I lavori dei miei studenti a Tokyo! Bravi!

Il mio obiettivo, durante i workshop in viaggio, è di aumentare la consapevolezza e stimolare la creatività dei partecipanti.
Lo scopo dei miei workshop è la creazione di uno o più progetti finiti che siano da considerare esercizi pratici per capire come procedere, successivamente, alla creazione dei propri lavori. I fotografi non sono professionisti, alcuni partono da zero, altri hanno già prodotto portfolio. Sono tanto soddisfatta di loro.

L’ordine dei portfolio è casuale.

Vi aspetto al prossimo workshop a Marrakech, qui le info.

Intanto divertitevi a guardare questi lavori!

Ciao

Sara


Cristina Barbieri

Mondo altro

L’iperrealtà e’ affascinante: immagini realistiche, paesaggi curati nei minimi dettagli, personaggi con svariate personalità, colonne sonore accattivanti, trame intriganti delle quali il giocatore è protagonista. Ci si misura con avversari, si mette in luce la propria abilità. Il gioco è un piccolo mondo fantastico che simula quello vero, dove ogni piccola vittoria diventa fonte di soddisfazione, divertimento, piacere. E dove tutti i problemi quotidiani sono banditi dalla mente.

Il Giappone e’ la fucina mondiale dei videogiochi ed e’ anche il luogo in cui sono giocati con un accanimento tale da portare le persone a  ritirarsi da ogni situazione sociale e a isolarsi completamente, per passare la vita davanti al computer. Il fenomeno e’ talmente pregnante e diffuso che esiste anche una parola per definire queste persone: “otaku”, tradotto in italiano come “fanatico”.

Il pellegrinaggio nel mondo delle sale gioco di Tokyo e’ stato un viaggio alla ricerca della iperrealtà, ovvero del mondo del falso assoluto, in cui le imitazioni non si limitano a riprodurre la realtà, ma cercano di imprimerle un “miglioramento”, dando vita a scenari in cui tutto è più luminoso, più grande e più divertente che nella vita quotidiana. Non solo: essendo i videogame interattivi, il giocatore  ha il potere di cambiare la storia, di decidere, per esempio, se salvare un personaggio oppure no. In confronto ai videogame, la realtà può essere deludente e frustrante. Si rischia di sentire nostalgia di quel mondo immaginario, dove si incontrano mostri, eroi, principesse, si combatte per la vita e la morte compiendo gesta epiche, potendosi sempre rifare dalle sconfitte inserendo nuove monete nella consolle e  salendo di grado nei livelli di abilita’, e si finisce per essere risucchiati nel vortice di quella dimensione fantastica.

Nelle sale giochi si incontra non solo realta’ virtuale ma anche gioco d’azzardo reale nelle versioni elettroniche tecnologicamente avanzate dei classici giochi da casino’. Qui la seduzione ipnotica del bombardamento multisensoriale di led luminosi colorati pulsanti al ritmo di poche note musicali ossessivamente ripetute si somma alla compulsione al gioco, esercitando un’ attrazione fatale.

Inchiodati ai seggiolini, i giocatori trascorrono anche l’intera giornata appiccicati ai monitor, dopo essersi sistemati accanto beveraggi e cibarie vari (prontamente erogati dagli onnipresenti distributori automatici).

Patiscono, esultano, si agitano, si disperano, si esaltano: vivono dentro a quel mondo parallelo, simulacro della realta’, diventando a loro volta simulacri di se’ stessi, individui che limitano l’esperienza della loro esistenza agli stimoli e alle emozioni incontrati in un mondo altro.

Contatto

 


Simona Cassisa

Visualmente, il Kanji 間 (leggi “ma”) raffigura un cancello, al cui interno è racchiuso il sole. Viene collegato al concetto estetico di “spazio negativo”: il vuoto, contrariamente alla nostra visione occidentale, è considerato come uno spazio necessario allo sviluppo del “ki”, 気, la forza vitale di uomini e donne.

All’interno di questo “non-contesto” il singolo abitante cresce, vive e si evolve. Come un sole rosso nel bianco più completo, come un’isola nell’oceano, come una cellula il cui ciclo vitale è però fondamentale per funzionamento del grande organo pulsante che è la società giapponese. 間.

