Identificazione del fotografo

La fotografia richiede che ci si identifichi nei soggetti fotografati? Ci si immedesima nella scena?

Questa le domande su cui vorrei ragionare oggi.

La forza di una fotografia dipende dalla capacità del fotografo di comporre l’immagine, dall’interazione tra gli elementi. Talvolta non vuoi nemmeno dare informazioni precise su un fatto o su un luogo, vuoi piuttosto dimostrare cosa puoi fotografare, che potenzialità hai, fotograficamente,  di fronte a quel luogo. Io esprimo l’idea che ho di Fotografia, il mio modo di percepire il mondo attraverso uno scatto.

Qualche volta può essere che farmi coinvolgere dal luogo e dalla gente sia la strada migliore, affinchè il senso di appartenenza mi dia la possibilità di scattare meglio.

In qualche caso gli eventi sono effimeri eppure la resa dell’immagine è ottima. Il desiderio è spesso di tramutare lo scatto in icona.

Quanto è importante, quindi, l’interazione tra fotografo e soggetto? Lo chiedo anche a voi.

game over (3)

Fotografia scattata in Bangladesh, 2014

34 pensieri su “Identificazione del fotografo

  1. Eccomiiiiiiiiiii!!!!!!!!!!!!!!!
    Personalmente mi coinvolgono le atmosfere e le situazioni che si creano e coi soggetti non cerco necessariamente un’interazione o un contatto profondo. Ma forse dipende anche dal genere di fotografia che ognuno sceglie.
    Davvero per me basta uno sguardo o un sorriso.

    • Anche questo è vero Anna, dipende dal tipo di fotografia, è vero! Ma non credo sia sempre così…l’interazione non è sempre necessaria e nemmeno il coinvolgimento!

      • Nell’1989 ho capito cosa volesse dire interagire con i soggetti,quando devi fotograre un evento pubblico,lungo,complesso e particolare.I riti settennali di Guardia Sanframondi.Grazie a come mi sono posto sono riuscito a fare foto dove e come nessun altro fotografo ha potuto fare,quell’ anno,a parte un fotografo del posto,alla sua terza esperienza.

    • Ciao a tutti e Buon Anno!
      Per quello che mi riguarda, io mi faccio coinvolgere, avvolgere, e catturare appena scatta in me la voglia di uscire e fotografare. Mi prende come una voglia pazza che mi nasce nello stomaco e mi scoppia dentro e se non sfamo questa astinenza mi sento che ho perso tempo e momenti importanti. Io vago per le strade e ogni tanto spataflascio le persone e catturo le loro espressioni. Questo è colpa di Sara che mi ha fatto conoscere Bruce Gilden. Mi sono innamorata di questo fotografo e di questo modo simpatico e geniale di fotografare le persone. Io mi diverto un mondo. Poi abbandono le strade di cemento, per immergermi nei campi in mezzo alla natura. Mi abbandono e mi mischio ad essa. Io sono sempre alla ricerca della foto perfetta, del momento perfetto, del portfolio perfetto. Mi succede che mi isolo da tutto quello che rimane dietro di me. Io fotografo e mi ritrovo sola davanti ai miei soggetti al mio mondo. Si io mi creo il mio mondo quando fotografo. E a volte mi perdo nell’immaginarmi tutta una scenografia che cerco di riprodurre. Non riesco ad essere fedele a quello che mi creo mentalmente, e mi incazzo perchè nella mia testa è semplice e quasi si tocca con le dita. Ma poi non riesco ad esprimermi e il mio mondo si spegne. Diventa triste perchè è come se fosse scappato dalle mie mani, ed io ho perso un’occasione…ancora! Si forse sono coinvolta, e forse rincorro un legame tra me e il mio soggetto, e vorrei che si notasse attraverso i miei scatti. Vorrei che, chi guardasse un mio portfolio, chiudesse gli occhi, e in un momento lontano dalla lettura, cercasse di ricordare quello che ha visto. Le foto che ricorda sono quelle con maggior impatto, quelle che hanno creato una reazione dentro. Questo voglio una reazione dentro, un stato d’animo, una sensazione forte. Chiedo troppo lo so, ma mi piace immaginare che prima o poi ci riuscirò!!

  2. Per me è fondamentale. Senza quell’interazione non ci sarebbe la fotografia.
    Fotografare è per me rispecchiarmi nella vita degli altri. In quel gesto, in quell’espressione, nei movimenti di sconosciuti che si rivelano assomigliarmi nei dettagli che mi colpiscono.
    Attraverso la fotografia ho imparato a guardare la mia città -e per città intendo le persone che la vivono- da un altro punto di vista e addirittura amarla. Ma più di ogni altra cosa ho imparato a conoscere la mia storia. A vedermi diversa e uguale a tutti.
    In ogni mia foto c’è una parte di me che senza quella situazione particolare o senza quella persona avrei potuto non vedere o non conoscere così in profondità.
    Ho sempre preferito la bellezza nascosta in una foto non del tutto riuscita che una foto eccellente di effimero significato personale.
    Sì, sono molto egoista con una macchina fotografica in mano.

