Mostre consigliate da Musa

Walter Bonatti – Fotografie dai grandi spazi

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Dal 8 ottobre 2015 al 31 gennaio 2016

Walter Bonatti. Fotografie dai grandi spazi presso l’Auditorium Expo dell’Auditorium Parco della Musica di Roma. L’esposizione, promossa e prodotta da Contrasto, Civita e GAmm Giunti e curata da Alessandra Mauro e Angelo Ponta in collaborazione con l’Archivio Bonatti, sarà presentata nell’ambito di Auditorium Fotografia, un progetto della Fondazione Musica per Roma in collaborazione con Contrasto e Fondazione Forma per la Fotografia. Resterà aperta fino al 31 gennaio 2016.

Un lungo racconto visivo, un insieme di immagini straordinarie stampate in grande formato, un’avventura esistenziale unica: la mostra su Walter Bonatti, alpinista, esploratore ma anche e, in questa sede, soprattutto fotografo, è un’occasione per ripercorrere oltre 30 anni di viaggi alla scoperta dei luoghi meno conosciuti e più impervi della Terra e raccontando la passione per l’avventura insieme alla straordinaria professionalità di un grande reporter.

Walter Bonatti imparò a fotografare e a scrivere le proprie avventure con la stessa dedizione con cui imparò i segreti della montagna. Nei suoi quindici anni di lavoro per il settimanale Epoca si imporrà come uno dei più talentuosi fotoreporter dai luoghi selvaggi del pianeta, e se l’alpinista estremo (e spesso solitario) aveva conquistato l’ammirazione degli uomini e il cuore delle donne, l’essere insieme narratore e protagonista delle proprie avventure lo proietterà anche nell’immaginario dei più giovani.

A ogni viaggio, Bonatti partiva alla ricerca dei suoi ricordi letterari e dei suoi eroi, cercando di riviverne le avventure.

Molte tra le sue folgoranti immagini sono grandiosi “autoritratti ambientati” e i paesaggi in cui si muove sono insieme luoghi di contemplazione e di scoperta. Bonatti si pone davanti e dietro l’obiettivo: in un modo del tutto originale è in grado di rappresentare la sua fatica e la gioia per una scoperta, ma al tempo stesso sa cogliere le geometrie e le vastità degli orizzonti che va esplorando.

Così, immagine dopo immagine, reportage dopo reportage,si compie il racconto dell’avventura e insieme, il ”romanzo dell’io” di Bonatti. Il talento per la narrazione, l’amore per le sfide estreme, l’interesse per la fotografia come possibilità di scoprire e testimoniare per sé e per gli altri. Una passione, e probabilmente anche un’esigenza, nata già negli anni dell’alpinismo (con i trionfi e le amarezze che li segnarono), con le foto scattate sulle pareti più difficili, e poi consolidata nel tempo, con i racconti d’imprese affascinanti e impossibili.

In mostra le grandiose immagini a colori di Bonatti compongono un lungo, unico diario di viaggio dove si intrecciano visioni e ricordi. Le fotografie sono accompagnate da note dello stesso autore, cimeli originali e interventi video (realizzati da N!03) sulla sua esperienza in montagna e sul “personaggio” Bonatti.

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GAME OVER – le spose bambine in Bangladesh – SARA MUNARI

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Lecco – Camera del Lavoro “Pio Galli” – Salone Di Vittorio
Mercoledì 25 novembre 2015 ore 9.30

Locandina

Gian Paolo Barbieri – Skin

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29 Arts In Progress presenta “Skin”, il nuovissimo ciclo di lavori di Gian Paolo Barbieri, nell’ambito di una più ampia mostra dedicata al maestro della fotografia di moda.

La selezione delle opere fotografiche esposte sarà principalmente consacrata ai nuovissimi lavori di Barbieri, oltre agli storici scatti dedicati alla moda e ai suoi protagonisti che abbracciano oltre quaranta anni di fotografia nei quali la teatralità dei suoi set ha fatto di Barbieri uno degli interpreti prediletti del Made in Italy: un inno all’eleganza, alla maestosità del corpo umano e alla sensualità.
Il suo nuovo lavoro, Skin, è più introspettivo, visioni quasi metafisiche di ricordi, di visitazioni, di dediche, di esperienze culturali di cui Barbieri, per tutta la vita, è stato allievo e interprete.