Contatto

 


Elsa Falciani

Loosen (Sciogliersi)

Dall’altra parte del mondo conosciamo i manga erotici, le stravaganze sessuali dei giapponesi ma quando provi ad entrare, tutto assume un altro aspetto. Una forte contraddizione tra la bizzarria pornografica con una ricerca di un piacere fanciullesco, e la sofisticata tradizione erotica.

Una persona qualunque potrebbe intitolare o vedere da fuori questo mondo come losco, perverso, a volte violento, che non si puo’ neanche nominare e tanto meno provare. In Giappone la dimensione strettamente sensualistica e ludica della sessualità, sganciata da motivazioni riproduttive o affettive, non è mai stata considerata “peccato”, non ha mai suscitato angoscia morale e sensi di colpa, come nelle culture cristiane. Ogni sfumatura del mondo e’ dentro di noi e più’ lo teniamo lontano e più’ ne siamo attratti in qualche modo, quindi senza giudizi o pregiudizi il nostro sguardo dovrebbe sempre essere di accoglienza come per i giapponesi.

Non lasciamo che i nodi del kinbaku siano una metafora dei nodi morali occidentali, ma una leggera sottomissione alla varietà’ del mondo.

Sono sempre stata trattata con onorevole rispetto, anche nei quartieri più’ discreti e vietati.

Le donne presenti nelle foto sono sempre state consenzienti e mai maltrattate.

English

Loosen

On the other side of the world we know the erotic manga, the sexual extravagances of the Japanese but when you try to get in, everything takes on another aspect.

A strong contradiction between the pornographic whimsical with a search for a boyish pleasure, and the sophisticated erotic tradition. Anyone could name or see from the outside this world as shady, perverse, sometimes violent, that you can not even name, let alone try. In Japan, the strictly sensualistic and playful dimension of sexuality, released from reproductive or affective motivations, has never been considered “sin”, has never aroused moral anguish and guilt, as in Christian cultures.

Every nuance of the world is within us and the more we keep it away, the more we are attracted to it in some way, so without judgments or prejudices our eyes should always be welcoming as for the Japanese.

Let us not let the knots of kinbaku be a metaphor of Western moral knots, but a slight submission to the variety of the world.

I have always been treated with honorable respect, even in the most ‘discrete and forbidden neighborhoods.

The women in the photos have always been consenting and never mistreated.

Contatto


Giuseppe Perico

You are here…but why?

Nei piccoli negozi di Tokyo, soprattutto quelli appena fuori dal centro, i commercianti cercano di sfruttare i piccoli spazi a loro disposizione esponendo più cose possibile, centinaia di migliaia di oggetti in pochi metri. Nelle prime ore del mattino i venditori sono in continuo movimento per spostare, sistemare e spolverare oggetti. Gentilissimi, salutano in continuazione i clienti. Soprattutto con l’andare avanti della giornata, a volte si fermano e smettono di essere affaccendati. Si siedono, si riposano o si dedicano alla contabilità nei pochi centimetri dedicati a loro stessi. Osservandoli in quei momenti, in cui a volte si fatica a distinguerli in mezzo alla confusione, sembrano assenti, persone perse. Può essere che solo lì sia rimasto loro un po’ di spazio per i pensieri, dato che forse, questo appare un po’ assurdo.

Contatto

 

 


Alessandro Secondin

Contatto

Disurbex
Un paese tutto ordinato e preciso, con regole scritte, ma soprattutto intrinseche nelle persone. Una educazione che porta rigore e allineamento nelle abitudini dei singoli individui e nella quotidianità della società. Un ripetersi ossessivo e continuo che potrebbe sembrare eccessivo a occhi occidentali. Questa è la Tokyo che ho visto.

 

Replica Food

 

Il cibo nella cultura giapponese è molto importante, come l’abitudine di mangiare fuori casa. Quasi ogni ristorante ha fuori dall’ingresso principale una vetrina con la riproduzione dei piatti preparati all’interno; una sorta di menù visivo. Alcuni piatti sono anche più belli di quelli reali. Con il passare del tempo da semplici copie dei cibi, sono passate a strumenti promozionali veri e propri, dove si vorrebbe trasmettere la qualità del ristorante stesso.
Queste repliche fanno parte della tradizione nipponica e ormai vengono acquistate anche per le proprie case oppure uffici. Esistono dei corsi veri e propri, come anche kit di preparazione, dove ognuno può colorare o personalizzare la composizione. La qualità delle riproduzioni varia da produttore a produttore, ma di base l’artigianalità determina il costo e soprattutto la bellezza delle singole opere.