    • Ciao, questa riflessione mi ha portato a pensare che per me è come per te, con la differenza che mi ha portato a chiedermi se fosse sempre così, per me e gli altri…credo di NO!…ho scritto male, scusami!

      • Intendo dire, in molte fotografie, anche iconiche e riconosciute come straordinarie, non si percepiva questa unione tra le due cose, spesso non c’è amore o passione. Una cosa può incuriosirti e basta, puoi fotografarla perchè ti pagano, perchè eri li semplicemente…

      • Identificazione del pubblico che guarda la foto.
        L’interazione di chi non è nè fotografo nè soggetto è anche questa importante. Ma io mi fermo prima. Devo ancora capire troppe cose su questa prima parte. Devo capire se la mia è solo una fase transitoria, se sarà sempre così, se la retribuzione fa la differenza.
        Quello che percepisce chi guarda ed è spettatore è ulteriormente mutevole. Aggiunge un altro milione di incognite. Perchè la foto rimane lì ferma e identica e noi continuiamo nel tempo a cambiare facendola idealmente cambiare con noi. Possiamo vedere un unione tra fotografo e soggetto in una foto che prima non c’era e dopo una particolare situazione personale, dopo un vissuto, compare. Magari dopo aver conosciuto la storia dietro la foto o la storia di chi ha scattato la foto.
        Una fotografia rimane potenzialmente immutabile solo per chi la scatta.
        Ma io ho una visione troppo egoistica e dilettantistica per poter accennare una risposta. Faccio fotografie solo ed esclusivamente per me, non preoccupandomi di ciò che succede dopo o intorno. Sono preoccupata -o meglio occupata- a stabilire quel legame piuttosto che a chiedermi che succede quando questo non c’è. Per il momento per me la fotografia esiste solo se esiste un legame anche apparentemente superficiale. Nella street ad esempio sono fortemente convinta che il nostro inconscio faccia una grande parte del lavoro, ma questi sono pensieri -forse dannatamente ingenui- su cui sto ancora lavorando. Mi fermo qui.

      • Ciao! Nemmeno per chi scatta e’ immutevole, lo dimostra il fatto che se la rivedi dopo tempo, una fotografia, può assumere significati differenti, proprio perché, come dici tu, nel tempo siamo stati noi a cambiare. Nessuno scatta per se stesso, appena fai click con il dito e con la mente, stai scattando per terzi. Magari la tua famiglia, magari una piccolo gruppo di persone, ma per terzi. Grazie ancora! Bei commenti! Se tardo a rispondere da ora, è perché sono in viaggio. Ciao

  3. E’ certamente importante, ma credo lo sia molto di più, come hai anche tu ammetti di fare qualche volte, farsi coinvolgere dal contesto, luogo e/o persone che siano…
    La foto è emozione e se scatto in un momento in cui sono emotivamente coinvolto, penso di riuscire a fare una foto migliore.
    Spesso fotografo “banali” panorami, ma perchè mi emoziona trovarmici dentro e riguardando le foto, rivivo quei momenti, sognandone altri e sperando di trasmettere una parte di quelle emozioni e la voglia di andarci a tutti quelli che guardano le mie foto…
    Ciao ciao
    Max

  4. Io credo che l’interazione spesso non sia indispensabile perché la ‘distanza’ crea curiosità e attrazione, restituendo foto con un velo di mistero. Però dipende sempre dal tipo di fotografia

  5. A mio avviso l’interazione con il soggetto è importante per dare un senso, tramite l’esperienza vissuta, allo scatto. Non è detto che lo scatto sia migliore se c’è interazione, questo no, anche se a volte la consapevolezza del soggetto ti permette di prenderti il tuo tempo per ogni scatto, senza dover “rubare” in posizioni strane. Sono però fermamente convinto che la fotografia non sia solo prendere, ma anche dare: e per dare occorre per forza interagire.

    Ciao

    Marco Brioni

    • Ciao Marco, grazie per aver scritto! Condivido quasi tutto…ma perché la foto sia straordinaria, non è necessario ci sia interazione! Credo che sia così, non e’ necessaria e ci sono fotografie eccezionali che non dipendono da questo fattore! Grazie! Ciao

  6. Spero che qui si stia parlando di quegli scatti fotografici che nelle intenzioni dell’autore vogliono essere “artistici”. Detto questo, io ritengo che qualsiasi coinvolgimento emotivo durante gli scatti fotografici nuoccia in modo pesante al risultato finale. Quando il “cuore” e le “emozioni” prendono il soppravvento, non c’è più quella razionalità e quella freddezza di cui la mente ha bisogno per elaborare l’idea che si ha osservando ciò che ci sta davanti. Due esempi per tutti: scene di sofferenze e di nudo. Se l’approccio a queste scene è emotivo non si otterrà nulla di buono. Nel primo caso vedremo la solita foto con un bambino con una mosca sul viso (un classico); nel secondo caso si avranno solo immagini che mettono in mostra parti intime e nulla più.
    Un caro saluto.
    Maurizio Rossi

    • Maurizio…dai così e troppo! Non siamo automi! E poi cosa e’ uno scatto artistico? Non esiste fotografia artistica. Scusate se non rispondo subito. Sono a Malta!

