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Quando la fotografia è inutile.

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Buongiorno a tutti!

Vi scrivo questo pensiero sulle fotografie che produciamo. Il mio ragionamento parte da un vecchio post, scritto per ridere che mi ha portato a fare piccoli ragionamenti su quello che “prendiamo” fotograficamente.

Nel 2016, secondo Deloitte, 2.5 trilioni di fotografie sono state condivise online e il 90% di queste scattate con uno smartphone.

Vi scrivo in numero per farvi capire meglio: 2.500.000.000.000.000.000

Nel mio post, prendendo la notizia in internet e senza pensarci troppo, ero stata stretta. Avevo affermato 1.300.000.000.000.000.000 nel 2017.

Inoltre avevo dichiarato che 1.299.000.000.000.000.000, fossero inutili, salvandone 1.000.000.000.000.000.

Mi sembrava un numero grandioso, ma no.

Qualcuno (più di uno) ha pensato che la differenza facesse 1 e mi ha accusata di essere presuntuosa dicendo che l’unica buona per me, fosse la mia. Carino!

Spiego, a questo punto, cosa intendo per fotografia utile e fotografia inutile.

Faccio una premessa secondo me fondamentale, ritengo una fotografia utile quando lo è per la comunità, per la società, non per il singolo individuo, altrimenti, ogni fotografia potrebbe essere utile, adeguata per chi la scatta, valida per chi la guarda. Valide ma non indispensabili.

Ma credo ci sia una differenza tra queste due foto che vi propongo, oppure no?

“tette” non so di chi
The ‘Tank Man’ stopping the column of T59 tanks on 5th June 1989. Photograph: Stuart Franklin/Magnum Photos

Certo, per qualcuno potrebbe essere più emozionante la prima, ma credo che tutti siano d’accordo con la valenza maggiore della seconda, oppure no?

Quindi, una fotografia è utile, secondo me, se mostra fatti che non erano mai stati visti, il fotogiornalismo in generale (indispensabile), oppure mostra interpretazioni di luoghi, personaggi e cose, come non erano mai state mostrate e interpretate (essenziale) allo stesso modo.

Come faccio ad avere certezza che non siano mai state interpretate in quel modo?

Il punto di riferimento per la maggior parte di noi, è sé stesso.

Per ognuno di noi il “mai visto” dipende da molti fattori, troppi e l’asticella si alza in base alla propria cultura visiva (quante immagini ho visto e capito) e a tutti quegli elementi che determinano la lettura di un’immagine (cultura, il luogo di nascita, la religione o l’età ecc.).

Però mi sono fatta una domanda. Torniamo indietro di qualche anno.

Che foto non avremmo mai fatto con le vecchie pellicole, quali sono le fotografie di cui avremmo fatto a meno?

Avremmo fotografato tutte ‘ste tette, culi, pizze, piedi, gatti, cani, sushi, vestiti ecc.? Credo di no. Gli scatti si pagavano, costava stamparli. Non le avremmo fatte o meglio le avremmo fatte ma non avremmo voluto pagare per guardarle. Non erano indispensabili.

Chiaramente, ci sono fotografie personali che non riguardano la comunità intera, le fotografie di famiglia, per esempio. Ognuno scatta le sue, le stampa e hanno valenza per una piccola comunità, amici e parenti. Per qualcuno dei familiari sono indispensabili, tanto quanto una fotografia che ha cambiato la storia del mondo.

Ma torniamo alle fotografie che ritengo inutili e che ho elencato sopra. La percezione che se ne ha non riguarda la cultura, il luogo di nascita, la religione o l’età, (tette, pizze e vestiti, hanno lo stesso valore, in termini fotografici, ovunque) non varieranno di molto e forse nemmeno di un po’, la vita della gente.

Siamo parte di una cultura che avvalora ogni azione, esperienza, dettaglio, ogni accadimento in ogni momento prende presunto valore e vita infinita, attraverso lo scatto fotografico. Si riceve un minuto di fama, sufficienti “mi piace”, per poi scivolare via velocemente, lasciando spazio ad altre fotografie” inutili” in cerca di attenzione. ognuno è il centro del mondo.

In questo senso le fotografie che prendiamo,  sono essenziali per noi e basta, evidentemente. Solo in questo senso, ogni fotografia è utile.

Ciao Sara

 

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