Mostre per agosto

Ciao a tutti,

prima di lasciarci per qualche giorno di meritate vacanze, vi segnalo qualche mostra per il mese di agosto e molti festival di fotografia.

Buone vacanze!

Anna

MAGNUM ON SET. IL RACCONTO DEL CINEMA NELLE IMMAGINI DEI GRANDI FOTOGRAFI MAGNUM

Apre al pubblico il 26 giugno 2021 presso il Castello di Santa Severa, spazio della Regione Lazio, gestito da LAZIOcrea in collaborazione del Comune di Santa Marinella la mostra Magnum on Set. Il racconto del cinema nelle immagini dei fotografi Magnum.
La mostra è promossa dalla Regione Lazio e organizzata da LAZIOcrea in collaborazione con Contrasto Magnum Photos, curata, in questa sua originale presentazione, da Alessandra Mauro.  L’esposizione resterà aperta fino al 17 ottobre 2021, inclusa nel biglietto di ingresso ai musei del castello e sarà visitabile dal martedì alla domenica, durante gli orari di apertura del complesso monumentale.

Fin dal suo inizio, Magnum Photos ha sempre avuto un rapporto intenso e speciale con il mondo del cinema e i suoi protagonisti. Robert Capa e le diverse incursioni a Hollywood; Cartier-Bresson e i documentari sulla guerra di Spagna; Elliott Erwitt e gli anni trascorsi, da bambino, accanto agli studi della Columbia; Dennis Stock e il suo sodalizio con James Dean…. Una lunga storia di condivisioni, di viaggi e avventure dello sguardo ora presentati insieme nella suggestiva cornice del Castello di Santa Severa.

Magnum on Set
 propone 120 fotografie che testimoniano una serie di incontri, tra quelli più memorabili, che hanno segnato l’amicizia tra il mondo del cinema e quello della fotografia. In mostra i ritratti, i fuoriscena dei grandi film di Hollywood, il “dietro le quinte” dei set cinematografici con immagini straordinarie di personaggi sono distribuiti in sezioni dedicate alle diverse pellicole. C’è Charlie Chaplin mentre dirige Luci del varietà (fotografato da Eugene Smith), Billy Wilder e Marilyn Monroe in Quando la moglie è in vacanza (immortalati da Elliott Erwitt), James Dean in Gioventù Bruciata (nelle immagini di Dennis Stock), le grandi dive  Eizabeth Taylor e Katharine Hepburn in Improvvisamente l’estate scorsa (fotografate da Burt Glinn), l’intero cast di The Misfits – Gli Spostati ritratto da diversi autori Magnum che si sono alternati sul set, Michelangelo Antonioni in  Zabriskie Point  (ripreso da Bruce Davidson), e molto altro.

Sono immagini che rivelano un lato poco noto dell’attività dei fotografi di Magnum; testimoniano il rapporto intenso, fatto di sorpresa ed emozione, che un set cinematografico dischiude agli occhi e alla macchina di un fotografo abituato a raccontare la realtà e il suo tempo.

Dal 26 Giugno 2021 al 17 Ottobre 2021 – Castello Di S. Severa – Santa Marinella (Roma)

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VITE DI CORSA. LA BICICLETTA E I FOTOGRAFI DI MAGNUM. DA ROBERT CAPA AD ALEX MAJOLI

La Val di Sole ospiterà la grande mostra, in prima mondiale, “Vite di corsa. La bicicletta e i fotografi di Magnum. Da Robert Capa ad Alex Majoli” dal 1 luglio al 26 settembre 2021.

L’esposizione dei maestri della celebre agenzia fotografica Magnum (circa 80 immagini, molte delle quali mai prima esposte al pubblico), sarà accolta dall’antico Castello di Caldes, grazie alla collaborazione del Castello del Buonconsiglio, monumenti e collezioni provinciali e della Rete dei castelli del Trentino.

A promuovere sia l’evento mondiale che questa originale mostra-evento è l’Azienda per il turismo Val di Sole che per la mostra – organizzata dalla società Suasez – agisce in collaborazione con il Castello del Buonconsiglio, monumenti e collezioni provinciali e il Comune di Caldes.

Marco Minuz per “Vite di corsa. La bicicletta e i fotografi di Magnum. Da Robert Capa ad Alex Majoli” ha scelto fotografie d’autore che esplorano la dimensione umana di questa pratica sportiva che fa del ciclismo uno degli sport più popolari e amati. Raccontando le epopee dei campioni e delle grandi manifestazioni internazionali, Tour de France in primis, ma anche la quotidiana, straordinaria umanità di campioni e del grande pubblico che ai bordi delle strade e al traguardo li sostiene, immedesimandosi con loro e con il loro impegno. Sudore, fango, tenacia, imprese di uomini che macinano chilometri misurandosi innanzitutto con sé stessi, la propria forza e i propri limiti. Colpiscono le immagini di uomini stremati, che letteralmente crollano sull’asfalto o sul pavé appena superato il traguardo, la partecipazione emotiva dei loro sostenitori, l’indifferente serenità di una mandria che continua a brucare mentre gli umani sembrano impazzire per l’impresa del loro campione.

La spettacolare sequenza di immagini in mostra è aperta da una serie, poco nota, di fotografie realizzate da Robert Capa nel 1939 quando venne incaricato dalla rivista “Match” di seguire il Tour de France di quell’anno. Fotografie dove l’attenzione si sposta prevalentemente nella partecipazione del pubblico alla corsa, cogliendo sguardi ed equilibri compositivi.

Un’altra serie raccoglierà foto realizzate da Guy Le Querrec nel Tour de France del 1954; all’epoca il fotografo aveva solo 13 anni e si trovava in Bretagna per passare le vacanze estive e dove, in quell’edizione, passava la celebre corsa ciclistica. Circa 30 anni dopo, nel 1985, il fotografo venne invitato a seguire la squadra ciclistica della Renault-Elf durante gli allenamenti invernali; in questa stagione scattò fotografie del campione Laurent Fignon e seguì il campionato di ciclocross.
Il percorso proseguirà con fotografie Christopher Anderson dedicate al ciclista Lance Amstrong nel 2004 che suggeriscono il triste epilogo della carriera di questo sportivo per doping.

Una sezione sarà dedicata agli spettatori con i loro riti con foto di Mark Power, Robert Capa, Harry Gruyaert e Richard Kalvar.

Poi le immagini realizzate dal fotografo francese Harry Gruyaert nel Tour del 1982 e una sezione dedicata ai velodrom, con immagini di René Burri, Stuart Franklin e Raymond Depardon. Il fotografo italiano Alex Majoli sarà presente con delle fotografie dedicate al celebre produttore di bici milanese Alberto Masi con sede del suo laboratorio sotto le curve del Velodromo Vigorelli.

Infine una selezione di immagini di Peter Marlow dedicate a frammenti di quotidianità dei corridori impegnati nel giro della Bretagna nel 2003.

Il progetto vuole indagare, attraverso lo sguardo di celebri fotografi di Magnum, la dimensione umana di uno degli sport più seguiti dal grande pubblico. Scegliere la sensibilità degli autori di questa agenzia permette di andare oltre alle gesta sportive, e porre l’attenzione sulle alchimie del ciclismo, l’unico sport, come ripeteva Gianni Mura, dove “chi fugge non è un vigliacco”.

Dal 01 Luglio 2021 al 26 Settembre 2021 – Castello di Caldes (TN)

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GUIDO HARARI. MUSE

Guido Hararitra i più celebri fotografi italiani di musicatorna al Locus festival dopo lo straordinario successo della mostra “Sonica” nel 2020. “MUSE” è il nome di un nuovo progetto speciale, in prima esclusiva per il Locus, che metterà in mostra una selezione di celebri ritratti femminili dall’impressionante archivio fotografico di Harari.

La  mostra
, organizzata da Bass Culture srl e dall’Associazione Il Tre Ruote Ebbro in collaborazione con il Comune di Locorotondo, sarà inaugurata alla presenza dell’autore in un incontro pubblico il 31 luglioalle 18 in piazza Aldo Moro a Locorotondo e continuerà per tutta la durata del festival fino al 31 agosto.

