Mostre di fotografia da non perdere a novembre

Mostre fantastiche vi aspettano anche a novembre, avrete solo l’imbarazzo della scelta!

Buon divertimento

Anna

DOROTHEA LANGE. L’ALTRA AMERICA

Dorothea Lange, Toward Los Angeles, California, 1937. Farm Security Administration, Office of War Information Photograph Collection, Library of Congress Prints and Photographs Division Washington, D.C., USA
Dorothea Lange, Toward Los Angeles, California, 1937. Farm Security Administration, Office of War Information Photograph Collection, Library of Congress Prints and Photographs Division Washington, D.C., USA

Dal 27 ottobre 2023 al 4 febbraio 2024 i Musei Civici di Bassano del Grappa, in collaborazione con CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia di Torino, presentano al pubblico l’opera di Dorothea Lange (1895 –1965), celeberrima fotografa statunitense, co-fondatrice nel 1952 di Aperture, la più autorevole rivista fotografica al mondo e prima donna fotografa cui il MoMa dedicò una retrospettiva nel 1965, proprio pochi mesi prima della sua scomparsa.

Photographer of the people, la fotografa della gente. Così Dorothea Lange si presentava nel suo biglietto da visita. Perché lei, borghese del New Jersey, aveva scelto di non fotografare i divi o i grandi protagonisti del suo tempo, per concentrarsi invece sugli “ultimi” di un’America che stava affondando nella Grande Depressione. Lo sguardo con cui Lange coglie questa umanità dimenticata non è pietistico bensì profondamente “inclusivo”. Le sue immagini dimostrano infatti comprensione, sensibilità, partecipazione e immensa umanità, unite ad una capacità di lettura del contesto sociale rafforzata dal rapporto sentimentale e professionale con il marito, l’economista Paul Taylor. Nativa del New Jersey da una famiglia borghese di origini tedesche, a nove anni viene colpita dalla poliomielite che la rende claudicante; poi il dissidio con il padre, che abbandona la famiglia e che lei coraggiosamente ripudia assumendo il cognome materno.

Gli esordi la vedono a New York con Clarence White e Arnold Genthe. Nel 1918 parte per una spedizione fotografica in giro per il mondo, viaggio che si conclude prematuramente per mancanza di denaro a San Francisco, dove apre un proprio studio. Dopo avere operato per una decina di anni nel campo della ritrattistica professionale, abbracciando uno stile pittorialista, aderisce nei primi anni Trenta all’estetica della straight photography (fotografia diretta) per farsi madrina di una poetica della realtà e testimone della condizione dei più deboli ed emarginati: dai disoccupati e i senzatetto della California fino ai braccianti costretti a migrare di paese in paese alla ricerca di campi ancora coltivabili.

I drammatici accadimenti che segnano gli anni della Grande Depressione la portano a contatto con il grande progetto sociale e fotografico della “Farm Security Administration”, di cui diviene la rappresentante di punta. Nella seconda metà degli anni Trenta fotografa dunque la tragedia dell’America rurale colpita da una durissima siccità, realizzando alcune delle sue immagini insieme più drammatiche e più celebri: in questo contesto nasce infatti Migrant Mother, un’icona con cui Lange scrive una pagina indelebile della storia della fotografia imponendosi quale pioniera della documentazione sociale americana. Tuttavia, soffermandosi su quelle immagini potentemente evocative ci si accorge che vi è qualcosa di più. È lo sguardo di un’artista colta e raffinata che riesce a narrare temi e soggetti di grande drammaticità quali la crisi climatica, le migrazioni, le discriminazioni con una forza, un’incisività e una modernità sorprendenti. Nonostante ci separino diversi decenni da queste immagini, i temi trattati da Lange sono di assoluta attualità e forniscono spunti di riflessione e occasioni di dibattito sul nostro presente.

Fulcro – e novità – della mostra curata da Walter Guadagnini e Monica Poggi e che presenterà quasi duecento scatti, sarà uno speciale affondo sulla nascita di questo capolavoro, secondo un percorso espositivo di grande fascino ma anche di forte valenza divulgativa e didattica: la presentazione degli scatti eseguiti da Lange per trovare la foto perfetta, permetterà al pubblico di comprendere il procedimento attraverso il quale nasce un’icona.

Su commissione del governo americano, Lange si occupò successivamente anche della controversa vicenda dei campi di prigionia per cittadini giapponesi presenti sul territorio americano dopo l’attacco di Pearl Harbor, serie che per il suo atteggiamento critico nei confronti della politica governativa verrà sostanzialmente censurata e riportata solo molti anni più tardi. Queste fotografie – ulteriori testimonianze della profondità e della lucidità dello sguardo fotografico di Dorothea Lange – saranno esposte per la prima volta in Italia in modo così esaustivo proprio in occasione della rassegna; un evento nell’evento, in quanto la mostra si accompagna alla riapertura del Museo Civico di Bassano del Grappa che, dopo sei mesi di lavori di ammodernamento e riqualificazione, riconsegna al pubblico le proprie importanti collezioni permanenti in spazi completamente rinnovati e con un allestimento affascinante, aggiornato e ricco di opere inedite.

Attraverso un’ampia selezione di opere – alcune delle quali non esposte nella tappa torinese della mostra – provenienti da diversi nuclei collezionistici che conservano l’opera di Dorothea Lange (tra cui in particolare la Library of Congress di Washington, i National Archives statunitensi), la mostra si incentrerà principalmente sul periodo d’oro della carriera della fotografa, dagli anni Trenta alla Seconda Guerra Mondiale, presentando anche scatti precedenti e successivi per dare conto della varietà e della profondità della sua ricerca, sempre tesa a restituire un sincero e partecipato ritratto di ciò che la circondava. Come affermò lei stessa, “la macchina fotografica è uno strumento che insegna alla gente come vedere il mondo senza di essa”.

27 ottobre 2023 – 4 febbraio 2024 – Bassano del Grappa (Vi), Museo Civico

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GABRIELE BASILICO. LE MIE CITTÀ

Gabriele Basilico, Milano, 1978-80 I Ph. Gabriele Basilico/Archivio Gabriele Basilico
Gabriele Basilico, Milano, 1978-80 I Ph. Gabriele Basilico/Archivio Gabriele Basilico

A dieci anni dalla scomparsa, Milano dedica a Gabriele Basilico (1944-2013) una ampia mostra che si articola in due sedi espositive – Palazzo Reale e Triennale Milano – e rappresenta il primo grande omaggio che la città in cui Basilico è nato e ha vissuto rivolge al fotografo e a quel suo sguardo cosmopolita, capace appunto di ascoltare il cuore di tutte le città. L’esposizione propone complessivamente oltre 500 opere, partendo dall’attraversamento della città di Milano in Triennale per guardare e arrivare al Mondo a Palazzo Reale.

La mostra “Gabriele Basilico. Le mie città”, che apre al pubblico il 13 ottobre 2023, è promossa e prodotta da Comune di Milano-Cultura, Palazzo Reale e Triennale Milano, insieme a Electa e realizzata con la collaborazione scientifica dell’Archivio Gabriele Basilico. 

Palazzo Reale la mostra è curata da Giovanna Calvenzi e Filippo Maggia e presenta una selezione dei lavori sulle grandi committenze internazionali di Basilico; in Triennale, dove la curatela è affidata a Giovanna Calvenzi e Matteo Balduzzi, viene esposta un’ampia selezione di immagini di Milano e delle sue periferie.

Dal 13 Ottobre 2023 al 08 Gennaio 2024 – Palazzo Reale / Triennale Milano – Milano

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DON MCCULLIN A ROMA

Don McCullin, Le acciaierie di West Hartlepool alle prime luci dell’alba, Contea di Durham, Inghilterra, 1963 | Stampa ai sali d’argento, cm. 59,4 x 74,3. Courtesy Hamiltons Gallery
© Don McCullin | Don McCullin, Le acciaierie di West Hartlepool alle prime luci dell’alba, Contea di Durham, Inghilterra, 1963 | Stampa ai sali d’argento, cm. 59,4 x 74,3. Courtesy Hamiltons Gallery

Dal 10 ottobre 2023 Palazzo Esposizioni Roma presenta la più importante retrospettiva mai realizzata finora, dedicata al fotografo britannico di fama internazionale Don McCullin, la prima che raccoglie in maniera esaustiva le diverse fasi del suo lavoro, sino alle fotografie più recenti nelle quali, in una sorprendente visione d’insieme, l’autore sintetizza le sue esperienze più radicali.

La mostra, che si protrarrà fino al 28 gennaio 2024, è curata da Simon Baker, in stretta collaborazione con Don McCullin e Tim Jefferies e con l’assistenza di Catherine Fairweather, Jeanne Grouet, Lachlann Forbes.
E’ promossa dall’Assessorato alla Cultura di Roma Capitale e dall’Azienda Speciale Palaexpo, prodotta e organizzata dall’Azienda Speciale Palaexpo. 

La mostra a Palazzo Esposizioni si riallaccia idealmente, ampliandola, all’antologica della Tate Britain curata da Simon Baker nel 2019. Oltre a ripercorrere i momenti più significativi del lavoro di McCullin, presenta la serie dedicata all’Impero romano, avviata negli anni Duemila, che lo stesso autore considera un punto di arrivo nel quale si sovrappongono, fondendosi, i temi cardine della sua fotografia: il dolore delle immagini dell’Inghilterra subalterna e quello delle guerre sparse nel mondo, e la pace dei paesaggi del Somerset in cui McCullin si rifugia per lenire la sofferenza delle sue esperienze di guerra.   Nell’attuale mostra dolore e pace convivono nell’indagine fotografica culturale, architettonica e storica sui resti dell’Impero romano nell’area del Mediterraneo meridionale. Esposte a Roma, queste fotografie offrono un nuovo focus sulla storia della Città, rileggendola, come accaduto in Vita Dulcis e in Roma, a portrait – le mostre che si sono da poco concluse a Palazzo Esposizioni – in relazione a tempi storici o a culture diverse.

Dal 10 Ottobre 2023 al 28 Gennaio 2024- Palazzo delle Esposizioni – Roma

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GUIDO HARARI- INCONTRI 50 ANNI DI FOTOGRAFIE E RACCONTI

Il Comune di Milano e la Fabbrica del Vapore presentano la grande mostra antologica dedicata a Guido Harari, che sarà allestita in un suggestivo percorso espositivo nell’Ala Messina con più di 300 fotografie, oltre a filmati originali, proiezioni e incursioni musicali, un’audioguida per tutti e incontri con l’autore.

La mostra sarà introdotta da una istallazione dedicata a Milano, ai grandi personaggi dell’arte, della cultura e della società milanese che Harari ha incontrato nel corso dei suoi 50 anni di carriera. Nella mostra sarà inoltre allestita la “Caverna magica”, uno speciale set fotografico dove Guido Harari realizzerà dei ritratti (su prenotazione on line). Oltre alla stampa originale, che lui stesso firmerà e consegnerà a chi è stato ritratto, una seconda stampa verrà esposta – in tempo reale – nella sezione che chiude la mostra, Occhi di Milano, una sorta di “mostra nella mostra” che si popolerà via via degli sguardi della città. E per rappresentarli tutti, Harari realizzerà dei “ritratti sospesi” ai milanesi “meno fortunati” nella Casa dell’accoglienza “Enzo Jannacci”, nell’Istituto dei Tumori e in altre strutture di assistenza. Anche questi “ritratti sospesi” andranno ad aggiungersi al grande mosaico degli Occhi di Milano.

La mostra ripercorre tutte le fasi della eclettica carriera di Guido Harari: dagli esordi in ambito musicale come fotografo e giornalista, alle numerose copertine di dischi per artisti come Fabrizio De André, Bob Dylan, Vasco Rossi, Kate Bush, Paolo Conte, Lou Reed, Frank Zappa, fino all’affermazione di un lavoro che nel tempo è rimbalzato da un genere all’altro – editoria, pubblicità, moda, reportage – privilegiando sempre il ritratto come racconto intimo degli incontri con le maggiori personalità del suo tempo.

Il percorso espositivo prende le mosse dagli anni Settanta, quando Harari, ancora adolescente, inizia a coniugare le sue due grandi passioni: la musica e la fotografia.

Immagini e sequenze inedite, insieme a filmati d’epoca di backstage, videointerviste, il documentario di Sky Arte a lui dedicato e l’audioguida con la voce narrante dello stesso Harari conducono il visitatore nel cuore del suo processo creativo.

La mostra propone anche una sezione dedicata alla passione parallela per la curatela di libri intesi come una forma di “fotografia senza macchina fotografica”, oltre che occasioni di incontri vecchi e nuovi (così le biografie illustrate dedicate a Fabrizio De André, Fernanda Pivano, Mia Martini, Giorgio Gaber e Pier Paolo Pasolini) e un’altra dedicata a immagini inedite “di ricerca” che Harari va realizzando da qualche anno come sua personale forma di meditazione in progress

Dal 28 ottobre 2023 al 1 aprile 2024 – Fabbrica del Vapore – Milano

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JACOB E SARA AUE SOBOL. JAMES’ HOUSE E HUNTING HEART

© Jacob e Sara Aue Sobol
© Jacob e Sara Aue Sobol

Due storie d’amore in bianco e nero. Da un lato quella per la vita tra i ghiacci, cresciuta grazie ai tre anni trascorsi da Jacob Aue Sobol in Groenlandia. Dall’altro quella tra il fotografo e Sara Aue Sobol, sua moglie, condivisa con il pubblico tramite le immagini realizzate da entrambi.

Non ho mai l’intento di fare fotografie ma questa piccola macchina fotografica è lo strumento che ho sempre con me e che uso per entrare in contatto con le persone e con i luoghi, per creare intimità e per condividere intimità. Jacob Aue Sobol

Oltre trenta fotografie, realizzate tra il 1999 e il 2023, per due progetti che danno il titolo alla mostra presentata da Leica Galerie Milano, all’interno di Leica Store, recentemente rinnovato. Due storie che uniscono il lavoro del fotografo danese che si definisce “padre, pescatore e fotografo” e quello della moglie Sara Aue Sobol.

James’ House è il racconto, per immagini, dei tre anni che Sobol ha vissuto in Groenlandia e dell’incontro con James, un uomo Inuit (popolo artico) che gli ha permesso di imparare a cacciare, pescare, sopravvivere in condizioni estreme. Hunting Heart è un lavoro a quattro mani, in cui la visione di Jacob si intreccia con quella di Sara per condividere con il pubblico uno sguardo intimo sulla loro vita familiare. Se nelle immagini di Jacob è sempre il bianco e nero a dominare, la visione di Sara emerge grazie all’uso del colore: entrambi parlano dei loro figli, della loro casa, della quotidianità ritratta con intensità ed emozione.

La presenza di Jacob e Sara Aue Sobol a Milano non è solo l’occasione per scoprirne il lavoro, ma anche per entrare in contatto diretto, grazie a una masterclass proposta da Leica Akademie nella sua sede di Via Mengoni 4, a due passi dal Duomo, nelle giornate del 18 e 19 novembre.

dal 17 novembre 2023 a fine gennaio 2024 – Leica Galerie Milano

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THE 1950S. STORIE AMERICANE DEI GRANDI FOTOGRAFI MAGNUM

Philippe Halsman, American actress Marilyn MONROE, USA, 1952
© Philippe Halsman/Magnum Photos | Philippe Halsman, American actress Marilyn MONROE, USA, 1952

Ci sono due grandi razze di fotografi:
quelli che fabbricano immagini e quelli che le colgono.
I primi hanno il loro studio… per i secondi, il loro studio è il mondo.
Ernst Haas 
Il Comune di Parma Assessorato alla Cultura e Summer Jamboree in collaborazione con l’agenzia Magnum Photos presentano THE 1950s Storie americane dei grandi fotografi Magnum

Una mostra fotografica dedicata alla cultura americana degli anni Cinquanta, realizzata attraverso una selezione esclusiva di fotografie dell’archivio Magnum Photos a cura del Summer Jamboree.
Il progetto espositivo originale a cura di Marco Minuz insieme con Summer Jamboree è ospitato a Palazzo del Governatore del capoluogo parmense dal 7 ottobre al 10 dicembre.

In mostra scatti celebri e inediti di Dennis Stock, Elliott Erwitt, Werner Bischof, Wayne Miller, Philippe Halsman, Inge Morath, Burt Glinn, Bob Henriques, Rene Burri, Cornell Capa, Leonard Freed, Erich Hartmann, Bruce Davidson, Eve Arnold.


Magnum Photos viene fondata nel 1947 a New York e per la prima volta tutti questi grandi maestri della fotografia, allora membri dell’agenzia, che in quegli anni operavano, vengono esposti insieme in una mostra fotografica per raccontare in maniera organica il contesto culturale compreso fra la fine degli anni Quaranta e il decennio successivo, attraverso una selezione esclusiva e in parte inedita di 82 scatti dell’archivio Magnum Photos.

THE 1950s Storie americane dei grandi fotografi Magnum è prodotta e organizzata dal Summer Jamboree in collaborazione con l’agenzia Magnum Photos e Suazes in occasione della prima edizione del Winter Jamboree, che si terrà a Parma dal 7 al 10 dicembre 2023 promossa da Fiere Di Parma, Comune di Parma e Regione Emilia-Romagna.

L’esposizione THE 1950s Storie americane dei grandi fotografi Magnum anticipa dunque la prima edizione del Winter Jamboree, nuovo format invernale a cura del Summer Jamboree, il Festival Internazionale di musica e cultura dell’America anni ’40 e ’50 più grande d’Europa, che animerà dal 7 al 10 dicembre 2023 gli spazi delle Fiere di Parma trasformandone alcuni padiglioni nel meraviglioso sogno americano anni Cinquanta in versione Christmas edition #1: sarà allestito un Rockin’ Christmas Vintage market, dove, dalla mattina fino a sera sarà possibile fare rifornimento di regali vintage e prelibatezze enogastronomiche in vista delle feste, accompagnati da un sottofondo di musica Rock’n’Roll, Swing, Country, Rockabilly, Rhythm’n’Blues, Hillbilly, Doo-wop, Western swing e dai grandi classici dei Natali di una volta. Si aggiungono grandi concerti dal vivo al Pala Verdi con artisti provenienti da ogni parte del mondo, DJs set ed esibizioni di ballo, Dance Camp internazionale per chi desidera imparare a muoversi a ritmo di Rock’n’Roll, il Burlesque Show all’interno del quartiere fieristico e una Tattoo Convention con i migliori tatuatori old school che lavoreranno non stop.

La mostra THE 1950s Storie americane dei grandi fotografi Magnum nasce proprio con l’obiettivo di raccontare in maniera organica, attraverso le immagini, questi stessi travolgenti anni americani, mettendo a fuoco l’essenza di un decennio felice, ma assai complesso. L’esposizione riunisce per la prima volta insieme 82 scatti realizzati da grandi fotografi, membri dell’agenzia Magnum Photos attivi negli anni ’50, artisti che hanno catturato lo spirito della società d’Oltreoceano di quei tempi, restituendocene intatta la bellezza, la potenza delle trasformazioni in atto insieme alle profonde contraddizioni che ancora la caratterizzavano, tracciando così una nuova mappa dell’identità americana ed esplorando le sue dimensioni sociali, culturali, economiche.

Gli anni Cinquanta furono sì un’epoca d’oro, un tempo di felicità e prosperità economica, ma furono anche anni ancora segnati dalla segregazione razziale e dalle tensioni causate dal blocco sovietico che diedero poi avvio alla guerra fredda e all’escalation nucleare. THE 1950sStorie americane dei grandi fotografi Magnum traccia il resoconto di questi anni, dando spazio a un’America reale, con i suoi problemi e le sue difficoltà, ma anche con la sua straordinaria forza di guardare avanti.

Gli scatti in mostra permettono di porre l’attenzione sugli elementi caratterizzanti di quel periodo come l’industria automobilistica, la moda, la musica, i grattacieli, le grandi distese naturali, il ruolo della donna. Ogni elemento viene però filtrato dalla volontà di mettere sempre al centro l’essere umano e di raccontarlo. Nel bianco e nero delle fotografie, infatti, il paesaggio passa in secondo piano, mentre ne esce rafforzato l’elemento umano, il valore delle persone e dei loro gesti. Ne emerge uno spaccato di una società protesa al futuro che lascia alle spalle l’esperienza bellica.

Ma THE 1950s Storie americane dei grandi fotografi Magnum narra anche la storia di una delle più grandi agenzie fotografiche al mondo, la Magnum Photos, nata nel 1947 nel ristorante del Museo d’Arte Moderna di New York (MoMA), che all’epoca rappresentava l’epicentro economico, sociale e culturale del mondo occidentale. Henri Cartier-Bresson, Robert Capa, David Seymour, George Rodger e William Vandivert – un francese, un ungherese, un polacco, un inglese e un americano – accomunati da un’esperienza di vita comune, ovvero aver raccontato attraverso le immagini il trauma del secondo conflitto mondiale, riuniti attorno a un tavolo, delinearono e resero concrete una serie di riflessioni sul destino della loro professione come fotogiornalisti.

Dalla sua fondazione Magnum Photos, ha visto crescere ben 103 fotografi, definendo un nuovo modo di raccontare il presente con le immagini. Tenendo saldi i valori della tutela del diritto d’autore, del rispetto della sensibilità espressiva di ogni fotografo e della fedeltà alla verità di ogni avvenimento, l’agenzia ha riunito artisti accumunati dalla convinzione che la fotografia fosse un’importante opportunità per veicolare valori e adoperarsi contro le ingiustizie e gli squilibri della società. Un’incredibile esperienza che si è imposta a livello internazionale, tutt’oggi straordinaria per l’influenza che ebbe, e che continua ad avere, nel mondo della fotografia.

Dal 07 Ottobre 2023 al 10 Dicembre 2023 – Palazzo del Governatore – Parma

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BAR STORIES ON CAMERA. GALLERIA CAMPARI / MAGNUM PHOTOS

Harry Gruyaert, Belgium, Brussels, 1981
Harry Gruyaert, Belgium, Brussels, 1981

La mostra presenta 90 fotografie dagli anni Trenta agli inizi degli anni Duemila che raccontano il mondo del bar attraverso 48 immagini dall’Archivio Storico Galleria Campari e 42 scatti di 24 fotografi internazionali dell’agenzia Magnum Photos tra cui figurano Capa, Erwitt, Parr e Scianna.

L’allestimento presenta anche una selezione di ricettari e libri sui cocktail da fine XIX secolo agli anni Duemila, oltre a oggetti ed ephemera originali legati al bar: menù, carte intestate, insegne, bicchieri, attrezzi per la miscelazione, locandine e oggetti pubblicitari vintage. La sfaccettata vitalità del mondo bar viene raccontata a 360 gradi, in un’esplorazione della sua connotazione sociale come luogo di incontro, aggregazione, svago e scambio culturale di cui Campari è protagonista dal 1860.

Dal 04 Ottobre 2023 al 30 Aprile 2024 – Galleria Campari – Sesto S. Giovanni (MI)

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ROBERT CAPA. IL FOTOREPORTER

Robert Capa, Soldier walking through field on recconnaissnace mission, near Troina, Sicily, Italy, August 4-5, 1943 © International Center of Photography/Magnum Photos
Robert Capa, Soldier walking through field on recconnaissnace mission, near Troina, Sicily, Italy, August 4-5, 1943 © International Center of Photography/Magnum Photos

In occasione dei 110 anni dalla nascita di Robert Capagiovedì 21 settembre, alle ore 19:30 presso la Galleria dell’Accademia d’Ungheria in Roma si terrà il vernissage della mostra fotografica Robert Capa, il fotoreporter
L’esposizione è organizzata in collaborazione con il Robert Capa Contemporary Photography Center Budapest.

Robert Capa (22 ottobre 1913–25 maggio 1954), il fotografo di fama mondiale nato a Budapest, fu testimone oculare degli eventi storici che hanno determinato il XX secolo nonché messaggero in ventitré paesi di quattro continenti. Per tutta la sua vita sostenne che il linguaggio universale della fotografia potesse apportare cambiamenti, rendendo il mondo un posto migliore. Seppe guardare le cose con uno sguardo “creativo”, qualunque cosa toccasse prendeva una forma nuova, mai vista prima. Fu in grado di vedere ciò che gli altri non riuscirono e, con il suo cambio di prospettiva, seppe dare una nuova definizione alle cose, avvicinandosi al mondo con un nuovo approccio. Il suo talento incandescente e pervasivo ha permeato tutte le sue attività e la sua vita. Il suo coraggio, la sua audacia, il potere visivo delle sue fotografie non hanno pari. La sua immensa empatia e umanità hanno caratterizzato tutte le sue attività, è stato uno degli “avventurieri etici”, secondo le parole di Henri Cartier-Bresson, e l’atteggiamento morale nelle sue immagini è un esempio per tutti.

La mostra rende omaggio all’uomo che vide cinque campi di battaglia e, corpo a corpo con la morte, documentò la storia dando una nuova definizione alla metodologia della fotografia di guerra.

Conquistò fama mondiale grazie alla fotografia scattata durante la guerra civile spagnola, intitolata Morte di un miliziano lealista, fronte di Córdoba, Spagna nel 1936. Questo periodo fu tra i più tristi della sua vita, segnato dalla tragica perdita della sua compagna, la collega di origini polacche Gerda Taro.
Capa scattò fotografie di soldati e partigiani, raffigurandoli sia in momenti di vita quotidiana che durante le battaglie, dalla posizione dell’osservatore partecipe e infinitamente empatico. Era lì con loro, ed è da molto vicino che scattò le sue fotografie. Famose sono le sue parole al riguardo: Se le tue foto non sono abbastanza buone, non eri abbastanza vicino.”

Su suggerimento di Capa, insieme ai fotografi Henri Cartier-Bresson, George Rodger e 
David “Chim
” Seymour, nel 1947 fu fondata l’agenzia Magnum Photos.

La selezione della mostra Robert Capa, il fotoreporter presenta settantacinque immagini della sua vita, dalla foto che cattura la conferenza di Trockij (una delle sue prime commissioni) a quella scattata durante la guerra d’Indocina. Le fotografie in mostra raccontano sia il mondo della guerra che i momenti di pace di Robert Capa.

Grazie alle fotografie acquistate nel 2008, quello di Budapest è diventato uno dei centri di riferimento del patrimonio Capa insieme ai centri di New York e di Tokyo. La serie intitolata Raccolta Master III (Master’s Set III) che documenta la vita di Robert Capa, comprende 937 ingrandimenti realizzati negli anni ‘90. Queste fotografie sono state selezionate da Cornell Capa (fratello minore di Robert Capa) e dallo storico della fotografia Richard Whelan (monografista di Robert Capa) tra il 1990 e il 1992 tra quasi 70mila negativi lasciati da Capa.

Le fotografie in mostra sono state selezionate dalle immagini della collezione ungherese Robert Capa Master Collection, conservata nel Centro di Fotografia Contemporanea Robert Capa di Budapest.

Dal 21 Settembre 2023 al 19 Novembre 2023 – Galleria dell’Accademia d’Ungheria in Roma

MAPPLETHORPE – VON GLOEDEN. BEAUTY AND DESIRE

MAPPLETHORPE - VON GLOEDEN. BEAUTY AND DESIRE, MUSEO NOVECENTO, FIRENZE
MAPPLETHORPE – VON GLOEDEN. BEAUTY AND DESIRE, MUSEO NOVECENTO, FIRENZE

Il Museo Novecento rende omaggio a uno dei più grandi esponenti della fotografia del Novecento, Robert Mapplethorpe (New York, 1946 – Boston, 1989), tramite un raffronto inedito con gli scatti di Wilhelm von Gloeden (Wismar, 1856 – Taormina, 1931) e alcune immagini dei Fratelli Alinari: un confronto evocativo e a tratti puntuale, che rivela il ricorrere di temi comuni; motivi che attraversano il tempo e giungono fino a noi, ponendosi come spunti di riflessione sull’attualità e su come arte, morale e spiritualità cambino e si evolvano nella loro reciproca relazione.

