Imparare da Steve McCurry, altro che balle…

china-10038nf3_a-young-monk-runs-along-the-wall-over-his-peers-hunan-province-china-2004-steve-mccurry-webFotografia di Steve McCurry

Eccomi qui, ancora in difesa di Steve McCurry spesso maltrattato dal pubblico appena istruito (per appena intendo da poco e anche poco).

Il fotografo è passato dal reportage duro, durissimo alle fotografia che maggiormente vengono ricordate. Le fotografie fatte di colori, begli occhi e composizioni perfette.

A maggio del 1979, mentre si combatte tra mujaheddin (ribelli) ed esercito lealista, lungo il confine con il Pakistan, McCurry è uno dei primi fotografi presenti.

Fotografie di Steve McCurry

Sempre lì, pochi anni dopo, una ragazzina appena dodicenne con  occhi verdi stupendi, diventerà uno dei volti più famosi di sempre.

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Fotografia di Steve McCurry

Non mi piace la sua fotografia, l’ho sempre detto e mi ripeto qui, ma con questo non voglio assolutamente dire che non valga la pena di imparare da lui, fosse solo per la capacità di ricreare o beccare al volo, immagini con composizioni e distribuzioni dei pesi tonali, a dir poco perfette.

Il casino più grosso, recente, succede quando una fotografia esposta alla Venaria Reale, un fotografo italiano, riscontra una maldestra ‘photoshoppata‘ su una foto scattata a Cuba. Ecco che parte la crociata contro McCurry. Eccheppalle!

Di sé oggi dice:

“Ho sempre lasciato che fossere le mie immagini a parlare, ma ora capisco che la gente vuole che dica in che categoria mi ritrovo. Oggi direi che sono un narratore visuale”

E ancora

Gli anni in cui documentavo i conflitti sono lontani e sono sempre stato un freelance, ad eccezione per un breve lasso di tempo in cui ho lavorato per un giornale locale della Pennsylvania. Alcuni dei miei lavori sono sconfinati nel mondo della fine art e ora sono esposti in collezioni e musei. È praticamente impossibile darmi una classificazione precisa, ma è anche dovuto al fatto che la mia carriera si estende su un lasso di 40 anni e si è evoluta così come i mezzi espressivi sono cambiati“.

Pensavo di poter fare quello che volevo delle mie foto personali sotto il punto di vista estetico e della composizione, ma mi rendo conto che possa risultare fuorviante per le persone che mi vedono ancora come un fotoreporter. In futuro mi impegnerò a utilizzare il programma in misura minima, anche per i miei lavori ripresi durante viaggi personali

Steve McCurry rimane uno dei più grandi maestri della fotografia contemporanea.

Rimane un punto a cui riferirsi per un larghissimo pubblico, un pubblico che sa poco di fotografia, a cui piacciono forme e colori, quindi?

I giovani che si avvicinano alla fotografia, amano le sue immagini molte delle quali sono diventate delle vere e proprie icone del nostro tempo.

Per questi motivi vi allego qui sotto alcuni filmati che lo ritraggono mentre ci spiega cosa sia secondo lui la fotografia e come “farla”. Ciao Sara

