Oggi esce un altro libro che ho scritto! Sembrerà strano dopo l’uscita appena un mese fa, del mio libro precedente. Questo non è un manuale ma una riflessione su quello che sta accadendo nel mondo della fotografia. Mi è piaciuto studiare e scriverlo, mi è piaciuto anche rileggerlo! Spero lo troviate interessante, ciao! Sara
Le immagini ci interessano molto perché ci riguardano in misura sempre maggiore, tanto che, considerata la loro pervasiva presenza, siamo indotti persino a pensare che non siano parte della vita quotidiana: le immagini sono la vita quotidiana. L’irrompente quantità di sollecitazioni a cui tutti siamo esposti produce inevitabilmente effetti anche sui fotografi, su quello che producono e su come lo producono. Ricostruendo gli sviluppi più recenti dei diversi linguaggi fotografici e degli strumenti di comunicazione digitale, in questo saggio l’autrice si interroga e ci interroga su quale sia il destino della fotografia e dei suoi interpreti che si trovano a dover fare fronte a una sensazione di smarrimento per la perdita di direzione culturale e di ridefinizione del ruolo autoriale. Uno sbandamento generale che ci fa sguazzare in un mondo fotografico per ora un po’ anarchico ma, anche per questo, ricchissimo di spunti. Il volume è disponibile da oggi fino al 9 luglio solo sul sito EMUSE con uno sconto del 10%. p. 136 18,00 euro 16,20 euro Sconto lancio fino al 9 luglio
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Buongiorno, tento di spiegarvi in poche parole quando un fotografo può definirsi autore nel mondo della fotografia.
Con questo intendo aurore riconosciuto come tale.
Fotografia di Francesco Comello, autore italiano.
Chi è un autore? L’autore è un individuo con spiccata creatività che svolge ricerche con linguaggi spesso riconoscibili nel tempo, che si trasformano in stili a lui attribuibili nel lungo periodo.
Generalmente, i fotografi di genere autoriale sono interessati e approfondiscono materie e argomenti specifici. Spesso lavorano su un singolo progetto per volta, che potrebbe richiedere molto tempo per la realizzazione. Gli autori lavorano per le gallerie, per i festival, producono libri e mostre e alcuni riescono a esporre il proprio lavoro in musei. Ho notato che molti fotografi, anche inesperti, si autodefiniscono autori: sappiate che, in realtà, è un percorso lungo che si basa principalmente sul valore che gli altri ci attribuiscono. Come non siamo tutti fotografi, tanto meno possiamo essere tutti autori. Il talento può aiutare e, purtroppo o per fortuna, non esistono scuole per apprendere ‘talento’. Tra l’altro, il talento in sé non basta. Indubbiamente, studio, curiosità, capacità di mantenere occhi e intelletto attenti, puntati sul mondo, sono essenziali. Nel caso in cui il contenuto del lavoro fosse prevalentemente estetico, dovrebbe creare immagini di forte impatto, dato che la lettura avviene, in questo caso, a un livello più ‘superficiale’. Il fruitore gode esclusivamente, o quasi, della forma e dell’armonia del lavoro. Come procede un autore ❙ Crea narrazioni con personaggi e trame che possono essere sia immaginarie che basate su fatti reali. ❙ Conduce ricerche in settori specifici approfondendoli concettualmente e riportando nelle immagini l’essenza del suo pensiero ❙ Dovrebbe scegliere contenuti che possano colpire o interessare il proprio target di riferimento.
Cosa dovrebbe fare un autore ❙ Collaborare con editori, galleristi e collezionisti per definire la spendibilità di un progetto anche molto personale. ❙ Avere grande padronanza del linguaggio che sceglie e sfrutta per esprimersi. ❙ Dovrebbe avere idee e storie nuove e interessanti. ❙ Dovrebbe comunicare chiaramente al fine di trasformare le proprie idee in immagini. ❙ Dovrebbe essere in grado di trasmettere sentimenti ed emozioni. ❙ Dovrebbe essere in grado di comprendere nuovi concetti in modo da trasmetterli agli altri attraverso le proprie fotografie. ❙ Dovrebbe porre molta attenzione ai dettagli e alla presentazione finale dei progetti.
