Pagare per esporre, è giusto e serve?

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Bene, siamo in un’epoca in cui scrittori si pagano la stampa del libro, scultori pagano per esporre, registi che si autofinanziano i film…e noi chi siamo?

Quando ha senso pagare? Ma poi, ha senso pagare?

Ci ho ragionato su e tanto. L’unica risposta decente che ho, è che abbia senso pagare, solo nel caso in cui la mostra ti permetta effettivamente di aver un grande ritorno d’immagine.

In qualche occasione ho anche avuto la sensazione che il curatore, genio di turno, che si proponeva per farmi “diventare famosa”, non avesse manco mai visto il mio lavoro!

Per mettermi il cuore in pace, non ho mai pagato, certa che questa non fosse la strada e che perseveranza e professionalità, fossero la via da seguire. Si può essere appoggiati, se ritenuti bravi e capaci. Si deve tenere duro.

In qualche caso richiedono cifre alte, altissime. Purtroppo tra l’altro, molte gallerie e altri enti, riescono a restare a galla solo grazie a questo meccanismo. Che cazzo, no, questo è un errore.

Secondo me ha senso accettare solo se le cifre sono minime e sono riportabili alle spese effettive sostenute da questi enti. Loro poi dovranno essere bravi a vendere il vostro lavoro. Le spese dovrebbero essere contenute già nella percentuale che la galleria trattiene per la vendita.

Il desiderio di “essere visti e notati” ci porta, in qualche caso, a ragionare male.

Dovete chiedervi ogni volta:

questa mostra porterà vantaggi effettivi alla mia carriera?

Migliorerà agli occhi di potenziali collezionisti o acquirenti, la mia identità come autore?

Il mio pensiero a riguardo è negativo. Non so, non mi sembra la via migliore per la crescita di un fotografo.

Molto meglio imparare a “autopromuoversi”. Questo si, che rimane.

La capacità di prendere contatti, di confrontarsi con le persone, questo porta frutti.

In qualche caso ho fatto due calcoli e la cifra richiesta tra spese, catalogo e cazzi e mazzi, corrispondeva alla cifra che avrei pagato per una mostra personale, sostenendo le spese per una piccola brochure, affitto e curatela.

Penso che se davvero questi eventi fossero seri, avrebbero i curatori a disposizione, per selezionare gli autori migliori. Anche se in questo caso, si corre il rischio che siano i soliti conosciuti, ad essere chiamati. Forse la cosa migliore sarebbe, in questo caso, decidere di far pagare una cifra simbolica, i soliti 50 euro, per partecipare alle selezioni. Sperando siano serie. Ma io vorrei avere fiducia, sempre.

Trovo diverso invece, quando un premio nazionale o internazionale, chiede anche 50/60 euro per iscriversi. Credo che questo serva, nella maggior parte dei casi, a coprire le spese dei premi (se in denaro) e soprattutto a dissuadere chi non crede davvero in quello che fa.

“Il successo di questo lavoro è assicurato dalla quantità di artisti dilettanti di ogni età (tra cui anche molti giovani sprovveduti), per i quali esporre in pubblico le proprie opere ed eventualmente vincere qualche premio, anche a questo infimo livello, rappresenta la massima aspirazione e gratificazione”tratto da Il sistema dell’arte contemporanea di Francesco Poli per Editori Laterza

Insomma, è giusto investire sul proprio lavoro, ma non credo sia questo il modo. Quando ci infiliamo in questa logica, secondo me, incentiviamo questi personaggi e danneggiamo noi.

Fatemi sapere, ciao Sara

Foto mia dal lavoro P.P.P.