di lui Natalia Aspesi. E ancora: “Più che un architetto fotografo è un architetto che ha scelto la scultura. Un uomo che crea opere con le cose e i corpi e li fotografa solo perché non può mostrare l’oggetto che amorevolmente immagina e costruisce”.
E in risposta a questo Gemelli riassume la sua visione di fotografia così: “Io non rubo l’attimo, non fotografo ciò che accade, ma ciò che vorrei accadesse”.

Gli oggetti come le donne vengono colte dall’obiettivo per quello che permettono a lui di vedere. La sua maggiore abilità è quella di giocare tra il senso della realtà e il senso della possibilità. Considera la bellezza ciò che dà equilibrio alle imperfezioni.  «Sono architetto di animo e di formazione, fotografo per passione e professione. Ritengo la bellezza l’equilibrio tra opposti ed imperfezioni. Cerco il dialogo tra istinto e progetto. Quando non fotografo disegno, faccio sculture e architetto nuove visioni di quel mondo nascosto dentro di me»

A Napoli saranno esposte oltre 100 opere, tra fotografie, disegni e sculture di fil di ferro. L’esposizione non sarà cronologica; analizzerà alcuni temi cardine della ricerca e del lavoro di Gemelli: il presente che ha un volto antico, l’ibridazione delle discipline, l’ambivalenza, il passare del tempo, la memoria che modifica il ricordo.

Dal 09 Ottobre 2021 al 10 Novembre 2021 – PAN Palazzo delle Arti di Napoli

MARIO TESTINO: UNFILTERED

n anteprima mondiale e per la prima volta in Italia, 29 ARTS IN PROGRESS gallery è davvero orgogliosa di annunciare “Mario Testino: Unfiltered”, la prima grande personale del celebre artista e fotografo mai ospitata in una galleria d’arte. Il progetto espositivo si svilupperà a Milano in due appuntamenti: il primo dall’1 ottobre al 27 novembre 2021, e il secondo dal 2 dicembre al 28 febbraio 2022.
Accanto alle più introvabili e iconiche opere fotografiche in grande formato, la galleria milanese presenterà in esclusiva anche un corpo di opere inedite, disponibili in nuovi formati ed edizioni, svelando così il lato meno conosciuto, più spontaneo e intimo dell’artista.
“Scattando immagini di continuo, da molti anni, è bello ogni tanto riflettere su se stessi e osservare quel che gli altri colgono e vedono nelle mie fotografie” – Mario Testino.
L’ambizioso progetto espositivo porterà all’attenzione del collezionismo italiano e internazionale più di 50 opere accuratamente selezionate dai direttori della galleria e da Mario Testino.
Il percorso espositivo include non solo le muse più amate dal fotografo, tra iconici e inediti scatti, ma ne esprime la vasta creatività tanto nella moda quanto nel più intimo ritratto in un’ode all’Italia. La mostra, infatti, comprenderà una selezione di opere del recente progetto editoriale Ciao (Taschen, 2020) interamente dedicato all’amore dell’artista per l’Italia. “Scoprire l’Italia è stata un’esperienza potente che ha catturato la mia immaginazione. Ho avvertito una profonda connessione con tutto ciò che vedevo intorno a me. Ho amato le persone, il paesaggio, l’architettura e il fatto che l’arte e la bellezza fossero naturalmente, semplicemente parte della vita.” – Mario Testino. La seconda fase espositiva racchiuderà per la prima volta un corpo di intime istantanee, autentici momenti di vita vissuti appieno dall’artista assieme ad alcuni dei volti che hanno lasciato un segno indelebile nella sua straordinaria carriera.
“Lavorare con Mario Testino e il suo team è un vero piacere e onore – affermano Eugenio Calini e Luca Casulli, direttori di 29 ARTS PROGRESS gallery -. É bello poter conoscere il lato più autentico di un artista di tale portata e soprattutto poter constatare la grande fiducia riposta in noi, alla base di ogni relazione di successo”

