Mostre di fotografia da non perdere in agosto!

Prima di scappare per le meritate vacanze, vi lasciamo con qualche consiglio per le mostre di fotografia del mese di agosto

Buone vacanze!

Anna

MONIKA BULAJ. GEOGRAFIE SOMMERSE

Monika Bulaj, Il canto potente delle donne pugliesi per la madre di Dio che perse il figlio, il lamento di Demetra, Stabat Mater. Canosa, Italia, 2015
© Monika Bulaj | Monika Bulaj, Il canto potente delle donne pugliesi per la madre di Dio che perse il figlio, il lamento di Demetra, Stabat Mater. Canosa, Italia, 2015

Il Magazzino delle idee di Trieste ospita da sabato 15 luglio a domenica 8 ottobre 2023 la mostra fotografica Geografie sommerse della fotografa, reporter e documentarista Monika Bulaj.

L’esposizione a cura della stessa fotografa e organizzata da ERPAC, Ente Regionale per il patrimonio culturale del Friuli Venezia Giulia, ripercorre attraverso più di cento immagini, a colori e in bianco e nero, il lungo viaggio dell’artista fra minoranze e popoli nomadi, fra fedi e religioni, un percorso che l’ha condotta lungo confini, in luoghi sacri e condivisi documentando le condizioni sociali degli strati più deboli dei Paesi da lei attraversati: Europa orientale, Caucaso, Medio Oriente, Africa, altipiano iranico, Asia centrale, Russia, Afghanistan, Haiti e Cuba.

Le fotografie di Monika Bulaj mettono in luce l’invisibile, quella ricchezza che sotto gli occhi di tutti sta scomparendo, in quelle terre dove per millenni le genti hanno condiviso i santi, i gesti, i miti, i canti, le danze, gli dei. Le minoranze perseguitate in Afghanistan e Pakistan, i cristiani d’Oriente, i maestri sufi dal Maghreb alle Indie, gli sciamani dell’antica Battria, gli ultimi pagani del Hindu Kush, i nomadi tibetani, le sette gnostiche dei monti Zagros. Abitanti delle ultime oasi d’incontro, zone franche assediate da fanatismi armati, patrie perdute dei fuggiaschi d’oggi. Luoghi dove gli dei parlano spesso la stessa lingua franca e dove, dietro ai monoteismi, appaiono segni, presenze, gesti, danze, sguardi condivisi.

Testimonianze catturate in cammino con i nomadi, minoranze in fuga, pellegrini. Cercando il bello anche nei luoghi più bui, la solidarietà e la coabitazione tra fedi laddove si mettono bombe, le crepe nella teoria del cosiddetto scontro di civiltà. Un lavoro che è mutato nel tempo dove all’inizio l’intento era quello di documentare piccole e grandi religioni all’ombra dei conflitti antichi e presenti per arrivare poi a raccogliere e cogliere il racconto delle preghiere e dei sogni, delle tante memorie sempre incentrato sul senso dell’uomo per il sacro.

“Le geografie che traccio con questa ricerca – spiega Monika Bulaj – sconvolgono le mappe mentali tradizionali sul sacro, basate su elezione, divisione ed esclusione, dando vita ad un piccolo atlante visuale delle minoranze a rischio e del “sacro”. Sono luoghi tenuti segreti e spesso indecifrabili dove da secoli si preservano parole trasmesse di bocca in bocca, e con esse il sapere sulle origini, le metafore delle iniziazioni e delle trasformazioni, le ricette per la sopravvivenza”.
Al centro di tutta la sua ricerca vi è il corpo, chiave di volta e pomo della discordia nelle religioni.

Il corpo iniziato e benedetto, svelato e coperto, temuto e represso, protetto e giudicato, intoccabile
e impuro, intrappolato nella violenza che genera violenza, corpo-reliquia, corpo-martire, corpo-trappola, corpo-bomba.
“Mi piace pensare il corpo – dice Monika Bulaj – come a un tempio, scrigno della memoria collettiva, quello che non mente. Nell’arcaicità dei gesti si legge la saggezza arcana di un popolo, la ricerca della liberazione attraverso l’uso sapiente dei sensi”.

La ricerca di Monika Bulaj, inizia nel 1985. Dal 2001 ha trovato espressione in numerose esposizioni.

I suoi scatti e reportage in costante cammino “con persone in fuga dalla follia dell’uomo” per citare l’autrice, sono stati pubblicati in diversi quotidiani e magazine italiani e internazionali, tra i quali Courrier International,Gazeta Wyborcza,GeoCorriere della Sera, InternazionaleNational GeographicThe New York TimesTimeLaRepubblicaRevue XXIAl JazeeraGrantMagazineVirginia Quarterly Review.
Il suo reportage Haiti degli spiriti inoltre, ha rappresentato la testata “La Repubblica” nella sezione
Daily Press per il Visa d’Or a Perpignan nel 2015 e le sue opere sono state acquistate da Leica Collections.

“La fotografia è specchio e relazione – afferma la fotografa nell’introduzione nel volume fresco di stampa –, vetro da cui traspare qualcosa. Tutto accade nella grazia d’un incontro. Non nelle domande che contengono già le risposte, ma nell’ascolto, che rende il racconto indispensabile”.

I visitatori della sua mostra al Magazzino delle idee fino all’8 ottobre, potranno entrare in un inedito racconto attraverso le immagini che la fotografa ha volutamente allestito in un intreccio narrativo – visivo più per similitudini che per latitudine e incontrare così un mondo antico, apparentemente distante dove poter scoprire invece, una vicinanza e assonanza sui temi presentati così universali per l’umanità.

In occasione della mostra è pubblicato da Emuse edizioni il libro dal titolo Geografie sommerse con immagini e testi dell’autrice.

Dal 15 Luglio 2023 al 08 Ottobre 2023 – Magazzino delle idee – Trieste

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PHILIPPE HALSMAN. LAMPO DI GENIO

Marilyn Monroe by Philippe Halsman
© Philippe Halsman | Marilyn Monroe by Philippe Halsman

Mostra dedicata a Philippe Halsman, tra i più originali ed enigmatici ritrattisti del Novecento.

In mostra oltre cento immagini di vario formato, tra colore e bianco e nero che percorrono l’intera sua carriera selezionate da Contrasto e Archivio Halsman di New York.

L’esposizione, ideata e curata da Alessandra Mauro presenta per la prima volta in Italia una grande personale dedicata a uno dei più importanti fotografi del Novecento, Philippe Halsman. Nato a Riga (Lettonia) nel 1906, Halsman comincia negli anni Venti la sua carriera di fotografo e diventa celebre a Parigi, negli anni Trenta, lavorando per riviste come “Vogue” e “Vu”. Negli anni Quaranta riesce a ottenere un visto per gli Stati Uniti grazie all’amicizia di Albert Einstein e una volta sbarcato a New York, la sua fama di grande ritrattista si consolida ancora di più. Dalle collaborazioni con le grandi testate, agli intensi ritratti per lo show business hollywoodiano, Halsman ha creato un genere e uno stile unico e rivoluzionario. Le sue fotografie sono frutto di una vulcanica creatività e delle sinergie che si manifestavano nell’incontro con grandi e illustri amici tra cui, il più folle di tutti, Salvador Dalì, con cui realizza una serie straordinaria di immagini surreali e surrealiste. Nella sua lunga carriera di ritrattista, Halsman ha firmato 101 copertine della rivista “Life”: un record incontrastato.

Le immagini sono accompagnate da una documentazione selezionata come le copertine di “Life”, i provini, le testimonianze d’epoca e i filmati per ricordare questo grande interprete della fotografia e offrire allo stesso tempo un’originale riflessione sul ritratto fotografico, la sua genesi e la sua particolarità.

Un’occasione unica per ammirare le sue grandi creazioni, comprendere quale sia la chiave creativa che, ancora oggi, ogni ritratto richiede e, dall’altra parte, passare in rassegna, con le sue opere, i volti della cultura e dello spettacolo del Novecento.

L’esposizione è promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali ed è organizzata da Contrasto Zètema Progetto Cultura, in collaborazione con BNL BNP Paribas e Leica. Il catalogo è edito da Contrasto.

Dal 06 Luglio 2023 al 07 Gennaio 2024 – Museo di Roma in Trastevere

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HIPGNIOSIS STUDIO: PINK FLOYD AND BEYOND

©  PINK FLOYD MUSIC LTD.
© PINK FLOYD MUSIC LTD.

In un viaggio a tappe pensato dall’associazione culturale ambientarti per la Costiera Amalfitana ed iniziato a Cetara, prende forma il format AMI – ARTE MARE INCONTRI, che oggi si estende fino a Maiori per dare vita a un progetto di grande respiro ed ospiti internazionali. E così, anche Ami Maiori attraverso la cultura, l’arte e gli eventi si prefigge di valorizzare i beni e la tradizione, nonché l’immenso valore paesaggistico del borgo costiero. Le iniziative hanno, infatti, una fortunata ricaduta sul territorio, sull’appeal turistico e sulle bellezze naturali, culturali e monumentali del paese.

Ancoraggio, territorio, marchi di qualità: questi i cardini su cui Ami sta tracciando il proprio percorso. Grazie al sostegno della Regione Campania e del Comune di Maiori, con il sindaco Antonio Capone, il direttore artistico della programmazione estate 2023 a Maiori, Alfonso Pastore, con la responsabile procedimento, Rossella Sammarco, la Costiera Amalfitana diventa protagonista di una delle celebrazioni più memorabili della storia della musica rock: i 50 anni dall’uscita di “The Dark Side of the Moon uno degli album più influenti della storia della cultura popolare.

Ed è “Hipgnosis Studio: Pink Floyd and beyond” il titolo della mostra che apre i battenti il prossimo martedì25 luglio, nelle sale di Palazzo Mezzacapo alla presenza di Aubrey Powell, – fondatore insieme a Storm Thorgerson dello Studio Hipgnosis e attuale direttore creativo dei Pink Floyd – ospite d’eccezione al taglio del nastro.  

La mostra, a cura di ONO arte sarà visitabile fino al 27 agosto: 55 opere di grande formato, con un nucleo centrale che racconta la collaborazione tra Studio Hipgnosis e i Pink Floyd, dalle copertine più iconiche della band fino ai loro lavori preparatori e out-take, per mostrare passo dopo passo il processo creativo all’origine di quelle che ormai sono diventate pietre miliari non solo dell’arte e del design, ma anche della cultura visiva contemporanea tutta. Dai lavori per i Pink Floyd, la mostra si allargherà anche alle opere realizzate per band come Led Zeppelin, Peter Gabriel, Genesis e Rolling Stones.

Il vernissage si concluderà con uno straordinario omaggio che vede ripetersi il sodalizio tra l’associazione culturale presieduta da Alessia Benincasa e i Pink Bricks, la storica tribute band italianadei Pink Floyd. Al talk di apertura, dalle 19.30, saranno presenti Stefano Tarquini, Nino Gatti, insieme ad Alfonso Amendola, esperto di consumi di massa e avanguardie contemporanee, docente di Sociologia dei processi culturali all’Università di Salerno. Conosciuto in tutto il mondo per il suo archivio storico sui Pink Floyd, sin dal 1988 Nino Gatti ha collaborato a vari articoli e libri pubblicati in Italia e all’estero. È vice-presidente dell’associazione culturale «The Lunatics», un progetto che comprende il più grande archivio storico e musicale sui Pink Floyd. E fa parte del gruppo “The Lunatics” anche Stefano Tarquini che, dal 1984, è un collezionista di vinili dei Pink Floyd. In occasione del 50° anniversario del disco, lo scorso 1 marzo è uscito un libro interamente realizzato in formato deluxe con copertina rigida rilegata in tela, in edizione limitata a 500 copie.  Nel volume sono presenti tutte le 700 varianti conosciute del capolavoro dei Pink Floyd su LP, riccamente illustrate con oltre 1000 immagini: dalla prima edizione britannica del marzo 1973  alle stampe meno conosciute provenienti dal Nicaragua o del Mozambico.

Per concludere la serata di inaugurazione ci si sposterà dalle 21.30 al Tetro del Mare per il tributo dei Pink Bricks al “lato oscuro della luna”, preceduto dall’opening-actdi Aubrey Powell, in dialogo con Maurizio Guidoni e Vittoria Mainoldi di ONO arte.  Dopo il concerto-evento “The Dark Side Anniversary Concert” alla “Sala Pier Paolo Pasolini” di Salerno dello scorso marzo, i Pink Bricks riproporrano l’intero album e altri brani leggendari dei Pink Floyd nel suggestivo scenario, con una formazione a 8 elementi (Giuseppe Del Sorbo, voce; Antonello Buonocore, basso; Alessio D’Amaro, chitarra; Sergio Duccilli, tastiere e visual; Pasquale Benincasa, batteria; Antonio Maiorano, sax; Carmen Vitiello e Mafalda Angrisani, cori) e un sofisticato spettacolo di luci, suoni, colori.

Durante il mese di agosto, saranno in programma diversi appuntamenti, tra cui uno speciale scret concert unpluggedvenerdì 11 agosto, alle 21.30, nei meravigliosi Giardini del Palazzo Mezzacapo che faranno da quinta ad un set acustico dei Pink Bricks, in un’atmosfera che si promette magica.

La mostra “Hipgnosis Studio: Pink Floyd and Beyond” ripercorre la storia di uno dei gruppi più importanti della musica rock attraverso il lavoro dello studio grafico che aiutò a tradurre in immagine visive la loro opera sonora. Non è infatti possibile immaginare i Pink Floyd senza le copertine dei loro album, che sono diventati dei veri e propri simboli, e dietro a quelle copertine c’erano Storm Thorgerson e Aubrey Powell, ovvero lo Studio Hipgnosis, noto al grande pubblico nel 1973, proprio con la copertina realizzata per “The Dark Side of the Moon” dei Pink Floyd. Il disco in sé ebbe ampio successo entrando nelle case di milioni di fan, e da allora l’iconico triangolo attraversato dall’arcobaleno fu considerato una delle migliori copertine di album di ogni tempo. Ma per Hipgnosis la collaborazione con la band era iniziata già dal 1968 con “A Saucerful of Secrets”, quando lo studio non aveva ancora un nome ed era in realtà un duo di studenti che utilizzava il laboratorio del Royal Collage of Art di Cambridge per dare vita ai primi progetti, a beneficio di altrettanti studenti con aspirazioni musicali.
Partendo dalla tecnica del collage fotografico, Thorgerson e Powell cominciarono a realizzare copertine di dischi dai tratti surreali, fino a rivoluzionare e cambiare per sempre quella che è la produzione grafica di album musicali, la cui importanza stava diventando sempre più rilevante proprio in quegli anni. E’ solo con la così detta British Invasion della metà degli anni ’60, infatti, che il ruolo delle copertine dei dischi diventò importante, configurando quello che prima era solo un contenitore come un importante veicolo di contenuto. In un clima di tali novità, il gruppo Hipgnosis iniziò una sua personale sperimentazione, introducendo diverse tecniche che permettevano di ottenere effetti psichedelici. Per lo studio Hipgnosis la tecnica era importante quanto il contenuto: le loro complesse composizioni fotografiche, oggi molto più semplici da realizzare grazie ai programmi digitali, allora erano di gran lunga più impegnative, e i loro esperimenti in camera oscura furono molti. Utilizzarono il bianco e nero, il colore, la stampa multipla, la solarizzazione, la stampa in negativo, la doppia esposizione e così via.  Ma il lavoro artistico di Hipgnosis non era una sperimentazione manierista e fine a se stessa, bensì una diretta traduzione dell’opera dei gruppi per cui lo Studio lavorava, i Pink Floyd su tutti: come la musica diventava sempre più concettuale, complessa ed intrigante, così facevano anche le copertine degli album. Inoltre, proprio in questi anni si assistette ad una nuova trasformazione del concetto di arte che venne sdoganata ad un pubblico di massa, diventando così molto più accessibile. L’ evoluzione artistica della musica pop sarebbe oggi impensabile senza le copertine realizzate dallo Studio Hipgnosis. Prima del loro lavoro le cover erano quasi esclusivamente fotografie degli artisti: Aubrey Powell e Storm Thorgerson le hanno trasformate in una forma d’arte. L’aspetto del lavoro di cui Powell è più orgoglioso è la creatività condivisa con Storm Thorgerson, morto di cancro nel 2013. I due artisti hanno sempre cercato pensieri obliqui, con lo scopo di non essere mai ovvi e scontati e sviluppare un proprio stile nel quale il Surrealismo la faceva da padrone. Uno stile unico, copiato e ammirato nel mondo, ma mai eguagliato. Aver avuto il privilegio di poter lavorare continuativamente con artisti come Pink Floyd ha permesso a Hipgnosis di evolversi fino ai giorni nostri, entrando – di diritto – nei più importanti musei del mondo.

Dal 25 Luglio 2023 al 27 Agosto 2023 – Palazzo Mezzacapo – Maiori (SA)

ALEX MAJOLI. CRONACHE

Rapiti dalla realtà, osservano in assoluto silenzio. Così i primi visitatori della mostra “Cronache” che porta a Modica, fino a metà ottobre, le fotografie di un nome internazionale come Alex Majoli.
Inaugurata sabato sera all’ex convento del Carmine, con un corpus di oltre 130 fotografie, la mostra porta in evidenza temi importanti, narrazioni fotografiche che Majoli, da cittadino del mondo, ha catturato in più anni e in più Paesi, scegliendo anche territori martoriati dalla guerra o dalle dittature, o vicende inaspettate e drammatiche come la pandemia, per mettere soprattutto le persone al centro, protagonisti della “teatralità dell’esistenza”, di pirandelliana memoria, in cui ciascuno recita la propria parte.
Come hanno ricordato i curatori della mostra, il critico d’arte Paolo Nifosì e il sovrintendente Tonino Cannata, le opere di Majoli rappresentano uomini, donne, bambini, bambine, anziani fotografati nei vari continenti, in varie nazioni, nell’arco degli ultimi trent’anni. “Contestualmente – spiega Nifosì nel testo in catalogo che contiene anche un’intervista esclusiva – fotografano la sofferenza, la pandemia, il dolore, i muri, i confini, i deboli, i poveri, gli emarginati, la violenza, le guerre, le migrazioni, il potere, le ideologie, le fedi, i popoli che subiscono. Questa varia Umanità è la protagonista di questa mostra di Modica”.
Immagini caratterizzate dal buio, dai neri, che incidono fortemente nella percezione visiva del visitatore, accentuando ancor di più la tragedia, il dolore, la solitudine, le disperazioni del mondo stesso. “Portiamo a Modica una mostra straordinaria – ha detto in presentazione il sovrintendente Cannata – con un grande della fotografia mondiale, e con un’esposizione che mette al centro proprio il visitatore, sorpreso nel guardare gli scatti fotografici, sequenze di Umanità che Majoli blocca per sempre facendo diventare quei momenti immortali”.