Biografia da I grandi fotografi di Repubblica

ll fotografo Steve McCurry è noto in tutto il mondo per le sue immagini di alto valore artistico e documentaristico. Gli studi di cinematografia e storia alla Pennsylvania State University gli hanno consentito di sviluppare e perfezionare il talento in entrambi i settori. Conseguita la laurea cum laude nel 1974, inizia a lavorare come fotografo di un quotidiano di King of Prussia, un sobborgo di Philadelphia, sua città natale. Quattro anni dopo decide di lavorare come freelance, parte per l’India e il Nepal, lascia il lavoro al quotidiano e si converte alla fotografia a colori. Il suo obiettivo è realizzare servizi geopolitici per i periodici. Dopo un avvio lento, McCurry arriva in breve tempo alla ribalta internazionale. Nel maggio del 1979 incontra nel Nord-ovest del Pakistan alcuni profughi afghani che lo informano che nel loro paese sta per scoppiare una guerra. Dopo aver trascorso alcune settimane con i ribelli mujaheddin, schivando l’artiglieria dell’esercito di giorno ed evitando le mine durante i trasferimenti notturni attraverso le montagne afghane, McCurry riesce a tornare in Pakistan con tutti i suoi rullini. Quando la sua fotografia dei combattenti mujaheddin che controllano il passaggio dei convogli russi viene pubblicata sul New York Times, McCurry diventa famoso in tutto il mondo. L’intrepido fotografo cui si devono le rare immagini di un conflitto nascente riceve presto altri incarichi dalle principali riviste. Nel 1980 segue la guerra in Afghanistan per Time e viene premiato con la prestigiosa medaglia d’oro Robert Capa per il miglior reportage fotografico realizzato all’estero con straordinario coraggio e spirito d’iniziativa. McCurry inizia quindi a collaborare con National Geographic, che gli garantisce le risorse e il tempo necessari per realizzare servizi approfonditi (l’indice completo degli articoli è nella pagina seguente). L’immagine della piccola profuga afghana dagli occhi verdi pubblicata sulla copertina di National Geographic nel 1985 lo consacra tra i maestri del fotogiornalismo mondiale ed è ancora oggi una delle fotografie più riconoscibili mai scattate. Nello stesso anno, McCurry ottiene numerosi riconoscimenti: tra questi il premio Magazine Photographer of the Year della National Press Photographers Association e quattro premi World Press Photo. Nel corso della sua carriera McCurry si è ispirato al lavoro di altri fotografi documentaristi come André Kertész e Walker Evans, e ha spesso incontrato il maestro Henri Cartier-Bresson, uno dei fondatori dell’Agenzia Magnum, di cui McCurry è membro dal 1986. McCurry vive a New York. Ha documentato i tragici eventi nella città dopo l’attacco dell’11 settembre 2001 al World Trade Center. Era tornato solo il giorno prima dal Tibet, dove si era recato su incarico di National Geographic. Le fotografie di McCurry fanno parte delle collezioni dei principali musei, inclusi l’International Center of Photography di New York; il Tokyo Museum of Modern Art e il Philadelphia Museum of Art, che nel 1997 ha anche organizzato una mostra itinerante delle sue immagini sull’India. Steve McCurry ha pubblicato numerosi libri (dove disponibile indichiamo l’edizione italiana): The Imperial Way (1985); I giorni del monsone (1989); Sanctuary (2002); The Path to Buddha: A Tibetan Pilgrimage (2003); Ritratti (2003); Sud sud-est (2004); Steve McCurry (2005); Looking East (2006); ll cammino di Francesco (2006); In the Shadow of Mountains (2007); L’istante rubato (2009).

18 pensieri su “Imparare da Steve McCurry, altro che balle…

  1. D’accordo ma il grosso rischio con questo fotografo è quello di essere portati a considerare le sue foto “reportage”, documenti reali della realtà rappresentata e questo potrebbe trarre in inganno. Perché quello che lui rappresenta è diverso dal reportage, dal documento: è una visione personale, molto enfatizzata nei colori.
    Messo in chiaro ciò, sicuramente è un grande fotografo e le sue foto sono eccezionali.
    Tuttavia quell’errore in quella mostra è da dilettanti e non si può soprassedervi o fare finta di niente, tanto più quando viene da un maestro come lui.

    • c’è in questo commento un errore concettuale di fondo, nessun “reportage” è un documento “REALE” della “realtà”, ma una visione di chi realizza il reportage. Bisogna anche mettersi d’accordo su che cosa è la “Realtà” se io e un altro andiamo a fotografare nello stesso posto usciranno foto diverse e tutte ” reali” ma tutte diverse tra loro, pur essendo fatte nello stesso posto, allora che cosa è reale? e poi la fotografia deve documentare la realtà o fornire immagini che siano rappresentative del modo di vedere di chi fotografa? personalmente sono convinto che una “buona fotografia” (prendendo in prestito l’espressione da Mulas) è quella che ha un valido contenuto estetico, che cosa è poi un valido contenuto estetico …. di questo ne parliamo in un altro post, per oggi basta così.


