Mostre: Steve McCurry, Salgado e molti altri

Senza confini – Steve McCurry

27 febbraio – 12 giugno 2016
Galleria Harry Bertoia
Corso Vittorio Emanuele II, 60
Pordenone

Inaugurazione: sabato 27 febbraio ore 18.00

DESCRIZIONE MOSTRA

Senza Confini è la nuova retrospettiva di Steve McCurry dedicata alla città di Pordenone e che avrà luogo dal 27 gennaio al 12 giugno 2016 nella Galleria Harry Bertoia, organizzata dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Pordenone.
Si tratta di un’esposizione particolarmente vasta: saranno presenti infatti circa 120 fotografie del fotografo, destinatario nella sua carriera di innumerevoli e prestigiosi premi internazionali.
La selezione di immagini isolata nell’immenso archivio di McCurry, e qui proposta, ha l’intento di offrire un viaggio simbolico attraverso i suoi 40 anni di fotografia per raccontarlo come ha vissuto: Senza Confini.
Senza Confini, nella sua installazione espositiva, mescolando tempi e luoghi, lascia il visitatore libero di muoversi e creare un suo personale percorso, e ritrovare le 50 icone più amate e commentate personalmente da McCurry nel catalogo, ma anche i progetti più recenti dedicati all’Africa, al Giappone alla Birmania.

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DPI – Darkness Per Inch – doppia personale di Mustafa Sabbagh e Milena Altini

dal 6 febbraio al 19 marzo 2016 – galleria marcolini – forlì

DPI – Darkness Per Inch è la doppia personale di Mustafa Sabbagh e Milena Altini. Il titolo accenna al monopolio cromatico del Nero nel lavoro presentato dai due artisti in Galleria Marcolini, dal 6 febbraio al 19 marzo 2016.

Le fotografie dalla matericità pittorica di Mustafa Sabbagh hanno quasi tutte una composizione tradizionale dalle reminiscenze religiose; l’artista italo-giordano ritrae contemporanee Madonne con Bambino e Pietà i cui corpi sporchi, imbevuti spesso di un materico colore petrolio, pulsano anche nell’immobilità delle loro pose.

Una donna bionda, di cui conosciamo il nome – come Francis Bacon ci confessava l’identità di chi ritraeva all’interno delle camere d’albergo, così Sabbagh ci fa conoscere i nomi dei suoi modelli, quasi sempre esplicitandoli nei titoli dei files – maneggia lo strumento ginecologico di dilatazione vaginale come se fosse una pistola. Ci ricorda che corpo e battaglia spesso sono sinonimi, e di come dolore e sofferenze siano connaturati e acquisiti tramite una condizione di genere, sessuale.

Paesaggi sublimi e romantiche contemplazioni naturali si alternano a ritratti non solo dall’invadente potenza estetica, ma anche provocatori. Innocenza e consapevolezza. William Blake e Bill Henson.

Ugualmente innocenti, indipendenti da ogni giudizio, e parimenti consapevoli, avvolgendosi potentemente su loro stesse, le Waiting Souls di Milena Altini sono un gruppo scultoreo di anime perfette, collegate nella loro unità di forme e di fine. Lembi di pelle di vitello e di agnello, sacri o sacrificali a seconda della loro latitudine di provenienza, dal movimento di una spirale e tono di un’ascesa. La Altini, percorrendo i gradienti di nero del derma delle sue anime, ne onora una immensa composta da mille altre sue simili, sul solco di una cucitura e di una necessità contingente, ma ancora incomprensibile.

Attraverso il linguaggio che più le si confà: la scultura. Parlando la lingua che meglio conosce: quella della pelle. Sfiorando corde note ad ogni essere umano, ma soprattutto ad ogni donna: quelle dell’attesa. Berlinde de Bruyckere ed Eva Hesse.

Fil rouge tra i due artisti, oltre al riferimento cromatico, è ovviamente il corpo o – ricordando Malaparte – la pelle, corpo livido e materia evocativa, e – parafrasando Bulgakov – la carne, il cui odore che si sente da lontano toglie significato anche all’atto di imparare a leggere.

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Chema Madoz

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26.01 – 12.03.2016 – Galerie Esther Woerdehoff – Paris

“ With a minimalist approach and a precise composition, the artist creates his visualpoems, like small photographic haikus.”

