Come sempre, il mese di maggio offre un ricchissimo programma di mostre. Di seguito ne trovate una selezione.
Buona visione
Anna
Le mostre di Fotografia Europea – Un’invincibile estate

Dal 29 aprile al 12 giugno 2022 torna l’atteso appuntamento con Fotografia Europea a Reggio Emilia, Festival di fotografia di caratura internazionale promosso e prodotto da Fondazione Palazzo Magnani insieme al Comune di Reggio Emilia e con il contributo della Regione Emilia-Romagna.
Torna con una fortissima spinta propulsiva, data dal titolo: Un’invincibile estate, frase celebre di Albert Camus che racchiude potentemente l’immagine di come le nostre forze interiori, pur nel cuore dell’Inverno, tendano inevitabilmente a sprigionarsi infine nel trionfo e nel continuo rinnovarsi della vita. Una metafora quanto mai attuale visto il recente passato e il presente che ci stanno accompagnando.
Questa suggestione ha accompagnato la direzione artistica del Festival, composta da Tim Clark e Walter Guadagnini, che ha selezionato i lavori dei protagonisti di quest’anno combinando sguardi internazionali e sensibilità differenti, mai banali, che non mancheranno di cogliere, anche di sorpresa, i visitatori.
Alla base del Festival, come sempre, ci saranno storie e racconti molto spesso intimi, altre volte più aperti e sfacciati ma in entrambi i casi con l’obiettivo di stimolare punti di vista nuovi e una riflessione sulla complessità del mondo e dei fili che intrecciano i suoi abitanti ai quattro angoli del pianeta. Molteplici sguardi sulla contemporaneità attraverso il medium della fotografia, per interrogarsi sul ruolo delle immagini e della cultura visiva in questo particolare momento storico.
Come sempre le sale dei monumentali Chiostri di San Pietro saranno il fulcro del festival, ospitando ben dieci esposizioni.
Al primo piano, in ordine di percorso, troviamo Nicola Lo Calzo con il progetto intitolato Binidittu, riflessione sulla condizione delle persone migranti nel Mediterraneo attraverso la figura di San Benedetto il Moro, il primo santo nero della storia moderna considerato un’allegoria dei nostri tempi: luogo d’incontro tra il Mare Nostrum e il mondo, tra la memoria e l’oblio, tra il razzismo banalizzato e l’humanitas condivisa. Nella sala successiva, Hoda Afshar, attraverso gli scatti del complesso progetto Speak The Wind svela gli straordinari paesaggi dell’Iran, la sua gente e i loro rituali, fotografando il vento e gli intrecci di tradizioni e credenze che porta con sé, per formare una registrazione visibile dell’invisibile attraverso l’occhio dell’immaginazione. La fotografa americana Carmen Winant, invece, nella serie di immagini di Fire on World tesse più narrazioni attraverso centinaia di diapositive ritrovate, di protesta, di nascita e di piccoli mondi, che si allineano ordinatamente e messe insieme formano un quadro più ampio di disordine sociale e dissenso. Il giapponese Seiichi Furuya con la mostra First trip to Bologna 1978 /Last trip to Venice 1985 racconta il primo e l’ultimo viaggio fatti insieme a sua moglie Christine Gössler, attraverso ritratti intimi e fermo immagini, che gli hanno permesso di ricostruire la memoria di quei momenti, fino al suicidio di Christine. Ken Grant, fotografo inglese, propone la mostra Benny Profane, un progetto a lungo termine su un distretto portuale nei dintorni di Liverpool, che diventa nei suoi scatti un’immersione in uno spazio e in coloro che da esso dipendono, un resoconto di parentela e sfida in una terra difficile. Il giovane Guanyu Xu con le fotografie di Temporarily Censored Home trasforma lo spazio domestico e conservatore della sua infanzia, in scena di rivelazione, protesta e bonifica queer, mediante un mosaico di immagini raccolte da riviste di moda e cinema occidentali, nonché ritratti di sé stesso con altri uomini, per mettere in scena una performance profondamente intima e politica. La fotografa Chloé Jafé con I give you my life racconta la storia, spesso sconosciuta, delle donne della Yakuza – la mafia giapponese tra le più leggendarie al mondo – mogli, figlie, amanti, che orbitano intorno alle attività criminali dei gangster maschi e che a loro hanno dedicato la loro esistenza. Jonas Bendiksen, invece, diffonde il caos nella comunità del fotogiornalismo con The Book of Veles, progetto che accorpa le fake news generate nella piccola e sconosciuta cittadina macedone di Veles per dimostrare – attraverso un misto di reportage classico, modelli di avatar 3D e sistemi di generazione di testo con intelligenza artificiale – che la disinformazione visiva confonde anche i professionisti dei media addestrati. Infine il francese Alexis Cordesse con Talashi, (parola che in lingua araba significa frammentazione, scomparsa) spiega cos’è la guerra civile siriana attraverso le fotografie personali scattate da coloro che vivono in esilio: un atto di rievocazione collettiva tra intimità e Storia.
La mostra storica di questa edizione sarà ospitata nelle sale affrescate del piano terra dei Chiostri di San Pietro e sarà dedicata a Mary Ellen Mark, fotografa documentarista che dal 1964 fino alla sua morte nel 2015, realizza saggi fotografici intensamente vividi e rivoluzionari che esplorano la realtà delle persone, soprattutto donne, in una varietà di situazioni complesse e spesso difficili, dolorose, a volte quasi impossibili.
Mary Ellen Mark: The Lives of Women, a cura di Anne Morin, abbraccia l’umanità di queste donne e la condivide con un pubblico più ampio, fornendo ai suoi soggetti una voce significativa, spesso estremamente potente.
Nella sede di Palazzo da Mosto sarà esposta la mostra dedicata al Paese Ospite, la Russia, con la curatela di Dimitri Ozerkov, Direttore del Dipartimento di arte contemporanea del Museo Ermitage di San Pietroburgo, che presenta Sentieri nel Ghiaccio, una selezione di artisti Alexander Gronsky, Anaïs Chabeur, Olya Ivanova, Evgeny Khenkin, Anselm Kiefer, John Pepper e Dimitry Sirotrin i cui progetti sono intimamente legati al tema di Fotografia Europea 2022. Al piano terra, trovano posto gli scatti della nuova produzione di Fotografia Europea, affidata a Jitka Hanzlovà. Scopo di questo progetto è raccontare come le forze di resilienza degli adolescenti siano oggi particolarmente sollecitate dai risvolti sociali che la situazione sanitaria impone loro da due anni a questa parte.
I progetti dei vincitori della Open Call di questa edizione saranno visibili nel nuovo spazio di Fotografia Europea: la Galleria Santa Maria, nel cuore del centro storico. Simona Ghizzoni racconta nel progetto Isola come sia riuscita a recuperare una relazione con la natura e con le persone, approfittando dell’emergenza Covid per lasciare Roma e tornare a rifugiarsi nell’Appennino Emiliano. La spagnola Gloria Oyarzabal, fotografa e cineasta, fissa il focus della sua indagine sul concetto di Museo in particolare in un’ottica colonialista con il progetto Usus fructus abusus. Infine Maxime Richè, parigino, da tempo si misura con la capacità di adattamento dell’uomo rispetto alle conseguenze degli sconvolgimenti ambientali. In Paradise, il focus è l’incendio che in sole quattro ore ha incenerito l’omonima città californiana e le persone che nonostante ciò, tornano per ricostruirsi una vita, proprio dove la vita è stata così brutalmente cancellata.
Ad abbracciare il festival, numerose altre mostre partner che gravitano intorno ad esso, organizzate dalle più importanti istituzioni culturali cittadine e ospitate presso i propri spazi.
Nel trentennale della scomparsa di Luigi Ghirri, a Palazzo dei Musei, la mostra In scala diversa. Luigi Ghirri, Italia in miniatura e nuove prospettive, a cura di Ilaria Campioli, Joan Fontcuberta e Matteo Guidi, partendo dalla serie In scala realizzata da Luigi Ghirri in più riprese, dalla fine degli anni Settanta alla prima metà degli Ottanta, nel parco divertimenti Italia in Miniatura di Rimini, approfondisce i temi del doppio, della finzione e dell’idea stessa di realtà, creando un dialogo con la raccolta – disegni, cartoline, documenti e immagini provenienti dall’archivio del parco – accumulatasi dalla metà degli anni Sessanta a seguito dei numerosi viaggi del fondatore Ivo Rambaldi lungo tutta la penisola, allo scopo di raccogliere quanta più documentazione visiva possibile per la costruzione dei plastici.
Sempre a Palazzo dei Musei torna “Incontri! Arte e persone”, progetto di Reggio Emilia Città senza Barriere – STRADE dedicato all’incontro tra fragilità e creatività. L’artista Alessandra Calò, che predilige la pratica del lavoro off camera, e sette persone con fragilità realizzano, attingendo alla ricca collezione dei Musei, un vero e proprio erbario, tramite l’utilizzo di antiche tecniche di stampa fotografica a contatto. La mostra Herbarium. I fiori sono rimasti rosa, insieme agli esperimenti di stampa e al fare laboratoriale, saranno ospitati in un nuovo spazio museale che si apre al dialogo con la città.
I Chiostri di San Domenico ospitano la nona edizione di Giovane Fotografia Italiana, progetto del Comune di Reggio Emilia che valorizza i talenti della fotografia italiana contemporanea under 35. La mostra, significativamente intitolata Possibile, a cura di Ilaria Campioli e Daniele De Luigi, presenta le ricerche di Marcello Coslovi, Chiara Ernandes, Claudia Fuggetti, Caterina Morigi, Giulia Parlato, Riccardo Svelto, Giulia Vanelli, artisti selezionati da una giuria internazionale, composta dai curatori e da Chiara Fabro – Festival Panoràmic di Barcellona, Shoair Mavlian – Photoworks di Brighton e Krzysztof Candrowicz – Fotofestiwal di Łódź. Novità di questa edizione è l’istituzione del Premio Luigi Ghirri, nel trentennale della scomparsa dell’autore, in collaborazione con l’Archivio Eredi Luigi Ghirri.
Lo Spazio Gerra presenta il progetto In Her Rooms di Maria Clara Macrì in cui l’autrice esplora il rapporto tra empatia, intimità e rappresentazione contemporanea delle donne. Nel suo lavoro, la fotografa riesce a cogliere la natura complessa e intensa della femminilità odierna, liberata dagli stereotipi e dalla sessualizzazione e oggettivazione di cui è vittima ed esprimendo visivamente l’essenza di un nuovo sentire internazionale e globale, dovuto anche alla forte trasmigrazione al femminile.
La Biblioteca Panizzi con la mostra Vasco Ascolini: un’autobiografia per immagini a cura di Massimo Mussini, racconta la vita artistica e lavorativa del fotografo reggiano attraverso 40 anni di scatti in un percorso coraggioso, fatto di incontri importanti e di grande determinazione. L’intento è quello di far conoscere al pubblico la donazione che il fotografo ha fatto alla città ricreando una sorta di diario di viaggio in cui Ascolini segnala i momenti di passaggio con i quali ha progressivamente arricchito il suo linguaggio espressivo.
La Collezione Maramotti dedica la sua mostra al fotografo Carlo Valsecchi che nelle quarantaquattro fotografie di grande formato che costituiscono Bellum – tutte presenti nel volume che accompagna la mostra, e di cui una ventina in esposizione – racconta il conflitto ancestrale tra uomo e natura e tra uomo e uomo. Attraverso un lavoro durato circa tre anni, Valsecchi percorre le montagne, espressione naturale estrema e insieme luogo dell’ultima guerra, sublimando nei suoi scatti una realtà cruda in forma spesso astratta, intimamente estetica e assoluta.
La Fondazione I Teatri espone gli scatti di Arianna Arcara in cui Teatro e fotografia entrano ancora in relazione nel nuovo progetto dal titolo La Visita / Triptych che Fondazione I Teatri, con Reggio Parma Festival e in collaborazione con Collezione Maramotti e Max Mara hanno affidato all’artista invitandola a una interpretazione del lavoro della Compagnia di teatro-danza belga Peeping Tom al Festival Aperto 2021. Ritratti, allestimenti e sequenze sono i tre focus su cui Arcara ha lavorato per questa mostra, riprendendo la performance site specific “La Visita” presso la Collezione Maramotti e la spettacolare trilogia “Triptych” andata in scena al Teatro Municipale Valli.
Dal 29 Aprile al 12 giugno – Reggio Emilia – sedi varie
Le mostre di Riaperture