Dal 01 Ottobre 2021 al 28 Febbraio 2022 – 29 ARTS IN PROGRESS gallery – Milano

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WILDLIFE PHOTOGRAPHER OF THE YEAR 2021

Torna a Milano Il Wildlife Photographer of the Year, la mostra di fotografie naturalistiche più prestigiosa al mondo, che da quest’anno cambia sede ed è ospitata nei suggestivi spazi di Palazzo Francesco Turati (ex spazio Forma) in via Meravigli 7, dal1° ottobre al 31 dicembre 2021.

Come sempre organizzata dall’Associazione culturale Radicediunopercento, con il patrocinio del Comune di Milano, l’attesissima esposizione, che nel 2020 non si è tenuta causa emergenza Covid, apre quest’anno in totale sicurezza.

Spiega il presidente Roberto Di Leo: “nonostante le difficoltà organizzative, abbiamo deciso di non far mancare al pubblico milanese questo evento tanto amato e di dare un segnale di ripresa. La mostra sarà fruibile a ingressi contingentati con obbligo di green pass e lo spazio è stato adeguato alle norme sanitarie vigenti. Il lato positivo è che con il distanziamento, le splendide immagini fotografiche si potranno ammirare una dopo l’altra, in esclusiva. Samo sicuri del sostegno dei visitatori che invitiamo ad approfittare del biglietto ridotto durante la settimana e degli orari serali per consentire la maggiore distribuzione possibile delle presenze, perché ci distanziamo per avvicinarci e tornare finalmente a partecipare.”

Da vedere in mostra le 100 immagini premiate alla 56a edizione del concorso di fotografia indetto dal Natural History Museum di Londra che ha visto in competizione 45.000 scatti provenienti da 95 paesi, realizzati da fotografi professionisti e dilettanti.

Selezionate alla fine dello scorso anno da una giuria internazionale di esperti, in base a creatività, valore artistico e complessità tecnica, le foto finaliste e vincitrici ritraggono animali rari nel loro habitat, comportamenti insoliti e paesaggi straordinari; la bellezza della natura ma anche la sua fragilità da difendere e preservare.

Vincitore del prestigioso titolo Wildlife Photographer of the Year 2020 è il russo Sergey Gorshkov con “The Embrace”. L’immagine ritrae una tigre siberiana, specie in via d’estinzione, che abbraccia un antico abete della Manciuria per marcare il territorio. Ci sono voluti oltre undici mesi per riuscire ad immortalare questo scatto ottenuto grazie a fotocamere con sensore di movimento.

La giovane finlandese Liina Heikkinen è la vincitrice del Young Wildlife Photographer of the Year 2020 con “The Fox That Got the Goose”. La foto, scattata in una delle isole di Helsinki, raffigura una giovane volpe rossa che difende ferocemente i resti di un’oca dai suoi cinque fratelli rivali.

Tra i vincitori di categoria anche due italiani: Luciano Gaudenzio, con lo scatto “Etna’s River of Fire” (Ambienti della terra), e il giovane Alberto Fantoni, vincitore del Rising Star Portfolio Award con immagini che documentano la vita degli uccelli nel Mediterraneo. Altri cinque fotografi italiani hanno ricevuto una menzione speciale: Domenico Tripodi (Il mondo subacqueo), Alessandro Gruzza (Ambienti della terra), Andrea Pozzi (Piante e funghi), Andrea Zampatti e Lorenzo Shoubridge (Animali nel loro ambiente).

Dal 01 Ottobre 2021 al 31 Dicembre 2021 – Palazzo Francesco Turati (ex Spazio Forma) – Milano

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PRIMA, DONNA. MARGARET BOURKE-WHITE

È dedicata a Margaret Bourke-White, una tra le figure più rappresentative ed emblematiche del fotogiornalismo, la mostra retrospettiva che documenta attraverso oltre 100 immagini la visione e la vita controcorrente della fotografa statunitense.