Born in 1958 in Madrid, Chema Madoz has been spending the last thirty years creating a body of work that manages to escape the trends of artistic photography while constantly honoring it with the most beautiful tributes. In the influence of Surrealism, the photographer becomes a sculptor, on a line stretched between the real and the imaginary. By transforming objects, often utilitarian, playing with collage, juxtaposition, reflections, he then brings chaos in everyday life and seems to allow silent things to express their innermost desires. The views from his studio, photographed by Pablo Zamora for El Pais, show us a cabinet of curiosities both orderly and fanciful. We can spot some of the subjects of his photographs: a terrestrial globe -disco ball, a tie made out of rococo frames or a shoe with The Eiffel Tower as a heel. Some objects regularly return: scales, watches, musical notes, mirror or chess are also symbols of the human condition. The choice of black and white separates even more theses objects from the real world, the monochromy makes them timeless and allows us to focus on their shape, texture, and tones, like coming back to the origins of photography, when the long exposure of the daguerreotype forced the photographer to choose immobile subjects. Far from being a tribute to materialism or to consumer society, theses portraits of objects by Chema Madoz are a call to reconsider their use and their beauty. Magician of the silver printing, Chema Madoz prints his pictures in warm tones, playing with the small and large, with a format and an edition always carefully chosen according to the subject of each photograph. As soon as 2005, Esther Woerdehoff Gallery has been exhibiting the work of Chema Madoz, who was then almost unknown in France. Since then, our gallery regularly shows his photographs in exhibitions and international fairs. In 2014, the Rencontres d’Arles offered him a major retrospective show that made him better know to the general public and Actes Sud recently published the French translation of his latest book, Les règles du jeu, which presents photographs created since 2008. We are pleased to present a selection of these recent works.

Text by Florence Pillet, November 2015

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Approfondimenti su Chema Madoz, nella pagina che gli abbiamo dedicato sul blog!

WILDLIFE PHOTOGRAPHER OF THE YEAR

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Per il settimo anno il Forte di Bard ospita in esclusiva, dal 3 febbraio al 2 giugno, la prima tappa italiana del tour mondiale della mostra Wildlife Photographer of the year, l’evento più prestigioso e importante nell’ambito della fotografia naturalistica.

Presenti in mostra oltre cento emozionanti immagini, vincitrici nelle 18 categorie del premio indetto dal Natural History Museum di Londra in collaborazione con il Bbc Wildlife Magazine, giunto ormai alla sua 51esima edizione. Quest’anno hanno partecipato 42.000 concorrenti, provenienti da 96 paesi del mondo, valutati da una giuria internazionale di stimati esperti e fotografi naturalisti.

L’immagine vincitrice è A tale of two foxes di Don Gutoski (Canada). Lo scatto ritrae una volpe rossa che trascina la carcassa di una volpe artica, nel Wapusk National Park in Canada. Ruffs on display di Ondřej Pelánek della Repubblica Ceca è invece la foto vincitrice assoluta nella sezione Giovani. Lo scatto immortala la lotta fra due uccelli maschi per le femmine e in difesa del proprio territorio.

Tra gli italiani che hanno partecipato Ugo Mellone con la foto Butterfly in Crystal ha vinto nella Categoria Invertebrates e un altro suo scatto The Tunnel of Spring è stato selezionato come finalista nella Categoria Land. Inoltre sono risultati finalisti Vincenzo Mazza con la foto Battling the Storm (Categoria Birds) e Hugo Wassermann con lo scatto Ice Design (Categoria Impressions).
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Sebastião Salgado – Genesi

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Genesi è l’ultimo grande lavoro di Sebastião Salgado, il più importante fotografo documentarista del nostro tempo.

Uno sguardo appassionato, teso a sottolineare la necessità di salvaguardare il nostro pianeta, di cambiare il nostro stile di vita, di assumere nuovi comportamenti più rispettosi della natura e di quanto ci circonda, di conquistare una nuova armonia.

Il mondo come era, il mondo come è. La terra come risorsa magnifica da contemplare, conoscere, amare. Questo è lo scopo e il valore dell’ultimo straordinario progetto di Sebastião Salgado.

In mostra oltre duecento fotografie eccezionali: dalle foreste tropicali dell’Amazzonia, del Congo, dell’Indonesia e della Nuova Guinea ai ghiacciai dell’Antartide, dalla taiga dell’Alaska ai deserti dell’America e dell’Africa fino ad arrivare alle montagne dell’America, del Cile e della Siberia.