Nel 2022 Riaperture, per la sesta edizione del suo Festival di Fotografia, vuole parlare di viaggio, in tutte le sue forme, mezzi e declinazioni possibili: che sia reale, immaginario, nello spazio, nel tempo e anche di fantasia.
Proveniamo da un lungo periodo nel quale spostarsi fisicamente da un luogo ad un altro ci è stato a tratti sconsigliato, a tratti limitato alla sola necessità e a tratti interdetto per la nostra sicurezza. In questo graduale e, ci auguriamo, irreversibile percorso verso il famigerato recupero della normalità, vorremmo tornare pienamente a vivere il viaggio come esercizio di meraviglia davanti alla Natura, in una città o a contatto con un popolo, senza dimenticarci dell’esperienza introspettiva che la distanza ci ha imposto.
Le mostre saranno ospitate nei luoghi di Ferrara riaperti per l’occasione e saranno tutte visibili con il biglietto unico di ingresso, acquistabile in prevendita anche online sul nostro sito.
Nei luoghi riaperti per l’occasione saranno esposte:
Sara Melotti – Quest For Beauty
Rocco Rorandelli – Bitter Leaves
Guia Besana – Carry On
Alessandro Bergamini – Humanity
Giovanni Chiaromonte – Westwards
Alba Zari – The Y
Valerio Muscella e Michele Lapini – Non più, non ancora
Alessandro Inches – ravers’ interiors
Fulvia Bernacca – Sereno
Alison Luntz – In Spirit
dal 13 al 29 maggio 2022 – Ferrara
Invisible – Roberto Polillo