La mostra, organizzata a quarant’anni di distanza dall’esposizione del Palazzo delle Cento Finestre che fece conoscere a Firenze l’opera del fotografo statunitense, mette in luce il legame di Robert Mapplethorpe con la classicità, nonché il suo approccio scultoreo al mezzo fotografico. Il profondo interesse per l’antico, la passione per i maestri che lo hanno preceduto e l’attenta comprensione della statuaria (in particolare dell’opera di Michelangelo) sono delle costanti nella ricerca dell’artista.

Appassionato collezionista di fotografie, Mapplethorpe conosce l’opera del barone Wilhelm von Gloeden, con la quale ha forse la possibilità di confrontarsi ampiamente anche agli inizi degli anni Ottanta, grazie ai contatti con il gallerista Lucio Amelio e a un soggiorno a Napoli, durante il quale si misura inoltre con la potenza disarmante delle rovine. Von Gloeden, tra i pionieri della staged photography, celebra nelle sue composizioni un ideale richiamo al passato, concepito quale inesauribile bacino di soggetti e suggestioni: un segno stilistico unico, che lo rende ancora oggi un’icona e costituisce un suggestivo riferimento per Mapplethorpe.

Le fotografie di Mapplethorpe e von Gloeden, pur traendo ispirazione dai canoni della classicità, sembrano condurre lungo traiettorie estetiche non scontate e a tratti perturbanti, sollevando e risolvendo interrogativi sul tema del corpo e della sessualità la cui eco risuona, a tratti immutata, nella cultura visiva contemporanea, dove la censura e il giudizio morale sono sempre pronti a mettere sotto accusa la bellezza e il desiderio.

Dal 23 Settembre 2023 al 14 Febbraio 2024 – Museo Novecento – Firenze

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DAVID LACHAPELLE. STATIONS OF THE CROSS

David LaChapelle, He is Made to Bear His Cross, Los Angeles, 2023
© David LaChapelle | David LaChapelle, He is Made to Bear His Cross, Los Angeles, 2023

Dal 27 ottobre apre al pubblico in esclusiva nella Galleria Deodato Arte in via Giulia 122 a Roma la nuova mostra di David LaChapelle con l’inedita serie “Stations of the Cross”, che verrà presentata durante la Biennale di Firenze in occasione del premio alla carriera assegnato al fotografo statunitense. 
La mostra, che sarà inaugurata dallo stesso LaChapelle il 27 ottobre, presenta nuove sorprendenti opere, quindici scene della Via Crucis disposte lungo un percorso che simboleggia il cammino di Cristo verso la Crocifissione e che l’artista ha interpretato ispirandosi a diversi esempi, dall’epoca medievale a quella postmoderna, immaginando la tradizionale narrazione religiosa in un modo nuovo, colorato e poetico. Con il suo stile e la sua composizione unici, LaChapelle presenta nelle vesti di Cristo l’artista e attore italiano Tedua, per il quale il fotografo ha firmato le cover degli album “Purgatorio” e “Inferno”; elementi teatrali insieme a figure simboliche trasportano la pratica devozionale, nella quale lo spettatore visita ciascuna stazione  pregando, nel tempo presente.
 
In mostra e in conversazione con la Via Crucis, oltre a diverse opere di diverse serie già note del suo portfolio, LaChapelle espone Earth Laughs in Flowers, la serie realizzata tra il 2008 e il 2011 ispirata alle tradizionali vanitas olandesi, raffigurazioni di oggetti simbolici che fanno riflettere sulla vanità delle conquiste e dei piaceri terreni; come sempre, anche anche nelle sue dieci vanitas LaChapelle mescola umorismo e dramma insieme ad oggetti di uso quotidiano, per ricordare allo spettatore la nostra mortalità. 
 
“E’ una grande responsabilità accogliere David LaChapelle per questa occasione – spiega Deodato Salafia – si tratta della sua prima mostra presso la nostra sede di Roma, dopo la rassegna di opere iconiche presso Deodato Milano lo scorso autunno. Ancora una volta LaChapelle, che ha già trattato soggetti legati al cristianesimo, come l’Annunciazione, ci offre con incredibile sorpresa un’indagine su uno dei pilastri più tradizionali della Chiesa Cattolica Romana. Un lavoro di 15 scenografie creano una collezione destinata a restare nella storia dell’arte.”

Dal 27 Ottobre 2023 al 25 Novembre 2023 – Galleria Deodato – Roma

I WANT YOU TO KNOW MY STORY – Jess T. Dugan

Shira and Sarah, 2020 © Jess T Dugan

I want you to know my story è la prima mostra personale in Italia dell’artista statunitense Jess T. Dugan, nata dalla pubblicazione del suo ultimo progetto Look at me like you love me (Mack Books, 2022) e curata da Laura De Marco con una produzione originale e inedita di Spazio Labo’.

Jess T. Dugan riflette su desiderio, intimità, amicizia e sui modi in cui le nostre identità sono modellate da queste esperienze. In questo progetto estremamente personale, Dugan intreccia insieme autoritratti, ritratti di persone da sole e in coppia, nature morte e una serie di scritti di natura diaristica in cui riflette su relazioni, solitudine, famiglia, perdita, guarigione e sulle trasformazioni che definiscono una vita intera.

Dugan usa da sempre la fotografia come mezzo per comprendere meglio la propria identità e connettersi agli altri a un livello più profondo. Il suo processo di lavoro lento e collaborativo svela momenti di alta intensità psicologica attraverso immagini che trascendono le specificità di una particolare persona o di un luogo, occupandosi di cosa vuol dire conoscere sé stess* insieme e attraverso l’altr*.

Attraverso una sequenza estesa ma studiata di immagini e testi, Jess T. Dugan porta la nostra attenzione su una delle più potenti e complesse forme di intimità, quella di vedere ed essere vist*.

All’interno della mostra sono presenti video e fotografie inediti per l’Italia. Il bookshop di Spazio Labo’ e Leporello ospita inoltre una selezione speciale di libri fotografici a tematica queer, disponibile per tutta la durata dell’esposizione.

La mostra è inserita nel calendario del festival internazionale Gender Bender e fa parte di Look at us – Rassegna di narrazioni non conformi: un programma di mostre e incontri che da aprile a dicembre 2023 Spazio Labo’ dedica alla visibilità e alla decostruzione dei tradizionali ruoli familiari, identitari e di genere attraverso l’ibridazione dei linguaggi visivi.

Dal 26 ottobre al 19 gennaio 2024 – Spazio Labò – Bologna

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INGE MORATH. L’OCCHIO E L’ANIMA

Inge Morath, Salone di bellezza sulla Fifth Avenue, New York City, USA, 1958
© Magnum/Inge Morath Estate courtesy Fotohof Archiv | Inge Morath, Salone di bellezza sulla Fifth Avenue, New York City, USA, 1958

Svela il profondo e mai convenzionale sguardo sulla realtà di una donna, consacrata fra le più importanti fotografe del XX secolo, la mostra monografica “Inge Morath. L’occhio e l’anima” che al Filatoio di Caragliodal 19 ottobre 2023 al 25 febbraio 2024, celebra, nel centenario dalla nascita, la prima fotogiornalista nella storia della stessa agenzia Magnum.

Inge Morath è stata, prima di tutto, una viaggiatrice. Suo marito, Arthur Miller, ha così descritto questa sua attitudine: “Inge inizia a fare i bagagli non appena vede una valigia”. Nel corso della sua carriera ha realizzato reportage fotografici in Spagna, Medioriente, America, Russia e Cina.
Non ha affrontato mai questi viaggi con superficialità, bensì con serietà, studiando la lingua, le tradizioni e la cultura di ogni regione dove si recava. Era capace di parlare correntemente tedesco, inglese, francese, spagnolo, rumeno, russo e mandarino. Che si trattasse di persone comuni o personaggi pubblici il suo interesse era identico e s’indirizzava sempre verso l’intimità di ciascuno. Inge Morath è stata tra le prime donne a lavorare con la leggendaria agenzia fotografica Magnum Photos. Imparò molto da Henri Cartier-Bresson con cui collaborò in importanti reportage. Il suo stile fotografico affonda le sue radici negli ideali umanistici conseguenti alla Seconda Guerra Mondiale, ma anche nella fotografia del “momento decisivo”, così come l’aveva definita Cartier-Bresson. Ospitarla all’interno degli spazi del Filatoio di Caraglio significa coltivare un’attenzione e una sensibilità verso la figura femminile e il suo ruolo sociale, culturale ed economico nella nostra società, elementi questi fortemente connessi a questo luogo.
Le fotografie di Inge Morath riflettono le sue più intime necessità, ma al contempo sono come pagine del suo privato diario di vita, come lei stessa scrive: “La fotografia è essenzialmente una questione personale: la ricerca di una verità interiore”.

SEZIONi MOSTRA 

INGE MORATH 1923/2002
Per iniziare a conoscere Inge Morath è indispensabile immedesimarsi nella sua passione, curiosità e determinazione. Quasi fossero su una parete della sua abitazione, le fotografie in mostra, che la ritraggono in diversi momenti della sua vita, sono strumenti che ci permettono di avvicinarci alla sua vita: il lavoro nell’agenzia Magnum Photos nei suoi primi anni di attività, la collaborazione con fotografi come Ernst Haas e Henri Cartier-Bresson, l’incontro con lo scrittore Arthur Miller sul set de The misfits (Gli spostati) e il loro successivo matrimonio, i suoi numerosi viaggi. 

VENEZIA
Dopo essere diventata membro associato dell’agenzia Magnum Photos nel 1953, Inge Morath realizza un reportage dedicato a Venezia.
Si tratta di uno dei suoi primi incarichi fotografici. Con fotografie incentrate sulla quotidianità della città, Inge Morath contribuisce al volume illustrato Venice Observed della storica dell’arte Mary McCarthy. Questo primo incarico fotografico precede un soggiorno più lungo in città nell’autunno 1955. In questo periodo la sua attenzione si rivolge verso i luoghi meno frequentati e i quartieri popolari. Le fotografie realizzate, sposando la tradizione fotografica dell’agenzia Magnum, ritraggono persone nella loro quotidianità, con una particolare attenzione verso il mondo femminile e la sua condizione dell’epoca. Alcune ambientazioni surreali e alcune composizione fortemente grafiche sono un esplicito riferimento al lavoro fotografico del suo primo mentore Henri Cartier-Bresson.

IRAN
Nel 1956, dopo aver ultimato il volume illustrato sulla Spagna, Inge Morath riceve l’incarico di recarsi in Iran per la rivista “Holiday” e per aziende americane operanti in quel paese. Per una parte del soggiorno viene accompagnata dell’editore Robert Delpire. Il viaggio diviene occasione per approfondire la conoscenza di quei luoghi, realizzando così un’estesa documentazione fotografica. Come donna, in questa società fortemente patriarcale, ha la possibilità di muoversi all’interno della dimensione femminile e cogliere così il rapporto fra le vecchie tradizioni e le trasformazioni innescate dalla moderna società industriale. Un volume su questo lavoro viene pubblicato nuovamente da Robert Delpire con il titolo De la Perse à l’Iran (1958).

SPAGNA
Nel corso della sua vita Inge Morath ha viaggiato molto in questo Paese. La prima volta risale al 1951 con Henri Cartier-Bresson. Il primo e più ampio lavoro sulla Spagna lo ha realizzato nel 1954. In quell’anno riceve l’incarico di riprodurre alcuni dipinti per la rivista d’arte francese “L’Oeil” e di realizzare a Madrid un ritratto della sorella di Pablo Picasso, Lola, spesso restia a farsi fotografare. Fotografa anche l’avvocatessa Doña Mercedes Formica, la quale si batteva per i diritti delle donne nella Spagna della dittatura franchista.Parlare correntemente lo spagnolo ha aiutato Inge Morath a rendere più approfondito questo suo lavoro. Con le fotografie dedicate alla Spagna la casa editrice francese di Robert Delpire pubblicò il volume illustrato Guerre à la tristesse (1955).

REGNO UNITO / IRLANDA
Ancor prima di diventare fotografa presso l’agenzia Magnum Photos, Inge Morath aveva sposato il giornalista inglese del “Picture Post” Lionel Birch e si era trasferita con lui a Londra. Lontana dall’agenzia e dai fotografi con cui collaborava, comincia ad avvicinarsi autonomamente alla fotografia con l’aiuto di Simon Guttman, il fondatore dell’agenzia fotografica Dephot. Per la rivista Picture Post, progetta un libro su Londra realizzando anche reportage fuori città. Nel corso di questi reportage, Inge Morath fa amicizia anche con Eveleigh Nash, membro dell’aristocrazia inglese, immortalata durante la sua partenza da Londra.

STATI UNITI D’AMERICA
Nel 1957 Inge Morath realizza un fotoreportage a New York per conto della Magnum. La celebre fotografia del lama che esce dal finestrino di un taxi, su un viale della città, fa parte di un progetto più ampio dedicato agli animali impiegati sui set cinematografici. In questo periodo Inge realizza fotografie sul quartiere ebraico, sulla vita quotidiana di New York e ritratti di artisti con cui stringe amicizia. New York, come testimoniato dall’omonimo libro pubblicato nel 2002, rimarrà un luogo importante per tutta la vita di questa fotografa.
Dopo il matrimonio con lo scrittore Arthur Miller, nel 1962, Morath si trasferisce in una vecchia e isolata fattoria a Roxbury, a circa due ore di auto da New York. Un luogo di campagna lontano dalla frenesia della città, dove si dedica alla vita famigliare e cresce i suoi due figli Rebecca e Daniel.

SAUL STEINBERG MASCHERE
Il progetto fotografico che Inge Morath realizza in collaborazione con il disegnatore Saul Steinberg, risale al suo primo viaggio a New York. In quel periodo conosce la produzione artistica di Saul Steinberg, rimanendo entusiasta del suo lavoro. Negli anni sessanta Steinberg aveva iniziato a realizzare la sua serie di maschere e chiede ad Inge Morath di trovare delle persone da fotografare con gli abiti adatti per queste maschere. Gli scatti hanno in comune il fatto di essere ambientati nella vita quotidiana newyorkese. Nel 1966 viene pubblicato il primo volume illustrato su questo progetto.

ROMANIA
Nel 1957 e nel 1958 Inge Morath ha attraversato la Romania per poter fotografare il Danubio fino alla sua foce. In epoca comunista quest’area era una zona militare interdetta e Morath ha dovuto aspettare molto tempo per ottenere i permessi di viaggio. Durante questi periodi di attesa, ha così viaggiato molto nel resto del Paese, scattando fotografie che forniscono una documentazione molto estesa di questo Paese durante gli anni della Guerra Fredda, come quelle dedicate alla vita all’interno di una fabbrica tessile a Bucarest.
Le foto ottenute da questa esperienza non erano sufficienti per la pubblicazione di un volume illustrato. Soltanto negli anni 1994-1995 Inge Morath riprende in mano il progetto e pubblica un volume sul Danubio e la Romania con il sostegno della galleria Fotohof e con la collaborazione di Kurt Kaindl e Brigitte Blüml-Kaindl.

RUSSIA
La Russia è stata, per Inge Morath, un luogo desiderato per tutta la vita. Il suo ingresso in questo ambiente culturale si è realizzato attraverso la lingua, che ha imparato a Roxbury prima del suo primo viaggio, e attraverso la letteratura russa.
Per la prima volta, nel 1965, coglie l’occasione di andare in Russia con suo marito, Arthur Miller. In questo periodo Miller era presidente del PEN club – un’associazione internazionale non governativa di letterati – e insieme poterono far visita agli artisti e intellettuali russi epurati, oltre che portare a termine programmi ufficiali. Nasce un ampio lavoro fotografico che negli anni successivi è integrato da materiale di altri viaggi in Russia. Nel 1969 viene pubblicato il suo primo volume illustrato sulla Russia. 

AUSTRIA
Nel corso della sua vita Inge Morath ritorna più volte in Austria. Sua madre, infatti, viveva a Graz. Un libro con le foto sul suo Paese natale è stato pubblicato negli anni Settanta e un altro volume dopo la sua morte. Le foto del periodo austriaco sono caratterizzate da un rapporto intenso con gli artisti del Paese, alcuni dei quali conosciuti a Vienna nel periodo successivo alla Seconda Guerra Mondiale. Mentre Inge Morath si concentra, nella maggior parte del suo lavoro, sulle persone e sulla loro quotidianità, ci sono numerose immagini realizzate in Austria che raffigurano l’eredità barocca e i retaggi della monarchia austro-ungarica. Spesso queste immagini hanno una dimensione prevalentemente architettonica. 

CINA
Inge Morath si reca per la prima volta in Cina in occasione della rappresentazione a Pechino dello spettacolo Morte di un commesso viaggiatore di Arthur Miller. Dopo un’accurata preparazione e dopo aver imparato il mandarino, il dialetto cinese più importante, può muoversi autonomamente a Pechino e nei dintorni della città. Le prove dello spettacolo durarono diverse settimane e, ancora una volta, i numerosi contatti con artisti ufficialmente riconosciuti e non, sono l’ispirazione più grande per il suo lavoro fotografico.

RITRATTI
I ritratti sono un tema che ha accompagnato Inge Morath per tutta la sua carriera fotografica.
Da un lato era attratta da artisti famosi, la cui visione del mondo era di ispirazione per il suo lavoro, e dall’altro dalle persone semplici incontrate durante i suoi reportage. Ogni suo ritratto si basa su un rapporto intenso o anche su una conoscenza profonda della persona immortalata. La conoscenza di molte lingue straniere – parlava fluentemente il tedesco, l’inglese, il francese, il rumeno, lo spagnolo, il russo e il mandarino – rappresenta per Inge Morath, un’opportunità per interagire con le persone che intende fotografare. 
Il suo interesse per le arti figurative e la letteratura l’ha portata a ritrarre molti artisti e scrittori.
Tra i ritratti realizzati all’inizio della sua carriera, spesso lavori su incarico dell’agenzia Magnum, ci sono anche molti attori e registi. Ormai celeberrima la fotografia di Marilyn Monroe che esegue dei passi di danza all’ombra di un albero, realizzata sul set del film The misfits (Gli spostati) del 1960. Su quel set Inge Morath conosce Arthur Miller che all’epoca era legato con l’attrice americana. 

ROXBURY
Dopo il matrimonio con lo scrittore Arthur Miller nel 1962, Inge Morath si trasferisce in una fattoria a Roxbury, a due ore di auto da New York. Nei pressi dell’abitazione c’era un vecchio granaio che viene adattato ad appartamento per gli ospiti, atelier di pittura, deposito e camera oscura. In un ex silos di legno vengono create delle stanze per ospitare lo studio di Inge Morath. Dal 1990, fino alla sua morte sopraggiunta nel 2002, Kurt Kaindl e Brigitte Blüml-Kaindl hanno regolarmente fatto visita a Inge Morath a Roxbury per sviluppare progetti dedicati al suo lavoro. Durante questi incontri è nata l’idea di catturare, attraverso delle fotografie, l’atmosfera di quel luogo. Nelle foto non compaiono persone, ma ci sono tracce, visibili, del lavoro di Inge Morath e della sua eredità.

FRANCIA
Parigi è il luogo dove Inge Morath ha incontrato i fondatori dell’agenzia Magnum: Henri Cartier-Bresson, David Seymour e Robert Capa. Condividere il lavoro con questi straordinari fotografi e far parte di una realtà così giovane ma ambiziosa, la spinsero ad avvicinarsi alla fotografia, cercando autonomamente la propria strada. Essendo la più giovane fotografa dell’Agenzia, le venivano affidati lavori minori come sfilate di moda, aste d’arte o feste locali. In queste immagini emerge il suo interesse per gli aspetti bizzarri della vita quotidiana e la volontà di sposare la teoria del “momento decisivo” di Henri Cartier-Bresson. 

COLORE
Per la prima volta in Italia viene mostrata una selezione di fotografie a colori di Inge Morath, frutto di un lavoro di ricerca all’interno della Fondazione Inge Morath. All’epoca le fotografie in bianco e nero venivano trattate come opere d’arte, mentre quelle a colori erano associate ad una dimensione essenzialmente commerciale da veicolare nelle riviste illustrate. In molti, tra cui la stessa Morath, consideravano la loro produzione a colori come secondaria. Lo stesso fotografo Walker Evans affermava che “la fotografia a colori è volgare”. Queste fotografie sono invece testimonianza di una sua grande sensibilità in grado di trasformare una visione ordinaria in un momento estremamente lirico. 

Dal 19 Ottobre 2023 al 25 Febbraio 2024 – Il Filatoio – Cuneo

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VERONICA GAIDO. INVISIBLE CITY

Veronica Gaido, Inferno dei viventi, 2023
Veronica Gaido, Inferno dei viventi, 2023

In occasione della seconda edizione di Pietrasanta Design Week-end, il Complesso Monumentale Chiostro di Sant’Agostino della cittadina versiliese ospita dal 19 ottobre al 10 dicembre 2023 la mostra di Veronica Gaido INVISIBLE CITY a cura di Maria Vittoria Baravelli.

INVISIBLE CITY è una serie fotografica, nata nel 2015 e ancora in fieri, per cui l’artista si è ispirata al celebre romanzo omonimo di Italo Calvino. La mostra, dopo essere stata ospitata al Consolato generale d’Italia a New York da maggio a settembre 2023, approda in Italia e sarà uno degli eventi di punta di Pietrasanta Design Week-end.

Da New York a Pechino, da Miami a Tokyo, gli edifici di queste grandi metropoli si trasformano passando attraverso l’occhio di Veronica Gaido e diventano sostanza viva, pura luce. L’artista fa diventare la materia dura delle architetture monumentali fluida, flessibile, sinuosa; tratta i grattacieli come fossero canne di bambù mosse dal vento, percorse dalla luce, dal tempo e dalle sue emozioni, in una visione che guarda alla pittura futurista del primo Novecento, ma che diventa futuristica.

Un vero e proprio passaggio di materia dove il solido diventa fluido e vibrante, creando delle immagini che attraggono e respingono allo stesso tempo e che, trasportando la mente nella sfera del sublime, fanno correre l’immaginazione e danno vita a spazi e mondi altri.

In questo modo, Veronica Gaido non è solo una fotografa, ma una pittrice della realtà, un’artista che dipinge con la luce per farci vedere il mondo con una nuova prospettiva, ricordandoci che la bellezza è ovunque, se siamo disposti a osservare con attenzione e sensibilità. Le sue immagini sono più di semplici scatti: sono pennellate di colore, luce ed emozione. Ogni foto racconta una storia, cattura un momento, e ci invita a vedere il mondo con occhi diversi.

L’artista spesso parte da una fonte letteraria per dare vita ai suoi lavori, come in questo caso in cui è stata ispirata da Italo Calvino, di cui ricorrono proprio i cento anni dalla nascita, e da quel Marco Polo delle Città invisibili che descrive città immaginifiche, fantastiche, ma dalle possibilità illimitate, come quelle di Veronica Gaido. 
Veronica Gaido, utilizzando la lunga esposizione e componendo e scomponendo i soggetti che ritrae, siano essi corpi o architetture, come in questo caso, ci restituisce una sua personale interpretazione delle realtà e delle emozioni che quel preciso pezzo di mondo ha suscitato in lei.

“«D’una città non godi le sette o settantasette meraviglie, ma la risposta che dà ad una tua domanda», questa citazione di Italo Calvino sembra incarnare il sentimento che emerge dal lavoro fotografico di Veronica Gaido intitolato “INVISIBLE CITY”, in omaggio al celebre romanzo dello scrittore.” – scrive Maria Vittoria Baravelli curatrice della mostra – “Una indagine attraverso le sue fotografie liquide delle città del mondo, dall’America al Giappone, dalla Cina all’Europa, per giungere oggi, in occasione della sua mostra, in Versilia, territorio in cui è nata.
L’esposizione racconta di come le architetture, totem della nostra contemporaneità esprimano le vite di chi i luoghi li vive, dimostrando quanto la sua fotografia sia più vicina all’arte che al reportage.
Corpi vicini, lontani, sfumati, accennati o a malapena visibili. Nelle immagini di Veronica, sembra che esploriamo la superficie delle cose, cercando di unire i pezzi e di delineare tutte le vite che non sono le nostre, o che forse avremmo potuto vivere se fossimo dall’altra parte del mondo”.

Dal 20 Ottobre 2023 al 10 Dicembre 2023 – Complesso di Sant’Agostino – PIETRASANTA | LUCCA

FRIDA KAHLO. UNA VITA PER IMMAGINI

Guillermo Kahlo, Frida, Messico, 1932. Stampa al platino/palladio
Guillermo Kahlo, Frida, Messico, 1932. Stampa al platino/palladio

Frida Kahlo. Una vita per immagini, arriva alla GAM, dal 21 ottobre al 28 novembre 2023, di Palermo dopo la tappa di Riccione, con oltre un centinaio di scatti, per la maggior parte originali, che ricostruiscono e narrano la vita controcorrente della grande artista messicana, alla ricerca delle motivazioni che l’hanno trasformata in un’icona femminile e pop a livello internazionale.

Le fotografie sono state realizzate dal padre Guillermo Kahlo, durante l’infanzia e la giovinezza della figlia, e da alcuni dei più̀ grandi fotografi della sua epoca: Leo Matiz, Imogen Cunninghan, Edward Weston, Lucienne Bloch, Bernard Silberstein, Leo Matiz, Manuel e Lola Álvarez Bravo, Nickolas Muray e altri.

In questo straordinario “album fotografico” si rincorrono le vicende esaltanti, dolorose e appassionate di una vita, ma nondimeno emerge il contesto in cui si è affermata la sua personalità, il Messico del primo Novecento e la rivoluzione che ne ha cambiato volto e storia, fatta di umili campesinos ed eroici protagonisti come Pancho Villa e Emiliano Zapata.

Un’epopea e un mito, quello del Messico rivoluzionario, che forgia, non meno delle vicende biografiche più intime, il carattere ribelle e anticonvenzionale di Frida, figlia di un fotografo professionista di origine tedesca giunto in Messico nel 1891 e rimasto poi in una terra di cui profondamente si innamora, come testimoniano le fotografie – realizzate su incarico del governo austriaco – delle chiese coloniali del paese.

Il mezzo espressivo della pittura diviene il linguaggio prediletto, viscerale e appassionato di un’artista dal carattere indipendente e fiero, che nella pittura si rispecchia e si racconta senza attenuanti, senza ipocrisie. Tutta la sua opera è una forma di autoanalisi, una ricerca di identità̀ e di verità, negli autoritratti come nelle opere che la vedono accanto a Diego Rivera, il pittore e muralista con cui ha condiviso un rapporto intenso e turbolento, o a figure come Leon Trotsky e André Breton.

La mostra si divide in sezioni: La Casa Azul, dedicata alla casa natale di Frida, a  Coyoacán, un sobborgo di Città del, dove l’artista visse la maggior parte della vita tra le pareti blu cobalto e oggi sede del museo a lei dedicato; La Rivoluzione Messicana, un focus per immagini sugli eventi che dalla rivolta del 1910 cambiano il volto del paese e che tanta influenza avranno sull’immaginario e sulla sensibilità di Frida Kahlo; Rufino Tamayo e l’arte messicana, incentrata su uno dei pittori e muralisti messicani più significativi del Novecento, che condivide con Frida la medesima cultura figurativa, tra astrazione e surrealismo; Guillermo Kahlo e le chiese messicane, con la campagna fotografica per documentare le chiese barocche del Messico coloniale, commissionata al padre di Frida dal governo austriaco; la sezione Frida in video, infine, raccoglie le poche immagini filmate di Frida Kahlo che ci sono pervenute.

La mostra, a cura di Vincenzo Sanfo, è promossa dal Comune di Palermo, Assessorato alla Cultura, è organizzata da Civita Sicilia con la collaborazione di Rjma Progetti culturali.

Dal 21 Ottobre 2023 al 28 Novembre 2023 – Galleria d’Arte Moderna Empedocle Restivo – Palermo

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Maria Spes Bartoli, prima fotografa

Maria Spes Bartoli fu la prima fotografa professionista ad aprire un suo atelier nelle Marche, nel 1924.  