Ringrazio le commesse del negozio Ganso-Sample dello Skytree Center di Tokyo e la guida Luca di VistaTokyo per la disponibilità.

Tsukiji Market

Il pesce è il cuore della cultura culinaria giapponese ed il suo mercato è il più grande al mondo. Nel mese di ottobre 2018 è stato chiuso quello storico di Tsukiji per trasferirlo poco distante al Toyosu Market, per creare una nuova realtà più asettica ed igienizzata. Intorno alla zona di Tsukiji l’atmosfera di un tempo si respira ancora, infatti si può acquistare e consumare al momento del pesce freschissimo, secondo la tradizione nipponica.

 


Ivano Cetta

Please, press the PAUSE button.

Corri. Non fermarti.

Sbrigati. Non voltarti.

Affretta il passo. Non indugiare.

Ansia: questo è ciò che si percepisce nel febbrile andirivieni di una parte della società nipponica.

Ogni giorno le azioni ed i gesti si ripetono, come qualcosa da cui non ti puoi sottrarre. Come una corazza che ti ingabbia e che ti costringe solo a determinati movimenti. Nulla di più ti è concesso.

Non devi fumare per strada, è proibito.

Non puoi mangiare o bere mentre cammini, è eticamente sconveniente.

PAUSA.

Metti in pausa la tua vita, per pochi istanti. Stacca la spina con il mondo e prenditi una boccata di ossigeno. Solo che qui non puoi farlo ovunque tu voglia. Ci sono i giardini, oasi in cui puoi metterti in contatto con te stesso.

Oppure puoi fermarti per pochi minuti ai distributori automatici: con la scusa di dissetarti, di mangiare o semplicemente di comprare qualcosa di inutilmente utile, stai in realtà spezzando una routine che ti forza solo verso una direzione.

Chissà a cosa stai pensando, in quegli istanti.

Chissà cosa pensano di te quelle vending machine, mentre ti vedono passare: “fermati da me, per favore”, “guardami, mi sono colorata di bibite sgargianti per farti piacere”, “premi uno dei miei pulsanti, e ti ricompenserò”.

Forse anche loro vorrebbero un momento di PAUSA, ma non possono.

La tregua è finita.

Press PLAY, to continue

Eat(in)g Japan

Japan. Un altro mondo. Lontano, in ogni aspetto, da ciò che siamo abituati a vedere e vivere ogni giorno.

Anche (e soprattutto) nel cibo. Non solo per la varietà dei prodotti, che inevitabilmente è differente dalla nostra, ma anche per la modalità con cui il popolo del Sol Levante si approccia a ciò che mangia. Ovunque ci si trovi, ovunque ci si giri, ci si imbatte in prodotti alimentari.

Che sia un mercato di quartiere, un supermercato (almeno uno per isolato), un negozio che vende riproduzioni di cibo o un ristorante.

Ce ne è di ogni tipo, di ristoranti. Da quelli lussuosi che occupano i piani alti dei grattacieli, a quelli che trovi nei quartieri periferici, forse più modesti ma certamente a contatto con la parte più numerosa della popolazione.

Poi, ci sono quelli nelle zone ad alta frequentazione.

I locali sono in fila, senza soluzione di continuità, come un serpente che si snoda sinuoso, nelle sottostazioni o nelle zone a maggior richiamo turistico.

Qui si mescolano studenti, viaggiatori, lavoratori o famiglie comuni. A spezzare con una pausa la giornata lavorativa, a consumare un pasto completo, oppure a segnare il ritorno verso casa con uno snack ed una bevanda.

Comunque, con l’intento di scandire un’altra giornata appena trascorsa: come un antico rituale.

www.ivanocetta.it     online a breve

Ciao a tutti, Sara

2 pensieri su “I lavori dei miei studenti a Tokyo! Bravi!

  1. Ho due figli gemelli hikikomori, appassionati di anime, manga e assetati di videogiochi. Una collega mi ha parlato della sua mostra. Su facebook trova l’Associazione dei genitori Onlus di cui sono associata. Sarebbe interessante ascoltare la sua esperienza. Se le facesse piacere potrebbe contattare il sito o scriva al mio ndirizzo mail : rosalbaguerrieri@alice.it. Grazie. Rosalba G.

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