Genesi è un viaggio fotografico nei cinque continenti per documentare, con immagini in un bianco e nero di grande incanto, la rara bellezza del nostro principale patrimonio, unico e prezioso: il nostro pianeta.

Progetto di Contrasto e Amazonas, organizzazione Civita.
Palazzo Ducale, Sottoporticato
Piazza Matteotti, 9
16123 Genova
dal 27 febbraio al 26 giugno 2016

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Tiny: Streetwise Revisited – Photographs by Mary Ellen Mark

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December 10, 2015 – March 20, 2016 – Norton Museum of Art, West Palm Beach

In 1983, photographer Mary Ellen Mark began a project called Streetwise that, five years later, would become a poignant document of a fiercely independent group of homeless and troubled youth who made their way on the streets of Seattle as pimps, prostitutes, panhandlers, and small-time drug dealers. Streetwise received critical acclaim for its honest, unvarnished portrayal of life on the streets and introduced us  the public to characters not easily forgotten, including, “Tiny” (Erin Charles), a 13-year-old prostitute with dreams of a horse farm, diamonds and furs, and a baby of her own. Now, almost 45, Tiny has 10 children, and her life has unfolded in unexpected ways. After meeting Tiny 30 years ago, Mark continued to photograph her, creating what has become one of Mark’s most significant, and ultimately her last, long-term project. (She passed away in May at age 75.)

Tiny: Streetwise Revisited is a rare examination of intergenerational poverty, radiating out to issues of homelessness, education, healthcare, addiction, mental health, and child welfare. Mark’s images provide powerful insight into some of the more complex challenges of contemporary American life, yet also reveal the unique 30-year relationship between an artist and her subject.

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Bettina Rheims – Retrospettiva

Dalle prime fotografie ai lavori personali più recenti, l’esposizione, pensata come un cammino, mescola le serie leggendarie, le immagini iconiche di Bettina Rheims ed alcuni lavori più personali o che non sono ancora stati mostrati in Francia. Nè tematico, nè cronoligico, questo percorso mette in luce le ossessioni di Bettina Rheims intorno al suo soggetto prediletto: la donna, in tutti i suoi stati. La femminilità, messa in dubbio, esposta, magnificata è il fil rouge che percorre i tre piani della Maison Européenne de la Photographie, creando degli effetti sorpresa e dei parallelismi tra le 180 immagini presentate.

Catapultando all’improvviso il visitatore nel mezzo dei personaggi che popolano l’oepra di Bettina Rheims, la prima sala dell’esposizione è una vera e propria introduzione visuale. Di fronte a questa prime stampe, monumentali, intimidatorie o commoventi, inquietanti o affascinanti, il visitatore si confronta, in un faccia a faccia a grandezza naturale, con i codici della femminilità e più ampiamente con la questione dell’identità. L’occhio di Bettina Rheims abbraccia le trasgressioni e abolisce le convenzioni per rivelare l’intimità più prefonda e universale. Da qui s’innesta un gioco di specchi…

Bettina Rheims si è appropriata dei codici della fotografia di nudo per rivoltarli e mettere la questione della femminilità al cuore della sua oepra. Mette in pericolo ma allo stesso tempo sublima la bellezza di queste modelle. Messe a nudo, vacillanti o trionfanti, travolgono e intimidiscono lo spettatore. Al di là della questione della femminilitò, la Rheims ha anche esplorato la questione del genere, respingendo i codici della rappresentazione con la sua seria Modern Lovers (1990), qui presentata congiuntamente al suo lavoro più recente, Gender Studies (2011) e alla serie Esponnes (1992). Si tratta semrpe di una messa a nudo, di corpi ma anche dei sentimenti profondi di questi esseri umani che si rivelano in una via di mezzo equivoca. Questo interesse per l’equivoco e il gioco dei contrari traspare ugualmente nella serie Shanghai (2002): Fotografando delle situazioni inattese, Bettina Rheims mostra le donne cinesi divise tra la cultura con la quale sono cresciute e una modernità fantasma.

Brillante ritrattista, la Rheims ha saputo imporre nell’immaginario collettivo i visi che popolano il suo mondo. le sue eroine, le donne anonime o celebri che sfilano davanti al suo obiettivo, sono fotografate con la stessa benevolenza, come tende a mostrare la scenografia dell’esposizione, che presenta i ritratti degli idoli musicali degli anni 2000 e quelli delle donne detenute nelle prigioni francesi, la sua serie più recente.