Nata a Senigallia nel 1888, fu testimone di decisivi capitoli della storia del nostro Paese mentre, con il suo impegno lavorativo ed artistico, contribuì a cambiamenti importanti nel modo di definire la figura femminile all’interno della nostra società.

Il suo primato è un fatto degno di nota in quanto gli stereotipi di genere che hanno accompagnato la nostra cultura, sono stati per lungo tempo motivo di esclusione delle donne da molte professioni, compresa la fotografia.

A Senigallia Maria Spes visse fino ai suoi 16 anni; è qui che realizzò i primi scatti, assieme al padre Beniamino, anch’esso fotografo. Più tardi si trasferì a Tolentino dove continuò il suo impegno in modo professionale.

Pronipote del vescovo di Senigallia Ignazio Bartoli (dal 1880 al 1895) è nata in una famiglia di nobili origini votata dall’arte. Per lei la fotografia fu un mestiere ma anche un modo per conoscersi nel profondo dato che l’archivio conserva numerosi autoritratti di straordinaria bellezza.

Il teatro sarà l’altra presenza importante nella sua vita. Dopo gli esordi a Senigallia insieme al padre, ella fece parte del Circolo Mandolinistico-Filodrammatico di Tolentino e nel dopoguerra della Filodrammatica “A. Parisani” e della sezione filodrammatica del gruppo goliardico “S. Bezzi”.

Il fatto che Maria Spes sia nata ed abbia iniziato a fotografare a Senigallia ha inoltre un valore considerevole che  anticipa l’inizio della storia custodita e valorizzata dal progetto Senigallia città della fotografia alla seconda metà dell’800.

La mostra racconta la vita della fotografa Maria Spes Bartoli. Nata a Senigallia nel 1888 fu la prima donna fotografa professionista ad aprire un suo atelier nelle Marche, nel 1924.

In esposizione opere originali realizzate tra la fine del ‘800 e i primi decenni del ‘900 relativi alla sua attività fotografica lavorativa e a quella artistica, privata, incentrata sull’autoritratto e sul teatro.

I soggetti spaziano in vari ambiti: architettura, vita quotidiana, le maestranze cittadine, la famiglia e le loro frequentazioni piuttosto altolocate, il collegio Bartoli  e il Seminario vescovile seguiti dallo zio vescovo Ignazio, le loro attività teatrali e alcuni eventi storici.

A Senigallia Maria Spes realizzò i primi scatti assieme al padre Beniamino e dunque su questa città sono esposti numerosi scatti inediti realizzati dai Bartoli.

Fra questi anche quattro stampe della storica tipografia di Giovanni Puccini, padre di Mario e molte vedute di città delle Marche e rare cartoline.

20 ottobre 2023 _ 8 gennaio 2024 – Senigallia, Palazzetto Baviera

RIDERE SUL SERIO – Marina Alessi

Marina Alessi, fotografa. Giovane abbastanza per innamorarsi della vita e “grande” abbastanza per aver affinato le qualità e le tecniche che le permettano di raccontare ciò di cui la vita l’ha fatta innamorare.

L’arte del saper comunicare la interessa assai, a partire dalla scrittura e dal segno. Il teatro soprattutto. Ma anche la televisione, il cinema.

Poi il cabaret, che del teatro è la forma più diretta, lineare e sfaccettata, per non dire sfacciata. Non c’è la quarta parete, al cabaret, per questo non ci può essere un tipo di obiettivo che freni.

C’è il corpo, sì. Ci sono la parola, il gesto, la provocazione complice. Finiscono dentro l’obiettivo che obiettivo non è mai del tutto, in mano a un bravo fotografo. Davanti alla macchina fotografica, nell’occhio di Marina, c’è gente che non recita, o se recita lo fa capire, di modo che il salto verso la finzione, diventi un gioioso balzo mortale complice, che riporti al reale. Le foto, fatte da Marina, dei comici e del loro mondo sono morbide, fresche anche quando raccontano percorsi magari complessi. Ma sono vere, credibili, quasi sempre serene e coinvolgenti. I comici sanno raccontare perché sanno raccontarsi. Soprattutto Marina Alessi sa raccontarli perché ha imparato a conoscere i comici e a coglierne gli stimoli.

La storia professionale di Marina Alessi non è per nulla banale. Ha pubblicato diversi libri, gli ultimi soprattutto sul comico in tv e in cabaret.

Sono artistiche, le foto di Marina, ma mai sofisticate inutilmente. Sono vere. Dirette, raccontano la realtà, quasi accarezzandola. Garbate e credibili.

Con Marina Alessi, fotografa, il gioco è scoperto: mettersi a nudo come si fosse vestiti. E magari in abito da sera come si fosse nudi. Un gioco, come sempre quando ti propone di raccontarti e di raccontare qualcosa. Poi, a lavoro terminato, quel qualcosa sai già che ti aiuterà a capirti di più

Dal 6 novembre – Cinema Anteo Milano

MICHEL HADDI: BEYOND FASHION

Michel Haddi, <em>Georgia May Jagger</em>, Paris, 2017. Courtesy of 29 ARTS IN PROGRESS gallery
© Michel Haddi | Michel Haddi, Georgia May Jagger, Paris, 2017. Courtesy of 29 ARTS IN PROGRESS gallery

29 ARTS IN PROGRESS gallery è lieta di annunciare la mostra ‘MICHEL HADDI: BEYOND FASHION’, la prima grande personale a Milano del fotografo franco-algerino Michel Haddi.
Il progetto espositivo si svilupperà in due appuntamenti: il primo dal 19 ottobre al 22 dicembre 2023 e il secondo dal 16 gennaio al 16 marzo 2024.

In mostra le immagini più rappresentative di una carriera lunga più di 40 anni, parte di un archivio sterminato di volti celebri, top model, icone e leggende della musica e dell’arte. Da Liza Minnelli a David Bowie, da Cameron Diaz a Jennifer Lopez e Angelina Jolie, passando per inaspettate Naomi Campbell e Kate Moss, Linda Evangelista, Stephanie Seymour, Yasmin Le Bon e Veruschka, solo per citarne alcune.

Infiniti i volti ritratti da Haddi che ha saputo catturare lo spirito del suo tempo attraverso le personalità che hanno animato la storia della moda, del cinema e della musica.

Uno sguardo intimo, personale, anticonvenzionale come quasi tutta la sua carriera, ben lontana da quella del classico fotografo di moda: sopravvissuto ad un’infanzia turbolenta con il sogno di diventare fotografo, Haddi dedicherà la sua vita a raccontare alcuni dei protagonisti dei cambiamenti storici e culturali dell’ultimo secolo con una rara abilità nel saper cogliere, e poi restituire, l’essenza più profonda dei suoi soggetti.

Il percorso espositivo, che si sviluppa in due fasi, permetterà al pubblico ed ai collezionisti di cogliere l’essenza dell’opera di Haddi tanto nelle più raffinate immagini in bianco e nero realizzate in studio, quanto negli scatti più inconsueti carichi di un’anima street e urban ma anche di ironia e sensualità che evidenziano la poliedrica personalità dell’Artista.

Con l’obiettivo di rendere onore ad una produzione vastissima, la seconda fase espositiva presenterà al pubblico oltre a nudi e scatti inediti, anche suggestive immagini dai colori brillanti e dalle atmosfere tropicali americane anni Novanta, spesso legate ad alcune emblematiche campagne pubblicitarie create da Haddi per brand internazionali come Versace, Chanel, Armani, Yves Saint-Laurent.

Haddi, la cui traduzione letterale dalla lingua semitica è ‘colui che vede’, è riuscito nell’ardua impresa di vedere, appunto, la vera natura di chi posava per lui dietro l’obiettivo – attori, modelle o persone comuni – e a realizzarne un’immagine ora ironica, ora profonda: tutte le sue fotografie hanno una storia da raccontare perché sono immagini autentiche, che giocano con le più comuni emozioni umane e diventano, proprio per questo, indelebili.

Le due fasi espositive saranno animate da eventi live con Michel Haddi volti a favorire l’interazione e il dialogo tra l’Artista e il pubblico della città di Milano.
Seguiranno aggiornamenti sui dettagli e le modalità di partecipazione.

Dal 19 Ottobre 2023 al 16 Marzo 2024 – 29 ARTS IN PROGRESS gallery – Milano

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MARIO DE BIASI E MILANO. EDIZIONE STRAORDINARIA

Mario De Biasi, <em>Galleria Vittorio Emanuele II, Milano, anni Cinquanta</em> I © Mario De Biasi per Mondadori Portfolio
Mario De Biasi, Galleria Vittorio Emanuele II, Milano, anni Cinquanta I © Mario De Biasi per Mondadori Portfolio

Un saggio visivo sull’opera di Mario De Biasi (1923-2013), fotografo versatile, definito da Enzo Biagi come “l’uomo che poteva fotografare tutto”. E in questo tutto ha prediletto il capoluogo lombardo, dove si trasferì a 15 anni. Così a cento anni dalla sua nascita, il Museo Diocesano di Milano gli dedica – dal 14 novembre 2023 al 21 gennaio 2024 – un’Edizione Straordinaria che raccoglie una serie di scatti iconici dedicati alla sua città d’adozione.   
 
La mostra “MARIO DE BIASI E MILANO. Edizione Straordinaria”, organizzata e prodotta da Mondadori Portfolio in collaborazione con il Museo Diocesano di Milano e curata da Maria Vittoria Baravelli con Silvia De Biasi, presenta 70 fotografie vintage, provini e scatti inediti di uno degli autori più apprezzati del secondo Novecento italiano, che per trent’anni documentò la storia del nostro Paese attraverso le pagine del periodico di Arnoldo Mondadori Editore, “Epoca”.
Il percorso espositivo – costituito da opere provenienti dall’Archivio Mondadori e dall’Archivio De Biasi – consentirà al pubblico di conoscere il linguaggio personale che il fotografo adattò a contesti molto diversi tra loro. E, in particolare, a Milano.
 
Il Duomo, la città, la gente e la moda, senza ordine o punteggiatura”, racconta Maria Vittoria Baravelli, “Milano è quinta e campo base, luogo di una danza infinita da cui De Biasi parte per tornare sempre, dedito a immortalare dalla Galleria ai Navigli, alla periferia, una città che negli anni Cinquanta e Sessanta si fa specchio di quell’Italia che diventa famosa in tutto il mondo“.
 
Uno sguardo lucido ed evocativo al tempo stesso, quello di De Biasi, capace di raccontare con immediatezza e originalità un momento controverso della storia d’Italia. Nelle trame ordinate dei suoi scatti si leggono infatti i cambiamenti storici e culturali del Paese, che negli anni ’50 e ’60 andava assestandosi su una rinnovata identità culturale. Rinascita che in Milano trovava sintesi e negli scatti di De Biasi eloquente espressione.
L’esposizione si snoda attraversando idealmente la città, dal suo centro nevralgico fino alle periferie. Ci sono i turisti che s’affacciano dal tetto del Duomo e che affollano i bar della Galleria Vittorio Emanuele II, ma anche i pendolari alla stazione ferroviaria di Porta Romana. E poi San Babila, l’Arco della Pace, scorci di una Milano oggi impossibile dove le chiatte risalgono i Navigli e tutti si meravigliano del mondo che cambia.
L’approccio autoriale di De Biasi si arricchisce dell’acume giornalistico nel 1953, quando viene assunto come fotoreporter da Epoca. Rivista iconica del tempo, ideata sul modello dei periodici statunitensi illustrati, di cui facevano parte, tra gli altri, Aldo Palazzeschi e Cesare Zavattini.
In una pubblicazione che si distingueva per la raffinata impostazione grafica, secondo il direttore Enzo Biagi, De Biasi era l’unico in grado di garantire sempre al giornale “la foto giusta”, anche se per guadagnarla doveva rischiare la vita tra pallottole e schegge di granata, nei tanti servizi bellici della sua carriera. Oppure confrontarsi con i grandi personaggi dell’epoca tra intellettuali, attrici e artisti.
Totalmente inediti i provini di Moira Orfei acrobata e i frame che precedono e seguono il celebre scatto Gli Italiani si voltano, realizzato nel 1954 per il settimanale di fotoromanzi Bolero Film, che Germano Celant scelse per aprire la mostra “Metamorfosi dell’Italia”, organizzata nel 1994 al Guggenheim di New York. L’immagine immortala un gruppo di uomini che osservano Moira Orfei, inquadrata di spalle e vestita di bianco mentre passeggia per il centro di Milano.
La mostra si chiude con una sezione di fotografie che De Biasi realizzò nei suoi viaggi extra europei: dall’India alla Rivoluzione di Budapest, dal Giappone alla Siberia, fino ad arrivare all’allunaggio con i celebri scatti a Neil Amstrong.

Dal 14 Novembre 2023 al 21 Gennaio 2024 – Museo Diocesano Carlo Maria Martini – Milano

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LUIGI&IANGO. UNVEILED

Luigi&Iango, Madonna
© Luigi&Iango | Luigi&Iango, Madonna

Dal 22 settembre al 26 novembre Palazzo Reale presenta “Unveiled”, la prima personale di Luigi Murenu e Iango Henzi, duo fotografico riconosciuto a livello internazionale per la raffinata ricerca estetica. La mostra, allestita nell’Appartamento dei Principi ad ingresso gratuito, è promossa da Comune di Milano – Cultura e prodotta da Palazzo Reale con 2B Management.
 
Una selezione di più di 100 stampe fine art – alcune delle quali ancora inedite – e opere provenienti dai loro archivi, i “dietro le quinte” dei loro set, materiali di scena e video accompagneranno i visitatori e le visitatrici in un mondo di bellezza ed eleganza: dalle icone della cultura contemporanea (Marina Abramovic, Mikhail Baryshnikov) al Kabuki giapponese, fino ai ritratti di top model, artisti e performer (Cate Blanchett, Cher, Mahmood, Dua Lipa, Penélope Cruz e Pedro Almodovar e molti altri).    
 
Al centro della mostra, una sala interamente dedicata alle loro collaborazioni creative con Madonna, con molte immagini inedite e vere e proprie installazioni. Luigi e Iango orchestrano ogni shooting in modo corale e intimo, rendendo tutte le persone ritratte non solo soggetti ma interpreti della coreografia delle immagini. Il loro è sempre un set-laboratorio, molte volte allestito nella casa-studio di New York, dove nessuno è spettatore e dove tutti sono insieme registi e attori recitanti. Dalle top model di ieri ai nuovi modelli di bellezza, dalle celebrità ai talenti sconosciuti, la comunità ritratta dal duo diventa una sinfonia umana di voci prima che di visioni.
 
Ed ecco il concetto di svelamento, di Unveil: nei loro scatti la bellezza non si traduce in un modello inarrivabile o in uno stereotipo patinato, ma diventa uno strumento di ricerca della verità, un modo per svelare un paradigma del bello più libero e più umano. Il fine è semplice ed è sempre lo stesso: restituire a ogni soggetto fotografato lo specchio della propria diversità.
 
Luigi Murenu e Iango Henzi, Luigi&Iango hanno scattato finora più di 300 copertine di Vogue – quasi sempre in bianco e nero, il loro mezzo preferito – e ritratti d’innumerevoli celebrità. Artisti sinceramente e generosamente dediti alla solidarietà, da anni lavorano con amfAR per la quale hanno raccolto più di un milione di dollari donando le loro stampe fine art.
 
Il loro lavoro è apparso in musei di tutto il mondo, tra cui il Brooklyn Museum, il Montreal Museum of Fine Arts, la Kunsthal Rotterdam, l’Hypo-Kunsthalle a Monaco, il Musée des arts Décoratifs a Parigi e al Padiglione francese per l’Esposizione Universale 2020 di Dubai.   

Dal 22 Settembre 2023 al 26 Novembre 2023 – Palazzo Reale – Milano

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TUTTE LE STELLE PORTANO A ROMA. RITRATTI FOTOGRAFICI DI LUIGI DE POMPEIS

<em>Leonardo Di Caprio, Martin Scorsese, Robert De Niro - Festival di Cannes</em>, 2023 I Foto: Luigi de Pompeis
Leonardo Di Caprio, Martin Scorsese, Robert De Niro – Festival di Cannes, 2023 I Foto: Luigi de Pompeis

Dal 18 al 29 ottobre, nell’ambito della diciottesima edizione della Festa del Cinema di Roma, sarà possibile ammirare gratuitamente nel Foyer Sinopoli dell’Auditorium Parco della Musica la mostra Tutte le stelle portano a Roma. Ritratti fotografici di Luigi de Pompeis che prosegue anche negli spazi di WeGil, l’hub culturale della Regione Lazio gestito da LAZIOcrea, dal 23 ottobre al 12 novembre 2023.

La rassegna espositiva presenta i volti di grandi attori e attrici ritratti dagli scatti d’autore di Luigi de Pompeis, noto fotoreporter. Circa 40 immagini in bianco e nero, selezionate dalla curatrice Georgiana Ionescu: risate, sguardi, foto di gruppo, espressioni e personaggi che attraversano un unico grande tema, il cinema, qui raccontato attraverso i diversi Festival.

Un labirinto di volti con immagini in bianco e nero di artisti italiani ed internazionali, pose, sogni di personaggi del mondo del cinema e dello spettacolo. Un ritratto collettivo di anime incontrate da Luigi de Pompeis nel corso della sua carriera in giro per il mondo.

Da Paolo Sorrentino a Juliette Binoche, da Angelina Jolie a Tom Hanks, passando per Nanni Moretti, Michael Douglas e Isabella Rossellini, solo per citarne alcuni, tutti rigorosamente in bianco e nero, per raccontare la mitologia del Cinema attraverso tre grandi Festival cinematografici europei: Roma col suo meraviglioso tappeto, Cannes con la sua magica Montée e Venezia, il più antico festival cinematografico del mondo, con la sua stupenda passerella al Lido.

La mostra, nelle sue due sedi, rientra nel palinsesto di eventi e attività collaterali previste in occasione della Festa del Cinema.
“La fotografia di de Pompeis ci rivela fin da subito un artista non tanto interessato al gossip o agli importanti eventi mondani, quanto alla possibilità di mostrare, attraverso i volti delle star che ritrae, la felicità silenziosa di un istante, cogliendo l’attimo. Il fotografo cattura abilmente i suoi soggetti, tra luci e ombre di flash continui, e riesce a mettere in risalto le loro emozioni, senza pregiudicarne la naturalezza, escludendo la teatralità tipica del contesto. Gentile e umile, estremamente rigoroso e appassionato, sarcastico al punto giusto, brillante nello sfruttare l’attimo, Luigi de Pompeis ci racconta il Cinema”, afferma Georgiana Ionescu.

“La mia esperienza come fotografo mi ha portato a conoscere tante persone e a trovarmi in tante situazioni belle e particolari. Dopo la mostra dello scorso anno, continuo a narrare eventi importanti visti con i miei occhi, la mia lente e le mie emozioni. Roma è il mio punto di partenza ed il punto di arrivo di questa mostra, che attraversa tre Festival e cerca di raccontarne la vita.”, dichiara il fotografo Luigi de Pompeis.

Le strade di questi tre Festival, con le loro emozioni e i tanti protagonisti, si riuniscono in un’unica esposizione su due sedi che racchiude l’essenza del cinema e che rappresenta l’affresco degli artisti che Luigi de Pompeis ha incontrato nel suo percorso professionale. 

Grazie ad un QRCODE, i visitatori potranno ammirare gli scatti che Luigi de Pompeis farà durante la Festa del Cinema di Roma, così da renderli compartecipi del tappeto di stelle che animerà l’edizione 2023.

In parallelo e ad accompagnare l’esposizione alcuni talk pomeridiani rivolti a piccole platee in conversazione con i professionisti del cinema.

La mostra di Luigi de Pompeis ha il supporto di Regione Lazio, di cui si ringrazia il responsabile struttura cinema e audiovisivo Lorenza Lei, è promossa da Fondazione Cinema per Roma, con gli auspici della Presidenza Commissione Cultura, Scienza, Istruzione della Camera dei Deputati, organizzata da Civita Mostre e Musei in collaborazione con la Fondazione Ludovico degli Uberti, Media Partner Urban Vision.

Dal 18 Ottobre 2023 al 12 Novembre 2023 – Auditorium Parco della Musica / WeGil – Roma

FOTO/INDUSTRIA 2023 – GAME. L’INDUSTRIA DEL GIOCO IN FOTOGRAFIA

Olivo Barbieri, Flippers, 1977-78
Olivo Barbieri, Flippers, 1977-78

Fondazione MAST annuncia la sesta edizione di Foto/Industria, l’unica biennale al mondo di fotografia dell’industria e del lavoro, a Bologna dal 18 ottobre al 26 novembre sotto la direzione artistica di Francesco Zanot.
L’industria del gioco, GAME, è il tema del percorso fotografico di quest’anno ed è declinato in dodici mostredi cui undici personali e una collettiva, allestite in 10 sedi del centro storico e al MAST. 
La mostra in corso al MAST, che propone un percorso sulle opere di grande formato dell’artista Andreas Gursky, entra a far parte della Biennale del 2023. Con la sua ricerca sulla relazione tra immagine e realtà Gursky esplora anche l’invenzione dello spazio reale, come avviene nei giochi e/o nei videogiochi.

Foto/Industria 2023 è l’edizione del decimo anniversario di Fondazione MAST e rientra nelle iniziative per i 100 anni dell’impresa G.D“Fare del lavoro una cultura e della cultura un lavoro”: sono le parole che legano queste due realtà e che rappresentano da un lato la cultura aziendale dell’impresa che si è consolidata nel tempo (G.D) e dall’altra quella della creazione di uno spazio innovativo e partecipativo di produzione del pensiero sul lavoro (MAST). 
Dai giochi per bambini ai luna park, dai casinò ai giochi di ruolo, fino ai videogame, il settore del gioco ha assunto proporzioni senza precedenti, incorporando tematiche di straordinaria rilevanza e attualità.

“L’indagine su un’attività universalmente diffusa come il gioco” – spiega Francesco Zanot – “che non conosce limiti di genere, età, luogo, ha rivelato punti di vista complessi e articolati, finalizzati a diversi obiettivi: dall’intrattenimento all’apprendimento, dal riposo alla gratificazione”.  Il legame con i temi della produzione industriale e del lavoro, alla base di ogni edizione di Foto/Industria, si riferisce qui a un comparto di grande ampiezza e solidità, capace di rinnovarsi nel corso del tempo per incontrare i cambiamenti del gusto e delle abitudini e dimostrarsi sempre estremamente ricettivo nei confronti dell’innovazione tecnologica, di cui costituisce uno dei principali destinatari e un banco di prova per ulteriori utilizzi.

Le dodici mostre di Foto/Industria2023 rappresentano una timeline di visioni sul tema del gioco a partire dalla fine dell’Ottocento fino ai giorni nostri e offrono l’occasione di osservare e approfondire la ricerca di una selezione di artisti internazionali (tra cui giovani emergenti e protagonisti della scena mondiale) attraverso undici personali e una mostra collettivaEricka Beckman (Stati Uniti, 1951), Olivo Barbieri (Italia, 1954) e Raed Yassin (Libano, 1979) esplorano alcune strutture tipiche del gioco cogliendone gli aspetti culturali, la dimensione simbolica e le relazioni con altri modelli sociali; Heinrich Zille (Germania, 1858-1929), Linda Fregni Nagler (Italia, 1976) e Daniel Faust (Stati Uniti, 1956) sono orientati all’osservazione dello spazio del gioco, che nello specifico si estende dalla scala del luna park di Berlino alla fine dell’Ottocento ai playground che punteggiano le città contemporanee, fino a un’analisi quasi-tipologica di Las Vegas, dove il gioco ha determinato l’architettura e l’urbanistica di un’intera città; il rapporto tra gioco, identità e relazioni sociali è invece al centro delle ricerche di Hicham Benohoud (Marocco, 1968), Danielle Udogaranya (Regno Unito, 1991) ed Erik Kessels (Paesi Bassi, 1966), i cui lavori spaziano dal valore pedagogico del gioco al suo ruolo nella formazione dell’immagine di sé, dalla maschera alla costituzione di un’esperienza sociale; nelle opere di Andreas Gursky (Germania, 1955), Cécile B. Evans (Stati Uniti/Belgio, 1983) e nella collettiva Automated Photography (organizzata in collaborazione con l’ECAL/University of Art and Design Lausanne) si investiga il tema dell’invenzione della realtà, alla base dell’esperienza del gioco sia come puro esercizio della fantasia sia nel senso della costruzione di veri e propri universi virtuali alternativi, all’interno dei quali si svolgono le avventure dei videogame.
Le molteplicità del tema del gioco sono oggetto di un ampio programma di talk, proiezioni, presentazioni e workshop per il pubblico.
Ai più giovani è dedicato un booklet per scoprire le mostre attraverso racconti, curiosità e giochi da svolgere negli spazi espositivi e a casa.
Il catalogo della Biennale è pubblicato da Fondazione MAST con la prefazione della Presidente Isabella Seràgnoli e un testo di approfondimento critico di Francesco Zanot.

Dal 18 Ottobre 2023 al 26 Novembre 2023 – Bologna – sedi varie

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FOTOGRAFICA. IL FESTIVAL DI FOTOGRAFIA BERGAMO. VI EDIZIONE – NOI, QUI

Gianmarco Maraviglia, Cover Me With Gold
Gianmarco Maraviglia, Cover Me With Gold

Scolpito dall’ombra e dalla luce, filtrato da uno sguardo, impresso attraverso un obiettivo, è così che ogni attimo diventa eterno. Proprio per questo si intitola “NOI, QUI” la quarta edizione di Fotografica, Festival di Fotografia Bergamo – organizzata da Associazione Fotografica APS in collaborazione con il Comune di Bergamo e con il sostegno dei main sponsor Artedil di Campenni Rocco & C. Srl e BPER Banca e del partner istituzionale Istituto per il Credito Sportivo – che mette al centro della sua indagine l’essere umano, esplorandone i valori e le emozioni

12 le mostre di respiro internazionalepresentate e allestite in due contesti architettonici di grande pregio in Città Alta a Bergamo, frutto del lavoro di altrettanti fotografi, come racconta Daniela Sonzogni, Direttrice del Festival: NOI, QUI è un’edizione di Fotografica Festival dal sapore speciale: ha la cornice della Capitale della Cultura e ci racconta – attraverso le immagini – l’essere umano in un momento storico particolarmente complesso. Se il progetto Cultura 2023 rappresenta la speranza e il rilancio delle nostre città, Fotografica ha desiderato descrivere i sentimenti, le emozioni e quei valori che ci hanno aiutato a reagire durante la tragica esperienza del Covid, che forse possono guidarci nell’affrontare i grandi temi dell’oggi e a trovare una strada diversa per vincere le grandi sfide del futuro. Il coraggio, la resilienza, il sogno di un futuro migliore, l’integrazione, la cultura come cura. I fotografi ci parlano di NOI, QUI oggi con un linguaggio che ha una forza universale e che ha la capacità di facilitare la nostra consapevolezza. Fotografica racconta la contemporaneità e l’obiettivo del fotografo rappresenta una delle chiavi per comprendere e per aprire nuove finestre sul mondo che viviamo. In continuità con le precedenti edizioni le mostre saranno esposte in luoghi di grande fascino, veri tesori della città di Bergamo, che vengono allestiti con cura e attenzione alla loro storia”.

In programma dal 14 ottobre al 19 novembre 2023 l’edizione di quest’anno, inserita all’interno del palinsesto di Bergamo Brescia Capitale Italiana della Cultura 2023, assume i contorni di un’occasione di rinascita per due città che più di altre hanno dovuto fronteggiare gli albori di un’emergenza sanitaria globale di cui non si conoscevano gli effetti e i confini. A vincere quella sfida sono stati uomini, donne, intere comunità che tornano nel filo conduttore di Fotografica: l’essere umano. Inteso sia come singolarità che come comunità, Fotografica vuole raccontarlo nella più affascinante delle sue sfide: quella del quotidiano. Il risultato è un’alternanza di immagini ora impegnative ora intrise di positività, accumunate però dall’urgenza di mostrare la realtà, parlando direttamente agli occhi e allo stomaco: scatti che provocano sentimenti, reazioni, prese di coscienza. 

