Fotografia e pittura: l’espressionismo e l’abbandono delle regole

All’inizio del secolo scorso in pittura, in contrapposizione all’impressionismo, in cui era la realtà oggettiva a imprimersi nella coscienza soggettiva dell’artista, sorse una nuova corrente artistica, che si definì come espressionismo, in cui la creazione artistica seguiva la direzione opposta: dall’interno all’esterno, dall’anima dell’artista direttamente nella realtà, senza ulteriori mediazioni.

E. Munch – L’urlo

Nel primo ventennio del Novecento l’espressionismo vide nascere le opere di artisti del calibro di Edward Munch, Egon Schiele e in Italia di Renato Guttuso, Bruno Cassinari, Aligi Sassu, solo per citare gli artisti più noti. Dagli anni ‘40 si sviluppò inoltre una corrente che si riconosceva nel termine “espressionismo astratto”, termine utilizzato per la prima volta nel 1946 dal critico Robert Coates, che, in realtà, riprese questo termine dallo storico dell’arte Alfred Hamilton Barr, il quale lo aveva coniato nel 1919 per commentare un quadro di Vassily Kandinsky. Questo nuovo movimento si affermò inizialmente a New York con opere di grandi dimensioni caratterizzate da superfici piatte e dall’abolizione della profondità e della prospettiva, in sostanza dal declino di tutto ciò che era accademia. Inoltre assunse importanza fondamentale il gesto dell’artista che dipingeva. Harold Rosenberg nel 1952 nel suo saggio “The American Action Painters” introdusse appunto il termine Action Painting, che derivava dalla tecnica utilizzata da Pollock nelle sue opere, il drip painting, stile che si diffuse tra gli anni ’40 e ’60. Jackson Pollock infatti affermava: “L’artista moderno, mi pare, lavora per esprimere un mondo interiore; in altri termini esprime il movimento, l’energia e le altre forze interiori”, concetti che ben si adattavano all’espressionismo ma anche a buona parte dell’arte moderna. Da rilevare che in quegli anni questa corrente venne anche appoggiata dalla C.I.A. (Congresso per la libertà culturale attivo dal 1950 al 1967), che ci vide un’utile contrapposizione con lo stile realista prevalente nel blocco socialista: libertà (ma anche libero mercato) versus gestione oppressiva da parte dello stato.

Foto, Ernst Haas

In tempi di poco successivi cominciarono a manifestarsi le prime esperienze espressioniste anche nell’ambito della fotografia. Ciò che accomunava i fotografi e i pittori era l’abbandono delle regole codificate, oltre naturalmente al fatto che la creazione artistica seguiva la direzione che andava dall’anima dell’artista direttamente nella realtà esterna. I fotografi cercarono quindi a loro volta nuove strade per esprimere il loro sentire: dalle profonde manipolazioni in camera oscura (Roger Catherineau, ma anche Mario Giacomelli, perlomeno con le sue ricerche sul paesaggio agricolo coltivato) alla realizzazione del “fotogramma” realizzato senza utilizzare la fotocamera (Luigi Veronesi) alla ricerca sulle forme astratte in  muri, manifesti, rocce (Paolo Monti) per arrivare infine al mosso abbinato ai forti toni cromatici di Ernst Haas. John Szarkowski, curatore del Museo di Arte Moderna di New York nel 1962 gli dedicò la prima mostra personale mai realizzata per un’opera fotografica a colori. Per Haas l’importanza del colore derivava anche dal particolare momento storico, il dopoguerra. Affermò infatti: “In qualche modo, forse simbolicamente, ora volevo dire che il mondo e la vita erano cambiati, come se tutto all’improvviso fosse stato ridipinto di fresco. I tempi grigi erano finiti. Come all’inizio di una nuova primavera, volevo celebrare col colore i tempi nuovi, colmi di nuove speranze.”

In epoca più recente, l’avvento del digitale favorì un ulteriore sviluppo dell’espressionismo fotografico, mettendo a disposizione del fotografo nuovi mezzi tecnici. Naturalmente rimaneva essenziale la capacità da parte dell’artista di infondere nell’opera la propria impronta stilistica, mantenendosi fedele alla sua personale e originale visione.

Rick Doble, fotografo professionista da oltre 30 anni è un convinto esponente di questa corrente. Le sue fotografie digitali e le sue elaborazioni al computer sono presenti in vari musei. Nel 1999 affermava: “Vorrei proporre un nuovo termine per questa fotografia. Il termine è “foto-espressionismo”. Con questo intendo immagini fotografiche che siano personali ed espressive come i dipinti di questa corrente pittorica del passato recente…Ho derivato questo termine da due movimenti artistici: l’espressionismo, come praticato soprattutto da pittori tedeschi (Kirchner, Klee, Kandinsky) all’inizio del secolo, e l’espressionismo astratto come praticato da artisti a New York nel 1940 e 1950 (Pollock, Rothko, Frankenthaler) insieme con altri in tutto il mondo. Clay Riley, direttore del Carteret Arts Council, guardando i miei lavori ha detto che io sono action painting”. Queste affermazioni sembrerebbero ribadire i numerosi punti di contatto esistenti fra fotografi digitali di oggi e pittori nonchè fotografi espressionisti del secolo passato.

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Articolo di Lorenzo Vitali