I ritratti di PATTI SMITH, NINA SIMONE, JONI MITCHELL, LAURIE ANDERSON, FATOUMATA DIAWARA, TINA TURNER, KATE BUSH, JOAN BAEZ, SKIN, BETH GIBBONS (Portishead), DEBBIE HARRY, SADE, WHITNEY HOUSTON, NINA HAGEN con LENE LOVICH, MIRIAM MAKEBA, ANNIE LENNOX, SINEAD O’CONNOR, MAVIS STAPLES, PATTY PRAVO, GIANNA NANNINI, TRACY CHAPMAN, MERCEDES SOSA, MIA MARTINI, ALICE, CARMEN CONSOLI, RICKIE LEE JONES, SUZANNE VEGA, NOA, LOREDANA BERTÉ, MILVA, CRISTINA DONÀ, SIOUXSIE SIOUX, UTE LEMPER, MARIANNE FAITHFULL, sono solo alcune delle circa 40 immagini che saranno esposte, stampate in una speciale cromia rosso-oro, lungo un percorso nel bellissimo centro storico di Locorotondo, sulle caratteristiche mura imbiancate delle case tradizionali.

Lo stesso Guido Harari, condurrà inoltre un workshop di fotografia dal titolo “VEDERE LA MUSICA, ASCOLTARE LE IMMAGINI – Cosa e come comunicare attraverso il ritratto di musica.”

Molte opere saranno accostate ad un QR code, che attraverso i dispositivi digitali degli utenti permetterà l’ascolto di storie e musica legate all’artista ritratta, in un podcast prodotto per MUSE da Guido Harari con la voce narrante dell’attrice Licia Lanera.

La pianta delle installazioni nel centro di Locorotondo sarà visibile sul sito locusfestival.it

Dal 31 Luglio 2021 al 31 Agosto 2021 – LOCOROTONDO | BARI

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ITALIAE. DAGLI ALINARI AI MAESTRI DELLA FOTOGRAFIA CONTEMPORANEA + Pienovuoto. Massimo Vitali

Da cinque decenni il Forte di Belvedere di Firenze conferma la sua vocazione espositiva, ed è riconosciuto come uno dei più interessanti musei all’aperto a livello internazionale.  Dal 1972 ospita mostre personali di artisti contemporanei, portando in città la loro visione e facendola dialogare con i bastioni, gli spazi aperti, la città sottostante e il sublime paesaggio che lo circonda a 360 gradi. Da Henry Moore (con la storica mostra del 1972) a Beverly Pepper e Fausto Melotti, da Michelangelo Pistoletto a Mimmo Paladino, fino alle mostre più recenti di Giuseppe Penone e Antony Gormley, Jan Fabre e Eliseo Mattiacci, e poi le installazioni delle opere di Mario Merz o Luciano Fabro, Giulio Paolini o Giovanni Anselmo, così come quelle di Tony Cragg e di Anish Kapoor, di Remo Salvadori e Nancy Rubins, in occasione di mostre collettive come Belvedere dell’arte nel 2003 o di Ytalia nel 2017. Negli ultimi due anni la programmazione estiva al Forte di Belvedere si è indirizzata sulla fotografia, dalla mostra di Massimo Listri nel 2019 dedicata ai luoghi dell’arte a Firenze a quella sul paesaggio toscano, realizzata nel 2020 da Massimo Sestini.

Anche per l’estate 2021 il Forte di Belvedere punta sulla fotografia con un progetto dal titolo quanto mai evocativo e attuale: Ieri, oggi, domani. Italia autoritratto allo specchio, un progetto del Museo Novecento nato sotto la direzione artistica di Sergio Risaliti, direttore del museo di piazza Santa Maria Novella. Si tratta di due grandi mostre fotografiche allestite nei tre piani della palazzina del Buonatalenti. Il 25 giugno (fino al 10 ottobre 2021) aprono al pubblico in contemporanea “Italiae. Dagli Alinari ai maestri della fotografia contemporanea”, nata da un’iniziativa del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, prodotta da Fratelli Alinari Idea SpA, promossa Fondazione Alinari per la Fotografia (organismo fondato dalla Regione Toscana per la conservazione, gestione e valorizzazione del patrimonio fotografico Alinari) e curata da Rita Scartoni e Luca Criscenti e “Pienovuoto” di Massimo Vitali, curata dallo stesso Risaliti. L’iniziativa Ieri, oggi, domani. Italia autoritratto allo specchio è promossa dal Comune di Firenze e organizzate da MUS.E grazie a Fondazione CR Firenze (che ha promosso le attività gratuite per bambini e ragazzi a Forte Belvedere e Villa Bardini) Unicoop Firenze, in collaborazione con Mazzoleni, e le mostre saranno eccezionalmente aperte gratuitamente al pubblico.

Il progetto “Italiae. Dagli Alinari ai maestri della fotografia contemporanea” è una storia di archivio della migliore fotografia italiana dedicata al nostro Paese, dalle foto storiche di Alinari alle nuove produzioni contemporaneeItaliae è lo specchio di un’Italia “plurale”, su cui nel tempo si è posato lo sguardo di fotografi diversissimi per tono, tecnica e stile, attenti a restituire le identità mobili e complesse del Paese, le sue tradizioni così come le sue più sottili linee di evoluzione. Un ritratto eccezionale che la Farnesina porterà in tutto il mondo grazie alla sua rete di Ambasciate, Consolati e Istituti Italiani di Cultura: in contemporanea con la tappa fiorentina, la mostra ha inaugurato a Minsk e proseguirà poi per San Pietroburgo, prime tappe di un tour internazionale che si articolerà fra 2021 e 2022“Pienovuoto”, vede invece coinvolto il grande fotografo Massimo Vitali, noto al mondo intero per i suoi scatti ‘metafisici’. Le foto in mostra sono un ritratto della nostra società contemporanea tra solitudini, moltitudini, spazi pieni, assembramenti e spazi vuoti, dove la natura o le città sembrano aver isolato pochi sopravvissuti nel mezzo di architetture e paesaggi grandiosi, sublimi, che dominano ancora incontrastati la vita.

Dal 25 Giugno 2021 al 10 Ottobre 2021 – Forte di Belvedere – Firenze

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Nausicaa Giulia Bianchi | Women Priests Project

Nel mondo Cattolico l’ordinazione dei prete donna è ancora vietata e come tale rappresenta ancora un tabù in tutta la comunità Cattolica mondiale. Chi trasgredisce a questa regola viene punita con la scomunica. Ciò nonostante negli ultimi decenni è nato un movimento internazionale di donne che hanno deciso di disobbedire, facendosi ordinare prete e avviando un processo profondo di rinnovamento spirituale e religioso all’interno delle comunità cattoliche dove vivono. Con Women Priests Project Giulia Bianchi raccoglie i racconti e i volti delle portatrici di questo cambiamento senza precedenti. Nelle sue immagini evocative ritroviamo scorci di luoghi tanto famigliari quanto carichi di novità grazie al ruolo trasformativo della spiritualità femminile.

15 Lug – 8 Ago – Casa del Rigoletto – Mantova

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ADOLFO PORRY-PASTOREL. L’ALTRO SGUARDO. NASCITA DEL FOTOGIORNALISMO IN ITALIA

Fino al 24 ottobre la prima grande personale dedicata al padre dei fotoreporter italiani. Un pioniere dell’immagine politica, di costume, della società. La nascita del nostro modo di guardare nella notizia.

Quando parliamo di attualità, di ultim’ora, di inchieste e testimonianze su realtà scomode, e di gossip, scoop, retroscena, cronache nere o rosa, difficilmente sappiamo che questi termini per noi scontati hanno in realtà origini e atti di nascita ben più antichi di quanto immaginiamo.
Ora una grande mostra fotografica e multimediale a Roma ci racconta in che modo sia nata, in Italia, l’arte della notizia per immagini, ossia il modo più comune con cui quotidianamente ci aggiorniamo e conosciamo l’attualità che ci circonda.

Ospitata dal 2 luglio al 24 ottobre 2021 al Museo di Roma a Palazzo Braschi, Adolfo Porry-Pastorel – L’altro sguardo. Nascita del fotogiornalismo in Italia è la prima esposizione personale dedicata al ‘padre’ dei fotoreporter italiani, nonché al progenitore dei ‘paparazzi’. Il pioniere di un mestiere e un’arte grazie a cui da più di un secolo l’opinione pubblica vede ‘quello che succede’, fatti, avvenimenti, personaggi, partecipando alla vita sociale del Paese.
Un evento espositivo che regala la scoperta di un fotografo, giornalista, testimone di immenso talento, che ha forgiato un modo di raccontare il nostro tempo.

