Chernobyl, reportage e video di un disastro.

Il disastro di Černobyl’ è stato il più grave incidente mai verificatosi in una centrale nucleare. Il disastro avvenne il 26 aprile 1986 alle ore 1:23 circa, presso la centrale nucleare V.I. Lenin, situata in Ucraina settentrionale (all’epoca parte dell’Unione Sovietica), a 3 km dalla città di Pryp”jat’ e 18 km da quella di Černobyl’, 16 km a sud del confine con la Bielorussia. Le cause furono indicate variamente in gravi mancanze da parte del personale, sia tecnico sia dirigenziale, in problemi relativi alla struttura e alla progettazione dell’impianto stesso e della sua errata gestione economica e amministrativa. Nel corso di un test definito “di sicurezza”, il personale si rese responsabile della violazione di svariate norme di sicurezza e di buon senso, portando a un brusco e incontrollato aumento della potenza (e quindi della temperatura) del nocciolo del reattore n. 4 della centrale: si determinò la scissione dell’acqua di refrigerazione in idrogeno e ossigeno a così elevate pressioni da provocare la rottura delle tubazioni del sistema di raffreddamento del reattore. Il contatto dell’idrogeno e della grafite incandescente delle barre di controllo con l’aria, a sua volta, innescò una fortissima esplosione, che provocò lo scoperchiamento del reattore e di conseguenza causò un vasto incendio.

Una nuvola di materiale radioattivo fuoriuscì dal reattore e ricadde su vaste aree intorno alla centrale, contaminandole pesantemente e rendendo necessaria l’evacuazione e il reinsediamento in altre zone di circa 336 000 persone. Nubi radioattive raggiunsero anche l’Europa orientale, la Finlandia e la Scandinavia con livelli di contaminazione via via minori, toccando anche l’Italia, la Francia, la Germania, la Svizzera, l’Austria e i Balcani, fino a porzioni della costa orientale del Nord America. Da Wikipedia

Danny Cooke (classe 1985) ha girato questo video per la Cbs. Il video riprende Chernobyl, a 30 anni dall’esplosione del reattore della nucleare.

Dal 2002 Pierpaolo Mittica, frequenta la zona di esclusione di Chernobyl e fino ad oggi ha effettuato più di 20 viaggi realizzando diversi servizi fotografici pubblicati su riviste internazionali tra le quali National Geographic Usa, Der Spiegel, Wired Usa, Panorama etc. e diretto un documentario su Chernobyl “The zone, post atomic Journey”.

Afferma di aver girato tutta la zona di esclusione, sia legalmente che illegalmente, per poterci raccontare cosa rimane e cosa è avvenuto.

L’oro radioattivo di Chernobyl (Ucraina 2015-2016)
I “dead men walking” caricano metallo arrugginito tutto il giorno, e non basta una doccia calda la sera per ripulirsi. Il metallo è quello radioattivo di Chernobyl: a oggi sono ancora un milione le tonnellate di materiale abbandonato nella zona di esclusione, proveniente dal reattore Uno ma anche da navi, automezzi, binari. Il riciclo di questo metallo rappresenta un business dal valore di circa un miliardo di dollari, rimasto per decenni in mano ai contrabbandieri e solo dal 2007 (oltre trent’anni dopo il disastro nucleare, avvenuto nel 1986) regolato e legalizzato dallo stato ucraino. I “dead men walking” sono una dozzina in tutto, guidati da Victor e dipendenti di una delle tre ditte ufficiali autorizzate da Kiev. Lavorano con scarse protezioni (anche se sono obbligatorie) e camminano per ore in mezzo a nubi tossiche, generate dal processo di sabbiatura per la decontaminazione dei metalli che vengono poi rivenduti all’estero a circa 10 centesimi di euro al chilo (un trenta per cento in meno rispetto al prezzo di mercato). L’attività è pericolosissima, quasi una lenta condanna a morte che obbliga gli operai a respirare in continuazione particelle radioattive come il Cesio, lo Stronzio, il Plutonio. Ma questo non basta a dissuaderli dal continuare. Forti del vitto e alloggio gratuiti, di uno stipendio più alto della media (si arriva a 8000 grivnie al mese, circa 280 euro) e di una certezza purtroppo falsa, sintetizzata da Sasha: “E poi c’è la vodka che, pulisce tutto…

Ecco alcune fotografie del progetto:

reattore numero cinque e magazzino per il riciclo dei metalli radioattivi
Pavel mentre ripara il motore del sistema di ventilazione all’interno del magazzino per il riciclo dei metalli radioattivi
Un cane randagio a Chernobyl città

Per vedere il lavoro completo vai al sito di Pierpaolo Mittica

Chernobyl 30 anni dopo (Ucraina 2014-2016)

