Gordon Parks raccontato da Alessandra Mauro

Buongiorno, ecco un podcast interessante da ascoltare. A questo link trovate l’audio del racconto sul fotografo, di Alessandra Mauro:

Gordon Parks raccontato da Alessandra Mauro

Divertitevi, ciao

Sara

Chi è Gordon Parks

Untitled, n.d. Photograph by Toni Parks

Gordon Parks è uno dei più grandi fotografi del ventesimo secolo.  Ha lasciato un eccezionale corpus di opere che documenta la vita e la cultura americane dall’inizio degli anni Quaranta agli anni Duemila, con particolare attenzione alle relazioni razziali, alla povertà, ai diritti civili e alla vita urbana. Parks è stato anche un illustre compositore, autore e regista in contatto con molte delle persone di spicco della sua epoca, da politici e artisti ad atleti e altre celebrità.

Nato in povertà e segregazione a Fort Scott, Kansas, nel 1912, Parks è stato attratto dalla fotografia da giovane quando ha visto immagini di lavoratori migranti in una rivista. Dopo aver acquistato una fotocamera in un banco dei pegni, ha imparato da solo come usarla. Nonostante la sua mancanza di formazione professionale, vinse la Julius Rosenwald Fellowship nel 1942; ha lavorato per la Farm Security Administration (FSA) a Washington, DC, e, successivamente,  per l’Office of War Information (OWI). Lavorando per queste agenzie, che allora raccontavano le condizioni sociali della nazione, Parks sviluppò rapidamente uno stile personale che lo avrebbe reso uno dei fotografi più celebri della sua epoca.

Lorenzo Scola Pilots the Ship, Gloucester, Massachusetts, 1943. Gordon Parks

Parks era un uomo rinascimentale ma dei giorni nostri, la cui pratica creativa si estendeva oltre la fotografia nella narrativa e saggistica, composizione musicale, regia e pittura. Nel 1969 è diventato il primo afroamericano a scrivere e dirigere un importante film in studio di Hollywood, The Learning Tree, basato sul suo romanzo semiautobiografico, diventato  bestseller. Il suo film successivo, Shaft (1971), fu un successo di critica e di botteghino, ispirando numerosi sequel. Parks ha pubblicato molti libri, comprese memorie, romanzi, poesie e volumi sulla tecnica fotografica. Nel 1989 ha prodotto, diretto e composto la musica per un balletto, Martin, dedicato al defunto leader dei diritti civili Martin Luther King, Jr.

Pool Hall, Fort Scott, Kansas, 1950 Gordon Parks

Parks ha trascorso gran parte degli ultimi tre decenni della sua vita evolvendo il suo stile e ha continuato a lavorare fino alla sua morte nel 2006. È stato riconosciuto con più di cinquanta dottorati honoris causa e tra i suoi numerosi premi c’era la National Medal of Arts, che ha ricevuto nel 1988. Oggi, gli archivi del suo lavoro risiedono in numerose istituzioni, tra cui la Gordon Parks Foundation, Pleasantville, New York; il Gordon Parks Museum a Fort Scott, Kansas, e la Wichita State University di Wichita; e la Library of Congress, gli archivi nazionali e la Smithsonian Institution, tutti a Washington, D.C.

Il lavoro di Parks è nelle collezioni permanenti di importanti musei, tra cui l’Art Institute of Chicago; il Baltimore Museum of Art; il Cincinnati Art Museum; il Detroit Institute of Arts; l’International Center of Photography, il Metropolitan Museum of Art e il Museum of Modern Art, tutti a New York; il Minneapolis Institute of Art; il Museum of Fine Arts, Houston; il Saint Louis Art Museum; lo Smithsonian National Museum of American History, Washington, DC .; e il Virginia Museum of Fine Arts, Richmond.

Frisco Railway Station, Fort Scott, Kansas, 1950 Gordon Parks

Tutte le immagini sono di Gordon Parks

Walker Evans, credo si presenti da solo

L’autore che vi presento oggi è uno dei principali esponenti della FSA e sicuramente tra i fotografi statunitensi più influenti. Ho avuto modo di visitare la bella mostra su Walker Evans allestita lo scorso anno a Palazzo Magnani in occasione del festival Fotografia Europea, Mi ha colpito molto il suo lavoro di ritratti nella metropolitana newyorchese: ha anticipato di parecchio le tendenze attuali. Attualmente è in mostra con una favolosa retrospettiva al Centre Pompidour di Parigi. Consiglio a tutti di non perdersi una sua mostra, perché le sue stampe dal vivo emozionano davvero. E leggetevi anche la sua biografia, veramente interessante – anche perchè la traduzione mi ha impegnato parecchio ;-).