IL PERCORSO ESPOSITIVO
Oltre 80 scatti, provenienti dall’Archivio storico Luce (che conserva 1700 negativi di Pastorel e più di 180.000 immagini della sua Agenzia fotografica VEDO) e da altri importanti fondi, come l’Archivio Fotografico Storico del Museo di Roma, e gli archivi Farabola, Vania Colasanti, Fondazione Turati, illustrano, in un percorso cronologico e creativo, arricchito da preziosi filmati d’archivio, stampe originali, documenti inediti e oggetti personali, la vita, gli scatti, i rapporti e le diverse passioni di Adolfo Porry-Pastorel. Fotografo, giornalista, reporter, dagli anni Dieci ai Quaranta del Novecento con la sua macchina fotografica e alla guida della sua agenzia VEDO riuscì a essere ovunque, dando vita, con le immagini inviate a giornali e rotocalchi, a un racconto inedito e sorprendente della storia d’Italia.
Classe 1888, professionista fotografo a 20 anni prima al ‘Messaggero’ poi al ‘Giornale d’Italia’ e ‘La Voce’, sperimentatore ardito di tecniche di stampa e trasmissione delle immagini, e di stratagemmi infiniti per procacciarsi eventi e scoop, tra le due guerre Pastorel è riuscito a passare per ‘il fotografo di Mussolini’ e contemporaneamente per un fastidioso scrutatore del regime. Ha avuto accesso alle stanze più intime del governo e del potere ed è stato attenzionato dalla censura fascista. Ha dato a milioni di italiani la cronaca viva di grandi eventi storici e politici, e ha raccontato come pochi il costume, la leggerezza del tempo libero, le nuove abitudini degli italiani. Ha posto le basi del fotogiornalismo, narrando il dietro le quinte della politica e del quotidiano.
Nel 1908 a soli 20 anni fonda la sua agenzia, dal nome programmatico: V.E.D.O. – Visioni Editoriali Diffuse Ovunque. Un acronimo per comunicare la sua velocissima ubiquità. Inventore di proto-marketing, il biglietto da visita di Pastorel era uno specchio da borsetta per signore, con sul retro il telefono dell’agenzia da chiamare subito in caso di avvenimenti di cronaca. La variante maschile, un orologio da tasca, era data in regalo ai vigili urbani.

Le foto in mostra ci raccontano la doppia anima dello sguardo di Pastorel: da un lato l’attento, fulminante cronista di costume popolare, dall’altro la cronaca del potere politico. Che tra gli anni Venti e Quaranta in Italia ha un solo protagonista, Benito Mussolini. Col duce, Porry-Pastorel intrattiene un rapporto dialettico, fatto di scambio e profonde diffidenze. Era di Pastorel lo scatto celeberrimo di Mussolini arrestato nel 1915 e malamente portato via durante una manifestazione interventista, una foto che il futuro dittatore non gli perdonerà mai (e che sarà però al tempo stesso una sorta di trofeo per lui da esibire). Uno scambio di battute tra i due dà la misura‘Sempre il solito fotografo’ – ‘Sempre il solito Presidente del Consiglio’. Ma Pastorel consegna alle tipografie alcune foto che diventano emblemi della rappresentazione mussoliniana: come quelle del duce impegnato a torso nudo nella trebbiatura, durante la Campagna per il Grano, note a noi ancora oggi, oppure con il figlio Romano issato sulle spalle, iconografia pura di una propaganda familista. Il fotografo ha una tale familiarità col capo del governo da accedere nei suoi soggiorni in vacanza, o da permettersi quanto di più proibito: fotografare il duce di spalle, addirittura inquadrando con malizia il palchetto che ne solleva la statura. Oppure mostrando Mussolini che ride. Un’immagine del tutto irrituale, rarissima, che questa esposizione ci regala.
Ma Pastorel è anche l’autore di un epocale reportage sul ritrovamento del corpo di Giacomo Matteotti, il più grave caso di omicidio politico della prima metà del ‘900 in Italia, massimo momento di crisi per il fascismo. Sono immagini di una precisione comunicativa straordinaria, da maestro del reportage.

O ancora fondamentali sono gli scatti della marcia su Roma e dell’avvento del fascismo, grazie ai quali oggi osserviamo il formarsi degli schemi comunicativi e dei riti della dittatura.
Il fotografo è presente di persona e con i collaboratori della VEDO nelle occasioni ufficiali e ufficiose che contano. Un aneddoto sulla sua capacità di penetrazione è la presenza durante la storica la visita di Hitler in Italia nel 1938, con l’esibizione a Napoli di una flotta non così numerosa come Mussolini diede a vedere all’alleato. Nell’occasione Pastorel perfeziona un audace sistema di trasmissione delle immagini all’agenzia di Roma: i piccioni viaggiatori.
Pastorel mostra le contraddizioni del regime senza riserve: smonta i trionfalismi, celebrando però i ‘backstage’. Immortala le risate dei gerarchi, la bassa statura del Re, il conformismo oceanico delle adunate di piazza, rompe il cerimoniale riprendendo i protagonisti in pose più disinvolte e inaspettate. La sua foto non giudica, ma nessun altro fa in quegli anni un tale uso di ironia, inquadrature inusuali, composizioni irrituali. Le foto in mostra ci regalano puro giornalismo, racconto vivo e scattante dello spirito dell’epoca.

Altrettanto eccezionali e vivaci sono le foto di Pastorel dedicate al costume, alla gente comune. È un’Italia non ingessata nella posa del regime, spesso in movimento, colta di sorpresa: ai bagni al mare, nei caffè, nelle inaugurazioni di gala, nelle cerimonie pubbliche, i comizi, matrimoni, funerali; il varo di un dirigibile, al circo, sul set di un film, nelle passeggiate, nelle nozze di sposini autarchici che vanno in chiesa in bici. Un filo sembra legare le foto politiche a quelle popolari, i ritratti di Primo Carnera in pantaloncini, di Mussolini
e Ciano in spiaggia in costume, delle signore al mare. Nelle foto di Pastorel con sottile sovvertimento, il potere si dissacra, mentre la vita quotidiana si fa rito. Messinscena curata, sacra e laica.

Come la tipica immagine dell’Istituto Luce tendeva a mettere in posa i concittadini, mostrando propagandisticamente come il Fascismo e Mussolini fossero dovunque, in ogni aspetto della vita e della società, in maniera simile le foto di Pastorel e dell’agenzia VEDO comunicano che il fotografo è ovunque, pronto a ritrarre il paese in contropiede. Mentre il Luce costruisce la storia, Pastorel compone una controstoria. Una versione indiscreta, viva, rivelatoria dell’Italia.

Con la caduta di Mussolini il 25 luglio 1943, e soprattutto con la perdita dell’amato figlio Alberto, anche lui fotografo, inviato nella tragica campagna di Russia da cui non tornerà più, Adolfo Pastorel subisce un contraccolpo. L’ambito in cui si è mosso a grande velocità è mutato, un’epoca che lui ha fissato con la macchina è conclusa. Appende la macchina al chiodo, restando tuttavia a gestire l’agenzia Vedo e i suoi collaboratori, allievi divenuti in alcuni casi affermati professionisti.
L’ultima parte della mostra ci racconta di una nuova vita di Pastorel, nel felice ritiro di Castel San Pietro Romano, borgo di cui diverrà sindaco e promotore per il cinema. È qui infatti che Pastorel consiglierà a Vittorio De Sica, protagonista del film con Gina Lollobrigida, di far girare Pane, amore e fantasia. Il successo epocale della pellicola farà tornare troupe per altri titoli celebri. Il ritratto insieme a De Sica racconta di un amore non secondario di Pastorel per il mezzo cinematografico, figlio della fotografia.
Mentre l’ultimo scatto in mostra è un testamento. La foto è di Pierluigi Praturlon, grande fotografo di scena, e ritrae Pastorel, con alle spalle e macchina alla mano Tazio Secchiaroli, altro grandissimo dell’obiettivo e prototipo del paparazzo, nonché allievo del nostro fotografo. È un passaggio di consegne avvenuto al Congresso dei Fotoreporter del 1958, categoria di cui Pastorel è in quel momento presidente. Cinquant’anni prima aveva fondato la sua agenzia, e una nuova generazione di geniali reporter, paparazzi e poi grandissimi fotografi sociali, che hanno dato immagine alla seconda parte del secolo, rendeva omaggio a un loro capostipite.

