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Che cosa è la fotografia?

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Posso dire cosa sia per me, fotografa, appassionata di storia (tanto da provare ad insegnarla) e di teoria della fotografia.
La fotografia che faccio è tutto ciò da cui sono esclusa. Riguarda la mia visione, quello che ho immaginato e tentato di rendere visibile a terzi, attraverso il mezzo fotografico.
Non solo io sono esclusa dalle mie immagini, insieme a me vi è tutto lo scorrere del mondo che ho evitato, per scelta, di inserire.
Non posso quindi credere che la comprensione delle cose della (mia) vita, possa avvenire attraverso quello che fotografo, che è una frazione di secondo:
incontrato
riconosciuto
fermato
il che esclude tutto lo scorrere reale delle cose.
«Mi ricordo bene lo stare alla finestra e guardare solo lo scorrere della vita» diceva Dorothea Lange.
Ecco io sono alla finestra, proprio la stessa finestra e sebbene tutto ciò che accade qui davanti è in continua mutazione ed infinito (fino al crollo della casa) non posso dire di aver compreso il mondo, né tantomeno di avere la possibilità di farlo comprendere.
Difatti un po’ la odio la “Fotografia”, parte da una bugia e finisce con un’altra.
La prima “palla” è la mia selezione del mondo, la scelta di quell’attimo, la posizione dei soggetti nel fotogramma.
La seconda “palla” riguarda chi guarderà le mie fotografie che, a sua volta, darà all’immagine l’interpretazione che potrà, in base alle sue conoscenze, al desiderio di capire, alle necessità.
Questa faccenda l’ho capita bene grazie a mia mamma, che nonostante sia lealmente (per amore) attenta alle mie vicissitudini, interpreta regolarmente in modo fantasioso e a me incomprensibile, i miei scatti.
Ecco quindi il problema del linguaggio fotografico, la capacità di comunicare e comprendere attraverso le fotografie.
Questo mi è ancora poco chiaro, anche se so per certo che non esista un linguaggio universale della fotografia, che parte dalla realtà, si, ma dalla realtà di chi ha vissuto quel determinato attimo. A chi guarda non resta che immaginare tutto ciò che nello scatto non è compreso per comprendere esclusivamente una frazione di secondo, insomma un casino.
Come fa un povero cristo a comprendere a fondo una fotografia?
L’interpretazione più veritiera ha a che fare con la capacità di giudizio, che deriva da conoscenze certe, su cui basare le proprie convinzioni nella lettura dell’immagine.
Ci si può basare sulla tecnica fotografica, sull’estetica o forma e sul concetto o messaggio.
Per quanto riguarda la tecnica, una volta che l’immagine è presa, poco importa la modalità con cui il fotografo ha raccolto e fermato il soggetto. Anche se la conoscenza tecnica porta il fotografo a svolgere la sua funzione, utilizzando al massimo le potenzialità del suo mezzo (si spera che quando serve sia in grado di farlo), il risultato è ciò che conta.
L’estetica è il modo con cui il fotografo ordina compostamente (o scompostamente) tutti gli elementi che andranno a formare l’immagine.
Il contenuto, a mio avviso la parte più importante, che riguarda il messaggio che il fotografo vorrebbe mandare attraverso le sue fotografie.
Da qui tutte le difficoltà…
Come oggetto la fotografia è un supporto su cui venga registrata un’immagine. Ma chi se ne frega.
Stando qui a scrivere, tra l’altro, perdo anche un sacco di tempo che potrei dedicare a fotografare.
Di recente ad una serata Ferdinando Scianna ha ricordato come, quando lui iniziò a fare fotografie, non vi fosse niente su cui documentarsi e che dunque tutto il tempo fosse dedicato a saggiare, scoprire e sperimentare.
Adesso, sebbene anche io mi diverta a farlo (e un po’ devo farlo per lavoro), siamo tutti concentrati nel dettaglio, del dettaglio, del dettaglio (sia ben chiaro, trovo le discussioni avvincenti e mi piace provare capire “il pensiero fotografico”), in parte abbiamo perso la voracità che caratterizza le grandi mangiate, le scorpacciate di Fotografia.
Alla prossima!
Sara

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