Ciao

Anna

 

 

 

Walker Evans (3 novembre 1903 – 10 aprile 1975) è stato un fotografo e fotogiornalista americano, conosciuto prevalentemente per il suo lavoro per la Farm Security Administration (FSA) al fine di documentare gli effetti della Grande Depressione. Gran parte del suo lavoro del periodo FSA è in grande formato, fotocamera 8×10 pollici. Evans affermò che il suo scopo come fotografo era di scattare fotografie “colte, autorevoli trascendenti”. Molti dei suoi lavori fanno parte delle collezioni permanenti di musei e sono state il soggetto di retrospettive organizzate da istituzioni quali il Metropolitan Museum of Art o la George Eastman House.

Nato a St. Luois, Missouri, da Jessie e Walker, Walker Evans veniva da una famiglia agiata. Il padre era un dirigente pubblicitario. Trascorse la sua gioventù a Toledo, Chicago e New York. Frequentò il Loomis Institute e Mercersburg Academy prima di diplomarsi alla Phillips Academy in Andover, Massachusetts, nel 1922. Studiò letteratura francese per un anno al Williams College, trascorrendo molto del suo tempo nella biblioteca della scuola, prima di abbandonare. Dopo aver trascorso un anno a Parigi nel 1926, tornò negli Stati Uniti per unirsi alla massa di artisti e letterati di New York. John Cheever, Hart Crane, e Lincoln Kirstein erano tra i suoi amici: Dal 1927 al 1929 ha lavorato come impiegato per un broker azionario alla Borsa di Wall Street.

Evans iniziò ad occuparsi di fotografia nel 1928, nel periodo in cui visse a Ossining, New York. Le sue influenze includevano Eugène Atget e August Sander. Nel 1930, pubblicò 3 fotografie (Ponte di Brooklyn) nel libro di poesie The Bridge di Hart Crane. Nel 1931, scattò una serie di fotografie alle case vittoriane nei pressi di Boston, sponsorizzato da Lincoln Kirstein.

Nel maggio e giugno del 1933, Evans scatto delle fotografie a Cuba su assignment di Lippincott, l’editore di Carleton Beals, The Crime of Cuba (1933), uno “stridente resoconto” della dittatura di Gerardo Machado. Lì Evans trascorreva le notti a bere con Ernest Hemingway, che gli prestò i soldi per prolungare il suo soggiorno di due settimane per un’altra settimana. Le sue fotografie documentavano la vita di strada, la presemza della polizia, mendicanti e scaricatori di porto e altre scene sul lungomare. Aiutò anche Hemnigway a reperire delle foto dagli archivi dei giornali che documentassero alcuen delle violenze politiche che Hemnigway descrisse in To have and have not (1937). Temendo che le sue fotografie potessero essere considerate critiche del governo e confiscate dalle autorità cubane, lasciò 46 stampe a Hemingway. Non ebbe difficoltà al suo ritorno negli Stati Uniti, e 31 delle sue foto furono pubblicate nel libro di Beals. Il nascondiglio delle stampe lasciate a Hemingway fu scoperto a L’Havana nel 2002 e messo in mostra a Key West.

Nel 1935, Evans trascorse due mesi all’inizio per una campagna fotografica per la Resettlement Administration (RA)  (un’agenzia federale che trasferiva le famiglie povere in comunità create dal governo federale n.d.t.) in West Virginia e Pennsylvania. Da ottobre in poi, continuò a lavorare per la RA e più tardi per la Farm Security Administration (FSA), prevalentemente negli Stati Uniti meridionali.

Nell’estate del 1936, mentre era in congedo dalla FSA, insieme allo scrittore James Agee, venne mandato dalla rivista Fortune in assignment a Hale County, Alabama, per una storia che la rivista poi decise di non pubblicare. Nel 1941, le fotografie di Evans e i testi di Agee, che raccontavano il soggiorno dei due con tre famiglie di mezzadri bianchi nel sud dell’Alabama durante la Grande Depressione furono poi pubblicati  nel libro rivoluzionario Let Us Now Praise Famous Men. Il resoconto dettagliato sulle tre famiglie di agricoltori, dipinge un commovente ritratto della povertà rurale.