02/07 – 24/10/2021 – Museo di Roma

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Melissa Ianniello | Wish It Was a Coming Out + MC 2.8 | Opera Nostra

Progetti vincitori della tappa letture portfolio di Italy Photo Award alla Biennale della Fotografia Femminile 2020.
Le mostre si trovano in Via Pescheria, presso le Pescherie di Giulio Romano, sono all’aperto e non hanno orari di visita.

15 Lug – 30 Ago – Pescherie G. Romano – Mantova

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Scolpite Riflessioni fotografiche intorno alla statuaria femminile

“Bisogna essere nude per entrare nei musei?”_Venere con la mela di B. Thorvaldsen 1816. Gallerie d’Italia, Milano, 2020, statua

Attraverso lo sguardo di 35 artiste dell’Associazione Donne Fotografe, la mostra Scolpite si propone di contribuire attivamente con il linguaggio fotografico alla creazione di una visione aperta e critica della figura della donna nell’immaginario collettivo e di stimolare una riflessione sulla presenza della donna nella statuaria e, in particolare, sulla sua assenza nella statuaria pubblica.

Le artiste in mostra sono:

Vittoria Amati, Tiziana Arici, Alessandra Attianese, Lucia Baldini, Isabella Balena, Raffaella Benetti, Patrizia Bonanzinga, Marianna Cappelli, Loredana Celano, Isabella Colonnello, Antonietta Corvetti, Giovanna Dal Magro, Margherita Dametti, Colomba D’Apolito, Isabella De Maddalena, Flavia Faranda, Fulvia Farassino, Simona Filippini, Antonella Gandini, Claudia Ioan, Silvia Lelli, Sonia Lenzi, Marzia Malli, Giuliana Mariniello, Paola Mattioli, Melania Messina, Rosetta Messori, Antonella Monzoni, Bruna Orlandi, Nicoletta Prandi, Patrizia Pulga, Patrizia Riviera, Anna Rosati, Margherita Verdi, Amalia Violi

La mostra è ospite a Palazzo Reale nelle Sale degli Arazzi fino al 5 settembre 2021 e fa parte de “La Bella Estate” il palinsesto culturale estivo promosso dal Comune di Milano.

Un intento condiviso e sostenuto dalla Fondazione Terre des Hommes che, da 10 anni realizza la campagna indifesa, per i diritti delle bambine e delle ragazze e attraverso la petizione #UnaStatuaPerLeBambine, lanciata a luglio 2020, ha invitato la cittadinanza milanese a riflettere sul tema della parità di genere e sulla necessità di scegliere nuovi modelli e simboli per le bambine e le donne di domani, a cui dedicare nuovi monumenti in città. 

una mostra Comune di Milano Cultura, Palazzo Reale in collaborazione con Terre des Hommes

a cura di Associazione Donne Fotografe

photo editing di Paola Riccardi

testo critico di Gigliola Foschi

dal 14 luglio 2021 al 5 settembre 2021 – Palazzo Reale MILANO


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Walter Niedermayr. Transformations

Il 29 luglio 2021, nelle sale principali di CAMERA, apre al pubblico Walter Niedermayr. Transformations, mostra personale di Walter Niedermayr (Bolzano, 1952) che, attraverso focus su un corpo di lavori creati negli ultimi vent’anni della sua carriera, approfondisce il tema dei cambiamenti dello spazio.

Curato da Walter Guadagnini, con la collaborazione di Claudio Composti e Giangavino Pazzola, il percorso espositivo include gli ultimi vent’anni di ricerca artistica di uno fra i più importanti fotografi italiani contemporanei. Attraverso i temi ricorrenti della sua opera come i paesaggi alpini, le architetture e il rapporto fra lo spazio pubblico e lo spazio privato, viene evidenziato l’interesse dell’autore per l’indagine dei luoghi non solo dal punto di vista geografico, ma anche da quello sociale. Sebbene in continuità con l’eredità della tradizione fotografica italiana che vede il paesaggio come primaria chiave interpretativa della società, la ricerca visiva di Niedermayr è rilevante per la capacità di rileggere tale argomento e rinnovarlo sia dal punto di vista concettuale che formale. Per il fotografo altoatesino, infatti, oggi lo spazio fisico non può essere approcciato con un’esclusiva intenzione documentaria, ma appare come perno di una relazione trasformativa tra ecologia, architettura e società. In alcuni lavori della serie Alpine Landschaften (Paesaggi Alpini), ad esempio, la presenza dell’uomo nella raffigurazione di paesaggio è interpretata come un parametro di misurazione delle proporzioni dei panorami alpini, e al tempo stesso come metro politico del suo intervento nella metamorfosi degli equilibri naturali. Discorso che viene rimarcato anche in lavori come Portraits (Ritratti), dove i cannoni sparaneve ripresi durante la stagione estiva – quindi inattivi – diventano ambigue presenze che abitano il paesaggio.

Con una cinquantina di opere di grande formato, spesso presentate nella formula del dittico e del trittico e caratterizzate da tonalità poco contrastate e neutre, la mostra ci racconta una simultaneità di attività umane e non, che coesistono e trovano un equilibrio instabile in costate mutamento, come evidenzia la serie Raumfolgen (Spazi Con/Sequenze).

Sono esposti in mostra anche due dittici inediti realizzati a seguito di una committenza che ha permesso a Niedermayr di scattare, ad inizio anno, nel cantiere di Palazzo Turinetti a Torino che diventerà la quarta sede delle Gallerie d’Italia di Intesa Sanpaolo. In apertura nei primi mesi del 2022, il museo sarà dedicato prevalentemente a fotografia e videoarte. La presenza di queste immagini racconta nuovamente la collaborazione tra CAMERA e Intesa Sanpaolo – Socio Fondatore e Partner Istituzionale di CAMERA – attraverso la quale nel 2019 è stata realizzata la mostra Nel mirino. L’Italia e il mondo nell’Archivio Publifoto Intesa Sanpaolo 1939-1981.

29 luglio – 17 ottobre 2021 – CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia -Torino

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Federico Clavarino. Emergency Exit

Il 29 luglio 2021, nella Project Room di CAMERA, apre al pubblico Emergency Exit, mostra personale di Federico Clavarino (Torino, 1984) che, attraverso la rilettura e ri-significazione di venticinque fotografie e oggetti creati negli ultimi anni dall’artista, prende in esame i temi ricorrenti della sua ricerca artistica per verificare le modalità di formazione delle identità contemporanee.

Curato da Giangavino Pazzola, il percorso espositivo include immagini provenienti da tre serie di lavori ideati dall’inizio della carriera di Clavarino sino ad oggi: Italia o Italia (2010-2014), The Castle (2011-2016) e Eel Soup (2016-2020).

Emercency Exit di Federico Clavarino è il secondo appuntamento del ciclo di mostre “PassengersRacconti dal mondo nuovo”, un progetto di ricognizione ideato da CAMERA e focalizzato sull’esplorazione dello scenario artistico dei fotografi nati fra i primi anni Ottanta e metà anni Novanta.

La mostra è in collaborazione con la galleria Viasaterna di Milano.

29 luglio – 26 settembre 2021 – Project Room CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia -Torino

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Le mostre di Phest

Per il sesto anno consecutivo PhEST – See Beyond the Sea, festival internazionale di fotografia e arte, torna ad animare il centro di Monopoli, della Puglia e del Mediterraneo e da qui volge il suo sguardo a tutto il mondo. E, come ogni anno, sono molti i nomi degli artisti che, dal 6 agosto al 1 novembre 2021, andranno a popolare i 20 e più lavori in mostra: dagli scenari profetici di Phil Toledano alle forme e ai colori di Eliška Sky, ma anche i “pantoni umani” di Angélica Dass, l’ucronia di David Vintiner e la ricerca di identità di Mustafa Sabbagh. Questa sesta edizione proposta dal direttore artistico Giovanni Troilo e dalla curatrice fotografica Arianna Rinaldo, è ancora una volta una formula prevalentemente outdoor nel totale rispetto delle normative vigenti in materia di sicurezza e distanziamento sociale. L’idea dunque, anche per l’estate 2021 è quella di portare il museo tra la gente, permettendo al pubblico di ammirare le opere passeggiando per il centro storico di Monopoli o tuffandosi nelle acque cristalline del suo mare. Ma senza privarsi della magia di alcune piccole location indoor, che saranno presto rivelate.
Tema centrale dell’edizione di quest’anno: IL CORPO.
 