La mostra, promossa dalla Fondazione Teatro Garibaldi con il patrocinio del Comune di Modica e della Regione Siciliana (rappresentata quest’ultima dall’on. Ignazio Abbate e che ha annunciato specifici finanziamenti per la Fondazione Teatro Garibaldi) sarà fruibile fino al 15 ottobre anche per consentire, come ricordato dal vicepresidente della Fondazione, Giorgio Rizza, una fruizione alle scolaresche molte delle quali hanno già manifestato il proprio interesse.
E finalmente, per la prima volta, la mostra è realmente inclusiva perché è attivo il servoscala che permette l’accesso ai disabili.

“E’ la novità con cui lanciamo questa mostra – sottolinea Maria Monisteri, presidente della Fondazione Teatro Garibaldi – Grazie a lavori di adeguamento abbiamo voluto che questo appuntamento fosse davvero dedicato a tutti. Majoli è un fotografo di fama internazionale e questa straordinaria mostra a Modica, evento principale della nostra stagione estiva, non solo ci offre l’opportunità di poter fruire dei suoi scatti ma ci proietta come punto di riferimento in Sicilia per i grandi eventi”.

Majoli, che ha invitato tutti a godersi la mostra e a riflettere sugli input che arrivano, ha anche spiegato che è necessario approfondire. Nell’era delle immagini veloci la fotografia di Majoli ci invita a fermarci, ad osservare, a comprendere. “Ho sempre percepito la fotografia come una cosa fisica, di carta, qualcosa di tangibile. Credo che bisogna avere il tempo per guardare le immagini.
Oggi per farlo, sugli schermi del nostro smartphone, usiamo i pollici, vediamo decine e decine di immagini al secondo senza nemmeno comprenderle. Io uso l’indice, ancora. Per scattare, per raccontare. Diversamente si rischia di perdere la bussola. Nessuno ci obbliga ad andare veloci. Io penso che si debba rallentare nella vita, si debba andare più nel profondo, si debba capire di più, piuttosto che pensare di aver capito”.
A sostenere l’iniziativa gli sponsor Avimecc, Bonajuto, Mutika, Winner, e dai tradizionali partner Conad, Gruppo Minardo, Gruppo Zaccaria, Acqua Santa Maria, Modicanello, Bapr. Media partner DSE Pubblicità. Alex Majoli, nato a Ravenna, ha vissuto a New York ed è da qualche anno siciliano d’adozione (vive nella barocca Scicli). Ha ricevuto numerosi premi internazionali e ha raccontato guerre, attacchi della polizia, povertà delle periferie nelle megalopoli dei continenti, massacri, solitudini, disperazioni dell’intero globo. Dal 2001 è membro effettivo dell’agenzia internazionale fotografica Magnum Photos, di cui per alcuni anni ha ricoperto l’incarico di presidente.

A sostenere l’iniziativa gli sponsor Avimecc, Bonajuto, Mutika, Winner, e i tradizionali partner Conad, Gruppo Minardo, Gruppo Zaccaria, Acqua Santa Maria, Modicanello, Bapr. Media partner DSE Pubblicità. 

Dal 15 Luglio 2023 al 15 Ottobre 2023 – Ex Convento del Carmine – Modica (Ragusa)

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GIBELLINA PHOTOROAD

Mimmo Jodice, Gibellina
© Mimmo Jodice | Mimmo Jodice, Gibellina

Installazioni fotografiche di grande formato, mostre outdoor, installazioni site-specific, video mapping, talk e visite guidate, animeranno le strade di Gibellina (Trapani), città siciliana che è uno dei più grandi musei d’arte contemporanea “a cielo aperto” del mondo. 

Torna dal 28 luglio al 30 settembre 2023 Gibellina Photoroad, il primo festival di fotografia e arti visive open air e site-specific in Italia e uno dei pochi al mondo, che porta nella cittadina del Belìce il meglio della fotografia contemporanea internazionale con visionari e innovativi allestimenti “all’aperto”, alla ricerca di nuove interazioni con lo spazio urbano e con il pubblico. 

Organizzato dall’Associazione culturale On Image con la direzione artistica di Arianna Catania, e promosso da Comune di Gibellina e Fondazione Orestiadi, il festival Gibellina Photoroad celebra quest’anno la sua quarta edizione. Parteciperanno 34 artisti (più 3 mostre collettive) provenienti da 11 Paesi europei e extraeuropei che hanno accettato la sfida di progettare nuovi allestimenti, pensati per interagire con il tessuto urbano di Gibellina, città d’arte nata dalle macerie del devastante terremoto del 1968 e caratterizzata da opere architettoniche e sculture dei più noti artisti del ‘900 come Alberto Burri, Arnaldo Pomodoro, Pietro Consagra, Mimmo Paladino e molti altri. 
Dai maestri della storia della fotografia come Mimmo Jodice, a reporter come il fotografo Magnum Jonas Bendiksen e il vincitore di 10 World Press Photo Francesco Zizola, fino alle sperimentazioni dell’’“alchimista dell’immagine”, il giapponese Kensuke Koike: Gibellina Photoroad offre un amplissimo spaccato della fotografia contemporanea internazionale, un percorso variegato e intrigante che si dipana a partire dal tema scelto per questa edizioni: le “alterazioni”. “La fotografia è dalla sua nascita un campo in cui il conflitto tra genio creativo e forme precostituite, tra individuo e strutture sociali si esprime alla sua massima potenza”, spiega la direttrice Arianna Catania. “La fotografia nasce da una positivistica aderenza alla realtà, ma non rappresenta mai il mondo così com’è, lo modifica, lo trasforma, lo altera”. Spiega la direttrice Arianna Catania. 

Dal 28 Luglio 2023 al 30 Settembre 2023 – Sedi varie – Giballina (TP)

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SACRED LANDSCAPES | SACRO E NATURA IN MOSTRA ALLE VATICAN CHAPELS

Ricardo Flores & Eva Prats
Ricardo Flores & Eva Prats

Una mostra collettiva pensata per raccontare la relazione tra la spiritualità e la natura: Sacred Landscapes è il progetto che la Fondazione Giorgio Cini presenta in occasione della Biennale Architettura 2023, dal 18 maggio al 26 novembre. Un percorso espositivo che nasce dall’esperienza del suo curatore, Marco Delogu, alle Vatican Chapels nel bosco dell’Isola di San Giorgio, dalle suggestioni vissute nel parco e dall’intenso rapporto con la spiritualità evocata dal contesto.
Un luogo verde e silenzioso nella laguna, tra acqua, cielo e terra, ideale per condurre alla riflessione e all’esperienza spirituale. Per raccontare questo viaggio introspettivo sono stati riuniti i lavori di dieci grandi nomi della fotografia mondiale – Don McCullin, Tim Davis, Marco Delogu, Graciela Iturbide, Sally Mann, Martin Parr, Annie Ratti, Guy Tillim, Paolo Ventura, Francesca Woodman – ciascuno posto in relazione con le architetture delle cappelle: il primo Padiglione della Santa Sede alla Biennale Esposizione Internazionale di Architettura – La Biennale di Venezia del 2018, composto da dieci cappelle permanenti all’interno del bosco della Fondazione Giorgio Cini e inserito nel percorso delle visite guidate.
Un progetto promosso dalla Santa Sede e sostenuto dalla Fondazione, che attiva la missione dell’istituzione di generare nuove possibilità creative e di dialogo, un terreno di confronto unico per la nascita di nuove esperienze artistiche, di valorizzazione e scambio interculturale.
Realizzate da architetti di fama mondiale provenienti da Italia, Spagna, Portogallo, Gran Bretagna, USA, Australia, Brasile, Giappone, Cile/Serbia e Paraguay, le Vatican Chapels alla Fondazione Giorgio Cini rappresentano un’indagine sui luoghi della spiritualità contemporanea. Realizzate rispettando lo spazio naturale circostante, sorgono in un ambiente naturale quale il bosco che diviene metafora del peregrinare della vita. Il progetto, ispirato alla Cappella del bosco di Gunnar Asplund costruita nel 1920 nel cimitero di Stoccolma e curato dal professor Francesco Dal Co.

Per il Segretario Generale della Fondazione Giorgio Cini Renata Codello: «La mostra Sacred Landscapes assume un ruolo fondamentale nel sottolineare l’importanza della sacralità come luogo, alla sua connessione con lo spazio, qui inteso anche come paesaggio. Allo stesso tempo, riflette sul ruolo dell’uomo come custode e creatore di significati; ci richiama alla responsabilità di preservare e valorizzare la dimensione spirituale della vita, invitandoci a pensare alle diverse possibilità espressive del paesaggio nella definizione formale dello spazio contemporaneo. Una nuova dimensione da scoprire attraverso le fotografie di dieci grandi autori, selezionati da Marco Delogu ad accompagnare in questo percorso, attraverso il bosco e le Cappelle dello straordinario progetto curato dal professor Francesco Dal Co. Un orizzonte che si arricchisce, una  volta di più, del dialogo tra le arti, nella missione di valorizzazione e restituzione promosso dalla Fondazione Giorgio Cini»  
Con questo spirito nasce Sacred Landscapes, il chiasmo tra gli scatti selezionati da Marco Delogu e questi luoghi di culto della natura; qui il fotografo inglese Don McCullin, noto per i suoi scatti in cui ha documentato le atrocità dei conflitti e le violente ingiustizie nel mondo, entra nella cappella progettata da Norman Foster con l’immagine Il bosco di Ravello (2005): una composizione solenne, intrisa di misticismo e di sacralità che interagisce con la fitta composizione e l’ambiente evocativo dell’architetto. La statunitense Sally Mann porta Deep South #22 (2004) nella cappella del cileno Smiljan Radic: un’immagine in cui protagonista è un tronco che emerge dall’acqua, oscura eppure serena, in dialogo con il tronco senza fronde custodito e protetto dall’architettura, come un’esatta risposta alla medesima celebrazione.

Return to the Woods è l’opera scelta di Francesca Woodman (1980), fotografa americana, scomparsa prematuramente a soli 22 anni. Nell’estate del 1980, nello suo studio, l’artista immagina di restituire il tavolo in legno all’albero, al bosco, in una metamorfosi tra artificiale, umano e naturale. L’opera condivide con la Cappella del Mattino di Ricardo Flores ed Eva Prats la tonalità dell’intonaco di cocciopesto, caratteristica del materiale edilizio offrendo insieme, prospettive alternative e possibilità di essere luoghi di incontro.
La Desert house (2021) del fotografo Tim Davis si infuoca nei colori del cielo all’imbrunire, stagliandosi nel deserto su una collina rocciosa, come un miraggio che appare all’interno dell’architettura di Francesco Cellini.
Con la serie Second Nature, Tahiti (2011) il sudafricano Guy Tillim si allontana dalla fotografia documentaristica che ha caratterizzato il suo lavoro – raccontando al mondo gli effetti dell’Apartheid, il dramma dei bambini soldato nel Congo, il post colonialismo – andando alla (ri)scoperta del paradiso in terra, sulle orme di James Cook e Paul Gauguin, affrontando lo stesso dilemma degli autori: come rappresentare un paesaggio tanto idilliaco, raccontando le potenzialità e i limiti del mezzo fotografico. Una riflessione che in Sacred Landscapes prende corpo nella struttura circolare, sospesa tra cielo e terra, di Javier Corvalán.

E ancora, il paesaggio etereo e astratto di Natura bianca #14 (2008) di Marco Delogu, creato dal movimento del vento e da un’atmosfera di cielo bianco e basso, dialoga con il piccolo edificio ecosostenibile, un dettagliato luogo di culto, di Terunobu Fujimori. L’immagine della Crimsworth Dean Methodist Chapel (1971) di Martin Parr racconta di un luogo fortemente simbolico e identitario di una comunità dello Yorkshire, entrando in una nuova narrazione in cui dialoga con il senso di ritrovo e condivisione della cappella di Andrew Berman.

I quattro scatti che compongono l’opera fotografica di Annie Ratti, artista poliedrica, Mushrooms (2014) adagiata sul terreno in prossimità della cappella di Carla Juacaba, ritrae differenti fasi di crescita di un fungo dalle proprietà allucinogene. Le composizioni lineari e la compattezza cromatica della fotografia Milano 2023 di Paolo Ventura sono affiancate alla presenza discreta, come una pura linea tracciata nella natura, della cappella vaticana dell’architetto australiano Sean Godsell. Il percorso ideale si chiude tra i luoghi fisici e dell’anima, mitologie e culti arcaici trasportati nel contemporaneo che accomunano il lavoro di Graciela Iturbide nel ritratto della Mujer Angel (2011), una donna indigena del Messico del popolo Seri abitante del deserto di Sonora, inserita nell’architettura di Eduardo Souto de Moura: spessi blocchi di pietra di Vicenza, poggiati l’uno sull’altro, che si percepiscono come un antico monolite.

La mostra è realizzata con il supporto del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e verrà presentata in diversi Istituti di Cultura Italiana nel mondo. Il progetto è realizzato in collaborazione con Zintek.        

Dal 18 Maggio 2023 al 26 Novembre 2023 – Fondazione Giorgio Cini – Venezia

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STAND E 015. AGNESE GARRONE E DOMINIQUE LAUGÉ

Agnese Garrone, Jardins des Tuileries, Parigi 2021. Edizione 4 esemplari
© Agnese Garrone | Agnese Garrone, Jardins des Tuileries, Parigi 2021. Edizione 4 esemplari

La Galleria 70 di Milano presenta dal 18 maggio al 30 settembre la mostra “Stand E 015” con le opere fotografiche di Agnese Garrone e di Dominique Laugé, recentemente presentate a MIA Photofair 2023 riscuotendo un notevole successo da parte del pubblico.
 
Le 28 fotografie in bianco e nero esposte alla Galleria 70, quattordici per ogni autore, mostrano il senso di profonda corrispondenza e assonanza che unisce i due artisti.
Le opere di Dominique Laugé, vero maestro del paesaggio, e della giovane Agnese Garrone, sono associate in una sequenza che, a dispetto della reciproca diversità dei temi trattati e dell’impostazione, fluisce in un inatteso accordo poetico, in una linea di continuità che ha il carattere della più naturale armonia. 
 
La grande classe di Laugé nel ritrarre la natura e il vivido interesse della Garrone per l’umanità che la circonda declinano con diverso linguaggio la medesima qualità di sentimento, che ha in sé qualcosa di nobile e antico; un’affinità che si riscontra nello stesso allestimento delle opere in mostra che mette in relazione i lavori di due artisti diversi per età, esperienza, stile e scelta dei soggetti, ma che si rivelano tuttavia molto vicini nella sensibilità e nella temperie emotiva conferita alle rispettive immagini.
 
A Milano Dominique Laugé presenta, con l’ordine compositivo dal ritmo posato e solenne che contraddistingue la sua arte e la sua anima, i paesaggi del Canton Vaud in Svizzera e della Provenza in Francia: paesaggi senza mai figure umane, sospesi, introversi, quasi fosse questo l’unico modo per avvicinarsi all’interiorità della vita, dove la luce, morbida e soffusa, gioca un ruolo determinante e viene trattata dall’autore in maniera magica, quasi pittorica.
Con differente ispirazione, la giovane Agnese Garrone si mostra animata da un vivo senso di partecipazione e affetto peri propri simili. Le immagini che crea paiono sempre rivolte verso l’esterno, persino quando sono autoritratti, e con uno strano afflato lirico, che rimanendo sotterraneo e implicito percorre tuttavia l’intera scena, danno l’impressione di accarezzare la realtà. Le sue figure, le sue situazioni, appartengono certo all’esistenza quotidiana e formalmente non recano in realtà alcunché di speciale, se non per la circostanza, determinante, di albergare entro sé una pregnanza del tutto singolare, e di ammantarsi di un’aura romanzesca che le rende autentiche quanto la vita.

Dal 18 Maggio 2023 al 30 Settembre 2023 – Galleria 70 – Milano

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FOTOGRAFIA CALABRIA FESTIVAL 2023

Gabo Caruso, Cora’s Courage
© Gabo Caruso | Gabo Caruso, Cora’s Courage

Fotografia Calabria Festival è il primo festival diffuso di fotografia in Calabria, ideato e promosso dall’Associazione Culturale “Pensiero Paesaggio”, avrà luogo dal 21 luglio al 20 agosto a Fiumefreddo Bruzio (già sede della I edizione del festival) e San Lucido, suggestivi centri del basso Tirreno cosentino pronti ad accogliere mostre, eventi, talk e workshop dedicati alla fotografia. Un’esperienza emozionante per immergersi e scoprire l’autenticità e la bellezza del territorio calabrese attraverso un viaggio culturale unico nel suo genere.
 