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E’ come se adesso volesse regalare lui al suo strumento amato – la camera fotografica – la possibilità di reinventare immagini già acquisite durante la sua vita, immagini che hanno segnato il lungo sentiero che da anni sta seguendo.
Non più dunque istantanee di sensualità, ma descrizione di situazioni, momenti, eventi fermati nella mente, ricordi di impressioni avute nei musei, esperienze da letture notturne.
Skin è poesia pura, celata per tanto tempo nella sua mente.
Immagini, che per quanto costruite al minimo particolare, non perdono mai l’essenza dell’istante, respirano la loro attualità e sentono la pulsazione della vita sotto la loro “pelle”.
Questo è il tocco del maestro. Far rievocare allo spettatore sensazioni, come “déjà vu”, attirarlo nel mondo del suo immaginario, farlo perdere in un labirinto di doppie esperienze, dove quella del creatore e quella dello spettatore si mescolano, e originano emozioni, come in un teatro silenzioso, quando l’immagine basta e riesce ad esprimere molto di più che di un testo declamato.
Il tocco di Barbieri è quello che l’antichità ellenica ha per anni fatto legge: la bellezza.
Così diventa testimone importante la foto del Narciso, anche Barbieri si guarda nello specchio d’acqua, preferendo suicidarsi dentro la sua stessa amata bellezza che tradire i suoi ideali.

La mostra si terrà presso il nuovo Spazio Montebellotrenta a Milano dove sarà anche presentato il nuovo libro in uscita, “Skin”, edito da Silvana Editoriale.

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Hiroji Kubota Photographer

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November 19, 2015 – January 14, 2016  – Aperture Foundation – New York

Hiroji Kubota Photographer is a retrospective exhibition composed of two parts: platinum prints of black-and-white photographs made from 1963 to 1989, featured at Aperture Gallery; and dye-transfer prints made from 1978 to 2003, featured on the ground floor of Aperture Gallery’s building at Sundaram Tagore Gallery. This exhibition is in conjunction with the publication Hiroji Kubota Photographer (Aperture, 2015), the first comprehensive survey of veteran Magnum photographer Hiroji Kubota’s work.

Spanning over fifty years of his extraordinary life and world travels, Hiroji Kubota Photographer encompasses the best images from Kubota’s life’s work. Rooted in his experience of Japan, ravaged by destruction and famine at the end of World War II, Kubota’s work is characterized by a desire to find beauty and honor in human experience. The exhibition includes examples of all his key bodies of work, including photographs from his many extended trips throughout China, Burma, the U.S., North and South Korea, and his home country, Japan. As Elliott Erwitt states in his preface to the book, Kubota “has produced a remarkable view of our world.”

Francesco Cito – Coma. Vite sospese

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I loro occhi ti guardano, sembrano scrutarti attentamente, sembrano volerti chiedere chi sei, sembrano….ma il loro, è solo buio. La scienza dice che la loro corteccia celebrale è morta. Sono figli, sono mariti, sono padri, madri, sono i tanti, vittime di incidenti stradali, da cadute dal motorino, o investiti da un pirata della strada. E ancora, pazienti che non si sono più ripresi dall’ anestesia durante un intervento chirurgico, o ancora, figli vittime di una dose eccessiva di ecstasy. Sono tanti.
Le stime dicono che le persone in stato vegetativo in Italia sono oltre tremila. Probabilmente sono molte di più, dal momento che non esiste un vero censimento. Molto spesso la loro esistenza è quasi totalmente a carico delle famiglie, lasciate sole a vivere un calvario nella speranza di un miracolo di una guarigione. Dopo centottanta giorni di tentativi di riabilitazione, di chi entra in coma, le probabilità di recupero dallo stato vegetativo, tendono a ridursi, e dopo il primo ricovero, il cinquantacinque per cento dei pazienti torna a casa, il dodici per cento viene ricoverato in una struttura protetta. Solo il tre per cento, viene accolto in una struttura di lunga degenza. Dopo un anno i numeri si perdono, ma di certo quasi tutti lasciati a se stessi, a carico delle famiglie.