“Fotografica si conferma come una delle rassegne di punta della città, contribuendo a dare rilievo alla programmazione della Capitale. Bergamo non solo città dell’opera, del teatro, del cinema, della danza, della musica, ma anche della fotografia, in una sua accezione ben precisa e cercata con attenzione dagli organizzatori. La fotografia che documenta il mondo in cui viviamo, che si fa interprete dei grandi cambiamenti della contemporaneità, di ciò che accade nelle nostre periferie e in città lontane, che racconta le piccole storie di comunità, di persone, di luoghi. Ogni fotografo, con la sua formazione e con la sua sensibilità, sceglie cosa raccontare, regala uno sguardo preciso, fornisce un punto di vista speciale. E lo spettatore è in qualche modo costretto a non volgere lo sguardo, a portarsi a casa un pezzo di quel mondo che non conosce o che non vuole vedere, ascolta, con occhi, storie che vengono da altrove. È la valenza “etica” di cui è permeata certa fotografia che fa la differenza, e che Fotografica ha scelto di portare a Bergamo. Ogni edizione è stata sempre una scoperta, e stimolo a riflessioni su ciò che accade vicino e lontano da noi. L’essere umano è al centro della ricerca di quest’anno e, con le tante mostre – ben dodici – disseminate in Città Alta tra Carmine e Domus Magna, diventa una finestra aperta sul mondo”, spiega Nadia Ghisalberti, Assessora alla Cultura del Comune di Bergamo

Saranno in mostra: In a Window of Prestes Maia 911 Building di Julio Bittencourt; The day may break di Nick Brandt; Between these folded walls, Utopia di Cooper & Gorfer; Elementi di Edoardo Delille; Leaving and waving di Deanna Dikeman; Roma Revolution di Alessandro Gandolfi; Io non Scendo – Storie di donne che salgono sugli alberi e guardano lontano, a cura di Laura Leonelli; Apnea di Fausto Podavini per Medici Senza Frontiere; La liberazione della follia di Patrizia Riviera; Progetto Sport, tra Dada e movimento ritmo/dinamico in ready di Maurizio Galimberti; Na Ponta Dos Pés di Sebastian Gil Miranda; Cover Me With Gold di Gianmarco Maraviglia. 

Dal 14 Ottobre 2023 al 19 Novembre 2023 – Monastero del Carmine / Ex Magazzini del Sale – Bergamo

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Mostre per il mese di luglio

Sono tante e tutte belle le mostre che vi proponiamo per il mese di luglio! Non perdetele!

Anna

CORTONA ON THE MOVE 2023 – MORE OR LESS

Larry Fink, dalla raccolta 'Class Issues'
© Larry Fink | Larry Fink, dalla raccolta ‘Class Issues’

More or Less è il tema scelto per la 13° edizione di Cortona On The Move, il festival internazionale di fotografia in programma dal 13 luglio al 1° ottobre 2023 a Cortona, nel cuore della Toscana. Il “clou” della manifestazione sarà, come ogni anno, nelle giornate inaugurali del festival (13-16 luglio), quando si danno appuntamento a Cortona i più grandi esperti nazionali e internazionali del mondo della fotografia, impegnati in eventi, presentazioni, talk e workshop, per promuovere la riflessione sull’attualità e sul passato, attraverso uno degli strumenti che meglio sanno indagare la realtà. 

«More or Less è il tema che ho scelto per questa edizione. Queste categorie definiscono il mondo in cui viviamo, le nostre aspirazioni, le nostre paure, le nostre appartenenze. La contrapposizione tra l’abbondanza e la scarsità, il superfluo e l’essenziale, le élite e le masse, l’accumulo e la dispersione. More or Less sono anche temi molto cari alla fotografia, attorno ai quali si sono sviluppati interi generi. A Cortona On The Move 2023 esploreremo More, guardando al passato e al presente, e ci soffermeremo Less sugli stereotipi, offrendo un programma ricco di spunti per comprendere il nostro mondo, e al contempo, povero di semplificazioni.», commenta Paolo Woods, Direttore artistico di Cortona On The Move. 

«Il nostro obiettivo è continuare quell’indagine della contemporaneità e del mezzo fotografico che ha caratterizzato il percorso intrapreso dal festival fin dall’inizio, arricchendola con nuovi valori e strumenti. Non solo opere inedite che aprono prospettive extra e meta-fotografiche, ma anche progetti che vadano oltre il principale medium di riferimento», dichiara Veronica Nicolardi, Direttrice di Cortona On The Move. 

A interpretare la dicotomia tra “più e meno” sono stati invitati più di 30 artistiper 26 mostre allestite tra il centro storico della città, la Fortezza medicea del Girifalco e la “Stazione C” nei pressi della Stazione di Camucia-Cortona. Tra questi alcuni grandi nomi della fotografia internazionale come Larry Fink, di cui sarà esposta la raccolta di opere dal titolo Class Issues. Nel corso della sua carriera pluridecennale, Larry Fink ha prodotto lavori che hanno raccontato in maniera inaspettata la società e la sua divisione in classi, entrando a far parte della storia della fotografia. In mostra sono presentate alcune immagini inedite e una selezione delle sue fotografie più note. E ancora Chauncey Hare con la raccolta WorkingClass Heroes, esposte per la prima volta in Italia. Due le mostre realizzate in collaborazione con Intesa SanpaoloStanding Still di Massimo Vitali, di cui saranno esposti lavori iconici dagli anni ‘90 a oggi, e Il caso “Africo”, dall’Archivio Publifoto Intesa Sanpaolo, che raccoglie il reportage di Valentino (Tino) Petrelli realizzato nel paese dell’Aspromonte nel 1948 e che sarà esposto a Cortona per la prima volta nella sua integrità.

Occhi puntati anche sulle mostre collettive, come Get Rich or Die Tryin’, curata daLars Lindemann e Paolo Woods in partnership con Autolinee Toscane. Dal Bronx alle passerelle delle più grandi case di moda, a 50 anni dalla sua nascita il rap ne ha fatta di strada. La mostra racconta la storia di una cultura creata dai più svantaggiati che, attraverso l’hip hop, hanno trovato una strada verso l’espressione, la propria identità, la creazione e, infine, la ricchezza e l’accettazione. E ancora la collettiva Focus on China, a cura di Lü Peng, Direttore artistico Biennale Chengdu, e Paolo Woods. La mostra, che vedrà la partecipazione dei tre artisti cinesi Hong Lei, Dong Wensheng e Han Lei, nasce dalla collaborazione, avviata quest’anno con Chengdu Biennale, biennale d’arte contemporanea che si svolge a Chengdu, in Cina. Infine, tra le collettive, l’inedita Ambiziosamente tua- Amore e classi sociali nel fotoromanzo a cura di Frédérique Deschamps e Paolo Woods in partnership con Fondazione Mondadori, che mette in mostra i tesori fotografici, alcuni dei quali inediti, della Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori a Milano. La Fondazione conserva i negativi e le prime prove fotografiche di diverse centinaia di fotoromanzi pubblicati da Mondadori nella rivista Bolero tra il 1947 e la fine degli anni ‘70

Tra le mostre in programma, la raccolta Scalandrê di Marco Zanella, vincitore della XVIII edizione del premio Amilcare G. Ponchielli, e il progetto The Anthropocene Illusion di Zed Nelson, vincitore del Cortona On The Move Award 2022.

Per quanto riguarda le nuove collaborazioni che da quest’anno il festival può annoverare, e che vanno ad aggiungersi a quelle ormai consolidate, oltre a quella già citata con Chengdu Biennale, anche l’avvio della collaborazione con la Fondation Carmignac che quest’anno porta a Cortona The Wells Run Dry di Fabiola Ferrero, dodicesima vincitrice del Carmignac Photojournalism Award.

Infine, dopo il successo della passata edizione, per il secondo anno consecutivo tutte le mostre di Cortona On The Move 2023 saranno ad accesso gratuito per i cittadini residenti a Cortona.

TUTTE LE MOSTRE DI CORTONA ON THE MOVE 2023

●      Get Rich or Die Tryin’– a cura di Lars Lindemann & Paolo Woods. In partnership con Autolinee Toscane 
●      Larry Fink – Class Issues
●      Ambiziosamente tua – Amore e classi sociali nel fotoromanzo– a cura di Frédérique Deschamps & Paolo Woods. In partnership con Fondazione Mondadori
●      Massimo Vitali – Standing Still – in partnership con Intesa Sanpaolo e Gallerie d’Italia
●      Il caso “Africo” – Dall’Archivio Publifoto Intesa Sanpaolo. A cura di Paolo Woods. Supervisione scientifica di Barbara Costa. Ricerca iconografica di Serena Berno e Silvia Cerri
●      Chauncey Hare – Working Class Heroes
●      Fabiola Ferrero – The Wells Run Dry. In collaborazione con Fondation Carmignac
●      Nick Hannes – Garden of Earthly Delights
●      Reiner Riedler – Memory Diamonds
●      Barbara Iweins – Katalog
●      Nikita Teryoshin – Nothing Personal – The Back Office of War
●      Michaël Zumstein – Aka Zidane
●      Irina Werning – Lessons on How to Survive Inflation From a Pro
●      James Mollison – Where Children Sleep
●      Sebastián Montalvo Gray – Detonate
●      Karen Knorr – Belgravia
●      Marco Tiberio & Maria Ghetti – Invisible Cities Calais
●      Gerald von Foris – One Day, Son, This Will All Be Yours
●      Hans Eijkelboom – 10-Euro Outfits
●      Zed Nelson – The Anthropocene Illusion. Vincitore Cortona On The Move Award 2022
●      Marco Zanella – Scalandrê. A cura di Benedetta Donato | GRIN – Gruppo Redattori Iconografici Nazionale. Progetto vincitore della XVIII edizione del premio Amilcare G. Ponchielli
●      Fausto Podavini – Apnea. In partnership con Medici Senza Frontiere
●      Marco Garofalo – Ultima Chance. In partnership con Autolinee Toscane
●      Focus on China – a cura di Lü Peng e Paolo Woods. In collaborazione con Chengdu Biennale
           Hong Lei – A Trilogy of Evolution
Dong Wensheng – Wilderness
Han Lei – Assemblage
●      Marina Planas – Warlike Approaches to Tourism: All Inclusive. In collaborazione con Institut d’Estudis Baleàrics
●      Cince Johnston Freddy & Ceydie. In collaborazione con Rencontres internationales de la photographie en Gaspésie

Dal 13 Luglio 2023 al 01 Ottobre 2023 – Cortona (AR) sedi varie

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SONY WORLD PHOTOGRAPHY AWARDS 2023

Lee Ann Olwage, South Africa, Winner, Professional Competition, Creative, Sony World Photography Awards 2023

Creati dalla World Photography Organisation e acclamati in tutto il mondo, i Sony World Photography Awards rappresentano uno degli appuntamenti più importanti per il settore fotografico internazionale. Aperti a tutti a titolo gratuito e ormai giunti alla 16° edizione, gli Awards rappresentano un importantissimo sguardo sul mondo della fotografia contemporanea e offrono agli artisti, sia affermati che emergenti, la straordinaria opportunità di esporre il proprio lavoro. Inoltre, offrono l’occasione per riconoscere i fotografi più influenti al mondo.

I Sony World Photography Awards sono promossi dalla World Photography Organisation e da Sony e comprendono i premi Professional, Open Youth e Student. Prima di essere esposte nelle sale del Museo Docesano, le opere vincitrici dei Sony World Photography Awards 2023, assegnati lo scorso aprile durante la Cerimonia internazionale di Londra, sono state esposte presso la Somerset House di Londra.
Fra le opere in mostra si potrà ammirare “Our War” del portoghese Edgar Martins, vincitore assoluto del titolo di Photographer of the Year con il suo personalissimo tributo all’amico e fotoreporter Anton Hammerl, ucciso durante la guerra civile libica del 2011. Esposto anche il lavoro di Alessandro Cinque, vincitore del Sustainability Prize, ideato in collaborazione con la United Nations Foundation e l’iniziativa Picture This di Sony Pictures per premiare le storie, le persone e le organizzazioni che, con le loro azioni, perseguono uno degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’ONU.
Tra le opere in mostra anche quelle degli altri fotografi italiani che si sono classificati al secondo e terzo posto in diverse categorie del concorso Professional: Noemi Comi e Edoardo Delille e Giulia Piermartiri, 2° e 3° posto per Fotografia Creativa; Bruno Zanzottera e Fabio Bucciarelli, 2° e 3° posto secondo per Paesaggio; Andrea Fantini e Nicola Zolin, 2° e 3° posto per Sport.

Dal 17 luglio al 3 settembre – Museo Diocesano di Milano – Chiostri di S. Eustorgio

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GABRIELE BASILICO. RITORNI A BEIRUT_ BACK TO BEIRUT

Gabriele Basilico, Beirut 2003
© Gabriele Basilico | Gabriele Basilico, Beirut 2003

Ad Alessandria inaugura il 16 giugno la mostra GABRIELE BASILICO – Ritorni a Beirut_ Back to Beirut presso le Sale d’Arte in via Machiavelli 13. 
L’esposizione voluta dall’Amministrazione Comunale di Alessandria, è organizzata dall’Azienda Speciale Multiservizi Costruire Insieme in collaborazione e con la cura di Giovanna Calvenzi dell’Archivio Gabriele Basilico e Christian Caujolle, direttore artistico.

La mostra presenta il lavoro realizzato da Gabriele Basilico durante quattro missioni fotografiche a Beirut nel 1991, 2003, 2008 e 2011. È una mostra che viene proposta per la prima volta in Italia e che vuole ricordare la relazione profonda e appassionata che ha legato Gabriele Basilico alla città libanese che nel corso degli anni è diventata anche uno dei cardini centrali del suo impegno con la fotografia.
 
Questo il sintetico riassunto delle quattro missioni.
 
Nel 1991 la scrittrice libanese Dominique Eddé, per incarico della Fondazione Hariri, invita un gruppo internazionale di fotografi a documentare l’area centrale della città di Beirut, straziata da una guerra durata quindici anni, prima della sua ricostruzione. Al progetto partecipano Gabriele Basilico, René Burri, Raymond Depardon, Fouad Elkoury, Robert Frank e Josef Koudelka.
 
Nel 2003 Stefano Boeri, direttore della rivista di architettura “Domus”, propone a Gabriele Basilico di documentare la ricostruzione della città, non per selezione di singole architetture ma per vedute urbane corrispondenti alle riprese fotografiche realizzate nel 1991.
 
Nel 2008 Gabriele Basilico è a Beirut per la presentazione di una sua mostra al Planet Discovery Center. Continua a fotografare la città, a documentarne la ricostruzione, questa volta senza uno specifico incarico e allontanandosi anche dal centro storico.
 
La Fondazione Hariri decide nel 2009 di lanciare una seconda missione di documentazione fotografica collettiva con l’obiettivo di creare un archivio visivo che testimoni lo sviluppo della città. Invita quindi Fouad Elkoury (presente nel 1991 e che coordina la nuova missione), Klavdij Sluban, Robert Polidori e Gabriele Basilico, che lavorerà a Beirut nel 2011.
 
Lo stesso Basilico ha scritto nel 2003: “La pratica del ritornare crea una singolare disposizione sentimentale: come l’attesa per un appuntamento desiderato, un risvegliarsi della memoria per luoghi, oggetti, persone, come se si riaccendesse il motore di una macchina ferma da tempo. Per Beirut è stato anche di più”.

Dal 16 Giugno 2023 al 01 Ottobre 2023 – Sale d’Arte – Alessandria

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ANDREAS GURSKY: VISUAL SPACES OF TODAY

Andreas Gursky, Salinas, 2021 © Andreas Gursky, VG Bild-Kunst, Bonn, Germany
Andreas Gursky, Salinas, 2021 © Andreas Gursky, VG Bild-Kunst, Bonn, Germany

La mostra Andreas Gursky. Visual Spaces of Today, la prima antologica in Italia dell’artista, curata da Urs Stahel insieme al fotografo tedesco Andreas Gursky, segna l’inizio della celebrazione di due ricorrenze: i 100 anni dell’impresa G.D e i 10 anni di Fondazione MAST
“Fare del lavoro una cultura e della cultura un lavoro”: sono parole che legano insieme queste due realtà, che rappresentano da un lato la cultura aziendale dell’impresa che si è consolidata nel tempo e dall’altra quella della creazione di uno spazio innovativo e partecipativo di produzione del pensiero sul lavoro.

Gli spazi visuali delle opere fotografiche selezionate da Urs Stahel e Andreas Gursky per questa mostra riflettono questi mondi tematici. Le potenti immagini dell’artista tedesco aprono a nuove modalità di concepire il lavoro, l’economia e la globalizzazione e svelano visioni concrete di siti produttivi, centri di movimentazione delle merci, templi del consumo, nodi di trasporto, luoghi di produzione energetica e alimentare, sedi dell’industria finanziaria.

La mostra comprende 40 immagini dell’artista che vive e lavora a Düsseldorf: abbraccia un arco di tempo che va dai primi lavori (Krefeld, Hühner, 1989) alle opere più recenti (V&R II V&R III, 2022), copre grandi distanze tra Salerno (1990) e Hong Kong (2020) e combina la moderna industria del turismo (Rimini, 2003) con processi di produzione millenari (Salinas, 2021).

Andreas Gursky è considerato uno dei maggiori artisti del nostro tempo. Il suo nome, in particolare negli anni Novanta, è stato associato alle fotografie di grande formato. Le sue immagini sono oggi divenute vere e proprie icone contemporanee e hanno contribuito a stabilire lo status della fotografia come arte e quindi come oggetto di collezione sia per i musei sia per i privati.

La finezza con cui Gursky seziona il presente e mette a fuoco i suoi soggetti, andando al fondo delle cose e allo stesso tempo mantenendo nitido il quadro generale, risulta evidente attraverso le sue inconfondibili composizioni visive.

L‘esposizione è accompagnata da un catalogo, pubblicato dalla Fondazione MAST, con la prefazione della Presidente Isabella Seràgnoli e un testo di approfondimento critico di Urs Stahel. 

Dal 25 Maggio 2023 al 07 Gennaio 2024 – Fondazione MAST – Bologna

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Dorothea Lange. Racconti di vita e lavoro

La mostra Dorothea Lange. Racconti di vita e lavoro, che si compone di oltre 200 immagini ed è curata dal direttore artistico di CAMERA Walter Guadagnini e dalla curatrice Monica Poggi, presenta la carriera di Dorothea Lange (Hoboken, New Jersey, 1895 – San Francisco, 1965), autrice che è stata, come scrisse John Szarkowski, “per scelta un’osservatrice sociale e per istinto un’artista”.

Il percorso di mostra, visitabile dal 19 luglio all’8 ottobre , si concentra in particolare sugli anni Trenta e Quaranta, picco assoluto della sua attività, periodo nel quale documenta gli eventi epocali che hanno modificato l’assetto economico e sociale degli Stati Uniti. Fra il 1931 e il 1939, il Sud degli Stati Uniti viene infatti colpito da una grave siccità e da continue tempeste di sabbia, che mettono in ginocchio l’agricoltura dell’area, costringendo migliaia di persone a migrare. Dorothea Lange fa parte del gruppo di fotografi chiamati dalla Farm Security Administration (agenzia governativa incaricata di promuovere le politiche del New Deal) a documentare l’esodo dei lavoratori agricoli in cerca di un’occupazione nelle grandi piantagioni della Central Valley: Lange realizza migliaia di scatti, raccogliendo storie e racconti, riportati poi nelle dettagliate didascalie che completano le immagini.

È in questo contesto che realizza il ritratto, passato alla storia, di una giovane madre disperata e stremata dalla povertà (Migrant Mother), che vive insieme ai sette figli in un accampamento di tende e auto dismesse.

La crisi climatica, le migrazioni, le discriminazioni: nonostante ci separino diversi decenni da queste immagini, i temi trattati da Dorothea Lange sono di assoluta attualità e forniscono spunti di riflessione e occasioni di dibattito sul presente, oltre a evidenziare una tappa imprescindibile della storia della fotografia del Novecento.

La mostra offre quindi ai torinesi e ai turisti un’occasione imperdibile per conoscere meglio l’autrice di una delle immagini simbolo della maternità e della dignità del XX secolo e interrogarsi sul presente.

19 luglio – 8 ottobre 2023 – Camera Centro Italiano per la Fotografia – Torino

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GUIDO HARARI. INCONTRI – 50 ANNI DI FOTOGRAFIE E RACCONTI

Vasco Rossi by Guido Harari
© Guido Harari | Vasco Rossi by Guido Harari

La Fondazione Ferrara Arte e il Servizio Musei d’Arte del Comune di Ferrara presentano la grande mostra antologica dedicata a Guido Harari, un suggestivo percorso espositivo allestito nelle sale di Palazzo dei Diamanticon oltre 300 fotografie, installazioni e filmati originali, proiezioni e incursioni musicali, un set fotografico e incontri con l’autore.

La mostra “GUIDO HARARI. INCONTRI – 50 anni di fotografie e racconti”, dal 16 luglio al 1 ottobre 2023 a Palazzo dei Diamanti di Ferrara, organizzata con Rjma Progetti culturali e Wall Of Sound Galleryripercorre  tutte le fasi della eclettica carriera di Guido Harari: dagli esordi in ambito musicale come fotografo e giornalista, alle numerose copertine di dischi per artisti come Fabrizio De André, Bob Dylan, Vasco Rossi, Kate Bush, Paolo Conte, Lou Reed, Frank Zappa, fino all’affermazione di un lavoro che nel tempo è rimbalzato da un genere all’altro – editoria, pubblicità, moda, reportage – privilegiando sempre il ritratto come racconto intimo degli incontri con le maggiori personalità del suo tempo.

Il percorso espositivo prende le mosse dagli anni Settanta, quando Harari, ancora adolescente, inizia a coniugare le sue due grandi passioni: la musica e la fotografia. Immagini e sequenze inedite, insieme a filmati d’epoca di backstage, videointerviste, il documentario di Sky Arte a lui dedicato e l’audioguida con la voce narrante dello stesso Harari conducono il visitatore nel cuore del suo processo creativo.

La mostra propone anche una sezione dedicata alla passione parallela per la curatela di libri intesi come una forma di “fotografia senza macchina fotografica” oltre che occasioni di incontri vecchi e nuovi, da cui sono nate le biografie illustrate di Fabrizio De André, Fernanda Pivano, Mia Martini, Giorgio Gaber e Pier Paolo Pasolini, e una dedicata a immagini “di ricerca” inedite che Harari va realizzando da qualche anno come sua personale forma di meditazione in progress.

Una sezione di grande impatto sarà “Occhidi Ferrara”, dove, durante lo svolgimento della mostra, Harari esporrà via via i ritratti su prenotazione che realizzerà nella Caverna Magica, un set fotografico allestito alla fine del percorso espositivo. Oltre alla stampa firmata dal fotografo che sarà consegnata in tempo reale ai soggetti ritratti, una seconda stampa sarà esposta, anche questa in tempo reale, sviluppando una sorta di “mostra nella mostra” che rappresenterà idealmente gli sguardi della città che la ospita.

In occasione della mostra Rizzoli Lizard ha pubblicato “Guido Harari. Remain In Light. 50 anni di fotografie e incontri”, un grande volume di 432 pagine con oltre 500 illustrazioni, che di fatto ne costituisce il catalogo.

LE SEZIONI DELLA MOSTRA

1. LIGHT MY FIRE. IL BIG BANG DI UNA PASSIONE
La mostra prende le mosse dalla ricostruzione idealizzata della stanza di Harari ragazzino, con tutta l’iconografia che lo ha ispirato: poster, foto, riviste e libri d’epoca, pagine di diario, copertine di dischi, autografi e memorabilia.

2. FRONTE DEL PALCO
In una sala immersiva prende vita la dimensione propulsiva dei concerti, cogliendo la melodia cinetica di artisti come Bowie, i Queen, Bob Dylan, Bruce Springsteen, Bob Marley, Pink Floyd, Paul McCartney, Rolling Stones, Miles Davis, Neil Young, Clash, Led Zeppelin, Prince, Police, Talking Heads, Michael Jackson, Stevie Wonder, James Brown, Nirvana, Simon & Garfunkel, Santana, Ray Charles, Tina Turner, Vasco Rossi, Giorgio Gaber.

3. ALL AREAS ACCESS
Uno sguardo privilegiato e molto ravvicinato sul backstage di tournée e sale di registrazione, alla ricerca di un’intimità con gli artisti, che esploderà presto nella dimensione più esclusiva del ritratto: da Fabrizio De André a Paolo Conte, Lou Reed, Laurie Anderson, Peter Gabriel, Kate Bush, Frank Zappa, Keith Jarrett, Mark Knopfler, Vasco Rossi, Claudio Baglioni, Gianna Nannini, PFM e altri.

4. REMAIN IN LIGHT
I ritratti dei musicisti del cuore, tra cui Tom Waits, Lou Reed e Laurie Anderson, Jeff Buckley, George Harrison, Keith Richards, Patti Smith, B.B. King, Frank Zappa, Van Morrison, Bob Marley, Eric Clapton, Elton John, Kate Bush, i Clash, Joni Mitchell, Leonard Cohen, Philip Glass, Peter Gabriel, Nick Cave, George Michael, R.E.M., Iggy Pop, Ute Lemper, Brian Eno e molti altri.

5. IL RITRATTO COME INCONTRO
Alcuni incontri del cuore: lunghe frequentazioni e collisioni isolate, tra cui José Saramago, Wim Wenders, Richard Gere, Pina Bausch, Greta Thunberg, Luis Sepulveda, Amos Oz, Zygmunt Bauman, Allen Ginsberg, Gregory Corso, Hanna Schygulla, Lindsay Kemp, Daniel Ezralow, Alejandro Jodorowsky, Noa, Mikhail Baryshnikov, Frank O. Gehry, Robert Altman, Jean-Luc Godard, Madre Teresa.

6. LA MUSICA CHE MI GIRA INTORNO
Le eccellenze della canzone italiana d’autore, le grandi signore della musica italiana, la primavera dei gruppi indie: da Paolo Conte a Franco Battiato, Fabrizio De André, Lucio Dalla, Ivano Fossati, Gino Paoli, Giorgio Gaber, Enzo Jannacci, Pino Daniele, Francesco De Gregori, Roberto Vecchioni, Zucchero, Francesco Guccini, Vasco Rossi, Ligabue, Vinicio Capossela, Ezio Bosso, Morgan, Litfiba, C.S.I., Milva, Ornella Vanoni, Mia Martini, Loredana Bertè, Alice, Giuni Russo, Antonella Ruggiero.

7. ITALIANS
I protagonisti della cultura e della società, eccellenze italiane tra Novecento e Duemila, fotografate quasi fossero tutte delle rockstar, da Gianni Agnelli a Rita Levi Montalcini, Ennio Morricone, Nanni Moretti, Roberto Benigni, Umberto Eco, Michelangelo Antonioni, Dario Fo e Franca Rame, Bernardo Bertolucci, Carmelo Bene, Roberto Baggio, Ettore Sottsass, Renzo Piano, Carla Fracci, Vittorio Gassman, Lina Wertmuller, Monica Vitti, Gino Strada, Luciano Pavarotti, Sophia Loren, Giorgio Armani, Carla Fracci, Margherita Hack, Alda Merini, Marcello Mastroianni, Tiziano Terzani, Michelangelo Pistoletto, Enzo Biagi, Miuccia Prada, Liliana Segre, Toni Servillo e molti altri

8. IL SENTIMENTO DELLO SGUARDO. I FOTOGRAFI
I ritratti di alcuni grandi fotografi che hanno ispirato Harari, colti in primi piani che emergono dal buio, quasi a volerlo esorcizzare: Duane Michals, Richard Avedon, Sebastião Salgado, Helmut Newton, Steve McCurry, Letizia Battaglia, Ferdinando Scianna, Nino Migliori, Gianni Berengo Gardin, Mario Giacomelli, Franco Fontana, Anton Corbijn con Tom Waits, Paolo Pellegrin.