Oltre venti mostre consentiranno al pubblico di immergersi e scoprire il cuore della città di Monopoli e, allo stesso tempo, di stupirsi, interrogarsi e riflettere sul “Corpo”. In una fase evolutiva in cui l’uomo sembra migrare verso un nuovo pianeta, quello immateriale della rete, il corpo sembra assumere valore sempre più marginale, diventa zavorra, limite, la parte cagionevole da custodire solo ai fini della preservazione della vita. La pandemia sembra aver accelerato questa presa di coscienza, questa migrazione. E invece oggi più che mai il corpo è al centro del dibattito e diviene discrimine per la politica. Pensiamo a Minneapolis e al #BlackLivesMatter, al #MeeToo e allo stesso Covid, tutti temi in grado di spostare gli equilibri politici dell’intero pianeta e su cui si concentreranno molti dei prossimi conflitti sociali. La conquista e il controllo dei dati biometrici diventa al contempo il fattore chiave per completare il dispositivo di controllo più sofisticato mai realizzato dall’uomo (la biopolitica di Agamben) e l’ultimo miglio che resta all’Intelligenza Artificiale per avviare il Novacene, l’Età della Superintelligenza di cui parla James Lovelock, verso il suo stadio più maturo.

Dal 06 Agosto 2021 al 01 Novembre 2021 – Monopoli (BA) – Sedi varie

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Le mostre di Images Gibellina

Gibellina PhotoRoad, primo festival di fotografia e arti visive open air e site-specific in Italia e uno dei pochi al mondo, approda alla III edizione che si svolgerà dal 30 luglio al 29 agosto nella cittadina siciliana di Gibellina, nella cornice di uno dei più vasti musei di arte contemporanea en plein air del mondo.

Un’edizione speciale in cui il consueto impianto del festival sarà mantenuto ma riprogettato in una dimensione ancora più internazionale sulla scia dell’importante partnership avviata nel 2018 e rafforzata quest’anno con il festival svizzero Images Vevey – evento di arti visive all’aperto tra i più prestigiosi al mondo – e suggellata anche con il nuovo nome Images Gibellina
In continuità con il lavoro di relazione con la città e con il territorio, da sempre centrale nel progetto del Gibellina PhotoRoad, anche Images Gibellina proseguirà l’importante percorso di reinvenzione dello spazio urbano portando arte e fotografia nelle strade e nelle piazze attraverso monumentali e innovativi allestimenti “all’aperto”

Le mostre in programma quest’anno sono moltissime e davvero interessanti. Solo per citare qualche nome: Francesco Jodice, Bruce Gilden, Stephen Gill, Stefano De Luigi e Maurizio Galimberti.

Trovate il programma qua

Dal 30 luglio al 29 agosto – Gibellina (TP)

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Le mostre di Ragusa Foto Festival

Dal 23 luglio al 29 agosto in Sicilia,a Ragusa Ibla,uno dei più borghi barocchi più belli d’Italia patrimonio Unesco, si conclude l’edizione 20/21 di Ragusa Foto Festival, manifestazione internazionale dedicata ai diversi linguaggi della fotografia contemporanea e alla valorizzazione di giovani talenti provenienti da tutto il mondo.
Più di venti i progetti selezionati che saranno esposti presso gli antichi palazzi La Rocca e Cosentini, l’Auditorium (chiesa sconsacrata) San Vincenzo Ferreri e presso il Giardino Ibleo. Durante le giornate inaugurali, da venerdì 23 a domenica 25 luglio, oltre all’apertura delle mostre alla presenza di alcuni dei fotografi selezionati per questa edizione, il Festival propone un ricco programma di eventi con letture portfolio, seminari, talk, visite guidate e pranzi con esperti e autori di fama internazionale.
Il Festival è prodotto e organizzato dall’Associazione Antiruggine, sotto il patrocinio del Ministero della Cultura, MIC, con il sostegno dell’Ambasciata d’Israele, Fondazione Con il Sud, della Presidenza dell’Assemblea della Regione Sicilia, del Comune di Ragusa, Banca Agricola Popolare di Ragusa, della Camera di Commercio del Sud Est Sicilia e del Libero Consorzio Comunale di Ragusa.
Dopo un anno tumultuoso, sotto la spinta della fondatrice e direttrice Stefania Paxhia, giornalista e ricercatrice sociale siciliana, molto legata al suo territorio e motivata ancora più di prima della pandemia, insieme al direttore artistico Steve Bisson, docente di fotografia, curatore e antropologo visuale, il comitato scientifico diversificato e una rete di partner culturali nazionali e internazionali, Ragusa Foto Festival, sfidando le difficoltà oggettive del momento, riprende e conclude la nona edizione dedicata al tema del desiderio declinato nelle sue diverse sfaccettature. Nel 2020, a causa della brusca interruzione dovuta all’emergenza, erano state presentate solo due mostre openair dedicate una al tema e l’altra alla bellezza del territorio ibleo.
Nella nuova epoca appena avviata, in cui nulla vieta di sognare e di continuare a programmare le aspettative per il futuro, desiderare risulta essenziale. E nell’ottica della ripartenza culturale, fondamentale per l’uscita dalla crisi economica e sociale, l’edizione 20/21 riprende con le mostre dedicate ai 13 progetti dei giovani autori emergenti provenienti da tutto il mondo che evocano il desiderio nelle diverse declinazioni, per visualizzarne e rielaborarne significati, evoluzioni ed esigenze dentro i nuovi schemi culturali che la nuova normalità ci impone.
Gli autori selezionati con una call internazionale promossa in collaborazione con Urbanautica Institute prima dell’interruzione della pandemia, sono: Frijke Coumans Gardeners of Desire, Aurore Del Mas Don’t love me I’m your toy, Alba Zari The YJonna Bruinsma Dragone, Yaakov Israel The Black Horseman, Alexis Vasilikos A Lover’s Sequence, Giacomo Alberico After The Gold RushJenia Fridlyand The leaves will fall from the sky, Francesco Levy Azimuths of Celestial BodiesFederico Arcangeli Pleasure Island, João Henriques School Affairs, Giovanni Presutti Give me liberty or give me death, Simon Van Geel Megalomania Delusions of Grandeur.
In mostra anche il We the wind stops  di““WeWe di Alessandro Scattolini, vincitore del Premio Miglior Portfolio 2019 e dei due progetti menzionati La Settimana Santa in Sicilia di Daniele Vita e Vere finzioni: Supereroi di Francesco di Robilant e Anna La Rosa.
Non sappiamo cosa ci aspetta per il futuro, ma oltre ad utopie ed evasioni, desiderare può rivelare come creare nuove opportunità di senso, cioè di riscoperta delle potenzialità umana, di comprendere come conservare la nostra specie, come prendersi cura dei nostri ambienti e dei nostri simili. E proprio partendo da queste sfide, Ragusa Foto Festival ha integrato la proposta espositiva con due iniziative ideate per offrire ulteriori occasioni di crescita e promuovere la bellezza del territorio più a Sud d’Italia e d’Europa.
A proposito di Sud per stimolare percorsi d’innovazione sociale verranno esposti presso l’auditorium San Vincenzo Ferreri due progetti dedicati ad alcuni dei lavoratori più colpiti, tra i più invisibili e più fragili già prima del coronavirus: i braccianti agricoli immigrati, venuti sin qui per realizzare il desiderio di una vita migliore. Persone che lavorano nel silenzio delle avversità dovute alle difficoltà che incontrano ogni giorno nel proteggere la propria dignità. Persone che vivono piccoli embrioni di comunità in luoghi sperduti del territorio ibleo grazie al supporto di realtà locali che fanno sistema per attenuare loro i soliti disagi e quelli imposti adesso dall’emergenza post covid19. Per incoraggiarli a desiderare un futuro migliore grazie al sostegno di Fondazione Con il Sud e Collezione Donata Pizzi, nonché con la preziosa collaborazione di Caritas Italiana attraverso le Caritas diocesane di Ragusa e di Noto, della Fondazione di Comunità Val di Noto, e del Consorzio Universitario della Provincia di RagusaMaria Vittoria Trovato e Martina Della Valle hanno realizzato due progetti dedicati ai Presidi siciliani di Caritas Italiana, a Marina di Acate e a Pachino. I lavori, insieme agli altri, verranno presentati durante le giornate inaugurali con un panel dedicato al tema dell’edizione, patrocinato dal Ministero della Cultura e dall’Ordine nazionale dei Giornalisti, alla presenza degli autori e dei sostenitori dei progetti.