“Il cambiamento” è il tema di questa nuova edizione di Fotografia Calabria Festival. Un tema che non è solo legato naturalmente a questa edizione, visto il nuovo naming che porta con sé, ma che vuole mostrare il cambiamento come qualcosa che parte da ognuno di noi e che smuove emozioni e sguardi profondi: che sia ricercato e attuato con coraggio da un bambino, accolto e accettato con naturalezza da un anziano, che sia la conseguenza della tensione tra la scienza e il suo sfruttamento commerciale e causa di grandi e piccoli mutamenti del nostro tempo. Un tema che viene affrontato attraverso la fotografia non solo come mezzo d’espressione, ma essa stessa come linguaggio in continua trasformazione, sia nei contenuti che nella forma.  
 
In mostra a Fotografia Calabria Festival ci saranno i lavori di fotografi internazionali, ognuno di loro con un approccio diverso al tema del cambiamento. Dall’identità di genere, a cui tende la ricerca della fotografa argentina Gabo Caruso, da sempre impegnata con progetti legati ai diritti umani e alle diversità, che con “Cora’s Courage” racconta il viaggio di transizione sociale della piccola Cora. Legato al tema del genere ma anche a quello della scienza è “The petunia carnage”, il progetto del fotografo austriaco Klaus Pichler,ospitato con il supporto del Forum Austriaco di Cultura, un lavoro che vuole far ragionare sulle conseguenze devastanti che gli interessi economici, le logiche di marketing e gli interventi di ingegneria genetica sulla natura possono avere sulla biodiversità.
 
Si concentra sui social media e sulle comunità invece “TikTok in Kham” di Xiangyu Long, fotografo tibetano, che indaga la metamorfosi delle identità di gruppo nell’ambito della globalizzazione e dell’omologazione. Di comunità, legata al tema della giovinezza, si occupa anche “Island Simmetries”, progetto della fotografa inglese Laura Pannack, che mostra i parallelismi tra giovani che vivono ai lati opposti del mondo. 
 
Il cambiamento climatico è al centro della collettiva di Climate Visuals, l’unico programma al mondo di fotografia sul cambiamento climatico basato su dati scientifici, gestito da Climate Outreach, che al Festiva sarà presente con “Ocean Visuals”, una nuova raccolta di immagini su oceani e coste, lanciata in occasione della COP27.
 
Ad approfondire il concetto di cambiamento legato al tema del corpo è la fotografa canadese Arianne Clément, che in“The art of aging” mostra il potenziale emotivo del corpo attraverso la scelta di fotografare le figure di anziani. Il cambiamento che attraversa il territorio e le economie da esso generate è al centro di “Far South” di Michele Martinelli, progetto ambientato sugli altopiani della Sila, seguendo gli allevatori di podolica.
 
Identità e comunità saranno i temi focali del progetto site-specific che verrà sviluppato dal collettivo Vaste Programmerealizzato appositamente su invito di Fotografia Calabria Festival. Il duo di artisti, nato nel 2017 da Giulia Vigna e Leonardo Magrelli, concentra la propria ricerca artistica prevalentemente negli ambiti della post-fotografia e dei nuovi media, e affronterà in questo caso il tema del cambiamento attraverso una più ampia riflessione sul concetto di identità, collettiva e del singolo.
 
A completare il programma anche una mostra ideata e realizzata da Archivio Luce – Cinecittà che porta, per la prima volta in assoluto, un suo progetto espositivo in Calabria: “Anni Interessanti”, a cura da Enrico Menduni, uno specchio per osservare gli anni tra il 1960 e il 1975, caratterizzati da grandi cambiamenti sociali, economici e culturali.
 
Presente in mostra anche il progetto vincitore dell’open call riservata ai fotografi emergenti, “Wooden Diamonds –  Identity Resilience in the Italian olive tree epidemic”, lavoro del fotografo documentarista italiano Filippo Ferraro, che intende narrare la storia dell’epidemia degli ulivi in Salento, a 10 anni dal suo inizio. 
 
“I fotografi che saranno presenti in lineup raccontano in maniera fortemente diversificata, attraverso uno sguardo molto personale, la loro idea di cambiamento, permettendoci così di pensare a Fotografia Calabria Festival come un unico grande obiettivo attraverso cui osservare l’epoca contemporanea, le sue continue mutevolezze e trasformazioni e mettere in luce le diverse declinazioni di questo processo: interiori, politiche, mediatiche, generazionali, sessuali, storiche, sociali, artistiche e tanto altro ancora” – sottolinea Anna Catalano, fondatrice e direttrice del festival.
 
Altra novità importante a Fotografia Calabria Festival 2023 è la sponsorizzazione di Poste Italiane che ha scelto di sostenere il Festival perché crede che la cultura e l’arte siano strumenti essenziali per promuovere lo sviluppo e la crescita del territorio italiano. Il Festival rappresenta un’opportunità unica per scoprire la bellezza e l’autenticità della Calabria attraverso la fotografia, che è un linguaggio universale capace di comunicare emozioni e pensieri senza barriere linguistiche o culturali.
 
Fotografia Calabria Festival quest’anno avrà anche il sostegno e il patrocinio dell’Università della Calabria, Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali, corso di studi in Media e Società Digitale.

Dal 21 Luglio 2023 al 20 Agosto 2023 – Sedi varie COSENZA

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FASHION REPORT: DA ALFA A MISSONI

Alfa Castaldi, 1968. Omaggio ai Missoni in occasione del 25° anno di attività della Maison
© Alfa Castaldi | Alfa Castaldi, 1968. Omaggio ai Missoni in occasione del 25° anno di attività della Maison

Dal 16 luglio al 22 ottobre 2023, il MA*GA di Gallarate (VA), in collaborazione con l’Archivio Missoni, presenta FASHION REPORT: da ALFA a MISSONIprogetto espositivo di riallestimento della Sala Arazzi Ottavio Missoni a cura dell’Archivio Missoni.
 
La mostra si colloca nel programma di ARCHIVIFUTURI. Festival degli Archivi del Contemporaneo seconda edizione, all’interno del quale l’Archivio Missoni ha partecipato come sede d’evento, ospitando una visita guidata e una esperienza in realtà aumentata, a cura del direttore artistico Luca Missoni e della responsabile Nicoletta Bettolini.
 
L’allestimento propone 22 scatti, realizzati in studio tra il 1967 e il 1970, da Alfa Castaldi (pseudonimo di Alfonso Castaldi, 1926 – 1995), considerato tra i padri della fotografia di moda italiana.
Le immagini erano state scelte e ristampate dallo stesso artista nel 1978 per un omaggio ai Missoni in occasione del 25° anno di attività della MaisonSi tratta di una piena espressione della documentazione dell’affermazione dello Stile Missoni: le prime sperimentazioni di maglie-tessuto e jacquard, di lavorazioni a rete e zig-zag, esperimenti con tinture di filati fiammati, di jersey stampati e floccati nude-look.
 
Alfa Castaldi, fa parte di quel gruppo di creativi che hanno documentato la trasformazione della vita culturale italiana negli anni sessanta e l’affermazione nel mondo del Made in Italy. Frequentatore a Milano del mitico bar Giamaica, alla metà degli anni cinquanta inizia l’attività di fotografo documentando le nuove espressioni artistiche, gli scrittori, i personaggi del cinema e della cultura in senso ampio.
 
Nel 1958 Castaldi incontra Anna Piaggi, giornalista e redattrice di moda, con la quale si sposa a New York nel 1962. Proprio grazie a lei, Alfa conosce Ottavio e Rosita Missoni, tra i principali pionieri del pret-à-porter italiano, e inizia a fotografare le loro creazioni. Le sue opere eleganti e spontanee allo stesso tempo entreranno a far parte degli annali della fotografia italiana e internazionale.

Dal 16 Luglio 2023 al 22 Ottobre 2023 – Museo MA*GA – Gallarate (VA)

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Mostre consigliate per il mese di aprile

Ciao, il programma di mostre per aprile è quanto mai ricco, date un’occhiata alle nostre proposte.

Anna

TINA MODOTTI. DONNE, MESSICO, LIBERTÀ

© Tina Modotti | Tina Modotti, Le donne di Tehuantepec portano frutta e fiori sulla testa, dentro zucche dipinte chiamate jicapexle, 1929

Tra le più grandi interpreti femminili dell’avanguardia artistica del secolo scorso, Tina Modotti espresse la sua idea di libertà attraverso la fotografia e l’impegno civile, diventando icona del Paese che l’aveva accolta ma trascendendo ben presto i confini del Messico nella sua pur breve vita, per essere così riconosciuta sulla scena artistica mondiale. Ancora oggi Tina Modotti rimane il simbolo di una donna emancipata e moderna, la cui arte è indissolubilmente legata all’impegno sociale.

Tina Modotti attraversò fama e miseria, arte e impegno politico e sociale, arresti e persecuzioni, e allo stesso tempo seppe suscitare anche un’ammirazione sconfinata per il pieno e costante rispetto di sé stessa, del suo pensiero, e della sua libertà.
Negli anni Trenta del Novecento visse a cavallo tra gli Stati Uniti, il Messico, la Russa e l’Europa, profondamente divisa tra fascismo e antifascismo. Impegnata in prima linea per portare soccorso alle vittime civili di conflitti come la Guerra di Spagna, Modotti condivise in questi stessi anni la propria vita con Vittorio Vidali ma, al contrario del suo compagno, non riuscì mai a tornare alla sua amata terra natale (Udine) a causa delle sue attività antifasciste e di una morte prematura avvenuta ad appena 46 anni durante l’esilio messicano. A lei resero omaggio artisti come Picasso, Rafael Alberti e Pablo Neruda, con la celebre poesia.

La riscoperta artistica di Tina Modotti inizia negli anni Settanta, grazie a Vittorio Vidali che una volta rientrato in Italia e divenuto poi senatore, iniziò a rendere pubblico il suo lascito artistico, forte anche di un crescente interesse internazionale, reso poi evidente nel 1977 con la grande retrospettiva del Moma di New York. Con la nascita del Comitato Tina Modotti e con l’apporto determinante di Vidali, si avvia la ricostruzione della collezione al tempo più esaustiva delle sue opere e dei documenti che riguardano la sua vita avventurosa. Libertà Il tema della Libertà in Tina Modotti è essenzialmente legato alla sua poliedrica personalità, e si sviluppa con una coerenza priva di compromessi nell’arco della sua intera esistenza, scandita da capitoli che hanno incrociato la storia politica del mondo nell’arco della sua pur breve esistenza.
Poverissima e costretta ad emigrare Tina avrebbe potuto seguire la carriera di attrice, e sfruttare la sua bellezza per il facile ottenimento di agi economici. Ma la sua scelta di libertà la porta invece verso lo studio, e l’approfondimento delle sue innate doti artistiche, coltivate nel circolo delle frequentazioni del suo primo compagno – il pittore Robo – fino all’incontro con Edward Weston, fotografo non ancora celebre che la inizia alle tecniche fotografiche. 
Messico Se Weston sarà il suo mentore, si deve a Tina la scelta di andare in Messico per condividere un rinascimento artistico che poggiava su basi sociali e culturali nella particolare fase post rivoluzionaria, nelle avanguardie estridentiste, nella frequentazione di pittori e poeti: da Frida Kahlo a Diego Rivera, da José Clemente Orozco a David Alfaro Siqueiros. Tina seguirà i primi passi di fotografi come Manuel Alvarez Bravo e la di lui moglie Lola, incrocerà la grande fotografa Imogen Cunningham, poeti e scrittori come David Herbert Lawrence e Mayakovsky, musicisti, un circolo di artisti sperimentali e liberi di cui Tina a Weston diverranno in breve tempo figure di spicco.
Artista sublime e impegnata, Tina non esiterà ad abbandonare l’arte per il crescente impegno nell’attivismo politico. A causa di questo verrà ingiustamente accusata di complicità nell’assassinio del suo compagno, il giornalista cubano Mella, e poi di aver preso parte all’attentato al presidente Messicano. Verrà cacciata dal Messico; gli Stati Uniti l’avrebbero nuovamente accolta se avesse rinunciato alle sue convinzioni politiche. Ma la sua libertà di pensiero e la sua coerenza spinta al limite del rischio della sua stessa incolumità le fecero declinare l’offerta.
Iniziò così una fase da rifugiata politica che la portò in Germania, in Russia, e poi ad impegnarsi direttamente nella guerra di Spagna in soccorso delle vittime del conflitto, con particolare attenzione ai bambini. Al termine della guerra di Spagna Tina, affaticata nel corpo e nello spirito, verrà accolta nuovamente in Messico, dove vivrà nell’ombra i suoi ultimi anni accanto a Vittorio Vidali.
  Tina Modotti è oggi una fotografa che ha lasciato un’impronta indelebile nella storia contemporanea. I suoi celebri scatti compongono le collezioni dei più importanti musei del mondo e la sua fama è planetaria, come dimostra il successo d’asta di uno dei suoi scatti presenti in mostra, Prospettiva con fili elettrici del 1925, il cui originale è stato battuto all’asta nel 2019 per 692.000 euro (Phillips, de Pury & Luxembourg, NY, aprile 2019).    

Dal 08 Aprile 2022 al 09 Ottobre 2022 – Genova – Palazzo Ducale

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WESTON. EDWARD, BRETT, COLE, CARA. UNA DINASTIA DI FOTOGRAFI

Edward Weston, Shell, 1927, Stampa alla gelatina d’argento | © Center for Creative Photography Arizona Board of Regents

Una delle mostre più attese della prossima stagione espositiva, fiore all’occhiello del programma della quinta edizione del Brescia Photo Festival, è WESTON. Edward, Brett, Cole, Cara. Una dinastia di fotografi allestita al Museo di Santa Giuliadal 31 marzo al 24 luglio 2022 per la cura di Filippo Maggia.

Il percorso espositivo riunirà, per la prima volta, le opere di Edward Weston, dei suoi due figli Brett e Cole, e della nipote Cara. La rassegna prodotta dalla Fondazione Brescia Musei con Skira, progettata direttamente con la famiglia Weston, presenterà oltre 80 opere dei quattro fotografi, tra cui 40 del solo Edward. Saranno presenti i suoi maggiori capolavori: dai ritratti plastici ai nudi che esaltano forme e volumi, dalle dune di sabbia agli oggetti trasformati in sculture, sino ai celebri vegetable – peperoni, carciofi, cavoli – e le conchiglie riprese in primissimo piano.

Spesso direttamente paragonata alla pittura e alla scultura, la fotografia di Edward Weston è l’espressione di una ricerca ostinata di purezza, nelle forme compositive così come nella perfezione quasi maniacale dell’immagine. L’autore indaga gli oggetti nella loro quintessenza, eleggendoli a metafore visive degli elementi stessi della natura.

Dal 31 Marzo 2022 al 24 Luglio 2022 – Museo di Santa Giulia – Brescia

STEVE MCCURRY. FOR FREEDOM

© Steve McCurry | Steve McCurry, Afghanistan

Da Palazzo Reale di Palermo l’urlo di denuncia per i diritti delle donne afghane.
Contro la libertà negata. Ingabbiate, invisibili. Gli sguardi raccontano un futuro che non esiste più.
“For Freedom” è il racconto fotografico di un dramma in pieno svolgimento: un nuovo progetto autoriale che racchiude 49 immagini. 
La mostra, che aprirà al pubblico dal 29 marzo al 17 luglio 2022, è frutto di una collaborazione tra la Fondazione Federico II e il più celebre fotografo al mondo di reportage antropologico, Steve McCurry: insieme per stimolare le coscienze. 
La Fondazione ha fatto tesoro dell’incontro con il fotografo che ha saputo raccontare l’Afghanistan negli ultimi quarant’anni «testimoniando le donne afghane tra violenze, miserie, speranze».

Col ritorno dei talebani nel 2021, le donne in Afghanistan hanno perso da un giorno all’altro ogni diritto allo studio e alla vita sociale. Bandite da ogni attività. Una tragedia che si perpetua quotidianamente, annullando qualsiasi forma di libertà di pensiero e di azione per tutte le donne e le bambine afghane. 

Protagonista della mostra è l’oltraggio morale all’Umanità, la violazione dei diritti fondamentali, attraverso una narrazione fotografica densa di pathos ambientale e umano. 

La mostra gode di un allestimento scenografico e site specific in uno spazio emblematico del Palazzo Reale di Palermo, attraversato da migliaia di visitatori. Allestimento che segue concettualmente l’evoluzione della condizione della donna in Afghanistan.

“Ci sono scatti che divengono voce, urlo, richiesta di aiuto
 – afferma Gianfranco Miccichè, presidente della Fondazione Federico II -. Dinnanzi ad essi non possiamo sottrarci al ruolo di testimoni. Affinché la nostra coscienza si interroghi su quelle atrocità, è fondamentale rievocare attraverso le immagini la dimensione di anelito di libertà e di riscatto sociale. Le fotografie di McCurry per noi rappresentano un ponte ideale verso il mondo afghano. Non a caso abbiamo dedicato a For Freedom un’area del palazzo che solitamente non viene utilizzata per le mostre”. 

“La mostra For Freedom – dice Patrizia Monterosso, direttore generale della Fondazione Federico II – è la narrazione della negazione di quella garanzia di libertà e di diritti per le donne afghane che sembrava conquistata. L’unicità delle fotografie di McCurry rimbalza continuamente tra significati passati e presenti, tra le speranze e le libertà un tempo acquisite e le atrocità del presente. Davanti alle immagini e alle notizie drammatiche di questi mesi abbiamo colto il senso autentico della sua incredulità e abbiamo voluto offrire una mostra che desse voce alle donne dell’Afghanistan diventate nuovamente invisibili e senza identità”.

L’esplorazione che McCurry offre nelle sue opere fotografiche sottende una complessa osservazione del mondo, una costante capacità di mettere a confronto Occidente e Oriente, di divulgare e denunciare gli atti frutto della crudeltà e dell’egoismo umani, oltreché la coesistenza tra mondi liberi da un lato e sofferenze inenarrabili imposte a moltitudini indifese dall’altro.

Dal 29 Marzo 2022 al 17 Luglio 2022 – Palazzo Reale

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FOTOGRAFIA ITALIANA CONTEMPORANEA

Allegra Martin, Untitled dalla serie Arcadia, 2018-2021

Dal 25 marzo al 24 aprile 2022, lo spazio The Sanctuary a Milano (Scalo Lambrate, via Saccardo 12) ospita la mostra Fotografia italiana contemporanea.