Le tre famiglie, capeggiate da Bud Fields, Floyd Burroughs e Frank Tingle, vivevano nella città di Akron, Contea di Hale, Alabama e i proprietari dei terreni su cui le famiglie lavoravano dissero loro che Ebans e Agee erano “agenti sovietici”, sebbene Allie Mae Burroughs, la moglie di Floyd, ricordò in interviste successive di non aver creduto a quell’informazione. Le fotografie di Evans delle famiglie, le resero icone della povertà e miseria della Grande Depressione (un po’ come Migrant Mother per Dorothea Lange n.d.t.). Nel settembre 2005, Fortune rivisitò Hale County e i discendenti delle tre famiglie per l’edizione del suo 75 anniversario. Charles Burroughs, che aveva 4 anni all’epoca in cui Evans e Agee visitarono la famiglia, era ancora arrabbiato con loro per non aver mai inviato alla famiglia una copia del libro; si riporta anche che il figlio di Floyd Burroughs fosse arrabbiato perche la famiglia fu “messa in una luce tale che sembrava non potessero farci nulla, che fossero condannati all’ignoranza”

Evans continuò a lavorare per la FSA fino al 1938. Quell’anno si tenne una mostra al The Museum of Modern Art, New York: Walker Evans: American Photographs. Questa fu la prima mostra in un museo dedicata all’opera di un unico fotografo. Il catalogo includeva una saggio di accompagnamento di Lincoln Kirstein, che era diventato amico di Evans nei suoi primi periodi newyorchesi.

Nel 1938, Evans scattò anche la sua prima fotografia nella metropolitana di New York, nascondendo la fotocamera nel cappotto. Queste immagini furono raccolte in un libro nel 1966 dal titolo Many are Called. Nel 1938 e 1939 Evans lavorò con Hellen Levitt, facendole da mentore.

Evans, così come altri fotografi come Henri Cartier-Bresson, raramente trascorreva tempo in camera oscura stampando i propri negativi. Supervisionava solo vagamente la stampa delle sue fotografie, a volte soltanto attaccando delle note scritte a mano ai negativi, con le istruzioni o alcuni aspetti della procedura di stampa.

Evans era un lettore e scrittore appassionato, e nel 1945 divenne scrittore per il Time magazine. Poco dopo diventò redattore alla rivista Fortune fino al 1965. Quell’anno, diventò professore di fotografia alla facoltà di Graphic Design alla Yale University School of Art.

In uno dei suoi ultimi progetti fotografici, Evans lavorò ad un portfolio in bianco e nero degli uffici  e dei soci della Brown Brothers Harriman & Co per la pubblicazione su “Partners in Banking” pubblicato nel 1968 per festeggiare il 150° anniversario della banca. Nel 1973 e 1974, scattò anche una lunga serie con l’allora nuova fotocamera Polaroid SX-70, dopo che l’età e problemi di salute gli avevano reso difficile lavorare con attrezzature complesse.

La prima retrospettiva definitiva delle sue fotografie, che “individualmente evocano un incontrovertibile sensazione di luoghi specifici e collettivamente un senso di America,” secondo un comunicato stampa, fu allestita al Museum of Modern Arta New York all’inizio del 1971. Selezionata da John Szarkowski, la mostra venne esmplicemente intitolata Walker Evans.
Evans morì nella sua casa di New Havens, Connecticut nel 1975.

Nel 1994, l’eredità di Walker Evans trasferì le sue proprietà al The Metropolitan Museum of Art di New York. The Metropolitan Museum of Art è l’unico titolare dei diriti d’autore per tutte le opere d’arte di Walker Evans. L’unica eccezione è rappresentata da un gruppo di circa 1000 negativi nella collezione della Library of Congress, che vennero prodotti per la the Resettlement Administration (RA) / Farm Security Administration (FSA). I lavoro di Evans per RA e FSA sono di dominio pubblico.

Nel 200 Evans fu ammesso nella St. Louis Walk of Fame.

Fonte: libera traduzione da Wikipedia

 

Walker Evans (November 3, 1903 – April 10, 1975) was an American photographer and photojournalist best known for his work for the Farm Security Administration (FSA) documenting the effects of the Great Depression. Much of Evans’s work from the FSA period uses the large-format, 8×10-inch camera. He said that his goal as a photographer was to make pictures that are “literate, authoritative, transcendent”. Many of his works are in the permanent collections of museums and have been the subject of retrospectives at such institutions as The Metropolitan Museum of Art or George Eastman House.

Born in St. Louis, Missouri, to Jessie (née Crane) and Walker,Walker Evans came from an affluent family. His father was an advertising director. He spent his youth in Toledo, Chicago, and New York City. He attended The Loomis Institute and Mercersburg Academy before graduating from Phillips Academy in Andover, Massachusetts, in 1922. He studied French literature for a year at Williams College, spending much of his time in the school’s library, before dropping out. After spending a year in Paris in 1926, he returned to the United States to join the edgy literary and art crowd in New York City. John Cheever, Hart Crane, and Lincoln Kirstein were among his friends. He was a clerk for a stockbroker firm in Wall street from 1927 to 1929.