Era il 26 aprile del 1986. All’una e ventiquattro di notte un evento disastroso, definito come la più grande catastrofe tecnologica dell’era moderna, entrò nella storia segnando la vita di milioni di persone. Quella notte esplose il reattore numero quattro della centrale nucleare di Chernobyl.  L’esplosione sprigionò nell’aria tonnellate di sostanze radioattive che trasportate dal vento contaminarono entrambi gli emisferi del nostro pianeta, depositandosi dove il caso ha voluto che piovesse. L’emissione di radioattività durò per 10 giorni e dal reattore esploso uscirono non meno di 2 miliardi di Curie di sostanze radioattive (contro i 200 milioni di Curie stimati dall’AIEA e dall’Unione Sovietica). Fu investita quasi tutta l’Europa: sulla base dei rilevamenti venne registrato un alto livello di radioattività il 29 aprile 1986 in Polonia, Germania, Austria, Romania, Finlandia e Svezia, il 30 aprile in Svizzera e Italia, il 2 maggio in Francia, Belgio, Paesi Bassi, Gran Bretagna e Grecia. La dispersione delle sostanze radioattive fu globale: il 2 maggio vennero registrate in Giappone, il 3 maggio in Israele, Kuwait e Turchia, il 4 maggio in Cina, il 5 maggio in India, il 6 maggio negli Stati Uniti ed in Canada. 65 milioni di persone furono contaminate. In meno di due settimane Chernobyl diventò un problema per il mondo intero. Lo stato più colpito fu la Bielorussia con il 30% del territorio reso inutilizzabile per millenni. È stato calcolato che le zone contaminate, 260 mila km2 di terra, (quasi quanto la superficie dell’Italia) ritorneranno ai livelli normali di radioattività solamente tra centomila anni. Sono passati trent’anni, ne mancano solo novantanovemilanovecentosettanta…

400 mila persone furono costrette all’evacuazione perdendo la casa, i propri beni, il lavoro, insieme ai loro legami economici, sociali e familiari. Furono evacuati 500 villaggi e piccole cittadine, di questi più di cento sono stati interrati per sempre. Il costo sociale di questa catastrofe è incalcolabile e, in un trentennio, è stimato in migliaia di miliardi di dollari. Attualmente nove milioni di persone in Bielorussia, Ucraina  e Russia occidentale continuano a vivere in terre con livelli di radioattività altissimi mangiando cibi e bevendo acqua avvelenati. L’ 80% della popolazione della Bielorussia, della Russia occidentale e dell’Ucraina del nord è colpita da varie patologie. Dopo Chernobyl nelle zone contaminate c’è stato un aumento dell’incidenza dei tumori alla tiroide e delle anemie di 100 volte e di altri tumori legati alle radiazioni, quali leucemie, tumori delle ossa e del cervello di 50 volte. L’incidenza delle malformazioni dovute a mutazioni genetiche, delle patologie cardio – vascolari, degli organi sensoriali, dei sistemi ossei, muscolari e tessuti connettivali, delle malattie del sistema nervoso e turbe psichiche, è aumentata di 30 volte. L’incidenza dei bambini nati prematuri è aumentata di 20 volte. E il peggio arriverà adesso, quando inizieranno a partorire le ragazze che all’epoca avevano meno di sei anni, solo ora si inizieranno a capire quali saranno gli effetti delle mutazioni genetiche sulle generazioni future.

E oggi che cosa succede dentro la zona di esclusione?
Dopo l’incidente nucleare di Chernobyl, fu creata una zona di esclusione di 30 km di raggio intorno alla centrale nucleare. Tutti gli abitanti dell’area furono evacuati.
Ma la zona, che doveva essere di esclusione, alla fine non lo è mai stata. C’è vita dentro la zona e migliaia di persone ogni giorno varcano il confine delle radiazioni.
A Chernobyl città oggi vivono 4 mila persone, sono gli addetti alla sicurezza della zona e dei reattori ancora non dismessi.Lavorano 15 giorni dentro la zona e poi fanno 15 giorni di decontaminazione nelle loro case fuori dalla zona di esclusione. Chernobyl appare come una normale cittadina con i principali servizi come market, cafè, un hotel per i turisti, una chiesa con il pope che celebra la messa.
A questi 4 mila lavoratori e abitanti di Chernobyl se ne sono aggiunti altri 2 mila negli ultimi anni, e sono i lavoratori addetti alla costruzione del nuovo sarcofago che sarà completato nel novembre 2017. Altre 2000 lavoratori ogni giorno arrivano dalla vicina città di Slavutich, città di servizio per la zona di esclusione creata subito dopo l’incidente di Chernobyl.
In mezzo alle radiazioni scorre una vita normale come in qualsiasi altra cittadina dell’ex unione sovietica, fatto salvo che qui è una zona di esclusione, che qui ci sono le radiazioni, che qui rimarrà così per millenni. Una vita normale in un luogo totalmente anormale.