L’esposizione, curata da Andrea Tinterri e Luca Zuccala, esplora il panorama dell’immagine contemporanea, attraverso le opere di sedici autori: Mattia Balsamini, Fabio Barile, Fabrizio Bellomo, Silvia Bigi, Alessandro Calabrese, Marina Caneve, Nicolò Cecchella, Giorgio Di Noto, Rachele Maistrello, Silvia Mariotti, Allegra Martin, Jacopo Rinaldi, Alessandro Sambini, Caterina Erica Shanta, Jacopo Valentini, Emilio Vavarella.

L’iniziativa inaugura la nuova piattaforma digitale Galleria Indice (www.galleriaindice.com), dedicata alla fotografia contemporanea italiana. Il progetto nasce come una realtà online che vuol far conoscere attraverso mostre, confronti, conversazioni, iniziative varie, la nuova fotografia italiana e diventare il punto di riferimento di questo linguaggio che oggi sta vivendo un’importante trasformazione.

La rassegna propone sedici opere, una per ogni artista, e raccoglie progetti che documentano la frammentarietà del panorama creativo italiano, che va dal rapporto diaristico con la fotografia, come in Arcadia di Allegra Martin, con fotografie di paesaggio in piccolo formato a raccontare una frequentazione intima con l’immagine, fino al lavoro Human Image Recognition di Alessandro Sambini in cui l’autore ha dapprima selezionato una serie di immagini iconiche o comunque di larga diffusione, quindi ha suddiviso, come farebbe un algoritmo, il rettangolo visivo in diverse porzioni assegnando a ognuna di essa un nome
È all’interno di questi due poli che si configurano le ricerche degli artisti di Galleria Indice; in Isoai di Mattia Balsamini, il ricordo del paesaggio d’infanzia diventa contenitore di forme ricorrenti, Fabrizio Bellomo propone un’ indagine analitica di macerie ancora abitabili e abitate nel paese di Ksamil in Albania, Nicolò Cecchella s’immerge in una dimensione barocca verificando le potenzialità della materia, Silvia Mariotti accompagna lo spettatore in un bosco al limite dell’informale, Jacopo Rinaldi sovrappone in una sola immagine i volti di una classe di quarantuno bambini tra cui compaiono quelli del filosofo Ludwig Wittgenstein e di Adolf Hitler. 
Fabio Barile guarda il paesaggio investigando il concetto di soglia e confine, Marina Caneve, con il progetto Entre chien et loup, si confronta con la dimensione monumentale e immaginifica della montagna, Silvia Bigi filtra il ricordo del sogno attraverso un algoritmo restituendo forme frastagliate in scala di grigi, Alessandro Calabrese continua il suo attento lavoro ‘metafotografico’ stampando sul verso ‘sbagliato’ della carta fotografica, ottenendo un’immagine liquida e instabile, Giorgio Di Noto, con il progetto Matrix sottopone alcune immagini iconiche della storia della fotografia alla ricodifica di un algoritmo, Rachele Maistrello, in Stella Maris, modifica il paesaggio limitrofo a una casa di cura per dare forma alla fantasia e alle percezioni degli ospiti che la abitano. E ancora, Caterina Erica Shanta indaga i frammenti iconografici rimasti a seguito di un disastro climatico, intersecando due momenti drammatici come la tempesta Vaia del 2018 e l’alluvione di Firenze del 1966, Jacopo Valentini esplora la cultura visiva del territorio campano del Vesuvio, modellando un carattere metafisico tra architettura e natura, Emilio Vavarella, nel progetto Double Blind, ricerca il rapporto tra memoria e immagine, attraverso le testimonianze degli abitanti di Santa Maria di Leuca e della loro emigrazione durante gli anni cinquanta.

“Quello su cui abbiamo lavorato – sottolineano Andrea Tinterri e Luca Zuccala – è una proposta eterogenea per restituire un’ampiezza linguistica e tematica. La curatela si è limitata a un carotaggio sulla nuova fotografia italiana senza circoscrivere il campo e innalzare barriere ideologiche. Ormai il termine fotografia è spesso limitante, paradossalmente noi vogliamo rimanere fedeli a questa categoria per portarla alle estreme conseguenze e quindi superarla”. 
Galleria Indice – proseguono Andrea Tinterri e Luca Zuccala – vuole raccogliere sotto un unico cappello l’espressione migliore della fotografia italiana contemporanea”.

Galleria Indice si occupa di promuovere, approfondire e veicolare la ricerca di artisti che includono la fotografia all’interno della loro progettualità, senza escludere contaminazioni tecniche e linguistiche.

La piattaforma si caratterizza per un ampio approfondimento critico in modo da diventare un punto di riferimento non solo per collezionisti, ma anche per un pubblico di curatori, ricercatori, professionisti o semplici appassionati.
Sul sito www.galleriaindice.com, i lavori degli artisti sono accompagnati da interviste e interventi che contestualizzano e approfondiscono i diversi progetti selezionati. 

Galleria Indice è una società Benefit che si impegna a devolvere una percentuale di ogni vendita all’Associazione Praevenus, dedita alla ricerca e alla prevenzione del tumore al seno.

Dal 24 Marzo 2022 al 24 Aprile 2022 – The Sanctuary – Milano

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GENOVA SESSANTA

Arti visive, architettura e società.

Le trasformazioni della città, della creatività e del costume negli anni del boom economico.


© Lisetta Carmi Martini & Ronchetti 

La rivoluzione degli Anni Sessanta a Genova.

La racconta, ricorrendo all’architettura, all’arte, al design, alla fotografia… una grandiosa mostra-affresco che dal 14 aprile al 31 luglio 2022 aprirà al Palazzo Reale di Genova, nel Teatro del Falcone.

L’esposizione è promossa da Palazzo Reale (Ministero della Cultura), a cura di Alessandra Guerrini e Luca Leoncini con Benedetto Besio, Luisa Chimenz, Leo Lecci e Elisabetta Papone. L’obiettivo è quello di raccontare le grandi trasformazioni di Genova negli anni sessanta del Novecento, un decennio di profondi cambiamenti dovuti all’irrompere di nuove idee e rinnovati stimoli culturali, di significativi mutamenti sociali, d’innovazioni economiche e nuovi linguaggi che hanno segnato un’accelerazione nelle produzioni delle arti visive.

È una città in magmatico fermento quella che nel decennio del Grande Boom italiano vuole lasciarsi definitivamente alle spalle le ferite della guerra per darsi un volto ed un ruolo europei, puntando sull’industrializzazione e sui servizi, alimentati da nuove arterie di comunicazione e da nuovi quartieri progettati per ospitare una forza lavoro proveniente dal Sud. In un pugno di anni la vecchia Genova si trasforma, calamitando grandi professionisti da fuori ma galvanizzando anche le risorse culturali proprie, per trasformare visioni in realtà. L’energia della crescita incentiva la creatività in tutti i settori, dall’arte, al design alla musica, alla cultura, all’economia.

Fisiologicamente, è una storia di luci ed ombre, fotografia di una Italia che in quel fatidico decennio cerca una sua non facile nuova strada.

Oggi, a distanza di 60 anni da quegli anni ’60, la cronaca si è fatta storia e diventa meno velleitario tracciare delle analisi, evidenziando la potenza rigeneratrice che spingeva verso dei futuri ritenuti comunque migliori, senza tralasciare le molte contraddizioni di un’epoca che, comunque la si valuti, continua a incidere, se non connotare, la Genova di oggi.

Un viaggio entusiasmante in quella fucina di energie e visioni esistenziali che fu la Genova degli anni sessanta scandito, lungo tutto il percorso espositivo, dagli scatti di alcuni dei grandi fotografi genovesi attivi in quegli anni – Lisetta Carmi e Giorgio Bergami soprattutto – con disegni di architettura, arredi di design, grafica pubblicitaria, oggetti industriali, dipinti e sculture di autori di assoluto primo piano, da Lucio Fontana a Andy Warhol, da Mimmo Rotella a Vico Magistretti, da Gio Ponti a Franco Albini, da Angelo Mangiarotti a Eugenio Carmi.

L’allestimento del Teatro del Falcone – esso stesso luogo emblematico di quel decennio –, punta dunque ad accompagnare il visitatore in un percorso cronologico e tematico, organizzato per sezioni intese quali frammenti di specifiche esperienze esemplificative di un determinato processo di sviluppo, attraverso i fatidici anni sessanta che inevitabilmente agirono anche da ponte di raccordo tra passato e futuro.

14 aprile / 31 luglio 2022 – Genova, Palazzo Reale, Teatro del Falcone

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IO, LEI, L’ALTRA. RITRATTI E AUTORITRATTI FOTOGRAFICI DI DONNE ARTISTE

© Mari Katayama, Collezione privata, Roma | Mari Katayama, You’re mine #002, 2014

Dal 19 marzo al 26 giugno 2022 il Magazzino delle Idee di Trieste presenta la mostra Io, lei, l’altra – Ritratti e autoritratti fotografici di donne artiste, a cura di Guido Comis in collaborazione con Simona Cossu e Alessandra Paulitti. Prodotta e organizzata da ERPAC – Ente Regionale per il Patrimonio Culturale del Friuli Venezia Giulia – l’esposizione ripercorre, attraverso novanta opere, la fotografia degli ultimi cento anni e permette di valutare la nuova concezione della donna e il suo ruolo attraverso una successione di straordinarie immagini da Wanda Wulz a Cindy Sherman, da Florence Henri a Nan Goldin.

Il ritratto e l’autoritratto fotografico sono una testimonianza straordinaria del difficile processo di affermazione di sé e della conquista di una nuova identità sociale da parte delle artiste donne nel Novecento e nei primi anni del nuovo secolo. I ritratti e gli autoritratti sono luoghi di confronto, ma anche di conflitto fra espressioni diverse dell’identità. A forme convenzionali di rappresentazione si contrappongono nuovi modi di esprimere la propria personalità; i ruoli consolidati della rappresentazione della donna, le pose ripetitive mutuate dai ritratti tradizionali cedono spazio a modalità di espressione inedite. 

Da modella al servizio di un artista la donna si trasforma in figura attiva e creativa. Ai ritratti eseguiti da uomini – come Man Ray, Edward Weston, Henry Cartier-Bresson, Robert Mapplethorpe, solo per citare alcuni dei fotografi presentati in mostra – si accostano ritratti e autoritratti di donne artiste e fotografe, tra cui Wanda Wulz, Inge Morath, Vivian Maier, Nan Goldin, Cindy Sherman, Marina Abramović.
Il rapporto fra soggetto e autore della foto contribuisce alla stratificazione dei significati e arricchisce le possibilità di interpretazione. Se l’intuito ci porta a pensare che le autorappresentazioni offrano un’immagine dell’autore più autentica rispetto ai ritratti eseguiti da altri, le opere raccontano una storia spesso diversa in cui le donne dimostrano di saper imporre la propria personalità a colui che sta dall’altra parte dell’obiettivo; allo stesso tempo i fotografi rivelano una straordinaria capacità nell’interpretare il carattere di chi sta loro di fronte. Leonor Fini, la marchesa Luisa Casati, Meret Oppenheim si servono dell’obiettivo dei colleghi uomini per esprimere tutto il loro fascino e la loro forza seduttiva. Florence Henri, Francesca Woodman e Nan Goldin al contrario, puntano su di sé l’obiettivo della macchina fotografica per rivelare a loro stesse e a chi le osserva aspetti celati della propria personalità, mettendo in scena, in alcuni casi, le proprie debolezze. 

La mostra è suddivisa in sezioni, ognuna delle quali rende conto di una diversa forma di rappresentazione dei ruoli che le donne interpretano nelle fotografie. La sezione “Artiste e modelle” è dedicata alle donne che sono state creatrici e allo stesso tempo hanno prestato i loro volti e i loro corpi per opere altrui, come è il caso di Meret Oppenheim, Tina Modotti, Dora Maar. La sezione intitolata “Il corpo in frammenti” raccoglie gli autoritratti che restituiscono immagini di corpi parziali, riflessi in specchi fratturati, con l’epidermide percorsa da linee che ne interrompono l’integrità, come se in ciò si rispecchiasse la difficoltà di rappresentarsi. I ritratti degli anni Settanta che hanno per protagoniste Valie Export, Jo Spence e Renate Bertlmann mimano ironicamente l’immagine tradizionale della donna come madre, donna di casa o oggetto sessuale. “Una, nessuna e centomila” raccoglie gli autoritratti delle artiste che, da Claude Cahun a Cindy Sherman, hanno utilizzato il proprio corpo per interpretare attraverso mascheramenti identità o stereotipi diversi. Un’altra sezione affronta il tema degli stereotipi nella rappresentazione dalle identità culturali e sessuali, un’altra ancora a quelli nella definizione dei canoni di bellezza mentre alcune fotografie sono dedicate ad artiste accanto a proprie creazioni come nel caso del celeberrimo ritratto di Louise Bourgeois eseguito da Robert Mapplethorpe.

Va infine segnalato che l’esposizione Io, lei , l’altra si inserisce in un progetto avviato dalle istituzioni culturali afferenti l’ERPAC dedicato al tema dell’autoritratto e del ritratto in una prospettiva storico-artistica che spazia dal rinascimento fino ai giorni nostri. A partire dal mese di maggio avrà luogo a Palazzo Attems Petzensteindi Gorizia la mostra Riflessi, che svilupperà il tema del ritratto attraverso prestiti da numerose istituzioni europee mentre alla Galleria Regionale d’Arte contemporanea Luigi Spazzapan si terrà l’esposizione Artista + Artista che vedrà riuniti interventi di ricerca di artisti legati al Friuli Venezia Giulia.

Dal 18 Marzo 2022 al 26 Giugno 2022 – Magazzino delle Idee – Trieste

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Libri in mostra

A partire dal 24 marzo 2022 Magazzini Fotografici ospiterà nei suoi spazi una rassegna interamente dedicata al libro fotografico con in mostra le produzioni editoriali vincitrici del più prestigioso riconoscimento dell’editoria fotografica in Italia, il Premio Marco Bastianelli.

L’evento organizzato da Magazzini Fotografici, in collaborazione con Elisabetta Portoghese –  founder del premio Bastianelli – avrà come protagonisti i progetti che hanno ottenuto negli anni il riconoscimento e conterrà un allestimento di tutti i photobooks vincitori. Una sezione ad hoc sarà anche dedicata alle fanzine vincitrici del premio CdpZine.

Durante l’ arco della manifestazione saranno organizzati, a cura di Valeria Laureano, incontri di approfondimento e dibattiti live e online con alcuni degli autori vincitori dei premi.

Primi ospiti della serata inaugurale: Antonio Biasiucci, premiato nella prima edizione del premio Bastianelli, nel 2005, per il libro RES; i vincitori dell’edizione 2021 Aldo Frezza, premiato per il libro Non correre e Valeria Cherchi (in collegamento) che ha ricevuto il riconoscimento per il libro Some of You Killed Luisa. Saranno inoltre presenti Elisabetta Portoghese, Adele Marini – responsabile dell’Archivio Luciano D’Alessandro giudice del premio Bastianelli e  Yvonne De Rosa, fondatrice di Magazzini fotografici e giudice del premio Marco Bastianelli.

24 marzo 2022 | 10 aprile 2022 – Magazzini Fotografici – Napoli

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Mare Omnis di Francesco Zizola e Epifanie/03 – LAB/per un laboratorio irregolare a cura di Antonio Biasiucci

Due mostre dedicate alla fotografia

Dal 27 aprile 2022, nell’affascinante cornice del seicentesco Palazzo Borghese a Roma all’interno delle suggestive sale affrescate della galleria terrena, la Galleria del Cembalo attende i visitatori con due nuove mostre dedicate alla fotografia: Mare Omnis di Francesco Zizola e Epifanie/03 – LAB/per un laboratorio irregolare a cura di Antonio Biasiucci.

La mostra Mare Omnis di Francesco Zizola, visitabile fino al 30 giugno 2022, presenta una raccolta di 22 fotografie di grande formato che sembrano raffigurare delle costellazioni lontanissime, ma che in realtà sono tonnare, ossia reti da pesca inserite nel grande mare Mediterraneo fotografate da un drone: reti che i tonnarotti – coloro che si occupano della mattanza –installano per catturare i tonni nella loro migrazione verso la costa.

Le immagini sono state tutte realizzate nel mare del Sulcis, nella Sardegna sud occidentale, presso la Tonnara di Portoscuso, che in quelle acque opera da secoli. Nelle fotografie i punti bianchi sono boe e i fili argentati sono le cime che assicurano le parti galleggianti ai fondali. La mostra Mare Omnis documenta in maniera antropologica la vita vissuta in mare attraverso forme di pesca ancora manuali, locali, sostenibili, secondo tradizioni centenarie, indagando il rapporto dell’uomo con la natura e della sua influenza sul mare declinato attraverso un linguaggio visivo articolato e complesso. Costruire i propri strumenti di lavoro, gettare le reti in mare, trascorrere giorni e mesi in attesa della pesca, essere soggetti alle leggi della natura, compongono quel patrimonio di sapere legato alla prossimità con il mare e ad una vita in rapporto con esso che oggi è sostituito da metodi di pesca intensivi e industriali.  Le immagini presentate ci restituiscono – attraverso un quadro visivo potentissimo – il sentimento di una relazione simbiotica che ricuce quella separazione tra uomo e natura adottata dalla società contemporanee: acqua che diventa paesaggio astratto, pesci colti nelle fitte reti immerse nel mare.