9. FOTOGRAFARE SENZA MACCHINA FOTOGRAFICA
Una passione parallela: la curatela dei libri, l’editing di testi, documenti e immagini, il recupero e il restauro di archivi dimenticati, il progetto grafico come elemento essenziale del racconto, libri come occasioni di incontri vecchi e nuovi. Le biografie illustrate di Fabrizio De André, Fernanda Pivano, Mia Martini, Giorgio Gaber e Pier Paolo Pasolini, presentate con doppie pagine tratte dai libri e una video proiezione con filmati inediti di lavorazione relativi al libro “Pasolini. Bestemmia”.

10. IN CERCA DI UN ALTROVE
Antidoti ai rituali della fotografia commerciale e ai ritratti di celebrità, sono schegge di reportage, ricerche e sperimentazioni inedite, alla ricerca di nuovi linguaggi che puntino oltre la fotografia.

11. OCCHI DI FERRARA
Durante il periodo di apertura della mostra, nell’ultima sala del percorso verranno esposti in tempo reale i ritratti che Guido Harari avrà realizzato nella Caverna Magica, dando vita ad una sorta di “mostra nella mostra” che, una volta completata, rappresenterà idealmente gli sguardi della città.

12. CAVERNA MAGICA
A margine del percorso espositivo il visitatore che lo desideri, prenotandosi in anticipo sul sito http://www.mostraguidoharari.it, potrà farsi ritrarre da Harari nel suo set fotografico, allestito nello spazio adiacente al bookshop di Palazzo dei Diamanti.

Ispirato dai grandi fotografi di rock e jazz degli anni Cinquanta e Sessanta, Guido Harari si è affermato nei primi Settanta come fotografo e giornalista musicale. Nel tempo ha esplorato e approfondito anche il reportage, il ritratto istituzionale, la pubblicità e la moda, collaborando con le maggiori testate italiane ed internazionali. Numerose le copertine di dischi firmate per artisti internazionali come Kate Bush, David Crosby, Bob Dylan, B.B. King, Ute Lemper, Paul McCartney, Michael Nyman, Lou Reed, Simple Minds e Frank Zappa, oltre ai lavori per Dire Straits, Duran Duran, Peter Gabriel, Pat Metheny, Santana e altri ancora. In Italia ha collaborato soprattutto con Claudio Baglioni, Andrea Bocelli, Angelo Branduardi, Vinicio Capossela, Paolo Conte, Pino Daniele, Fabrizio De André, Eugenio Finardi, Ligabue, Mia Martini, Gianna Nannini, PFM, Vasco Rossi, Zucchero e la Filarmonica della Scala diretta da Riccardo Muti. Ha realizzato diverse mostre personali, tra cui Wall Of Sound presentata al Rockheim Museum in Norvegia, alla Galleria nazionale dell’Umbria a Perugia, e al Museo nazionale Rossini di Pesaro. È stato anche tra i curatori della grande mostra multimediale su Fabrizio De André, prodotta da Palazzo Ducale a Genova, e di Art Kane. Visionary per la Galleria civica di Modena e per Made in Cloister a Napoli. Tra i suoi libri illustrati Fabrizio De André. E poi, il futuro (2001), The Beat Goes On (con Fernanda Pivano, 2004), Vasco! (2006), Fabrizio De André. Una goccia di splendore (2007), Fabrizio De André & PFM. Evaporati in una nuvola rock (con Franz Di Cioccio, 2008), Mia Martini. L’ultima occasione per vivere (con Menico Caroli, 2009), Gaber. L’illogica utopia (2010), Pier Paolo Pasolini. Bestemmia (2015), The Kate Inside (2016), Fabrizio De André. Sguardi randagi (2018). Nel 2011 ha aperto ad Alba, dove risiede da diversi anni, una galleria fotografica (Wall Of Sound Gallery) e una casa editrice di cataloghi e volumi in tiratura limitata (Wall Of Sound Editions), interamente dedicate all’immaginario della musica.

Dal 16 Luglio 2023 al 01 Ottobre 2023 – Palazzo dei Diamanti – Ferrara

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PHILIPPE HALSMAN. LAMPO DI GENIO

Marilyn Monroe by Philippe Halsman
© Philippe Halsman | Marilyn Monroe by Philippe Halsman

Mostra dedicata a Philippe Halsman, tra i più originali ed enigmatici ritrattisti del Novecento.

In mostra oltre cento immagini di vario formato, tra colore e bianco e nero che percorrono l’intera sua carriera selezionate da Contrasto e Archivio Halsman di New York.

L’esposizione, ideata e curata da Alessandra Mauro presenta per la prima volta in Italia una grande personale dedicata a uno dei più importanti fotografi del Novecento, Philippe Halsman. Nato a Riga (Lettonia) nel 1906, Halsman comincia negli anni Venti la sua carriera di fotografo e diventa celebre a Parigi, negli anni Trenta, lavorando per riviste come “Vogue” e “Vu”. Negli anni Quaranta riesce a ottenere un visto per gli Stati Uniti grazie all’amicizia di Albert Einstein e una volta sbarcato a New York, la sua fama di grande ritrattista si consolida ancora di più. Dalle collaborazioni con le grandi testate, agli intensi ritratti per lo show business hollywoodiano, Halsman ha creato un genere e uno stile unico e rivoluzionario. Le sue fotografie sono frutto di una vulcanica creatività e delle sinergie che si manifestavano nell’incontro con grandi e illustri amici tra cui, il più folle di tutti, Salvador Dalì, con cui realizza una serie straordinaria di immagini surreali e surrealiste. Nella sua lunga carriera di ritrattista, Halsman ha firmato 101 copertine della rivista “Life”: un record incontrastato.

Le immagini sono accompagnate da una documentazione selezionata come le copertine di “Life”, i provini, le testimonianze d’epoca e i filmati per ricordare questo grande interprete della fotografia e offrire allo stesso tempo un’originale riflessione sul ritratto fotografico, la sua genesi e la sua particolarità.

Un’occasione unica per ammirare le sue grandi creazioni, comprendere quale sia la chiave creativa che, ancora oggi, ogni ritratto richiede e, dall’altra parte, passare in rassegna, con le sue opere, i volti della cultura e dello spettacolo del Novecento.

L’esposizione è promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali ed è organizzata da Contrasto Zètema Progetto Cultura, in collaborazione con BNL BNP Paribas e Leica. Il catalogo è edito da Contrasto.

Dal 06 Luglio 2023 al 07 Gennaio 2024 – Museo di Roma in Trastevere

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FERDINANDO SCIANNA. TI RICORDO SICILIA

Ferdinando Scianna, Marpessa, Caltagirone, 1987
© Ferdinando Scianna | Ferdinando Scianna, Marpessa, Caltagirone, 1987

“Io guardo in bianco e nero, penso in bianco e nero. 
Il sole mi interessa soltanto perché fa ombra” 
Ferdinando Scianna

Il 23 giugno nelle sale monumentali del Castello Ursino di Catania apre al pubblico la grande mostra di FERDINANDO SCIANNA.TI RICORDO SICILIA, curata da Paola Bergna e Alberto Bianda, art director, promossa e prodotta dal Comune di Catania e Civita Sicilia.   

Una selezione di oltre 80 fotografie stampate in diversi formati che attraversa l’intera carriera del grande fotografo siciliano e si sviluppa lungo un articolato percorso narrativo, costruito su diversi capitoli e varie modalità di allestimento in bianco e nero per evidenziare lo stretto legame che lo unisce alla sua terra d’origine. Ti ricordo, Sicilia, è un vero e proprio viaggio che permette al visitatore, attraverso soggetti, immagini, luoghi, riti, festività ed usanze, di conoscere ed esplorare la terra tanto cara al fotografo.

Il percorso espositivo inizia con un omaggio alla sua città natia, Bagheria, pronta a festeggiare il suo celebre concittadino in occasione dei suoi primi ottant’anni che cadranno il 4 luglio, poi gli scatti dedicati a Marpessa.

Quando, verso la fine degli anni Ottanta, il grande fotoreporter e giornalista Ferdinando Scianna decise di fare il suo ingresso nel mondo della moda furono in molti a stupirsi e magari a storcere il naso. Chiamato dagli allora emergenti Dolce & Gabbana a rappresentarne lo stile, il fotografo siciliano iniziò con la giovanissima modella olandese Marpessa Hennink uno straordinario sodalizio, riprendendola in atmosfere mediterranee cariche di un fascino misterioso e sensuale in continuo equilibrio fra realtà e finzione, arcaismo e modernità diventando una delle muse dell’artista.

Non riesco a ricostruire con esattezza […] l’impressione che Marpessa mi fece al primo impatto. […] Mi colpì il suo sguardo verde, splendente ma inquieto, imbarazzato, non so se leggermente sulla difensiva. Forse ero anch’io un po’ sulla difensiva.” F. Scianna

Da sempre uno dei nomi più noti sulla scena nazionale ed internazionale, Ferdinando Scianna è tra i grandi maestri della fotografia non solo italiana. Primo fotografo italiano a far parte, dall’inizio degli anni Ottanta, della prestigiosa agenzia Magnum, ebbe numerosi legami con personalità del mondo dell’arte e della cultura che segnarono la sua carriera; tra questi Leonardo Sciascia, a cui è dedicata un intero capitolo di mostra e al quale Ferdinando Scianna fu legato da una stretta amicizia. Erano amici, lo sono stati per oltre venticinque anni. Per Scianna, Sciascia è stato un “padre”, un mentore, un maestro.

Si conobbero per caso dopo che Sciascia, accompagnato da un amico in comune, visitò la prima mostra fotografica di Scianna, allestita al circolo della cultura di Bagheria, quando Ferdinando aveva solo 20 anni. Lo scrittore rimase colpito dagli scatti in bianco e nero del giovane fotografo. Ferdinando non c’era ma Sciascia lasciò per lui un generoso messaggio di stima. Per questo Scianna decise di andarlo a trovare nella sua casa a Racalmuto: fu un colpo di fulmine, “a vent’anni avevo trovato la persona chiave nella mia vita”. Da questo incontro nacque la loro prima collaborazione: “Feste religiose in Sicilia” (1965)confoto di Scianna e testi dello scrittore. Con questo volume, che fu un caso politico e letterario in Italia, Ferdinando vinse il Premio Nadar nel 1966.
Sciascia e Scianna lavorarono insieme a diverse altre pubblicazioni come “Les Siciliens” (1977), “La villa dei mostri” (1977), “Ore di Spagna” (1988).
I due furono amici per tutta la vita come testimoniano più di un migliaio di fotografie, per lo più inedite, scattate nelle estati a Racalmuto e nei numerosi viaggi insieme. Un album di famiglia che ritrae Sciascia in una dimensione privata perché “finché non mi ha fatto l’offesa terribile di morire, è rimasto il mio angelo paterno”Fu un rapporto fondamentale nella vita di Ferdinando Scianna che scrive: “l’amicizia è come uno scambio delle chiavi delle rispettive cittadelle individuali, è l’acquisizione del reciproco diritto di utilizzare ciascuno dell’altro, gli occhi, la mente, il cuore”. 
Una piccola parte di queste foto sono diventate un libro: “Scianna fotografa Sciascia” (1989) che lo scrittore riuscì a vedere poco prima di morire. 

Un allestimento ed una selezione di immagini studiata appositamente per la sede di Castello Ursino, con contributi video e grafici, per celebrare il rapporto tra il territorio ed il grande fotografo siciliano.

Fotografare la Sicilia per me è quasi una ridondanza verbale. Ho cominciato a fotografare intorno ai diciassette anni e la Sicilia era là. Ho cominciato a fotografare perché la Sicilia era là. Per capirla e attraverso le fotografie per cercare di capire, forse, che cosa significa essere siciliano. F. Scianna

Dal 23 Giugno 2023 al 20 Ottobre 2023 – Museo Civico di Castello Ursino – Catania

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UN CERTAIN ROBERT DOISNEAU

Robert Doisneau, <em>Le baiser de l’Hôtel de Ville</em>, Paris 1950 | © Atelier Robert Doisneau
Robert Doisneau, Le baiser de l’Hôtel de Ville, Paris 1950 | © Atelier Robert Doisneau

La nuova stagione espositiva di Riccione si apre con la mostra Un certain Robert Doisneau, dedicata al grande fotografo francese, uno dei principali rappresentanti della fotografia umanista e uno dei fotografi più apprezzati del XX secolo, autore del Bacio all’Hôtel de ville, una delle foto più iconiche di Parigi e del secondo Novecento: un racconto dell’arte di questo grande fotografo, della sua vita e della sua peculiare personalità, grazie anche alla curatela delle figlie.

Disobbedire mi sembra una funzione vitale e devo dire che non me ne sono mai privato. Quando il vecchio delinquente che è in me vede persone serie, quali i conservatori di musei e i bibliotecari, dare tanta importanza a quelle immagini spigolate in circostanze illegali, mi sento pervadere da un delizioso senso di gioia.” – Robert Doisneau La mostra è a cura di Atelier Robert Doisneau, promossa dal Comune di Riccione, organizzata da Civita Mostre e Musei e Maggioli Cultura, con la collaborazione di diChroma Photography e Rjma Progetti culturali.

L’esposizione è curata dall’Atelier Robert Doisneau e realizzata a partire dalle stampe originali della collezione. Un ambizioso progetto delle figlie del grande fotografo, Francine Deroudille e Annette Doisneau, che hanno selezionato le immagini della mostra ripercorrendo tutto il lavoro del padre. Con oltre 140 scatti in bianco e nero e a colori, prende forma una narrazione che abbraccia l’arte e la vita di Robert Doisneau.
LE SEZIONI DELLA MOSTRA “UN CERTAIN ROBERT DOISNEAU” Il percorso espositivo si apre con una sezione introduttiva, Robert Doisneau, che presenta le vicende biografiche del grande fotografo, illustrate anche con una serie di scatti tratti dall’album di famiglia, dall’anno della sua nascita al ritratto del 1985 nel suo atelier di Montrouge.
La sezione successiva, Paris, è dedicata alla capitale francese, alle sua piazze, ai suoi palazzi e in particolare alla banlieue dove Doisneau è nato e cresciuto, documentando i profondi mutamenti della città, dalle tragedie della guerra fino agli anni ’80. La sezione comprende alcuni scatti a colori e una rassegna delle Petites boutiques che negli anni ’60 Doisneau ha fotografato sistematicamente nel suo quartiere.
La sezione che segue, la più ampia della mostra, è dedicata a Les parisiens, al popolo parigino al lavoro o in festa, nei boulevards o nei bistrots, nei sobborghi grigi delle periferie e nei piccoli negozi, nelle portinerie dei palazzi o nei locali di notte, colti prevalentemente nei momenti più felici, o di semplice attesa.
Les enfants è poi dedicata una serie di foto che testimoniano una attenzione particolare per l’infanzia che Doisneau ha portato sempre con sé. Dei bambini, solitari o ribelli, coglie spesso momenti di libertà e di gioco fuori dal controllo dei genitori. Con la sezione Vogue si viene introdotti agli eventi mondani, di cui Doisneau coglie la raffinatezza ma anche spesso la futilità. Il percorso espositivo si conclude con una serie di ritratti dedicati alle Célebrités della Parigi del suo tempo, con le quali è spesso legato da una sincera amicizia: da Alberto Giacometti a Sabine Azéma, da Blaise Cendrars a Colette, da Jacques Prévert a Simone de Beauvoir, da Fernand Léger a Georges Braque, da Jean Cocteau a Pablo Picasso.

Dal 22 Giugno 2023 al 12 Novembre 2023 – Villa Mussolini – Riccione

RAGUSA FOTO FESTIVAL. XI EDIZIONE – RELAZIONI

Federica Belli, <em>How Far Is Too Close to the Heart?</em>

Federica Belli, How Far Is Too Close to the Heart?

Giunge alla sua undicesima edizione Ragusa Foto Festival che dal 20 luglio al 27 agosto2023 si tiene a Ibla, uno dei borghi più belli d’Italia.
La manifestazione diretta da Stefania Paxhia, fondatrice e ideatrice del festival, e Claudio Composti, direttore artistico, si snoda in 10 mostre monografiche, una in collaborazione con Caritas Italiana e un fitto programma di appuntamenti – letture portfolio, talk, workshop – alla presenza di numerosi ospiti di spicco del mondo della fotografia, della cultura e della società civile provenienti dall’Italia e dal mondo.

A partire dalla collocazione geografica della città in cui si svolge, il territorio più a Sud d’Europa nel cuore del Mediterraneo, crocevia di molteplici scambi tra le culture che vi si affacciano, e nel pieno di un momento storico che vive un drammatico inabissarsi della socialità, Ragusa Foto Festival sceglie per l’edizione 2023 un tema di grande attualità – “Relazioni” – trovando nelle mille sfumature che esso può assumere l’opportunità di raccontare a un tempo l’uomo e la donna contemporanei – e il loro rapporto con il passato, il presente, il corpo, gli altri, il territorio, la realtà, l’immaginazione – e la fotografia più attuale che oggi non ha più solo un ruolo di testimone delle storie e della Storia, ma concorre in maniera determinante – grazie alla sua larga diffusione soprattutto nel mondo digitale – a creare e alimentare le relazioni.

«Sin dalla sua prima edizione Ragusa Foto Festival è stato un procedimento inclusivo ben riuscito che grazie alla fotografia ha aperto le porte di un territorio di provincia a un’esperienza di innovazione culturale importante. Il tema di questa XI edizione – spiega Stefania Paxhia – è un benvenuto al nuovo direttore artistico, Claudio Composti, e anche celebrativo della rete di persone e di realtà nazionali e internazionali che in questi anni, considerando la funzione comunicativa potente della fotografia e la sua responsabilità sociale, ci ha consentito di allargare la nostra piccola comunità in itinere per offrire qualcosa sia dal punto di vista della riflessione sia per stimolare nuovi focolai di creatività.» 

«In questo primo anno come direttore artistico di Ragusa Foto Festival – aggiunge Claudio Composti – ho voluto mettere l’accento sull’importanza del tema scelto, “Relazioni”, invitando a partecipare diversi direttori di foto festival internazionali e italiani per sottolineare l’importanza del loro ruolo sia nello sviluppo di un rapporto tra il linguaggio fotografico e il pubblico, e sia nella formazione dei fotografi più giovani. I festival di fotografia oltre a essere un’opportunità espositiva, sono un momento fondamentale di confronto e crescita, anche grazie alle attività collaterali come le letture portfolio.»

Cuore pulsante del festival saranno le mostre, a Ibla, dislocate tra Palazzo Cosentini, la chiesa sconsacrata di San Vincenzo Ferreri e l’Antico Convento dei Cappuccini all’interno del Giardino Ibleo, aperte al pubblico fino al 27 agosto. In un sapiente alternarsi di autori importanti, giovani emergenti, fotografi italiani e internazionali e un’attenzione rivolta anche alla fotografia siciliana nelle sale di Palazzo Cosentini trovano spazio le mostre personali di:
·      Federica Belli,con “How Far Is Too Close to the Heart?” che tratta il tema della relazione umana dove la fotografia esprime il suo ruolo di mediazione tra le persone;
·      Ruben Brulat, con “Embrasement” inventa una relazione creativa con il vulcano dell’Etna per mezzo di un’installazione con immagini dal forte impatto visivo;
·      Alessandra Calò, vincitrice della IV edizione del Premio New Post Photography di Mia Fair di Milano – partner del festival –, presenta “Herbarium. I fiori sono rimasti rosa”, un progetto che mette in relazione la creatività con la fragilità al fine di nuove opportunità d’inclusione sociale;
·      Mari Katayama, con “L’armonia imperfetta”, estetizza invece la propria disabilità attraverso l’arte, affrontando la relazione aperta con il proprio corpo e la fotografia stessa;
·      Davide Monteleone fra i più noti autori della fotografia italiana contemporanea con “Simonocene” affronta la relazione tra uomo e natura, indagando sugli effetti delle diverse forme di colonialismo, la globalizzazione e le relazionitra potere e individui nella Cina di oggi;
·      Lisa Sorgini in “Behind the Glass” presenta un racconto sulle relazioni con la famiglia quando queste sono state messe a dura prova dal distanziamento sociale durante il lockdown.

Per la sezione Miglior Portfolio e progetti con Menzione 2022:
·      Andrea Camiolo, con “Per un paesaggio possibile”, vincitore del premio Miglior Portfolio 2022, porta avanti l’analisi del paesaggio siciliano che diventa archetipo di un paesaggio ideale;
·      Giulia Gatti, in “Corazonada” presenta un progetto dedicato alle donne che vivono nella regione meridionale del Messico, l’istmo di Tehuantepec (Oaxaca), premiato con una menzione;
·      Sara Grimaldi, attraverso il racconto autobiografico di “Ho visto Nina volare” pone una riflessione sul rapporto tra malessere psicologico e alimentazione, aggiudicandosi una menzione.

È esposta all’Antico Convento dei Cappuccini, la mostra di Carlotta Vigo che con il progetto “Mare Dentro”, dedicato al mercato e alla lavorazione del pesce in Sicilia, testimonia la profonda relazione del territorio siciliano con il proprio passato e futuro, e allo stesso tempo con le proprie tradizioni e la sostenibilità.

Torna poi per la terza edizione, uno dei progetti più cari al Ragusa Foto Festival, ideato da Stefania Paxhia, per raccontare la quotidianità dei lavoratori immigrati che vivono intorno ai Presidi di Caritas Italiana dislocati in Italia. Protagonista di quest’anno è il Presidio di Foggia con un’iniziativa sperimentale, realizzata in collaborazione con la Caritas diocesana di Foggia, il supporto di Perimetro, piattaforma internazionale di fotografia e di New Old Camera di Milano. Due fotografi professionisti, Arianna Arcara e Alessandro Zuek Simonetti, hanno diretto il workshop offrendo nuove competenze a sei giovani lavoratori selezionati per realizzare i loro scatti che saranno in mostra nella chiesa sconsacrata di San Vincenzo Ferreri per raccontare le loro storie, le loro speranze e la voglia di riscatto.

Dal 20 Luglio 2023 al 27 Agosto 2023 – RAGUSA – Sedi varie

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WARS 2023 | AL DI LÀ DELL’ORRORE

Giles Clarke, Bombed school in Saada City, cm. 80x53,3
© Giles Clarke | Giles Clarke, Bombed school in Saada City, cm. 80×53,3

Nasce dall’impegno del MAG e dell’Associazione 46° Parallelo nel perseguire le stesse finalità legate all’educazione alla pace e alla cittadinanza, la mostra “Wars 2023 | Al di là dell’orrore”. Realizzata all’interno degli spazi di Forte Garda, questa esposizione fotografica pone l’accento sulle drammatiche conseguenze dei conflitti contemporanei sulle popolazioni residenti e sull’ambiente.
Si tratta di trenta fotografie selezionate attingendo dalle prime due edizioni di WARS, premio fotografico internazionale creato da Raffaele Crocco, direttore dell’Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo e da Montura, con la direzione del pluripremiato fotografo Fabio Bucciarelli. I conflitti messi in evidenza da queste drammatiche foto sono relativi all’Ucraina , Iraq e Yemen: luoghi distanti tra loro eppur legati e vicinissimi per ciò che rappresentano. Si tratta di tre guerre che mostrano il cambiamento netto degli equilibri nel Pianeta dove potenze grandi e medie si confrontano per ridefinire il loro ruolo, la loro forza.
Oltre a raccontare la tragedia di ogni guerra, queste fotografie – e di conseguenza la mostra – parlano dell’incredibile capacità degli esseri umani di creare e cercare una quotidianità, una normalità anche nella disperazione più cupa. Quest’anno, la terza edizione del Concorso Fotografico Wars, svelerà, a settembre, il vincitore o la vincitrice. Le trenta fotografie sono state realizzate da fotografi di grande esperienza, vincitori di numerosi premi, come Laurence Geai, Manu Brabo e Giles Clarke.

Laurence Geai è una fotoreporter francese. Dopo aver conseguito una laurea in economia internazionale, ha rivolto la sua attenzione al giornalismo, prima per la televisione e poi con la fotografia. Il lavoro di Geai si concentra sui conflitti armati, in particolare con tutto il Vicino Oriente: Siria, Iraq, Israele, Palestina. Le sue opere riguardano anche le conseguenze della crisi dei rifugiati in Europa e Francia. Il suo lavoro è stato pubblicato su Le Monde, Paris Match, The Washington Post, Polka, La Vie, Le Pelerin, Le Nouvel Obs, Libération, Le JDD, Causette, La Croix, M Magazine per Le Monde, Le Parisien, Elle e altri. Premi. 2018: 3rd price in the politic picture award of Science PO. 2018: 1st price «single shot award » of the «festival della fotografia etica » 2017: Photographer of the year Polka 2017. È vincitrice della prima edizione di Wars, nel 2019.

Manu Brabo (Manuel Varela de Seijas Brabo, 1981) è un fotoreporter freelance il cui lavoro si concentra sui conflitti sociali in tutto il mondo. Negli ultimi dieci anni, Manu Brabo ha collaborato con diverse agenzie di stampa come The Associated Press, con The Wall Street Journal, las Docg Without Borders, Ocha e alcune Ong. I suoi lavori sono stati esposti in diverse istituzioni in Europa e in America e sono stati premiati con il Premio Pulitzer, il Picture of the Year e il British Journalism Awards, tra gli altri. È stato finalista alla prima edizione di Wars.

Giles Clarke è un fotoreporter, di stanza a New York, si occupa di catturare il volto umano dei problemi attuali e postbellici in tutto il mondo. Il lavoro di Clarke è stato presentato da The United Nations (OCHA),The New York Times, Amnesty International, CNN, The Guardian, Global Witness, TIME, The New Yorker, National Press Photographers Association, Paris Match et al. Per il suo lavoro in Yemen, Clarke ha ricevuto l’ambita statua di Lucie nel 2017 ed è stato nominato “Imagely Fund Fellow” del 2018. Nell’agosto 2021, Clarke ha esposto una mostra personale “Yemen; Conflict+Chaos” presso Visa Pour L’Image a Perpignan, Francia. È vincitore della seconda edizione di Wars.

Come afferma il direttore del MAG Matteo Rapanà: “Con questa mostra fotografica di grande rilievo il MAG intende valorizzare al meglio gli spazi da poco restaurati e soprattutto rendere forte Garda un luogo di riflessione non solo sul passato, ma anche sulla geopolitica contemporanea e sulle conseguenze derivate dai conflitti attuali.”

Nelle parole del direttore di Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo, Raffaele Crocco, il significato profondo della mostra: “Per una fotografia, per ogni singola fotografia realizzata in un qualunque buon reportage dal Mondo, serve tempo. Chi la realizza ha bisogno di capire come muoversi, dove vivere e come. Deve sapere dove si trova e con chi. Deve conoscere i luoghi, decifrarne la geografia, le abitudini. Ha bisogno di tempo per essere davvero pronto in quella frazione di secondo che gli è necessaria per lo scatto. La fotografia, la buona fotografia, è fatta di tempi lunghi dedicati a dar vita a istanti. Solo così, solo a quel punto la forza di quegli istanti – presi tutti insieme o singolarmente – diventa informazione, emozione, racconto. 
Solo a quel punto ogni singola foto è in grado di raccontare, ad esempio, l’ orrore della guerra o la grande capacità che gli esseri umani hanno di andare oltre quell’orrore.”

Alla cerimonia interverranno l’Assessore alle attività economiche, sport, eventi e manifestazioni del Comune di Riva del Garda Lorenzo Pozzer, il direttore di Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo Raffaele Crocco e il direttore del MAG Matteo Rapanà.