Dal 23 Luglio 2021 al 29 Agosto 2021 – Ragusa – sedi varie

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Mostre di fotografia segnalate per Aprile

Ciao a tutti,

un mese così ricco di mostre fantastiche non credo di averlo mai visto. Vi faccio solo qualche nome: Cartier-Bresson, Bourke-White, Doisneau.

Non aggiungo altro. Date un’occhiata e sono certa troverete qualcosa che non vorrete perdervi.

Compatibilmente con le conseguenze legate alla situazione, le mostre saranno visitabili anche quando potremo visitarle.

Anna

Massimo Vitali – Costellazioni Umane

La mostra si articola in circa 30 opere scelte in venticinque anni di produzione dell’artista. Il percorso espositivo non scandito in ordine cronologico è, a tutti gli effetti, una sorta di mostra antologica.
Per chi conosce l’opera di Vitali sarà importante ritrovare le spiagge italiane assolate e gremite di gente in vacanza (1995), ma sarà anche una sorpresa vedere, per la prima volta in assoluto, gli scatti dei concerti di Jovanotti nel suo ultimo tour italiano del 2019.
L’opera di Massimo Vitali attinge esteticamente alla storia dell’arte e non solo a quella della fotografia.

Italiano d’origine, anglosassone di formazione e con una visione internazionale e attenta all’evolversi della ricerca d’avanguardia a cavallo tra il secolo scorso e quello attuale, l’artista appare come un fotografo incline a non lasciare tracce nelle sue opere di momenti legati a fatti storici identificabili. Il suo mondo estremamente raggelato e cristallizzato, appare come sospeso in un fermo immagine cinematografico. Non vi sono mai dettagli identificabili con fatti storici attuali, se non per i titoli che, talvolta, rimandano a raduni affollati o a serate di divertimento in discoteca.

La sua opera appare come conseguente a un periodo “illuminista”, dove vengono registrati luoghi che, al di là del loro interesse geografico, paesaggistico o atmosferico, sono immortalati per ciò che sono e “catturati” da un occhio algido e preciso per quantità di dettagli e particolari illustrati fino al parossismo. Le costruzioni vengono restituite in tutta la loro identità e fisicità architettonica; le montagne sono riprese, per quanto impossibile, fino all’ultima roccia e lichene; le spiagge e le dune di sabbia, ammorbidite dai riflessi e dalle ombre percepibili fino all’orizzonte. Come Canaletto e molta della pittura settecentesca, il suo occhio capta ogni minimo dettaglio e lo trasferisce sulla carta fotografica in modo realistico e analitico.
L’atmosfera – per intenderci quella leonardesca dello sfumato e della percezione spaziale della nebulizzazione nell’aria dell’acqua e della polvere – è inesistente nelle sue fotografie. Tutto è definito. Come in Canaletto le figurine poi recitano parti di una commedia scritta in modo corale, le persone appaiono come dirette da un regista fuori scena e obbediscono a dettami predefiniti anche se in modo ovviamente inconscio.
Tutto è proiettato su uno schermo in cui i protagonisti recitano, come attori istruiti, parti a loro destinate dai fatti contingenti.
I titoli delle opere tendono a confondere lo spettatore come se l’artista avesse destinato, alle persone ritratte, parti precise e ruoli da primo attore.
In opere come De Haan Kiss (2001), in cui due ragazzi in primo piano si scambiano un bacio, o in Cefalù Orange Yellow Blue (2008), dove vi sono costumi da bagno colorati, è il caso che determina il titolo dell’opera deciso in post produzione dopo un attento riesame della fotografia.

Invece, in opere come Carcavelos Pier Paddle (2016), il ragazzino – che sulla sinistra dell’opera è immortalato per sempre nel suo tuffo acrobatico, riprendendo la grande storia delle immagini sportive, dal tuffatore del notissimo affresco di epoca romana a Paestum fino al Tuffatore (1951) di Nino Migliori – non dà nessun titolo all’opera, pur avendone “pieno diritto”. Ciò non significa comunque che le opere di Vitali siano dei “d’après” ma, al contrario, sono degli originali che continuano la storia della fotografia in modo innovativo e personale.
L’opera di Vitali è – dopo oltre trent’anni di lavoro – quella di un grande autore classico, totalmente immerso nella storia dell’arte italiana e internazionale, che lo colloca fra i maggiori artisti dei nostri tempi.
Due volumi antologici, editi da Steidl, documentano il lavoro dell’artista con le riproduzioni di tutte le opere esposte.

dal 26 febbraio al 5 luglio 2020 – Museo Ettore Fico di Torino

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HENRI CARTIER-BRESSON: LE GRAND JEU

Palazzo Grassi presenta “Henri Cartier-Bresson: Le Grand Jeu”, realizzata con la Bibliothèque nationale de France e in collaborazione con la Fondation Henri Cartier-Bresson.

Il progetto della mostra, ideato e coordinato da Matthieu Humery, mette a confronto lo sguardo di cinque curatori sull’opera di Cartier-Bresson (1908 – 2004), e in particolare sulla “Master Collection”, una selezione di 385 immagini che l’artista ha individuato agli inizi degli Settanta, su invito dei suoi amici collezionisti Jean e Dominique de Menil, come le più significative della sua opera.

La fotografa Annie Leibovitz, il regista Wim Wenders, lo scrittore Javier Cercas, la conservatrice e direttrice del dipartimento di Stampe e Fotografia della Bibliothèque nationale de France Sylvie Aubenas, il collezionista François Pinault, sono stati invitati a loro volta a scegliere ciascuno una cinquantina di immagini a partire dalla “Master Collection” originale, della quale esistono cinque esemplari.

Attraverso la loro selezione, ognuno di loro condivide la propria visione personale della fotografia, e dell’opera di questo grande artista. Rinnovare e arricchire il nostro sguardo sull’opera di Henri Cartier-Bresson attraverso quello di cinque personalità diverse è la sfida del progetto espositivo “Le Grand Jeu” a Palazzo Grassi.

La mostra “Henri Cartier-Bresson: Le Grand Jeu” sarà presentata alla Bibliothèque nationale de France, a Parigi, nella primavera 2021.

Dal 22 Marzo 2020 al 10 Gennaio 2021 – Venezia Palazzo Grassi

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YOUSSEF NABIL. ONCE UPON A DREAM

Insieme alla mostra dedicata a Henri Cartier-Bresson, a cui sarà riservato il primo piano espositivo, Palazzo Grassi presenta una mostra monografica dedicata all’artista Youssef Nabil (Il Cairo, 1972), dal titolo “Once Upon a Dream” curata da Matthieu Humery Jean-Jacques Aillagon.

Realizzate con la tecnica tradizionale egiziana largamente utilizzata per i ritratti fotografici di famiglia e per i manifesti dei film che popolavano le strade de Il Cairo, le fotografie successivamente dipinte a mano da Youssef Nabil restituiscono la suggestione di un Egitto leggendario tra simbolismo e astrazione.

La ricerca dei reperti identitari, le preoccupazioni ideologiche, sociali e politiche del XXI secolo, la malinconia di un passato lontano sono i soggetti che Nabil predilige nella sua ricerca artistica. L’esposizione intende invitare a un’immersione libera nella carriera dell’artista attraverso sezioni tematiche che riproducono i suoi primi lavori fino alle opere più recenti. Ad arricchire il percorso la produzione video di Nabil con i suoi tre video Arabian Happy Ending, I Saved My Belly Dancer e You Never Left.

22/03/2020 – 10/01/2021 – Palazzo Grassi Venezia

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PRIMA, DONNA. MARGARET BOURKE-WHITE

La mostra raccoglie, in una selezione del tutto inedita, le più straordinarie immagini realizzate da Margaret Bourke-White – tra le figure più rappresentative ed emblematiche del fotogiornalismo – nel corso della sua lunga carriera. Accanto alle fotografie, una serie di documenti e immagini personali, video e testi autobiografici, raccontano la personalità di un’importante fotografa, una grande donna, la sua visione e la sua vita controcorrente.