Bettina Rheims è innanzitutto una creatrice d’immagini, che difende nella sua pratica una tradizione pittorica secoalre. La maggior parte delle fotografie della Rheims testimonano questa eredità, con un importante lavoro sulla composizione e la narrazione. Esse sono costruite per raccontare una storia, che sia quella di Cristo nella serie I.N.R.I. (2000) o quella di queste eroine in Héroines (2005), misteriose allegori della malinconia, serie che segna per Bettina Rheims, un ritorno alla tradizione fotografica.

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Lee Miller: A Woman’s War

IWM London – Until 24 April 2016

Explore the impact of the Second World War on women’s lives through the photography of Lee Miller, one of the most important war photographers of the twentieth century. This exhibition documents Miller’s evolving vision of women’s roles and lives in Britain and Europe as she travelled between countries before, during and in the immediate aftermath of war. Over 150 images are on display alongside Picasso’s portrait of Miller, personal correspondence with Vogue founder Conde Nast and many other objects never seen before.
“The story is so dramatic it transcends any fiction. Her path was controversial, imaginative, accomplished, and in many ways profoundly sad, an emotional roller-coaster. But the legacy is astonishing, as more and more of her achievement as a photographer is revealed.”
The Arts Desk, Marina Vaizey
“There are many extraordinary photographs in the exhibition including two from liberated France, and one showing a woman accused of collaborating with the Germans, her head shaved to expose her shame.”
The Guardian, Mark Brown

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 Irving Penn – Beyond Beauty

Irving Penn: Beyond Beauty

October 23, 2015 – March 20, 2016

American Art Museum

Washington, DC

This first retrospective of photographer Irving Penn’s work in almost 20 years features 146 photographs, drawn entirely from the extensive holdings of the Smithsonian American Art Museum, to chart the artist’s particular fascination with the transitory nature of style, both personal and public, within the larger history of modern art. It reveals how Penn (1917-2009) used photography to respond to social and cultural change by brilliantly describing surface appearances in ways that speak to the depths of human existence.

The exhibition is accompanied by a catalogue ($45, softcover), co-published by The Irving Penn Foundation and the Smithsonian American Art Museum and distributed by Yale University Press, with an essay by Merry Foresta and an introduction by Betsy Broun, the museum’s director.

Irving Penn (1917–2009) (1917–2009), known for his iconic fashion, portrait, and still life images that appeared in Vogue, ranks as one of the foremost photographers of the twentieth century. Irving Penn: Beyond Beauty, the first retrospective of Penn’s work in nearly twenty years, celebrates his legacy as a modern master and reveals the full expressive range of his work. The exhibition features work from all stages of Penn’s career—street scenes from the late 1930s, photographs of the American South from the early 1940s, celebrity portraits, fashion photographs, still lifes, and more private studio images. Penn’s pictures reveal a taste for stark simplicity whether he was photographing celebrities, fashion models, still lifes, or people in remote places of the world.

Irving Penn: Beyond Beauty is drawn entirely from the extensive holdings of the Smithsonian American Art Museum. On display are 146 photographs from the museum’s permanent collection, including the debut of 100 photographs recently donated to the museum by The Irving Penn Foundation. The exhibition presents several previously unseen or never exhibited photographs. Also on view for the first time are Super 8 mm films of Penn in Morocco, made by his wife Lisa Fonssagrives-Penn, that add a vivid picture of the artist at work.

In a career that spanned nearly seventy years, Penn’s aesthetic and technical skill earned him accolades in both the artistic and commercial worlds. He was a master of both black-and-white and color photography, and his revival of platinum printing in the 1960s and 1970s was a catalyst for significant change in the art world. He was one of the first photographers to cross the chasm that separated magazine and fine art photography, narrowing the gap between art and fashion. Penn’s portraits and fashion photographs defined elegance in the 1950s, yet throughout his career he also transformed mundane objects—storefront signs, food, cigarette butts, street debris—into memorable images of unexpected, often surreal, beauty.

Merry Foresta is the guest curator; she was the museum’s curator of photography from 1983 to 1999.

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Herb Ritts

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Dal 20 febbraio — al 5 giugno 2016 Palazzo della Ragione Fotografia ospita la prima grande retrospettiva di Herb Ritts a Milano. Creatore delle immagini più incisive, sognanti e perfette dello star system hollywoodiano, Herb Ritts è stato un grande interprete della fotografia internazionale. Suoi sono molti dei ritratti che hanno costruito, è proprio il caso di dirlo, celebrities come Madonna, Michael Jackson o Richard Gere. Sue sono le fotografie patinate e oniriche della moda, dove gli abiti lucenti di Versace, i corpi perfetti delle modelle, sono immersi in una luce piena e vaporosa.