Cristina aveva 14 anni quando a Bologna venne falciata sulle strisce pedonali all’uscita da scuola. Da trenta vive in stato vegetativo, con il padre anziano rimasto ormai solo, il suo tempo dedicato a lei. Vorrei poter morire mezz’ora prima che accade a lei ripete Romano, anche quando con alcuni amici festeggia il suo settantaduesimo compleanno, e Cristina posta nella sua sedia a rotelle, sembra oDavide, figlio unico, aveva quindici anni quando fu sbalzato dal motorino. Dal coma allo stato vegetativo, è sempre stato accudito dai genitori. Una fatica morale e fisica durata venti anni, con viaggi negli Stati Uniti dal guru di turno nella speranza di una terapia che riportasse il loro figlio alla vita normale. Poi la rassegnazione ma senza mai perdere la speranza, e Davide continuamente assistito, con l’aiuto di volontari, per lavarlo, accudirlo, spostarlo per evitare le piaghe da decubito. La vita intorno a Davide ha ripreso a girare, un figlio resta un figlio sempre, e, così nonostante le condizioni, si sono festeggiati i suoi compleanni, i lunghi trasporti in un ospedale lontano per un controllo o un piccolo intervento, o la visita dal papa.
Sempre con il sorriso sulle labbra, mamma Paola ha continuato imperterrita ad accudire il suo figliolo fino alla suo trentacinquesimo anno di vita non vita, poi un’improvvisa polmonite l’ha portato via dopo vent’anni in stato vegetativo.sservare a questa ricorrenza, questa quasi festa, a che la vita continui.
L’inaugurazione della mostra avverrà sabato 14 novembre alle ore 18 presso i locali della Civica Fototeca “Tranquillo Casiraghi” e verrà esposta dal 14 novembre al 5 dicembre 2015. L’incontro con l’autore avverrà sabato 14 novembre alle ore 17.00 presso la biblioteca “Pietro Lincoln Cadioli”.

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Wildlife phtographer of the year

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La mostra di fama mondiale Wildlife Photographer of the Year per il quarto anno consecutivo arriva a Milano grazie all’Associazione culturale Radicediunopercento presieduta da Roberto Di Leo.

Un’edizione della mostra veramente speciale che celebra i cinquant’anni del prestigioso concorso di fotografia naturalistica, nato nel 1965 e indetto dal Natural History Museum di Londra con il Bbc Wildlife Magazine.Patrocinata dal Comune di Milano, da EXPO Milano 2015 e EXPO in Città, l’esposizione avrà luogo dal 9 ottobre al 23 dicembre 2015 in una nuova suggestiva location in pieno centro, a due passi da EXPO Gate e dal Castello Sforzesco, presso la Fondazione Luciana Matalon, Foro Buonaparte 67.A fare gli onori di casa alcune grandi sculture di Luciana Matalon conservate negli spazi della Fondazione, a sua volta un’opera d’arte; un ambiente ideato e personalizzato in ogni parte dall’artista, veneta di nascita ma milanese di adozione, a partire dalla variegata pavimentazione realizzata con resine e fibre ottiche.

Un luogo concepito come crocevia internazionale di nuove idee, occasioni di arricchimento visivo, emotivo e mentale, ideale per accogliere le 100 immagini mozzafiato premiate al concorso londinese, alla fine dello scorso anno, e arrivate in Italia grazie all’esclusiva concessa alla PAS EVENTS di Torino.La competizione non perde mai il suo fascino e in questa 50a edizione hanno concorso 42.000 scatti, realizzati da fotografi professionisti e amatoriali provenienti da 96 paesi, che sono stati selezionati da una giuria internazionale di esperti, in base alla creatività, al valore artistico e alla complessità tecnica.L’esposizione regala come sempre spettacolari immagini della natura mostrando la bellezza del pianeta in tutte le sue forme, dai paesaggi più remoti e incontaminati, al mondo animale, al regno botanico, che sono in costante evoluzione. Quest’anno la mostra è inoltre nel programma di Photofestival, la manifestazione che da undici edizioni coordina il mondo della fotografia milanese, e oggi anche del territorio metropolitano, con una variegata proposta espositiva e di ricerca.

LA MOSTRA

Allestite nelle belle sale della Fondazione Matalon le immagini premiate nelle 21 categorie in gara, a partire dal riconoscimento più ambito, il Wildlife Photographer of the Year, assegnato a The last great picture di Michael Nichols (USA).Scattata in Tanzania nel Serengeti National Park, la foto mostra cinque leonesse che si riposano insieme ai loro cuccioli su uno sperone di roccia, dopo aver attaccato e cacciato due maschi del branco. L’immagine è incorniciata con la vista delle pianure in un cielo di tardo pomeriggio ed è stata catturata agli infrarossi, trasformando così la scena in qualcosa di primordiale, quasi biblico.