Dal 13 Maggio 2023 al 15 Ottobre 2023 – Forte Garda – Riva del Garda (TN)

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CONTRA SPEM SPERO. STORIE DALL’UCRAINA

Liubov Durakova, When You Call Me
Liubov Durakova, When You Call Me

«Ritengo che le storie visive possano raccontare con maggiore precisione cosa significhi vivere in tempo di guerra e mantenere ancora la speranza nei nostri cuori.»
Kateryna Radchenko

Il 27 giugno inaugura nel Padiglione 9b del Mattatoio di Roma la mostra fotografica “CONTRA SPEM SPERO. Storie dall’Ucraina“. 11 fotografi ucraini – Lyubov Durakova, Nazar Furyk, Kateryna Aleksieienko, Alena Grom, Gera Artemova, Mykhailo Palinchak, Elena Subach, Pavlo Dorohoi, Serhiy Korovainyi, Dmytro Tolkachov, Volodymyr Petrov – condividono i loro progetti documentaristici e artistici sulla vita durante il periodo della guerra regalando allo spettatore uno sguardo autentico ma mai senza speranza.

La mostra è a cura di Kateryna Radchenko dell’Odesa Photo Days Festival (Odesa, Ucraina), promossa dall’Assessorato alla Cultura di Roma Capitale e dall’Azienda Speciale Palaexpo, organizzata dall’Ambasciata della Repubblica Federale di Germania in Italia e dall’Azienda Speciale Palaexpo insieme alle rappresentanze in Italia del Parlamento europeo e della Commissione europea oltreché all’Ambasciata di Spagna in Italia, l’Ambasciata di Svezia in Italia, in qualità di Presidenza del Consiglio Europeo 2023, l’Ambasciata d’Ucraina in Italia.

Fino al 27 agosto nello spazio del MATTATOIO di Roma attendono lo spettatore storie visive che spaziano da quella della documentarista ucraina che si è arruolata nelle Forze Armate, a quella della gente di Kyiv che si confronta in uno spazio vitale profondamente segnato dalla guerra con una nuova “normalità”, fino al diario visivo personale dei rifugiati ucraini in Polonia.

“La guerra in Ucraina infuria da nove anni ed è passato più di un anno da quando la Russia ha lanciato un’invasione su larga scala. È difficile esprimere a parole il complicato mix di sentimenti provati dagli ucraini. Ritengo che le storie visive possano raccontare con maggiore precisione cosa significhi vivere in tempo di guerra e mantenere ancora la speranza nei nostri cuori”, afferma la curatrice Kateryna Radchenko.

“Stiamo vivendo una «Zeitenwende»: La guerra di aggressione russa segna un cambiamento epocale per l’Europa intera. Con i nostri partner e alleati difendiamo l’ordine di pace basato sul diritto internazionale. È per questo che sosterremo l’Ucraina finché sarà necessario ed è per questo che la Germania sostiene la creazione di un tribunale internazionale per perseguire il governo russo per il crimine di aggressione”, sottolinea l’Ambasciatore tedesco Viktor Elbling.

“Fin dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, l’impegno dell’Unione europea a fianco del popolo ucraino e degli artisti ucraini è stato fermo e costante. Il potere evocativo di queste immagini rafforza ancora di più la volontà di sostenere la resistenza ucraina per ripristinare la pace in Europa e avviare la ripresa post-bellica nel Paese”, afferma il Capo della Rappresentanza in Italia della Commissione europea, Antonio Parenti.

“La guerra ha colpito ancora una volta l’Europa. L’aggressione russa è inaccettabile e illegale. Dobbiamo sostenere instancabilmente l’Ucraina nella sua lotta per la libertà. L’Unione europea si è schierata all’unanimità per la libertà e la giustizia durante questa guerra, uniti possiamo fare grandi cose. Siamo più forti insieme!” è l’esortazione dell’Ambasciatore svedese Jan Björklund.

“La fotografia è una fissazione materiale delle immagini terribili della guerra che la Russia ha iniziato contro l’Ucraina, la guerra che non sceglie determinati obiettivi, ma distrugge tutto ciò che può essere distrutto: vite umane, cultura e storia del Paese. Attraverso la resistenza instancabile e l’incredibile eroismo, superando con dignità le prove della guerra, gli ucraini si stanno muovendo verso un nuovo livello di autocoscienza, autoidentificazione, statualità, soggettività mondiale. Ringraziamo tutti coloro che oggi, insieme al popolo ucraino, si stanno impegnando per fermare l’aggressione russa nel centro dell’Europa”, commenta l’Ambasciatore ucraino Yaroslav Melnyk.

“La guerra in suolo europeo, frutto di un’aggressione russa contro l’Ucraina, ha cambiato la nostra prospettiva sui conflitti bellici. Avevamo una visione distante dalle catastrofi di una guerra che non ci coinvolgeva direttamente. Ora, colpiti dagli orrori della guerra su un popolo fratello nel cuore dell’Europa, fissare lo sguardo su un atto di barbarie ingiustificato e sulla resistenza eroica del popolo ucraino ci rende solidali nel dolore e nella lotta. La fotografia cruda e diretta, fissa il desiderio di vita, di pace e di libertà di un popolo ingiustamente attaccato”, afferma l’Ambasciatore spagnolo Miguel Fernández-Palacios.

Il titolo della mostra fa riferimento a un testo della poetessa classica ucraina Lesia Ukrainka, scritto nel 1890, un monologo dell’autrice che proclama lo spirito di speranza e di opposizione a tutti i problemi anche nelle circostanze più difficili. La mostra è divisa in tre parti – la lotta, la speranza e il dopo – che parlano ognuna della nuova realtà e dell’adattamento alla vita durante la guerra, della lotta per l’esistenza del Paese, delle esperienze traumatiche e della speranza che li spinge a continuare a vivere.

Dal 27 Giugno 2023 al 27 Agosto 2023 – Mattatoio di Roma

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AIPAI PHOTO EXHIBITION

AIPAI PHOTO EXHIBITION

Si inaugurerà martedì 13 giugno al musil di Brescia la prima edizione dell’AIPAI PHOTO EXHIBITION, la rassegna fotografica promossa e organizzata da AIPAI, DICEA Università della Sapienza di Roma, in collaborazione con: Do.co.mo.mo Italia, Fondazione musil (Brescia), Fondazione AEM (Milano), Fondazione ISEC (Sesto San Giovanni), Rete Fotografia e lo speciale contributo di Ance Brescia. L’esposizione, inserita all’interno del programma del PHOTOFESTIVAL 2023, proseguirà dal 14 settembre al 13 ottobre in una nuova location presso la Fondazione AEM di Milano.

In mostra si potranno ammirare gli scatti vincitori, menzionati e selezionati della prima edizione dell’AIPAI PHOTO CONTEST, il concorso fotografico ideato dall’Associazione Italiana per il Patrimonio Archeologico Industriale, in occasione dei Secondi Stati Generali dedicati al patrimonio industriale tenutisi lo scorso giugno a Roma, per sensibilizzare e promuovere la cultura dell’industria, la memoria del lavoro, il patrimonio architettonico, tecnologico e paesaggistico dell’archeologia industriale.

Fotografi professionisti e amatoriali sono stati invitati a riflettere attraverso la presentazione di un progetto fotografico che potesse riguardare: macchine e cicli produttivi storici del patrimonio industriale; città e territori dell’industria; paesaggi della produzione; infrastrutture e patrimonio urbano; la costruzione per l’industria. Innovazione tecnologica e sperimentazione di materiali, tecniche e procedimenti; memoria dell’industria e del lavoro; storia e cultura del lavoro; restauro, conservazione e recupero; riuso e pratiche di rigenerazione; immagine e comunicazione dell’industria; turismo industriale. Esperienze di fruizione e di mobilità.

Il percorso espositivo si avvia con l’opera vincitrice “Land of Mines” di Fabio Piccioni, un progetto a lungo termine sulle miniere della Sardegna che ha avuto inizio nel 2007, concentrato sui caratteri endemici di un nuovo paesaggio plasmato dall’uomo, in cui le miniere continuano ad essere protagoniste di una perenne mutazione: migliaia di edifici abbandonati, pozzi, discariche, chilometri di gallerie sotterranee sono solo alcuni degli elementi peculiari.

L’opera di Fabio Piccioni – si legge nella motivazione della giuria – esalta un patrimonio industriale e ambientale unico al mondo, attraverso gli occhi di chi ama la propria terra e vuole che la sua bellezza sia conosciuta da tutti. Questo premio è anche un messaggio di vicinanza a tutti coloro che, spinti dalla passione, proteggono, promuovono e valorizzano un patrimonio ancora troppo spesso ignoto e in pericolo.

Saranno inoltre esposti i progetti menzionati di Fabio Oggero, che restituisce sapientemente nei toni del bianco e del nero l’iconicità dell’area EX CAI (Cementi Alta Italia ) del Monferrato, e di Francisco Jose Rodríguez Marín, dallo sguardo concentrato sull’antica produzione del mulino di Nuestra Señora del Pilar a Montril nei pressi di Granada (Spagna) oltre agli scatti selezionati di Mariano De Angelis, Davide Ferrera, Eleonora Ledda, Mirco Pandolfi, Guido Rosato, Martina Russo, Eleonora Tomassini, Amalia Violi, Claudio Zanirato.

Le opere in mostra sono frutto di un’accurata selezione operata dalla giuria composta da: Edoardo Currà, Presidente AIPAI; Jacopo Ibello, Presidente Save Industriale Heritage; Fabrizio Trisoglio, Responsabile scientifico Fondazione AEM, Presidente Rete Fotografia e Presidente di giuria; Emma Tagliacollo, Segretario Docomomo Italia; René Capovin, Direttore musil; Giorgio Bigatti, Direttore Fondazione ISEC; Palmina Trabocchi, storico dell’arte e socio AIPAI.

Dal 13 Giugno 2023 al 13 Ottobre 2023 – musil Brescia- Museo del Ferro di San Bartolomeo / Fondazione AEM

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CAREZZA nella Fotografia d’Autore – Collezione Speaking Hands

Ogni vera carezza è un sussulto del pensiero, un messaggio e un enigma. Una carezza sincera potrebbe gettare un ponte tra le anime, perché la mano che accarezza risvegliando i sensi, o che accoglie in un abbraccio silenzioso, è capace di raggiungerci là dove non riescono le parole, aprirci agli altri e condurci all’idea di qualcosa di indefinito e, al tempo stesso, infinito.

Il percorso espositivo è articolato in varie sezioni: Toccare per essere toccati, Carezza come riconoscimento proattivo, Tenerezza come passione tranquilla, Compassione come madre di tutti i sentimenti più profondi. Non mancano suggestive fotografie sulle carezze nell’arte scultorea (da Canova a Rodin) e nella società (Agenzia Magnum).

Una coinvolgente selezione di 80 opere dei Maestri della Fotografia che parlano da sole e che trasmettono messaggi universali: abbiamo bisogno di incontrare gli altri, di avere contatti più reali e meno virtuali, di saper riconoscere e vivere a fondo i nostri senti-menti, di saper costruire i nostri migliori e più duraturi ricordi. Tra i numerosi Autori provenienti dalla Collezione Speaking Hands: Manuel ALVAREZ BRAVO, Cecil BEATON, Gianni BERENGO GARDIN, Edouard BOUBAT, Robert CAPA, Flor GARDUÑO, Mario GIACOMELLI, Ralph GIBSON, André KERTESZ, Annie LEIBOVITZ, Will Mc BRIDE, Steve Mc CURRY; Inge MORATH, Gill PERESS, Marc RIBOUD, Jan SAUDEK, Jean-Loup SIEFF… 

1 – 30 luglio 2023 – Galleria Cavour – Padova

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Mostre: segnalazioni per marzo

Ciao,

anche a marzo vi segnaliamo diverse mostre interessanti. Date comunque alla nostra pagina per tutte le mostre in corso.

Anna

Ara Güler

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Una monografia dedicata al più importante rappresentante della fotografia creativa in Turchia, scomparso alla fine del 2018: Ara Güler.

Lucido osservatore della storia e società turca, Güler ha lasciato in eredità un archivio di oltre due milioni di foto, di cui una selezione di circa 80 immagini è in mostra, una grande retrospettiva dedicata in particolare alla città di Istanbul, una sezione è riservata ai ritratti di personaggi famosi tra i quali, Federico Fellini, Pablo Picasso, Salvator Dalì, Sophia Loren.

Nominato uno dei sette fotografi migliori al mondo dal British Journal of Photography Yearbook e insignito del prestigioso titolo di “Master of Leica”, il maestro turco Ara Güler approda a Roma con una mostra monografica dedicata ai suoi scatti in bianco e nero. La tappa romana arriva al Museo di Roma in Trastevere, dopo le esposizioni alla Galleria Saatchi a Londra, alla Galleria Polka a Parigi, al Tempio di Tofukuji a Kyoto, nell’ambito del vertice del G-20, e alla Alexander Hamilton Custom House a New York in concomitanza con l’Assemblea Generale dell’ONU, prima di continuare il suo percorso a Mogadiscio.

La mostra è composta in gran parte dalle fotografie di Istanbul scattate da Ara Güler a partire dagli anni ’50, periodo fondamentale in cui fu reclutato da Henri Cartier-Bresson per l’Agenzia Magnum e divenne corrispondente per il Vicino Oriente prima per Time Life nel 1956, e poi per Paris Match e Stern nel 1958. Le 45 vedute in bianco e nero della città presenti in mostra costituiranno una preziosa testimonianza di un’umanità ormai quasi cancellata dalla memoria e si affiancheranno ad una sezione, composta da 37 immagini in tutto, dedicata ai ritratti di personaggi importanti del mondo dell’arte, della letteratura, della scienza e della politica: da Federico Fellini a Sophia Loren, da Bernardo Bertolucci ad Antonio Tabucchi, da Papa Paolo VI a Winston Churchill.

Ara Güler era “un marchio globale” per la sua professione a tutti gli effetti – dichiara il Presidente Recep Tayyip Erdoğan – La sua maestria è comprovata dal fatto che tutti i personaggi più importanti degli ultimi 65 anni, che hanno lasciato un segno indelebile nella nostra memoria collettiva con le loro lotte politiche, la loro leadership come uomini di Stato, le loro idee, la loro arte e la loro sensibilità, furono immortalati dal suo obiettivo. È un motivo di grande orgoglio per l’intera nazione vedere le sue fotografie, scattate nel corso di una lunga carriera, che inizia nel 1950 e dura fino al suo ultimo respiro, esposte ancora oggi nelle sezioni più prestigiose di mostre, collezioni e raccolte in ogni angolo del mondo.

Il viaggio artistico di Ara Güler, che mise Istanbul, dove fu nato e cresciuto, al centro della sua vita e della sua arte, racchiude in sé una sintesi della nostra storia recente. Lo ricorderemo sempre con profondo rispetto come una delle più edificanti testimonianze della figura del “vero artista” nel nostro Paese, con il suo linguaggio originale, avvincente e prolifico, libero da ogni forma di bigottismo.

30/01 – 03/05/2020 – Museo di Roma in Trastevere

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JACQUES HENRI LARTIGUE. L’INVENZIONE DELLA FELICITA’. FOTOGRAFIE

Dal 29 febbraio al 12 giugno 2020 la Casa dei Tre Oci di Venezia ospita la più ampia retrospettiva mai organizzata in Italia, dedicata al fotografo francese Jacques Henri Lartigue (1894-1986). 

L’invenzione della felicità, curata da Marion Perceval e Charles-Antoine Revol, rispettivamente direttrice e project manager della Donation Jacques Henri Lartigue, e da Denis Curti, direttore artistico della Casa dei Tre Oci, è organizzata da Civita Tre Venezie e promossa da Fondazione di Venezia, in stretta collaborazione con la Donation Jacques Henri Lartigue di Parigi, con il patrocinio del Ministero della Cultura francese. 

La rassegna presenta 120 immagini, di cui 55 inedite, tutte provenienti dagli album fotografici personali di Lartigue, dei quali saranno esposte alcune pagine in fac-simile.

A queste si aggiungono alcuni materiali d’archivio che ripercorrono l’intera sua carriera, dagli esordi dei primi del ‘900 fino agli anni ’80 e ricostruiscono la storia di questo fotografo e la sua riscoperta. 

Il 1963 è in tale contesto un anno cruciale: John Szarkowski, da poco nominato direttore del dipartimento di fotografia del MoMa – il Museum of Modern Art di New York, espone i suoi lavori al Museo newyorkese, permettendogli di raggiungere il successo quando Lartigue è vicino ormai ai settant’anni.

Il percorso de L’invenzione della felicità si articola intorno a questi grandi momenti di riscoperta dell’opera di Lartigue, a cominciare dalla rassegna del museo newyorkese, durante la quale sono presentati i suoi primi scatti precedenti la Prima Guerra Mondiale, e che fanno di lui l’enfant prodige della fotografia. Ispirato dai giornali e dalle riviste illustrate di quest’epoca, Lartigue s’interessa alla ricca borghesia parigina che si ritrovava ai Grandi premi automobilistici, alle corse ippiche di Auteuil, oltre che agli uomini e alle donne eleganti che le frequentavano.

“La ‘parte di mondo’ di Lartigue – scrive Denis Curti nel suo testo in catalogo – è quella di una Parigi ricca e borghese del nouveau siècle, e anche quando l’Europa verrà attraversata dagli orrori delle due guerre mondiali, Lartigue continuerà a preservare la purezza del suo microcosmo fotografico, continuando a fissare sulla pellicola solo ciò che vuole ricordare, conservare. Fermare il tempo, salvare l’attimo dal suo inevitabile passaggio. La fotografia diventa per Lartigue il mezzo per riesumare la vita, per rivivere i momenti felici, ancora e ancora”.

A seguito del successo ottenuto con la mostra al MoMa, verso la fine degli anni ‘60, Lartigue incontra Richard Avedon e Hiro, due tra i più influenti fotografi di moda di allora, che si appassionano immediatamente alla sua arte.

Avedon, in particolare, gli propone presto di realizzare un lavoro che prenda la forma di un “giornale fotografico”, mostrando un po’ di più degli archivi di Lartigue. Aiutato da Bea Feitler, l’allora direttrice artistica di Harper’s Bazaar, pubblicano nel 1970 il Diary of a Century che lo consacra definitivamente tra i grandi della fotografia del XX secolo.

Tuttavia, Lartigue non è più da tempo il fotografo amatoriale di inizio secolo. Dagli anni ‘40 pubblica le sue fotografie su riviste, combinando i suoi incontri mondani e le inquadrature ricercate.

Dopo l’approfondimento del periodo della sua riscoperta, le ultime sezioni si concentrano sugli anni ‘70 e ‘80, segnati dalle collaborazioni con il mondo del cinema, dove lavora come fotografo di scena per numerosi film, e della moda. L’occhio di Lartigue, tuttavia, non riuscì mai ad allontanarsi dalla vita di tutti i giorni, immortalando sempre molti dettagli curiosi e carichi d’ironia.

Un interessante focus è inoltre riservato alle memorie che Lartigue scrisse negli anni ‘60 e ‘70, quando inizia a ricomporre i suoi album nei quali aveva raccolto tutti i suoi scatti.

Accompagna la rassegna un catalogo bilingue Marsilio Editori.

29.02 > 12.06.2020 – VENEZIA / TRE OCI

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SEBASTIANO SALGADO. EXODUS. IN CAMMINO SULLE STRADE DELLE MIGRAZIONI

È passata quasi una generazione da quando queste fotografie sono state esposte per la prima volta. Eppure, per molti aspetti il mondo che ritraggono è cambiato poco, visto che la povertà, i disastri naturali, la violenza e la guerra costringono ancora milioni di persone ogni anno ad abbandonare le loro case. In alcuni casi, vanno a finire in campi profughi che presto si espandono fino a diventare piccole città; in altri, sono pronti a investire tutti i risparmi, e perfino la vita, per inseguire il sogno di una mitica Terra Promessa. I migranti e i profughi di oggi sono senza dubbio il prodotto di nuove crisi, ma la disperazione e i barlumi di speranza che vediamo sui loro volti non sono poi molto diversi da quelli documentati in queste immagini.

Quasi tutto ciò che accade sulla Terra è in qualche modo collegato. Siamo tutti colpiti dal crescente divario tra ricchi e poveri, dalla crescita demografica, dalla meccanizzazione dell’agricoltura, dalla distruzione dell’ambiente, dal fanatismo sfruttato a fini politici. Le persone strappate dalle loro case sono solo le vittime più visibili di un processo globale.

Le fotografie che qui presentiamo catturano i momenti tragici, drammatici ed eroici di singoli individui. Eppure, tutte insieme, ci raccontano anche la storia del nostro tempo. Non offrono risposte, ma al contrario pongono una domanda: nel nostro cammino verso il futuro non stiamo forse lasciando indietro gran parte del genere umano?

Lélia Wanick Salgado

Dal 08 Febbraio 2020 al 14 Giugno 2020 – Pistoia – Palazzo Buontalenti / Antico Palazzo dei Vescovi

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GANGA MA. GIULIO DI STURCO

La fotografia torna protagonista alla Fondazione Stelline, che apre la propria stagione espositiva 2020 con la mostra di Ganga Ma. Giulio Di Sturco(Roccasecca – FR , 1979), a cura di Eimear Martin, dal 6 febbraio al 22 marzo 2020.

Ganga Ma è il frutto di una ricerca fotografica decennale sul fiume Gange che documenta gli effetti devastanti dell’inquinamento, della industrializzazione e dei cambiamenti climatici. Il progetto segue il fiume per oltre 2.500 miglia, dalla sua sorgente nel ghiacciaio del Gangotri, situato nella catena dell’Himalaya, fino alla foce nel Golfo del Bengala, in Bangladesh. Il risultato è una riflessione filosofica per immagini che presagisce un futuro non troppo lontano, consentendoci di percepire l’incombenza di un mondo tossico e post-apocalittico.

Ganga Ma è iniziato come progetto documentario a lungo termine, concepito come testimonianza dello svolgimento di un disastro ecologico in corso. Tuttavia, nel processo creativo Giulio Di Sturco ha modellato un vero e proprio linguaggio visivo, capace di mostrarsi sensibile ai cambiamenti già avvenuti sul Gange e di indagare il paesaggio in cerca di segni di ciò che ci aspetta. Il Gange è un esempio emblematico della contraddizione irrisolta tra uomo e ambiente, poiché è un fiume intimamente connesso con ogni aspetto – fisico e spirituale – della vita indiana.
Giulio Di Sturco ci invita a entrare nell’opera e dopo l’iniziale stordimento dell’immagine seducente e poetica, che rivela la maestosità della natura dalla prospettiva del fiume e delle sue rive, a vedere la sua tossicità, l’effetto devastante della industrializzazione ma anche dei cambiamenti climatici e dell’urbanizzazione.

La mostra è accompagnata dalla omonima monografia (Gost Books, 2019), con un bellissimo saggio introduttivo di Vandana Shiva, scrittrice e ambientalista indiana, tra i principali leader dell’International Forum on Globalization, e della curatrice.

Dal 06 Febbraio 2020 al 22 Marzo 2020 Milano Palazzo delle Stelline

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Cesare Colombo. Fotografie/Photographs  1952-2012

Il Comune di Milano e il Civico Archivio Fotografico rendono omaggio con una grande mostra a Cesare Colombo, uno dei principali fotografi e studiosi della fotografia del Novecento. Curatore di importanti mostre e animatore di dibattiti, sin dal Dopoguerra ha contribuito a far crescere in modo significativo la cultura fotografica in Italia. La rassegna dal titolo Cesare Colombo. Fotografie/Photographs  1952-2012 è curata da Silvia Paoli, con Sabina e Silvia Colombo, oggi responsabili dell’Archivio di Colombo e si tiene dal 21 febbraio al 14 giugno 2020 alla Sala Viscontea del Castello Sforzesco.

Quasi quarant’anni, una vita, dedicati da un fotografo a vedere Milano, grande città italiana e nello stesso tempo simbolo di una qualsiasi grande città del mondo.  

Scriveva così Corrado Stajano nel 1990 sul catalogo Alinari che accompagnava la prima grande mostra milanese di Cesare Colombo, allestita all’Arengario.Dopo tre decenni una nuova rassegna riprende e completa l’eredità lasciata per restituire un nuovo affresco dell’attività fotografica dedicata da Colombo alla sua città, nella quale le foto più conosciute si uniscono a immagini inedite e a vere e proprie riscoperte d’archivio.

A partire dal corpus di fotografie recentemente entrate a far parte delle collezioni del Civico Archivio Fotografico del Castello Sforzesco, la mostra restituisce la sua visione coinvolgente e appassionata della metropoli lombarda. Il percorso comprende oltre 100 fotografie esemplificative dell’intera carriera di Colombo, divise in sei sezioni, dove la città viene descritta nei suoi molteplici aspetti culturali, politici e sociali e offre un vivido racconto biografico lungo sessant’anni (1952-2012) di sviluppo urbano, trasformazioni del lavoro e mutamenti del tessuto sociale. Il mondo delle fabbriche e le manifestazioni sindacali, le rivolte studentesche e le periferie, ma anche uno sguardo attento su una città in continuo cambiamento, che produce e crea: le fiere e i negozi,  la moda e il design, l’arte e lo spettacolo. Punti di vista di una città ‘abitata’ di uno dei suoi più attivi interpreti.

L’allestimento e la grafica di Italo Lupi,  aiuteranno il visitatore a ricostruire la figura di Cesare Colombo nella sua complessità. In mostra un tavolo biografico, lungo venticinque metri, ricostruirà la vita di Cesare Colombo dalla sua formazione giovanile, ai primi lavori, ai progetti di comunicazione pubblicitaria, alla sua vita familiare, alle sue molte collaborazioni con l’editoria, all’impegno politico e ai suoi impegni culturali.

Un affresco coloratissimo che fa da contraltare al rigore delle fotografie in bianco e nero, affiancato da un altro lungo tavolo più sobrio di colori e grafica, con brani di suoi scritti e citazioni di differenti testi critici e letterari.

Il catalogo a cura di Silvia Paoli, edito da Silvana (Italiano-Inglese) contiene il saggio critico del curatore (Oltre i bordi dell’inquadratura. Cesare Colombo 1935-2016, fotografo, storico, critico), una sezione dedicata all’allestimento con una nota di Italo Lupi e ricchi apparati bio-bibliografici a cura di Sofia Brugo.Tutte le fotografie sono riprodotte nel volume divise secondo le sezioni della mostra:  Album Metropolitano, Stagioni di lotta, Offerte di lavoro, Ingresso Libero, La città della moda e del design, Arte in scena.

L’esposizione e il catalogo sono l’esito di un lungo lavoro di ricerca il cui intento è di contribuire alla conoscenza di questo importante autore della fotografia italiana, aprendo anche nuovi orizzonti di studio.

dal 21 febbraio al 14 giugno 2020 – Sala Viscontea del Castello Sforzesco – Milano

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Le mostre di Closer – Dentro il Reportage

La quarta edizione del festival di fotografia sociale Closer – Dentro il Reportage torna a Bologna da venerdì 13 a domenica 15 marzo 2020 tra mostre, incontri, workshop e letture portfolio.

Negli spazi di QR Photogallery (via Sant’Isaia 90) e nel vivaio urbano Senape (Via Santa Croce 10/ABC), Closer apre spazi di visibilità per fotografi e temi –selezionati tra le numerose proposte della open call provenienti da diverse parti del mondo–  e promuove occasioni di confronto e formazione, tra internazionalità e territorio. Con Closer il mezzo fotografico si fa portavoce di istanze rilevanti e attuali, che arrivano dai diversi angoli del mondo nella città di Bologna a suscitare riflessioni condivise per una società inclusiva.

Venerdì 13 marzo alle ore 18.30 negli spazi di QR Photogallery, fondata dall’associazione TerzoTropico nell’affascinante quadriportico dell’ex-ospedale psichiatrico Roncati (Via Sant’Isaia 90, Bologna), Closer – Dentro il Reportage inaugura la mostra collettiva dei fotografi selezionati tramite open call.