Herb Ritts inizia la sua carriera fotografica sul finire degli anni settanta guadagnandosi la reputazione  di miglior fotografo sia in campo artistico che commerciale. Oltre a produrre ritratti per riviste di moda fra cui Vogue, Vanity Fair, Interview e Rolling Stones, Ritts realizza le campagne pubblicitarie per Calvin Klein, Chanel, Donna Karan, Gap, Gianfranco Ferrè, Gianni Versace, Giorgio Armani, Levi,s, Pirelli, Polo Ralph Lauren, Valentino e altri. Dal 1988 dirige alcuni video musicali e commerciali, per i quali ricevette numerosi premi. La sua  meravigliosa arte fotografica  è stata oggetto di diverse esposizioni al livello mondiale e i suoi lavori si trovano in importanti collezioni pubbliche e private.

Ritts  era impegnato nella causa per combattere  l’ AIDS, contribuendo attivamente  a diverse organizzazioni di beneficenza fra le quali amfAR, Elizabeth Taylor AIDS Foundation, Project Angel Food, Focus on AIDS, APLA, Best Buddies and Special Olympics. Era, inoltre, un membro Board Of Directors per The Elton John Aids Foundation.

Herb Ritts è morto il 26 dicembre 2002.

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“Caro Dondero…” – Fotografie dall’archivio di Renato Corsini e Massimo Minini

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Dal 30 Gennaio 2016 al 10 Marzo 2016 – Brescia Wavegallery Corsini

Renato Corsini e Massimo Minini rendono omaggio al comune amico e grande fotografo Mario Dondero, recentemente scomparso, aprendo i loro archivi per organizzare una mostra fotografica presso la Wavegallery di Brescia.
Dalle rispettive collezioni sono state selezionate circa 80 immagini che documentano l’attività di Dondero nell’ambito dei ritratti dello stesso eseguiti ad artisti, scrittori e personaggi di cultura dagli anni Cinquanta fino al 2000.
La mostra (il vernissage è previsto sabato 30 gennaio alle ore 19) grazie all’apporto di Uliano Lucas vedrà anche l’esposizione di fotografie scattate al maestro da amici fotografi tra i quali Alfa Castaldi, Gianni Berengo Gardin, Carlo Orsi, Renato Corsini, Romano Cagnoni, Paola Mattioli, Tano d’Amico, Paola Agosti, Ugo Mulas, Monika Bulaj, Giovanna Borgiese.

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PRIMA VISIONE 2015- I FOTOGRAFI E MILANO

La Galleria Bel Vedere, in collaborazione con il G.R.I.N. (Gruppo Redattori Iconografici Nazionale), presenta una raccolta di immagini realizzate nel 2015 da quarantatre fotografi e dedicate a Milano, città scelta come terreno di riflessione o di scoperta.

Nuovo appuntamento con Prima Visione, la mostra dedicata a Milano e ospitata alla Galleria Bel Vedere. La rassegna, giunta all’undicesima edizione, testimonia, ancora una volta, il grande sodalizio tra la Galleria, l’associazione dei photo-editors G.R.I.N. e i fotografi: quarantatre gli autori selezionati, quasi tutti giovani, che nel 2015 hanno realizzato almeno un’immagine della città. Mai come quest’anno caratterizzate dal colore, le loro fotografie ci mostrano, appunto, una

città fresca, vivace, luminosa, trasformata e rinnovata soprattutto grazie all’Expo, ma allo stesso tempo ancorata alla tradizione con i suoi immancabili tram e i tanti monumenti storici.

Vicino alle immagini di architettura, sempre piene di fascino e a qualche visione periferica, ecco una Milano all’apparenza pressoché inedita soprattutto in alcuni scorci di paesaggio urbano.

Ampio spazio è dedicato infine alla vita di tutti i giorni, anche nella sua versione multietnica, in cui spiccano le persone, ritratte al lavoro, nel tempo libero, in movimento nelle vie dello shopping, o che si rivelano addirittura in curiose pose sexy.