La scelta della stampa in bianco e nero è fatta per stimolare l’immaginazione di chi guarda verso uno spaesamento percettivo; il fotografo mette in atto un deliberato inganno semantico per deviare i sensi utilizzando la memoria istintiva. Così, le grandi reti della tonnara finiscono ad assomigliare a cose diverse; alcuni ci leggono dei dream catcher etnici, altri dei graffiti arcaici, altri ancora delle costellazioni nella notte. La serie si chiama Constellation perché alcune di queste fotografie sono espressamente organizzate per rimandare ad una visione notturna delle costellazioni, mentre in altre immagini già dalla prima inquadratura Zizola ha intravisto nelle forme di luce un quadro di Paul Klee, l’Angelus Novus.

Trovo oggi più interessante usare la fotografia per invitare la nostra percezione e la nostra mente su un piano immaginifico e simbolico, capace di procedere per metafore narrative. E la narrazione per me è quella che riguarda il senso del nostro essere e del nostro agire” dice Francesco Zizola.

Come ricorda Barthes: “Qualunque cosa essa dia a vedere e quale che sia la sua maniera, una foto è sempre invisibile: ciò che noi vediamo non è lei.

Cosa guardiamo veramente quando vediamo un’immagine? Cosa riconoscono i nostri occhi davanti ad esse?Sono le domande che ci poniamo osservando le fotografie di Mare Omnis. L’ambiguità è totale e Zizola sceglie di ragionare sul paradigma del fotografico sapendo che le immagini hanno il meraviglioso compito di creare percorsi di significato dando origine a processi di consapevolezza nello spettatore. “C’è una verità estatica, poetica. È misteriosa e inafferrabile, e può essere raggiunta solo attraverso l’immaginazione e la stilizzazione. La fotografia ha il compito di aprire nuove possibili comprensioni della complessità della realtà” commenta Francesco Zizola.

Ad affiancare Mare Omnis, dopo il successo dell’edizione 2017, il LAB/per un laboratorio irregolare a cura di Antonio Biasiucci torna negli affascinanti spazi della Galleria del Cembalo con la mostra Epifanie/03, la terza edizione del progetto, visitabile fino al 14 maggio 2022. LAB/per un laboratorio irregolare nasce nel 2012 per rispondere all’esigenza di creare un percorso, di circa due anni completamente gratuito, rivolto a giovani artisti a cui trasmettere un metodo costante di approfondimento e critica del proprio lavoro. Anche nel difficile periodo della pandemia, il fotografo Antonio Biasiucci ha seguito gli allievi, in un costante confronto, guidando ognuno di loro nella produzione di un progetto di ricerca personale per assimilare un processo, un criterio, per arrivare a conquistare un proprio sentire, una propria autentica visione delle cose della vita. La mostra Epifanie/03 proporrà circa 80 opere fotografiche realizzate da Paolo Covino, Alessandro Gattuso, Valeria Laureano, Laura Nemes-Jeles, Claire Power, Ilaria Sagaria, Giuseppe Vitale e Tommaso Vitiello. Gli autori della terza edizione del LAB hanno raccontato la propria “epifania” (dal greco επιφάνεια, manifestazione, apparizione), realizzando portfolio fortemente diversi tra loro sia per forme che per contenuti. Otto narrazioni, sguardi autonomi, progetti eterogenei guidati da un unico metodo.

“Oggi restituisco quello che mi è stato dato, perché non ha senso che sia io solo a salvarmi. – spiega Antonio Biasiucci – Metto a disposizione le mie conoscenze, affinché sia dato spazio, tempo e possibilità ad altri di fare fotografia attraverso un Laboratorio ispirato ad Antonio Neiwiller, regista napoletano scomparso venticinque anni fa, che io considero mio maestro. Il Laboratorio produce immagini essenziali, nelle quali l’autore può trovare una parte di sé; sono immagini che si aprono all’altro. Dura circa due anni ed è composto ogni volta da un gruppo eterogeneo di 8 giovani autori dove il confronto, lo scambio, l’empatia verso l’altro sono una premessa fondamentale affinché ognuno possa trovare un proprio linguaggio. Hanno condiviso, mostrando fotografie di volta in volta, le loro esperienze di vita. Ognuno è stato reso partecipe, assistendo al processo artistico dell’altro.”

MOSTRA EPIFANIE/03 – LAB/ PER UN LABORATORIO IRREGOLARE A CURA DI ANTONIO BIASIUCCI

Dal 27 aprile al 14 maggio 2022

MOSTRA MARE OMNIS DI FRANCESCO ZIZOLA

Dal 27 aprile al 30 giugno 2022

Palazzo Borghese – Roma

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PRIMUM VIVERE. RITRATTI POETICI DI ENZO ERIC TOCCACELI

© Enzo Eric Toccaceli | Enzo Eric Toccaceli, Alda Merini

Nella Giornata mondiale della Poesia, lunedì 21 marzo, la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea inaugura la mostra Primum vivere, che espone gli scatti con cui il fotografo Enzo Eric Toccaceli ha ritratto numerosissimi volti di poeti e poetesse, italiani e stranieri.
A formare un percorso che attraversa i luoghi di passaggio e di scambio all’interno del museo, l’esposizione di circa 150 fotografie si snoda lungo i corridoi del bookshop della Galleria fino a un focus dedicato interamente ad Alda Merini, per proseguire nel corridoio che unisce i principali settori espositivi. Si tratta di immagini che Toccaceli ha realizzato nel corso di una lunga carriera, costellata da incontri casuali e amicizie intrecciate con personalità della letteratura e della poesia.

Questa giornata dedicata alla poesia, che opportunamente cade in una data che segna la rinascita, si presenta per offrirci un’occasione di luminosa riflessione e di bellezza, di cui oggi si avverte un’urgenza necessaria.

“Quando di una poesia ci resta nella mente un’immagine o un suono, una parola segreta o il colore di una metafora, è perché della poesia la cosa che appare indimenticabile è il respiro, l’intonazione, insieme a un profondo e amplificato orizzonte. In un certo senso, ogni poesia è anche semplicemente la memoria di un volto. (…) Il senso della mostra fotografica di Enzo Eric Toccaceli sta forse in questo: mostrare i molti io e noi che abitano l’anima; che non c’è essere umano che non abbia in sé milioni e milioni di altri individui; confessare che i volti dei poeti e delle poetesse e quelli delle poesie sono, in fondo, la testimonianza più semplice e pudica del fatto che, nella vita, la cosa più decente e più dignitosa sia ancora scrivere e leggere e pensare, come se solo questo – una parola, un colore, appunto uno sguardo – fosse la maniera sublime per dare senso al segreto fuggitivo della realtà.” 
Arnaldo Colasanti 

Dal 21 Marzo 2022 al 01 Maggio 2022 – Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea – Roma

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GUIA BESANA. CARRY ON

Guia Besana, Carry on, The Conversation

Dall’11 marzo al 16 aprile 2022, STILL Fotografia a Milano ospita la mostra di Guia Besana, dal titolo Carry on.

La rassegna, curata da Clelia Belgrado e Viana Conti, presenta 15 fotografie tratte dal suo progetto più recente che, ispirato dalla sua paura di volare, vira verso temi universali, quali l’impossibile controllo del tempo e degli eventi.
Carry on, il cui titolo oscilla tra il senso letterale di bagaglio a mano e quello metaforico di viaggio interiore in cui parimenti si affollano sensazioni di terrore per il volo, nasce dalla visione dei filmini Super8 dell’infanzia dell’artista, in particolare quello in cui viene trascinata dalla madre attraverso la pista di decollo e poi sull’aereo, che scompare nel cielo. 

Le sue immagini fissano momenti come frammenti di un film, a metà tra fiction e realtà. In queste scene si percepiscono due tempi: un tempo dilatato, nel quale i soggetti vengono messi in scena in situazioni riflessive o immobili, e uno più precipitoso nel quale gli stessi vivono uno stato di ansia o pericolo lasciando allo spettatore la libertà di interpretare la storia. 
La protagonista degli scatti è una giovane donna; oggetti  sono sparsi sui sedili o sul pavimento dell’aereo, siano questi una borsetta, un portacipria, una collana. Accanto a questi, compaiono altri elementi, che descrivono la tensione della passeggera, come i mozziconi di sigaretta raccolti in un posacenere o un puzzle con le tessere sparse sulla moquette, che svelano un volto di donna decisamente inquieto.

“Con la sua personale Carry On – afferma Viana Conti, nel saggio pubblicato nel volume “VisionQuest” – Guia Besana, Canon Ambassador dal 2016, restituisce in mostra, come nelle tessere di un mosaico, le proiezioni di un immaginario femminile in volo. Il suo mondo è quello della staged photography, un mondo che abita nella mente dell’artista e che, a partire dall’inizio della mise en place dei suoi componenti, trasforma progressivamente l’illusione di un set artificiale in realtà: in un’opera potenzialmente in grado di suscitare emozioni in chi la guarda. 

Dal 11 Marzo 2022 al 16 Aprile 2022 – Still Fotografia – Milano

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Anna Brenna – Sulle palafitte: una storia che continua

Sul lago Inle, l’acqua è un elemento essenziale per la vita della popolazione. Un’immensa distesa di acqua placida dello stesso colore del cielo, specchio del carattere pacifico ed equilibrato di quella popolazione che ci vive a stretto, strettissimo contatto.

Il lago si trova nella parte centrale della penisola del Myanmar (ex Birmania) e ospita sulle sue rive circa 70.000 abitanti.

Qui l’intera vita delle persone avviene sull’acqua: si vive in palafitte di legno, si coltivano ortaggi e fiori in orti galleggianti, ci si posta in barca nei canali formati dal lago, con l’acqua del lago ci si lava e si fa il bucato, sull’acqua del lago vengono organizzati mercati e il lago è popolato da molti pescatori, le cui sagome si spostano leggiadre sull’acqua, simili a a quelle di eleganti fenicotteri.

Le palafitte sono costruite in legno e anche gli interni sono completamente rivestiti in legno e decorati con tappeti, stuoie e tessuti.

Non molto diversa doveva essere la vita nei villaggi palafitticoli, che costellavano il territorio italiano 4000 anni fa.

Dal 10 aprile al 23 ottobre – Museo delle palafitte – Fiavè (TN)

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CONNESSIONI: DIRITTI, AMBIENTE, CONFLITTI

Torna l’appuntamento con Cascina Roma Fotografia, a San Donato Milanese. E lo fa a partire dal 9 aprile fino al 22 maggio con quattro mostre di qualità eccezionale, molto diverse tra loro.

Quattro grandi fotografi internazionali che a diverso titolo e con molteplici linguaggi hanno esplorato le tematiche ambientali e della conservazione della specie, i diritti dei popoli indigeni all’autodeterminazione, i sogni dei bambini intrappolati in conflitti civili e infine il business degli armamenti.

Una serie che si articola tra le sale di Cascina Roma Fotografia e gli spazi pubblici outdoor, accessibili grazie ad un approccio volto a portare la fotografia nella comunità.

Gli autori sono Ami Vitale con Storie che fanno la differenza, Nikita Teryoshin con Niente di personale – Il back office della guerra, Pablo Ernesto Piovano con Il risveglio di voci antiche e Vincent Tremeau per OCHA con Un giorno, io sarò.

Ami Vitale ci farà viaggiare attraverso Cina e Kenya dove ha documentato con il suo sguardo attento la stretta relazione di complicità che si crea tra gli esseri umani e gli animali. Un’analisi profonda che mette in luce grandi sfide globali e problematiche locali raccontate attraverso gli scatti di una fotografa che tanto si spende per la conversazione delle specie e che costantemente cerca non solo di sensibilizzare il pubblico, ma anche di proporre soluzioni. Numerose infatti sono le iniziative di advocacy e raccolta fondi che promuove da sempre.

La Cina ha intrapreso un percorso per salvare il suo ambasciatore più conosciuto: il panda. Ami ha seguito per anni la vita segreta di questi animali. Grazie all’accesso che le è stato riservato ha potuto documentare l’incredibile viaggio che ha riportato questi animali nel loro habitat naturale. In Kenya, ha raccontato invece gli sforzi di quelle organizzazioni e comunità locali che si stanno battendo per salvaguardare elefanti e rinoceronti.

Nikita Teryoshin ci porta invece dietro le quinte del business mondiale della difesa e il back office della guerra, esattamente l’opposto di un campo di battaglia: un parco divertimenti per adulti di dimensioni esagerate con vino, finger food e armi luccicanti. Qui i cadaveri sono manichini o pixel sugli schermi di enormi simulatori. Bazooka e mitragliatrici sono collegati a schermi piatti e le fasi della guerra vengono inscenate in un ambiente artificiale, davanti a una tribuna piena di ospiti importanti, ministri, capi di stato e mercanti di armi.

Le immagini di cui si compone il progetto iniziato nel 2016 e tutt’ora in corso, provengono da 14 esposizioni di settore tra il 2016 e il 2020 in Europa, Africa, Asia, Nord e Sud America (Polonia, Bielorussia, Corea del Sud, Germania, Francia, Sudafrica, Cina, Emirati Arabi Uniti, Stati Uniti d’America, Perù, Russia, Vietnam e India). L’obiettivo ultimo di questo progetto è scattare foto in ogni continente al fine di porre l’attenzione sulla dimensione globale di questo business.

Lo straordinario lavoro di Pablo Ernesto Piovano racconta la lotta della comunità Mapuche in Sudamerica, in particolar modo in Argentina e Cile. I Mapuche sono stati prima combattuti dalla Corona spagnola, ma resistettero grazie al loro essere organizzati in tante comunità, e poi semi sterminati tra il 1860 e il 1885 a seguito di campagne militari dei nascenti stati nazionali.

Anche i processi di recupero territoriale iniziati negli anni ’60 sono stati schiacciati dalla violenza e dalla morte. Tuttavia, negli ultimi vent’anni diverse comunità hanno iniziato nuovi processi di recupero, che non si limitano solo al territorio, ma anche ai costumi, alla spiritualità, al linguaggio e alla storia portati via dagli eserciti vittoriosi.

Attualmente, i Mapuche, uno dei più numerosi popoli nativi del mondo, sono protagonisti di una rivolta senza precedenti: le loro comunità, pur condividendo la rivendicazione della loro identità culturale, rimangono autonome l’una dall’altra. E molti conducono forti difese della “madre terra”, opponendosi a progetti estrattivi di diversi tipi: silvicoltura, estrazione mineraria, idroelettrica, compagnie petrolifere.

Per questo motivo, visti gli investimenti milionari delle multinazionali, gli stati argentino e cileno hanno iniziato una nuova crociata contro il popolo Mapuche, che include omicidi e una sistematica persecuzione attraverso la giustizia, le forze statali e i media.

Le violazioni dei diritti umani sono all’ordine del giorno. Nel frattempo, il mondo guarda dall’altra parte ma il popolo Mapuche continua a resistere.

Vincent Tremeau porta infine un progetto ideato e voluto dall’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari (OCHA),  che racconta i sogni delle bambine intrappolate nei conflitti.

Una persona su 70 è coinvolta in una crisi umanitaria in questo momento. Le più colpite sono bambine e ragazze che a cui viene spesso negato il diritto a ricevere un’istruzione.  Durante la siccità, le ragazze hanno maggiori probabilità di perdere la scuola, poiché sono necessarie per raccogliere l’acqua e prendersi cura della famiglia.

Questa dura realtà raramente fa notizia. E questa mostra ha l’obiettivo di documentare ciò che viene spesso ignorato: le speranze e i sogni delle ragazze intrappolate nelle crisi.

Tutte di età compresa tra i 6 ei 18 anni, le ragazze qui ritratte si sono vestite per mostrarci chi vogliono essere quando saranno grandi, usando oggetti di fortuna trovati nelle  loro immediate vicinanze.

Dottoresse, insegnanti, giornaliste, pilote, poliziotte, imprenditrici, giocatrici di basket….

Queste immagini evidenziano il ruolo cruciale dell’istruzione per le ragazze nelle crisi umanitarie, per garantire la loro sicurezza e opportunità future.

9 aprile – 22 maggio 2022 – Cascina Roma Fotografia – San Donato Milanese

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Tutte le mostre di fotografia da non perdere a Marzo

Ciao,

rieccoci con il nostro appuntamento fisso con le mostre di fotografia.

Di seguito la nostra selezione. Se desiderate, segnalateci pure qualche mostra che magari ci è sfuggita.

Anna

CAPOLAVORI DELLA FOTOGRAFIA MODERNA 1900-1940: LA COLLEZIONE THOMAS WALTHER DEL MUSEUM OF MODERN ART, NEW YORK

CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia presenta, per la prima volta in Italia, la mostra “Capolavori della fotografia moderna 1900-1940. La collezione Thomas Walther del Museum of Modern Art, New York”: a Torino dal 3 marzo al 26 giugno 2022 una straordinaria selezione di oltre 230 opere fotografiche della prima metà del XX secolo, capolavori assoluti della storia della fotografia realizzati dai grandi maestri dell’obiettivo, le cui immagini appaiono innovative ancora oggi. Come i contemporanei Matisse, Picasso e Duchamp hanno saputo rivoluzionare linguaggi delle arti plastiche, così gli autori in mostra, una nutrita selezione di fotografi famosi e altri nomi meno noti, hanno ridefinito i canoni della fotografia facendole assumere un ruolo assolutamente centrale nello sviluppo delle avanguardie di inizio secolo. 

Un fermento creativo che prende avvio in Europa per arrivare infine negli Stati Uniti, che accolgono in misura sempre maggiore gli intellettuali in fuga dalla guerra, arrivando a diventare negli anni Quaranta il principale centro di produzione artistica mondiale.
Accanto ad immagini iconiche di fotografi americani come Alfred Stieglitz, Edward Steichen, Paul Strand, Walker Evans o Edward Weston e europei come Karl Blossfeldt, Brassaï, Henri Cartier-Bresson, André Kertész e August Sander, la collezione Walther valorizza il ruolo centrale delle donne nella prima fotografia moderna, con opere di Berenice Abbott, Marianne Breslauer, Claude Cahun, Lore Feininger, Florence Henri, Irene Hoffmann, Lotte Jocobi, Lee Miller, Tina Modotti, Germaine Krull, Lucia Moholy, Leni Riefenstahl e molte altre.

