Finalmente qualcosa di nuovo in Fotografia!

6Mi sembra di capire che ci sia ancora molto interesse per la fotografia analogica, molti sforzi  vengono rivolti verso questo strumento, (operazione impossible project, ricerca ancora apertissima verso nuove emulsioni, chimica e strumentazione), la sperimentazione e gli sforzi personali, per proseguire con la produzione di un determinato supporto o prodotto,  sono in molti casi rivolti alla fotografia argentica.

Da utilizzatore, tutto questo  non può che rendermi felice, e nello stesso tempo curioso di campirne il motivo.

La mia personalissima idea è che probabilmente per le generazioni più giovani, nate in piena era digitale, sia la fotografia analogica la vera novità… in alcuni casi un limitatore all’approccio compulsivo e un ottimo motivo per essere costretti a realizzare un’immagine stampata (personalmente l’unico modo per apprezzare appieno  la fotografia), senza “accontentarsi” di un file.

Sicuramente la voglia di riuscire a gestire tutto il processo (dalla ripresa alla stampa finale) continua ad essere un elemento caratteristico e prezioso. Per quello che mi riguarda, l’aspetto “manuale” delle lavorazioni e sperimentazioni in camera oscura, per ottenere il risultato finale, suscita un fascino notevole.

Non nascondo inoltre che l’utilizzo del supporto analogico, soprattutto nel mio caso, impone inoltre un certo rigore e concentrazione in fase di definizione e realizzazione dello scatto, oltre ad una serie di scelte che devono essere fatte molto prima dello scatto, trovo l’approccio analogico una sorta di catalizzatore di concentrazione, necessaria a mantenere sotto controllo tutta la catena di eventi.

Nel mio caso influisce anche l’età anagrafica, trovo nella fotografia argentica un collegamento con il passato,  collegamento con quello che in parte è stato motivo della nascita della passione per la fotografia.

Ho avuto anch’io il periodo di distacco dalla fotografia analogica, attratto dall’innegabile “praticità” dello strumento digitale…mi sento in questo caso fortunato a non dovermi confrontare con la committenza, che probaibilmente (almeno nella maggioranza dei casi) non mi permetterebbe di utilizzare il supporto analogico, credo sia un’esperienza veramete motivante, la  trovo un’approccio artigianale, dove il controllo di tutte le fasi del lavoro, dal concetto alla stampa, sia davvero un’esperienza impagabile e in alcuni casi, anche un valore aggiunto al proprio lavoro!

Vorrei che fosse chiaro, questo non vuole essere un confronto/scontro con la tecnologia digitale, ma solo uno spunto per cercare di capire e raccogliere idee sul vostro approccio alla fotografia analogica, troppo giovane e oltremodo valida,  per essere considerata morta…

Grazie

Giovanni

18 pensieri su “Finalmente qualcosa di nuovo in Fotografia!

  1. Che belle considerazioni, sfondi una porta aperta. Sono oramai anni che con grande soddisfazione utilizzo l’analogico. Ho 45 anni quindi ho iniziato con lui, poi come tutti lo stupore di vedere in modo immediato il tuo scatto ha prevalso. Ma sentivo che mi mancava qualcosa…….la poesia dell’imperfezione. Si la strumentazione moderna ti permette di realizzare scatti perfetti, ma a mio parere senza poesia. Tutte le foto mi sembrano uguali. Sai essendo un piccino di bottega, facendo tutt’altro lavoro, per me la fotografia è solo passione, non ci mangio e non ho committenza, quindi molto libero di sperimentare. Ho iniziato accoppiando un vecchio helios 58mm con una 50d canon, ed è stato come tornare indietro di 20 anni. Il piacere di trovare il fuoco, l’attenzione che metti nella composizione, et etc……
    Ho iniziato quindi a provare e provare, a documentarmi a cambiare corpo per avere la massima compatibilità possibile, ed ogni volta che ad un mercatino trovo una vecchia lente oppure suona il corriere per qualcosa che cercavo da tempo è una festa.
    La fotografia, quando non è commerciale, è poesia, ed a mio parere l’analogico aiuta.
    grazie per lo spazio e buon lavoro