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    https://polldaddy.com/js/rating/rating.jsNon è facile ammettere il talento altrui se non cercando il difetto…
    Questo lo provo anche io da quando mi sono messo a fare l’artigiano artistico…
    Si cerca di migliorare se stessi criticando il prossimo…ma…
    E’ vero che sfrutta anche l’automatismo?
    Magari potessi imparare da lui!!
    Sempre interessanti i tuoi articoli Sara,
    ciao da Mauro!

  3. Mi trovo in perfetta sintonia con il tuo pensiero. Sono tornato a vedere una sua mostra ad Ancona pochi giorni fa. Ne avevo già viste altre tre, negli anni, ma ci sono tornato xché anch’io, quando mi sono accostato alla fotografia in modo più serio, in un primo momento mi sono trovato tra i “criticoni”. Non solo di McCurry, ma anche di Toscani, ad esempio. Poi, scavando, leggendo, guardando, ho capito che quello che non mi andava erano le persone, gli atteggiamenti, insomma altre cose che con la fotografia non avevano molto a che fare. Conclusione: McCurry è un grande, così come lo è Toscani. Colgo l’occasione per dirti che per puro caso ho avuto il piacere di stare seduto allo stesso tuo tavolo, a pranzo, a Ferrara, con Giovanni Cocco e altre persone con cui stavamo facendo un ws. Io ero il più “attempato”. E cmq grazie per il post!!

    • Ciao Rolando, il più attempato? Cavolo non ricordo, scusami! Ti ringrazio per l’intervento è proprio quello che tento di fare…capisco le critiche ma non la demolizione di un autore! Grazie ancora…Ciao sara

  4. https://polldaddy.com/js/rating/rating.jsL’ho visto in mostra ai musei San Domenico di Forlì, dove in stanze molto scure e piene zeppe di immagini giganti e molto contrastate e con luce violenta, mi ha reso molto un effetto da mostra da Luna Park. Sia nelle fotografie esposte, dalla facile ricerca di consenso popolare con primi molti primi piani di bimbi o volti iconici di vecchi Indiani, dai colori ipersaturi e perfettamente composti, sia nella lunga intervista doppiata, non mi ha dato l’impressione ne’ di un artista, ne’ di una persona con molta profondità di pensiero, ma di un onesto e determinato artigiano della fotografia. Per cui, a mio modesto parere, lo considero molto sopravvalutato. D’altronde National Geographic ha bellissime immagini e testi che non approfondiscono quasi nulla. Grazie delo spazio.

  5. Etichette! Tra quelle che ci appiccichiamo addosso da soli e quelle che ci appiccano addosso gli altri ci ritroviamo dentro una gabbia. A volte ci opprime essere ingabbiati, altre volte ci stiamo comodi e se si apre la porta della gabbia ci fa paura uscirne. Quando poi qualcuno decide di uscire dalla gabbia si trova sempre qualcuno pronto a sputargli addosso.
    Stiamo parlando di un fotografo professionista che quando faceva il fotoreporter ha rischiato la vita per fare fotografie (non stava certo seduto in salotto a sorbire un tè), poi ha cambiato approccio preferendo fare una fotografia diversa… (e allora?).
    La fotografia di un autore può piacere o non piacere.
    “… alla domanda “che cos’è una foto riuscita?”, mi accontento, in mancanza di meglio, di rispondere: quella con cui sono riuscito a comunicare l’emozione che l’ha fatta nascere …” (Willie Ronis)
    Steve McCurry prima faceva una fotografia più “vera e cruda”, poi ha scelto di farne una più “pettinata”. Basta domandarsi questa fotografia mi piace? Mi trasmette un’emozione? E la risposta sta tutta lì. Che cosa c’entra demonizzare, sminuire o demolire un autore? Che cosa ne sappiamo noi delle motivazioni che hanno spinto un professionista e un autore a cambiare? Potrebbero esserci ragioni nobili oppure no nel cambiamento, ma è fuorviante entrare nel merito delle scelte di un autore.
    Penso sia saggio, semplicemente, rispondere alle domande che ponevo prima e se c’è un “sì” seguiamo quell’ autore, e se c’è un “no” giriamo i tacchi, scegliamo un punto cardinale diverso e ce ne andiamo dalla parte opposta.
    Altro discorso riguarda invece il grossolano errore di una stampa malfatta destinata ad una mostra, dove l’intervento in Photoshop di uno stampatore “pressappochista” e poco professionale, ha determinato una pessima figura che paga soltanto l’autore in termini di immagine. Però mi chiedo: ma lo staff di McCurry dove era? E il Curatore della mostra dove era? E lo stesso McCurry dove era prima di selezionare quella fotografia?
    Non buttiamola poi sotto l’aspetto etico! Vogliamo credere che McCurry sia l’unico autore, più o meno famoso, che ricorra all’ uso di Photoshop?……
    Mi fermo qui.
    Ciao! Marco