Questo testo è una piccola parte del mio libro “Il portfolio fotografico, istruzioni imperfette per l’uso” edito dalla casa editrice Emuse.
The women of Rebibbia. Walls of stories Nell’immaginario collettivo la vita carceraria è alimentata da film ed immagini che trattano quasi sempre la questione da un punto di vista maschile. Nell’era del movimento #MeToo e di una generale rivalsa della questione femminile ho deciso d’indagare cosa sia la detenzione per una donna: il problema della maternità, la relazione con la famiglia e il partner, la dura condizione di convivenza con le compagne di cella spesso di culture e paesi diversi. A Roma, la mia città, la sezione femminile del carcere di Rebibbia è la più grande d’Europa. La sua gigantesca architettura, mutuata sul modello del Panopticon di Jeremy Bentham, è divisa in due corpi principali, il Camerotti e il Cellulare, le cui mura scandiscono inesorabili i tempi quotidiani della prigionia. Ho lasciato quindi che questi spazi parlassero per le loro abitanti: le celle, il nido, l’infermeria, gli spazi comuni per le attività sociali ed educative, l’azienda agricola, la sala colloqui, tutti ambienti dove le prigioniere consumano la loro vita per anni. Dato che in carcere non esiste privacy e ogni momento è sotto controllo, ho mutuato le singole prospettive personali in uno sguardo collettivo che avvicina dolore e sollievo in un un’unica dimensione, in bilico nella sottile separazione tra violenza e redenzione, solidarietà e dramma. Scoprendo un mondo molto diverso dalle mie aspettative e quasi mai raccontato, questo progetto ha cambiato la consapevolezza sul mio essere e vivere il mio status di donna libera. Magari, grazie al potere della fotografia, può farlo anche in qualcun altro. Francesca Pompei
The first floor of the Camerotti building, a part of the women’s section of Rome’s Rebibbia prison, Italy. The first floor hosts many prisoners awaiting trial. Francesca Pompei “The women of Rebibbia”The wall of a cell in the Camerotti building of the women’s section of Rome’s Rebibbia prison, Italy. The Camerotti hosts the appellants or the prisoners sentenced to a lighter penalty. Francesca Pompei “The women of Rebibbia”A corner in a cell of the kindergarten section of the women’s section of Rome’s Rebibbia prison, Italy. The women can follow their babies growing until they are 3 years old. Francesca Pompei “The women of Rebibbia”
Francesca Pompei è una fotografa laureata con lode in Filosofia e specializzata in immagini di arte ed architettura, membro del direttivo di Tau-Visual, Associazione Nazionale Fotografi Professionisti dal 2014 al 2020. Tra la sua attività espositiva: Art Basel Miami Beach 2013, Affordable Art Fair New York 2014, Select Fair-Frieze Art Fair New York 2014, FOTOGRAFIA-Festival Internazionale di Roma 2014, Art Fair Tokyo 2015, Oltre le Mura di Roma 2016, Museo MACRO-Testaccio di Roma, Premio Arte Laguna 2016- Nappe dell’Arsenale Venezia, Oltre i libri-Biblioteca Angelica Roma, Celeste Prize 2016 Oxo Tower Wharf Londra, Affordable Art Fair New York City 2016, Art Basel Miami Beach 2016, Art Fair Tokyo 2017, Art Busan 2017, PhotoPlus Expo New York 2017, Artissima 2017- Museo MIIT Torino, Architectural Digest Design Show New York 2018, Making Strange, Praxis Gallery & Photographic Arts Center di Minneapolis, Affordable Art Fair Hong Kong 2018, 5th Biennial of Fine Art & Documentary Photography-Barcellona, Photokina 2018, Paratissima Art Fair 2018, Artrooms Fair London 2019, Art Fair Paris 2019, Visuali italiane-Tokyo, Trieste Photo Days 2020, Aesthetica 2020-York Art Gallery, PHOTO IS:RAEL’s 8th International Photography Festival. Il suo lavoro è nella collezione permanente della Fondazione Dario Mellone di Milano ed è online su LensCulture, blink, Dodho, Fondo Malerba per la Fotografia, L’Oeil de la photographie, Saatchi Art, Aesthetica Magazine, All About Photo, OpenEye, Artribune, Artsper, Il Giornale dell’Architettura, Artsy e Artnet. Il suo nome è inserito nella rivista Art in America’s 2017 Guide to Museums, Galleries and Artists, tra i TOP 100 artists 2018 dalla Circle Foundation for the Arts-France e nel 10% di Top entries del World Press Photo 2019. E’ membro di PhotoVogue ed è rappresentata dall’Art+Commerce Agency-PV Collection di New York.