Pioniera dell’informazione e dell’immagine, Margaret Bourke-White ha esplorato ogni aspetto della fotografia: dalle prime immagini dedicate al mondo dell’industria e ai progetti corporate, fino ai grandi reportage per le testate più importanti come Fortune e Life; dalle cronache visive del secondo conflitto mondiale, ai celebri ritratti di Stalin prima e poi di Gandhi (conosciuto durante il reportage sulla nascita della nuova India e ritratto poco prima della sua morte); dal Sud Africa dell’apartheid, all’America dei conflitti razziali fino al brivido delle visioni aeree del continente americano.

Oltre 100 immagini, provenienti dall’archivio Life di New York e divise in 11 gruppi tematici che, in una visione cronologica, rintracciano il filo del percorso esistenziale di Margaret Bourke-White e mostrano la sua capacità visionaria e insieme narrativa, in grado di comporre “storie” fotografiche dense e folgoranti.

Sezioni della mostra:
– prima sezione, L’incanto delle acciaierie, mostra i primi lavori industriali di Margaret;
– seconda sezione, Conca di polvere, documenta il lavoro sociale realizzato dalla fotografa negli anni della Grande Depressione nel Sud degli USA;
– terza sezione, LIFE, dedicata alla lunga collaborazione con la leggendaria rivista americana LIFE;
– quarta sezione, Sguardi sulla Russia, vi è inquadrato il periodo in cui Margaret Bourke-White documentò le fasi del piano quinquennale in Unione Sovietica;
– quinta sezione, Sul fronte dimenticato: gli anni della guerra, racconta quando per lei fu disegnata la prima divisa militare per una donna corrispondente di guerra;
– sesta sezione, Nei Campi, vi è testimoniato l’orrore al momento della liberazione del Campo di concentramento di Buchenwald (1945);
– settima sezione, L’India, raccoglie il lungo reportage compiuto dalla fotografa al momento dell’indipendenza dell’India e della sua separazione con il Pakistan;
– ottava sezione, Sud Africa, offre una documentazione del grande paese africano durante l’Apartheid;
– nona sezione, Voci del Sud bianco, vi si trova il lavoro a colori del 1956 dedicato al tema del segregazionismo del Sud degli USA;
– decima sezione, In alto e a casa, raccoglie alcune tra le più significative immagini aeree realizzate dalla fotografa nel corso della sua vita;
– undicesima sezione, La mia misteriosa malattia, una serie di immagini che documentano la sua ultima, strenua lotta, quello contro il morbo di Parkinson.

L’esposizione è accompagnata da Storie di fotografe e di immagini: ciclo di incontri e di approfondimenti aperti al pubblico intorno ai temi della fotografia e dell’identità femminile.

Dal 21 Settembre 2021 al 27 Febbraio 2022 – Museo di Roma in Trastevere

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GABRIELE BASILICO. TERRITORI INTERMEDI

Un grande artista internazionale arriva a Catania con una mostra inedita. Le opere, appositamente prodotte per la mostra dall’Archivio Gabriele Basilico, sono in due formati: 40 in formato 60×70 cm e 10 in formato 100×130 cm.

La selezione rivela un approccio sino a oggi poco indagato all’interno della ricca produzione artistica lasciata dal fotografo milanese. I territori intermedi di Basilico sono spazi fisici e paiono quasi tangibili con lo sguardo, ma anche spazi mentali, indotti nell’osservatore dai vuoti, dalle assenze determinate da pause e silenzi nella costruzione visuale dell’immagine. 

Lo spessore della luce e la scelta prospettica adottati da Basilico contribuiscono a determinare l’equilibrio formale fra i volumi inducendo a una corretta lettura dell’immagine, attraverso quell’atto di sospensione e contemplazione molte volte sottolineato dallo stesso fotografo come momento fondamentale nell’osservazione del paesaggio, di qualunque natura esso sia e si presenti.