  2. https://polldaddy.com/js/rating/rating.jsIo ho approcciato al fotografia con l’analogico e per qualche ragione il mio corredo fatto di ottiche (2) fisse e reflex rimane ancora una fonte di emozione nel momento in cui torno ad impugnare la fotocamera. Come ben dice chi mi ha preceduto all’analogico va riconosciuta una poetica che supera il tempo e la tecnologia. D’accordo con Sara penso che le stampe siano il modo migliore per apprezzare uno scatto e poterle vedere nascere dalle mie mani è un’emozione davvero unica.
    Il digitale ha permesso di superare parecchi limiti, ma per contro ha spinto a scattare pensando meno di quanto si è costretti a fare con un numero di scatti limitati a 36 pose e dei costi di stampa che alla lunga incidono sul budget. Credo che come stia avvenendo per il vinile in ambito musicale, alla fotografia analogica il futuro riserverà ancora lunga vita. Grazie Sara per questi spunti

  3. sono d’accordo, Sara. e’ sbagliato pensare in termini di analogvsdigital. sono due approcci diversi dentro lo stesso grande mondo della fotografia. io come te ho vissuto l’emergere del digitale diciamo nel periodo post 2000 e confesso che non sono mai riuscito a fare una scelta tra l’uno e l’altro. poi ho capito che non serve. essendo due cose diverse le prendo per come sono con i pro e contro. a volte penso che i file mi spaventano un pochino. che fine faranno? la pellicola mi da’ piu’ certezza e devo dire anche appagamento ‘fisico’…tattile. e poi dell’analogico adoro quanto descrivi bene dell’approccio, la concentrazione, la presa di consapevolezza di quello che si fa senza alibi, senza il pensiero che tanto poi c’e’ photoshop. infine, devo dire che l’analogico mi ha aiutato per capire come lavorare sul digitale e ora vivo sereno. ciao e grazie per lo spunto riflessivo. Herbert