Dal Marocco alla Cambogia, dal Giappone all’India, tra Venezia, New York e Dubai, 21 fotografie di grande formato per 13 paesi raccontano la ricerca artistica e il linguaggio di Roberto Polillo, un progetto speciale all’interno di MIA FAIR 2022.
Paesaggi e architetture, colori e percezioni, una esplorazione del mondo attraverso una fotocamera in movimento, alla ricerca di quello che gli occhi non vedono: l’invisibile. Tra sperimentazione tecnica e indagine della resa dell’immagine, nasce una fotografia che aspira a cogliere l’anima dei luoghi e rivelare una realtà ridotta ai suoi elementi essenziali, spaziali, cromatici, percettivi, ritmici a tratti pittorici, evocativi; una realtà altra e diversa da quella registrata soltanto dagli occhi.
Insieme alla mostra arricchisce il percorso culturale di MIA FAIR anche un talk intitolato Esplorando l’invisibile, venerdì 29 aprile alle ore 18.00, per una riflessione e un confronto che possa nascere da un’alternanza di visioni e di discipline. Un dialogo tra Denis Curti e Alberto Diaspro, direttore del Dipartimento di Nanofisica dell’Istituto Italiano di Tecnologia e autore di Quello che gli occhi non vedono con Mauro Pagani, polistrumentista, compositore e produttore discografico, parte della PFM Premiata Forneria Marconi e autore di importanti collaborazioni con numerosi musicisti italiani, a partire da Fabrizio De André, e Francesca Taroni, direttore di “Living e ” Abitare”.
Invisibile raccoglie oltre quindici anni di indagine fotografica che Roberto Polillo ha portato avanti grazie a una grande passione, che nei primi anni della sua carriera gli ha permesso di ritrarre alcuni dei più importanti nomi del Jazz, all’amore per il viaggio che lo ha spinto in oltre 25 paesi nel mondo e alla volontà di trovare un linguaggio che possa diventare veicolo per una nuova espressione della realtà.
In queste stanze, portate al grado zero del nero, Roberto Polillo sembra muoversi come uno sciamano contemporaneo capace di esprimere il bisogno vitale dell’umanità di ricomporre il rapporto con quell’universo che essa stessa è stata capace di costruirsi. La sua esplorazione del mondo è l’espressione di un preciso desiderio, quello di raccogliere empatia per poi restituirla. Denis Curti
28 aprile – 1 maggio 2022 – MIA FAIR – Milano
Herbarium. I fiori sono rimasti rosa

Dopo il successo ottenuto lo scorso anno con la mostra Wunderkammer. Le Stanze delle Meraviglie, che ha visto come protagonisti il fotografo di moda Luca Manfredi e sei ragazzi e ragazze con fragilità, torna a Palazzo dei Musei di Reggio Emilia dal 29 aprile, nell’ambito del festival di Fotografia Europea (29 aprile – 12 giugno 2022), il progetto che pone l’attenzione sul tema dell’incontro tra arte, fotografia e fragilità. Partendo dalle importanti collezioni botaniche custodite ai Musei Civici, l’artista Alessandra Calò accompagnerà sette persone con fragilità nella realizzazione di un vero e proprio erbario installativo tramite l’utilizzo di antiche tecniche di stampa fotografica a contatto; il risultato finale verrà esposto nella mostra dedicata “Herbarium. I fiori sono rimasti rosa”.
Il progetto costituisce la terza tappa di “Incontri! Arte e persone”, l’iniziativa di Reggio Emilia Città senza Barriere, promossa dal Comune di Reggio Emilia, dedicata all’incontro tra fragilità e creatività. I protagonisti, l’artista Alessandra Calò e sette persone con fragilità – Valentina Bertolini, Paolo Borghi, Valentina De Luca, Cinzia Immovilli, Flavia Vezzani e Caterina Perezzani -, sono stati affiancati dallo staff dei Musei Civici e da un’atelierista di STRADE, il nuovo ambito socio-occupazionale e del tempo libero a favore delle persone adulte con disabilità del Distretto di Reggio Emilia, un progetto gestito dal Consorzio Oscar Romero.
“Herbarium. I fiori sono rimasti rosa rappresenta una mostra inaspettata e inedita che unisce arte, creatività, fragilità e un’attenta riflessione sull’ambiente – dichiara l’assessora alla Cultura e alle Pari Opportunità Annalisa Rabitti –sostenendo così un’idea di cultura in cui tutti e tutte possiamo essere protagonisti e agire per il nostro territorio. L’incontro tra la creatività dell’artista Alessandra Calò, la fantasia di sei persone con fragilità e le preziose collezioni botaniche custodite ai Musei Civici, oltre ad aver offerto nuove opportunità di inclusione sociale ed esperienza artistica, hanno generato un importante e bellissimo mix che vedrà il suo risultato nell’esposizione dell’erbario installativo in occasione del festival di Fotografia Europea.”
Incuriosita dalla ricca collezione di erbari conservata presso Palazzo dei Musei, che per la loro fragilità e valore storico non sono esposti al pubblico, ma custoditi in eleganti contenitori che ne lasciano trapelare tutta la preziosità, l’artista guiderà i partecipanti nella realizzazione di un vero e proprio erbario, tramite l’utilizzo di antiche tecniche di stampa fotografica a contatto. Nella sua pratica, infatti, Alessandra Calò attualizza antichi procedimenti di stampa realizzando la maggior parte del suo lavoro off camera; un fare alchemico che riporta a tempi passati. Nati ad uso e consumo dell’uomo, oggi questi antichi erbari permettono di approfondire temi legati all’ambiente e “viaggiare” nel tempo creando delle connessioni tra passato e presente. Il nuovo erbario, ispirato al grande quaderno di Antonio Cremona Casoli e all’erudita raccolta di Filippo Re, sarà frutto anche di un’indagine sul territorio.
L’intero processo, gli esperimenti di stampa e il fare laboratoriale, saranno ospitati in un nuovo ambiente di Palazzo dei Musei, in precedenza laboratorio archeologico. Lo spazio, accessibile da via Secchi, si presenta come una vera e propria vetrina, un affaccio sulla città, un ponte in dialogo tra il luogo della memoria e lo spazio della vita collettiva. Il materiale raccolto e realizzato liberamente sarà esposto nella forma di un erbario installativo in occasione del Festival di Fotografia Europea, coinvolgendo anche l’inedito cortile interno retrostante il laboratorio grazie al gruppo de I Senzamai, operosi custodi del Parco San Lazzaro, e Art Factory.
WORLD PRESS PHOTO EXHIBITION 2022