Buongiorno, ecco alcuni lavori dalle fotografe segnalate durante la giuria del Premio Musa per donne fotografe, perché particolarmente interessanti.
TU SEI COME UNA TERRA
Questo progetto consiste in una serie di immagini raccolte nei miei viaggi, in luoghi più o meno lontani, dall’altopiano boliviano alla Sicilia. Nelle foto i paesaggi si alternano a ritratti di donne che fanno parte della mia vita, in una geografia sentimentale. E’ una poesia visiva che parla di terre silenziose e dell’io che le coglie. La pelle chiara, l’acqua e i frutti carnosi seguono le trame di questo mio percorso emotivo nella natura. Le donne protagoniste dei miei ritratti osservano, attraggono e imitano il paesaggio, come ninfe, facendo fluire in loro la stessa natura maestosa che contemplano.
Irene Artuso è nata a Roma nel 1992. Laureata in Fisica e in Bioinformatica, svolge attualmente un dottorato di ricerca in Scienze Biomediche. La forte passione per le scienze naturali è stata sempre accompagnata da un profondo interesse per la fotografia analogica, entrambi fondamentali strumenti di indagine e scoperta del reale. La dimensione del viaggio rappresenta il momento perfetto di esplorazione attraverso l’obiettivo della sua macchina fotografica.
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Buongiorno, ecco alcuni lavori dalle fotografe segnalate durante la giuria del Premio Musa per donne fotografe, perché particolarmente interessanti.
In Asia
In Asia è il risultato di un lungo viaggio verso est, una peregrinazione via terra e senza aerei attraverso confini fisici e culturali. Sei mesi di viaggio e 20.000 km percorsi dalla Mongolia al Myanmar, passando per la Cina ed il Sud-Est Asiatico. Un vagabondare, per quanto possibile consapevole, fra società e popoli profondamente diversi tra loro ma il più delle volte interconnessi. Destini che si incontrano e si allontanano in un passato non tanto distante, segnato da sanguinose dittature, domini coloniali e guerre disumane. L’orgoglio delle persone ma anche la loro rassegnazione. Il peso della memoria ma anche lo sguardo verso il futuro. La sfida delle nuove generazioni per uscire dalle gabbie e dalle diseguaglianze del passato e del presente. Un racconto per immagini fatto di luci e di ombre, di contraddizioni e di identità. In qualche modo, un piccolo omaggio all’opera di Tiziano Terzani e alla sua Asia che ormai non esiste più.
Sara Minerali “In Asia”Sara Minerali “In Asia”Sara Minerali “In Asia”
Bio Sara Minerali, classe 1989, nasce a Bologna dove intraprende un percorso accademico in Antropologia Culturale, laureandosi con una tesi sulla rappresentazione dell’alterità nella fotografia di Diane Arbus. Contestualmente, si forma anche in ambito fotografico attraverso workshops, letture portfolio e progetti personali; tra il 2015 e il 2016 frequenta a Firenze la Scuola Internazionale di Fotografia e Narrazione Visiva Apab, concludendo il percorso con uno stage presso lo studio Foto Image di Fulvio Bugani. Nel 2016 un suo progetto di street photography viene pubblicato sul magazine Il Fotografo e nel 2020 pubblica un altro lavoro nella sezione Black Camera di Rolling Stone Italia. Ama viaggiare e crede che non ci sia al mondo niente di meglio di viverlo ed immergercisi con stupore e rispetto, ancor meglio se con una macchina fotografica.