Dal 17 Settembre 2021 al 06 Gennaio 2022 – Museo Civico Castello Ursino – Catania

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125 Anni (+1) di Giochi

Tokyo 01/08/2021 Olimpiadi Estive Tokyo2020, Olympics Game Tokyo2020, Nella foto: Gianmarco Tamberi e Marcell Jacobs, 1.class finale salto in alto e 100mt – Foto di Giancarlo Colombo/A.G.Giancarlo Colombo Vietato uso Pubblicitario

Una mostra fotografica per scoprire gli uomini dietro ai campioni, la bellezza e la gioia del gesto atletico lungo tutta la storia delle Olimpiadi

Si inaugura giovedì 11 novembre alle 15.00 presso The Warehouse, in Via L. Settala, 41 a Milano, la mostra 125 anni (+1) di Giochi organizzata dall’agenzia di comunicazione Theoria con la collaborazione di RAI Teche e Sport Movies & TV e le stampe a cura di Epson Italia.

Rivivremo le emozioni del sogno olimpico attraverso le foto dei Giochi di Tokyo del noto fotografo sportivo Giancarlo Colombo. La rassegna storica includerà invece immagini di tutte le passate edizioni delle Olimpiadi, andando a ritroso fino al 1896, con le immagini dell’agenzia Omega Fotocronache.

Dalle prime Olimpiadi moderne di Atene 1896 fino a Tokyo 2020, le foto sono state selezionate non tra le più famose, ma tra quelle che meglio catturano in uno scatto l’essere umano prima ancora dell’atleta con tutte le sue emozioni. 

La sezione storica della mostra è stata realizzata grazie al contributo di RAI Teche, ora proprietaria del Fondo Fotografico Liverani, che ha gentilmente fornito una selezione del vastissimo archivio accumulato nella sua carriera da Vito Liverani, fondatore dell’agenzia Omega e capostipite dei fotografi sportivi italiani.

11-22 novembre 2021 – The Warehouse – Milano

FOTO/INDUSTRIA 2021FOOD

DONNA due giovani raccoglitrici di zucche, ne portano via una ciascuno trasportandola sulla testa. fotografia di Ando Gilardi (parte della mostra Olive e bulloni – Ando Gilardi Lavoro contadino e operaio nell’Italia del dopoguerra 1950-1962) Qualiano (NA) 1955 circa

A Bologna dal 14 ottobre al 28 novembre 2021 si tiene la quinta edizione della Biennale di Fotografia dell’Industria e del Lavoro promossa e organizzata da Fondazione MAST con 10 esposizioni nel centro storico e una al MAST.

La Fondazione MAST presenta la quinta edizione di Foto/Industria, la prima Biennale al mondo dedicata alla fotografia dell’Industria e del Lavoro, che si svolge a Bologna dal 14 ottobre al 28 novembre, con la direzione artistica di Francesco Zanot: 10 mostre in sedi storiche del centro cittadino e una al MAST.

Titolo di Foto/Industria 2021 è FOOD, un tema di fondamentale importanza per il suo inscindibile legame con macroscopiche questioni di ordine filosofico e biologico, storico e scientifico, politico ed economico.

Al centro della Biennale si trova il soggetto dell’industria alimentare: il bisogno primario del cibo si sovrappone a quello delle immagini in un percorso che si sviluppa all’interno di una materia insieme senza tempo e di stringente attualità. Un settore in rapido sviluppo che risponde alle più importanti trasformazioni in atto su scala globale: la questione demografica, il cambiamento climatico e la sostenibilità. Fotografia e gastronomia si fondono dalla teoria alla pratica innescando una serie di riflessioni sulla complessità della “questione alimentare”.