Sono stati annunciati ad Amsterdam i vincitori del World Press Photo Contest 2022, il più importante concorso di fotogiornalismo al mondo: quest’anno, i lavori premiati sono stati scelti tra i 64.823 candidati, tra fotografie e open format, realizzati da 4.066 fotografi provenienti da 130 paesi. La giuria, presieduta da Rena Effendi, ha incoronato vincitore lo scatto realizzato nella Scuola Residenziale di Kamloops dalla fotografa canadese Amber Bracken per il New York Times, aggiudicandosi, dunque, il World Press Photo of the year.
Abiti rossi appesi a delle croci lungo una strada: commemorano i bambini morti alla Kamloops Indian Residential School, un’istituzione creata per i piccoli indigeni. In quel luogo, sono state scoperte circa 215 tombe. La presidente della giuria globale Rena Effendi: «È un tipo di immagine che si insinua nella memoria, ispira una sorta di reazione sensoriale. Potevo quasi sentire la quiete in questa fotografia, un momento tranquillo di resa dei conti globale per la storia della colonizzazione, non solo in Canada ma in tutto il mondo».
La GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino ospiterà, in anteprima italiana, questa e le altre foto vincitrici dal prossimo 29 aprile fino al 18 settembre: la 66ª edizione della World Press Photo Exhibition è organizzata per il sesto anno consecutivo a Torino (le due ultime edizioni nella Sala del Senato di Palazzo Madama) grazie all’impegno di Cime, partner della World Press Photo Foundation di Amsterdam e della Fondazione Torino Musei. Le foto vincitrici saranno esposte nella sala mostre.
Gli altri vincitori
Il premio “World Press Photo Story of the Year” è andato a “Salvare le foreste con il fuoco” di Matthew Abbott, Australia, un lavoro realizzato per National Geographic/Panos Pictures. Al centro del racconto, un rito degli indigeni australiani che bruciano strategicamente la terra in una pratica nota come «combustione a freddo»: i fuochi si muovono lentamente, bruciano solo il sottobosco e rimuovono l’accumulo di residui vegetali che possono alimentare incendi più grandi. Il popolo Nawarddeken di West Arnhem Land, in Australia, attua questa pratica da decine di migliaia di anni e vede il fuoco come uno strumento per gestire la propria terra natale di 1,39 milioni di ettari. I ranger di Warddeken combinano le conoscenze tradizionali con le tecnologie contemporanee per prevenire gli incendi, diminuendo così la CO2 per il riscaldamento climatico.
Vincitore del premio “World Press Photo long-term project award“, invece, “Distopia amazzonica” di Lalo de Almeida, Brasile, per Folha de São Paulo/Panos Pictures. Mostra come la foresta pluviale amazzonica sia gravemente minacciata dalla deforestazione, dall’estrazione mineraria, dallo sviluppo infrastrutturale e dallo sfruttamento di altre risorse naturali. Pesano anche politiche “poco green” del presidente Jair Bolsonaro.
“Il sangue è un seme” di Isadora Romero, Ecuador ha vinto la sezione video, “World Press Photo open format award”. Attraverso storie personali, questo lavoro mette in discussione la scomparsa dei semi, la migrazione forzata, la colonizzazione e la conseguente perdita di conoscenze ancestrali. Il video è composto da fotografie digitali e cinematografiche, alcune delle quali sono state scattate su pellicola 35mm scaduta e successivamente disegnate dal padre di Romero. In un viaggio nel loro villaggio ancestrale di Une, Cundinamarca, in Colombia, Romero esplora ricordi dimenticati della terra e dei raccolti e viene a conoscenza del fatto che suo nonno e la sua bisnonna fossero “custodi dei semi” e che coltivavano diverse varietà di patate, di cui solo due si possono ancora trovare.
Dal 28 aprile al 12 giugno 2022 – Palazzo delle Esposizioni ROMA
Dal 29 Aprile 2022 al 18 Settembre 2022 – GAM Torino
DAVID LACHAPELLE. I BELIEVE IN MIRACLES

La grande mostra personale “David LaChapelle. I Believe in Miracles” è il risultato di un percorso di ricerca artistica che dura da una vita e che racconta un David LaChapelle inedito e, per certi versi, inaspettato.
Con un progetto inedito il Mudec ospita un percorso espositivo che mette al centro uno sguardo critico sull’animo umano indagato nelle sue pieghe fatte di dolori, solitudini, gioie, passioni e ideali.
L’uomo e il rapporto con sé stesso, l’uomo nell’ambiente circostante e nella società umana, l’uomo nella Natura.
In mostra oltre 90 opere – tra grandi formati, scatti site-specific, nuove produzioni e una video installazione – che si dipanano in un racconto fluido e ricchissimo di suggestioni, attraverso la personalissima visione dell’artista di una fotografia ‘gestuale’, che è strappo sul presente e ‘alert’ per il futuro a venire.
22 aprile – 11 settembre 2022 – MUDEC – Milano
LUIGI GHIRRI. (NON) LUOGHI