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Molti mi chiedono cosa stia facendo in questo momento, se fotografo, cosa fotografo.
Adesso posso parlarvi di questo progetto che sto affrontando con altri amici, fotografi.
Abbiamo iniziato a lavorare, con Grazia Dell’Oro della casa editrice Emuse, siamo in cinque fotografi: io, Lorenzo Cicconi Massi, Francesco Comello, Francesco Faraci e Lorenzo Zoppolato.
Sparsi qua e là per l’Italia, chiusi in casa, da alcune settimane abbiamo appuntamento fisso il mercoledì: accendiamo PC, videocamera e guardiamo le nostre belle facce.
Noi tutti in chat
“Quello che ci importa è lavorare insieme e restare vigili. Mi sembra importante stimolare l’impulso alla riflessione e cercare di dargli una possibile forma, un qualche esito. Perché, come dice Pierluigi Cappello, Se c’è un punto di non ritorno nel dolore è quando il silenzio produce silenzio, nient’altro che silenzio”, ci ha detto Grazia la prima volta che ci siamo sentiti.
Ed è stato facile e bello. Tutti ricettivi, tutti pronti, tutti estremamente presenti alla situazione.
All’inizio ci raccontavamo quello che stavamo producendo. Ognuno libero di farlo con il suo linguaggio, con i suoi modi.
È stato subito chiaro che ne sarebbe uscito qualcosa.
Il lavoro sta andando avanti, ma ora sappiamo che nascerà un libro, che sarà pubblicato non appena sarà possibile.
Un libro con i nostri lavori di questi giorni, ma fatto anche di parole e confronto. Una specie di rielaborazione di questo momento in cui tutto sembra precipitare e dove si cerca continuamente di fare sintesi per non perdersi.
“È come se in mezzo a tutto questo silenzio e in mezzo a tutto questo tempo, ognuno di noi stesse recuperando le fila di discorsi che vengono da lontano, riflessioni sulle nostre vite, sul nostro lavoro, su come evolve, su come possiamo piegarlo alla situazione che stiamo vivendo in un modo che abbia un senso. E vengono fuori cose che pensavamo, e forse speravamo, di non poter dire”, diceva Lorenzo Cicconi Massi l’altro giorno.
Cerchiamo allora di non mettere silenzio sopra silenzio, proviamo a guardare in faccia questa situazione e a cavarci qualcosa. Prendiamo le misure, indaghiamo quello che ci sta succedendo a livello personale e collettivo, cerchiamo di interpretare qualcosa che non conosciamo.
Ci sono i racconti di Faraci sulla Palermo asciugata all’essenziale: “Una Palermo che non si era mai vista, né mai lontanamente immaginata, gesti nuovi, gente levigata, quasi raccolta”.
Francesco Faraci
E Zoppolato che indaga il rapporto tra spazio e tempo: “Guardando fuori dalle finestre cerco di riappropriarmi di una quotidianità che sento sospesa e ingrovigliata nella matassa di un tempo nuovo di cui mai avevo fatto esperienza prima d’ora”.
Lorenzo Zoppolato
Poi, ragazzi, c’è Comello che va la notte al fiume dietro casa a seguire il volo delle anatre: “Perché se questo momento ci insegna qualcosa è trovare nella natura e nei suoi cicli un orizzonte certo, più calmo e più vero”.
Francesco Comello
Ah, c’è anche Lorenzo Cicconi Massi che ci ha scelto perché siamo una squadra, siamo diversi dagli altri, ci amiamo, ci ammucchiamo, ci riprodurremo.
Eccolo qui che sta stirando le sue fotografie, per ora nessuna anticipazione!
Lorenzo Cicconi Massi che stira
Poi ci sono io, strattonata tra storie famigliari e corsi online, che compongo gli oggetti del mio orizzonte.
Sara Munari
Presto ci saranno bellissime novità, non vedo l’ora… collaborare con queste persone è stupendo e mi da un po’ di serenità, grazie a loro e a Grazia.
Bella la fotografia quando è questa.
Ciao
Sara
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