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Il mondo di Baricco è Bapovero. Critica ai fotografi e alla critica.

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Sono a Mosca e guarda di cosa mi tocca di parlare da qui. Mi sono imbattuta, grazie ad un collega fotografo (Mauro), in una vicenda che riguarda Alessandro Baricco e la scelta di Repubblica di pubblicare regolarmente fotografie dell’autore in questione. Un’operazione che avrebbe la pretesa di mostrarci e raccontarci il mondo, “Coi miei occhi” , come intitola Baricco.
Link alle foto di Baricco

Ecco, e’ arrivato Alessandro a raccontarci il mondo per immagini, lo stavamo aspettando. Le foto sono, a mio parere, povere. Vedi titolo articolo…😳

Il problema, però, non è questo, non solo.

Leggendo le parole che Maurizio Valdarnini (che condivido pienamente e vi allego sotto) e Maurizio De Bonis hanno scritto in proposito, ho riflettuto e queste sono le mie considerazioni.

Lo scivolone del tutto inconsapevole ( ed è questo che mi fa riflettere maggiormente) di Baricco e’ anche colpa mia. Ho già ammesso questa colpa nel mio post di settimana scorsa su Facebook.
Colpa mia e di tutti gli appartenenti al settore della fotografia, intendo quelli seri, quelli che ci hanno messo pazienza, talento, studio, passione. Quelli che si sono fatti il culo, insomma.
Noi cosa stiamo facendo per evitare che lo sgretolarsi della cultura visiva legata alla fotografia, arrivi al disfacimento totale?
Perché Baricco, uomo di cultura, non sa che esiste una cultura legata alla Fotografia? Perché si permette di inanellare una serie di foto che nemmeno bendato, un fotografo farebbe?
Perché Repubblica le diffonde?

De Bonis sostiene che questo sia un problema del tutto italiano, io ho solo esperienza qui, quindi non lo posso affermare con certezza. Link al testo di De Bonis:

In una cosa ha certamente ragione De Bonis, piuttosto che contraddire “la casta” ce ne stiamo buoni, buoni, per evitare lo scontro o anche un sano dibattito.
Da fotografi, sgomitiamo per vincere premi e ottenere riconoscimenti assegnati da chi regge i fili, figurati se abbiamo la forza mentale e le palle per scontrarci.

Ma poi…da chi è composta ‘sta casta?
Sono dodici anni che lavoro in fotografia e mi impegno, ma chi sono quelli che decidono davvero?
Io sinceramente mica ho capito. Se qualcuno mi facesse dei nomi, gliene sarei grata. Sinceramente.

Riconosco i personaggi che da anni circolano e li vedo sgomitare quanto noi. Sono questi che compongono la casta?
Vedo anche loro alle prese con il tentativo di comprensione del “cambiamento” del mezzo, degli stili, del vortice della fotografia che non avendo regole dettate dall’alto, si muove convulsamente. Mi vengono in mente quegli uccellini in stormi sopra Milano ogni tanto, dei quali non capisco i movimenti, a volte fluidi, più spesso a scatti veloci.
Credo sinceramente che lo sbandamento sia generale.
Quelli che dovrebbero mettere i paletti stanno roteando insieme a me. È un gatto che si morde la coda e finché qualcuno non detterà “regole” (lo so, lo so che la parola regole non vi piace, ma è la parola più o meno giusta), andremo lentamente alla deriva.

Qualcuno mi dirà : Ma quali sono le regole di cui hai bisogno?
Ho bisogno che qualcuno ponga limiti. Se ogni foto e se ogni portfolio deve essere degno di considerazione dall’alto, perché mancano i termini precisi per giudicare una cagata, semplicemente una cagata, non abbiamo limiti…e la cacca si accumula.

Se nessuno ha voglia di darmi regole, ho bisogno di confrontarmi per capire.
Confrontiamoci, con rispetto.
Anzi, a dire il vero, ci ho provato in qualche occasione e le risposte sono state un po’ vane.
Io mi prendo anche la briga di fare nomi, se mi dite con chi si deve parlare, lo faccio.

Se avessi la forza per cambiare le cose, anche questo proverei a fare.
Per favore, qualcuno mi aiuta a cambiare un pochino le cose?
Impariamo insieme a Parlare di Fotografia?
Esco a fotografare, scusate se non ho scritto benissimo, spero almeno sia chiaro il mio pensiero.
Ciao
Sara

Prezioso testo di Valdarnini da cui ho preso spunto.

Gent.mo Alessandro Baricco
le scrivo in merito alla sua rubrica ‘ il mondo con i miei occhi’ pubblicata sulle pagine del quotidiano La Repubblica.
Ho letto con interesse ed attenzione il testo che ha introdotto la rubrica e, come sempre mi accade quando leggo i suoi scritti, ho apprezzato e gioito.
In particolare di questo articolo ho condiviso l’analisi riconoscendomi nelle complessità e nei profondi mutamenti che questa epoca esprime.
Ho avuto il piacere di incontrarla in occasione del ritratto fotografico che realizzai per la copertina de il Venerdì e da fotografo ho sentito l’impellenza di comunicarle il mio disagio nei confronti di questa sua iniziativa.
Da più di trent’anni svolgo, parallelamente alla mia attività di fotografo, quella di docente e questo inscindibile ruolo di autore-formatore condiziona la formulazione di questo appunto.
Ho atteso con pazienza lo svolgersi quotidiano dell’esibizione mordendo il freno e sperando in un immagine, che non é arrivata, che giustificasse il tutto.
La sublime intuizione che ci ha regalato, per iscritto, individuando differenze nella disposizione dei bovini nei pascoli è stata annichilita dalla foto pubblicata che non aveva nemmeno la dignità di didascalia del testo stesso pur essendo una tra le foto migliori.
Lei onestamente ci avverte sin dall’inizio di non essere un fotografo ma allora se la sua intelligenza riconosce questa evidenza perché non l’ha applicata fini in fondo?
le verrebbe mai in mente (supponendo che lei sia una campana!) di suonare o cantare durante un concerto sul palco solo perché è amico del musicista?
Pubblicare è un atto che implica responsabilità ed essendo il suo pulpito assai importante questo suo atto, seppur mosso da intenti assai degni, appare come un banale istinto di vanità o di puerile vendetta: se tutti scrivono senza competenze perché non posso, senza competenze, fotografare pure io?
E non mi basta il fatto che la sua autore-volezza le consenta di accedere alle pagine di un quotidiano che, tra l’altro, per tradizione disprezza la fotografia.
In italia, con raccapriccio, si assiste ad una completa mortificazione della fotografia.
Non intendo certo l’apprezzamento e la diffusione che la fotografia ha ma della sua considerazione in quanto testo autonomo e mi rammarico nel constatare che anche menti brillanti assecondino tale deriva culturale.
Prova ne sia il colpevole silenzio dei critici e dei giornalisti specializzati in merito alle sue foto.
Credo di avere ampiamente superato i limiti di battute suggerite dalla buona educazione ma, capirà, il dono della sintesi l’ho consacrato alla fotografia.
cordialmente
Maurizio Valdarnini

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