Le foto che appiccicano lo sguardo, impariamo a scattarle.

Quando ho cominciato a fotografare? Non me lo ricordo, non lo so con certezza.
Mi sono iscritta ad una scuola di fotografia a Padova, Isfav. Non seguivo tutte le lezioni e il primo anno non avevo nemmeno la macchina fotografica. La mancanza di soldi ha accentuato la necessità di osservare senza mezzi per riprodurle, le fotografie.
Quello che ho capito, durante le mie uscite, in quel tempo pre-fotografico, e’ che le faccende del mondo non ci stanno tutte in una foto.
Io non riesco. Fotografi eccezionali hanno raccontato tanto con singoli scatti. A me manca sempre qualcosa.

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Ho maturato da poco questo pensiero: quello che vorrei contenessero le mie fotografie, e’ il prima e il dopo l’attimo in cui effettivamente sembri accadere qualcosa. L’attimo di vuoto, sospensione.
Ballando e sculettando me ne vado da una foto all’altra.
Ho capito che per far rimanere le persone incollate ad una foto, nel mio genere fotografico, bisogna far si che chi la guarda si faccia un sacco di domande. Più sono e più chi guarda rimarrà lì, fermo di fronte a voi, di fronte a quello che avete bloccato in quel centoventicinquesimo di secondo.
Mi sento meno grezza quando succede.
Direi che un buon risultato, per me, e’ quando di fronte ad una fotografia, chi si sofferma si chieda: ma che cavolo sta succedendo qui?

Questo, secondo me, devo continuare ad imparare.

Domande, domande…di fronte alle vostre fotografie. Ciao Sara

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