Evans took up photography in 1928 around the time he was living in Ossining, New York. His influences included Eugène Atget and August Sander. In 1930, he published three photographs (Brooklyn Bridge) in the poetry book The Bridge by Hart Crane. In 1931, he made a photo series of Victorian houses in the Boston vicinity sponsored by Lincoln Kirstein,

In May and June 1933, Evans took photographs in Cuba on assignment for Lippincott, the publisher of Carleton Beals’ The Crime of Cuba (1933), a “strident account” of the dictatorship of Gerardo Machado. There Evans drank nightly with Ernest Hemingway, who loaned him money to extend his two-week stay an additional week. His photographs documented street life, the presence of police, beggars and dockworkers in rags, and other waterfront scenes. He also helped Hemingway acquire photos from newspaper archives that documented some of the political violence Hemingway described in To Have and Have Not (1937). Fearing that his photographs might be deemed critical of the government and confiscated by Cuban authorities, he left 46 prints with Hemingway. He had no difficulties when returning to the United States, and 31 of his photos appeared in Beals’ book. The cache of prints left with Hemingway was discovered in Havana in 2002 and exhibited at an exhibition in Key West.

In 1935, Evans spent two months at first on a fixed-term photographic campaign for the Resettlement Administration (RA) in West Virginia and Pennsylvania. From October on, he continued to do photographic work for the RA and later the Farm Security Administration (FSA), primarily in the Southern United States.

In the summer of 1936, while on leave from the FSA, he and writer James Agee were sent by Fortune magazine on assignment to Hale County, Alabama, for a story the magazine subsequently opted not to run. In 1941, Evans’s photographs and Agee’s text detailing the duo’s stay with three white tenant families in southern Alabama during the Great Depression were published as the groundbreaking book Let Us Now Praise Famous Men. Its detailed account of three farming families paints a deeply moving portrait of rural poverty. The critic Janet Malcolm notes that as in the earlier Beals’ book there was a contradiction between a kind of anguished dissonance in Agee’s prose and the quiet, magisterial beauty of Evans’s photographs of sharecroppers.

The three families headed by Bud Fields, Floyd Burroughs and Frank Tingle, lived in the Hale County town of Akron, Alabama, and the owners of the land on which the families worked told them that Evans and Agee were “Soviet agents,” although Allie Mae Burroughs, Floyd’s wife, recalled during later interviews her discounting that information. Evans’s photographs of the families made them icons of Depression-Era misery and poverty. In September 2005, Fortune revisited Hale County and the descendants of the three families for its 75th anniversary issue. Charles Burroughs, who was four years old when Evans and Agee visited the family, was “still angry” at them for not even sending the family a copy of the book; the son of Floyd Burroughs was also reportedly angry because the family was “cast in a light that they couldn’t do any better, that they were doomed, ignorant”.

Evans continued to work for the FSA until 1938. That year, an exhibition, Walker Evans: American Photographs, was held at The Museum of Modern Art, New York. This was the first exhibition in the museum devoted to the work of a single photographer. The catalogue included an accompanying essay by Lincoln Kirstein, whom Evans had befriended in his early days in New York.

In 1938, Evans also took his first photographs in the New York subway with a camera hidden in his coat. These would be collected in book form in 1966 under the title Many are Called. In 1938 and 1939, Evans worked with and mentored Helen Levitt.

Evans, like such other photographers as Henri Cartier-Bresson, rarely spent time in the darkroom making prints from his own negatives. He only very loosely supervised the making of prints of most of his photographs, sometimes only attaching handwritten notes to negatives with instructions on some aspect of the printing procedure.

Evans was a passionate reader and writer, and in 1945 became a staff writer at Time magazine. Shortly afterward he became an editor at Fortune magazine through 1965. That year, he became a professor of photography on the faculty for Graphic Design at the Yale University School of Art.

In one of his last photographic projects, Evans completed a black and white portfolio of Brown Brothers Harriman & Co.’s offices and partners for publication in “Partners in Banking,” published in 1968 to celebrate the private bank’s 150th anniversary. In 1973 and 1974, he also shot a long series with the then-new Polaroid SX-70 camera, after age and poor health had made it difficult for him to work with elaborate equipment.

The first definitive retrospective of his photographs, which “individually evoke an incontrovertible sense of specific places, and collectively a sense of America,” according to a press release, was on view at New York’s Museum of Modern Art in early 1971. Selected by John Szarkowski, the exhibit was titled simply Walker Evans

Evans died at his home in New Haven, Connecticut, in 1975.

In 1994, The Estate of Walker Evans handed over its holdings to New York City’s The Metropolitan Museum of Art. The Metropolitan Museum of Art is the sole copyright holder for all works of art in all media by Walker Evans. The only exception is a group of approximately 1,000 negatives in collection of the Library of Congress which were produced for the Resettlement Administration (RA) / Farm Security Administration (FSA). Evans’s RA / FSA works are in the public domain.