  7. Ciao Sara,
    ci ho riflettuto un attimo e anche io penso che l’immedesimazione non sia necessaria. Per meglio dire, è necessaria se il “progetto” lo prevede altrimenti no. Quindi che sia un progetto di ritratto, reportage o altro tutto dipende da ciò che vuoi trasferire al lettore delle fotografie.
    Di conseguenza sceglerei di calarmi nel soggetto di più o di meno rispetto a ciò che voglio ottenere o che il commitente chiede di avere.
    Anche per la fotografia, il progetto ha in sè una sua variabilità, una volta intrapreso potrebbe riservarci un cambio di atteggiamento.

    Carlo.

  8. Credo che interagire con l’ambiente sia un optional che, talvolta, non sempre, porta a scattare la buona foto, ma non lo ritengo un must. Di certo, quando il soggetto è un essere umano, ancor più se ritratto nel suo ambiente, nella sua quotidianità, il coinvolgimento da parte del fotografo è quasi inevitabile. Per panorami, foto di architettura urbana, still life si cerca molto più la composizione, il taglio. C’è più tecnica e meno emozione. Almeno io la penso così. Un saluto.

  9. Credo che ogni fotografia richieda una sorta di relazione con l’oggetto, quantomeno per “capirlo” e dunque riuscire a realizzarne un tipo di restituzione. Ma che non significa assolutamente identificarsi e immedesimarsi, operazioni queste così dense e dispendiose sul piano energetico che riusciamo a farle ogni tanto, nelle relazioni umane così come nella fotografia. In realtà poi dipende da cosa si vuole fare con la fotografia. Anche un’immedesimazione totale con il soggetto porterà a dei risultati così come lavorare invece sulla distanza emotiva. Non credo ci sia una regola, ma semmai un principio regolatore che consente di lavorare in diversi modi a seconda della propria estetica e delle proprie finalità espressive, documentative, artistiche e quant’altro. La vedrei un po’ in altro modo chiedendomi cosa mi permette di fare identificarmi o meno con il soggetto/oggetto e quanto l’identificazione sia un elemento/valore della mia estetica, della mia visione fotografica.
    Marco

    • Marco. Grazie. Hai aggiunto una questione importante, una faccenda ancora più specifica: la qualità della foto nella sua totalità acquista o perde valore, estetico,concettuale e formale, se io sono più o meno coinvolta? Mi spiego meglio, ho fatto una foto stupenda, sarebbe venuta meglio se fossi stata più coinvolta, piuttosto che solo curiosa, durante l’atto dello scatto? Peccato che non si potrà mai sapere!

  10. Pingback: Distanze fotografiche | La valigia di Van Gogh

  11. Sento un po’ troppo spesso parlare di arte in riferimento alla fotografia. Mi è cara una definizione che Mario Giacomelli dava di sé stesso: artigiano della fotografia. Ecco, nel migliore dei casi, questo siamo, artigiani; più o meno talentuosi, ma lasciamo da parte l’arte per favore, è davvero tutt’altra cosa!

  12. IO non so se sia fondamentale o no .
    Mi rendo conto però che il mio relazionarmi con un soggetto sia del tutto un mio pensiero .
    Il soggetto alle volte è il mio pensiero stesso .
    Vedo e rappresento quello che è la mia idea di rappresentazione e quindi il soggetto è e rimane un pretesto .

    Vorrei capire qualcosa di più sull’esprimere della fotografia , ma mi rendo conto che questo forse lo potrò trovare solo da me .

    • Intendi sulle potenzialità espressive della fotografia in generale o su quello che una fotografia, inserita in un portfolio, potrebbe dire per essere unita alle altre?

  13. Intendo le potenzialità espressive in generale .
    Cerco di applicare le regole delle 5 w ( compreso how) ma direi che non ne sono mai soddisfatto .
    Insomma , sbaglio qualcosa nel mio lavoro da artigiano , ma non capisco cosa .
    Tu solitamente quanto tempo dedichi per ogni progetto?

    • Ciao…indistintamente dalla settimana ai due anni. Ora ho un progetto aperto che seguo da sei mesi…dipende dalla motivazione che mi spinge a dedicarmi al lavoro. Se e’ per curiosità superficiale o per approfondire una documentazione!

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