  4. Ciao Giovanni,
    parafrasando Ghirri ti dico: meno male che c’è qualcosa di antico sotto il sole. Io sono uno che vive ancora nel “pliocene” della fotografia: pellicola, molto spesso ripresa stenopeica, sviluppo e stampa ai sali d’argento in camera oscura, e antiche tecniche di stampa… fino a qualche anno fa mi sentivo un fossile vivente. Il fatto è che proprio non sono riuscito e non riesco ad entrare in piena sintonia con il digitale. Riconosco essere un mio limite, perché comunque sarebbe meglio non avere disagi per fare una semplice scansione, ma mi sono sempre detto che finchè avessi avuto la possibilità di reperire i materiali tradizionali avrei rinviato l’approdo sulla spiaggia del digitale.
    Nessuno mi vede quando lavoro in camera oscura, ma quando esco e in particolare uso la fotocamera stenopeica, avviene puntualmente qualcosa di singolare: dopo qualche minuto c’è il solito che timidamente inizia a fare domande e dopo un po’ superato il disagio iniziale, capita di avere un capannello di persone che ti “intervistano”, che vogliono sapere come funziona, cosa succede, come è possibile che basti una scatola di legno e per di più senza obiettivo per avere una fotografia, non ci sono pulsanti, bottoncini, non si vede niente, e come si fa ad inquadrare?! E la mesa a fuoco? …”scusi, ma dentro la scatola di legno c’è una macchina fotografica vera … non è così?”… se dovessi raccontare tutti gli episodi più o meno carini che mi sono capitati mi ci vorrebbero ore.
    E’ anche vero che la fotocamera stenopeica incuriosisce per la sua “esoticità”, una fotocamera reflex autofocus a pellicola non sarebbe neanche percepita tanto diversa da una fotocamera digitale, però il punto è che le domande e le curiosità che si innescano riguardano comunque la fotografia analogica.
    Circa un mese fa sono stato a Sestri Levante. Avevo alcune mie fotografie esposte in una collettiva del Gruppo Rodolfo Namias – Antiche Tecniche Fotografiche – Non puoi capire quanta gente è entrata a visitare la mostra ed era interessata, incuriosita, affascinata: ho girato nelle sale volutamente nel più totale anonimato per sentire i commenti e sono rimasto molto sorpreso nel raccogliere tanto interesse positivo soprattutto da parte delle nuove generazioni.
    E’ anche quello che sta succedendo nella musica: c’è un ritorno del vinile. Le nuove generazioni non sapevano cos’era un LP, il suo sonoro più caldo e poi le copertine dei dischi, le notizie contenute all’interno, la condivisione del passaggio fisico del disco tra amici e amiche. Con la musica virtuale e le cuffiette nelle orecchie non viviamo e non condividiamo più le emozioni con gli altri.
    Le motivazioni possono essere diverse, ma a mio parere, credo che essendo l’essere umano dotato di mani capaci di manipolare, costruire, creare, quando questo avviene, e nel nostro caso quando fisicamente realizziamo e tocchiamo una stampa oltre che vederla, riusciamo a capire quanta differenza c’è con una immagine virtuale che sentiamo quasi non appartenerci perché manca il senso tattile e la certezza di averla creata noi artigianalmente: c’è un approccio completamente diverso anche a livello mentale!
    Sono per una fotografia stampata con tecnica tradizionale, su carta di qualità, voglio sentire con il tatto la texture della carta, la voglio imperfetta, ma “monotipo”, unica e irripetibile, la voglio prendere per guardarla e riguardarla … cerco queste emozioni.
    Ciao Giovanni,
    parafrasando Ghirri ti dico: meno male che c’è qualcosa di antico sotto il sole. Io sono uno che vive ancora nel “pliocene” della fotografia: pellicola, molto spesso ripresa stenopeica, sviluppo e stampa ai sali d’argento in camera oscura, e antiche tecniche di stampa… fino a qualche anno fa mi sentivo un fossile vivente. Il fatto è che proprio non sono riuscito e non riesco ad entrare in piena sintonia con il digitale. Riconosco essere un mio limite, perché comunque sarebbe meglio non avere disagi per fare una semplice scansione, ma mi sono sempre detto che finchè avessi avuto la possibilità di reperire i materiali tradizionali avrei rinviato l’approdo sulla spiaggia del digitale.
    Nessuno mi vede quando lavoro in camera oscura, ma quando esco e in particolare uso la fotocamera stenopeica, avviene puntualmente qualcosa di singolare: dopo qualche minuto c’è il solito che timidamente inizia a fare domande e dopo un po’ superato il disagio iniziale, capita di avere un capannello di persone che ti “intervistano”, che vogliono sapere come funziona, cosa succede, come è possibile che basti una scatola di legno e per di più senza obiettivo per avere una fotografia, non ci sono pulsanti, bottoncini, non si vede niente, e come si fa ad inquadrare?! E la mesa a fuoco? …”scusi, ma dentro la scatola di legno c’è una macchina fotografica vera … non è così?”… se dovessi raccontare tutti gli episodi più o meno carini che mi sono capitati mi ci vorrebbero ore.
    E’ anche vero che la fotocamera stenopeica incuriosisce per la sua “esoticità”, una fotocamera reflex autofocus a pellicola non sarebbe neanche percepita tanto diversa da una fotocamera digitale, però il punto è che le domande e le curiosità che si innescano riguardano comunque la fotografia analogica.
    Circa un mese fa sono stato a Sestri Levante. Avevo alcune mie fotografie esposte in una collettiva del Gruppo Rodolfo Namias – Antiche Tecniche Fotografiche – Non puoi capire quanta gente è entrata a visitare la mostra ed era interessata, incuriosita, affascinata: ho girato nelle sale volutamente nel più totale anonimato per sentire i commenti e sono rimasto molto sorpreso nel raccogliere tanto interesse positivo soprattutto da parte delle nuove generazioni.
    E’ anche quello che sta succedendo nella musica: c’è un ritorno del vinile. Le nuove generazioni non sapevano cos’era un LP, il suo sonoro più caldo e poi le copertine dei dischi, le notizie contenute all’interno, la condivisione del passaggio fisico del disco tra amici e amiche. Con la musica virtuale e le cuffiette nelle orecchie non viviamo e non condividiamo più le emozioni con gli altri.
    Le motivazioni possono essere diverse, ma a mio parere, credo che essendo l’essere umano dotato di mani capaci di manipolare, costruire, creare, quando questo avviene, e nel nostro caso quando fisicamente realizziamo e tocchiamo una stampa oltre che vederla, riusciamo a capire quanta differenza c’è con una immagine virtuale che sentiamo quasi non appartenerci perché manca il senso tattile e la certezza di averla creata noi artigianalmente: c’è un approccio completamente diverso anche a livello mentale!
    Sono per una fotografia stampata con tecnica tradizionale, su carta di qualità, voglio sentire con il tatto la texture della carta, la voglio imperfetta, ma “monotipo”, unica e irripetibile, la voglio prendere per guardarla e riguardarla … cerco queste emozioni.
    Porca miseria! Perdonatemi sono stato veramente troppo lungo!
    Comunque grazie perché ci mantenete con la mente svegli e arzilli. Marco