Gli autori:

Francesco Anselmi, Mattia Balsamini, Ray Banhoff, Pietro Baroni, Nicola Bertasi, Davide Biagi, Giuseppe Biancofiore, Caterina Maria Carla Bona, Riccardo Bucci, Daniele Cavadini, Pierfrancesco Celada, Federico Ciamei, Matteo Cirenei, Marco Dapino, Franco Donaggio, Jacopo Farina, Stefano Frattini, Alexis Ftakas, Marco Garofalo, Tommaso Gesuato, Alessandro Grassani, Gianluca Gulluni, Giovanni Hänninen, Marco Introini, Cosmo Laera, Andrea Mariani (A13 Studio), Marco Menghi, Francesco Mion, Sara Munari, Gianni Nigro, Thomas Pagani, Giovanni Panizza, Jacques Pion, Roberto Ramirez, Nicolò Rastrelli, Francesco Rocco, Romana Rocco, Filippo Romano, Francesca Romano, Luca Rotondo, Claudio Sabatino, Roby Schirer, Pio Tarantini.

Bel Vedere fotografia – 20123 Milano, via Santa Maria Valle 5. La mostra è aperta dal 29 gennaio al 5 marzo 2016

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Riccardo Venturi Reporter: dall’Afghanistan alla Libia i reportage e lo stile di un grande fotografo

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Dall’Afghanistan alla Libia i reportage e lo stile di un grande fotografo

dal 2 al 15 febbraio 2016

a cura di Federicapaola Capecchi

<A cosa serve una grande profondità di campo se non c’è un’adeguata profondità di sentimento?> Eugene Smith

Ottanta fotografie dei reportage “Afghanistan” e “Libya Martyrs” di Riccardo Venturi, fotoreporter romano vincitore del Premio World Press Photo nel 1997 e nel 2011, saranno esposte a Spazio Tadini dal 2 al 15 febbraio 2016. Un percorso espositivo che risalta la capacità di Riccardo Venturi di restituire dignità ad ogni singolo soggetto fotografato e allo spazio architettonico o ambientale laddove compare, rivelando terrore e speranza, violenza e pace, sofferenza e compassione. Riccardo Venturi possiede una capacità straordinaria di raccontare, di essere testimone, di restituire un punto di vista, di prendere una posizione con pensiero, sensibilità, capacità di vedere, cultura, metodo e molta passione.

“La mostra articola i suoi reportage sottolineandone il respiro diretto, puro, intenso – spiega la curatrice Federicapaola Capecchi – la possibilità, che il suo stile lascia, di avere un atto (e attimo) di respiro e di riflessione anche quando le immagini urtano, fanno male; il suo bianco e nero fa sì che tutto si stagli in modo netto e assuma una forte espressività e che il dolore, la violenza, la paura siano assoluti e intensi restituendoci davvero – anche se sembra paradossale – il senso, la dignità e il valore dell’essere umano. Ciò che il suo occhio e il suo sguardo affrontano, Riccardo Venturi lo restituisce con grande profondità, capacità e con evidente sensibilità e profondità di sentimento. E in questa mostra tutto ciò è assolutamente palpabile”.

Il percorso espositivo sarà concepito per dare risalto all’autore, ma anche stimolare un confronto e dibattito, si svolgeranno infatti anche dei workshop su fare il fotoreporter oggi: con l’eredità di 160 anni di scatti di guerra, con attuali conflitti interni ai popoli e alle nazioni a volte di difficile lettura, con condizioni di lavoro non remunerate e tutelate, con molti più fotografi in campo.

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VIA! Fotografia di strada da Amburgo a Palermo – AA VV

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Dal 30 gennaio al 3 aprile 2016 – Museo di Roma in Trastevere

La mostra è il risultato di un progetto fotografico iniziato nel 2014 dal Goethe-Institut. Dieci fotografi, cinque in Germania e cinque in Italia, nell’arco di un anno hanno fotografato le proprie città secondo i canoni della fotografia di strada.

Creato e definito dalle opere di Henri Cartier-Bresson, Elliot Erwitt, Robert Frank o Alex Webb, questo genere vive della spontaneità dell’attimo fuggente. Il suo carattere situativo è conseguenza della consapevole rinuncia a influenzare attivamente la situazione di scatto, eliminando, dunque, la scelta del momento, della prospettiva e del taglio dell’immagine.