La quarta edizione del festival parte da lontano, dalla città di Lahore (Pakistan), protagonista di For the Love of Lahore, del fotografo Aun Raza: registrazione diretta sebbene metaforica di una città in via di disintegrazione ambientale e sociale, il reportage vuol essere al tempo stesso un antidoto ai poteri nefasti nelle cui mani Lahore è caduta. I panorami della città entrano quindi in risonanza e creano dittici mentali con i ritratti di musicisti, poeti, scrittori, artisti, artigiani, attivisti, che rappresentano il tessuto e l’anima della Lahore che cerca di resistere, di mantenere apertura, curiosità, amore per il dialogo.

Dalla città del Pakistan ci si sposta a Quito, la capitale dell’Ecuador costruita nel mezzo delle Ande, dove Chiara Negrello ha realizzato il progetto fotografico Recicladoras, che riflette sui temi della condizione femminile e dell’ecologia mostrando il lavoro –spossante, denigrato, rischioso– di donne che, dalle 6 del pomeriggio alle 3 del mattino, raccolgono più immondizia possibile prima che passi il camion per la raccolta dei rifiuti, per guadagnare pochi dollari al mese vendendo a privati il materiale salvato dagli scarti.

Ancora America Latina per Vita e morte – rapsodia messicana in cui Giuseppe Cardoni narra per immagini i rituali nel Dia de Los Muertos: dal 31 ottobre al 2 novembre i cimiteri diventano un’esplosione di vita, il lutto è esibito con suoni, costumi, musiche, danze, colori ma anche con maschere e presenze inquietanti, per esorcizzare la paura, rendere familiare e amica la morte. Una persistenza contemporanea delle culture pre-colombiane, nonostante il tentativo di soffocamento da parte delle dominazioni spagnole e della Chiesa.

Con Anima Nera di Claudio Rizzini Closer torna in Italia e testimonia l’avanzare del neofascismo, di quel «cuore di tenebra che è tornato a battere dal passato», come lo definisce il fotoreporter bresciano che documenta gli eventi di piazza, le periferie, i raduni segreti in cui il cameratismo, le dimostrazioni di forza, la xenofobia e lo slancio patriottico riempiono spazi vuoti e solitudini.

Di segno opposto è Nomadelfia descritta in immagini da Enrico Genovesi: un piccolo popolo comunitario, in un villaggio nei dintorni di Grosseto, con una sua Costituzione che si basa sul Vangelo. Una comunità fondata nel 1948 nell’ex campo di concentramento di Fossoli da don Zeno Saltini con lo scopo di «dare un papà e una mamma ai bambini abbandonati» come racconta il fotografo toscano, che dal 1984 si dedica prevalentemente a reportage a sfondo sociale su storie italiane.

Le mostre, che saranno visitabili fino al 4 aprile dal lunedì al sabato dalle ore 9 alle 19, al termine di Closer saranno esposte al festival di fotografia indipendente Stop di Parma.

Contestualmente all’inaugurazione della mostra collettiva dei 5 reportage vincitori, il 13 marzo ci sarà l’apertura della mostra dedicata alle foto singole –anch ‘esse selezionate tramite open call– dei fotografi Nicola Zolin, Ignazio Sfragara, Emanuela Caiazza, Daniele Stefanizzi, Vincenzo Di Pilato.

Sabato 14 marzo alle ore 20.30 da Senape Vivaio Urbano (via Santa Croce 10/ABC, Bologna) sarà infine inaugurata la mostra The Wretched and the Earth di Gabriele Cecconi: un intenso reportage sulla drammatica condizione della popolazione musulmana Rohingya a Cox’s Bazar, nel sud del Bangladesh.

Dal 13 marzo al 4 aprile – QR Photogallery e Senape – Bologna

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LA GUERRA TOTALE

In occasione del 75° della fine della Seconda Guerra Mondiale, avvenuta ufficialmente il 1° maggio in Italia, l’8 maggio in Europa e il 2 settembre nel Pacifico, l’esposizione fotografica racconta la storia del più devastante conflitto che l’uomo abbia mai conosciuto attraverso le fotografie più suggestive e famose degli Archivi di Stato americani – National Archives and Records Administration, Library of Congress, US Navy, US Marines Corp, US Army, etc.  Composta di circa 60 immagini, la mostra ripercorre infatti tutti i principali eventi del Secondo Conflitto Mondiale sui fronti europei, nord africani e del Pacifico: l’invasione della Francia e i bombardamenti sulla Gran Bretagna, l’attacco a sorpresa di Pearl Harbor e l’invasione della Russia, la guerra in Nord Africa e la riconquista isola per isola dell’Oceano Pacifico, i campi di sterminio e la riduzione in schiavitù di milioni di Europei per sostituire i Tedeschi al fronte nelle fabbriche, i movimenti di liberazione e le punizioni ai collaborazionisti, la guerra in Italia e il D-Day, la sconfitta dei Tedeschi e le bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki, la resa del Giappone e la caccia ai gerarchi nazisti.

L’esposizione fa parte del progetto History & Photography, che ha per obiettivo raccontare la Storia con la Fotografia (e la Storia della Fotografia) valorizzando e rendendo fruibili al grande pubblico e ai più giovani gli archivi storico fotografici italiani e internazionali pubblici e privati. Alle scuole e ora anche ai privati sono proposte visite guidate, foto-proiezioni e l’innovativa possibilità di utilizzare in classe le immagini della mostra (anche una volta terminata) tramite un link riservato e una password a tempo – una soluzione inedita per rendere concreto il concetto di scuola digitale e connessa

​15 febbraio – 27 giugno 2020 – La Casa di Vetro – Milano

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Peterson – Lavine – Come as you are,  Kurt Cobain and the Grunge Revolution

Oltre 80 foto, tra cui alcune inedite, per ripercorrere la storia della scena musicale grunge e quella del suo eroe indiscusso, Kurt Cobain, simbolo della controcultura americana degli anni ’90, tra la fine della guerra fredda e l’illusione della New Economy.
Dal 7 marzo al 14 giugno 2020, a Firenze, Palazzo Medici Riccardi ospita la mostra fotografica “Peterson – Lavine. Come as you are: Kurt Cobain and the Grunge Revolution”. A cura di ONO arte contemporanea, l’esposizione è organizzata e promossa da OEO Firenze Art e Le Nozze di Figaro, in collaborazione con Città Metropolitana di Firenze, Comune di Firenze e  Mus.e.
“A ventisei anni dalla morte di Kurt Cobain, il mito dei Nirvana non tende a svanire  e continua ad avere una forza comunicativa ed espressiva che riesce a far breccia nelle più giovani generazioni facendo palpitare il cuore a chi ha vissuto negli anni ’90 la loro saga”.

Due le sezioni: da un lato le immagini di Charles Peterson, fotografo ufficiale della Sub Pop Records, sulla nascita dei Nirvana, i concerti e la scena grunge di Seattle. Dall’altro gli scatti di Michael Lavine, celebre fotografo pubblicitario, tratti da servizi posati e immagini per riviste. Un accostamento inedito che immerge il pubblico nella fascinazione di quei giorni straordinari, dove i fan erano parte integrante di una rivoluzione musicale, e non solo.

Michael Lavine immortala i Nirvana in studio in quattro diversi momenti, dai mesi della loro prima formazione, fino agli anni del successo mondiale, quando accanto al leader della band c’era la moglie Courtney Love: scatti che sono diventati simbolo di un’era. La sua amicizia con Cobain gli permette di creare una vera registrazione visiva del gruppo, che accompagna in studio in tutti i diversi momenti della propria parabola, fino a pochi giorni dalla scomparsa del suo leader.
L’apporto di Charles Peterson risulta invece fondamentale non solo per la storia dei Nirvana ma anche per la nascita del grunge. Utilizzando uno stile personale crea un proprio marchio di fabbrica, inconfondibile: i suoi flash, molto potenti per poter squarciare il buio dei club, al tempo stesso sono in grado di isolare i soggetti in modo classico e iconico; il suo è un Cobain ritratto in immagini intime, che pienamente mostrano come il peso del successo avesse provato l’artista.

E ancora, immagini di Pearl Jam, Soundgarden, Mudhoney… L’esposizione apre a tutta la scena musicale di Seattle di fine millennio, immortalando un periodo fondamentale e recente della storia americana: la crisi dell’edonismo reaganiano, le nuove periferie (e le sue controculture) e l’incipiente New Economy che proprio a Seattle genererà i suoi colossi.

“Come as you are” è una mostra sound e vision, nelle cui immagini evocative più generazioni si potranno riconoscere, rivivendo illusioni, speranze e quello stile che agli sgoccioli del secondo millennio le hanno viste identificarsi in una colonna sonora e nei suoi eroi.

Dal 7 marzo al 14 giugno – Palazzo Medici Riccardi Firenze

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Masculinities – Liberation through Photography

Through the medium of film and photography, this major exhibition considers how masculinity has been coded, performed, and socially constructed from the 1960s to the present day.

Examining depictions of masculinity from behind the lens, the Barbican brings together the work of over 50 international artists, photographers and filmmakers including Laurie Anderson, Sunil Gupta, Rotimi Fani-Kayode, Isaac Julien and Catherine Opie.

In the wake of #MeToo the image of masculinity has come into sharper focus, with ideas of toxic and fragile masculinity permeating today’s society. This exhibition charts the often complex and sometimes contradictory representations of masculinities, and how they have developed and evolved over time. Touching on themes including power, patriarchy, queer identity, female perceptions of men, hypermasculine stereotypes, tenderness and the family, the exhibition shows how central photography and film have been to the way masculinities are imagined and understood in contemporary culture.

20 Feb — 17 May 2020 – Barbican Art Gallery – London

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WILDLIFE PHOTOGRAPHER OF THE YEAR

La 55esima edizione della mostra Wildlife Photographer of the Year debutterà in anteprima per l’Italia ancora una volta al Forte di Bard dal 1° febbraio al 2 giugno 2020.

Un emozionante percorso espositivo che ripercorre gli scatti più spettacolari realizzati nel 2019: 100 immagini che testimoniano il lato più affascinante del mondo animale e vegetale, spaziando da sorprendenti ritratti rubati ai più sublimi paesaggi del nostro pianeta.

Vincitore del prestigioso titolo Wildlife Photographer of the Year 2019 è il fotografo cinese Yongqing Bao con lo scatto “The Moment”. L’immagine ritrae lo scontro tra una volpe e una marmotta, uscita dalla sua tana dopo il letargo, sull’altopiano del Qinghai, in Tibet. La foto cattura il dramma e l’intensità della natura: il potere del predatore che mostra i suoi denti, il terrore della sua preda, l’intensità della vita e della morte scritte sui loro volti.

Il quattordicenne Cruz Erdmann, Nuova Zelanda, invece, ha ricevuto il premio per lo Young Wildlife Photographer of the Year 2019con il suo scatto “Night glow”, fatto durante una immersione notturna al largo di Sulawesi, in Indonesia. L’immagine raffigura un calamaro durante un corteggiamento. Tra i vincitori anche due italiani: il giovane Riccardo Marchegiani con “Early riser”, categoria 15-17 anni, e l’altoatesino Manuel Plaickner con “Pondworld”, per la categoria Behaviour: Amphibians and Reptiles.
Protagonista dello scatto di Riccardo Marchegiani una femmina di babbuino Gelada con il suo cucciolo all’alba su un altopiano nel Parco Nazionale del Simien in Etiopia, dove era andato con suo padre e un suo amico. La foto di Manuel Plaickner, invece, immortala delle rane comuni in uno stagno durante il periodo dell’accoppiamento. Il fotografo ha seguito ogni primavera, per oltre un decennio, la migrazione di massa delle rane in Alto Adige.

Altri tre fotografi italiani hanno ricevuto la menzione highly commended in quanto parte delle cento immagini finaliste del concorso fotografico: Stefano Unterthiner (categoria ‘Animals in their Environment’), Lorenzo Shoubridge (categoria ‘Behaviour: Invertebrates’) e Roberto Zanette (categoria ‘Earth’s Environments’).

Dal 01 Febbraio 2020 al 02 Giugno 2020 – Forte di Bard – Aosta

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UNIFORM INTO THE WORK/OUT OF THE WORK 

UNIFORM INTO THE WORK/OUT OF THE WORK è il nuovo progetto espositivo della Fondazione MAST curato da Urs Stahel e dedicato alle uniformi da lavoro, che attraverso oltre 600 scatti di grandi fotografi internazionali mostra le molteplici tipologie di abbigliamento indossate dai lavoratori in contesti storici, sociali e professionali diversi. Nate per distinguere chi le indossa, le uniformi da un lato mostrano l’appartenenza a una categoria, a un ordinamento o a un corpo, senza distinzioni di classe e di censo, dall’altro possono evidenziare una separazione dalla collettività. Le parole italiane “uniforme” e “divisa” evocano, allo stesso tempo, inclusione ed esclusione.

UNIFORM INTO THE WORK/OUT OF THE WORK comprende una mostra collettiva sulle divise da lavoro nelle immagini di 44 fotografi e un’esposizione monografica di Walead Beshty, che raccoglie centinaia di ritratti di addetti ai lavori del mondo dell’arte incontrati dall’artista nel corso della sua carriera, per i quali l’abbigliamento professionale, estremamente differenziato e individualistico, rispetta una sorta di tacito codice dell’anti-uniforme.

Artisti in mostra:

PAOLA AGOSTI, SONJA BRAAS, SERGEY BRATKOV, MANUEL ÁLVAREZ BRAVO, ULRICH BURCHERT, SONG CHAO, CLEGG & GUTTMANN, HANS DANUSER, BARBARA DAVATZ, RINEKE DIJKSTRA, ALFRED EISENSTAEDT, WALKER EVANS, ARNO FISCHER, ROLAND FISCHER, ANDRÉ GELPKE, WERONIKA GESICKA, BRAD HERNDON, LIU HEUNG SHING, GRACIELA ITURBIDE, TOBIAS KASPAR, HERLINDE KOELBL, HIROJI KUBOTA, L.G. ROSE COMMERCIAL PHOTOGRAPHER, ERICH LESSING, DANNY LYON, DOUG MENUEZ, MARIANNE MUELLER, NASA PHOTOGRAPHS, HELGA PARIS, PAOLO PELLEGRIN, IRVING PENN, ANDRI POL, MARION POST WOLCOTT, TIMM RAUTERT, HERBERT RITTS, JUDITH JOY ROSS, SEBASTIÃO SALGADO, AUGUST SANDER, OLIVER SIEBER, HITOSHI TSUKIJI, ALBRECHT TÜBKE, FLORIAN VAN ROEKEL, STEPHEN WADDELL

Dal 25 gennaio al 3 marzo – Mast Gallery Foyer – Bologna

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GIANNI BERENGO GARDINCOME IN UNO SPECCHIO

Inaugura l’11 febbraio alle 18.30 a Forma Meravigli, Milano, la mostra di Gianni Berengo Gardin “Come in uno specchio. Fotografie con testi d’autore”, un progetto espositivo prodotto da Contrasto in collaborazione con Fondazione Forma per la Fotografia. Un omaggio a Gianni Berengo Gardin che viene proposto nella sua città d’adozione, Milano, nell’anno del suo novantesimo compleanno.

Accompagna l’esposizione il volume “Vera fotografia” edito da Contrasto – Official Fan Page.

12 febbraio – 5 aprile 2020 – FORMA MERAVIGLI – Milano

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PhotoAnsa 2019

Si trasforma in progetto espositivo il volume fotografico PhotoAnsa che raccoglie le immagini più significative dell’anno dei grandi fatti di attualità in Italia e nel mondo, realizzate dai fotografi della principale agenzia stampa del nostro Paese.

Oltre cento le immagini in mostra al Forte di Bard dall’8 febbraio al 7 giugno 2020 suddivise in dodici sezioni tematiche che toccano moltissimi temi: le tragedie dei migranti, le campagne di sensibilizzazione dei giovani di tutto il mondo in piazza con la giovane attivista Greta Thunberg contro il cambiamento climatico, la città di Genova un anno dopo il disastro del ponte Morandi, il rogo della cattedrale di Notre-Dame a Parigi, l’odissea delle famiglie al confine messicano davanti al grande muro di Trump, il nuovo Parlamento europeo, Parigi sotto assedio per le proteste dei gilet gialli.
In mostra trovano spazio anche le grandi imprese sportive dell’anno che si è appena concluso: la travolgente nazionale femminile di calcio, la nuotatrice dei record Federica Pellegrini e il boom degli eSports.

Il progetto – inedito ed in anteprima assoluta per l’Italia – è frutto di una collaborazione tra Agenzia Ansa e Forte di Bard.

8 Febbraio 2020 – 7 Giugno 2020 – Forte di Bard – Aosta

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+D1 – Ritratti corali – Marina Alessi

Un ritratto (fotografico) è fatto di tante ‘p’: posa, psicologia, pazienza, professione e professionalità, protagonisti, punctum… È il risultato dell’attimo in cui si consuma una performance che contiene una discreta varietà di emozioni e di sfaccettature prismatiche, riflesso della personalità degli attori: davanti e dietro l’obiettivo. C’è anche chi lo paragona a un passo di danza, quando i soggetti sono due, presupponendo l’abbraccio, l’armonia, il trasporto e la complicità. Per Roland Barthes è un campo chiuso di forze. Il noto critico e semiologo francese ne parla in uno dei suoi saggi più noti, La camera chiara. Nota sulla fotografia (1980). “Quattro immaginari vi s’incontrano, vi si affrontano, vi si deformano. Davanti all’obbiettivo, io sono contemporaneamente: quello che io credo di essere, quello che vorrei si creda io sia, quello che il fotografo crede io sia, e quello di cui egli si serve per far mostra della sua arte”. Parole che sono la sintesi eloquente di come la fotografia debba essere sempre considerata la traccia visibile della soggettività di uno sguardo. Per Marina Alessi quello sguardo traduce innegabilmente una scelta professionale che risale alla fine degli anni Ottanta, in cui si è delineato sempre più chiaramente l’orientamento di ricerca nell’ambito autoriale. Ideale proseguimento della performance fotografica della Black Room, realizzata al MACRO Asilo di Roma nel novembre 2019, con Legàmi e il precedente Legàmi al femminile, il progetto +D1 – Ritratti corali entra nello spazio della Galleria Gallerati con una nuova serie di ritratti fotografici che va a implementare un repertorio che contempla donne, uomini, coppie, famiglie (con o senza bambini e animali domestici), generazioni a confronto. La fotografa ha ritratto Daniele Di Gennaro con Luca Briasco della casa editrice Minimun Fax, Mario Tronco con tre musicisti dell’Orchestra di piazza Vittorio, Chicco Testa con Marco Tardelli e, tra i numerosi altri, Emiliano Ponzi con Stefano Cipolla e Sonia (Zhou Fenxia) con la sua famiglia. Volti e corpi che attraverso il body language – si sfiorano, si abbracciano, si baciano – si fanno portavoce di storie personali che sconfinano nelle dinamiche psicologiche e sociali, restituendo al contempo il riflesso di un’idea (o di un ideale) che in parte è anche la traduzione di un dato reale. Ansie, trepidazioni, insicurezze, ma anche felicità, amore, condivisione, unione… in questi ritratti leggiamo stati d’animo, emozioni più o meno sfuggenti come raggi proiettati oltre una distanza di grandezze omogenee. È presente, naturalmente, anche la complicità nell’interazione della fotografa con il suo occhio intransigente e rigoroso, ma in fondo anche un po’ indulgente. “Ho sempre fotografato persone. Alla fine dei miei studi, per l’esame finale allo IED avevo fatto dei ritratti di una coppia di amici”, afferma Marina Alessi. “Mi piace la complicità che si crea con le persone che ritraggo e questa maniera di entrare in punta di piedi nel sentimento, nel legame. Soprattutto quando si tratta di ritratti di gruppo – famiglie con figli – ragiono molto in libertà. Non c’è la finzione della messa in posa. Anche per questo i miei ritratti rimangono classici, non di maniera: ritratti di cuore”. Cercare il punto d’incontro vuol dire mettersi in gioco, sia per i soggetti che per l’autrice. L’imprevisto è altrettanto importante, perché il momento – l’incontro – non è mai lo stesso. Può anche capitare che le persone recitino un ruolo, interpreti di un’idea di sé. In questi casi, pur nella consapevolezza delle strategie che sono in atto, la fotografa asseconda la volontà altrui. Inizia a fotografare e via via prova a lasciarsi andare in una direzione che chiama “dimensione di rotondità, di equilibrio geometrico e anche affettivo”. Quello di Alessi non è il tradizionale affanno nel cogliere illusoriamente ‘l’anima’ del soggetto che è di fronte a lei e al suo apparecchio fotografico, piuttosto a intercettare il suo sguardo è il momento che, come un’alchimia, sintetizza l’essenza dell’incontro tra gli esseri umani. Decisiva è la scelta di utilizzare un fondale neutro dove la presenza (o l’assenza) della gestualità pone gli attori su un unico piano. “L’incontro è un luogo neutro per tutti. Usciamo dalla messinscena e dal mostrare”. Diversamente dalla costruzione del ritratto di famiglia di cui parla anche Annie Ernaux nel romanzo Gli anni (2008), in cui la descrizione della foto che “inscrive la ‘famigliola’ all’interno di una stabilità di cui lei (quella ‘lei’ è la scrittrice stessa, immersa nel flusso di ricordi) ha predisposto la prova rassicurante a uso e consumo dei nonni che ne hanno ricevuto una copia”, il fondale a cui ricorre Marina Alessi, oltre a evitare distrazioni, riconduce l’immagine all’interno di confini atemporali in cui la sospensione è enfatizzata dall’utilizzo del linguaggio del bianco e nero. Eppure, alla dilatazione temporale prodotta dall’oggetto-ritratto fotografico corrisponde la necessità di tempi di lavoro piuttosto veloci, soprattutto quando l’azione è performante e la tensione del momento incalzante. Un procedimento che la fotografa ha affinato nel tempo, attraverso l’esperienza quasi decennale dei ritratti fotografici degli scrittori e dei personaggi del mondo della cultura e dello spettacolo realizzati per Vanity Fair al Festivaletteratura di Mantova con la fotocamera Polaroid Giant Camera 50×60 e con la Linhof Technika con le lastrine 4×5. Marina Alessi porta fuori la sua ‘scatola vuota’ (ovvero lo studio), munita della fotocamera, del cavalletto, del fondale e del bank (o soft box) che garantisce una diffusione omogenea della luce e restituisce maggiore dettaglio al soggetto, pur conservando la qualità luminosa di morbidezza. È lì, in quella zona neutra, che avviene l’incontro. In fondo, come diceva Irving Penn, “fotografare una persona è avere una storia d’amore, per quanto breve”. (Manuela De Leonardis)

12 marzo – 9 aprile 2020 – Galleria Gallerati – Roma

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SEGNI E SOGNI D’ALPEPassione, orgoglio e resilienza – Marco Mazzoleni

“Segni e Sogni d’alpe. Passione, orgoglio e resilienza” è la mostra fotografica, promossa dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Bergamo che, da venerdì 21 febbraio fino a domenica 17 maggio 2020 ad ingresso libero, racconterà la montagna e la ricchezza del patrimonio gastronomico orobico attraverso l’obiettivo di Marco Mazzoleni nella splendida cornice della Sala delle Capriate di Palazzo della Ragione in Città Alta di Bergamo.   

In occasione del riconoscimento di Bergamo a Città Creativa per la Gastronomia – Unesco”, la rete creata nel 2004 dall’organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura con lo scopo di promuovere la cooperazione tra le località che hanno identificato la creatività come elemento strategico per lo sviluppo urbano sostenibile, la mostra “Segni e Sogni d’alpe. Passione, orgoglio e resilienza” si focalizza sull’attenzione e sulla cura della realtà orobica di conservare e tramandare le tradizioni alle nuove generazioni in modo spontaneo e in maniera rispettosa verso l’ambiente attraverso una selezione straordinaria di 70 foto che parla di paesaggio, cultura gastronomica, tipicità ed eccellenze del nostro territorio (Orobie bergamasche, lecchesi e valtellinesi) e dialoga con il tema del disegno storicizzato del paesaggio. I territori ricchi di storia uniscono l’elevata biodiversità a una produzione agraria di qualità maturata da antiche tradizioni e da un equilibrio tra intervento dell’uomo e natura che conferisce ai luoghi una bellezza fatta di piccoli segni che cambiano al cambiare delle stagioni.

Cercare, trovare e interpretare questi segni aiuta a comprendere la storia, l’eleganza e la fragilità di un territorio che pur mantenendo un occhio al passato è rivolto al futuro per definire nuovi orizzonti e produrre innovazione e opportunità.

Il progetto vede il coinvolgimento di tre autori d’eccezione che hanno contribuito con i loro contenuti a sostenere la ricerca fotografica di Marco Mazzoleni: Roberto Mantovani (giornalista e storico dell’alpinismo), Prof. Renato Ferlinghetti (Professore di Geografia dell’Università degli studi di Bergamo) e Francesco Quarna (speaker di Radio Deejay, appassionato di alpinismo).

La mostra verrà presentata alla stampa giovedì 20 febbraio 2020 alle ore 11 presso la Sala della Capriate di Palazzo della Ragione di Città Alta di Bergamo.

21 febbraio – 17 maggio 2020 – PALAZZO DELLA RAGIONE – SALA DELLE CAPRIATE BERGAMO

Mostre di fotografia da non perdere a novembre

Ciao a tutti,

anche questo mese l’appuntamento con le mostre è quanto mai ricco.

E non dimenticate di dare un’occhiata alla nostra pagina dedicata, sempre aggiornata.

Anna

MIMMO JODICE | OPEN CITY/OPEN WORK

‘Il mio mestiere non è fotografare. Il mio mestiere è vedere.’ Mimmo Jodice

Vistamarestudio è lieta di presentare Mimmo Jodice: Open City/ Open Work, a cura di Douglas Fogle, la prima personale dell’artista in galleria a Milano.

La mostra traccia un collegamento fra i primi esperimenti di Mimmo Jodice con la fotografia negli anni ’60 e le prime incursioni nella sua Napoli.

‘Mimmo Jodice crea ciò che comunemente viene chiamata fotografia. Ma lo si può davvero considerare un fotografo? Forse sarebbe meglio definirlo un visionario che utilizza la macchina fotografica nella sua esplorazione del mondo. Jodice ha trascorso buona parte degli ultimi sessant’anni utilizzando la macchina fotografica per guardare il mondo da molteplici e diverse prospettive. I suoi primissimi esperimenti risalgono agli anni Sessanta e rivelano un’attrazione rivoluzionaria per l’aspetto materico della fotografia – le proprietà quasi alchemiche della carta fotografica, le soluzioni reagenti, l’ingranditore e tutta l’attrezzatura della camera oscura. Infatti, le sue prime immagini non sono altro che sperimentazioni, volte a creare quello che, nel 1962, Umberto Eco definì “Opera aperta”, piuttosto che convenzionali riproduzioni documentaristiche del mondo.

Questa loro apertura, sia formale sia contenutistica, permette molteplici interpretazioni e lascia spazio a una poetica sperimentale d’avanguardia e, al tempo stesso, inaspettatamente umana. Mimmo Jodice: Open City/Open Work traccia un collegamento fra i primi esperimenti con la fotografia – i paesaggi architettonici strappati e ricomposti – e il primo tentativo di Jodice di “guardare” Napoli, la sua città natale, nella serie Teatralità quotidiana a Napoli, dell’inizio degli anni Settanta. Queste fotografie si avvicinano all’antropologia – immagini di feste popolari, manicomi, fabbriche, ecc.- per poi virare e aprirsi verso una poetica fatta di architetture e delle persone che vi abitano. Forma e contenuto si legano e si intrecciano nello sguardo di Jodice sulla città come organismo vivente e vitale, dagli angoli e i materiali più svariati: poesia visiva della vita di ogni giorno.’
Douglas Fogle

9 SETTEMBRE – 9 NOVEMBRE 2019 – Vistamarestudio – Milano

Le mostre di Photolux

L’edizione 2019 del famoso festival internazionale di fotografia, quest’anno a tema Mondi e che ogni due anni si tiene a Lucca, si preannuncia più ricca che mai.

Tra le innumerevoli mostre distribuite nelle varie location della città, ve ne segnaliamo alcune, ma date un occhiata all’intero programma, perchè ne vale davvero la pena.