 Stinger in the sun di Carlos Perez Naval (Spagna, 8 anni) è invece la foto vincitrice assoluta del premio Young Wildlife Photographer of the Year per la sezione junior, divisa in tre categorie fino a 17 anni.Lo scatto ritrae un comune scorpione che mostra il suo pungiglione come un avvertimento. Carlos lo ha trovato su una roccia vicino a casa a Torralba del Sinones nel nordest della Spagna, un luogo che visita spesso alla ricerca di rettili. Il sole del tardo pomeriggio crea un bagliore, abilmente catturato dal giovanissimo fotografo attraverso una doppia esposizione.

 In questa edizione, ben 7 riconoscimenti sono andati a fotografi italiani.

Bruno D’Amicis è il vincitore nella Categoria Il Mondo nelle Nostre Mani, con la foto The price they pay. Impegnato da tempo in un progetto dedicato alle salvaguardia delle specie in via di estinzione nel Sahara, in un villaggio nel sud della Tunisia, Bruno ha immortalato un adolescente che vende un cucciolo di volpe Fennec presa da un covo nel deserto. Cattura o uccisione di queste volpi selvatiche sono illegali, ma ancora molto diffuse e immagini stimolanti come questa possono contribuire ad aumentare la consapevolezza su ciò che sta accadendo al fragile ambiente del Sahara.Inoltre sono giunti finalisti nelle rispettive categorie: Simone Sbaraglia, con la foto Communal warmth (categoria Mammiferi), Silvio Tavolaro, con la foto Snow Stand (categoria Piante e Funghi), Adriano Morettin, con la foto Touch of Magic (categoria Specie Acquatiche), Alessandro Carboni, con la foto Ice land (categoria Ambienti terrestri), Cristiana Damiano, con la foto A long line in legs (categoria Bianco e Nero), e Bernardo Cesare, con la foto Kaleidoscope (categoria Natural Design).
Percorso espositivo

Oltre ai due massimi riconoscimenti Wildlife Photographer of the Year e Young Wildlife Photographer of the Year, il percorso espositivo illustra tutte le categorie in gara raggruppate in sezioni: Diversità sulla Terra con le categorie Mammiferi; Uccelli; Anfibi e Rettili; Invertebrati; Piante e Funghi; Specie Acquatiche. Creatività e Tecnica con le categorie Natural Design; Bianco e Nero e il nuovo Premio speciale TimeLapse, filmati, con riproduzione accelerata dei fotogrammi, che rivelano all’occhio umano processi di trasformazione altrimenti non percepibili. Documentario con le categorie Il Mondo nelle nostre mani e Premio speciale Fotogiornalista di natura dell’anno. Portfolio con le categorie Premio speciale talento emergente (età 18-25 anni) e Premio speciale Portfolio (oltre i 26 anni). Sezione e categoria Ambienti terrestri e sezione Primi scatti con le categorie dedicate ai giovani fotografi fino a 10 anni; 11-14 anni e 15-17 anni.

Le didascalie e i testi che accompagnano le immagini raccontano sia i requisiti tecnici della fotografia sia la storia e le emozioni che hanno motivato l’autore nella realizzazione dello scatto, insieme a dati di carattere scientifico sulle specie fotografate.

Wildlife photographer of the year è in mostra dal 9 ottobre al 23 dicembre alla Fondazione Luciana Matalon in Foro Buonaparte 67, a Milano.

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IL FUTURO GETTATO – Andrea Taschin
DIALOGHI SILENZIOSI – Giampiero Gori
INCANTO – Manfredi inverso

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dal 14 al 22 novembre – Limonaia di Villa Vogel – Firenze

Andrea Taschin – Il Futuro Gettato

Rimango colpito da come vengono buttate via le cose, da come in Italia sono sprecati entusiasmo, passione e vitalità delle nuove generazioni. Attraverso la manipolazione digitale, propongo immagini di una paradossale vita quotidiana di bambini attorno ai cassonetti e alla spazzatura. Se i bambini sono il nostro futuro, e il consumo dissennato il nostro presente, le mie immagini sono metafore visive di un paese che si sbarazza con leggerezza del passato, che ha perso il senso dell’investimento, che non offre prospettive di inserimento alle nuove generazioni:  un paese che non investe più in istruzione, cultura e ricerca getta via il proprio futuro. Vorrei insomma sollecitare una riflessione che non sia puramente ecologica, ma che assuma un carattere di denuncia ed esorti alla costruzione di un futuro migliore per i nostri figli.