Le immagini in mostra sono state scattate da Amburgo a Palermo, attraverso Berlino, Napoli, Augusta, Treviso, Bologna e tante altre città tedesche e italiane. Dalle diverse prospettive dei dieci fotografi è nata una collezione di scatti di momenti spontanei della vita quotidiana. Alcune foto, astratte dal posto in cui sono state scattate, posseggono una forza espressiva universale. In altre, i dettagli architettonici, la luce o l’atteggiamento delle persone raffigurate lasciano degli indizi sul luogo di scatto. Piene di humor, scurrili, toccanti, enigmatiche o disorientanti, le fotografie dischiudono le significative caratteristiche geografiche, sociali e culturali delle singole regioni.

La squadra dei fotografi di “Via!” è composta per la Germania, dal curatore Fabian Schreyer („The Street Collective“) di Augsburg, dal membro di „In-Public“ Siegfried Hansen di Amburgo, dal fotografo berlinese Guido Steenkamp, da Marga van den Meydenberg, fotografa olandese a Berlino, così come dal membro di “Observe” Michael “Monty” May di Iserlohn. L’Italia è rappresentata da Umberto Verdoliva („Street Photographers“, „SPontanea“) di Treviso, Mary Cimetta di Bologna e Stefano Mirabella di Roma (entrambi „SPontanea“) così come Michele Liberti („EyeGoBananas Collective“) di Napoli e il palermitano Giorgio Scalici.

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 Timeless persian tales di Davide Palmisano e SOKUT di Manuela Marchetti

Sabato 30 gennaio alle 18.30 si rinnova l’appuntamento con la fotografia d’Autore presso Blank/Design for living in via Tanara 15, a Parma, fino al 20 Marzo.

Due le esposizioni collegate, Timeless persian tales di Davide Palmisano e SOKUT di Manuela Marchetti, entrambe a cura di Ettore Moni, che presentano altrettante visioni dell’Iran attuale, e saranno allestite e visitabili fino al 20 marzo.

I progetti esposti raccolgono una serie di scatti realizzati in Iran nella primavera del 2015, nel corso di un viaggio in cui i due fotografi, compagni di percorso fotografico ed anche nella vita, hanno ciascuno posto l’attenzione e l’accento su diversi aspetti della cultura e della società persiana moderna, seguendo visioni distinte ma complementari, punti di vista differenti necessari per realizzare una documentazione complessa, che ben presto, entro il 2016, si potrà vedrà anche pubblicata a stampa in due libri fotografici autoprodotti, ambedue con la cura di Paola Riccardi.

Le immagini di Palmisano, nato a Catania nel 1973, esprimono i contrasti che appaiono al visitatore in viaggio in Iran, un paese dove convivono situazioni tra di loro apparentemente in antitesi, contraddizioni talvolta incomprensibili per il viaggiatore occidentale. Un racconto fotografico dunque libero da qualsiasi idea pre-costituita, al tempo stesso racconto di viaggio in chiave personale e significativa raccolta di immagini documentarie, di un Paese sospeso e senza tempo.

Palmisano vive e lavora a Trento e nella sua pratica espressiva predilige la ricerca della suggestione e la rappresentazione di stati d’animo, traduzione di ciò che lui stesso prova quando osserva una situazione, attraverso immagini concepite come una sorta di ‘paesaggio interiore’.


Le immagini di Manuela Marchetti, non raccontano il presente o il futuro, il progresso o la modernità, ma penetrano nel terreno dell’intimità, respiri a fiato sospeso di una viaggiatrice curiosa di fronte alla ineffabile complessità di questo paese. Marchetti racconta la relazione tra l’individuo e la realtà sociale in un viaggio nel silenzio (“Sokut” , il titolo, significa appunto “silenzio” in Farsi), come realtà che parla, come luogo dove trova espressione il linguaggio delle emozioni, dei pensieri, delle sensazioni.

Anche lei fotografa per passione e coltiva questo interesse per rispondere ad un bisogno espressivo personale di raccontare attraverso le immagini, per lei fotografare significa non solo documentare, ma parlare degli uomini.
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Una dimora sull’abitudine – Nick Mascioletti

Locandina per Mascioletti a Crema

Sabato 6 FEBBRAIO, alle ore 17.00, presso la Fondazione “San Domenico”, sita in Via “Verdelli” n°6 a CREMA (CR), sarà ufficialmente aperta la mostra Una dimora sull’abitudine, che raccoglie quindici fotografie di Nick Mascioletti.

Essa sarà ospitata dal 6 Febbraio al 21 Febbraio 2016, presso la Galleria “Arteatro” della Fondazione “San Domenico” a Crema (CR).