Oltre ai capolavori della fotografia del Bauhaus (László Moholy-Nagy, Iwao Yamawaki), del costruttivismo (El Lissitzky, Aleksandr Rodčenko, Gustav Klutsis), del surrealismo (Man Ray, Maurice Tabard, Raoul Ubac) troviamo anche le sperimentazioni futuriste di Anton Giulio Bragaglia e le composizioni astratte di Luigi Veronesi, due fra gli italiani presenti in mostra insieme a Wanda Wulz e Tina Modotti.

A riprova della ricchezza di poetiche e pensieri, all’interno della collezione Thomas Walther del Museum of Modern Art, New York si trovano fotografie realizzate grazie alle nuove possibilità offerte dagli sviluppi tecnici di questi anni, ma anche una molteplicità di sperimentazioni linguistiche realizzate attraverso diverse tecniche: collages, doppie esposizioni, immagini cameraless e fotomontaggi che raccontano una nuova libertà di intendere e usare la fotografia. 

È la particolarità di questi decenni a spingere il collezionista Thomas Walther a raccogliere, tra il 1977 e il 1997, le migliori opere fotografiche prodotte in questo periodo riunendole in una collezione unica al mondo, acquisita dal MoMA nel 2001 e nel 2017.

La mostra nasce da una preziosa collaborazione fra il Jeu de Paume di Parigi, il MASI di Lugano e CAMERA, dove è possibile vedere per l’ultima volta in Europa questi grandi capolavori della fotografia prima che tornino negli Stati Uniti. L’importanza storica, il valore artistico e la rarità dei materiali esposti rendono quindi questa mostra un appuntamento imperdibile.
Accompagna l’esposizione il catalogo edito da Silvana Editoriale in associazione con the Museum of Modern Art, New York, che include un saggio critico di Sarah Hermanson Meister, brevi introduzioni alle sezioni della mostra e riproduzioni di opere presentate. 

Mostra organizzata dal Museum of Modern Art, New York.
A cura di Sarah Hermanson Meister, curatrice del Dipartimento di Fotografia, The Museum of Modern Art, New York e Quentin Bajac, direttore del Jeu de Paume, Parigi con Jane Pierce, assistente alla ricerca, Carl Jacobs Foundation, The Museum of Modern Art, New York.
Coordinamento e sviluppo del progetto a CAMERA: Monica Poggi e Carlo Spinelli

Dal 03 Marzo 2022 al 26 Giugno 2022 – CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia – Torino

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ROBERT DOISNEAU

© Robert DOISNEAU/GAMMA RAPHO | Robert Doisneau, Vent rue Royale, Paris, 1950

Al Centro Saint-Bénin di Aosta, per iniziativa dell’Assessorato Beni Culturali della Regione Autonoma Valle d’Aosta, dal 5 marzo al 22 maggio 2022 sarà possibile visitare l’esposizione Robert Doisneau, una grande retrospettiva sul celebre fotografo francese.

“Le selezionatissime immagini che il curatore Gabriel Bauret ha scelto per questa mostra – rivela la Dirigente delle Attività espositive Daria Jorioz – provengono dall’Atelier Doisneau di Montrouge, nel sud della capitale francese. Sono immagini empatiche che avvicinano l’osservatore, lo rendono partecipe e non solo spettatore. Robert Doisneau incarna l’immagine del fotografo umanista immerso nella vita della sua città: ne coglie il respiro, le emozioni, le trasformazioni sociali, ne narra la bellezza, le contraddizioni, le storie minime che ne compongono la storia collettiva. Il fotografo francese cresce insieme alla sua città, la osserva prendendo appunti visivi, la racconta cominciando dalla strada, si specchia nei giochi dei bambini che inventano il loro mondo, narra la condizione a volte ruvida degli adulti. Lo fa sempre con delicatezza e garbo, talvolta con malinconia, spesso con un’ironia sottilmente dissimulata oppure giocosamente evidente.”

Tra le opere in mostra non poteva mancare Le Baiser de l’Hôtel de Ville, Paris, 1950, immagine celebre e iconica, ritenuta tra le più riprodotte al mondo. In questo suo celebre scatto Doisneau ha saputo catturare un momento magico e un’emozione che sono universali.

A Montrouge, Doisneau ha sviluppato e archiviato le sue immagini per oltre cinquant’anni, ed è lì che si è spento nel 1994, lasciando un’eredità di quasi 450.000 negativi. Dallo stesso atelier, oggi le sue due figlie contribuiscono alla diffusione e alla divulgazione della sua opera, accogliendo le continue richieste di musei, festival e case editrici.

Nato nel 1912 a Gentilly, una città nella periferia sud di Parigi, le prime tappe del percorso di Robert Doisneau sono segnate da una formazione nel campo della litografia, attività che abbandonerà rapidamente in favore di un apprendistato presso lo studio di André Vigneau, un fotografo che gli fornisce una finestra sul mondo dell’arte. Seguirà, per quattro anni, un’intensa collaborazione con il reparto pubblicitario della Renault.

Una volta libero da questo impegno, Robert Doisneau approda al tanto ambito status di fotografo indipendente, ma il suo slancio viene spezzato dalla guerra, che tuttavia non gli impedirà di continuare a fotografare. Subito dopo la Liberazione della capitale, di cui è testimone, comincia un periodo molto intenso di commissioni per la pubblicità (e in particolare per l’industria automobilistica), la stampa (tra cui le riviste “Le Point” e in seguito “Vogue”) e l’editoria.

In parallelo, porta avanti i suoi progetti personali, che saranno oggetto di numerose pubblicazioni, a cominciare dall’opera La Banlieue de Paris, uscita nel 1949 e creata in collaborazione con lo scrittore Blaise Cendrars.

La sua traiettoria si incrocia anche con quelle di Jacques Prévert e Robert Giraud, la cui esperienza e amicizia nutrono la sua fotografia, nonché con quella dell’attore e violoncellista Maurice Baquet, con il quale mette in scena un gran numero di immagini. Dal 1946 le sue fotografie vengono distribuite dall’agenzia Rapho. Qui conosce in particolare Sabine Weiss, Willy Ronis e, successivamente, Édouard Boubat, che insieme a lui formeranno una corrente estetica spesso definita “umanista”.

Nel 1983 gli viene assegnato il “Grand Prix national de la photographie”, a consacrazione di un’opera estremamente ricca e densa. Tale consacrazione passa attraverso le numerosissime esposizioni, in Francia come all’estero, le incalcolabili opere che rivisitano la sua fotografia dalle prospettive più varie e i documentari a lui dedicati. E ad Aosta il pubblico italiano avrà il piacere di avvicinarsi al grande fotografo attraverso ben 128 delle sue più belle immagini.

5 marzo – 22 maggio 2022 – Aosta, Centro Saint-Bénin

THE MAST COLLECTION – Un alfabeto visivo dell’industria, del lavoro e della tecnologia

© Sebastiao Salgado

È la prima grande esposizione di opere della Collezione della Fondazione: oltre 500 immagini tra fotografie, album, video di 200 grandi fotografi italiani e internazionali e artisti anonimi.

La Collezione della Fondazione MAST, unico centro di riferimento al mondo di fotografia dell’industria e del lavoro, conta più di 6000 immagini e video di celebri artisti e maestri dell’obiettivo, oltre ad una vasta selezione di album fotografici di autori sconosciuti.

Nei primi anni 2000 la Fondazione MAST ha creato questo spazio appositamente dedicato alla fotografia dell’industria e del lavoro con l’acquisizione di immagini da case d’asta, collezioni private, gallerie d’arte, fotografi ed artisti. Il patrimonio della Fondazione, che già conteneva un fondo che raccoglieva filmati, negativi su vetro e su pellicola, fotografie, album, cataloghi che negli stabilimenti di Coesia venivano prodotti fin dai primi del ‘900, si è così arricchito ed andato al di là dei parametri di materiale promozionale e documentaristico delle imprese del Gruppo industriale. La raccolta abbraccia opere del XIX secolo e dell’inizio del XX secolo con un processo di selezione valoriale e un accurato approccio metodologico a cura di Urs Stahel.

The MAST Collection – A Visual Alphabet of lndustry, Work and Technology”, curata da Urs Stahel, è la prima esposizione di opere selezionate dalla collezione della Fondazione: oltre 500 immagini tra fotografie, album, video di 200 grandi fotografi italiani e internazionali e artisti anonimi, che occupano tutte le aree espositive del MAST. Immagini iconiche di autori famosi da tutto il mondo, fotografi meno noti o sconosciuti, artisti finalisti del MAST Photography Grant on lndustry and Work, che testimoniano visivamente la storia del mondo industriale e del lavoro.

Tra gli artisti in mostra: Paola Agosti, Richard Avedon, Gabriele Basilico, Gianni Berengo Gardin, Margaret Bourke-White, Henri Cartier-Bresson, Thomas Demand, Robert Doisneau, Walker Evans, Luigi Ghirri, Mario Giacomelli, Mimmo Jodice, André Kertesz, Josef Koudelka, Dorotohea Lange, Erich Lessing, Herbert List, David Lynch, Don McCullin, Nino Migliori, Tina Modotti, Ugo Mulas, Vik Muniz, Walter Niedermayr, Helga Paris, Thomas Ruff, Sebastiao Salgado, August Sanders, W. Eugene Smith, Edward Steichen, Thomas Struth, Carlo Valsecchi, Edward Weston.

La mostra, proprio per la sua complessità, è strutturata in 53 capitoli dedicata ad altrettanti concetti illustrati nelle opere rappresentate. La forma espositiva è quella di un alfabeto che si snoda sulle pareti dei tre spazi espositivi (PhotoGallery, Foyer e Livello O) e che permette di mettere in rilievo un sistema concettuale che dalla A di Abandoned e Architecture arriva fino alla W di Waste, Water, Wealth.

“L’alfabeto nasce per mettere insieme incroci tra lo sguardo lontano e quello vicino, testi e momenti dello scatto, portando I’attenzione all’interno delle opere – spiega il curatore, Urs Stahel -. Lo stesso accade con le immagini e i fotografi coinvolti.

Questi 53 capitoli rappresentano altrettante isole tematiche nelle quali convivono vecchi e giovani, ricchi e poveri, sani e malati, aree industriali o villaggi operai. Costituiscono il punto di incontro delle percezioni, degli atteggiamenti e dei progetti più disparati. La fotografia documentaria incontra l’arte concettuale, gli antichi processi di sviluppo e di stampa su diverse tipologie di carta fotografica, come le stampe all’albumina, si confrontano con le ultime novità in fatto di stampe digitali e inkjet; le immagini dominate dal bianco e nero più profondo si affiancano a rappresentazioni visive dai colori vivaci. I paesaggi cupi caratteristici dell’industria pesante contrastano con gli scintillanti impianti high-tech, il duro lavoro manuale e la maestria artigianale trovano il loro contrappunto negli universi digitali, nell’elaborazione automatizzata dei dati. Alle manifestazioni di protesta contro il mercato e il crac finanziario si affiancano le testimonianze visive del fenomeno migratorio e del lavoro d’ufficio”.

Sul piano della scansione cronologica solo il XIX secolo è stato affrontato separatamente in una sezione dedicata alle fasi iniziali dell’industrializzazione e della storia della fotografia. Il filo conduttore è spesso costellato dai numerosi ritratti di lavoratori, dirigenti, disoccupati, persone in cerca di lavoro e migranti. “Il parallelismo tra industria, mezzo fotografico e modernità – prosegue Urs Stahel – produce a tratti un effetto che può disorientare. La fotografia è figlia dell’industrializzazione e al tempo stesso ne rappresenta il documento visivo più incisivo, fondendo in sé memoria e commento”.

La mostra documenta inoltre il progresso tecnologico e lo sforzo analogico sia del settore industriale sia della fotografia, rappresentato oggi dai dispositivi digitali ultra leggeri, in perenne connessione, capaci di documentare, stampare e condividere il mondo in immagini digitali e stampe 3D. Dall’industria, dalla fotografia e dalla modernità si passa all’alta tecnologia, alle reti generative delle immagini e alla post-post­ modernità, ovvero a una sorta di contemporaneità 4.0. Dalla semplice copia della realtà alle immagini generate dall’intelligenza artificiale.

La mostra “The MAST Collection – A Visual Alphabet of lndustry, Work and Technology” condensa gli ultimi 200 anni di storia ricchi, folli, intensi, esplosivi in più di 500 opere che raccontano della nostra quotidianità.

Dal 10 febbraio al 22 maggio 2022 – MAST Bologna

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Henri-Cartier Bresson – Cina 1948-49 | 1958

La mostra è stata realizzata grazie alla collaborazione della Fondazione Henri Cartier-Bresson e riunisce un eccezionale corpus di fotografie e documenti di archivio del fotoreporter francese: oltre 100 stampe originali insieme a pubblicazioni di riviste d’epoca, documenti e lettere provenienti dalla collezione della Fondazione HCB.

Un excursus senza precedenti che racconta due momenti-chiave nella storia della Cina: la caduta del Kuomintang e l’istituzione del regime comunista (1948-1949) e il “Grande balzo in avanti” di Mao Zedong (1958).
Un momento importante nella storia del fotogiornalismo mondiale, vissuto attraverso il personale approccio del maestro Cartier-Bresson, il quale per primo evidenzia – attraverso l’occhio del suo obiettivo – temi importanti del cambiamento nella storia contemporanea cinese, riuscendo a presentare al mondo occidentale anche aspetti tenuti nascosti dalla propaganda di regime come lo sfruttamento delle risorse umane e l’onnipresenza delle milizie.

Il 25 novembre 1948 la rivista “Life” commissiona a Henri Cartier-Bresson un reportage sugli “ultimi giorni di Pechino” prima dell’arrivo delle truppe di Mao. Il soggiorno, previsto di due settimane, durerà dieci mesi, principalmente nella zona di Shanghai.
Cartier-Bresson documenterà la caduta di Nanchino, retta dal Kuomintang, e si troverà poi costretto a rimanere per quattro mesi a Shanghai, controllata dal Partito Comunista, per lasciare infine il Paese pochi giorni prima della proclamazione della Repubblica Popolare Cinese (1° ottobre 1949).

Uno stile unico in grado di cogliere l’immediatezza e la veridicità dell’«Istante decisivo». In questa prospettiva l’uso del bianco e nero nelle sue fotografie gli permette di evidenziare la forma e la sostanza della realtà. Ogni suo scatto è così in grado di cogliere la contemporaneità delle cose e della vita.

18 febbraio 2022 – 3 luglio 2022 – MUDEC Milano

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Cortona On The Move AlUla

AlUla ospita Cortona On The Move Alula, prima edizione della manifestazione dedicata alla fotografia (9 febbraio-31 marzo 2022) in cui saranno esposte opere di 19 artisti provenienti da tutto il mondo, compresi fotografi dell’Arabia Saudita.

Cortona On The Move Alula, parte di AlUla Arts Festival nasce dalla collaborazione tra The Royal Commission for AlUla e Cortona On The Move – festival internazionale di fotografia con lo scopo di creare un’esperienza unica, site-responsive, nel villaggio AlJadidah di AlUla.

La prima edizione di Cortona On The Move Alula si intitola “Past Forward – Time, Life and Longing” dove le opere dei principali fotografi locali, regionali e internazionali saranno esposte nei cortili e lungo i muri, creando un emozionante viaggio di narrazione visiva.

Past Forward – Time, Life and Longing è co-curata da Arianna Rinaldo, curatrice e direttore artistico di Cortona On The Move dal 2012 al 2021, e dall’artista visiva e curatrice saudita Kholood AlBakr. Al centro del programma di mostre fotografiche è la dimensione del tempo che contraddistingue sia AlUla sia Cortona, luoghi in cui si respira l’eredità culturale della loro storia: AlUla nei meravigliosi deserti nel nord-ovest dell’Arabia Saudita e Cortona nel cuore storico dell’Italia.

Le mostre in programma:

Latif Al-Ani (Iraq) – A Tribute

Mohammed Al-Faraj (Arabia Saudita) – Guardians of the Oasis

Moath Al-Ofi (Arabia Saudita) – Thad (The Collection) 2019

Adel Al-Quraishi (Arabia Saudita) – Vast Land, Vast Faces

Ali Al-Shehabi (Bahrein) – Men of the Pearl

Alejandro Chaskielberg (Argentina) – Otsuchi Future Memories

Deanna Dikeman (USA) – Leaving and Waving

Osama Esid (Siria) – Ghost Camera

Stephanie Gengotti (Italia) – Circus Love

Tanya Habjouqa (Giordania) – Tomorrow There Will Be Apricots

Omar Imam (Siria) – Live, Love, Refugee

Amina Kadous (Egitto) – A Crack in the Memory of my Memory

M’hammed Kilito (Marocco) – Hooked to Paradise

Simon Norfolk (Nigeria) – Shroud

Catherine Panebianco (Canada) – No Memory Is Ever Alone

Aleksi Poutanen (Finlandia) – Fellow Creatures

Phillip Toledano (Regno Unito) – Maybe

Paolo Woods (Olanda) & Gabriele Galimberti (Italia) – Locked in Beauty

9 febbraio -31 marzo 2022 Cortona (AR)

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Le mostre della Biennale della Fotografia Femminile

BFF, la Biennale della Fotografia femminile, si svolgerà a Mantova dal 3 al 27 marzo 2022. Siamo già alla seconda edizione, la prima, nel 2020 è stata sacrificata alle piattaforme online per via del Covid. La manifestazione coincide con l’apertura di altri festival che animeranno il centro urbano: BFF s’inserisce in quest’insenatura culturale, sventolando il vessillo della parità di genere. Il tema è “Legacy” “eredità”, parola che, in inglese, si tinge di un ventaglio ampio di significati indicando il bagaglio di creazioni che riserviamo alle generazioni future,oltre alle condizioni di vita con le quali nasciamoe affrontiamo la realtà; il “lascito” comprende l’eredità ambientale.