 

In 2000, Evans was inducted into the St. Louis Walk of Fame.

 

Source: Wikipedia

 

 

Quando l’idea supera tutto in fotografia?Sherrie Levine.

Sherrie Levine, è un’artista americana che si fece notare negli anni ‘70 grazie ad alcune immagini semplicissime da scattare. E quando dico semplicissime, credetemi.

Sentite qui.

Il suo lavoro rientra in quello che si definisce Appropriation Art. Si tratta di una corrente artistica che si basa sul riproporre opere già esistenti con metodi di contaminazione.

La ricerca di questa artista si basa sul rifotografare opere di altri autori, in particolare quelle di fotografi come Edward Weston, Alexander Rodchenko e Walker Evans.

L’opera più nota della Levine riprende, pari pari, alcune fotografie di Evans, in particolare quelle che aveva realizzato per la Farm Security Administration, firmandole con il proprio nome.

Una sorta di artista pop, dal momento che si appropria di un oggetto già esistente, una fotografia scattata da altri,  trasformandola in oggetto artistico grazie al suo successivo intervento.

Lo scatto, la firma e via…

Boh!

La Levine mi ha messo un po’ in crisi all’inizio, vi dirò!

Ho ben chiara l’intenzione provocatoria attuata, rivedendo completamente il concetto di autenticità ed unicità.

MA

Dove è la creatività?

Dove la sua autorialità?

Certo lo so, l’idea, l’idea…e su questa affermazione decadranno tutti i miei pensieri di maledizione nei suoi confronti!

Ecco, da lei ho imparato, quando la vidi per la prima volta, che spesso l’idea vale più della fotografia in sé.

Se avete una buona idea, perseguitela, portatela a termine e mostratela. Di fotografia ce ne è molta in giro (troppa) di idee, poche.

Sherrie Levine espone le sue immagini e quelle di Evans sui due siti AfterWalkerEvans.com e AfterSherrieLevine.com, allo scopo di favorirne la diffusione online.

Nelle immagini che vedete sopra i due allestimenti riguardano la stessa operazione effettuata sulle immagini di August Sander piuttosto che di Walker Evans.
Bio da Wikipedia
Sherrie Levine è nata il 17 aprile 1947 ad Hazleton, Pennsylvania. Nel 1969 si laurea in Discipline Umanistiche presso l’università del Wisconsin (Madison), e nel 1973, sempre frequentando la stessa università, consegue un master in Belle Arti. Le informazioni biografiche sono molto limitate poiché Sherrie Levine è un’artista che non ama parlare di sé; attualmente vive e lavora a New York.
Sherrie Levine (Hazleton, 17 aprile 1947) è una fotografa e un’artista concettuale femminista statunitense. È una delle figure centrali dell’Appropriation Art (arte di appropriazione), una corrente artistica che consiste nel prendere in prestito elementi o opere d’arte già note per crearne di nuove.
Ciao

Sara

 

FSA – Farm Security Administration. Tutto l’archivio.

Grazie al suggerimento di un mio lettore, Gabriele Castelli, ho visitato visitato questo straordinario sito all’interno del quale potrete trovare tutte le foto della grande depressione in America.

Un archivio eccezionale. Ho sfogliato un po’ di pagine e il lavoro che è stato fatto è maestoso.

Qui il link. Se avete tempo guardate perchè è eccezionale.

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FSA – Farm Security Administration
Dal 1929 gli Stati Uniti affrontano una grandissima crisi sia finanziaria (crollo della borsa) che economica (disoccupazione e carestie).
La crisi si estende anche all’agricoltura, con sovrapproduzione di prodotti. Inoltre le banche che finanziavano gli agricoltori fallirono quasi tutte.
Nel 1932 viene eletto presidente  Franklin Delano Roosevelt. Il suo programma di riforme sociali prenderà il nome  di “New Deal”.
Verrà creato un rinnovo del programma di opere pubbliche e nacquero le agenzie federali.
In questa occasione crearono anche il Film Project e il Photography Project per documentare la povertà della Grande depressione. La FSA gestì il Photography Project.
Roy Emerson Stryker diresse la sezione fotografica della FSA dopo dal 1935 al 1942.
In questi sette anni i fotografi produssero 77 mila fotografie documentarie in bianco e nero e,dal 1939, 644 a colori.
I fotografi coinvolti furono: Dorothea Lange, Walker Evans, Arthur Rothstein,
Ben Shahn, John Vachon, Marion Post Wolcott, Russell Lee, Jack Delano, John Collier Jr., Carl Mydans e Gordon Parks.
Ciao
Sara

Walker Evans, fotografo eccezionale, burbero e consapevole!