La mostra Una dimora sull’abitudine ha per curatore Paolo Meneghetti, critico d’estetica contemporanea.

Nell’occasione, il curatore Paolo Meneghetti distribuirà le copie della sua recensione d’estetica alla mostra (avendo citato, in favore di Nick Mascioletti, anche la poesia di Thomas Eliot).

Il fotografo Nick Mascioletti nasce a Milano nel 1984. Per la mostra di Crema, egli avrebbe ripensato la dimensione tipicamente moderna dell’interfaccia.

Con la fotografia, si può immortalare qualcuno senza che lui neppure lo consenta… Chi scatta, rivendica per sé il “privilegio” di vedere ben oltre la mera visione. Egli sezionerà una composizione, oppure esalterà un colore. Il fotografo Nick Mascioletti quasi troverà una “dimora”, per le nostre abitudini. Soprattutto chi vive dentro la città occidentale dovrebbe barcamenarsi: fra gli orari d’ufficio, le pause di svago, gli “appunti” in famiglia ecc…

E’ comodo percepire l’abitudine nella sua immediatezza, senza accorgersene. Inoltre, idealisticamente e romanticamente all’artista si chiederebbe “d’uscire”… dall’ordinario! Nick Mascioletti ha scelto di conferire una “familiarità” alle “molteplici facce” dell’abitudine. Su questa, infatti, noi tendiamo a non soffermarci. Una dimora esteticamente va percepita nell’abitudine di vivere guardando a se stessi. Allora, citando uno scatto di Nick Mascioletti, noi dovremo allenarci ad immortalare le “mille facce” della ragazza che consuma il caffè al bar, ma aspettando l’arrivo dell’amato. Sarà la dimensione della dimora, la quale va finalmente rivendicata per se stessi (anche contro la frenesia del lavoro e l’agognato svago).

Ha scritto Paolo Meneghetti, nella sua recensione d’estetica per la mostra:

< …Nelle fotografie di Nick Mascioletti spesso il soggetto umano è inquadrato di profilo, oppure di schiena. Là gli estranei finirebbero a posare, inavvertitamente? Nick Mascioletti taglia due elementi sul bordo verticale: l’impalcatura dello spazio espositivo, le scale mobili o le carrozze per la metropolitana, l’albero in riva al fiume, la sedia per consumare al bar ecc… Noi avremo l’impressione che la fotografia apra il “sipario” sulle abitudini del soggetto umano. Qualcosa che si svolge meccanicamente va percepita rinchiudendosi in se stessa. Chi è abituato esperisce l’interconnessione con un’esteriorità sempre “alla fine” del suo aprirsi per lui. L’azione meccanica appare una sorta di “sipario strappato”. Qualcosa in cui l’interconnessione con l’esteriorità “si rinchiuda in sé”, ed a causa dell’immediatezza. Nick Mascioletti esibisce il “sipario strappato” d’una vitalità che “temporeggi”, sui propri fini… >

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Anna

 

6 pensieri su “Mostre: Steve McCurry, Salgado e molti altri

  1. La prova di come si può amministrare il settore cultura di un piccolo centro di provincia con una prospettiva internazionale (e con i fondi di una ragione autonoma riccamente sovvenzionata da noi contribuenti).

    Gianni Cattaneo

  2. Buongiorno Anna!
    Da non perdere la mostra di Chema Madoz. Peccato che è a Parigi e non ha esposto ancora in Italia.
    Mi hanno detto che le sue mostre sono molto belle e le stampe sono fantastiche.
    Per chi ama le fotografie ritratto, da non perdere la mostra di Bettina Rheims.
    Interessante anche se non sono vicini a casa mia: Lee Miller, Irving Penn.
    Andrò a vedere Herb Ritts, Riccardo Venturi e Mario Dondero (da non perdere anche questo).
    Già viste in passato Salgado, Steve McCurry e mi passa la voglia di vedere altre loro foto.
    Per le altre mostre non mi attirano tanto.

    Ottimo lavoro per l’elenco e Grazie!

    🙂 Giacomo

  3. Ciao Giacomo, grazie!
    Effettivamente alcune mostre sono un po’ lontanucce, ma magari qualcuno si trova di passaggio a Palm Beach o a Parigi… 😛
    Io di sicuro me ne vado a Londra a vedere Soth, Leiter, la Miller e la Cameron… 😀
    Salgado e McCurry le passo volentieri anch’io per essere sincera, ma non posso non segnalarle.
    Anna

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