Con la selezione delle fotografe si cerca di rappresentare uno spaccato internazionale. Daniella Zalcman è una fotografa vietnamita-americana, fondatrice di Women Photograph, archivio mondiale di fotografie. Signs of Your Identity è sulla memoria dei nativi americani che si sono ritrovati inseriti in maniera traumatica in una cultura non loro. Solmaz Daryani fotografa iraniana, si interroga sul cambiamento climatico in The Eyes of Earth (The Death of Lake Urmia): il fenomeno di prosciugamento del lago influisce sull’economia locale. Myriam Meloni è italiana di base a Barcellona, Fragile, sui giovani dipendenti dal crack a Buenos Aires è riconosciuto patrimonio culturale della Repubblica Argentina. Con Insane Security si sofferma sulla polizia argentina, sugli abusi di potere e sulla corruzione. Delphine Diallo è franco-senegalese; antropologia, mitologia, arti marziali sono alcune delle ramificazioni toccate dalle sue fotografie, con Highness crea una serie di nuovi archetipi, scatti intimi che esplorano l’iconografia legata alle divinità e le tradizioni ritrattistiche. Infine Lumina Colletive, formato da 8 fotografe australiane, guarda alla storia del continente e alla cultura aborigena, poi l’italiana Flavia Rossi e molte altre protagoniste provenienti da tutto il mondo.

3 – 27 Marzo 2022 Mantova

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MonFest 2022 Fotografia

Claudio Sabatino, Pompei 2016_Veduta del Foro

Prosegue il viaggio alla scoperta dei grandi artisti che parteciperanno alla prima edizione di MonFest 2022, la biennale internazionale di fotografia che si terrà a Casale Monferrato dal 25 marzo al 12 giugno prossimi.

Organizzato dal Comune di Casale Monferrato e curato dal direttore artistico Mariateresa Cerretelli, il MonFest vedrà al centro del progetto numerose mostre allestite nei luoghi più caratteristici e suggestivi della città.

Nei mesi scorsi si sono approfondite biografie ed esposizioni di Gabriele Basilico, Valentina Vannicola, Francesco Negri, Silvio Canini, Raoul Iacometti, Ilenio Celoria e Silvia Camporesi (quest’ultima vincitrice del concorso Storie di donne indetto dal club locale di Soroptimist), mentre adesso scopriremo le mostre di Lisetta Carmi, Vittore Fossati, Claudio Sabatino e Maurizio Galimberti.

Viaggio in Israele e Palestina. Fotografie 1962-1967, sarà l’attesa esposizione curata da Daria Carmi e Giovanni Battista Martini e dedicata a Lisetta Carmi, l’artista genovese che, dopo un inizio da musicista, avvia nel 1960 la carriera di fotografa, portandola negli anni a realizzare una serie di reportage dedicati alla sua città, Genova, ma anche a Sardegna, Sicilia, Parigi, America Latina e Israele, solo per citarne alcuni. Oltre a realizzare una serie di ritratti di artisti e personalità del mondo della cultura.

«Lisetta Carmi – ha sottolineato Daria Carmi – è una grande artista, il cui lavoro vive oggi un momento di riscoperta e attenzione. È il giusto riconoscimento alla sua ricerca e produzione fotografica in molti anni di attività, dove cifra estetica e valore documentale si sommano restituendo un lavoro prezioso e significante. Gli scatti sono circa trenta, di cui oltre due terzi inediti. Si tratta di una grande occasione per scoprire oggi e riconoscere come “parlante” e attuale quanto catturato da Lisetta Carmi oltre cinquanta anni fa».

«Tra i numerosi scatti realizzati in Israele durante i due soggiorni del 1962 e del 1967 – ha invece spiegato Giovanni Battista Martini –, ho scelto di evidenziare le immagini che sottolineassero il diverso sguardo con cui Lisetta Carmi ha osservato il paese. Nel primo grande reportage Carmi ha colto la complessa realtà di cui era costituito il nuovo Stato di Israele. Nel secondo e ultimo reportage, realizzato pochi giorni dopo la fine della Guerra dei Sei Giorni, Carmi richiama, attraverso il suo obiettivo, la nostra attenzione sui danni provocati dalla guerra nei villaggi e sulle condizioni di vita nei campi-profughi palestinesi».

Il Tanaro a Masio sarà la mostra di Vittore Fossati che raccoglie, come ricorda la curatrice Giovanna Calvenzi gli «appunti visivi» dell’artista alessandrino: «Come descrive lo stesso Fossati con il consueto understatement – ricorda ancora Calvenzi –: “Andando al paese dove lavoro, ogni tanto compio una piccola deviazione per raggiungere la sponda del fiume Tanaro in una località che si chiama Masio. Faccio un po’ di foto, velocemente, inquadrando con molta libertà nel display della fotocamera tascabile. Cosa c’è da vedere? Alberi, i colori del cielo e dell’acqua e un disegno di rami sempre diversi.
 Cosa c’è da fare? Oltre a qualche foto, soprattutto prendere una boccata d’aria fresca. È tutto”».

Nato nel 1954 ad Alessandria, dove abita, Vittore Fossati si occupa di fotografia dal 1977. Entrato in contatto con Luigi Ghirri, partecipa a molti dei progetti collettivi da lui promossi. Dagli anni Ottanta del secolo scorso svolge ricerche fotografiche commissionate da istituzioni ed enti pubblici.

Fotografare il Tempo, Pompei e dintorni di Claudio Sabatino è un’esposizione curata da Renata Ferri che descrive la mostra così: «Pompei, epica apocalisse, città sepolta e dimenticata per oltre 1700 anni, metafora del tempo imponderabile e della vulnerabilità umana, è l’oggetto della lunga ricerca fotografica di Claudio Sabatino. L’indagine, che conferma tutto il suo percorso artistico e professionale, ci conduce attraverso le stratificazioni della Storia per riflettere sulla relazione mutevole che il paesaggio intrattiene con il passato e il presente. Le rovine, magnifiche testimoni della catastrofe, e l’insediamento odierno, testimone della selvaggia espansione edilizia, danno vita a una relazione paradossale che ridefinisce in senso sociale il nostro patrimonio e la sua tutela. Con poetica precisione Sabatino racconta tanto l’archeologia quanto la città intorno, restituendo un affresco in cui lo splendore dei reperti millenari è costretto al dialogo assurdo con una desolante modernità. E forse, proprio da questa frattura, può emergere la struggente bellezza di un viaggio lungo tremila anni, ancora capace di emozionare».

Sabatino è nato a Castellammare di Stabia nel 1967, di formazione architetto, si dedica alla fotografia occupandosi principalmente della rappresentazione del paesaggio urbano. Durante gli studi viene selezionato per l’edizione di Napoli Fotocittà- Dintorni dello sguardo. Nel 1998 vince il premio Savignano Immagine a Forlì e nel 1999 il premio Marangoni a Firenze. Nel 2006 gli viene conferita una Menzione Speciale al Premio Internazionale Bari Photocamera, Bari.

Di Maurizio Galimberti, infine, il progetto Tributo a Leonardo, una reinterpretazione de L’Ultima Cena di Leonardo da Vinci: «Un capolavoro che – ha spiegato la curatrice Mariateresa Cerretelli – per la potenza e per la bellezza dell’opera immensa ha ispirato esponenti di prima grandezza del mondo dell’arte, da Andy Warhol a Peter Greenaway, da Anish Kapoor fino ai Masbedo. Il Cenacolo vinciano reinterpretato dalla visione profonda e creativa di Maurizio Galimberti ed esposto nel Duomo di Casale Monferrato per il MonFest 2022, è il frutto di un progetto realizzato da un’idea comune dell’artista insieme al collezionista e amico Paolo Ludovici e ha richiesto un processo delicatissimo, mettendo in sinergia Polaroid / Fuji Instax e digitale. Ed è così che la sacralità e l’intensità sublime del Cenacolo vengono restituiti nella loro pienezza e quel ritmo, scandito dallo stile caratteristico dell’autore, forma un’armonia  musicale, portatrice di grande spiritualità».

Nato a Como nel 1956, Galiberti si trasferisce a Milano dove oggi vive e lavora. Si accosta al mondo della fotografia analogica esordendo con l’utilizzo di una fotocamera a obiettivo rotante Widelux per poi nel 1983 focalizzare il suo impegno, in maniera radicale e definitiva, sulla Polaroid. Continua la sua ricerca con Polaroid e reinventa la tecnica del “Mosaico Fotografico” che inizialmente adatta ai ritratti. Il “Mosaico” diviene ben presto la tecnica per ritrarre non solo volti, ma anche paesaggi, architetture e città. Negli anni lavora per i più importanti brand nazionali e internazionali.

dal 25 marzo al 12 giugno 2022 – Casale Monferrato

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RITRATTE Direttrici di Musei italiani

Gli scatti fotografici del celebre Gerald Bruneau in una mostra per raccontare le donne che guidano primarie istituzioni culturali del nostro paese.

Apre il 3 marzo 2022 nelle Sale degli Arazzi a Palazzo Reale di Milano la mostra fotografica “Ritratte – Direttrici di musei italiani”, visitabile gratuitamente fino a domenica 3 aprile 2022. 

Il progetto artistico con gli scatti d’autore del fotografo Gerald Bruneau si colloca nell’impegno della Fondazione Bracco per valorizzare le competenze femminili nei diversi campi del sapere e contribuire al superamento dei pregiudizi, così da incoraggiare una sempre più nutrita presenza di donne in posizioni apicali.

La mostra illumina vita e conquiste professionali di 22 donne alla guida di primarie istituzioni culturali del nostro Paese, una sorta di Gran Tour che tocca 14 importanti città italiane da Nord a Sud: da Trieste a Palermo, da Napoli a Venezia per citarne solo alcune. Il soggetto principale di “Ritratte” è la leadership al femminile. I musei, “luoghi sacri alle Muse”, sono spazi dedicati alla conservazione e alla valorizzazione del nostro patrimonio artistico, custodi del nostro passato e laboratori di pensiero per costruire il futuro. Inoltre, sono anche imprese con bilanci e piani finanziari, che contribuiscono in modo cruciale alla nostra economia. Dirigere tali istituzioni comporta competenze multidisciplinari, un connubio di profonda conoscenza della storia dell’arte e di capacità gestionali e creative.

Tra le protagoniste della mostra figurano i ritratti di Francesca Cappelletti, Direttrice della Galleria Borghese di Roma; Emanuela Daffra, Direttrice Regionale Musei della Lombardia; Flaminia Gennari Santori, Direttrice delle Gallerie Nazionali Barberini Corsini di Roma; Anna Maria Montaldo, già Direttrice Area Polo Arte Moderna e Contemporanea del Comune di Milano; Alfonsina Russo, Direttrice del Parco Archeologico del Colosseo; Virginia Villa, Direttrice Generale Fondazione Museo del Violino Antonio Stradivari di Cremona; Rossella Vodret, Storica dell’arte, già Soprintendente speciale per il patrimonio storico artistico ed etnoantropologico e per il Polo Museale della città di Roma; Annalisa Zanni, Direttrice del Museo Poldi Pezzoli di Milano.

Fondazione Bracco da tempo è impegnata per contribuire alla costruzione di una società paritetica, in cui il merito sia il criterio per carriera e visibilità. Nel 2016 è nato a questo scopo il progetto “100 donne contro gli stereotipi” (100esperte.it) ideato dall’Osservatorio di Pavia e dall’Associazione Gi.U.Li.A., sviluppato con Fondazione Bracco, grazie alla Rappresentanza in Italia della Commissione Europea. La banca dati online raccoglie profili eccellenti di esperte, selezionate con criteri scientifici, in vari settori del sapere, strategici per lo sviluppo del Paese, allo scopo di aumentarne la visibilità sui media: l’ambito STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics – dal 2016), le esperte di Economia e Finanza (dal 2017), Politica Internazionale (dal 2019), Storia e della Filosofia (dal 2021). Basti pensare che secondo il Global Monitoring Project 2020 in Italia nei media tradizionali le donne interpellate come esperte sono solo il 12%, contro il 24% dell’Europa. Accanto alla banca dati online, Fondazione Bracco ha deciso di sviluppare una narrazione complementare. Nel 2019, sempre grazie alla collaborazione con Gerald Bruneau, è stata realizzata la mostra fotografica “Una vita da scienziata” con i ritratti di alcune delle più grandi scienziate italiane, da allora esposta in numerose sedi italiane e internazionali, tra cui Milano, Roma, Todi, Washington, Philadelphia, Chicago, Los Angeles, New York, Città del Messico e il prossimo 8 marzo a Praga.

In ottica di continuità e dialogo, l’esposizione “Ritratte”, dedicata al settore dei beni culturali, con il Patrocinio del Ministero della Cultura, aggiunge un importante tassello all’intervento di lotta agli stereotipi di genere e di promozione delle competenze, unico discrimine per qualsiasi sviluppo personale e collettivo.

“Siamo davvero riconoscenti a Diana Bracco e alla Fondazione per l’impegno instancabile a sostegno della leadership femminile in tutti i settori del sapere e del lavoro – ha dichiarato l’assessore alla Cultura Tommaso Sacchi –. Un impegno che oggi viene declinato attraverso il tema del ritratto fotografico in una bellissima mostra d’arte che potrà essere ammirata liberamente da tutti i visitatori di Palazzo Reale. La mia riconoscenza va anche alle molte donne che a Milano sono impegnate in ambito museale e che, grazie alla loro competenza e alla loro passione, preservano, promuovono e arricchiscono il patrimonio artistico del nostro Paese”.

“Oggi alla guida di importanti istituzioni culturali del nostro Paese ci sono professioniste straordinarie che hanno raggiunto posizioni apicali grazie a competenze multidisciplinari, che uniscono una profonda conoscenza della storia dell’arte con capacità gestionali e creative” sottolinea Diana Bracco, Presidente di Fondazione Bracco. “Valorizzare le loro storie grazie agli scatti di Gerald Bruneau ci è sembrato importante per ispirare percorsi analoghi da parte delle più giovani. Con il progetto #100esperte della nostra Fondazione, vogliamo infatti incoraggiare la presenza femminile in tutti i campi: dalla scienza all’economia, dalla storia alla filosofia, dall’arte alle istituzioni.”

“Il mio intento è stato quello di mettere in risalto, insieme all’incommensurabile vastità e bellezza del patrimonio artistico italiano, la bellezza di queste donne che si impegnano quotidianamente per rimettere i musei al centro di una proposta culturale elaborata in rete insieme ai soggetti più rappresentativi delle realtà in cui sono immerse, invitano alla partecipazione, stimolano confronto e pensiero critico” afferma il fotografo Gerald Bruneau. “Donne che vogliono rendere i musei nuovi luoghi di incontro e di riflessione, di conoscenza e di comunicazione, valorizzando i capolavori storici e accogliendo nuove esperienze artistiche. E che, per questo, sperimentano nuove e creative modalità di proposta culturale. Se abbiamo la speranza che la bellezza possa salvare il mondo, tocca anche a noi, insieme a loro, salvare la bellezza.”

promossa e prodotta da Palazzo Reale, Comune di Milano Cultura e Fondazione Bracco con il patrocinio del Ministero della Cultura

Dal 3 marzo 2022 – al 3 aprile 2022 – Palazzo Reale Milano

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WILDLIFE PHOTOGRAPHER OF THE YEAR. 57ESIMA EDIZIONE

© Laurent Ballesta, Wildlife Photographer of the Year

Dal 5 febbraio al 5 giugno 2022 si terrà al Forte di Bard, in Valle d’Aosta, l’anteprima italiana della 57esima edizione di Wildlife Photographer of the Year, il più importante riconoscimento dedicato alla fotografia naturalistica promosso dal Natural History Museum di Londra. In mostra le cento migliori immagini selezionate tra gli oltre 50.000 scatti provenienti da fotografi di 95 Paesi del mondo, valutati da una giuria internazionale di stimati esperti e fotografi naturalisti. Le immagini immortalano natura e animali non solo nella loro bellezza e diversità, ma anche nella loro fragilità e sottolineano l’importanza di difendere e salvaguardare il Pianeta.
 
L’immagine vincitrice assoluta della nuova edizione è Creation scattata dal biologo francese e fotografo subacqueo Laurent Ballesta. Lo scatto ritrae un branco di cernie che nuotano in una nuvola lattiginosa nel momento della deposizione delle uova a Fakarava, Polinesia francese: un momento unico, che si verifica solo una volta all’anno, durante la luna piena di luglio, e sempre più raro dato che la specie è in via di estinzione minacciata dalla pesca intensiva. La laguna polinesiana è uno dei pochi posti in cui questi pesci riescono a vivere ancora liberi, perché è una riserva e per fotografarli, Ballesta si è appostato ogni anno per cinque anni insieme a tutto il suo team per raggiungere il risultato.
 
La Presidente della giuria, scrittrice ed editore, Rosamund Roz Kidman Cox Obe afferma: «L’immagine funziona su così tanti livelli: è sorprendente, energica, intrigante ed ha una bellezza ultraterrena. Cattura anche un momento magico – una creazione di vita davvero esplosiva – lasciando la coda dell’esodo delle uova sospesa per un istante, come un simbolico punto interrogativo».
Doug Gurr, direttore del Museo di storia naturale, commenta: «Il vincitore del Grand Title di quest’anno rivela un mondo sottomarino nascosto, un fugace momento di un affascinante comportamento animale a cui pochissimi hanno assistito. In quello che potrebbe essere un anno cruciale per il Pianeta, Creation di Laurent Ballesta è un avvincente promemoria di ciò che potremmo perdere se non affrontiamo l’impatto dell’umanità sul nostro Pianeta».
 