Walker-Evans1-50x50   Walker Evans è un nome di spicco nel panorama della fotografia della prima metà del Novecento, fotogiornalista ,come D.Lange documentò gli affetti della Grande Depressione americana.(crisi del 29) .Nato a St. Louis, Missouri, da una famiglia benestante, dopo aver studiato in alcune scuole esclusive come il Williams College, nel Massachusetts, lavorò per un breve periodo alla Public Library di New York e, nel 1926, partì per Parigi dove frequentò per un anno alcuni corsi alla Sorbona
Rientrato negli Stati Uniti si avvicinò alla fotografia in modo sempre più professionale esul piano interiore, iniziò a misurarsi con quello che era in quel periodo uno dei massimi fotografi: Alfred Stieglitz.Considerava il lavoro di Stiegletz troppo”artistico ”esteriore” e lontano dalla realtà sociale-

Evans rifiutò questo modello e, per intendersi, all’interno dei 50 numeri di Camera Work, la rivista pubblicata da Stieglitz, trovò una sola immagine che riuscisse a commuoverlo profondamente: quella della mendicante cieca di un altro grande fotografo Paul Strand!

Entrato a far parte dello staff della (Farm Security Administration) nel 1935, contemporaneamente a Dorothea Lange,: l’organismo del governo americano impegnato nel monitoraggio delle politiche e della situazione economico sociale delle aree rurali del paese.
Per la FSA Evans ha svolto reportages documentando la vita dell’America più rurale all’indomani della crisi economica del 1929 .

Sin dall’inizio del suo lavoro lo troviamo in giro per gli stati del sud e del centro sud con la sua inseparabile macchina di grande formato (una Folding 20 x 25), sempre intento a raccogliere, con una onestà senza compromessi, con una visione netta, austera e semplice, documenti diretti e spesso frontali sulle condizioni del paese, sulla situazione degli affittuari, sulle loro case, sui loro beni, sui sistemi di lavoro, sui raccolti, le scuole, i magazzini. Spesso egli tralascia di cogliere gli abitanti di questi edifici, ma chi guarda le sue foto riesce facilmente ad indovinare la loro presenza e il loro aspetto.

I suoi lavori sono un documento eccezionale sulla vita e le disastrose situazioni delle vittime della grande depressione americana. E’ un classico esempio di fotografo con una grande sensibilità sociale -oggetto di questa indagine sembra essere quindi il paesaggio che circonda la città-(non le grandi o almeno non solo-ma quelle di provincia)-quanto le città stesse ed il loro rapporto con l’ambiente circostante.
Evans predilige l’ambiente industriale rispetto a quello rurale -a differenza forse della Lange, ed il suo occhio attento scruta il confine tra campagne inurbate e periferie che distruggono inerosorabilmente la natura
Il suo stile, estremamente crudo e autentico, fatto di primi piani, immagini di vetrine e finestre, interni di negozi ha influenzato il modo di fotografare di diverse generazioni di fotografi, americani e non, tra cui Robert Frank .
L’altro soggetto di interesse per Evans è rappresentato dalle architetture ,ed è proprio attraverso la lettura di queste ultime che egli riesce a rivelarci con sorprendente chiarezza il percorso peculiare della vita e della cultura americana.Prese singolarmente le immagini di Evans trasmettono il senso inconfondibile dei singoli luoghi,luoghi che nell’insieme evocano in modo corale il sonso profondo della vita in questo grande Paese.

Uomo di carattere introverso a volte ironico ,scettico e aristocratico si dice che non ebbe quasi mai buoni rapporti con i responsabili della F.S.M.-che non nascondevano una impostazione ”propagandistica” nella soluzione dei problemi sociali della grande crisi, Evans al contrario era profondamente convinto che l’artista crea il suo lavoro migliore da solo e che comunque il suo ruolo fondamentale resta quello di descrivere la vita e non tanto quello comunque lodevole ,di cercare di modificare il mondo.

La forza delle immagini di Evans sta nel loro apparir come documenti estremamente realistici e obiettivi pur nella consapevolezza che le fotografie sono sempre il frutto di una interpretazione/valutazione e prima ancora di una selezione operata dall’autore sulla realtà, atto in cui il soggetto viene sempre e comunque sottoposto al taglio dell’inquadratura.

Evans era certo che fosse stato il suo lavoro ad influenzare in maniera determinante il senso e lo stile dell’intero progetto dalla F.S.A. e, molti anni più tardi, ad esperienza ormai conclusa, fu lo stesso Stryker ad ammettere quanto fosse stata importante l’influenza di Evans nella sua comprensione delle infinite potenzialità del mezzo fotografico.