Sarà possibile ammirare oltre 100 immagini, provenienti dall’archivio Life di New York e divise in 10 gruppi tematici che, in una visione cronologica, rintracciano il filo del percorso esistenziale di Margaret Bourke-White e mostrano la sua capacità visionaria e insieme narrativa, in grado di comporre “storie” fotografiche dense e folgoranti.

L’esposizione rientra ne “I talenti delle donne”, un palinsesto promosso dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Milano dedicato all’universo delle donne, focalizzando l’attenzione di un intero anno – il 2020 – sulle loro opere, le loro priorità, le loro capacità. Si vuole  rendere visibili i contributi che le donne nel corso del tempo hanno offerto e offrono in tutte le aree della vita collettiva, a partire da quella culturale ma anche in ambito scientifico e imprenditoriale, al progresso dell’umanità.

L’obiettivo è non solo produrre nuovi livelli di consapevolezza sul ruolo delle figure femminili nella vita sociale ma anche aiutare concretamente a perseguire quel principio di equità e di pari opportunità che, dalla nostra Costituzione, deve potersi trasferire nelle rappresentazioni e culture quotidiane.

Dal 18 Marzo 2020 al 28 Giugno 2020 – Palazzo Reale MILANO

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ROBERT DOISNEAU

Dal 6 marzo al 21 giugno 2020 Palazzo Pallavicini ospita un’importante retrospettiva dedicata al grande fotografo parigino  Robert Doisneau (Gentilly, 14 aprile 1912 – Montrouge, 1º aprile 1994), celebre per il suo approccio poetico alla street photography, autore di Le baiser de l’hôtel de ville, una delle immagini più famose della storia della fotografia del secondo dopoguerra.

La mostra è curata dall’Atelier Robert Doisneau, creato da Francine Deroudille e Annette Doisneau per conservare e rappresentare le opere del fotografo, ed è organizzata da Pallavicini s.r.l. di Chiara CampagnoliDeborah Petroni e Rubens Fogacci in collaborazione con diChroma photography.

Sono 143 le opere in mostra nelle prestigiose sale di Via San Felice, tutte provenienti dall’Atelier. L’esposizione è il risultato di un ambizioso progetto del 1986 di Francine Deroudille e della sorella Annette – le figlie di Robert Doisneau – che hanno selezionato da 450.000 negativi, prodotti in oltre 60 anni di attività dell’artista, le immagini della mostra che ci raccontano l’appassionante storia autobiografica dell’artista.

I sobborghi grigi delle periferie parigine, le fabbriche, i piccoli negozi, i bambini solitari o ribelli, la guerra dalla parte della Resistenza, il popolo parigino al lavoro o in festa, gli scorci nella campagna francese, gli incontri con artisti e le celebrità dell’epoca, il mondo della moda e i personaggi eccentrici incontrati nei caffè parigini, sono i protagonisti del racconto fotografico di un mondo che “non ha nulla a che fare con la realtà, ma è infinitamente più interessante”. Doisneau non cattura la vita così come si presenta, ma come vuole che sia. Di natura ribelle, il suo lavoro è intriso di momenti di disobbedienza e di rifiuto per le regole stabilite, di immagini giocose e ironiche giustapposizioni di elementi tradizionali e anticonformisti.

Influenzato dall’opera di André Kertész, Eugène Atget e Henri Cartier-Bresson, Doisneau conferisce importanza e dignità alla cultura di strada, con una particolare attenzione per i bambini, di cui coglie momenti di libertà e di gioco fuori dal controllo dei genitori, trasmettendoci una visione affascinante della fragilità umana.

Le meraviglie della vita quotidiana sono così eccitanti;
nessun regista può ricreare l’inaspettato che trovi per strada.
Robert Doisneau

Dal 06 Marzo 2020 al 21 Giugno 2020 – Palazzo Pallavicini – Bologna

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PETER LINDBERGH. HEIMAT. A SENSE OF BELONGING

In occasione della settimana della moda di Milano, Giorgio Armani inaugura negli spazi di Armani/Silos la nuova mostra dedicata al lavoro del fotografo Peter Lindbergh. Intitolata Heimat. A Sense of Belonging, la mostra presenta un’ampia selezione dell’opera di Lindbergh, percorrendo vari decenni del lavoro del fotografo, pubblicato come inedito.

Curata personalmente da Giorgio Armani in collaborazione con la Fondazione Peter Lindbergh, la mostra evidenzia le straordinarie affinità tra due figure visionarie, il cui originale senso di identità ha definito standard molto personali e molto alti, tanto nell’arte quanto nella vita. Giorgio Armani e Peter Lindbergh hanno condiviso valori che hanno permeato tutta la loro estetica. In particolare, l’apprezzamento per la verità e l’anima che da essa emana, e la ricerca dell’onestà in opposizione all’artificio, hanno dato vita a una stretta collaborazione iniziata negli anni Ottanta e proseguita nel corso delle rispettive carriere.

Incentrata sugli aspetti noti e meno noti del lavoro di Lindbergh e allestita al piano terra di Armani/Silos, Heimat. A Sense of Belonging si sviluppa come un movimento in tre sezioni. Il punto di vista unico del fotografo, la sua idea di spazio e di bellezza, la sua estetica inconfondibile e le sue fonti di ispirazione si svelano in un viaggio che va oltre l’idea della fotografia di moda. Si parte dai ritratti di The Naked Truth, si prosegue con le possenti atmosfere di Heimat, si conclude con la sorprendente schiettezza delle immagini di The Modern Heroine.

La comprensione della femminilità dimostrata da Lindbergh, il suo interesse per la personalità e la sua propensione per la verità, lo hanno sempre distinto dai suoi colleghi. C’è un’onestà intrinseca nel lavoro di Lindbergh che è strettamente legata alla sua stessa Heimat. La parola Heimat, in tedesco, significa qualcosa di più di casa: è un luogo del cuore, il luogo a cui si appartiene. Per Lindbergh, Heimat é il background industriale di Duisburg, con le sue fabbriche, la nebbia, il metallo e il cemento. L’estetica della Berlino degli anni ’20 ha lasciato un’altra indelebile impronta nel suo lavoro. Attraverso il filtro di uno sguardo pieno di umanità, tali spunti hanno generato un senso di cruda bellezza che connota l’intera opera del fotografo.

Il cuore della mostra ospitata nell’Armani/Silos ruota intorno a immagini in cui l’espressivo ambiente industriale è qualcosa di più di un semplice sfondo: un protagonista narrativo, splendidamente nudo nella sua verità, così come lo sono i ritratti di Lindbergh, sempre spogli da qualsiasi artificio, insieme alla sua idea di eroina moderna come donna piena di potere, che mostra con orgoglio i segni dell’età e del tempo. All’interno di questi tre movimenti, Heimat descrive la complessità e l’immediatezza dell’opera di Lindbergh, e la sua atemporalità.

“Ho sempre ammirato Peter per la coerenza e l’intensità del suo lavoro. Essere senza tempo è una qualità a cui aspiro personalmente, e che Peter sicuramente possedeva. Con questa mostra all’Armani/Silos voglio rendere omaggio a un compagno di lavoro meraviglioso il cui amore per la bellezza rappresenta un contributo indelebile per la nostra cultura, non soltanto per la moda” afferma Giorgio Armani.

Noto per le sue immagini cinematografiche, Peter Lindbergh (1944-2019) nasce a Leszno, in Polonia, e trascorre l’infanzia a Duisburg (Renania Settentrionale-Vestfalia). Studia belle arti a Berlino e pittura a Krefeld, rivolgendo il suo interesse alla fotografia dopo essersi trasferito a Düsseldorf nel 1971. Entrato a far parte della famiglia della rivista Stern insieme a leggende della fotografia quali Helmut Newton, Guy Bourdin e Hans Feurer, si trasferisce a Parigi nel 1978 per proseguire la carriera. In poco tempo Lindbergh introduce una forma di nuovo realismo, dando priorità all’anima e alla personalità dei suoi soggetti, modificando così in modo definitivo gli standard della fotografia di moda, e allontanandosi dagli stereotipi riguardanti età e bellezza. Il suo lavoro è conosciuto soprattutto per i ritratti semplici e rivelatori, e per le forti influenze esercitate su di esso dal cinema tedesco e dall’ambiente industriale della sua infanzia.