La Fondazione Cassa di Risparmio di Jesi, nella rinascimentale sede di Palazzo Bisaccioni, celebra Luigi Ghirri, maestro della fotografia contemporanea, in occasione del trentennale dalla morte, attraverso una mostra che vuole proporsi come un racconto emozionale, un percorso che disveli al visitatore il modo in cui Ghirri entra in rapporto con le cose, celebrando l’artista e ponendo l’attenzione sulla sua intima necessità di fotografare.
La mostra “Luigi Ghirri (non) luoghi”, a cura di Massimo Minini, si compone di quaranta fotografie provenienti da collezioni private. Obiettivo del progetto espositivo, ideato da Roberta Angalone, è ricordare l’artista analizzandone la ricerca fotografica dal punto di vista delle motivazioni e dei sentimenti attraverso un percorso che ne tocca i punti di interesse e le questioni.
Reggiano di origine, grazie all’assidua frequentazione del gruppo degli artisti concettuali modenesi, Ghirri si avvicina alla fotografia intorno agli anni ’70, i primi scatti sono realizzati durante le vacanze estive o i fine settimana e tanto basta perché si renda conto che la macchina fotografica sarebbe stato il medium perfetto, un incredibile linguaggio visivo capace di saziare il “desiderio d’infinito che è in ognuno di noi”.
La mostra si apre con una prima sezione introduttiva, dedicata alla vita e al racconto del suo avvicinamento all’obiettivo fotografico. Nato nel gennaio del 1943, vede il mondo mutare in pochi anni: dal clima del dopo guerra a quello del boom economico e al conseguente fermento culturale degli anni ’60. Si forma così, inevitabilmente, la sua personalità sensibile ai cambiamenti e desiderosa di conoscenza; la fotografia diviene il mezzo per guardare a fondo le cose, conoscerne l’origine e il divenire.
Il percorso prosegue con le sezioni dedicate ai luoghi, ai volti del tempo, ai non luoghi, all’arte e in fine ad Aldo Rossi, con il quale condivide l’interesse per la periferia, spazio che, a parere di entrambi, racchiude in sé forza evocativa di storia e memoria. Ghirri è attratto dall’ambiente che abita l’uomo, quello in cui egli si muove, non ai mutamenti del paesaggio, ma ai cambiamenti del vivere.
Quello dell’artista è un universo a tratti malinconico, incantato, sospeso e romantico, che trova senso nelle piccole cose, nello stupore e nella meraviglia che scaturisce dal guardare le cose senza il velo dell’abitudine.
Con i suoi scatti dimostra come la fotografia sia generatrice di mondi possibili, mai artificiosi e irreali, ma che sempre raccontano la percezione di un’altra verità, frutto del perfetto “equilibrio tra rilevazione e rivelazione”. Durante tutta la sua carriera Ghirri fotografa un’enorme quantità di soggetti differenti, decidendo di non identificarsi in un genere o stile poiché reputa questa una scelta rischiosa, una limitazione della libertà di espressione. La sua è una fotografia che si oppone a qualsiasi specie di “censura” linguistica; anche le sue indagini rimangono volutamente aperte, non tendono ad una risposta unica e definitiva ma si prestano a infinite combinazioni e interpretazioni, coerentemente con la sua idea di fotografia.
Dal 09 Aprile 2022 al 31 Luglio 2022 – Jesi (AN) – Fondazione Cassa di Risparmio di Jesi
Fabio Boni: Respiro. Un attimo prima che tutto cambi

l primo lavoro di Fabio Boni, datato 1993, si intitola Volti: ritratti in bianco e nero su sfondo bianco, nel tentativo di scorgere, nei segni che il tempo ha lasciato sulle fisionomie, dettagli delle storie personali dei soggetti fotografati.
La carriera del fotografo prende il via dal ritratto: per diverso tempo, l’interesse di Fabio Boni si concentra strettamente sulla persona; lo spazio per il paesaggio non è contemplato.
Con il passare degli anni, i suoi progetti diventano i muri di una vecchia casa di famiglia sui quali l’edera comincia a creare una trama: la natura si insinua nelle fotografie, prima concedendosi lo spazio di una virgola tra i diversi ritratti, piano piano assumendo un ruolo sempre più centrale, fino a diventare importante terreno simbolico.
Nei due lavori che verranno esposti sulle pareti della galleria di Micamera e che danno il titolo alla mostra, uno del 2018 e uno del 2020, l’indagine naturale e sul territorio arriva a intrecciarsi con le dinamiche personali e sociali che costituiscono i luoghi, ritraendo il paesaggio come fondamentale depositario della memoria collettiva.
n Respiro, il giardino di Maura, fotografato dal 2018 al 2020, è un luogo in cambiamento, che segue naturalmente il ciclo delle stagioni, ma al contempo si modella sulle storie di vita delle persone che lo frequentano e lo abitano. ‘Gli alberi sono una presenza, una forza, una necessità, sono ricordi di storie e di persone, fanno parte della memoria di chi li ha piantati e li custodisce’.
In Un attimo prima che tutto cambi, due generazioni ai poli apposti sulla linea della vita, si mescolano sullo sfondo di una collina appena fuori dal centro urbano. Si parla qui di una comunità che si occupa di conservare, tutelare, garantire gli ultimi anni – o attimi – di vita delle sue persone più anziane, e lo fa affiancando, anche solo simbolicamente, quelle persone anziane ai bambini, rendendo entrambe le generazioni importanti custodi per la realizzazione del futuro.
La collina, il territorio, la “natura che accoglie”, è la depositaria della memoria collettiva che costituisce la comunità stessa, ed è incaricata di raccogliere questa memoria e trasformarla in conoscenza per i più giovani, affinché si realizzi il futuro.
23 aprile – 21 maggio, 2022 – MICAMERA – Milano
SABINE WEISS. LA POESIA DELL’ISTANTE