Questa difficoltà di rapporti spiega più di tante parole i motivi per i quali W.Evans fu uno dei primi collaboratori ad essere licenziato nel momento in cui il budget dell’agenzia governativa fu ridotto.Ricordiamo ancora il contrasto presente in molte sue foto tra insegne o etichette di oggetti da consumare,già presenti e molto diffuse nella società americana e un elemento al contrario di miseria,oppure un contesto di desolazione, oggi questa tecnica di ‘’interferenza’’ pubblicitaria’’ viene usata da molti attivisti nelle campagne contro la ‘’globalizzazione’’ quella che in Evans può essere considerata ,cioè,una vera e propria estetica dei segni fatta da scritte commerciali e insegne, indizi onnipresenti del lavoro dell’uomo, o di incombenti manifesti pubblicitari, specchi di una società del benessere eppure sempre in drammatico contrasto con la realtà circostante misera e abbruttita.Evans si era formato fotograficamente e culturalmente come abbiamo detto in Europa ,a Parigi poi come altri grandi fotografi suoi contemporanei ,prese la strada della straight photography.Secondo quei dettami iniziò a fotografare con una macchina a lastre di grande formato (20×25) il paesaggio rurale degli States :le case coloniche,le insegne ,le automobili nelle strade polverose ,le scuole ,le chiese,le piccole e medie città di provincia ,gli abitanti di questo mondo .Dal 1935 continuò a lavorare per il governo ,scattando sempre poche e formalmente perfette fotografie,operando con il cavalletto , in veduta frontale, adoperandosi poi perchè in sede di stampa ,emergesse ogni dettaglio della “scena ripresa”. Con il suo stile riuscì sempre a donare bellezza ai luoghi più miseri , così come alle persone ritratte quasi sempre con lo sguardo dritto nell’obiettivo -quasi a coglierne elementi profondi e indelebili.

Dal 1943 al 1965 lavorò come giornalista e fotografo, per un paio di anni presso la rivista Time , passando successivamente nella redazione di Fortune.

Nel 1965 si ritirò dalla fotografia professionale per dedicarsi all’insegnamento di arti grafiche presso la “Yale University” di New York. Il periodo più fecondo dell’attività di Evans resta quello che ruota attorno agli anni della FSA e la maggior parte delle immagini pubblicate in due dei suoi lavori più famosi American Photographs e Let us Now Praise Famous Men sono state scattate proprio in questi anni.
Il suo lavoro ha influenzato molti fotografi successivi ,come Robert Frank e Henry Callahn e tanti altri deventando uno dei maestri della fotografia.

Walker Evans morirà nel 1975 dopo aver ricevuto numerosi premi e riconoscimenti. La sua fotografia più celebre è del 1936: Hale County. E’ l’immagine di una donna dell’Alabama segnata dalla ”depressione economica’‘.
English version

Walker Evans is one of the most influential artists of the twentieth century. His elegant, crystal-clear photographs and articulate publications have inspired several generations of artists, from Helen Levitt and Robert Frank to Diane Arbus, Lee Friedlander, and Bernd and Hilla Becher. The progenitor of the documentary tradition in American photography, Evans had the extraordinary ability to see the present as if it were already the past, and to translate that knowledge and historically inflected vision into an enduring art. His principal subject was the vernacular—the indigenous expressions of a people found in roadside stands, cheap cafés (1971.646.35), advertisements (1987.1100.59), simple bedrooms, and small-town main streets. For fifty years, from the late 1920s to the early 1970s, Evans recorded the American scene with the nuance of a poet and the precision of a surgeon, creating an encyclopedic visual catalogue of modern America in the making.

His photographs of roadside architecture, rural churches, small-town barbers, and cemeteries reveal a deep respect for the neglected traditions of the common man and secured his reputation as America’s preeminent documentarian.

Born in 1903 in St. Louis, Missouri, Evans dabbled with painting as a child, collected picture postcards, and made snapshots of his family and friends with a small Kodak camera. After a year at Williams College, he quit school and moved to New York City, finding work in bookstores and at the New York Public Library, where he could freely indulge his passion for T. S. Eliot, D. H. Lawrence, James Joyce, and E. E. Cummings, as well as Charles Baudelaire and Gustave Flaubert. In 1927, after a year in Paris polishing his French and writing short stories and nonfiction essays, Evans returned to New York intent on becoming a writer. However, he also took up the camera and gradually redirected his aesthetic impulses to bring the strategies of literature—lyricism, irony, incisive description, and narrative structure (1972.742.17)—into the medium of photography.