Ma oggi, dopo 30 anni, come è la situazione dei reattori nucleari più pericolosi del pianeta?
Il sarcofago del reattore numero 4 è al collasso, 2.000 lavoratori stanno costruendo il nuovo sarcofago per seppellire il reattore numero 4. La società è una società Internazionale – ucraina, e il nuovo contenitore è alto 110 metri, largo 164 metri, e lungo 257 metri. E’ stato completato nel novembre 2016 con un costo di 1,5 miliardi di euro. La sua durata è prevista per un centinaio di anni.
I reattori 1-2-3 continuarono a lavorare fino al 2000 quando furono chiusi e 2.000 lavoratori sono coinvolti nella sicurezza di questi reattori, fino al momento in cui possono essere smantellati. Questo sarà solo nel 2065, quando saranno diminuiti i livelli di radioattività all’interno del reattore e sarà possibile avviare i lavori di disattivazione.
Oggi, dopo 30 anni le condizioni di lavoro sono ancora molto difficili, perché i livelli di radiazioni fuori dai reattori e anche all’interno degli edifici sono molto elevati e rappresentano un grave rischio per la salute dei lavoratori.

Ma altre persone vivono ancora all’interno della zona, e fin dall’inizio. Al momento dell’esplosione, gli abitanti della zona furono evacuati e trasferiti alla periferia di Kiev. Ma alcuni di loro, circa 1.200 persone, decisero che la vita della città non era per loro, troppo difficile vivere in una grande città con una misera pensione e senza i prodotti della terra. E troppo forte il legame con la loro terra.
Dopo qualche mese ritornarono a vivere nelle loro case, sfidando il divieto del governo sovietico. Hanno resistito e il governo ha dovuto riconoscerli come residenti della zona di esclusione. Diventarono quello che oggi chiamiamo i coloni.
Per 30 anni hanno resistito al governo e alle radiazioni, perché prima avevano resistito alla seconda guerra mondiale e alla fame. Ed è per questo che non hanno paura delle radiazioni. Hanno deciso di vivere nelle loro case, nella loro terra, per non dimenticare le proprie origini. Sono l’ultimo esempio di una resistenza pacifica.
Gli ultimi sopravvissuti sono ormai ottuagenari. Oggi sono meno di cento, il tempo e le radiazioni li ha portati via. Con gli ultimi si concluderà una cultura, la cultura della sopravvivenza a Chernobyl. I pochi villaggi abitati della zona di esclusione spariranno definitivamente e le loro case e gli oggetti personali, che li hanno accompagnati per tutta la vita, saranno inghiottiti dalla vegetazione e distrutti dal tempo.

E quale è la situazione intorno alla zona di esclusione?

Radinka è un villaggio altamente contaminato situato a 300 metri dal confine con la zona di esclusione di Chernobyl. A 30 anni dal peggior disastro nucleare della storia, Radinka è l’esempio di cosa c’è intorno alla zona di esclusione di Chernobyl, una zona altamente contaminata e abitata, totalmente dimenticata.
Un combattente solitario, Lo scienziato bielorusso Yuriy Bandazhevsky, da anni sta studiando le conseguenze di questa contaminazione sui bambini residenti a Radinka e neila provincia di Ivankov e combatte contro le autorità locali, internazionali e la lobby atomica per far conoscere la verità, rischiando la propria vita come è successo in passato. Oggi la popolazione delle terre contaminate da Chernobyl continua a soffrire e a morire per le conseguenze del disastro nucleare di Chernobyl.
L’80% degli oltre 3700 bambini esaminati, e che vivono in queste terre ai confini con la zona di esclusione, ha turbe del ritmo cardiaco, in relazione diretta con la quantità di cesio incorporata. Inoltre il 30% presenta una contaminazione interna da cesio 137 sopra i 50 Bq/kg, livello in cui si sviluppano tutte le patologie.
Chernobyl dopo 30 anni è solo all’inizio della sua storia.

Ecco alcune fotografie del lavoro:

la volpe radioattiva nella piazza principale di Pripyat. Gli animali selvatici, grazie all’assenza degli esseri umani, hanno preso possesso dell'ambiente. Nella zona ora c’è abbondanza di animali selvatici come volpi, lupi, cinghiali, alci e persino orsi
Vladik, 7 anni e Igor, 6 anni, vivono a Radinka, uno dei villaggi più contaminati intorno alla zona di esclusione di Chernobyl.
L'addetto alle relazioni pubbliche mentre spiega le regole di sicurezza per i lavoratori all'interno del reattore numero 4. Centrale nucleare di Chernobyl

Per vedere il lavoro completo vai al sito di Pierpaolo Mittica

SE vi interessa l’argomento, Pierpaolo ha affrontato altri reportage che potete trovare qui

Ricordo che Pierpaolo è docente di un Master in Reportage presso Musa Fotografia, a Monza, se siete interessati, ecco il LINK

Ciao Sara!