Perché scattate se non avete niente da dire?

Ogni giorno scansiono la mia home di Facebook, scorro le immagini postate da tutti molto velocemente, raramente una foto mi colpisce, in quel caso mi fermo, vado a “controllare” chi l’ha scattata e perché ha deciso di scattare.
Si, perché se una foto mi colpisce, non è esclusivamente per il contenuto formale, per i pesi tonali o la composizione (avevo già parlato di questo qui), certo, tutto questo aiuta.
Sempre più spesso mi ritrovo a ragionare sulle motivazioni.

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C’è un filo conduttore che lega questa foto ad un lavoro coerente che mi porti a farmi domande su quella singola immagine e su quelle alla quale dovrebbe essere legata?
Per me non è più solo è una questione di buon soggetto per lo scatto, è semmai questione di capacità e coerenza nel mettere insieme un discorso, attraverso le immagini.
Non posso più permettermi di valutare un fotografo per le singole fotografie, non mi importa più. Troppa gente produce immagini esclusivamente perché un mezzo qualsiasi che posseggono, le produce.
Credo che la bravura di un autore si percepisca sulla lunga distanza, siamo maratoneti non centometristi.
Con il blog ricevo tantissime proposte per la pubblicazione tra gli autori Musa. Spesso, delle 10 foto richieste (già poche a mio avviso) ce ne sono 3 coerenti nella forma, nel contenuto e nel messaggio, il resto si perde.
Come mai vi sembra così facile fotografare?
Perché scattate se non avete niente da dire?
Perché non pensate al fatto che chi vedrà le vostre immagini vorrà imparare qualcosa da voi?
Potreste rispondermi: perché mi diverto, per archiviare ricordi, per non dimenticare.
Tutto lecito, vero. Ma avete mai pensato che di fronte alle vostre fotografie qualcuno potrebbe farsi qualche domanda in più rispetto a: Ma che bel tramonto, dov’eri?
Ma che bel bambino, è tuo figlio? Ma che belle le maschere di Venezia quest’anno, sembrano quelle dell’anno scorso e dell’anno prima…e dell’anno prima e dell’anno prima……
La Fotografia serve a questo, solo a livello personale (raramente, anche se ci sono casi eccezionali ed eccezionalmente interessanti, che hanno fatto di album di famiglia il “lavoro della vita”, ma erano consapevoli di stare producendo quello, voi lo siete?), ma se pubblicate le vostre immagini, se le rendete pubbliche, non può bastare.
Questa è la differenza, secondo me, tra un produttore di immagini ed un fotografo.
Il fotografo lavora ad un progetto umano complessivo che diviene nel tempo e che deve servire, precorrendo i tempi, a spiegare avvenimenti, sensazioni e atmosfere, che fino a quel momento, in quel modo, nessuno era riuscito a spiegare, non con la medesima interpretazione.
Non è vero che tutto è stato fotografato e abbiamo spazio per muoverci. Non diamo colpa a questo. Niente è stato fotografato così come lo vediamo noi. Se il nostro “saper guardare” è uguale a quello della massa e quindi tutto ci sembra già riconosciuto e scattato, allora non siamo fotografi. Stiamo semplicemente adeguandoci ad una sorta di linguaggio e visione canonica delle cose, che ci permetta di ricevere più like su Facebook, ma che non aggiunge un cavolo alla storia del mondo e nemmeno alla nostra storia personale.
Ciao
Sara