Tra i principali argomenti oggetto delle 11 mostre che ripercorrono un secolo di storia dagli anni Venti ad oggi, figurano:

l’industria alimentare e il suo impatto sul territorio; il rapporto tra alimentazione e geografia; la meccanizzazione della coltivazione e dell’allevamento; la questione del grano; l’alimentazione organica e naturale; i mercati e le tradizioni locali; la pesca nei mari e nei fiumi.

Undici fotografi tutti di caratura internazionale.

Tre artisti italiani:

Ando Gilardi, tra le figure più eclettiche e originali della storia della fotografia italiana, è il protagonista della mostra “Fototeca” al MAST con una combinazione di reportage fotografici e materiali estratti dal pioneristico archivio iconografico che ha fondato nel 1959 (la mostra proseguirà fino al 2 gennaio 2022);

Maurizio Montagna ha realizzato “Fisheye” appositamente per questa Biennale, progetto dedicato al fiume Sesia e alla sua valle (Collezione di Zoologia del Sistema Museale di Ateneo – Università di Bologna);

Lorenzo Vitturi in “Money Must Be Made” fotografa Balogun, il mercato di strada di Lagos in Nigeria, uno dei più grandi del mondo (Palazzo Pepoli Campogrande – Pinacoteca Nazionale di Bologna).

Otto artisti stranieri:

Hans Finsler, considerato tra i padri della fotografia oggettiva degli anni ’30, ha realizzato nel 1928 la serie “Schokoladenfabrik” su commissione dell’azienda dolciaria Most (Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna Genus Bononiae – San Giorgio in Poggiale);

Herbert List, fotografo tedesco membro della Magnum Photos. Nella mostra “Favignana” sono esposte 41 immagini sulla mattanza dei tonni avvenuta nell’isola nel 1951 (Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna Genus Bononiae – Palazzo Fava, salone “Mito di Giasone e Medea”);

il francese Bernard Plossu ha fotografato spezzoni di vita in tutto il mondo e ritratti legati a persone e cibo nella quotidianità in “Factory of Original Desires” (Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna Genus Bononiae – Palazzo Fava, sale “Le avventure di Enea”);

Mishka Henner, “In the Belly of the Beast” è un’esposizione sul rapporto tra uomo, animali e tecnologia in un processo incessante fatto di consumo, digestione e scarto (Palazzo Zambeccari – Spazio Carbonesi);

il giapponese Takashi Homma nella mostra “M + Trails” da un lato raccoglie e mette a confronto le facciate dei negozi di McDonald’s nel mondo soffermandosi su differenze e analogie, dall’altro immortala le tracce di sangue lasciate dai cacciatori di cervi in Giappone (Padiglione dell’Esprit Nouveau);

l’olandese Henk Wildschut con “Food” si concentra sulle più avanzate tecnologie dell’industria alimentare sviluppate per aumentare il volume della produzione (Fondazione del Monte di Bologna e di Ravenna – Palazzo Paltroni);

l’artista americana Jan Groover, nota per le sue nature morte, con “Laboratory of forms“ è oggetto di una retrospettiva a partire dalle celebri nature morte riprese nella cucina della sua abitazione, che dialogano con le opere del pittore bolognese Giorgio Morandi custodite nelle sale del MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna (la mostra proseguirà fino al 2 gennaio 2022);

la ricercatrice e attivista palestinese Vivien Sansour presente “Palestine Heirloom Seed Library”, un progetto per salvaguardare antiche varietà di semi e per proteggere la biodiversità (Palazzo Boncompagni). 

La Biennale Foto/Industria 2021 è accompagnata da un Photo Book/Ricettario, una pubblicazione a metà tra fotografia e libro di ricette pensate dallo chef e scrittore Tommaso Melilli, che interpreta le immagini e i temi di ogni mostra attraverso una ricetta originale. 

FOTO/INDUSTRIA 2021 V BIENNALE DI FOTOGRAFIA DELL’INDUSTRIA E DEL LAVORO FOOD

BOLOGNA, 14 ottobre – 28 novembre 2021 

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