«Quando [Sabine Weiss] fotografa i bambini, diventa bambina lei stessa. Non esistono assolutamente barriere tra lei, loro e la sua macchina fotografica.»
Hugh Weiss, artista e marito di Sabine Weiss
La Casa dei Tre Oci di Venezia presenta, dall’11 marzo al 23 ottobre 2022, la più ampia retrospettiva mai realizzata finora, la prima in Italia, dedicata alla fotografa franco-svizzera Sabine Weiss, scomparsa all’età di 97 anni nella sua casa di Parigi lo scorso 28 dicembre 2021, tra le maggiori rappresentanti della fotografia umanista francese insieme a Robert Doisneau, Willy Ronis, Edouard Boubat, Brassaï e Izis.
L’esposizione è il primo e più importante tributo alla sua carriera, con oltre 200 fotografie. Curata da Virginie Chardin, la retrospettiva è promossa dalla Fondazione di Venezia, realizzata da Marsilio Arte in collaborazione con Berggruen Institute, prodotta dallo studio Sabine Weiss di Parigi e da Laure Delloye-Augustins, con il sostegno di Jeu de Paume e del Festival internazionale Les Rencontres de la photographie d’Arles.
Unica fotografa donna del dopoguerra ad aver esercitato questa professione così a lungo e in tutti i campi della fotografia – dai reportage ai ritratti di artisti, dalla moda agli scatti di strada con particolare attenzione ai volti dei bambini, fino ai numerosi viaggi per il mondo – Sabine Weiss, che ha potuto partecipare attivamente alla costruzione di questo percorso espositivo, aveva aperto i suoi archivi personali, conservati a Parigi, per raccontare, per la prima volta in maniera ampia e strutturata, la sua straordinaria storia e il suo lavoro.
Gli scatti esposti ai Tre Oci, tra i quali diversi inediti – come la serie dedicata ai manicomi, realizzata durante l’inverno 1951-1952 in Francia nel dipartimento dello Cher, e rimasta parzialmente inedita fino ad oggi – ripercorrono insieme a diverse pubblicazioni e riviste dell’epoca l’intera carriera di Weiss, dagli esordi nel 1935 agli anni ’80. Fin dall’inizio, Sabine Weiss, come testimoniano in mostra le foto dei bambini e dei passanti, dirige il suo obiettivo sui corpi e sui gesti, immortalando emozioni e sentimenti, in linea con la fotografia umanista francese. È un approccio dal quale non si discosterà mai, come si evince dalle sue parole: «Per essere potente, una fotografia deve parlarci di un aspetto della condizione umana, farci sentire l’emozione che il fotografo ha provato di fronte al suo soggetto».
Nata Weber a Saint-Gingolph, in Svizzera, il 23 luglio 1924, Sabine, che prenderà il cognome del marito, il pittore americano Hugh Weiss (Philadelphia, 1925 – Parigi, 2007), si avvicina alla fotografia in giovane età. Compie l’apprendistato presso i Boissonnas, una dinastia di fotografi che lavorano a Ginevra dalla fine del XIX secolo. Nel 1946 lascia Ginevra per Parigi e diviene l’assistente di Willy Maywald, fotografo tedesco specializzato in moda e ritratti. Quando sposa Hugh, nel 1950, intraprende la carriera di fotografa indipendente. Insieme, si trasferiscono in un piccolo studio parigino, dove abiteranno poi tutta la vita, e frequentano la scena artistica del dopoguerra.
Uno dei nuclei principali della rassegna “Sabine Weiss. La poesia dell’istante” racconta proprio gli anni ’50 del Novecento, momento del riconoscimento internazionale della fotografa. Nel 1952, infatti, la sua carriera ha una svolta decisiva quando entra nell’agenzia Rapho, su raccomandazione di Robert Doisneau. Dal 1953 in poi le sue fotografie sono pubblicate da grandi giornali internazionali come “Picture Post”, “Paris Match”, “Vogue”, “Le Ore”, “The New York Times”, “Life”, “Newsweek”. Nello stesso anno Weiss partecipa alla mostra “Post War European Photography” al Museum of Modern Art di New York (MOMA) e nel 1954 l’Art Institute di Chicago le dedica un’importante personale. Nel 1955 tre dei suoi scatti sono scelti da Edward Steichen per la storica antologica “The Family of Man”, al MOMA di New York.
Dal 1952 al 1961 Sabine Weiss collabora, accanto a fotografi come William Klein, Henry Clarke e Guy Bourdin, con Vogue, realizzando alcuni memorabili servizi di moda, di cui in mostra sono esposti vivaci scatti a colori insieme a una quindicina di numeri originali della celebre rivista.
Una sezione del percorso è poi dedicata ai suoi ritratti di pittori, scultori, attori e musicisti. Per cinque anni, Hugh Weiss è il mentore dell’artista Niki de Saint Phalle, mentre Sabine è vicina ad Annette Giacometti, la moglie del grande scultore Alberto. In mostra non mancano i loro ritratti accanto a quelli di altre personalità come Robert Rauschenberg, Françoise Sagan, Romy Schneider, Ella Fitzgerald, Simone Signoret e Brigitte Bardot.
L’America, raggiunta nel 1955 sul transatlantico Liberté in compagnia del marito Hugh, la impressiona fortemente, e i scuoi scatti realizzati a New York nelle sue strade brulicanti di dettagli, dal Bronx ad Harlem, da Chinatown alla Ninth Avenue, sono pubblicati dal New York Times in un ampio servizi dal titolo “I newyorkesi (e la Washington) di una parigina”. Sono immagini che raccontano l’America con un punto di vista francese, dall’umorismo spiccato, molte delle quali vengono esposte solo oggi, per la prima volta in Italia, in occasione della retrospettiva ai Tre Oci.
Il percorso riserva ampio spazio anche ai lavori realizzati a partire dagli anni ‘80, all’età di sessant’anni, durante i suoi viaggi in Portogallo, India, Birmania, Bulgaria ed Egitto. Come osserva la curatrice Virginie Chardin, «in essi si registra una straordinaria vivacità intellettuale con note sentimentali, incentrate sulla solitudine, sulla fede e sui momenti di riflessione dell’esistenza».
Oltre alle fotografie, in mostra verranno presentati anche alcuni estratti da film documentari a lei dedicati (“La Chambre Noire” del 1965; “Sabine Weiss” nel 2005; “Il mio lavoro come fotografa” del 2014) nei quali la fotografa ha raccontato, in diversi periodi della sua vita, il suo percorso artistico, le sue esperienze di viaggio e la difficoltà di essere una fotografa donna. La forza della sua curiosità per il mondo e la sua gioia di vedere e documentare fanno di Sabine Weiss un simbolo di coraggio e di libertà per tutte le donne fotografe.
Il catalogo, pubblicato da Marsilio Arte, propone molte immagini inedite, i testi di Virginie Chardin, curatrice della rassegna, e di Denis Curti, direttore artistico della Casa dei Tre Oci.
Dal 11 Marzo 2022 al 23 Ottobre 2022 – Venezia – Casa dei Tre Oci
WHO IS CHANGED AND WHO IS DEAD – Ahndraya Parlato

Nell’ambito di Art City Bologna 2022 in occasione di ARTEFIERA, Spazio Labo’ presenta la prima mostra personale in Italia dell’artista statunitense Ahndraya Parlato (Kailua, Hawaii). La mostra, produzione originale di Spazio Labo’ a cura di Laura De Marco, nasce dalla seconda monografia di Parlato, il libro Who is Changed and Who is Dead pubblicato a luglio 2021 dall’editore britannico Mack Books.
In Who is Changed and Who is Dead Parlato parte da due eventi fondamentali e fondanti della sua vita privata, il suicidio della madre e la nascita delle sue figlie, per costruire un progetto che esplora le contraddittorie e complesse sfaccettature della maternità – della gestione delle paure e delle ansie legate al mettere al mondo altre persone, ma non solo –, del rapporto madre-figlia, e di uno dei temi fondamentali della vita di ogni essere umano: la fine della vita stessa.
Who is Changed and Who is Dead è un libro estremamente ricco e articolato che intreccia gli strumenti narrativi della fotografia e della scrittura creando una narrazione unica e un corpo di lavoro sfaccettato e profondo attraverso un magistrale utilizzo di generi e linguaggi. Intrecciati a una serie di racconti scritti da Parlato stessa – idealmente divisi in due parti, una indirizzata alle figlie e una alla madre – troviamo still life, paesaggi, sculture, disegni, ritratti, fotogrammi realizzati usando le ceneri della madre e riferimenti alla tradizione fotografica ottocentesca delle “madri nascoste”. Troviamo i corpi delle figlie dell’autrice, fotografati con intimità materna e allo stesso tempo distacco contemplativo. All’interno di questa complessità Parlato cerca di fare chiarezza su questioni fondamentali come la mortalità, il genere, la genitorialità. In fondo, la vita stessa. Le paure contemporanee, si chiede Parlato, sono diverse da quelle provate dalle madri nel corso della storia? Quanto è labile il confine dei ruoli tra una madre a una figlia? Esistono ansie specifiche legate all’avere figli di sesso femminile? Quanto la maternità stessa, come il genere, è una costruzione?
La mostra personale a Spazio Labo’ è un’occasione di incontro con l’artista americana che in occasione di Art City incontrerà il pubblico in una serie di eventi gratuiti, tra i quali un talk e una visita guidata, e interagirà con una classe di studenti e studentesse all’interno di un workshop di due giorni con numero limitato di posti disponibili.
In occasione della mostra sarà possibile consultare e acquistare il libro autografato Who is Changed and Who is Dead di Ahndraya Parlato (Mack Books, 2021).
Dal 5 maggio fino al 16 luglio 2022 – Spazio Labò – Bologna
Emanuele Scorcelletti – Elegia Fantastica