Most of Evans’ early photographs reveal the influence of European modernism, specifically its formalism and emphasis on dynamic graphic structures. But he gradually moved away from this highly aestheticized style to develop his own evocative but more reticent notions of realism, of the spectator’s role, and of the poetic resonance of ordinary subjects. The Depression years of 1935–36 were ones of remarkable productivity and accomplishment for Evans. In June 1935, he accepted a job from the U.S. Department of the Interior to photograph a government-built resettlement community of unemployed coal miners in West Virginia. He quickly parlayed this temporary employment into a full-time position as an “information specialist” in the Resettlement (later Farm Security) Administration, a New Deal agency in the Department of Agriculture.

Under the direction of Roy Stryker, the RA/FSA photographers (Dorothea Lange, Arthur Rothstein, and Russell Lee, among others) were assigned to document small-town life and to demonstrate how the federal government was attempting to improve the lot of rural communities during the Depression. Evans, however, worked with little concern for the ideological agenda or the suggested itineraries and instead answered a personal need to distill the essence of American life from the simple and the ordinary. His photographs of roadside architecture, rural churches (1999.237.3), small-town barbers (1999.237.1), and cemeteries reveal a deep respect for the neglected traditions of the common man and secured his reputation as America’s preeminent documentarian. From their first appearance in magazines and books in the late 1930s, these direct, iconic images entered the public’s collective consciousness and are now deeply embedded in the nation’s shared visual history of the Depression (1987.1100.482).

In the summer of 1936, Evans took a leave of absence from the Resettlement Administration to travel to the South with his friend, the writer James Agee, who had been assigned to write an article on tenant farmers by Fortune magazine; Evans was to be the photographer. Although the magazine ultimately rejected Agee’s long text about three families in Alabama, what in time emerged from the collaboration was Let Us Now Praise Famous Men (1941), a lyric journey to the limits of direct observation. Its 500 pages of words and pictures is a volatile mix of documentary description and intensely subjective, even autobiographical writing, which endures as one of the seminal achievements of twentieth-century American letters. Evans’ photographs for Let Us Now Praise Famous Men are stunningly honest representations of the faces (2001.415), bedrooms, and clothing of individual farmers living on a dry hillside seventeen miles north of Greensboro, Alabama. As a series, they seem to have elucidated the whole tragedy of the Great Depression; individually, they are intimate, transcendent, and enigmatic. For many, they are the apogee of Evans’ career in photography.

In September 1938, the Museum of Modern Art opened American Photographs, a retrospective of Evans’ first decade of photography. The museum simultaneously published American Photographs—still for many artists the benchmark against which all photographic monographs are judged. The book begins with a portrait of American society through its individuals—cotton farmers, Appalachian miners, war veterans—and social institutions—fast food, barber shops, car culture. It closes with a survey of factory towns, hand-painted signs, country churches, and simple houses—the sites and relics that constitute the tangible expressions of American desires, despairs, and traditions (1987.1100.110).

Between 1938 and 1941, Evans produced a remarkable series of portraits in the New York City subway (1971.646.18). They remained unpublished for twenty-five years, until 1966, when Houghton Mifflin released Many Are Called, a book of eighty-nine photographs, with an introduction by James Agee written in 1940. With a 35mm Contax camera strapped to his chest, its lens peeking out between two buttons of his winter coat, Evans was able to photograph his fellow passengers surreptitiously, and at close range. Although the setting was public, he found that his subjects, unposed and lost in their own thoughts, displayed a constantly shifting medley of moods and expressions—by turns curious, bored, amused, despondent, dreamy, and dyspeptic. “The guard is down and the mask is off,” he remarked. “Even more than in lone bedrooms (where there are mirrors), people’s faces are in naked repose down in the subway.”

Between 1934 and 1965, Evans contributed more than 400 photographs to 45 articles published in Fortune magazine. He worked at the luxe magazine as Special Photographic Editor from 1945 to 1965 and not only conceived of the portfolios, executed the photographs, and designed the page layouts, but also wrote the accompanying texts. His topics were executed with both black-and-white and color materials and included railroad company insignias, common tools, old summer resort hotels, and views of America from the train window. Using the standard journalistic picture-story format, Evans combined his interest in words and pictures and created a multidisciplinary narrative of unusually high quality. Classics of a neglected genre, these self-assigned essays were Evans métier for twenty years.

In 1973, Evans began to work with the innovative Polaroid SX-70 camera and an unlimited supply of film from its manufacturer. The virtues of the camera fit perfectly with his search for a concise yet poetic vision of the world: its instant prints were, for the infirm seventy-year-old photographer, what scissors and cut paper were for the aging Matisse. The unique SX-70 prints are the artist’s last photographs, the culmination of half a century of work in photography. With the new camera, Evans returned to several of his enduring themes—among the most important of which are signs, posters, and their ultimate reduction, the letter forms themselves.