Giampiero Gori – HUMAN

Nella fortezza fiorentina fatta costruire da Ferdinando I° si mostrano nella loro forma artistica le opere di A. Gormeley e, come recita il titolo, sono  sembianze umane, pesanti sculture ferree come rapporto gravitazionale tra il materiale impiegato, la terra e il luogo dove sono esposte. Le figure  sono ora riverse sulle scalinate come appena caduti o abbattuti in battaglia, altre sono affacciate come ammiranti la sottostante città o sentinelle di  essa, altre insistono sulla postura eretta, con orgoglio, vicino a simili accucciate su loro stesse, alcune si appoggiano alle mura stancamente ed altra  ancora sedute su una inesistente sedia. Firenze è lo scrigno mondiale della rappresentazione del corpo umano interpretato nei secoli, l’Autore ha  dato una nuova interpretazione artistica del corpo umano non come mero sfoggio artistico, piuttosto come materializzazione dell’uomo nel suo  spazio e nella propria condizione; la posizione delle opere ne è la conferma.
Viene da chiedersi se davanti a tanto interesse artistico valga la pena riprodurlo con la fotografia, la risposta è sì senza indugiare troppo, guardando  le opere di Gori, negli scatti si nota un’essenzialità che possiede solo chi, della fotografia, ne ha fatta ragione di riflessione e di saper guardare per  vedere, per poter leggere in profondità quanto gli sta davanti, penetrando i significati e accomunarli poi al pensiero più intimo e personale. Il rapporto tra le sculture e le inquadrature scelte dall’Autore fotografo è improntato al linguaggio necessario per far sì che la fotografia possa parlare, assuma il potere narrante unita alla creatività e artisticità del Fotografo, ecco allora spiegarsi l’opera fotografica di Gori che riesce a seguire un percorso non banale o rispecchiante unicamente la fotografia salonistica. Gli strumenti per far nascere il linguaggio giusto questo Autore li conosce profondamente, si evince dal lessico raffinato cui è stato capace; la navigazione di lungo corso nel mare della fotografia ha fatto la formazione giusta per vedere quale porto rappresentare, ma più importante ancora come rappresentarlo. Allora è l’altezza macchina delle riprese, l’impiego della lunghezza focale giusta, è la provenienza della luce scelta e la partecipazione di quanto sta intorno al soggetto, la somma di tutti questi elementi forma il valore aggiunto di queste fotografie. In fondo il valore aggiunto di un’opera fotografica così non può che essere la profondità della partecipazione del fotografo alle significazioni espresse prima dallo Scultore, una volta penetrate, fatte proprie. Sono i tagli delle inquadrature a far vivere dinamiche e frequenze diverse dal reale, sono il matrimonio tra il cielo e la terra su cui poggiano le sculture, sono quei precisi attimi partecipati da persone altre come instaurarsi di un loro privato dialogo con la ferrea materia. Dinamiche diverse dal reale, dunque, ma questo è il dovere metonimico della fotografia in generale e, per soggetti come quelli rappresentati in questa silloge peculiarità essenziali, proprio per la sintesi della rappresentazione scenica molto interiorizzante.
L’umano, dunque, quello raffigurato da Gori è nella posizione da lui scelta in rapporto con la natura e il cosmo, passando da una fotografia altamente narrante.