    • Ecco, appunto, possiamo scegliere se seguire o meno un fotografo. Mi da molto fastidio che lo si sminuisca senza sapere cosa ha fatto prima e senza sapere a strada che ha percorso per arrivare qui. Per quanto riguarda Photoshop, è stato un errore farsi beccare, non usarlo. Lui da quello che la gente vuole vedere! Ciao grazie mille! Sara

  6. Lui da quello che la gente vuole vedere, altri scrivono quello che la gente vuole leggere e così via; non ci trovo nulla di male, a patto di lavorare per costruire il proprio personale senso critico. Però che scivolone con quella foto…

  7. Pingback: Codice etico del fotogiornalismo | MU.SA.

  8. Ciao Sara!
    Solo oggi, casualmente leggo questo articolo, con cui mi trovo, lo premetto, d’accordo.
    A me McCurry non è mai piaciuto molto a dire il vero, ciò non toglie che circa un 3 anni fa l’ho rivalutato molto ed ho deciso di analizzarne bene i lavori per, banalmente, imparare a fare delle cose. La sua gestione del set e della luce è fantastica, la si può criticare quanto si vuole, ma prova a far foto in quel modo per un cliente, e poi capisci che in realtà dietro c’è un sacco di mestiere.
    Proprio in quest’ottica sono anche andato a vedere la mostra di Venaria, poco prima che venisse scoperto l’orribilissimo fotoritocco. Dico “poco prima” perché il fotoritocco l’ho scoperto io.
    Quando ne ho scritto, quella sera, l’ho scritto un po’ come si direbbe “ma lo sapete che in Ben-Hur a un certo punto ho visto che una comparsa aveva un orologio?!?!”. Cioè una curiosità, una errore interessante che si è beccato per un colpo di culo (ero alla Venaria coi bimbi, ho avuto circa mezz’ora di tempo per visitare la mostra). Cioè, dai, lo sappiamo tutti che le comparse di Ben-Hur NON sono ceramente di epoca romana, cioè è un film, no? Quello è un errore “marginale”, una svista.
    Quindi puoi immaginare come sono rimasto stupito quando la cosa si è trasformata in un casino mondiale… ho anche provate a spiegare che secondo me erano cazzate, un errore minimo, ma niente, ormai il tam tam era partito e per giorni e giorni, con mio imbarazzo, orde di fotoamatori incazzati, peggio… “traditi” o che si sentivano così, hanno continuato ad infierire sul povero McCurry senza alcuna pietà o comprensione.
    Evidentemente, mi sono dato come spiegazione, c’era già un bolo di risentimento pronto a scoppiare, ed io sono stato la causa occasionale per tutto questo casino.

    Ciao
    Paolo

    • Ciao Paolo, non sai quanto mi fa piacere il tuo commento. Cavolo! Il parallelismo con Ben-Hur è perfetto e, come te, avrei provato più curiosità che altro. Una cosa del tipo :Ti ho beccato furbacchione! Mamma mia che casino hai innescato. Comunque siamo d’accordo credo. P.s. Per favore, non venire a vedere mostre mie!!! 😂😂😂 Buona domenica

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