Elegia Fantastica. Le Marche tra ricordo e visione: cento fotografie raccontano, attraverso una mostra a Palazzo Pianetti di Jesi dal 30 aprile 2022 e un libro, il profondo legame che Emanuele Scorcelletti ha sempre mantenuto con l’Italia e in modo particolare con le Marche.
Un progetto, a cura di Cyril Drouhet, direttore della fotografia di “Le Figaro Magazine”, che segna il passaggio a un nuovo linguaggio artistico per Scorcelletti, autore fino a oggi conosciuto per le sue immagini dedicate ai più importanti personaggi del cinema mondiale e premiato nel 2003 dal World Press Photo Contest.
Marchigiano di origine ma vissuto sin da bambino tra Lussemburgo e Francia, Emanuele Scorcelletti ritorna alle emozioni e ai sentimenti che permeano e scaturiscono dai territori originari della sua infanzia, dalle sue radici.
Lo sguardo di Emanuele Scorcelletti, noto per aver catturato il lato umano delle star del cinema e della moda, in questo nuovo lavoro si è evoluto. Come in un viaggio evanescente, in una nostalgica atemporalità, forme spettrali e leggere si evolvono in città cristallizzate dagli anni, in luoghi sacri preservati da una fede millenaria, in un mondo rurale risparmiato dalla frenesia del modernismo. Immagini in movimento che svelano un lavoro onirico come un’ode all’Italia eterna, come una poesia sussurrata alle ferite della vita in cui galleggia un certo profumo di innocenza. Cyril Drouhet
Formato dagli insegnamenti dei grandi maestri Henri Cartier-Bresson e Mario Giacomelli, che lo hanno portato alla ricerca di rigore e perfezione geometrica, Scorcelletti giunge a una nuova espressione fotografica che, libera dagli schemi, lascia spazio alla poesia, attraverso luci, ombre, natura e paesaggio, per comporre immagini quasi astratte che, senza nessun tipo di intervento successivo, mantengono intatta l’emozione dell’istante.
Una narrazione lirica di un viaggio introspettivo nei luoghi del passato, ripercorsi per mesi tra boschi, spiagge, piccoli paesi e ritrovati emotivamente nelle case, insieme alle persone che li abitano: il ritratto di una terra attraverso lo sguardo personale del fotografo e della sua memoria. Luoghi come ricordi sono raccolti in un componimento poetico, una elegia, che affianca due sezioni: Ricordi e Visioni. Pittorica ed evocativa la prima, sognante, quasi sublimata la seconda.
Emanuele Scorcelletti presenta il suo abecedario emotivo, fatto di paesaggi e storie e persone reali che si dispiegano, con sinuosa armonia, su paesaggi e storie e persone, questa volta sognanti. Ordine dentro il caos. Andirivieni di sentimenti contrastanti. Capovolgimenti e narrazioni. Parole rovesciate a riempire un serbatoio di memorie e astrazioni. Denis Curti
Il progetto Elegia Fantastica, che contribuisce alla valorizzazione del paesaggio culturale e del territorio marchigiano, è sostenuto da Comune di Jesi, da Regione Marche e da Fedrigoni. Prende avvio da Palazzo Pianetti, sede dei Musei Civici di Jesi, e prevede diverse tappe europee grazie al supporto di Leica. Una seconda esposizione, dedicata al lavoro di Emanuele Scorcelletti all’interno del mondo del cinema, è in programma ad Ascoli Piceno nella Galleria Osvaldo Licini.
30 aprile – 4 settembre 2022 – Jesi, Palazzo Pianetti
Dasein – Diego Dominici

La galleria Febo e Dafne, come associato TAG e come espositore alla fiera The Phair, aderisce all’iniziativa TORINO PHOTO DAYS con la mostra personale di Diego Dominici Dasein. La mostra di fotografia inaugura il 5 maggio 2022 alle 17.00 e prosegue fino al 4 giugno. La galleria sarà aperta, oltre che nei consueti orari (dal martedì al sabato, dalle 15 alle 19), eccezionalmente per i due eventi del 24 maggio, dalle ore 18.00 alle 21.00 per le visite guidate con l’artista; e del 27 maggio, alle ore 21.00 per un talk sull’uso della fotografia tra arte e reportage. TORINO PHOTO DAYS mette in rete, dal 24 al 29 maggio, tutte le proposte degli enti cittadini che vi aderiscono, sia pubblici che privati, in un’ampia proposta corale dedicata all’universo fotografico.
Dasein è la mostra che, senza specifico intento retrospettivo, si interroga sul percorso di ricerca fotografica di Diego Dominici. L’analisi avviene attraverso la presentazione di una selezione di opere tra le più rappresentative del lavoro svolto dall’artista negli ultimi 18 anni. L’esposizione diviene quindi il percorso nell’estetica dell’autore, cogliendone le profonde narrazioni che si rivelano ad una più attenta osservazione dei suoi scatti. Passando dalla bidimensionalità delle stampe fotografiche, le immagini svelano il groviglio dell’interiorità e della psiche umana.
In galleria Dominici indagherà la sua visione insieme ai visitatori, analizzando le immagini con loro e li aiuterà a penetrare le motivazioni più intime della sua ricerca artistica. Lasciando comunque all’osservatore l’autonomia di percepirne anche solo l’estetica formale, cercherà la possibilità di uno scambio costruttivo.
Diego Dominici è un artista che indaga lo spettro dell’animo umano, sia negli aspetti più comuni e quotidiani che in quelli più intimi e inquieti. La mostra offre uno sguardo profondo ed ermetico dell’interiorità e suggerisce emozioni e sentimenti veicolati da una personale interpretazione artistica.
Dal 5 maggio al 4 giugno 2022 – Galleria Febo e Dafne – Torino
Sul Corpo