Manfredi Inverso – INCANTO

Incanto: quasi Incantamento, simile a Innamoramento, sicuramente nuovo Incontro. Recitava una vecchia canzone: “…Abbiamo vissuto / un altro tempo e un altro luogo…” un po’ quello che stanotte, quella notte, ha vissuto il nostro Autore in una notte di serena solitudine, due passi ed ecco ritrovare qualcosa sicuramente già vissuto, tu e io Firenze, come allora, alle prime uscite da adolescente. Ma adesso so vedere in te la semplicità di linee, ascoltare il coro di transitate voci, lo scolorire dei grigi che divengono del color della luce della notte. Ti ritrovo in un Incanto consapevole, e il sensore della mia fotocamera è felice come il mio sentire: Firenze stasera un po’ più mia, indubbiamente più vera nel tuo respirare la nebbiolina dell’Arno, oppure mentre la neve incanutisce il Cupolone. Il Cupolone…, sono cresciuto, ma per guardarti devo ancora alzarmi in punta di piedi, hai ancora tanti capelli tu, e quella neve forse non ti crea problemi; la spazzatrice meccanica è già passata, allora le strade, le piazze sono più mie, io, loro e un occhio, quello del mio otturatore felice di registrare tanta pace.
La silloge fotografica di un esperto fotografo molto incline alle nuove tecnologie, ci mostra una città guardata col sentimento e ritratta con volontà di lasciare alla storia un ritratto, di com’era quella prima notte d’incantamento, di quelle altre notti in cui solo il passo di Inverso scandiva l’avvicinamento al giorno e tutto era spiegato, la grandezza medicea, la Firenze capitale, la bellezza cantata dall’ultimo chansonnier, dagli spiriti fiorentini sempre pronti a manifestarsi un po’ alla bottegaia.
Ci sono molteplici modi di manifestare il proprio intendimento fotografico, quello impiegato dal nostro Autore è sicuramente quello più adatto a raccontare una notte, le notti, di una città ritrovata per caso in una passeggiata solitaria, allora tecnica inveterata e “Occhio” formano la cifra stilistica di Manfredi Inverso coerente in tutte le accezioni della fotografia, la sua, semplicemente poetica e desiderosa di narrare.

3 DICEMBRE, MILANO: ASTA CHARITY “HANDS UP!”
ORGANIZZATA DA MISSION BAMBINI IN COLLABORAZIONE CON SOTHEBY’S
OPERE IN MOSTRA DAL 27 NOVEMBRE

Oltre cinquanta opere d’arte e oggetti messi all’asta presso lo Spazio Bigli, nella storica cornice di Palazzo Ponti. All’asta anche l’esperienza unica di farsi ritrarre dal fotografo Giovanni Gastel. Il ricavato sarà devoluto al progetto “Cuore di bimbi”.

Alzate la mano: il vostro gesto salverà la vita di un bambino cardiopatico in attesa di cure. La Fondazione Mission Bambini invita tutti all’asta charity di opere d’arte e oggetti “Hands up!”, organizzata in collaborazione con la casa d’aste Sotheby’s. I fondi raccolti serviranno a sostenere il progetto “Cuore di bimbi”, che dà una speranza di vita a tanti bambini nati con una grave malattia al cuore in un Paese povero. L’iniziativa avrà luogo a Milano giovedì 3 dicembre presso lo Spazio Bigli, situato nella storica cornice di Palazzo Ponti, sede milanese della società Nextam Partners. Welcome cocktail alle ore 18.30, asta a seguire.

All’asta oltre cinquanta opere fotografiche, pittoriche, illustrazioni e installazioni, donate da artisti italiani in crescita o già consolidati. A partire da Virgilio Carnisio, testimone di una Milano in bianco e nero all’inizio degli anni ’70, fino alla giovane Neige De Benedetti che propone reportage da terre lontane. La serata permetterà di aggiudicarsi un’opera dalla serie “Backies” di Ago Panini, artista poliedrico, fotografo, regista e scrittore, o lasciarsi incuriosire dai nuovi nomi che si affacciano sul panorama della fotografia artistica: Pietro Baroni, Francesca Manetta, Simone Durante, tra i più interessanti.

Tra i pezzi battuti all’asta da Filippo Lotti, Amministratore Delegato di Sotheby’s, anche l’esperienza unica di farsi ritrarre da Giovanni Gastel, fotografo e presidente onorario dell’Associazione Fotografi Italiani Professionisti, che ha collaborato con alcune delle più importanti riviste di moda.

Nei giorni precedenti l’asta – da venerdì 27 novembre a giovedì 3 dicembre compreso – i pezzi saranno in mostra sempre presso lo Spazio Bigli in via Bigli 11/a, location unica ed elegante situata nel cuore di Milano a pochi passi da Via Montenapoleone e Piazza San Babila. Ingresso libero, dalle ore 10.00 alle ore 18.00.

L’asta “Hands up!” è un’occasione unica per avvicinarsi all’arte e scoprire che un piccolo gesto, come alzare la mano, può fare la differenza. Attraverso il progetto “Cuore di bimbi”, dal 2005 ad oggi Mission Bambini ha salvato la vita a più di 1.400 bambini gravemente cardiopatici, grazie alle missioni di medici volontari e al sostegno agli ospedali locali in Paesi come Zimbabwe, Eritrea, Uganda, Uzbekistan, Cambogia.

Anna

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