L’altro ambito premio del concorso, il Young Wildlife Photographer of the Year 2021, è andato all’immagine Dome Home di Vidyun R Hebbar, un bambino di dieci anni di Bengaluru, in India, che ha scattato una foto spettacolare di un ragno sospeso all’interno di una fessura in un muro. «È un modo così fantasioso di fotografare un ragno. L’immagine è perfettamente inquadrata, la messa a fuoco è azzeccata. Si possono vedere le zanne del ragno e la trama folle della trappola, i fili come una delicata rete di nervi collegati alle zampe dell’animale. Ma la parte più originale è rappresentata dall’aggiunta di uno sfondo creativo: i colori vivaci di un risciò motorizzato», afferma Rosamund Roz Kidman Cox Obe.
Natalie Cooper, ricercatrice del Museo di Storia Naturale e membro della giuria, commenta: «La giuria ha apprezzato questa foto sin dall’inizio del processo di valutazione. È un ottimo promemoria per guardare più da vicino i piccoli animali con cui viviamo ogni giorno e per portare la tua macchina fotografica con te ovunque. Non sai mai da dove potrebbe venire l’immagine premiata».
 
I due vincitori del Grand Title sono stati selezionati tra 19 vincitori di categoria che celebrano la bellezza accattivante del nostro mondo naturale con habitat ricchi di sfumature, affascinanti comportamenti animali e specie straordinarie. La competizione di quest’anno ha visto l’aggiunta di tre nuove categorie, tra cui Oceans – The Bigger Picture e Wetlands – The Bigger Picture per mettere in luce questi ecosistemi così cruciali per il Pianeta. In un intenso processo, ogni voce è stata giudicata anonimamente da una giuria di esperti per la sua originalità, narrativa, eccellenza tecnica e pratica etica.
Cinque i fotografi italiani premiati: il valdostano Stefano Unterthiner ha vinto la sezione Behaviour: Mammals; menzioni speciali sono state conquistate da Mattia Terreo (categoria Under 10 anni), Giacomo Redaelli (categoria 15-17 anni), Georg Kantioler (Urban Wildlife) e da Bruno D’Amicis (Fotogiornalismo).

Dal 05 Febbraio 2022 al 05 Giugno 2022 – Forte di Bard Aosta

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IO, LEI, L’ALTRA. RITRATTI E AUTORITRATTI FOTOGRAFICI DI DONNE ARTISTE

“Cindy Sherman
Courtesy Collezione Ettore Molinario”

Dal 19 marzo al 26 giugno 2022 il Magazzino delle Idee di Trieste presenta la mostra Io, lei, l’altra – Ritratti e autoritratti fotografici di donne artistea cura di Guido Comis in collaborazione con Simona Cossu e Alessandra Paulitti. Prodotta e organizzata da ERPAC – Ente Regionale per il Patrimonio Culturale del Friuli Venezia Giulia – l’esposizione ripercorre, attraverso novanta opere, la fotografia degli ultimi cento anni e permette di valutare la nuova concezione della donna e il suo ruolo attraverso una successione di straordinarie immagini da Wanda Wulz a Cindy Sherman, da Florence Henri a Nan Goldin.

Il ritratto e l’autoritratto fotografico sono una testimonianza straordinaria del difficile processo di affermazione di sé e della conquista di una nuova identità sociale da parte delle artiste donne nel Novecento e nei primi anni del nuovo secolo. I ritratti e gli autoritratti sono luoghi di confronto, ma anche di conflitto fra espressioni diverse dell’identità. A forme convenzionali di rappresentazione si contrappongono nuovi modi di esprimere la propria personalità; i ruoli consolidati della rappresentazione della donna, le pose ripetitive mutuate dai ritratti tradizionali cedono spazio a modalità di espressione inedite.

Da modella al servizio di un artista la donna si trasforma in figura attiva e creativa. Ai ritratti eseguiti da uomini – come Man Ray, Edward Weston, Henry Cartier-Bresson, Robert Mapplethorpe, solo per citare alcuni dei fotografi presentati in mostra – si accostano ritratti e autoritratti di donne artiste e fotografe, tra cui Wanda Wulz, Inge Morath, Vivian Maier, Nan Goldin, Cindy Sherman, Marina Abramović.

La mostra è suddivisa in sezioni, ognuna delle quali rende conto di una diversa forma di rappresentazione dei ruoli che le donne interpretano nelle fotografie. La sezione “Artiste e modelle” è dedicata alle donne che sono state creatrici e allo stesso tempo hanno prestato i loro volti e i loro corpi per opere altrui, come è il caso di Meret Oppenheim, Tina Modotti, Dora Maar.

La sezione intitolata “Il corpo in frammenti” raccoglie gli autoritratti che restituiscono immagini di corpi parziali, riflessi in specchi fratturati, con l’epidermide percorsa da linee che ne interrompono l’integrità, come se in ciò si rispecchiasse la difficoltà di rappresentarsi. I ritratti degli anni Settanta che hanno per protagoniste Valie Export, Jo Spence e Renate Bertlmann mimano ironicamente l’immagine tradizionale della donna come madre, donna di casa o oggetto sessuale. “Una, nessuna e centomila” raccoglie gli autoritratti delle artiste che, da Claude Cahun a Cindy Sherman, hanno utilizzato il proprio corpo per interpretare attraverso mascheramenti identità o stereotipi diversi. Un’altra sezione affronta il tema degli stereotipi nella rappresentazione dalle identità culturali e sessuali, un’altra ancora a quelli nella definizione dei canoni di bellezza mentre alcune fotografie sono dedicate ad artiste accanto a proprie creazioni come nel caso del celeberrimo ritratto di Louise Bourgeois eseguito da Robert Mapplethorpe.

La mostra è accompagnata dal catalogo Io, lei l’altra – Ritratti e autoritratti fotografici di donne artiste edito da Skira con immagini di tutte le opere esposte e testi di approfondimento di Guido Comis, Anne Morin, Giampiero Mughini, Anna D’Elia, Laura Leonelli e Alessandra Paulitti.

Dal 18 Marzo 2022 al 26 Giugno 2022 – Magazzino delle Idee Trieste

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The blue green land – Marco Barbieri

L’agenzIa del turismo di Varese definisce il proprio territorio “The blue green land”, dove è possibile “cogliere la bellezza blue-green del territorio caratterizzato da laghi a ridosso di valli, colline, squisiti borghi a loro volta affondati nel verde e nella storia”.

Ma i dintorni del lago di Varese sembrano piuttosto una cartolina sgualcita degli anni ’90.

Imponenti costruzioni ormai in disuso, lascito del ricco passato industriale, si alternano a nuove iniziative immobiliari, a piccole attività familiari e ad ampi spazi vuoti.

Un piccolo specchio d’acqua viscosa, nel quale non è permesso fare il bagno, è il centro di un paesaggio culturale intriso dai rituali della piccola borghesia lombarda.

La messa della domenica e la festa degli alpini, la spesa del sabato mattina e la passeggiata nel parco, l’auto parcheggiata davanti a casa, il matrimonio con vista lago, il giornale sul tavolo del bar, il giro in bicicletta.

La provincia di Varese è il luogo comune di famiglia.

È un padre generoso dedito al lavoro e una madre che si commuove ogni volta che te ne vai e che quando torni ti chiede soltanto “cosa ti preparo da mangiare?”.

Mostra curata da Laura Davì

Dal 5 marzo 2022 – Premiato Biscottificio – Varese

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ALBERTO DI LENARDO. LO SGUARDO INEDITO DI UN GRANDE FOTOGRAFO

© Alberto di Lenardo | Alberto di Lenardo, Gita a Capri, Maggio 1965

Dal 12 febbraio all’8 maggio 2022, il WeGil di Roma, hub culturale della Regione Lazio nel quartiere Trastevere, ospita “Alberto di Lenardo. Lo sguardo inedito di un grande fotografo italiano, la mostra dedicata a un autore del secondo Novecento rimasto letteralmente nascosto in soffitta e il cui lavoro verrà proposto per la prima volta al pubblico in questa esposizione inedita ed emozionante.

Il progetto è curato da Carlotta di Lenardo, nipote del fotografo, che ne ha svelato il talento dopo la sua morte, avvenuta nel 2018, dando vita al volume “An Attic Full of Trains”, della casa editrice londinese MACK, in cui è raccolta una selezione dello sterminato archivio di immagini ereditato dal nonno. La mostra esposta al WeGil è promossa dalla Regione Lazio ed è realizzata da LAZIOcrea in collaborazione con Creation s.r.l.. Uno scorcio del passato del nostro paese attraverso lo sguardo di un autore rimasto sconosciuto fino alla sua morte. Con questa retrospettiva, il WeGil torna a ospitare la grande fotografia ma lo fa, questa volta, puntando l’obiettivo sul patrimonio artistico nascosto del nostro paese.

“Alberto di Lenardo. Lo sguardo inedito di un grande fotografo italiano” raccoglie 154 immagini che raccontano uno spaccato di vita personale del fotografo: spiagge, montagne, bar, viaggi in auto catturati nei loro colori più vividi e che portano con sé il segno e la bellezza del tempo. Negli scatti di Alberto di Lenardo si ritrova la poesia dei sentimenti che non possono essere espressi a parole ma che, attraverso la pellicola, vengono fissati in un ricordo, condividendo quelle stesse emozioni che il fotografo provò nel mostrare le proprie memorie alla nipote.

Carlotta di Lenardo racconta come, appena sedicenne, durante un pranzo di famiglia, il nonno volle parlarle della sua grande passione per la fotografia e condividere con lei il suo archivio di oltre 10.000 scatti“Mio nonno ha sempre amato fotografare e ha continuato a farlo per tutta la vita. Era il suo modo di comunicare i suoi sentimenti e gli permetteva di rivelare emozioni che la sua generazione faticava ad esprimere a parole. Le sue immagini riflettono accuratamente la sua serenità interiore, uno stato d’animo che ha sempre cercato di trasmetterci, e allo stesso tempo manifestano la sua costante ricerca di uno scatto rubato e mai banale. Preferiva infatti che i suoi soggetti fossero quasi sempre ignari della macchina fotografica, così da essere spontanei e reali, un puro riflesso del momento. Queste immagini e il modo in cui lui si emozionava mentre le condivideva con me, disegnandole nella sua incredibile e dettagliata memoria, mi hanno fatto innamorare della fotografia e hanno condizionato la mia intera vita lavorativa in questo campo. La fotografia era qualcosa di nostro, qualcosa che lui ed io condividevamo e custodivamo gelosamente”.

Il progetto espositivo porta al pubblico un ritratto intimo e colorato del lavoro fotografico di Alberto Di Lenardo, svolto in oltre sessant’anni di attività. La mostra costituisce un’opportunità davvero unica di consegnare un nome nuovo alla storia della fotografia. In un’epoca che vede il moltiplicarsi di esposizioni dedicate ai grandi maestri o agli interpreti dell’arte visiva a loro ispirati, lo sguardo di Alberto di Lenardo emerge per un suo personalissimo stile che vede l’uso costante di cornici e finestrature che fermano nel tempo momenti di vita vissuta.

La mostra si divide in tre sezioni: nella prima, il lavoro di selezione operato da Carlotta di Lenardo rivela un’estetica e una lettura del mondo comuni tra lei e il nonno: una narrazione intima tra lo sguardo del fotografo e quello della nipote. La seconda sezione, più raccolta, comprende scatti in qualche modo autobiografici, con alcune immagini in bianco e nero, scattate dal fotografo a partire dall’età di 18 anni, un autoritratto e tre ritratti fatti dalla curatrice durante un pranzo di famiglia nel 2013. Immagini che ripercorrono la storia personale dell’autore e che aiutano a comprendere tre aspetti fondamentali della personalità dell’artista di Lenardo: austera, solare e sempre autoironica. La terza sezione è composta da 9 pareti tematiche che ripropongono situazioni ricorrenti su cui il fotografo amava puntare l’obiettivo e che si ripresentano quindi costantemente in tutto il suo archivio: parchi di divertimento, ritratti di persone che prendono il sole o guardano l’orizzonte, strade e vedute da macchine e aerei, terminando infine con alcune delle diapositive su cui era solito scrivere la parola “FINE”, per indicare appunto, la fine di un viaggio.

Dal 13 Febbraio 2022 al 08 Maggio 2022 – WeGil – Roma

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Sul Sentiero del Bene – Stefano Lotumolo

Si inaugura martedì 8 marzo presso lo spazio The Warehouse, in Via Settala 41 a Milano, la mostra fotografica Sul Sentiero del Bene di Stefano Lotumolo.

La mostra, a cura di Ludovica Cristofaro, ha il patrocinio dell’associazione onlus Epsilon in collaborazione con Radici Globali. Partner del progetto, l’agenzia di comunicazione Theoria, che ha aderito all’iniziativa mettendo a disposizione gratuitamente lo spazio che ospiterà la mostra.

Il progetto fotografico Sul Sentiero del Bene è composto da 72 scatti catturati tra Asia e Africa, che Stefano definisce i più significativi della sua rivoluzione interiore. Nelle sue immagini, Stefano vuole immortalare l’armonia e la bellezza delle popolazioni nella loro quotidianità nonostante situazioni di vita difficili.

Se le foto dedicate all’Asia svelano soprattutto la spiritualità di quei popoli, quelle della Tanzania mostrano la realtà particolarmente cruda di interi nuclei familiari costretti a bere dalle pozzanghere di acqua contaminata.

“Attraverso la fotografia, cerco di trasmettere l’amore e il rispetto che nutro per la vita, dando voce a chi non ne ha e mostrando l’essere umano per come lo vedono i miei occhi e lo percepisce il mio cuore”spiega Stefano Lotumolo.

Una mostra che è sintesi perfetta tra cultura e solidarietà. Le opere in mostra e il relativo merchandising saranno infatti in vendita e il ricavato – insieme alle donazioni libere – sarà destinato alla raccolta fondi per la costruzione di 3 pozzi nei villaggi Maasai di Mkuru, Madape e Engikaret, nel nord della Tanzania.

Epsilon e Radici Globali uniranno le forze per la realizzazione di questo progetto, che vuole essere il primo passo di un impegno a lungo termine per sostenere il popolo Maasai nell’approvvigionamento idrico delle proprie terre e nella riforestazione.

Sul Sentiero Del Bene sarà aperta al pubblico dall’8 al 27 marzo dal lunedì al venerdì dalle 15.30 alle 20.00 e sabato e domenica dalle 11.00 alle 20.00.

Dall’8 al 27 marzo – The Warehouse Milano

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RENATO CORSINI “AMBULANTE” – STORIE DI FOTOGRAFIA IN GIRO PER IL MONDO

© Renato Corsini | Renato Corsini, Vestirsi e traverstirsi

“Renato Corsini gira il mondo con un telo sulle spalle, una Leica, uno spazzolino da denti, un dentifricio e un impermeabile. Il telo gli serve per creare un set mobile e leggero da montare e smontare nelle situazioni più difficili. L’impermeabile gli serve se piove per riparare la macchina fotografica…”. Inizia così il testo di Massimo Minini tratto dal libro Renato Corsini “ambulante” – storie di fotografia in giro per il mondo, MF edizioni, le cui fotografie saranno esposte alla Fondazione Mudima a partire dal 15 febbraio 2022. Renato Corsini è un fotoreporter che decide di allestire nei mercati, nei luoghi di ritrovo dei paesi un’improvvisata sala di posa all’aperto. Monta il telone alle spalle del soggetto, pone una sedia davanti al telone e di fronte la sua macchina fotografica su cavalletto. Il set è fatto. Vi poseranno decine di visitatori, famiglie, giovani, coppie, singoli individui, mostrando i loro volti, ma soprattutto le loro fogge, offrendo un affascinante regesto di tipi umani.
Nessuna pretesa di artisticità, ma preziosi documenti usciti dall’archivio privato del “fotografo ambulante” che va a cercare la vita negli angoli più remoti del pianeta; un fram- mento di società che si mostra, si rappresenta consegnando ai posteri l’immagine di sé. Attento osservatore dei costumi della sua epoca, legato alla tradizione della fotografia lieve e ironica, Corsini smaschera il gioco della rappresentazione e svela uno scenario sociale in cui il gesto del fotografare e del farsi fotografare è sempre più una componente integrante e costante dell’orizzonte visivo. Dischiude sguardi e solleva interrogativi sulla fenomeno- logia di una pratica che si è imposta a livello di massa negli anni Sessanta del Novecento con la diffusione delle macchine fotografiche automatiche e che subisce oggi una nuova accelerazione con la svolta del digitale e i nuovi media.
La mostra, costituita da oltre un centinaio di scatti, mette in luce il ruolo centrale assun- to dalla fotografia come testimone della realtà sociale e dei suoi mutamenti. Corsini ne annota le trame del vivere, restituendo pagine vivide e suggestive. Codifica linguaggi ed espressioni in lessici autentici e originali. Empatico e mai banale, lirica e pura è la sua prosa.

Dal 15 Febbraio 2022 al 18 Marzo 2022 – Fondazione Mudima – Milano

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FRANCESCO MALAVOLTA. VOLTI AL FUTURO. VENTI RITRATTI DI RIFUGIATI CHE SI RACCONTANO IN BIBLIOTECA

Francesco Malavolta. Volti al futuro. Venti ritratti di rifugiati che si raccontano in biblioteca, Biblioteca Europea, Roma

Una suggestiva galleria di volti e storie che dialogano con la biblioteca e coinvolgono i suoi frequentatori.
La Biblioteca Europa ospita l’emozianante mostra fotografica che il Centro Astalli, per i suoi 40 anni di attività, ha fatto realizzare da Francesco Malavolta, il fotoreporter impegnato da oltre vent’anni lungo le principali rotte migratorie, terrestri e marittime, nel mondo.
Scatti fotografici con cui il fotografo ha voluto raccontare passato, presente e futuro dei rifugiati e delle rifugiate di Astalli.
Un invito a condividere l’intensità dei volti e delle storie che accompagnano i ritratti: brevi racconti di chi è fuggito da persecuzioni e violenze, rischiando la vita, alla ricerca di un futuro diverso.

Dal 20 Gennaio 2022 al 12 Marzo 2022- Biblioteca Europea ROMA

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