  5. https://polldaddy.com/js/rating/rating.jsUn paio di considerazioni. Vengo dall’analogico e si è vero che c’è il controllo, o meglio la possibilità di controllo, dell’intero processo, ma c’è anche nel digitale. Su questo versante non capisco la differenza. E sul piano tecnico il digitale fatto ad una certa qualità richiede pure competenze specifiche e di ottimo livello. Non mi sembra questa la differenza. Al contempo non è che il controllo sia sempre stato così perseguito. Chi ha lavorato e lavoro in grande formato ne fa ovviamente una ragion d’esser di quell’approccio, ma chi lavora in 35 mm spesso anche nel professionismo si è orientato a selezionare uno stampatore di fiducia. Personalmente, per quanto affascinante fosse, e sia, lavorare in camera oscura ho sempre preferito il lavoro sul campo, fare le fotografie nella relazioni con le cose, le persone, il mondo. Se c’è una differenza secondo me sta in quel risultato quasi tattile che produce la pellicola. Spesso lavorando nello spettacolo e vedere il risultato granoso di certe fotografie realizzate con pellicole tirate (allora era già tanto 3600 asa) dava esattamente questa sensazione di tattilità producendo inoltre una era e propria estetica. Con il 6×6 si coglie bene, anche con le ottiche specifiche, quella profondità che spesso manca nel digitale. Ma anche li dipende quale digitale. Concordo invece sulla questione delle nuove generazioni, che vedo molto interessate ai risultati espressivi. Ma è questa secondo me la questione centrale, è proprio la differenze nei risultati e talvolta in un processo che richiede più scelta sin dalle fasi dello scatto. Ma attenzione a non farci su una retorica eccessiva né sulla lentezza né sulla scelta. R, Frank, come altri, ha scattato una quantità enorme di fotografie, analogiche e la scelta l’ha fatta nella sua testa. Aveva un modo di approcciare la fotografia perché aveva un modo per approcciare le cose della vita. Saluti, Marco

    • Ciao Marco, la penso come te; il controllo dell’intero processo è perseguibile anche con il digitale e necessita di notevoli conoscenze, inoltre non è indispensabile che il fotografo sia anche uno stampatore.
      il mio pensiero nasce constatando che l’interesse verso la fotografia argentica sembra vivere una seconda giovinezza.
      detto questo, sono d’accordo con te; la fotografia va fatta con la testa, a prescindere dal mezzo utilizzato.
      grazie mille!
      Giovanni


  6. https://polldaddy.com/js/rating/rating.jsNella storia delle matrici ognuna muore quando gli sopraggiunge l’ultima e nella storia delle matrici si rispecchia la condizione della classe di comando relativa al periodo storico di riferimento. Oltre a dover fare esattamente quello che è chiesto alle precedenti, alle ultime è imposto di fare di più e meglio. A prescindere da ragioni romantiche è impensabile delegare alla matrice argentica la sintassi richiesta dal sistema comunicativo odierno. Come tutte quelle che l’hanno preceduta, la matrice fotografica, resta viva e vivace in altre applicazioni che riguardano la didattica. Per quanto riguarda “l’arte ” ogni ragionamento si complica e come per la didattica va oltre l’uso dei materiali offerti dall’impresa dei consumi fotografici concepiti esclusivamente per la raccolta automatica di immagini istantanee.

  7. Ciao Gianni, non credo che la fotografia analogica sia morta, come ho scritto, la mia curiosità nasce nel constatare un nuovo interesse verso questo strumento. Siceramente non sono convinto che il nuovo faccia sempre meglio del precedente, anche se in realtà il mio pensiero non vuole ( e non può ) stabilire questo.
    Grazie
    Giovanni

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