Dalla fine degli anni Settanta, Peter Lindbergh ha collaborato con prestigiose riviste, tra cui l’edizione americana e italiana di Vogue, Rolling Stone, Vanity Fair, l’edizione americana di Harper’s Bazaar, Wall Street Journal Magazine, Visionaire, Interview e W. Ha realizzato le foto di tre calendari Pirelli, rispettivamente nel 1996, 2002 e 2017, e i suoi lavori sono presenti nelle collezioni permanenti del Victoria & Albert Museum (Londra), del Centre Pompidou (Parigi), del MoMA PS1 (New York). Sue mostre personali sono state ospitate all’Hamburger Banhof (Berlino), al Bunkamura Museum of Art (Tokyo), al Pushkin Museum of Fine Arts (Mosca) alla Kunsthal di Rotterdam, alla Kunsthalle di Monaco di Baviera, alla Reggia di Venaria (Torino) e al Kunstpalast (Düsseldorf).

Peter Lindbergh ha diretto una serie di film e documentari acclamati dalla critica: Models, The Film (1991); Inner Voices (1999), che si è guadagnato il premio Best Documentary al Toronto International Film Festival (TIFF) nel 2000; Pina Bausch, Der Fensterputzer (2001) e Everywhere at Once (2007), con la voce narrante di Jeanne Moreau, presentato a Cannes e al Tribeca Film Festival.

Dal 22 Febbraio 2020 al 02 Agosto 2020 – Armani/Silos – Milano

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ELLIOTT ERWITT. ICONS

Inaugura venerdì 21 febbraio al WeGil, l’hub culturale della Regione Lazio a Trastevere, ELLIOTT ERWITT ICONS, la mostra a cura di Biba Giacchetti che celebra uno dei più grandi maestri della fotografia contemporanea. In programma dal 22 febbraio al 17 maggio 2020, la retrospettiva, promossa dalla Regione Lazio e organizzata da LAZIOcrea in collaborazione con SudEst57, raccoglie settanta degli scatti più celebri di Erwitt: uno spaccato della storia e del costume del Novecento visti attraverso lo sguardo tipicamente ironico del fotografo, specchio della sua vena surreale e romantica.
 
L’obiettivo di Erwitt ha catturato alcuni degli istanti fondamentali della storia del secolo scorso che, grazie alle sue fotografie, sono rimasti impressi nell’immaginario collettivo. Tra le foto in mostra, non mancheranno i celebri ritratti di Che Guevara, Marlene Dietrich e la famosa serie dedicata a Marilyn Monroe. Il pubblico potrà ammirare alcuni degli scatti più iconici e amati di Erwitt come il “California Kiss” in cui emerge la vena più romantica del maestro.
 
Completa l’esposizione il catalogo della mostra a cura di SudEst57 in cui ogni fotografia è accompagnata da un dialogo tra Elliott Erwitt e Biba Giacchetti attraverso cui scoprire i segreti, le avventure e il senso di ognuna di esse.

Dal 21 Febbraio 2020 al 17 Maggio 2020 – WeGil – Roma

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Dorothea Lange –  Words & Pictures

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Toward the end of her life, Dorothea Lange (1895–1965) reflected, “All photographs—not only those that are so called ‘documentary’…can be fortified by words.” A committed social observer, Lange paid sharp attention to the human condition, conveying stories of everyday life through her photographs and the voices they drew in. Dorothea Lange: Words & Pictures, the first major MoMA exhibition of Lange’s in 50 years, brings iconic works from the collection together with less seen photographs—from early street photography to projects on criminal justice reform. The work’s complex relationships to words show Lange’s interest in art’s power to deliver public awareness and to connect to intimate narratives in the world.

In her landmark 1939 photobook An American Exodus—a central focus of the show—Lange experiments with combining words and pictures to convey the human impact of Dust Bowl migration. Conceived in collaboration with her husband, agricultural economist Paul Taylor, the book weaves together field notes, folk song lyrics, newspaper excerpts, and observations from contemporary sociologists. These are accompanied by a chorus of first-person quotations from the sharecroppers, displaced families, and migrant workers at the center of her pictures. Presenting Lange’s work in its diverse contexts—photobooks, Depression-era government reports, newspapers, magazines, poems—along with the voices of contemporary artists, writers, and thinkers, the exhibition offers a more nuanced understanding of Lange’s vocation, and new means for considering words and pictures today.

Through May 9 2020 – MOMA – New York
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At Home In Sweden, Germany And America – Gerry Johansson

Nelle fotografia di Johansson l’uomo è traccia, è ciò che fa e che ha fatto, ciò che resta nel paesaggio. E il paesaggio è ovunque arrivi lo sguardo del fotografo, camminatore e osservatore attento a quel microcosmo di elementi che fanno la differenza una volta individuati e contenuti nel perimetro dell’immagine. – Laura De Marco

At home in Sweden, Germany and America è la mostra personale del fotografo svedese Gerry Johansson nata dalla collaborazione tra Spazio Labo’ e OMNE – Osservatorio Mobile Nord Est di Castelfranco Veneto che con i curatori Stefania Rössl e Massimo Sordi si occupa di progetti di fotografia contemporanea con particolare attenzione al tema del paesaggio. 

La mostra è una retrospettiva della celebre trilogia di libri Amerika (1998), Sverige (2005) e Deutschland (2012) che raccolgono fotografie realizzate da Johansson nel corso di svariati viaggi compiuti tra il 1993 e il 2018 in Svezia, Germania e America. 

Oltre vent’anni di campagne fotografiche sul paesaggio americano, svedese e tedesco: paesaggi urbani e agricoli, città e piccoli centri urbani, poca presenza umana ma molte tracce dell’uomo. Uno sguardo sul paesaggio antropizzato che ricorda quello dello storico gruppo dei New topographics – da Lewis Baltz ai coniugi Becher per limitare le citazioni ai nomi più noti – a cui sicuramente Johansson si è ispirato all’inizio della sua carriera ma da cui successivamente si è mosso per costruire uno sguardo proprio, all’apparenza distaccato ma in cui l’occhio attento riscontra una certa intimità e una ricorrenza di temi e simbologie propri dell’autore svedese.

Nelle fotografia di Johansson l’uomo è traccia, è ciò che fa e che ha fatto, ciò che resta nel paesaggio. E il paesaggio è ovunque arrivi lo sguardo del fotografo, camminatore e osservatore attento a quel microcosmo di elementi che fanno la differenza una volta individuati e contenuti nel perimetro dell’immagine. 

Ogni immagine vive di vita propria e chiede di essere letta nella sua individualità, svincolata da una narrazione rigida o premeditata. Ma allo stesso tempo Johansson tesse le fila di un discorso più ampio, ci riporta a casa ovunque ci troviamo, sia in Svezia, Germania o America. La sua casa, quella del suo sguardo.

Pur appartenendo a luoghi geograficamente distanti, le fotografie in mostra possiedono la capacità di restituire i frammenti di un universo che trova il modo di ricomporsi attraverso la dimensione autoriale del fotografo svedese. 

Comparabili a molte realtà appartenenti al territorio italiano,  le immagini presentate possiedono un valore iconico e invitano l’osservatore a decifrare, attraverso ogni singolo dettaglio, la visione d’insieme che avvicina al presente.

Il caratteristico uso del bianco e nero dai toni morbidi che, come un rituale, Johansson sviluppa e stampa rigorosamente in camera oscura, e la composizione precisa di ogni fotografia suggeriscono, nella loro combinazione, il superamento della dimensione soggettiva dell’immagine aperta ai molteplici aspetti del paesaggio contemporaneo. 

Accanto alle fotografie la mostra presenta una selezione della produzione editoriale di Johansson che raccoglie, ad oggi, più di trenta volumi. In mostra saranno esposte anche fotografie finora inedite. 

La mostra è organizzata in collaborazione con OMNE – Osservatorio Mobile Nord Est, Alma Mater Studiorum / Università di Bologna / Dipartimento di Architettura, Spazio HEA e Circolo Fotografico El Paveion di Castelfranco Veneto.

Dall’11 marzo al 3 aprile – Spazio Labò – Bologna

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