In occasione di The Phair 2022 la Galleria del Cembalo presenterà fotografie di Paolo Gioli, Paolo Pellegrin, Karmen Corak e Cristina Vatielli 4 fotografi di fama internazionale a confronto con immagini sul tema del Corpo
Con il progetto espositivo Sul Corpo la Galleria del Cembalo porterà a The Phair 2022 i lavori di due celebri fotografi conosciuti in tutto il mondo, quali Paolo Gioli (recentemente scomparso) e Paolo Pellegrin, e di due artiste molto apprezzate per la sensibilità del loro sguardo, Karmen Corak e Cristina Vatielli,. Una selezione di quattro fotografi – tutti seguiti da anni dalla Galleria del Cembalo – che hanno esplorato in modi diversi e personalissimi il tema del corpo. Due uomini e due donne, con approcci e tecniche differenti, in un’unica intensa suggestione fatta di immagini ed emozioni.
The Phair – un neologismo sintesi di Photography e Fair – anche per la terza edizione celebra il linguaggio della fotografia e le sue molteplici forme. Nata da un’idea di Roberto Casiraghi e Paola Rampini, la fiera internazionale è a inviti ed è rivolta ad alcune delle più prestigiose gallerie d’arte contemporanea – 50 in tutto tra le italiane e le straniere – che sono chiamate a presentare dei progetti artistici legati al tema dell’immagine e opere create con materiale fotografico o video.
La selezione di immagini Sul Corpo della Galleria del Cembalo arricchirà la proposta fieristica di Torino Esposizioni, grazie al linguaggio sensibile e potente dei quattro fotografi scelti. Di Paolo Gioli – non solo fotografo ma artista multiforme e fuori dagli schemi, apprezzato e seguito da illustri personaggi del panorama internazionale culturale – saranno inserite alcune polaroid di grande formato appartenenti alle serie delle “Vessazioni” e dei “Luminescenti”, tutte opere particolarmente originali e sperimentali. Le prime (anche indicate con il termine Abuses) rappresentano visi o torsi umani, con segni di sofferenza: sono fotografie con interventi di pittura, e non solo, parte di una ricerca in cui Gioli diceva di voler “vedere che rapporto ci può essere tra una materia tecnologica sofisticata, contemporanea [come il polaroid] e le materie antiche come può essere la preparazione all’olio”. Le seconde riprendono antiche sculture romane presenti nei depositi delle collezioni dei Musei Capitolini di Roma e sono realizzate con materiale fosforescente, adottando lunghissimi tempi di esposizione. Un tema ricorrente nell’opera di Gioli è, infatti, la riflessione sulla storia dell’arte, dall’arte antica a quella moderna. Il lavoro del noto artista, scomparso il 28 gennaio 2022, quanto mai originale per la varietà e l’unicità dello stile e della realizzazione tecnica delle opere, è stato proposto e promosso dalla Galleria del Cembalo in numerose occasioni, tra le quali nel 2015 con la mostra personale Opere Alchemiche e nel 2019 con Dialoghi. Il lavoro di Paolo Gioli è stato anche presentato dalla galleria in occasione di fiere, come Artissima nel 2017, Photo London nel 2018 e con uno stand totalmente dedicato a lui a Paris Photo 2019.
Un altro importante apporto al progetto espositivo della Galleria del Cembalo a The Phair 2022 saranno alcuni scatti di nudi femminili ritratti in Congo, opere del noto fotografo Paolo Pellegrin, dal 2005 membro dell’agenzia Magnum Photos. Della produzione del fotografo nella sua lunga attività di fotoreporter si potrà vedere molto, nel periodo della fiera, poiché è prevista una grande mostra sul suo lavoro alle Gallerie d’Italia in Piazza San Carlo, organizzata dal gruppo Banca Intesa San Paolo.
Il contributo di Karmen Corak sarà un polittico dal titolo “Unveiled”, un lavoro sul ritratto femminile, con parti del corpo che vengono scoperte dalle mani delle donne, con un gioco di panneggi che rimandano a figurazioni dell’arte classica, ma anche a un senso di pudore.
In questo lavoro di Corak il corpo umano sembra perdere la caratteristica peculiare di autorappresentazione: si allontana dalle implicazioni sessuali, per diventare uno strumento di indagine, un linguaggio.
Infine, il tema della fertilità e immersione nella Natura sarà proposto da Cristina Vatielli con il progetto “Terra Mater” in una serie di immagini realizzate con un drone dall’alto, in cui il corpo femminile appare allo stesso tempo vulnerabile e cullato dagli elementi naturali, attraverso autoritratti di nudi e seminudi immersi nella natura, in luoghi che rimandano a paesaggi primordiali e incontaminati.
Dal 27 al 29 maggio 2022 – Torino Esposizioni, Padiglione 3
#RASOTERRA – SILVIA BOTTINO

Da una riflessione sulla fotografia di paesaggio suggerita dall’uso delle nuove tecnologie a servizio della telefonia mobile nasce il progetto fotografico #RASOTERRA di Silvia Bottino, a cura di Alessia Locatelli in mostra dal 28 aprile al 29 maggio 2022, presso l’Acquario Civico di Milano.
La mostra è promossa dal Comune Milano Cultura e dall’Acquario – Civica Stazione Idrobiologica.
Il percorso propone circa 30 opere tra stampe fotografiche realizzate tra il 2013 ed il 2022, due lightbox ed un video. La tecnica è quella della ripresa con il cellulare, strumento ormai indispensabile nella nostra quotidianità, che grazie anche alla qualità della risoluzione delle fotocamere permette oggi, senza l’ingombro dell’obiettivo della macchina fotografica, di scattare davvero a raso terra, di catturare cioè la trama, la matericità di quello che si trova in primo piano, in dialogo con l’immagine sullo sfondo. Un divertissement che concettualmente ribalta la visione della prospettiva classica, per generare un percorso espositivo capace di suggestionare il visitatore, tra paesaggi marini, scorci di Milano e soggetti – sia colori che bianco e nero – che risultano divertenti, fuori dall’ordinario e trascinati nel loro impatto visivo.
In mostra l’acqua in tutte le sue forme, sia mare, lago, montagne innevate, riflessi o materia: fatta di grani, sassi, griglie e tombini. Inoltre, considerato che la location si trova nel cuore pulsante del Parco Sempione, in mostra ci saranno alcuni scatti dedicati alla città di Milano, ritratta attraverso i suoi luoghi più rappresentativi…Ma sempre #rasoterra. L’acqua ripresa da un punto di vista differente, nelle sue molte forme e strutture.
La ricerca di Silvia Bottino è rivolta al desiderio di ritornare agli elementi basilari della fotografia, la luce ed il tempo, attraverso degli scatti ottenuti appoggiando letteralmente il cellulare al suolo e ri-leggendo così gli ambienti con uno sguardo capace di farci partire da nuovi punti di osservazione, da una personale traiettoria in cui luce, acqua e materia sono i protagonisti.
Il progetto della fotografa è un work in progress che grazie anche alla maneggevolezza della tecnica di ripresa, le offre la possibilità di fotografare ovunque la sua sensibilità la porti ad individuare lo scatto ricercato.
28 aprile – 29 maggio 2022 – Milano, Acquario Civico
Giovanni Verga

Mostra fotografica con le opere di Giovanni Verga, scrittore e fotografo.
dal 1° al 29 maggio 2022 a Noventa Vicentina (VI)