2:56 am |To The Moon And Back

VP AGNEW AND LYNDON JOHNSON FOLLOWING LIFTOFF

Abbas | The Iranian Revolution 1979

IRAN: TEHRAN January 25, 1979. After a demonstration at the Amjadiyeh Stadium in support of te Constitution and of Shapour BAKHTIAR, who was appointed Prime Minister by the Shah before the left the country, a woman, believed to be a supporter of the Shah is mobbed by a revolutionary crowd. See also ABA1979006W00011/05AR

Magnum Revolution

CZECHOSLOVAKIA. Prague. August 1968. Warsaw Pact troops invasion.

Davide Monteleone – The April Theses

Sassnitz, Germany – November 2016. From here Lenin embarked on a ferry to reach Sweden. The ferry to Trolleborg, iLENIN#4. *** GENERAL CAPTION: In March 1917 Vladimir Ilych Ulyanov (LENIN) was leaving exiled and in poverty in Zurich. Within eight months he assumed the leadership on 16000000 people occupying one sixth of inhabited surface of the world. On April 9th 1917, with the support of German authorities, at that time in war with Russia, he travelled back to his own country on a train across Germany, Sweden and Finland to reach Finland Station in St. Petersburg on April 17th where he started the first step to Soviet Power. 100 year later I recreated and reacted on a real non-invented trip Lenin’s epic journey, on the base of archival documents and historical books including “To Finland Station” by Edmund Wilson and “The sealed train” by Michael Pearson. ***ALL THE PICTURES OF THIS PROJECT REFERS TO HISTORICAL EVENTS HAPPENED 100 YEARS AGO BUT I TOOK THE LIBERTY TO INTERVENE ON SOME OF THE PICTURES DIGITALLY AND ANALOGICALLY TO BETTER REPRESENT THE HISTORICAL FACT AND MY PERSONAL PHOTOGRAPHIC VISION.

Joan Fontcuberta | Gossan: Mars Mission

Dal 16 novembre all’8 dicembre – Lucca – Sedi varie

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VIVIAN MAIER. A COLORI

Senza dubbio, Vivian Maier può essere
considerata una delle prime poetesse della
contemporanea fotografia a colori. Joel Meyerowitz

A partire dal 24 ottobre 2019 arriva a Forma Meravigli, Milano, la mostra Vivian Maier. A colori a cura di Alessandra Mauro, realizzata in collaborazione con la Howard Greenberg Gallery di New York. Resterà aperta fino al 19 gennaio 2020. Forma Meravigli è una iniziativa di Fondazione Forma per la Fotografia in collaborazione con la Camera di Commercio di Milano e Contrasto.

Per la prima volta in mostra un’inedita selezione di scatti a colori della ormai celeberrima “tata fotografa”, molti dei quali mai esposti al pubblico, che raccontano il quotidiano americano tra gli anni Cinquanta e la metà dei Settanta. L’ironia, il calore umano, il paesaggio urbano, i ritratti, i bambini: Maier ha il dono di essere l’obiettivo invisibile per le strade di Chicago e New York, componendo un racconto che ha il carattere di una rivelazione.

Accompagna l’esposizione un libro pubblicato da Contrasto.

24 ottobre 2019 – 19 gennaio 2020 – Forma Meravigli – Milano

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Life’s a Beach” Martin Parr

Domenica 27 ottobre 2019 alle 12 sarà inaugurata presso il Civico Museo Revoltella l’imperdibile mostra Life’s a Beach di Martin Parr, promossa dal Comune di Trieste in collaborazione con il festival Trieste Photo Days 2019 e Magnum Photos. Martin Parr in persona sarà presente all’inaugurazione, subito dopo l’incontro con il pubblico che terrà alle 11 presso l’Auditorium del Museo.

Sul suolo del Regno Unito è impossibile trovarsi a più di 120 chilometri di distanza dal mare. Con un tale sviluppo costiero, non sorprende il fatto che in Gran Bretagna le foto in spiaggia rappresentino una tradizione ben radicata. Sulle spiagge britanniche le persone si rilassano, si sentono sé stesse e fanno sfoggio di tutti quei segnali del comportamento vagamente eccentrico che viene associato agli abitanti di quel paese. Se negli Stati Uniti vi è una tradizione consolidata di street photography, nel Regno Unito c’è… la spiaggia.
Da diversi decenni le fotografie di Martin Parr documentano tutti gli aspetti di questa tradizione, con primi piani di bagnanti intenti a prendere la tintarella, ma anche immagini che raccontano i tuffi in mare o l’immancabile picnic.
La carriera internazionale di Parr è stata lanciata dal suo noto libro del 1986, The Last Resort (titolo che suona più o meno come “l’ultima spiaggia”), che ritraeva la decadenza delle spiagge di New Brighton, località turistica vicino a Liverpool. Tuttavia, meno noto è il fatto che la sua ossessione si sia estesa al resto del mondo. In questa nuova collezione troviamo fotografie scattate anche in paesi lontani quali Cina, Argentina e Tailandia. Pubblicato nel 2012 in occasione di una mostra presentata per la prima volta al Lyon Photo Festival, questo libro dimostra l’impegno di Parr nei confronti del suo soggetto preferito, in cui le assurdità e bizzarrie dei comportamenti nazional-popolari si fondono perfettamente. Ci diletteremo nel vedere come i vari paesi dell’America Latina presentino un senso della moda da spiaggia completamente differente, dai costumi succinti del Brasile alle riserve naturali del Messico, fino al momento dell’infuso chiamato “mate” che si beve in Uruguay.
Non poteva mancare l’aspetto commerciale, dal momento che la spiaggia è da sempre uno dei luoghi dove si può trovare in vendita praticamente qualsiasi cosa, dai servizi di un “pulitore di orecchie” a Goa, India, al pesce grigliato in Cile, ma anche gli spaghetti precotti in Cina. In questo libro Parr dà il meglio di sé, confermando i cliché, sorprendendoci con immagini che catturano istanti di assurdità, ma sempre traendo godimento dai rituali e dalle tradizioni che si associano alla vita da spiaggia in giro per il mondo.

Dal 27 ottobre 2019 al 6 gennaio 2020 – Museo Revoltella – Trieste

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#DRAFT #RUSSIA – Dmitry MARKOV

La VisionQuesT 4rosso è lieta di iniziare la stagione 2019-2020 presentando per la prima volta in Italia #DRAFT #RUSSIA di Dmitry MARKOV a cura di Nicolas Havette.

Markov nasce nel 1982 a Pušhkin, una piccola città nella giurisdizione di San Pietroburgo, è fotografo, assistente sociale, giornalista, e ha lavorato come volontario e tutore nella regione di Pskov in un collegio per bambini mentalmente disabili e nel villaggio per bambini Fedkovo.

La fotografia arriva tardi nella sua vita ma da allora è diventata un partner, una compagna quotidiana, un punto di riferimento in tutta la sua vita fatta di alti e bassi.

Le oltre trenta immagini in mostra sono la continua documentazione di Markov della vita quotidiana nella provincia russa attraverso la quale egli intreccia una narrazione di vulnerabilità umana, dipendenza, candore e pathos. Dmitry lancia il suo flusso costante di immagini usando, come specchio, le popolazioni sottorappresentate in Russia.

Markov usa consapevolmente la fotografia sicuramente non solo come testimonianza, ma anche per se stesso. Con un’onestà a volte disarmante, condivide con noi le sue contraddizioni e le sue debolezze. Osserva il mondo, cercando di trovare il proprio posto e con la forza delle sue immagini riesce a farci conoscere la sua vita. Le persone che fotografa diventano immediatamente parte della sua storia, della sua famiglia.

Osserva come osserva se stesso, senza condiscendenza e senza giudizio morale. Documenta la sua vita come figlio del suo tempo e condivide su Instagram tutte le immagini scattate con lo smartphone. Solo un uomo solo può, con le sue affascinanti immagini quotidiane creare un autoritratto così a lungo termine, cercando se stesso attraverso la presenza degli altri L’apertura e la mancanza di moralismo su un argomento cosi complicato – la vita delle persone che, per vari motivi, si sono trovate dall’altra parte, quelle che di solito vengono chiamate marginali -, è ammirevole. Questo progetto proviene da lì, dal passato collettivo della Russia con le sue gioie e i suoi problemi comuni.

8 ottobre 2019 – 30 novembre 2019 – VisionQuesT 4rosso – Genova

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Tommaso Bonaventura. 100 marchi – Berlino 2019

Mercoledì 30 ottobre apre al pubblico nella Project Room di CAMERA la mostra “Tommaso Bonaventura. 100 marchi – Berlino 2019”, un progetto artistico del fotografo Tommaso Bonaventura, sviluppato in collaborazione con la curatrice Elisa Del Prete, in occasione dei 30 anni dalla caduta del muro di Berlino (9 novembre 1989).

La mostra propone il racconto del Begrüssungsgeld, il denaro di benvenuto che dal 1970 al dicembre 1989 i cittadini della DDR ricevevano quando entravano nella Germania Ovest per la prima volta. Questa vicenda offre un pretesto per interrogarsi su un grande cambiamento epocale a partire da un punto di osservazione che privilegia le storie private e familiari, restituendole attraverso un duplice racconto: fotografico e video.

La mostra è frutto di una collaborazione tra diverse istituzioni e si articola in più sedi: a Torino, a CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia e al Museo del Risparmio, a Trento, nella sede Le Gallerie della Fondazione Museo storico del Trentino e a San Vito al Tagliamento nella chiesa di San Lorenzo grazie alla collaborazione con il CRAF – Centro Ricerca e Archiviazione della Fotografia.

Il catalogo è stato realizzato grazie al sostegno dell’Archivio Storico Istituto Luce.

30 ottobre – 6 gennaio 2020 | Project Room – CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia, Torino

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Anna Brenna – Secondo Capitolo

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“Secondo capitolo è un progetto che sto seguendo da qualche anno e che mi ha consentito di conoscere persone meravigliose. Persone provenienti da altre nazioni, che hanno scelto più o meno consapevolmente, di vivere in Italia.

Ho scelto di cominciare a raccontare le storie di queste persone circa due anni fa, momento in cui l’emergenza migranti sembrava aver raggiunto il culmine. Le notizie delle migliaia di morti nel Mediterraneo entravano con la forza di una sofferenza pervasiva nel mio quotidiano “quieto vivere”, un vero pugno nello stomaco. Ovunque anche molto lontano dai punti di ingresso dei migranti nel nostro Paese, venivano creati dei campi di accoglienza ed improvvisate soluzioni per ospitare questa gente in fuga. In fuga dalle guerre, da conflitti etnici, persecuzioni o mancato riconoscimento di diritti essenziali, in cerca di un futuro.

 Mi piace pensare al futuro in termini di miglioramento, di civiltà e di opportunità. Da qui la decisione di rappresentare storie positive, a testimonianza di una possibilità concretamente realizzata, e la scelta di mostrare queste persone nei loro luoghi di lavoro o nello svolgimento delle attività di cui si occupano.

Akolé, Arsène, Edda, Edo, Florentin, Gentiana, Imad, Kossi, Léon, Momo, Paul, Sun An Chi e Vicky sono originari di diverse parti del mondo, ma stanno scrivendo il secondo capitolo della loro vita in Italia. Qualcuno ci è arrivato per scelta, qualcun altro per pura casualità, qualcuno da clandestino, qualcun altro con sistemi meno rischiosi. Ma tutti loro hanno deciso di restare, ritagliandosi un proprio spazio e ognuno a modo suo sta contribuendo a far crescere e rendere migliore il nostro paese, scrivendo il secondo capitolo della propria vita in Italia.

 La forza positiva di queste immagini vuole sovrapporsi al pregiudizio e alla pigra consuetudine, cieca davanti al valore silenzioso delle persone di buona volontà.” Anna Brenna

Dal 14 novembre all’8 dicembre 2019 – Museo Plessi – Brennero

Peter Hujar – Speed of Life

The life and art of Peter Hujar (1934–1987) were rooted in downtown New York. Private by nature, combative in manner, well-read, and widely connected, Hujar inhabited a world of avant-garde dance, music, art, and drag performance. His mature career paralleled the public unfolding of gay life between the Stonewall uprising in 1969 and the AIDS crisis of the 1980s.

In his loft studio in the East Village, Hujar focused on those who followed their creative instincts and shunned mainstream success. He made, in his words, “uncomplicated, direct photographs of complicated and difficult subjects,” immortalizing moments, individuals, and subcultures passing at the speed of life.

From 15 October 2019 until 19 January 2020 – Jeu de Paume, Paris
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TRA CIELO E TERRA. Il paesaggio lombardo attraverso gli occhi dei santi

Grazie alle 2.921 fotografie raccolte nel corso del progetto di fotografia partecipata Tra cielo e terra, promosso dal Museo di Fotografia Contemporanea, la mostra presenta un variegato spaccato del paesaggio contemporaneo, da scorci urbani a panorami da cartolina. Lo sguardo, immutato forse anche da secoli, è quello dei santi che dimorano nelle edicole votive, mentre lo scenario che si presenta loro di fronte è mutevole: alcuni di essi hanno ancora oggi come orizzonte campagne estese, fiumi e colline, altri si trovano invece a sorvegliare rotonde, parcheggi o cantieri.

Avviato nella primavera 2019, il progetto Tra cielo e terra – dell’artista Claudio Beorchia (Vercelli, 1979), ideato e curato da Matteo Balduzzi – ha invitato tutti gli abitanti della Lombardia a osservare e fotografare il paesaggio dal punto di vista dei santi che sui quei territori vigilano da tempo. Grazie all’attivazione di 9 poli culturali che hanno consentito di raggiungere in maniera capillare l’intero territorio regionale, oltre 200 persone hanno risposto caricando sulla piattaforma ideata e gestita da Fondazione Rete Civica di Milano (tracieloeterra.opendcn.org) le fotografie delle rispettive città o dei luoghi che hanno visitato tra fine maggio e i primi di settembre.

Oggi quasi 3 mila coppie di immagini – i santi e le viste che hanno di fronte – assumono la forma di una mostra e di un libro che saranno presentati con una serata di festa al Museo di Fotografia Contemporanea proprio il giorno di Ognissanti, venerdì 1 novembre dalle 16.30.

Si ringraziano per la collaborazione: Accademia di Belle Arti “G. Carrara” di Bergamo; Casa Museo Cerveno (BS); Ecomuseo della Postumia (MN); Ecomuseo della Prima Collina (PV); Ecomuseo di Valle Trompia (BS); EUMM – Ecomuseo Urbano Metropolitano Milano Nord; MUMI – Ecomuseo Milano Sud; Museo Diocesano di Arte Sacra di Lodi; Museo Ma*GA di Gallarate (VA); il Consorzio Brianteo Villa Greppi.

Il progetto, sostenuto da Fondazione Cariplo, è stato realizzato in collaborazione con AESS – Archivio di Etnografia e Storia Sociale e Fondazione Ente dello Spettacolo.

2 novembre 2019 – 1 marzo 2020 Museo di Fotografia Contemporanea – Cinisello Balsamo (MI)

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ALESSANDRA CALO’ – SECRET GARDEN

studiofaganel presenta Secret Garden di Alessandra Calò, un progetto che mette in relazione la fotografia e la letteratura. 

Secret Garden è un’installazione di una serie di scatole nere in cui, all’interno sono collocate antiche lastre negative, raffiguranti ritratti femminili, e piccoli giardini.

Alcune scrittrici contemporanee sono state invitate dall’artista a confrontarsi con una lastra fotografica, con l’immagine di una donna sconosciuta, anonima, e a inventare un racconto che ne immaginasse e tracciasse l’identità. 

L’unica indicazione data dall’artista era di sviluppare una narrazione in prima persona, nella forma di un diario che, pertanto, risulta unico ed estremamente attuale per la diversa provenienza, formazione, espressione artistica delle autrici. 

L’immagine, di ognuna di queste donne, delineata nella lastra negativa, trasparente, è arricchita dalle ombre del piccolo giardino retrostante che definisce e fa percepire la reale tridimensionalità della scatola. 

Secret Garden è la metafora di un paesaggio interiore, un giardino segreto, che si nasconde a prima vista ma che può essere scoperto da chi è capace di andare oltre l’apparenza. 

Il progetto viaggia su un doppio binario temporale, poiché le protagoniste sono donne che arrivano dal passato, ri-immaginate nel presente. Ma attraverso queste esistenze frammentarie intende stimolare una riflessione anche su un percorso futuro, da intraprendere o meglio rimarcare, e che coinvolge tutte le donne, verso una maggiore indipendenza ed emancipazione.

A Gorizia presso la galleria studiofaganel sarà esposto per la prima volta un giardino segreto che vede la collaborazione di Alessandra Calò con l’attrice e autrice di teatro Marta Cuscunà. Il giardino di Marta e Alessandra si ispira alla storia di un personaggio realmente vissuto, una donna della resistenza partigiana isontina di nome Ribella Fontanot. 

Secret Garden è diventato anche un libro in edizione limitata, pubblicato da Danilo Montanari, con un testo di introduzione di Erik Kessels, che sarà disponibile presso la galleria. 

11 ottobre – 29 novembre 2019 – Galleria Studiofaganel – Gorizia

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WILDLIFE PHOTOGRAPHER OF THE YEAR 2019

Il Wildlife Photographer of the Year, la mostra di fotografie naturalistiche più prestigiosa al mondo, va in scena anche quest’anno a Milano nei suggestivi spazi della Fondazione Luciana Matalon in Foro Buonaparte 67, dal 4 ottobre al 22 dicembre 2019.

Organizzato dall’Associazione culturale Radicediunopercento di Roberto Di Leo, l’evento è sempre attesissimo e presenta le 100 immagini premiate alla 54a edizione del concorso di fotografia indetto dal Natural History Museum di Londra.

Arrivati da 95 paesi, in competizione 45.000 scatti realizzati da fotografi professionisti e non, che sono stati selezionati, alla fine dello scorso anno, da una giuria internazionale di esperti, in base a creatività, valore artistico e complessità tecnica.

Da ammirare le foto finaliste e vincitrici delle 17 categorie del premio che ritraggono animali rari nel loro habitat, comportamenti insoliti e immagini di sorprendente introspezione psicologica, un incredibile esperienza visiva, composizioni e colori che trafiggono gli occhi da un remoto angolo del deserto, dagli abissi del mare o dall’intricato verde della giungla.

4 OTTOBRE / 22 DICEMBRE – Fondazione Luciana Matalon – Milano

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Dialoghi – Joan Fontcuberta e Paolo Gioli

La Galleria del Cembalo propone dal 25 ottobre 2019 al 18 gennaio 2020 la mostra Dialoghi – Joan Fontcuberta e Paolo Gioli nella quale, per la prima volta, le opere dei due artisti vengono poste in relazione fra loro.

Paolo Gioli (Sarzano, Rovigo, 1942) e Joan Fontcuberta (Barcellona, 1955) sono artisti che da sempre condividono un approccio sperimentale all’indagine della natura e della storia dell’immagine fotografica. Adottando procedure e tecniche diverse, entrambi mettono in discussione la concezione convenzionale della fotografia, approccio che li porta alla realizzazione di opere dai contenuti concettuali profondi e dall’innovativa qualità estetica. In questa mostra, di cui è anche curatore, Joan Fontcuberta desidera rendere omaggio a Paolo Gioli, stabilendo legami tra i rispettivi processi creativi al fine di consentire al visitatore la lettura di uno stimolante dialogo.
Il percorso espositivo, sviluppato in tre ampie sale, è concepito in modo da consentire il confronto ravvicinato tra produzioni analoghe per assonanza concettuale, metodo, e in alcuni casi, per coincidenza del soggetto.
La prima sala si apre con l’omaggio a due opere emblematiche della Storia dell’Arte che vengono riproposte dal fotografo catalano nella forma di mosaico digitale ‘Googlegram’: View from a Window di Nicéphore Nièpce (1816) e L’origine du monde di Gustave Courbet (1866). Accanto ad esse, sempre in omaggio a Nièpce, vengono presentate alcune polaroid di Gioli trasferite su carta da disegno della “finestra” di Les Gras, mentre in relazione all’opera di Courbetsono proposte tre Autoanatomie di analogo contenuto.
Nelle sale successive il gioco di relazioni fra i due artisti prosegue con opere tratte dalle serie Herbarium, Trauma, Deletrix di Fontcuberta confrontate con Lastre, XSconosciuti e Vessazioni di Gioli. Per entrambi gli artisti, si tratta di opere dedicate, nell’ordine, a elementi del mondo vegetale, all’utilizzo e alla rivitalizzazione di vecchie immagini fotografiche, al tema della cancellazione e all’autoritratto. In mostra sono proposti anche alcuni noti video dei due artisti.

dal 25 ottobre 2019 al 18 gennaio 2020 – Galleria del Cembalo – Roma

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JEFF MERMELSTEIN: HARDENED

Lancio del libro e mostra, prima mondiale

Un mondo di nevrosi quotidiane, piccole catastrofi, panico, fascino, goffaggine, rivelazioni, orgoglio perduto, finta spavalderia, irritante narcisismo e inaspettata benevolenza. In una cultura in cui tutto sembra esistere solo allo scopo di essere tradotto in immagini, è confortante e allo stesso tempo terribile vedere come questo mondo appare quando non sa di essere fotografato – o perlomeno, com’è nello sguardo di Jeff Mermelstein.
– David Campany, da HARDENED

Jeff Mermelstein vive a New York ed è un’icona della street photography.
Dopo una lunga carriera di successo con la mitica Leica, negli ultimi anni Mermelstein ha scattato solo con il telefono cellulare (che dichiara abbia consentito una “reinvenzione dello snapshot, una vera svolta”), postando poi le immagini sul suo profilo Instagram.

HARDENED, pubblicato dalla casa editrice britannica Mörel Books sarà lanciato da Micamera in anteprima mondiale il 25 ottobre 2019. Il volume raccoglie 305 immagini scelte e messe in sequenza dal curatore, scrittore e artista David Campany, che le ha selezionate da un corpus di lavoro di oltre 700 fotografie scattate in due anni.

Il libro è una rappresentazione travolgente, piena e cruda della condizione umana, con sullo sfondo le strade di New York. Mermelstein è un voyeur con un sorprendente senso dell’umorismo, capace di cogliere lo straordinario e la bellezza nel banale e il quotidiano.

Grazie alla riflessione intrinseca sulla facilità e superficialità delle connessioni con i social media, HARDENED è un libro di svolta, che mostra il lavoro di un fotografo-antropologo nella nostra era digitalizzata.

Il lancio del libro sarà accompagnato da un’installazione di tutte le 305 fotografie sulle pareti della galleria.
Jeff Mermelstein sarà presente all’inaugurazione venerdì 25 ottobre e firmerà le copie del libro. 

25 ottobre – 23 novembre, 2019 – Micamera, Milano

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Paolo Novelli – Vita brevis, Ars longa

In occasione della XIII edizione del Festival “Il Rumore del Lutto”, dedicato quest’anno al tema Passaggi, Antica Farmacia + presenta il progetto “Vita brevis, Ars longa” del fotografo di ricerca Paolo Novelli (Italia, 1976), con inaugurazione sabato 26 Ottobre alle ore 19.
La mostra, a cura di Chiara Canali, presenta negli spazi cinquecenteschi dell’Antica Farmacia di San Filippo Neri una selezione di dieci scatti tratti dal progetto Vita brevis, Ars longa (2002), una singolare ricognizione visiva di Paolo Novelli all’interno dei camposanti monumentali di mezza Italia, da Venezia a Genova, da Milano a Roma.
Un progetto che va oltre la semplice documentazione delle sculture, per proporre immagini in cui le opere perdono la loro natura marmorea per assumere intensità ed espressioni incredibilmente vivide e reali. L’intento è quello di “umanizzare” le statue, portando alla luce i moti espressivi dell’anima attraverso un gioco di contrasti chiaroscurali che incide le masse plastiche e rende i volti estremamente icastici e penetranti.

Lo stesso utilizzo dello stile sfocato trasforma l’immagine in un ritratto dai chiari connotati pittorici, che confonde i confini tra i vari medium e rimanda alla vera natura del linguaggio fotografico, che è quello di essere una “scrittura con la luce”.
Questo significa, per il fotografo, acquisire la consapevolezza del ruolo della luce, che è in grado di restituire enfasi emotiva a chi guarda le immagini. Paolo Novelli ha atteso con pazienza, in luoghi semibui, la luce naturale sufficiente ad ottenere i contrasti necessari ad uno sguardo eloquente e profondamente partecipato.

L’esposizione, attraverso ritratti di forte impatto, richiama l’attenzione verso lo stato di abbandono e di degrado, presente in molti camposanti italiani, di questo prezioso patrimonio artistico, vittima dei tabù più sterili della contemporaneità dovuti alla sua collocazione: il camposanto.
Paolo Novelli opera dal 1997 attenendosi rigorosamente alla ripresa analogica in bianco e nero e alla stampa a mano su pellicola, senza uso di flash o filtri.
Il suo percorso artistico affronta una fotografia essenziale, senza tempo e senza luogo, sintetizzata, non a caso, da Giovanni Gastel come “fotografia della solitudine”.
Il progetto all’Antica Farmacia + di Parma si sviluppa in concomitanza con l’importante esposizione di Paolo Novelli “La Fotografia come differenza”, in corso alla Triennale Milano fino al 3 novembre 2019; una selezione di 40 scatti appartenenti a cinque progetti del fotografo e si concentra sul periodo 2002-2013 con l’intento di evidenziare la nascita e il consolidamento dello stile personale di Novelli.

ANTICA FARMACIA + – Parma – 26 Ottobre – 10 Novembre 2019

TECNOSFERA: L’UOMO E IL COSTRUIRE – FOTO / INDUSTRIA 2019

L’unica Biennale al mondo dedicata alla fotografia dell’Industria e del Lavoro propone al pubblico per questa edizione 11 mostre: 10 allestite in luoghi storici della città e Anthropocene al MAST.
Protagonista di Foto/Industria 2019 è il tema del costruire: un‘azione cruciale, intimamente radicata nella natura della specie umana che viene qui esplorata a tutto tondo, dalle sue radici storiche e filosofiche agli inevitabili risvolti scientifici. È questa attività che dà forma alla tecnosfera: l’insieme di tutte le strutture che gli esseri umani hanno costruito per garantire la loro sopravvivenza sulla terra. Con un peso stimato di decine di miliardi di miliardi di tonnellate, questo strato artificiale al di sopra della crosta terrestre è stato definito Tecnosfera dal geologo Peter Haff. La Fondazione MAST ha affidato la direzione artistica a Francesco Zanot per portare avanti il progetto della Biennale iniziato nel 2013 da François Hébel.
La Fondazione MAST rinnova il suo impegno nel coinvolgere la città e la comunità in questo progetto culturale che permette attraverso la forza narrativa delle immagini di moltiplicare gli sguardi sul mondo.

La quarta edizione di Foto/Industria presenta celebri protagonisti della storia della fotografia, le cui immagini fanno ormai parte di un patrimonio iconico condiviso, grandi artisti contemporanei e giovani autori affermati sulla scena internazionale, alternando tecniche che vanno dagli usi più puri e tradizionali della fotografia alle sperimentazioni più innovative.

Fotografi in mostra: Yosuke Bandai, Lisetta Carmi, David Claerbout, Matthieu Gafsou, Luigi Ghirri, Délio Jasse, André Kertész, Armin Linke, Albert Renger-Patzsch.

Dal 24/10/19 al 24/11/19 – Bologna sedi varie

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HUGS – abbracci – Luca Zampini

Il giorno 2 novembre 2019, alle ore 18, nelle sale della Gallery Annunziata, presso l’Hotel Annunziata, avrà luogo l’inaugurazione della mostra personale “HUGS / abbracci” di Luca Zampini. Saranno in parete 23 fotografie inedite, stampe fine art in grande formato, che narrano per immagini il suo rapporto affettivo con gli alberi.

2 novembre 2019 – 6 gennaio 2020 – Gallery Annunziata Ferrara

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